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NONA SERIE

AVVERTENZA

l. Il presente volume, decimo e ultimo della nona serie, contiene il materiale relativo al periodo compreso tra la riassunzione da parte di Mussolini del dicastero degli Esteri (7 febbraio 1943) e la proclamazione dell'armistizio dell'Italia con le Nazioni Unite, avvenuta la sera dell'8 settembre 1943. È dunque l'estrema fase della guerra dichiarata a Gran Bretagna (10 giugno 1940), Unione Sovietica (22 giugno 1941) e Stati Uniti d'America (11 dicembre 1941), che si conclude con la resa. La ricerca di una via per uscire dalla tragica situazione militare determinatasi dopo lo sbarco anglo-americano in Africa settentrionale è il filo conduttore della documentazione inclusa in questo volume. Da un lato Mussolini insiste con Berlino sulla sua idea di chiudere il fronte orientale per concentrare tutte le risorse militari dell'Asse nel Mediterraneo, dall'altro il sottosegretario Bastianini raccoglie e fa proprie le sollecitazioni a tentare un'uscita dal conflitto insieme con l'Ungheria e la Romania. Nessuno dei due disegni ha qualche possibilità di successo. Il primo perché Hitler è assolutamente contrario a chiudere la partita con l'Unione Sovietica, ritenendo che questa non rispetterebbe più un qualsiasi tipo di accordo, e sentendosi anche certo che la forza militare tedesca possa ancora assicurargli la vittoria; il secondo perché lo scarso coordinamento politico fra i tre paesi, la loro distanza geografica, l'impegno militare su fronti e contro nemici diversi accrescevano anziché diminuire le difficoltà da superare. E in ogni caso, da parte italiana, mancava a un piano del genere il consenso di Mussolini, che non era minimamente disposto a considerare soluzioni non concordate con l'alleato tedesco. A ciò corrispondeva, sul versante dei vincitori, la decisione di non accettare altro che la resa incondizionata dei paesi del Tripartito. Dal materiale pubblicato non risulta quale sia stato il grado di consapevolezza, in Mussolini, di tale circostanza, e in quale misura essa abbia influito sulla sua determinazione di mantenersi fedele alla Germania fino all'ultimo. Comunque, quando il governo Badoglio tentò, valendosi proprio del rovesciamento di Mussolini, di ottenere soluzioni diverse, non riuscì nell'intento.

La documentazione qui presentata illustra bene i rapporti con la Germania, anche se mancano, come del resto in quella tedesca, indicazioni sulle lunghe conversazioni dirette avute da Mussolini con Hitler a Salisburgo fra il 7 e il 10 aprile e sui più brevi contatti in occasione del convegno di Villa Gaggia presso Feltre il 19 luglio. È copioso invece il materiale sull'attività di Bastianini: i suoi progetti per dare un contenuto più preciso al «nuovo ordine europeo» e la nessuna rispondenza che essi trovavano in Germania, il tentativo di riagganciare politicamente la Spagna, le insistenze per il cosiddetto « chiarimento» con la Germania. Ugualmente abbondante è il materiale sui rapporti

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dell'Italia con Ungheria e Romania, non solo per quanto riguarda il tentativo di cui si è detto, ma anche sulla perdurante controversia per la Transilvania. I rapporti con l'altro grande del Tripartito, il Giappone, non presentano novità. Resta un paese distante e, per le questioni di suo interesse, come quella dell'abolizione delle concessioni in Cina, esigente oltre misura, a giudizio degli italiani. Esso comunque rimane sostanzialmente estraneo alle vicissitudini dell'Italia. Anche i rapporti con i neutrali offrono limitati motivi di interesse, salvo la segnalazione delle ricorrenti voci di tentativi di pace, le quali rispondono più a iniziative propagandistiche dei belligeranti che non a reali indiscrezioni su contatti effettivamente esistenti. Infine i rapporti con la Santa Sede si mantengono buoni. Ruotano intorno alla questione del bombardamento di Roma, in applicazione dell'intesa del 20 dicembre 1942 sull'allontanamento dalla Capitale degli obiettivi militari, che si conclude il 15 agosto con la dichiarazione di Roma «città aperta». Sul piano più strettamente politico c'è da ricordare solo l'apertura fatta da Pio XII il 12 maggio e l'immediato e deciso rifiuto di Mussolini. Riguardo ai paesi di diretto interesse politico dell'Italia, per richieste o situazioni che avevano in parte motivato l'intervento nel conflitto (Francia, Croazia, Albania, Grecia), si assiste, ovviamente, allo sfaldamento delle posizioni italiane..È in particolare il caso della Croazia, nella quale la perdita di peso politico è tale da divenire argomento di contenzioso non più locale ma diretto tra Roma e Berlino, dove si avvia un inconcludente negoziato per ottenere un nuovo riconoscimento della sua appartenenza alla sfera d'influenza italiana. Naturalmente è anche in liquidazione la politica in favore dell'indipendenza indiana e araba. Per quest'ultima c'è tuttavia un negoziato con la Germania tendente a rendere pubblico l'impegno preso con lo scambio di lettere Ciano-Hussein-Rashid Ali del 28 aprile 1942, ma il consenso tedesco giunge solo alla vigilia della caduta di Mussolini.

Su tutti questi argomenti, e sugli altri minori qui non menzionati, il materiale è stato scelto in base ai criteri generali di selezione adottati in questa raccolta.

2. Quanto allo stato della documentazione archivistica su cui è basato il presente volume, come si è detto nelle avvertenze precedenti, esso è soddisfacente, dopo l'opera di restauro e inventariazione dei fondi di Gabinetto, né vi sono lacune che abbiano inciso sulla scelta del materiale, ove si eccettuino i fascicoli «Conflitto europeo» della posizione 1.11/12 dell'Archivio ordinario del Gabinetto e le carte concernenti le trattative per l'armistizio.

La ricerca di queste infatti non ha dato esito positivo. Non sono stati rinvenuti i documenti riguardanti le missioni Lanza d'Ajeta, Berio e Castellano. In particolare, per la prima mancano i telegrammi del 4 e 7 agosto e le successive parallele lettere di Lanza d'Ajeta a Capranica e a Castellano (si veda GuARIGLIA, Ricordi, p. 640), con le quali si riferiva sull'esito della missione. Per la seconda, non c'è il testo dei telegrammi convenzionali spediti da Tangf'ri (Pecetto il primo) e del più importante di essi, quello del 14 agosto, non c'è nemmeno traccia della spedizione. Per la missione Castellano mancano tutti e tre i gruppi di documenti che egli recò personalmente o spedì a Roma

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e che, secondo quanto egli attesta nei suoi scritti, dovrebbero essere i seguenti: per il primo viaggio a Lisbona: a) le condizioni d'armistizio; b) il documento di Quebec; c) il verbale inglese dell'incontro del 19 agosto con i generali Smith e Strong; d) il verbale del colloquio del 15 agosto con Hoare; e) il verbale del colloquio del 17 agosto con Campbell; f) una relazione riassuntiva sulla missione svolta (CASTElLANO, Come firmai l'armistizio di Cassibile, p. 125). Egli afferma (ivi, p. 126) di aver consegnato questi sei documenti a Guariglia il 27 agosto, subito dopo il suo ritorno a Roma; per il secondo viaggio, a Cassibile, il 31 agosto: il verbale inglese dei suoi colloqui di quel giorno sempre con i generali Smith e Strong, che recò con sé tornando a Roma la sera stessa (CASTELLANO, Come firmai..., pp. 144-145 e 151; La guerra continua, p. 85) (l); per il terzo e definitivo viaggio a Cassi bile, iniziato il 2 settembre: a) uno dei tre originali delle condizioni d'armistizio sottoscritto da Smith e da Castellano; b) il testo delle «clausole aggiuntive» alle condizioni d'armistizio, accompagnato da un biglietto di Smith per Badoglio; c) l'ordine di operazioni della divisione americana aviotrasportata; d) le modalità di partenza della flotta navale e della marina mercantile; e) le istruzioni per la flotta aerea; f) le istruzioni del generale Alexander sulle azioni di sabotaggio; g) un promemoria riguardante il Servizio Informazioni; h) una lettera personale di Castellano per Ambrosia. Questi otto documenti furono portati a Roma dal maggiore Marchesi la mattina del 5 settembre (CASTELLANO, Come firmai..., p. 177; La guerra continua, pp. 102-103) e consegnati ad Ambrosia a mezzogiorno. Solo per questo terzo gruppo, che comprendeva anche le «modalità per la comunicazione da parte angloamericana del giorno x, corrispondente a quello della proclamazione dell'armistizio», c'è la prova che essi furono bruciati il 9 settembre, alle 7,30, a Palazzo Vidoni dal maggiore Mauro Aloni del Comando Supremo (vedi D. A4). È molto probabile che la stessa sorte sia toccata ai documenti degli altri due gruppi: una conferma indiretta si ricava dalle memorie di Guariglia (p. 676) che scrive di aver preso l'abitudine di bruciare tutti i documenti che gli sem-. brava «dovere evitare cadessero tanto nelle mani dei tedeschi quanto in quelle degli Alleati». A queste distruzioni si è però sottratta, curiosamente, la copia del memorandum da lui trasmesso a Badoglio il 28 agosto (vedi D. 725) e da un sunto del quale furono ricavate le istruzioni scritte date a Castellano per i colloqui del 31 a Cassibile. Mancano anche i pochi documenti «interni » relativi al negoziato d'armistizio: a) il promemoria di Ambrosia per Guariglia, che Castellano afferma (Come firmai..., p. 49) di aver consegnato il 30 luglio, riguardante la necessità di concludere al più presto un armistizio con gli Alleati e che Guariglia conferma di aver ricevuto (Ricordi, pp. 584-585); b) il promemoria nel q'uale Castellano riassunse, il 12 agosto, le istruzioni ricevute

(l) Nel National Archives di Washtngton, nella serie OSS, si trovano alcune copie di questi e altri documenti probabilmente fornite dal generale Castellano, in particolare un suo resoconto degli avvenimenti che portarono al 25 luglio, appunti e pagine di diario .sui giorni successivi, la relazione presentata il 27 agosto sulla sua missione con allegati i verbali dei colloqui con Hoare del 15 agosto, Campbell del 17 agosto e con il generale Smith del 19 agosto, copia del verbale dell'incontro del 31 agosto ancora con il generale Smith. Si tratta di materiale usato poi dal Castellano per i suoi libri citati nel testo. Tali copie, tuttavia, presentano varianti rispetto a quelle di alcuni di tali documenti (in particolare i due verbali dei colloqui con il generaleSmith) che si trovano nell'Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. Non potendo essere certi della loro completa rispondenza al testo originale non sono state incluse tra i documenti di questo volume.

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(Come firmai..., p. 85; La guerra continua, p. 56); c) le istruzloni, aggiuntive al sunto del promemoria Guariglia, date da Badoglio a Castellano per il suo secondo viaggio (Come firmai..., p. 131; La guerra continua, p. 78), che tuttavia Castellano riproduce in fac-simile (La guerra continua, pp. 79-80); d) 11 promemoria presentato da Guariglia al Re e a Badoglio il 30 agosto (Ricordi,

p. 676). Tenuto conto di ciò, i documenti importanti, di esclusiva parte italiana, che mancano -e per il cui contenuto ci si deve quindi affidare a quanto affermano i protagonisti nei loro scritti -sono i seguenti: a) il promemoria di Ambrosia per Guariglia del 30 luglio; b) il cifrato finale di Berio del 14 agosto; c) le lettere di Lanzà d'Ajeta a Capranica e a Castellano; d) il promemoria di Castellano del 12 agosto, riassuntivo delle istruzioni ricevute; e) il verbale di Castellano sul colloquio con Ho are del 15 agosto; f) il verbale di Castellano sul colloquio con Campbell del 17 agosto; g) la relazione di Castellano riassuntiva del suo primo viaggio; h) il promemoria Guariglia del 30 agosto per il Re e Badoglio; i) la lettera persom'.le di Castellano per Ambrosia del 4 settembre. Questi documenti mancavano già subito dopo gli eventi ai quali si riferivano. Facendo ordine nel rinascente Ministero degli Esteri, nella primavera del 194( Prunas chiese a Lanza d'Ajeta e a Berio una relazione sulle loro missioni; la stessa cosa aveva fatto Ambrosia con Castellano già nel novembre 1943. Le tre relazioni sono pubblicate come documenti allegati al presente volume.

I fondi dell'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri da cui provengono i documenti pubbllcati sono i ser;uenti: a) Archivio del Gabinetto del Ministro, sia della sezione ordinaria che di quella segreta; b) Archivio segreto dell'Ufficio di Coordin?.mento del Gabinetto; c) Archivio dell'Ufficio ArmistizioPace del Gabinetto; d) Archivio generale degli Affari Politici; e) Archivio degli Affari Commerciali; f) Raccolta dei telegrammi delle serie ordinarie (R. e P.R.) e della serie segreta (S N.D ) ; g) Carte Vitetti.

L'Archivio Centrale dello Stato ha consentito di completare in particolare la corrispondenza Mussolini-Hitler attraverso il fondo «Carte della valigia di Benito Mussolini », messo a disposizione, insieme ad altri fondi, con sollecitudine dal sovrintendente dott. Mario Serio e dai suoi collaboratori, che si ringraziano per la cordiale assistenza prestata. Dei documenti da esso forniti si è indicata ogni volta in nota la provenienza. Un uguale ringraziamento si deve al generale Luigi Bertinaria ed ai suoi collaboratori Cten.col. Fernando Frattolilla, dott. Antonio Brugioni e sig. Maurizio Saporiti) che hanno messo a disposizione, soprattutto per la parte relativa alla conclusione dell'armistizio, l'Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Magt;iore dell'Esercito, ciò che ha consentito di accertare il vero stato della documentazione in proposito e di reperire copie attendibili di pqrte almeno del materiale mancante. Si sono infine utilizzate copie di alcuni documenti impo!'tanti esistenti ne1le Carte di Roberto Suster, messe a disposizione dal prof. Renzo De Felice. Anche del materiale tratto da questi ArclJivi si è indicata sempre in nota la provenienza.

3. Ur'a parte di questo materiale aveva visto la luce precedentemente nel volume: Hitler e Mussolini: Lettere e documenti, a cura di V. Zincone, Milano, Rizzoli, 1946; nelle memorie di DINo ALFIERI, Due dittatori di fronte, Milano,

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Rìzzoli, HH8; dì RENATO BovA ScaPPA, Colloqui con due dittatori, Roma, Ruffolo, 1949; dì RAFFAELE GUARIGLIA, Ricordi, Napoli, E.S.l., 1950; dì GIUSEPPE CASTELLANO, Come firmai l'armisti::i:J di Cassibile, Verona, Mondadori, 1945, e La guerra continua, Milano, Rizzoli, 1963. Dì ciò si è data indicazione nelle note, facendo risaltare, quando esistevano, le differenze con gli originali qui utilizzati, mentre sono state trascurate altre pubblicazioni minori, e gli studi che hanno riportato brani dei documenti ora pubblicati in questo volume. Nessun riferimento è stato fatto ai paralleli documenti tedeschi (Akten zur Deutschen Auswartigen Politik, 1918-1945, Serie E: 1941-1945, voll. V e VI, Gottìngen, Vandenhoeck und Ruprecht, 1978 e 1979), salvo che nel caso dì rinvio ad essi per qualche specifico documento, essendo tale raccolta ben nota agli studiosi come pure è nota la sua complementarietà con quella italiana per molti argomentì. Riferimenti vari sono stati desunti da ALBERT N. GARLAND and HowARD McGAw SMYTH, Sicily and the surrenàer of Italy, Washington, Department of State Army, 1965, e da Foreign Relations of the United States, 1943: The conferences at Washington and Quebec, Washington, United States Government Prìnting Office, 1970.

4. Nella preparazione di questo volume sono stato validamente aiutato per la ricerca del materiale dalla dott. Micaela Di Gennaro alla quale si deve anche la preparazione dei documenti per la stampa. La dott. Emma Ghisalberti ha rivisto l'intero dattiloscritto e ha predisposto, insieme al dott. Andrea Edoardo Visone, l'indice-sommario e la tavola metodica. La compilazione dell'indice dei nomi è stata opera della signora Fiorella Giordano. La correzione delle bozze è stata effettuata dalle dott. Antonella Grossi, Alessandra Raffa, Francesca Grispo e Paola Amadeì. A tutti il mio più sentito ringraziamento.

PIETRO PASTORELLI

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DOCUMENTI
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER TELESCR. 785/250 R. Berlino, 7 febbraio 1943, ore 15.

Riassunto punti principali dei calorosi commenti stampa germanica alle modifiche disposte dal Duce nella compagine del Governo fascista:

0 ) Concentrazione di forze sotto guida Duce che nuovo Gabinetto rappresenta.

Voelkischer Beobachter: «In una guerra che si combatte per la vita e per la morte un Governo è tanto migliore in quanto costituisce lo strumento più efficiente nella mano dell'uomo che ha ,la direzione e la responsabilità>>.

Boersen Zeitung: «Duce riunisce ora nelle sue mani, accanto suo ufficio di Capo del Governo, tutti i ministeri delle Forze Armate, quello degli Esteri, e quello dell'Interno, prova questa chiarissima delle energie raccolte con cui l'Italia vuole risolvere suoi grandi compiti del presente e del futuro».

Angri!!: «Duce riunisce nelle sue mani tutta la potenza, ed i suoi ordini saranno d'ora in· poi eseguiti in modo più diretto».

2°) Volontà che si riesprime di continuare implacabilmente la lotta fino alla vittoria, contro pretesa anglo-americana di Casablanca per una capitolazione senza condizioni del Tripartito.

Lokal Anzeiger: «Nuovo Governo esprime assoluta risolutezza di lotta e fiducia nella vittoria dell'Italia fascista. Duce ha dato una precisa risposta alle impertinenti elocubrazioni di Churchill e di Roosevelt a Casablanca».

Boersen Zeitung: « Rimaneggiamento avvenuto rispecchia le maggiori esigenze di fronte a cui si trova nostra alleata dell'Asse nell'attuale fase di guerra. Esso dimostra nello stesso tempo la decisione della Italia di corrispondere a tali esigenze ».

Angriff: «Per l'Italia ha detto il Duce vale il principio che la lotta debba essere continuata fino alla vittoria. Mussolini ha preso ripetutamente occasione per respingere le sfacciate minaccie di Churchill contro l'Italia. Se alcuni inglesi credono di poter avere con l'Italia facile gioco, essi si ingannano. L'Italia fascista opporrà a tutti gli attacchi la più energica resistenza>>.

3°) Duce riprende personalmente in mano Ministero Esteri ciò che dimostra anche sua perfetta efficienza fisica.

Voelkischer Beobachter: «Risposta del Duce alle fandonie nemiche sul suo stato di salute è ancora più chiara se possibile di quella data con discorso del dicembre. Per l'energia di lavoro di cui Duce dispone, più sintomatica di

ogni commento è la sua riassunzione personale, dopo quasi sette anni, del Ministero degli Esteri». Lokal Anzeiger: «Con ciò il Duce dimostra che politica estera viene da lui esclusivamente determinata!>. Boersen Zeitung: «È particolarmente significativo il fatto che Mussolini, come rappresentante della Nazione, assuma anche il Gabinetto degli Esteri».

Deutsche Allgemeine Zeitung: «Nel Reich, e specialmente nella capitale viene naturalmente considerata in prima linea la circostanza che il Duce ha assunto egli stesso, in più degli altri uffici ricoperti, anche il Ministero degli Esteri. Anche dopo l'uscita del Conte Ciano, chiamato a far parte Gran Consiglio Fascista, si ha quindi a Berlino la certezza che politica estera italiana sarà guidata e decisa da Mussolini personalmente. Anche in misura maggiore di quanto sia finora avvenuto».

Boersen Zeitung: «Conte Ciano è stato nominato membro del Gran Consiglio del Fascismo. Suo giudizio e sua collaborazione vengono in tal modo conservati alla direzione dello Stato fascista. I grandi meriti del Conte Ciano per rafforzamento amicizia itala-tedesca e per sua definitiva stabilizzazione nell'Alleanza dell'Asse, la cui saldezza si è mantenuta fino ad oggi attraverso tutte le prove del fuoco, sono scritti nel Libro della Storia, e rimarranno indimenticabili».

4°) Sostituzione nei vari Ministeri indicano un rinnovamento e quindi un potenziamento di energie fresche.

Deutsche Allgemeine Zeitung: «Molte delle personalità di merito che vengono ora rese libere per altri compiti hanno già servito lo Stato e Fascismo in cariche eminenti a capo di un Ministero. Esse vengono ora sostituite con altri uomini della stessa fede fascista, che sotto la guida del Duce impiegheranno le loro fresche energie affinché l'Italia mantenga il suo posto nel rnondo ».

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IL LUOGOTENENTE GENERALE IN ALBANIA, JACOMONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 7/3611/720. Tirana, 7 febbraio 1943 O).

Come ho già riferito (miei telegrammi n. 65 e precedenti) (2) l'esperimento del Gabinetto Libohova, che avrebbe dovuto attrarre gli esponenti del cosidetto nazionalismo, ha agito da «rivelatore» della reale situazione politica dell'Albania quale è venuta evolvendosi negli ultimi mesi.

Riassumo qui appresso, a grandi linee, gli avvenimenti più recenti.

Una minoranza agitata e disposta a tutto, costituita da comunisti intellettuali antifascisti e bolscevizzanti, nazionalisti accesi e scontenti, in massima parte delle provincie meridionali, rafforzatasi nell'opinione che la potenza del

l'Asse, dopo aver raggiunto il suo apogeo nel 1942, dovrà piegare sotto la forza degli Alleati, ha negli ultimi tempi cercato con ogni mezzo di attrarre e dominare la maggioranza del paese.

Tale attività a carattere antifascista e antitaliano è stata in un primo tempo suggerita e in seguito giornalmente alimentata dalle propagande di Londra e di Mosca, attivissime ultimamente nei riguardi dell'Albania.

Dal passato mese di agosto (quando hanno cominciato a manifestarsi i primi atti illegali in numero e in forma siffatti da mostrare di essere diretti secondo un piano organico) i disordini a tinta comunista sono venuti progressivamente aumentando.

Le misure di forza adottate dal Presidente Kruja senza un piano organico avevano nel contempo provocato un movimento di opinione pubblica a lui contrario che si estendeva alla quasi totalità degli ambienti politici. Gli stessi suoi amici riconoscevano che l'atmosfera creatasi nei riguardi del Presidente del Consiglio gli impediva ormai di continuare in un'opera proficua di governo.

Rendendosi pertanto necessario di mutare il Governo, ed essendosi dovuta scartare la possibilità di una compagine ministeriale nella quale i capi del nord collaborassero con i bej del sud, ho ritenuto utile formare il Gabinetto Libohova, a carattere prevalentemente amministrativo, il quale, per H fatto di essere tendenzialmente accetto ai cosiddetti nazionalisti, avrebbe dovuto fornire la prova dei reali intendimenti di questi ultimi. L'azione pratica dei nazionalisti, infatti, mal si distingueva negli ultimi tempi da quella dei comunisti militanti, così che le due tendenze venivano a costituire di fatto un fronte unico a noi contrario.

La breve ma pur significativa esperienza del Governo Libohova è valsa a mcstrare che nulla più è da attendersi dai cosiddetti nazionalisti che più hanno fatto sentire la loro voce di critica all'Italia, perché imbaldanziti ormai da quelle che essi ritengono le crescenti debolezze dell'Asse e illusi di potersi ingraziare i nostri nemici, in vista della presunta loro vittoria finale.

La «mano leggera» e gli atteggiamenti conciliativi che il Governo Libohova ha inteso adottare verso gli elementi estremisti e sovversivi non hanno per contro sortito esito nel riportare Ia tranquillità, o almeno una maggiore sicurezza, nelle provincie del sud, dove la confusione e l'illegalità vanno anzi crescendo, con la diretta partecipazione, come sicuramente risulta, di emissari stranieri, inglesi, russi e greci.

Si imponeva pertanto di effettuare senza indugio un mutamento di rotta in una delle due direzioni ancora rimaste aperte:

-o costituire un nuovo Governo basato sulla piena collaborazione dei capi del nord (che per la maggior parte hanno collaborato con noi negli avvenimenti dell'aprile 1939 che hanno condotto all'Unione dei due paesi) il quale, garantendoci la sicurezza nella parte settentrionale del paese, ci permettesse, una volta rafforzate le forze armate d'Albania, di procedere all'epurazione dei maggiori centri urbani ed alla energica repressione dei disordini nel sud;

--oppure affidare i poteri all'autorità militare, con tutte le conseguenze che un così radicale provvedimento non mancherebbe di recare, soprattutto nel campo politico.

Poiché prima di adottare la seconda alternativa mi sembrava conveniente prendere in esame la prima, ancora di natura politica, ho senz'altro iniziato i contatti per sondare le disposizioni dei capi del nord.

Essi mi hanno ora fatto conoscere di essere pronti a dare la loro collaborazione per la formazione di un nuovo Governo e mi hanno specificato quelli che sarebbero i loro impegni verso l'Italia. A fronte di tali loro impegni hanno altresì formulato le concessioni che l'Italia dovrebbe fare. Tali concessdoni, mentre da un lato servirebbero a dimostrare all'opinione pubblica albanese che i componenti del nuovo Governo non sono dei «traditori», come i loro avversari li considerano per aver chiamato l'ItaLia nel 1939, darebbero dall'altro al Governo stesso la necessaria forza per agire con autorità e con fermezza, per aver dato alla nazione albanese le maggiori possibili soddisfazioni nel campo della «indipendenza».

In breve, per usare l'espressione che mi è stata detta, questo verrebbe ad essere «il Governo di un'Albania indipendente il quale alzerebbe la bandiera del nazionalismo, senza sotterfugi od inganni, dopo averla strappata di mani a chi vorrebbe servirsene contro i veri interessi dell'Albania».

Il grande passo innanzi che ne deriverebbe verso una manifesta (almeno nella forma esteriore) autonomia servirebbe altre<:ì ad eliminare totalmente l'amarezza di quei centri sani del paese i quali fanno pur notare che sono state negate all'Albania alcune forme di indipendenza, non in contrasto con l'Unione, che sono invece state accordate «a paesi occupati».

Gli impegni che gli esponenti del nord sarebbero pronti ad assumersi verso l'Italia sono i seguenti:

1°) accogliere la collaborazione di tutti i fedeli alla causa dell'Unione;

2°) garantire -mediante l'azione di Prefetti sicuri ed energici, l'impiego di reparti volontari albanesi e l'appoggio delle Forze Armate -la tranquillità e la sicurezza nelle provincie del Kossovo, di Scutari, Dibra, Tirana e Durazzo (e cioè la sicurezza del paese dalle frontiere del nord allo Skumbi) dando così la possibilità di agire con efficacia per ristabilire l'ordine nelle provincie del sud;

3°) colpire inesorabilmente tutti coloro che operassero ai danni dell'Albania e dell'Unione, offendessero l'Italia e minacciassero i suoi interessi vitali e la sicurezza degli italiani in Albania;

4°) appoggiare decisamente l'azione delle truppe italiane, qualora queste fossero chiamate a svolgere azioni di polizia o di guerra.

Di fronte a tali impegni il nuovo Governo chiederebbe di presentarsi alla Nazione recando le seguenti concessioni da parte dell'Italia:

1°) la luogotenenza assumerebbe il carattere di Corte del Re d'Albania, secondo i termini dello Statuto;

2°) gli interessi del Governo italiano e i relativi controlli dovrebbero essere affidati ad un « rappresentante del Governo italiano » presso il Governo

albanese; analogamente a Roma dovrebbe risiedere un «rappresentante del Governo albanese »;

3°) revisione dell'Accordo 3 giugno 1939 concernente la gestione delle relaz·ioni internazionali dei due Stati per armonizzare la gestione degli affari albanesi con l'indipendenza del paese; l'accordo verrebbe attuato al termine della guerra;

4°) allo scopo di dare un carattere più «nazionale», e quindi più profondamente sentito dal paese al Partito fascista albanese, esso dovrebbe essere trasformato in un partito totalitario essenzialmente albanese, cui verrebbe dato il nome di «Guardia della Grande Albania». I principii sui quali si baserebbe la «Guardia della Grande Albania» sarebbero i principii stessi del fascismo. Il suo carattere integralmente albanese distruggerebbe le critiche che il fascismo italiano, trapiantato in Albania, tenderebbe a « snazionalizzare » gli albanesi e verrebbe a creare un partito gemello del fascismo, ma prettamente nazionale, a simiglianza di quanto avviene nella Spagna con la Falange. L'effigie del Duce sarebbe posta in tutte le sedi della «Guardia» e recherebbe la dicitura «Benito Mussolini, Creatore della Grande Albania». Il distintivo della «Guardia della Grande Albania» sarebbe stabilito allo stesso tempo dello Statuto del nuovo partito, secondo le indicazioni che sarebbero date dal Duce. Del partito entrerebbero a far parte, oltre i nuovi aderenti, coloro che sono attualmente iscritti al Partito fascista albanese, ad eccezione di coloro che verrebbero eliminati per il loro equivoco atteggiamento nei riguardi dell'Unione e dei principii fascisti;

5°) creazione di unità albanesi delle forze armate, con la bandiera nazionale, sempre dipendenti dal Comando Superiore FF.AA. Albania, destinate ad affiancare le unità italiane nella difesa del territorio albanese;

6°) la Gendarmeria, la Polizia, la Guardia di Finanza e le Milizie speciali dovrebbero essere albanesi e dipendere a tutti gli effetti dal Governo albanese;

7°) i ·componenti dell'attuale Milizia fascista albanese sarebbero assorbiti dalla Gendarmeria, dalla Polizia, dalla Guardia di Finanza e dalle Milizie speciali;

8°) revisione della Convenzione economica doganale valutaria del 20 aprile 1939, nel senso di una Unione Doganale entro la quale siano mantenute le dogane albanesi;

9°) trasferimento nel Montenegro dei così detti « colonisti » montenegrini, che trovansi attualmente nel Kossovo, considerati -e non a torto un elemento potenziale di disordine, la cui presenza in territorio albanese esaspera l'animo dei kossovari, togliendo loro la necessaria tranquillità ed il senso di sicurezza. Tale nucleo ammonta a circa 15 mila persone. (È indubbiamente un problema grave da risolvere, ma che bisognerebbe subito affrontare, almeno parzialmente, per avere compatta e sicura la vitale zona del Kossovo). Per contribuire alla risoluzione del problema il Governo albanese sarebbe disposto a provvedere al Governatorato del Montenegro i cereali necessari all'alimentazione dei rimpatriati.

Le suddette concessioni avrebbero naturalmente un'attenzione progressiva e secondo le possibilità pratiche. Spetta a Voi, Eccellenza, decidere quale strada, nell'alternativa, debba essere seguita.

La decisione di formare un nuovo Governo che, garantendo la tranquillità del nord consenta l'uso della forza per ristabilire l'ordine nel sud, significherebbe voler ancora la via della politica.

In tal caso, un governo che possa agire con le premesse cui sopra è accennato è attualmente il solo che possa dare speranza di un'opera proficua, opera intesa ad evitare che i torbidi in atto nell'Albania del sud s'intensifichino e si estendano, come ardentemente desiderato dai nemici e come l'attuale Governo fa prevedere, prima che una reale e seria minaccia di invasione si affacci alle frontiere del Regno.

La decisione, per contro, di affidare senz'altro alla sola forza la soluzione del problema albanese, implicherebbe esse,re determinati ad affrontare fino in fondo le ripercussioni che simile provvedimento, dovendo essere da noi adottato senza l'approvazione dell'attuale Governo, determinerebbe col passaggio dell'Albania nel novero dei paesi occupati.

Col trasferimento dei poteri all'Autorità Militare si dovrebbe poi poter contare sulla disponibilità delle Forze Armate necessarie (nella misura che è già stata fatta conoscere) per fronteggiare ogni eventualità. Al riguardo potrebbe essere ancora sentito l'Ecc. il Generale Dalmazzo, che travasi a Roma, chiamato a conferire O).

(l) -Portato da Jacomonl a Roma e consegnato a Mussolinl la mattina dell'8 febbraio. (2) -Vedi serle nona, vol. IX, DD. 512, 527, 530, 551, 554, 566 e 580.
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IL PLENIPOTENZIARIO D'ITALIA PER LA GRECIA, GHIGI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 816/136 R. Atene, 8 febbraio 1943, ore 22,15 (per. ore 2 .del 9). Vostri telegrammi 167 (2) e 171 (3).

Reputo mio dovere confermare che, per le ragioni da me precedentemente riferite, provvedimento arresto e internamento ebrei di nazionalità greca, che ascendono a molte migliaia, appare, nel delicato momento attuale, politicamente controproducente, oltre che, per quanto possa giudicare, di difficile attuazione pratica.

Ho provveduto comunque portare con urgenza contenuto del telegramma 167 a conoscenza di questo Comando Superiore Forze Armate, competente in materia, in quanto ad esso sono devoluti poteri e responsabilità ordine pubblico e pubblica sicurezza.

Mi riservo telegrafare al più presto ( 4).

(l) -Per la risposta, vedi D. 8. (2) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 572. (3) -Il T. 3857/171 P. R. del 5 febbraio 1943. ore 19,10, non pubbllcato, conteneva le tstruziolli di telegrafare con urgenza gli elementi richiesti nel D. 572, serie nona, vol. IX. (4) -Dall'esame della corrispondenza telegrafica non risultano ulteriori comunicazioni in proposito.
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L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 823/81 R. Ankara, 8 febbraio 1943, ore 2.3 (per. ore 13 del 9).

Sono stato ricevuto oggi in visita di congedo dal Presidente della Repubblica. All'udienza era presente Ministro degli Affari Esteri Menemencoglu.

Ismet Inonu, nell'esprimere sentimenti di simpatia nei riguardi miei e di apprezzamento della lunga missione da me svolta in Turchia, ha constatato con viva soddisfazione che i rapporti fra i nostri due paesi sono ora comple~amente chiarificati. Mi ha pregato di far conoscere a V. E. che qui si nutrono· sentimenti di vera amicizia per l'Italia.

Nel corso della conversazione egli si è molto dilungato sul conflitto attuale, sottolineando le gravi conseguenze che ne derivano per la stessa Turchia e manifestando le sincere aspirazioni ed il suo vivo desiderio di far opera di mediazione fra i belligeranti. Purtroppo, egli ha concluso, si è trovato finora di fronte all'intransigenza delle due parti.

Ad un mio accenno al pericolo sovietico che costituisce una minaccia per tutti il Presidente ha fatto il sordo; invece ha mostrato di apprezzare alcune mie consideraz,ioni sulla incomprensione degli S.U.A. delle cose di Europa.

5

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. 4329/175 P.R. Roma, 9 febbraio 1943, ore 24.

Per ordine del Duce ho assunto la carica di Sottosegretario agli Affari Esteri.

Vogliate far giungere al Ministro degli Affari Esteri Ribbentrop il mio cameratesco saluto e dirgli che intendo improntare la mia opera, sotto le alte direttive del Duce, a quello spirito di stretta collaborazione verso l'alleata Germania, che ha ispirato fin qui la politica estera dell'Italia fascista.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, E AI MINISTRI A BUCAREST, BOVA SCOPPA, E A BUDAPEST, ANFUSO

T. 4348/c.P.R. Roma, 9 febbraio 1943, ore 24.

(Solo per Berlino) In seguito a comunicazioni di questa Ambasciata di Germania è stato telegrafato a Bucarest e a Budapest quanto segue:

<Per tutti) Vogliate far presente a codesto Governo che in seguito alla rottura delle relazioni diplomatiche col Cile ci attendiamo che esso prenda a sua volta iniziativa di rompere le relazioni diplomatiche con detto Stato.

Rivolgiamo tale preghiera a codesto Governo nello spirito del Patto Tripartito.

Per Vostra informazione si aggiunge che Governo germanico ha impartito da parte sua analoghe istruzioni a proprie Rappresentanze a Budapest e Bucarest.

(Solo per Budapest) R. Legazione in Bucarest è stata invitata compiere medesimo passo (l). (Solo per Bucarest) R. Legazione Budapest è stata invitata compiere medesimo passo (2).

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IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 887/073 R. Sofia, 9 febbraio 1943 (per. il 12).

Mio telegramma per corriere n. 063 dell'8 febbraio corrente (3).

Dinanzi al nervosismo qui sorto a seguito dell'incontro turco-britannico di Adana, il Governo di Sofia ha ritenuto opportuno dire una chiara parola in merito e dare un aperto avvertimento a quanti, in buona o in cattiva fede, si agitano o si adoperano per accrescere lo stato di disagio.

Tale parola è stata detta ieri per bocca del Ministro dell'Interno Gabrowski, che è ritenuto l'uomo di maggiore energia che conti attualmente il Gabinetto di Sofia.

Questi, in un discorso tenuto a Plevna ha, accennando agli sforzi propagandistici delle trasmissioni radiofoni:che straniere, dichiarato: «Noi non sappiamo con esattezza di che cosa i dirigenti anglo-sassoni abbiano conversato a Casablanca e ad Adana. Ma le informazioni che abbiamo circa i colloqui di Adana che sono quelli che maggiormente interessano il popolo bulga.ro, confermano che la nostra vicina meridionale, la Turchia, non ha intenzione di mutare il suo atteggiamento di rigida neutralità».

Il Ministro ha poi aggiunto che il Governo prende severe misure per assicurare la saldezza del f.ronte interno e che ogni tentativo di speculazione o di sabotaggio sarà punito con esemplare durezza. «Chiunque --egli ha concluso -sarà contro lo Stato, verrà annientato».

(l) -Con successivo T. 5162/47 P.R. del 13 febbraio 1943, ore 23, Babuscio Rizzo comunicò ancora ad Anfuso quanto segue: <<Si conviene su opportunità che comunicazione a codesto Governo circa rottura relazioni diplomatiche Ungheria-Cile avvenga soltanto quando codesto Ministro di Germania avrà ricevuto analoghe istruzioni e di concerto con lui>>. Per la risposta di Anfuso vedi D. 27. (2) -Bova Scoppa rispose con Telespr. 687/229 del 19 febbraio 1943, non rinvenuto. (3) -T. per corriere 882/063 R. dell'8 febbraio 1943, non pubbUcato: dava notizia dell'Incontro anglo-turco di Adana.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL LUOGOTENENTE GENERALE IN ALBANIA, JACOMONI

T. 4434/72 P.R. Roma, 10 febbraio 1943, ore 18.

Vostro rapporto n. 720 del 7 febbraio (1). Duce ha approvato formazione Guardia Nazionale Grande Albania destinata assorbire Partito fascista albanese.

Per ovvi motivi convenienza politica, è opportuno che anteriormente sia costituita nuova istituzione pubblicamente chiamata a raccogliere in un unico fascio tutte le sane energie del Paese per la difesa -in questo momento delicato della sua storia -della propria integrità, in armonica collaborazione con l'Italia amica.

Come conseguenza Partito fascista albanese dovrebbe inquadrarsi spontaneamente nel nuovo organismo, dando ad esso tutto l'apporto delle sue forze e della sua organizzazione.

Affinché fini superiori di difesa nazionale giustifichino e diano un favorevole riflesso all'inserimento del Partito nella nuova formazione politica, sarebbe opportuno far partecipare alla Guardia anche esponenti che non abbiano sino ad ora esplicitamente aderito al Partito fascista.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

T. PER TELESCR. 4295/272 P. R. Berlino, 10 febbraio 1943, ore 20,55.

Vostro 175 in data odierna (2).

Nell'assenza del Ministro Von Ribbentrop ed allo scopo di fargli pervenire al più presto la vostra comunicazione, l'ho trasmessa stamane personalmente per il tramite di questo Sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri.

Barone Weizsacker, prendendone visione con evidente compiacimento, mi ha assicurato che l'avrebbe immediatamente fatta pervenire al signor Von Ribbentrop.

Ne l corso della conversazione, Barone Weizsii.cker ha tenuto confermarmi come annunzio vostra nomina sia stato calorosamente accolto in questo paese.

(l) -Vedi D. 2. (2) -Vedi D. 5.
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IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 880/57 R. Budapest, 11 febbraio 1943, ore 20,30 (per. ore 7 del 12).

Mio telegramma n. 37 (1).

Conversazioni ungaro-romene proseguono con ritmo molto lento. Ulteriori contatti Ministro d'Ungheria a Bucarest col Governo romeno non hanno fino a questo momento conseguito altri concreti risultati che nota promessa di Antonescu di tener prossimamente un discorso ispirato a concetti concilianti e moderati.

Ciò nonostante --come mi conferma Presidente del Consiglio -disposizioni di questi ambienti rimangono in linea di massima favorevoli. Nella presente situazione politica e militare Ungheria vede senza dubbio volentieri la possibilità di una distensione con il rivale romeno e l'iniziata presa di contatti sembra già aver determinato qualche influsso sull'insieme dei rapporti fra i due Paesi. Un alleggerimento della tensione -secondo quanto mi è stato detto comincierebbe già a verificarsi in Transilvania ove le autorità romene sembrano mostrare da qualche tempo maggiore comprensione. Altri favorevoli sintomi di una situazione suscettibile di miglioramento sono il probabile rinnovo del modus vivendi ungaro-romeno per facilitare i traffici di frontiera per la pesca del fiume Olt che delimita un breve tratto di frontiera ungaro-romena nella regione di Szekely. Modus vivendi anzidetto, rinnovato tutti gli anni, non aveva fino ad ora mai avuto efficace applicazione, mentre da attuale rinnovamento entrambe le parti mostrano di voler rip'romettersi utili risultati. Questi ed altri sintomi, senza aver in se stessi grande importanza, permettono di sperare secondo questi ambienti in una favorevole evoluzione nel campo romeno.

A tale evoluzione -qui si dice -noi siamo sempre disposti a dar il nostro contributo pur senza abbandonarci a soverchie illusioni.

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IL MINISTRO A HELSINKI, GUARNASCHELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 904/33-34 R. Helsinki, 11 febbraio 1943, ore 21,42 (per. ore 18,50 del 12J.

Mio telegramma 25 (2). Nell'imminenza elezione Presidente della Repubblica fissata 15 corrente confermo che rielezione attuale presidente Ryti appare assicurata, se pur non al

lO

l'unanimità, salvo imprevisti ultima ora, sempre possibili in quanto corpo 200 elettori attualmente sparsi tutte regioni Finlandia riuniscesi qui soltanto vigilia elezione. Da buona fonte mi è stato riferito che di recente si sono recati al Quartiere Generale finlandese presso Maresciallo Mannerheim il Presidente della Repubblica il Presidente del Consiglio Rangell, il Ministro della Difesa Nazionale Walden e noto ex Presidente del Consiglio Tanner, capo gruppo social-democratico che è il più forte attuale Parlamento. In detta riunione Maresciallo avrebbe dichiarato che accetterebbe carica Presidente della Repubblica soltanto se sua elezione avvenisse all'unanimità. Tale eventualità essendo da escludere, malgrado generale rispetto e ammirazione verso il Maresciallo, accordo si è fatto su rielezione attuale Presidente, anche se taluni partiti minoranza si affermeranno su altri nomi.

Da stessa fonte mi si assicura che nuovo Governo che verrà formato dopo elezioni Presidente della Repubblica non comprenderebbe né attuale Presidente del Consiglio, né Ministro Affari Esteri Witting. Questi -si dice -verrebbe escluso particolarmente per imposizione S.U.A. quale uomo troppo ligio Germania.

Eventualmente anche attuale Segretario Generale Affari Esteri, generalmente ritenuto filo-tedesco, verrebbe sostituito.

Governo Washington avrebbe fatto qui intendere che sostituzione Witting e Segretario Generale Affari Esteri è condizione per rientro Helsingfors Ministra degli Stati Uniti (vedi per ultimo mio telegramma per corriere n. 03) (1), rientro che è generalmente auspicato da questa opinione pubblica e particolarmente da ambienti social-democratici quale sintomo miglioramento rapporti Finlandia-S.U.A.

Quale probabile successore di Witting, si fa il nome dell'attuale Ministro Approvvigionamento Ramsay, che sarebbe ben visto a Berlino, nonché tra altri il nome del signor Kivimaki, attuale Ministro Finlandia a Berlino.

(l) -Vedi serle nona, vol. IX, D. 560. (2) -Con T. 718/25 R. del 4 febbraio 1943, ore 14,40, non pubblicato, Guarnaschelli aveva riferito sulle candidature per le e~ezioni alla Presidenza della Repubblica.
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IL MINISTRO A HELSINKI, GUARNASCHELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 903/35 R. Helsinki, 11 febbraio 1943, ore 20,55 (per. ore 12 del 12).

Da buona fonte mi viene riferito riservatamente che Legazione degli S.U.A. avrebbe ricevuto istruzioni da Washington esercitare viva pressione su questo Governo, sfruttando preoccupazione derivante da avvenimenti bellici fronte orientale, a favore pace separata con URSS. In intensificati contatti con uomini di Governo, capi partito, deputati, giornalisti questo Incaricato d'affari S.U.A. insisterebbe su interesse Finlandia accordarsi con URSS senza ulteriore indu

Il

gio; in quanto Finlandia ha attualmente in mano pegni territoriali e quindi margine di negoziati che potrebbe [perdere] in prossimo avvenire.

Mi si aggiunge -e lo riferisco con ogni riserva -che argomentazioni americane sarebbero state discusse, fra l'altro, nella riunione recentemente tenutasi presso Maresciallo Mannerheim (mio telegramma n. 33) (1).

(l) T. per corriere 932, 03 R. del 6 febbraio 1943, non pubblicato.

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IL LUOGOTENENTE GENERALE IN ALBANIA, JACOMONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. 916/76 R. Tirana, 12 febbraio 1943, ore 21,40 (per. ore 7 del 13).

Mio rapporto n. 720 del 7 corrente (2).

In conformità istruzioni datemi verbalmente da V. E. durante mia recente visita costà ho provveduto oggi, dopo aver accettato dimissioni Gabinetto Libohova, alla formazione nuovo Governo presieduto da Maliq Bushati, cui composizione ho comunicato con telegramma in chiaro (3). Governo ha già prestato giuramento. Cambio della guardia è stato comunicato in serata alla radio.

Nuovo Governo ha già pieno appoggio Markagioni e di Kruja. Quest'ultimo proponesi anzi collaborare -ed efficacemente anche se fuori della compagine ministeriale -all'opera del Governo.

A richiesta del Governo e d'accordo con me, Comando Superiore Forze Armate sì tiene pronto ad assumere poteri polizia in qualche provincia meridionale come presumibilmente quella di Berat dove sicurezza è particolarmente necessaria sia per l'esistenza colà degli impianti petroliferi sìà per essere quello il centro politico dì qualche membro famiglia Vrionì che potrebbe dar fastidi. Dai risultati e reazione che provvedimento sarà per dare si potrà giudicare se ed in quale misura estenderlo ad altre provincie del sud.

Governo proponesi enunciare solennemente suo programma fissando responsabilità di ogni albanese davanti al Consiglio Superiore che si riunirà prossimamente in seduta plenaria.

Eccellenza Libohova, che nel rassegnarmi sue dimissioni mi ha detto che si rende conto perfettamente dell'impotenza suo Gabinetto a dominare situazione, intende partire subito per ristabilirsi a Roma.

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IL MINISTRO A LISBONA, FRANSONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 915/222-223 R. Lisbona, 12 febbraio 1943, ore 23,20 (per. ore 10,30 del 13).

Da persona bene informata introdotta presso questo Ministero della Guerra mi viene confermato che Governo portoghese teme sempre le occulte manovre

degli anglo-americani contro il regime Salazar che si vorrebbe vedere sostltuito da altro più docile e più sottomesso alle pretese degli Alleati.

Si sa infatti che Londra e Washington -per far fronte alle gravi perdite inflitte al loro tonnellaggio dai sottomarini dell'Asse -pensano di intensificare la lotta antisommergibile e di proteggere meglio i loro convogli. A tale scopo l'occupazione delle Azzorre e dell'Isola del Capoverde sarebbe considerata molto utile, istituendo efficienti basi aeronavali. Il Governo Salazar non si presterebbe però ad accedere supinamente ai desideri degli anglo-sassoni od a subire senza resistenza un loro atto di forza. Di qui le manovre, si dice, per sostituire Salazar evitando così possibili complicazioni militari e diplomatiche.

Da altre diverse fonti che devo considerare attendibili risulta che personalmente Salazar è preoccupato per richieste che sulla base dello stesso trattato d'alleanza anglo-portoghese teme possano giungergli da Londra, e sta di fatto ad ogni modo che da quanto si può qui osservare America e Inghilterra continuano a premere con i loro soliti mezzi e sistemi su questo Paese.

(l) -Vedi D. 11. (2) -Vedi D. 2. (3) -Si tratta del T. 4581/75 P. R. del 12 febbraio, ore 19, non pubblicato.
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IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 12 febbraio 1943.

In conformità alle istruzioni ricevute, ho avuto .stamane con l'Avvocato Burghiba un primo scambio di idee. L'Avvocato Burghiba, prima di entrare nell'argomento, ha tenuto a esprimermi con molto calore la sua riconoscenza per averlo noi liberato dalle prigioni francesi e per l'ospitalità che gli abbiamo accordato a Roma.

Mi ha quindi esposto il suo programma che può essere ricapitolato nei punti seguenti:

l. -I Tunisini desiderano di riacquistare la propria indipendenza. Essi riconoscono tuttavia gli interessi strategici, politici, economici, demografici che l'Italia ha in Tunisia e sono disposti ad accettare una situazione futura che, pur risp~ttando la sovranità del Beilicato, offra le indispensabili garanzie militari e politiche all'Italia circa la tutela dei suoi riconosciuti interessi e permettr~ lo sviluppo materiale ed il progresso civile del Paese sotto gli auspici e con r 1iuto dell'Italia e degli Italiani di Tunisia.

2 -I Tunisini desiderano che il Protettorato Francese cessi subito. Essi non ch' edcmo che l'Italia e la Germania dichiarino l'indipendenza della Tunisia, ma vo .liono che il Bey dichiari formalmente decaduto il Trattato del Bardo, dichia~ azione che implicherebbe la decadenza dei poteri del Residente e dei Controllori Civili francesi, ma non dei molti francesi che sono funzionari tunisini e che potreboeru venir convalidati per assicurare il funzionamento amministrativo del paese.

6 -Documenti diplomatici -Serie IX -Voi X

3. -Contemporaneamente alla dichiarazione del Bey di decadenza di Trattati con la Francia l'Avvocato Burghiba -per evitare ripercussioni che potrebbero intralciare il buon andamento della vita del Paese in questo momento così deHcato -ritiene che dovrebbe essere stipulato un «modus vivendi » fra la Francia ed il Bey nel quale quest'ultimo si impegnerebbe a rispettare gli interessi e le proprietà francesi in Tunisia ed a riconoscere ora ed in avvenire i diritti acquisiti dai funzionari francesi (stipendi, pensioni, ecc.), sia che vogliano lasciare i loro posti sia che siano disposti a rimanere nell'amministrazione tunisina.

Burghiba ritiene che un tale «modus vivendi» sarebbe sufficiente a rassicurare i Francesi che si trovano in Tunisia e che antepongono ad ogni altro sentimento il loro interesse personale. Egli infatti ritiene che i Francesi di Tunisia sono oggi tutti convinti che, comunque finisca la guerra, la Tunisia è perduta per la Francia e temono più di ogni altra cosa di dover lasciare i loro posti e le relative laute prebende. Un «modus vivendi» del genere non porterebbe quindi -secondo Burghiba -alcun serio pregiudizio nell'organizzazione civile del Paese e non desterebbe alcuna seria reazione da parte francese in genere.

4. -Un avolta decaduto il Protettorato francese, il Bey potrebbe negoziare con l'Italia un nuovo Trattato, e la Tunisia schierarsi dalla parte dell'Asse, il che avrebbe una grande ripercussione tn Algeria ed in Marocco e varrebbe ad ostacolare il collaborazionismo tra gli indigeni e gli anglo-franco-americani ora in atto. Burghiba è anche sicuro che varie decine di migliaia di Tunisini già istruiti alle armi sarebbero pronti a combattere a fianco delle truppe dell'Asse. L'essere i Tunisini spontaneamente a fianco dell'Asse scoraggerebbe gli arruolamenti volontari ed incoraggerebbe le diserzioni fra i mobilitati indigeni in Algeria e in Marocco.

Ho detto a Burghiba che il suo programma avrebbe formato oggetto di studio da parte nostra. Ma che intanto io gli potevo dare due assicurazioni:

l. -L'Italia ha la ferma intenzione di far cessare il protettorato francese in Tunisia, questo essendo uno degli scopi dichiarati dell'attuale guerra.

2. --L'Italia ha la massima comprensione per le aspirazioni dei Tunisini. Noi abbiamo alcuni precisi interessi da far valere, ma abbiamo intenzione di farlo con il maggior rispetto per le tradizioni e gli interessi del popolo tunisino. 3. --Il problema della cessazione immediata del protettorato francese non è un problema locale ma si inquadra nel problema generale dei rapporti tra le Potenze dell'Asse e la Francia, e deve essere quindi studiato da noi in collaborazione e d'intesa con la Germania. 4. --L'interesse immediato delle Potenze dell'Asse è un interesse militare, e le relative decisioni politiche non possono prescindere da quelle che sono le esigenze del Comando alleato in Tunisia.

L'Avvocato Burghiba ha ripetuto che egli era perfettamente d'accordo sulla necessità di agire con cautela ed accortezza, per non provocare disordini che danneggerebbero la situazione militare ma con molta fermezza mi ha dichiarato che condizione preliminare ad una collaborazione di nazionalisti tunisini con le Potenze dell'Asse era ed è la decadenza immediata del protettorato francese.

Ho concluso assicurando Burghiba che il programma da lui esposto avrebbe fatto oggetto di studio da parte nostra e che avremmo potuto avere al riguardo ulteriori conversazioni.

Burghiba ha raccomandato che intanto siano fatti partire per la Tunisia i sei desturiani che si trovano qui con lui e che sono nervosi ed inquieti per l'ansia di rivedere, dopo cinque anni di assenza, le loro famiglie. Al che ho risposto che non vedevo tnconvenienti da parte nostra, salvo il benestare delle autorità militari in Tunisia (1).

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. s. 2211. Berlino, 12 febbraio 1943 (per. il 14).

Con precedenti rapporti (2) ho avuto occasione di segnalare gli aspetti e le prime .ripercussioni -militari e politiche -della battaglia di Stalingrado, episodio culminante della controffensiva sovietica e conclusiva del ciclo di operazioni intraprese da parte germanica alla fine del giugno 1942.

Mentre quella battaglia ancora era in corso, è iniziata la vera e propria offensiva invernale russa, oggi in pieno sviluppo, della quale vanno di giorno in giorno chiarendosi il disegno strategico e gli aspetti tattici particolari.

Durante il mese di gennaio, malgrado le ripetute e violente «finte ~ nemiche nei settori settentrionali del fronte (Lago Ladoga, Velikije Luki), apparve più evidente che il peso principale dello sforzo avversario si sarebbe fatto sentire sul settore meridionale compreso fra Voronesch, Rostow ed il Caucaso.

In questa fase particolarmente violenta della lotta, furono duramente provate, tra le altre, le truppe del nostro Armir ed in ispecie quelle del Corpo Alpino che, malgrado le gravi perdite subite, seppero brillantemente disimpegnarsi con le armi in pugno dalla pressione avversaria. Se anche la citazione del comportamento eroico di queste nostre divisioni da parte del Bollettino di Guerra germanico e la valorizzazione delle loro gesta da parte della stampa alleata non siano state ottenute senza nostro amichevole intervento, è pur dato constatare come il valore e l'efficienza dei nostri si siano affermati, oltre che agli avversari, anche di fronte agli alleati, creando tra questi un'atmosfera nella quale è lecito confidare possano essere soddisfacentemente risolte le difficoltà sorte tra il nostro Comando Supremo e quello tedesco circa le modalità del ripiegamento delle truppe italiane ed il loro successivo reimpiego.

L'accentuarsi della minaccia nemica e la necessità di avere sottomano il maggior numero possibile di forze costrinse l'Alto Comando germanico ad affret

tare, dapprima, e rendere, poi, più vasto assai del previsto lo sgombero della regione caucasica e ad abbandonare la regione petrolifera di Maikop, limitando l'occupazione a due teste di ponte: l'una di fronte a Rostow, al di là del Don; l'altra sulla penisola di Taman, di fronte allo Stretto di Kerch.

Nel frattempo le forze germaniche, attraverso una serie di aspri combattimenti, andavano gradualmente ritirandosi di fronte ai successivi attacchi nemici, che colpivano ora in direzione di Rostow, ora in quella di Voronesch o di Charkow, senza che riuscisse chiaro quale di tali centri rappresentasse il loro principale obbiettivo.

Ai primi di febbraio i tedeschi si trovavano attestati su una linea (Voronesch-fiume Oskol-Isijun-fiume Donez-foce del Don) lungo la quale la resistenza sembrava possibile.

Ma questa resistenza è stata infranta: e nella fase attuale della lotta, i russi, con una serie di manovre che appaiono concepite a largo raggio, rivelano l'intendimento di sfruttare ulteriormente i successi raggiunti.

I punti nevralgici del fronte sono ora due: il bacino del Donez ed il settore Voronesch -Chursk-Charkow.

Nel primo il nemico cerca di forzare il Donez allo scopo, si :ritiene, di puntare verso il Mare di Azov e chiudere le forze tedesche, che presidiano il bacino del fiume, in una sacca al fondo della quale dovrebbe trovarsi Rostow. I sovietici sono riusciti a costituire due forti teste di ponte, a Slaviansk e Dawidow; per contenerle vengono ora avviate in gran fretta anche truppe ritirate dalla zona di Rostow. Rendendosi probabile l'abbandono di questa città, nelle cui vie già si combatte, si è in pari tempo ritenuto, da parte tedesca, necessario iniziare lo sgombero dei settori più eccentrici del bacino del Donez, del1e forze colà dislocate.

Contemporaneamente, e con intensità ancora maggiore, il nemico sembra volgere i propri sforzi nel settore Chursk-Charkow, minacciando quest'ultimo importantissimo centro e tentando, a quanto si suppone, di aprirsi la possibilità per un'operazione ancora più vasta: una manovra avvolgente diretta a raggiungere Dnjepropetrowsk, sul Dnjepr, chiave dell'intero fronte me,ridionale germanico. Occupata Voronesch, forzato l'Oskol, raggiunte Chursk e Bielgorod, l'avversario nell'attuale momento non accenna a diminuire la pressione.

Nello scorso settembre il Fiihrer in persona -a voce e per iscritto -mi manifestava la sua certezza che Stalingrado sarebbe stata conquistata definitivamente dai tedeschi, e che il Caucaso settentrionale, con i suoi bacini petroliferi, sarebbe stato subito dopo completamente occupato.

Due settimane or sono, sempre al Quartier Generale, una convinzione altret

tanto recisa egli mi esprimeva circa la possibilità di tenere Rostow.

Oggi nell'Alto Comando germanico si ammette -e sarebbe difficile fare altrimenti -che la situazione è delicata. Non si nasconde l'importanza dei risultati sinora conseguiti dall'avversario, il quale ha ormai praticamente riconquistato tutto il terreno perduto durante l'offensiva tedesca di estate, e catturato quantità ingenti di prezioso materiale. Si manifesta peraltro l'opinione che l'ampiezza eccessiva della manovra intrapresa e l'intensità dello sforzo con cui viene sviluppata, finiranno per esaurire il nemico, mettendolo in una situazione di cui le forze germaniche potrebbero giovarsi.

Il successo sinora conseguito dai russi viene da parte tedesca attribuito in primo luogo «all'intelligente studio ed all'abile applicazione, da essi fatta, della dottrina tattica tedesca». Fin dal mese di novembre scorso il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Generale Zeitzler, segnalava i progressi dell'addestramento dei Comandi e delle truppe nemiche e metteva in guardia contro i nuovi metodi che essi avrebbero applicato nelle prossime operazioni. I russi non eseguono più come in passato attacchi frontali di massa, né mostrano di ignorare come sviluppar sino in fondo le manovre intraprese. Hanno adottato sistemi germanici della infiltrazione, dell'attacco sui fianchi, dell'avvolgimento: e li applicano con buoni risultati.

In secondo luogo, secondo quanto si riconosce da parte tedesca, la situazione attuale deve imputarsi alla scarsità di riserve ed alla lentezza con la quale affluiscono quelle disponibili. Ciò costringe ad impiegarle in modo frazionato, nei punti momentaneamente più minacciati, sicché è assai meno sensibile il peso della loro presenza.

La situazione potrà essere ristabilita -si afferma -allorché sarà possibile disporre di una forte massa di riserve fresche. E tutti gli sforzi tendono attualmente alla formazione di tale massa di manovra; ma non ci si pronuncia sul momento in cui potrà entrare in azione.

A giudizio anche di nostri ufficiali che hanno seguito le operazioni al campo

o si trovano in contatto col Quartier Generale, i successi sovietici sarebbero sta'.;i notevolmente facilitati dal carattere eccessivamente rigido della tattica difensiva tedesca, che si è accanita nella difesa ad oltranza di taluni capisaldi e talune linee, anche dopo che esse erano state aggirate o gravemente minacciate dal nemico.

Questa difesa ostinata sembra essere stata ispirata talvolta a criteri di carattere prevalentemente politico piuttosto che militare: e avrebbe suscitato critiche da parte di ufficiali dello Stato Maggiore germanico.

In ogni caso sembra abbia inciso alquanto sul morale delle truppe operanti, già un po' scosse dopo la caduta di Stalingrado. Si noterebbe una maggior ripugnanza del soldato ad aggrapparsi a capisaldi accerchiati, come invece più volte è avvenuto nello scorso inverno: per sfiducia nel rifornimento aereo e per timore di abbandono da parte dei propri ufficiali. Nel corso della ritirata del Caucaso alcune unità avrebbero ceduto le armi, avendo appreso che i loro generali erano partiti in aeroplano per il Quartier Generale.

Questi episodi non escono peraltro fino ad oggi -per numero e per carattere -dal quadro delle naturali conseguenze di uno stato di cose contingente. Gli organi supremi responsabili esprimono la più energica volontà di lotta, non soltanto per resistere all'attual-e offensiva nemica, ma anche per ristabilire nel modo più favorevole la situazione; assoluta si manifesta la loro intransigenza circa la necessità di raggiungere la vittoria totale.

Questa intransigenza non appare turbata dalla campagna di propaganda in corso sulla solidarietà occidentale di fronte alla minaccia sovietica, circa la quale ho particolareggiatamente riferito in altra sede; né dalla diffusione di idee, di confidenze e di voci -che quotidianamente è dato registrare sempre più frequenti nella capitale e in provincia, tra gli ambienti più disparati -circa l'opportunità di una qualche «azione politica» o di una qualche «soluzione di

compromesso», la quale integri o addirittura sostituisca l'azione delle armi, ritenuta più difficilmente risolutiva. Sul fronte interno, ed in ispecie sull'applicazione e le prospettive della grandiosa mobilitazione civile in atto, riferirò con rapporto separato (1).

(1) -Il presente documento reca Il visto di Mussolinl. (2) -Vedi serle nona, vol. IX, DD. 454, 535, 561, 568, 577 e 585.
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IL MINISTRO A HELSINKI, GUARNASCHELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 922/37 R. Helsinki, 13 febbraio 1943, ore 11,40 (per. ore 19).

In colloquio avuto con questo Ministro degli Affari Esteri questi ha tra l'altro così riassunto posizione Finlandia nei rispetti della guerra:

1° -a seguito aggressione sovietica Finlandia combatte contro U.R.S.S. guerra di difesa, spalla a spalla con Germania ed altri stati impegnati lotta anti-bolscevica;

2° -Gran Bretagna e Domini hanno dichiarato considerarsi in stato di guerra con Finlandia. Da parte finlande,se non vi è stata dichiarazdone analoga. In fatto non si è fino ad ora verificato alcun atto di guerra fra Finlandia e Gran Bretagna;

3° -Finlandia mantiene con S.U.A. regolari rapporti, sull'andamento dei quali influisce il fatto dell'alleanza degli S.U.A. con U.R.S.S. con la quale Finlandia è in guerra.

18

COLLOQUIO DEL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, AMBROSIO, CON L'ADDETTO MILITARE GIAPPONESE A ROMA, SHIMIZU (2)

VERBALE. [Roma], 13 febbraio 1943, ore 16,45.

Shimizu: rappresenta di essere venuto per esporre il proprio punto di vista sulla situazione generale:

-intendimento degli anglo-americani è quello di circondare l'Italia e la Germania da una parte ed il Giappone dall'altra; -essi spingono la Russia al massimo sforzo per logorare il più possibile il potenziale bellico tedesco;

-loro intendimenti operativi prossimi sono: eliminare le forze dell'Asse in Tunisia, quindi costituire una forte base in Africa settentrionale dalla quale attaccare l'Italia;

-azione sulla Turchia perché incrementi al massimo il proprio armamento per spingerla poi contro la Germania od eventualmente contro la Russia nell'ipotesi che questa minacciasse di estendere la propria influenza al Mediterraneo;

-probabile azione anche contro la Grecia allo scopo essenzialmente di costituirsi basi idonee ad impedire i rifornimenti di petrolio in Rumenia;

-nei riguardi del Giappone: costituire una forte .base in Australia dalla quale partire per rioccupare i territori perduti; primo obiettivo, rioccupazione della Birmania allo scopo di impadronirsi della strada per i rifornimenti a Ciang Kai Schek.

Per reagire a questi piani riteniamo innanzi tutto indispensabile che l'Italia e la Germania tengano a qualunque costo la Tunisia. Per parte nostra dovremo impegnare più che possibile la flotta americana e portare verso l'India le forze necessarie per un'azione offensiva che per i suoi riflessi costituirà un valido aiuto all'Asse.

Attribuiamo molta importanza al corso degli avvenimenti in Russia. La Russia ha subito molte perdite, secondo noi però dispone ancora di circa metà delle forze iniziali e potrà continuare la guerra per uno o due anni anche se attaccheremo.

Ambrosia: chiede quale ritengano essere il punto debole della Russia.

Shimizu: dai dati in nostro possesso risulterebbe che la Russia ha mobilitato già il 16 % degli uomini e sta già mobilitando anche le donne: ha già fatto un grande sforzo. Peraltro anche la Germania ha già mobilitato il 15 % degli uomini ed in questo campo non ha più molte possibi,lità. Però in compenso, dal punto di vista dei materiali e dell'armamento, la Germania è in netto vantaggio e se agisce bene nella primavera e nell'estate può annientare la Russia o almeno la metà delle armate russe.

Allo stato attua,le la Germania non deve preoccuparsi di perdere terreno anche a costo di abbandonare tutto quello che ha preso, ma deve ritirarsi e mettersi in condizione di prendere la controffensiva. La Russia non potrà sempre avanzare. Si tratta in sostanza non di distruggere completamente le forze russe, il che è impossibile, ma di metterle in condizioni di doversi solo difendere.

L'Italia attualmente ha un grave compito ed in questi mesi specialmente sarà molto impegnata. Ai fini generali della nostra guerra accorTe che si orienti a combattere anche da sola senza ci~è chiedere a~uti alla Germania allo scopo di consentirle tutte le possibilità contro la Russia. È importante che anche la popolazione si renda conto di questo ed il Governo in proposito deve provvedere.

Ci rendiamo conto che questa è l'ora in cui il Giappone deve portare tutto il suo aiuto che si estrinsecherà col massimo impegno della flotta americana e con la progettata azione contro l'India.

Ambrosia: in sintesi, secondo LI vostro punto di vista, l'avversario tende a chiudere in un cerchio l'Europa ed in un altro il Giappone; con lo sbarco in Nord-Africa si tende a chiudere un anello da sud.

Noi abbiamo dovuto abbandonare la Tripolitania, ma abbiamo preso la Tunisia dalla quale possiamo ancora domina.re il Mediterraneo.

D'accordo con i tedeschi stiamo facendo tutto il possibile per potenziare le nostre due armate. Shimizu: chiede se le due armate sono sotto un unico comando.

Ambrosia: risponde che fra qualche giorno verrà costituito un comando gruppo armate agli ordini del Gen. von Arnim e -richiesto -dice che la 5a Armata sarà affidata al Gen. von Fahst.

Il problema più difficile è però quello dei rifornimenti: abbiamo una sola strada obbligata sulla quale gli avversari concentrano tutti i loro mezzi per contrastarci.

In ogni modo è nostra ferma intenzione di non mollare in Tunisia. Abbiamo buone speranze anche perché le truppe americane si sono dimostrate poco addestrate.

Nell'ipotesi che dovessimo perdere la Tunisia dovremo considerare l'invasione dell'Italia o della Balcania. La direttrice della Balcania è quella di maggiore rendimento per l'avversario, tra l'altro anche perché interseca la zona nella quale la popolazione è nettamente favorevole all'avversario. In ogni modo la situazione della Sicilia e della Sardegna verrebbe ad essere molto delicata.

Shimizu: chiede che importanza si attribuisce a Creta e Rodi. Ambrosia: risponde che si è a conoscenza dell'approntamento a Cipro, coste della Siria e ad Alessandria di forze e mezzi avversari. Per parte nostra sono in corso i provvedimenti per potenziare la Grecia e l'Albania. È peraltro da consideral'e che uno sbarco in Balcania non sarà per l'avversario così facile come è stato quello in Africa Settentrionale Francese. La questione della Turchia va esaminata sotto due punti di vista: prima nei riguardi del suo interesse, poi in quelli degli Alleati. Essa vorrebbe rimanere estranea al conflitto. Peraltro nell"ipotesi della vittoria degli Alleati se essa sarà rimasta estranea al conflitto dovrà fare i conti con la Russia. In questo quadro se le cose si avviano bene per gli Alleati la Turchia si deciderà ad entrare in guerra contro di noi. Qualora invece dovesse crollare la Russia è da pensare che la Turchia continuerebbe a rimanere neutrale. Shimizu: premette che se la domanda non esorbita dal segreto militare gradirebbe conoscere di quanti aerei dispone l'Asse in Mediterraneo. Nei riguardi degli anglo-americani ritiene che essi dispongano oggi di 3 mila aerei che potranno salire a 4 mila entro sei mesi. Pensiamo che anche voi potrete averne circa 4 mila.

Ambrosia: risponde che il Duce ha fissato la direttiva di raggiungere la parità. Peraltro noi abbiamo ora, apparecchi modernissimi e piloti sempre superiori all'avversario.

Nei riguardi dei fronte russo-tedesco lo sviluppo delle operazioni dipende dall'entità delle riserve che la Germania può avere. Shimizu: secondo i nostri dati la Germania entro l'anno potrebbe ancora mobilitare 4 milioni di uomini compresi i ragazzi di diciassette anni.

Ambrosia: dice che questa cifra sembra un po' eccessiva.

Shimizu: ritiene che si possa contare su 2 milioni di uomini.

Ambrosia: più che il numero degli uomini conta il numero delle Grandi Unità disponibili a primavera. Oggi non ho dati positivi. Shimizu: chiede dov·e si può vedeTe la possibilità per i tedeschi di fermarsi neU'attuale ripiegamento. Ambrosia: ritiene che in definitiva si attesteranno al Dnieper per poi di lì ripartire con azione controffensiva.

Shimizu: per quanto riguarda l'attegg.iamento giapponese al fronte russo non vi è intendimento di ag•ire offensivamente, in quanto questa azione comporterebbe una dispersione di forze senza peraltro recare un effettivo apporto all'azione comune. Se peraltro i russi prenderanno l'offensiva, noi siamo in condizione di reagire energicamente.

Consegna all'Ecc. [Ambrosi.o] un promemoria relativo allo sviluppo delle operazioni in corso in oriente.

Senza voler criticare la Germania abbiamo osservato come essa non abbia ancora reso di pubbUca ragione un programma di riassetto politico futuro a differenza di quanto hanno già fatto gli anglo-americani ed anche il Giappone. Riterremmo conveniente che la cosa fosse prospettata al Duce perché a sua volta la rappresentasse al FtihreT allo scopo di dare fiducia ai popoli per il loro avvenire, il che produrrebbe un incitamento ed una maggiore comprensione degli scopi deUa guerra.

Per parte nostra e per via indiretta abbiamo già rappresentato la stessa cosa al Governo germanico (l).

In definitiva il nostro compito essenziale è l'annientamento della flotta americana. Constatiamo che l'Italia e la Germania attribuiscono la massima importanza alla guerra sottomarina.

• Sappiamo che voi avete delle navi da battaglia che tenete ferme per mancanza di nafta. Ri.teniamo conveniente cercare di far giungere la nafta necessaria perehé tali navi possano portare il loro peso contro la flotta inglese nel Mediterraneo.

È infine da tener presente che se l'avversario continuerà ad avere il dominio del mare l'Asse non potrà raggiungere la vittoria.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -In Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.
19

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. PER CORRIERE 942/031 R. Budapest, 13 febbraio 1943 (per. il 15).

Kallay mi ha fatto un aperto sfogo contro le mene dei legittimisti ungheresi ehe da qualche tempo, in margine degli avvenimenti militari e delle ripercussioni ·che essi determinano nell'opinione pubblica, manifestano una qua~lche maggiore attività e libertà di linguaggio.

l

È naturale che la fronda legittimista sia, tra le varie se pure non pericolose fronde esistenti in questo paese, quella che -in un momento come questo -è maggiormente sus·cettibile di irritare il Governo, formato di uomini devoti al Reggente e al suo regime. D'altra parte è ugualmente certo che, insieme con gli ebrei, i legittimisti sono quelli che più logicamente debbono auspicarsi, come difatti si auspicano, la vittoria degli anglosassoni e la fine del regime Horthy. Ciò spiega l'irritazione di Kallay nei loro riguarrdi e l'accenno da lui fattomi all'eventualità di un internamento di Pallavicini, capo rtconosciuto del Legittimismo magiaro, in un campo di concentramento.

Avendogli io chiesto per·ché il Governo ungherese non adottava una misura del genere se la riteneva opportuna per superiori esigenze nazionali, Kallay mi ha spiegato che il maggiore ostacolo è costituito dalla composizione stessa della società e della classe dirigente ungherese.

«L'Ungheria -egli mi ha detto -non è che una grande famiglia ove tutti coloro che contano qualche 1cosa sono in vario modo imparentati e membri di una medesima casta. Internare PallavLcini ed altri legittimisti suoi seguaci significherebbe recare lo scompiglio in mezza Ungheria aristocratica e rrischierebbe di avere effetti contrari a quelli desiderati sulla pubblica opinione».

È quindi molto probabile che il Governo si asterrà dall'adottare tale misura perlomeno finché Hnrthy non riterrà conveniente evitare che i suo1 più diretti avversari appaiano in veste di martiri dell'idea legittimista, sulle cui forze e le cui prospettive ho riferito per ultimo con mio rapporto n. 3377/1680 dell'8 dicembre Cl).

(l) Nota apposta al documento dal gen. Ambrosia: «La sera dello stesso giorno del colloquio (13 febbraio 1943) ho parlato al Duce dell'argomento. Questi mi disse che fin dal gennaio '40, e successivamente in altre occasioni, aveva intrattenuto il Ftihrer sull'opportunità di una politica chiara nei riguardi dell'avvenire dei popoli occupati, però sempre senza alcun risultato».

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. 5193/201 P. R. Roma, 14 febbraio 1943 (2).

Vostri telegrammi 237 e 245 (3).

Da conversazione telefoni-ca tra De Astis e Casardi pare che da parte tedesca si sia voluto estendere richiesta anche a Stati Baltici e Polonia. Chiarite questo punto con Auswartiges Amt informandone d'urgenza questo Ministero. Se risposta sarà affermativa saremmo disposti estendere rimpatrio anche ad ebrei italiani che trovansi suddetti territori e che ritengonsi poco numerosi. In tal caso termine fissato 31 marzo dovrebbe per territori medesimi essere congruamente prorogato, dato che pratiche rimpatrio ebrei ivi 'residenti non sono state ancora iniziate.

Con questa Ambasciata Germanica non sono stati discussi aspetti particolari della questione ma essa è stata da noi informata delle istruzioni impartite a RR. Rappresentanze nei territori in questione. Tuttavia, poiché trattasi di se

guire anche nei riguardi degli ebrei italiani dei territori suddetti gli stessi criteri di moderazione coi quali l'Italia attua i provvedimenti razziali occorre'l"à adoperarsi, caso per caso, in modo che siano rimpatriati tutti gli italiani che, essendo considerati ebrei, sarebbero passibili dei provvedimenti previsti qualora rimanessero sul posto.

Per determinazione razza (quesiti a e b del secondo telegramma citato) non rimane pet~ciò che seguire legge tedesca, dato che in tal modo non rimarranno esclusi da rimpatrio casi diversamente considerati da legge italiana e da quella tedesca.

Per quanto riguarda mogli razza ebraica di cittadini italiani ariani sembra che almeno a quelle che sono di origine tedesca non dovrebbe venire applicata alternativa fra rimpatrio e noti provvedimenti. In tal senso potrete prospettare questione a codesto Governo informandone questo Ministero di quanto potrà essere concordato (l).

(l) -Non pubblicato. (2) -Manca l'Indicazione dell'ora d! partenza. (3) -Vedi serle nona, vol. IX, D. 589.
21

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL CAPO DELLO STATO SPAGNOLO, FRANCO

L. P. (2). Roma, 14 febbraio 1943 (3).

Desidero prima di tutto ringraziarvi cordialmente per il messaggio .che mi avete mandato a mezzo del Vostro Ambasciatore Cuesta (4) e desidero subito aggiungere che il Vostro nuovo Ambasciatore ha fatto un'ottima impresswne in tutti gli ambienti.

Egli troverà sempre aperte le porte di Palazzo Venezia, non solo al1'Ambasciatore, ma al Falangista di sicura fede.

Non vi è dubbio, ·caro Generalissimo, che dall'8 novembre ha avuto inizio una nuova fase della guerra che presenta le seguenti caratteristiche: l'iniziativa terrestre e aerea è passata agli anglo-sassoni; l'iniziativa marittima, colla guerra dei sommergibili, è rimasta nelle mani dell'Asse e infligge perdite gravi e crescenti al nemico, tali da influire anche sullo sviluppo della guerra terrestre.

La guerra terrestre è dominata dall'avanzata dei russi verso occidente e dalla situazione tunisina. I piani nemLci sono ormai conosciuti: eliminare l'Asse dal Nord-Africa; occupare le isole del Mediterraneo -Pantelleria, Creta, Rodi da queste basi partire per crea-re il secondo fronte nel luogo più indicato: Grecia e Balcani, il .tutto accompagnato da bombardamenti massicci sull'Italia e da tentativi di «commandos » in Sicilia e Sardegna.

Naturalmente l'Asse sta. predisponendo le contromisure in ognuno di questi settori minacciati. Per quanto riguarda la Spagna, Voi vedete come sempre

giusto. Le garanzie anglo-amerkane non valgono nulla. Gli alleati sono stati e sono i complici di Negrin e dei rossi. Avendone la possibilità essi non esiteranno un minuto a crearvi tutte le difficoltà possibili, sino a provocare la guerra. Essi non fanno distinzioni fra fascismo e falangismo e nazional-socialismo. Non possono tollera.re un regime autoritario in Spagna, ma soprattutto non vogliono una Spagna forte e unita, capace -cioè -di avere una parte importante nella politica mondiale.

Armatevi, quindi, caro Franco, con calma e con decisione. La guerra sarà ancora molto lunga e se sarete costretto a intervenire, lo farete nel momento più propizio per la nostra causa.

Quanto alla politica inglese, condivido il vostro giudizio. Gli inglesi si illudono di potere addomesticare il bolscevismo; è il bolscevismo che li dominerebbe, se la Russia riuscisse a vincere.

Ma questo non accadrà. È mia convinzione ,che la Germania ha forze sufficienti per arrestare -a un momento dato -l'attuale offensiva russa e per passare fra qualche tempo alla controffensiva.

Vi ringrazio, ·caro Caudillo, dei voti che esprimete per il popolo italiano e per me. Li ricambio per il popolo spagnolo e per Voi coi sensi della più fraterna amicizia.

(l) -Con T. 6295/367 P.R. del 27 febbraio 1943, ore 17, non pubblicato, l'incaricato d'affari a Berlino rispondeva «intese di massima raggiunte con A:uswlirtiges Amt sono conformi alle istruzioni impartite da V. E. ». (2) -Minuta autografa. (3) -Questa lettera fu trasmessa in plico allegato ad un dispaccio (n. 1/848 del 14 febbraio 1943) per l'incaricato d'affari a Madrid, Fracassi, affinché ne curasse l'inoltro a Franco. (4) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 564.
22

IL MINISTRO A HELSINKI, GUARNASCHELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

•.r. 967/39 R. Helsinki, 15 febbraio 1943, ore 20,30 (per. ore 7 del 16).

Mio telegramma n. 33 (l).

Alla vigilia elezioni presidenziali, elettori partito agrario (partito di sindacati), formato essenzialmente piccoli agricoltori, hanno cercato imporre candidatura Mannerheim ma Maresciallo stesso con dkhiarazione pubblicata stamarre da tutti i giornali ha fatto intendere sua disapprovazione tentativo scindere corpo elettorale.

Questo in seduta pomeridiana odierna ha quindi rieletto Risto Ryti quale presidente della RepubbUca con notevolissima maggioranza (269 voti su 300). Rielezione Ryti, mentre nei riguardi interni costituisce riaffermazione solidarietà nazionale, ha anche significato sostanziale approvazione partiti a direttive seguite da Finlandia nei riguardi guerra (mio telegramma n. 37) (2); direttive che è quindi da prevedersi rimarranno immutate, anche se presidente della Repubblica dovesse considerare opportunità procedere nel nuovo Governo snstituzione Ministro Affari Esteri Witting.

(I) -Vedi D. Il.
(2) -Vedi D. 17.
23

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

APPUNTO S. Roma, 15 febbraio 1943.

Nell'udienza concessami, il 12 corrente, presente V. E., il Duce mi disse di avermi chiamato per tenere rapporto sulla situazione politica in Croazia e precisò i seguenti punti:

l) Italia e Croazia;

Il) Germania e Croazia;

III) Croazia e ribelli;

IV) Croazia e Jugoslavia.

Il rapporto è continuato il giorno successivo, presente il Capo di Gabinetto.

l) Italia e Croazia. Partendo dalla impostazione dei rapporti itala-croati e dalla connessione tra gli accordi politici e gli accordi territoriali del maggio 1941 (1), esposi la situazione qual'è attualmente: con un gioco squisitamente balcanico, con la riluttanza, con la diffidenza, con la sua presunzione di maturità e di autosufficienza politico-militare-economica, con le sue inadempienze, il Governo di Pavelic si è allontanato dalla linea dei Patti di Roma.

Oggi l'Italia, che politicamente ha garantito la Croazia, che militarmente nel corso di circa due anni ha dato uomini e mezzi per ·la difesa del territorio croato, non vede riconosciuta la preminenza dei suoi interessi nello spazio croato. Uomini di governo e classe dirigente sono tenacemente riottosi e, spesso, ostili a.ll'Italia; essi non danno prova di volontà amichevole verso di noi, né Pavelic (forse per indecisione o per calcolo) li educa a questo, e tanto meno li indirizza energicamente verso il concretarsi delle forme di collaborazione che erano previste dai Patti e dovevano portare la Croazia, con lo sviluppo dei reciproci rapporti, nell'orbita della comunità imperiale di Roma. Alla stregua dei fatti può dirsi che l'esperimento della creazione di uno Stato Croato indipendente non è riuscito e che il regime ustascia, espressione di una mentalità primitiva e violenta, sleale verso di noi, ci ha delusi. Sarebbe eccessivamente ottimistico pensare che possa esserci un sostanziale mutamento di indirizzo.

Alla fine del giugno 1942 (2) richiamai l'attenzione di PaveJic sulla situazione anormale che era venuta determinandosi sotto il suo Regime nei nostri confronti: gli dissi che il R. Governo, alleato della Croazia e garante del.la sua indipendenza, doveva constatare che il Regime ustascia non era orientato verso l'Italia come avrebbe dovuto essere; che l'alleanza venticinquennale era considerata .come una alleanza contingente, come le altre alleanze di questa guerra, che da parte di uomini responsabili croati si faceva del binomio Italia-Germania un termine di paragone antitetico, rivolto in funzione antitaliana, a scapito della posizione dell'Italia; che il sentimento politico dei croati non era favorevolmente disposto, né opportunamente diretto da1l'azione di governo e dalla

propaganda; che le manifestazioni irredentiste, non sempre spontanee, quasi sempre tollerate, venivano represse soltanto per mio intervento; e che avremmo potuto trovarci, qualora egli non avesse agito tempestivamente sull'opinione pubblica, cominciando dai suoi stessi collaboratori, in situazione incresciosa, analoga a quella esistente al tempo della Jugoslavia.

Consegnai a Pavelic in quella occasione un memorandum, nel quale erano sviluppati i concetti che ho riassunto. (Allego copia del memorandum) 0).

Ebbi assicurazioni formali, ma nulla fu fatto. Tornai col Poglavnik sull'argomento più volte, e, venuto a sapere che della cosa era stato incaricato Lorkovic, manifestai a questi il mio disappunto. Lorkovic era senza dubbio il meno adatto, per struttura mentale, per educazione e per convincimento, ad essere il fattore positivo e determinante di un chiaro orientamento della Croazia nei nostri confronti.

Il giorno 8 corrente, traevo lo spunto -in un colloquio con Paveiic -dalla inammissibLle e intollerabile insistenza con cui Lorkovic e altri uomini facenti capo a lui si ingerivano di questioni militari, formulando giudizi sul contegno delle nostre truppe operanti in territorio croato, e ricordavo al Poglavnik le mie richieste contenute nel memorandum. Egli mostrò di stupirsi che nulla fosse stato eseguito, e mi promise che se ne sarebbe occupato personalmente. Gli dissi che forse era troppo tardi.

A questo punto il Duce ha parlato della questione monarchica. Ha detto che l'offerta della Corona a Casa Savoia fu certo un atto molto importante. Ma come si può dar seguito alla designazione del nuovo Monarca, successore di un antichissimo Re croato il cui nome si perde nella notte dei tempi (Zvonimiro o Tomislavo), se la situazione interna è quella che è in Croazia, se i rapporti con l'Italia invece di rafforzarsi si allentano?

Il Duce m iha chiesto: «E' vero che esita, quasi si ha paura di esporre nelle vetrine il ritratto del Re designato?».

Ho risposto: «E' vero. Ma io ho evitato di consigliare che si faccia, mentre lotte interne, di religione e ...!i razza, dilaniano il paese, e finché continueranno le stragi e le persecuzioni contro la minoranza ortodossa, la cui responsabilità ricade su Pavelic e sul suo Governo».

Il Duce ha osservato che non si può, in queste condizioni, parlare neppure di mandare un Savoia a regnare in Croazia. Ha ricordato poi che Pavelic deve molto a noi; non solo lo abbiamo ospitato a lungo in Italia, e aiutato, e sottratto alla richiesta di estradizione da parte della Francia, ma lo abbiamo valorizzato dopo. Mi ha chiesto: «Di qual natura sono gli incidenti che si verificano tra nostri militi e elementi croati? ».

Ho risposto che sono incidenti a sfondo a volte irredentistico, a volte occasionali, in luoghi di ritrovo. Le Camicie Nere della Compagnia M non danno luogo a provocazioni e, quando provocati, si comportano ottimamente, rintuzzando e menando le mani, se necessario.

Il Duce ha domandato che cosa pensassi della Missione Militare e del Colonnello Re. Ho risposto che l'opera della Missione, sotto la direttiva di Re, è soddisfacente, malgrado le evidenti difficoltà per concretare la collaborazione

militare. Ho aggiunto che da parte tedesca viene molto apprezzato il contributo militare italiano nella lotta contro i ribelli, particolarmente a proposito delle recenti operazioni.

Il) Germania e Croazia. La Germania va stabilendo in Croazia la sua protezione di tatto. Non si pensa a un protettorato, almeno per il momento. I tedeschi assistono la Croazia, la appoggiano, la forniscono di armi e di viveri, mostrano di giustificarne le imma~urità e le intemperanze, e, intanto, cercano di approfondire ed estendere i controlli militari e politici. I croati lasciano fare, agitandosi pro forma, certo molto meno che con noi italiani.

L'animus dei croati è diverso nei riguardi dei tedeschi; essi sono ben disposti. Mentre confermano la loro volontà di indipendenza, vagheggiano il benessere di cui gode la Slovacchia. Per spiegare con noi questa differenza di atteggiamento dicono che non sappiamo comprenderli, non vogliamo aiutarli, e constatano che poco o nulla diamo di quel che ad essi abbisogna.

Che ,cosa pensa Pavelic? Furbescamente egli pensa che, ottenuta la garanzia dell'Italia, è bene farsi proteggere di fatto dalla Germania. Se vincerà l'Asse, sarà Ja Germania a decidere delle sorti dell'Europa e, specialmente, dei piccoli Stati.

III) Croazia e ribelli. Il Duce mi domanda: << Pavelic è padrone della situazione? Tiene saldamente il timone?».

Rispondo: «Tiene col suo Regime poliziesco Zagabria e tre o quattro città, il resto è in mano ai ribelli, o è occupato militarmente da noi e dai tedeschi. Anche le regioni settentrionali, Sirmio e Slavonia, dove l'elemento ortodosso era tranquillo fino a un anno fa, si sono messe in rivolta, per reazione alle persecuzioni degli ustascia. Sono fatti anche recenti. Alla base del programma di FavelLe e di quasi tutti i suoi Luogotenenti è sempre lo sterminio degli ortodossi».

«Non c'è stato un mutamento di programma, dopo l'allontanamento dei due Kvaternik ?», chiede il Duce. «C'è stata una sosta per le pressioni nostre e tedesche, ma il programma è sempre quello», rispondo.

«Perché non pensano a farli emigrare in Serbi a? ».

« Ci pensano. Ma non credo che questo sia realizzabile subito. Intanto gli ortodossi sono ridotti a un milione e mezzo. Si calcola che quattrocentomila siano gli uccisi e centomila i convertiti al cattolicesimo».

Ricordo .che il Duce nel giugno 1942 ricevette il Ministro croato delle Finanze, Kosak, e gli disse di far sapere in Croazia che non era concepibile stabilizzare il Regime e normalizzare la situazione interna, persistendo nella lotta contro gli ortodossi. Mi risulta che Kosak, rientrato in Patria, riferì in un Consiglio dei Ministri le parole del Duce, adoperandosi per un mutamento di rotta. Cadde in disgrazia, fu sul punto di essere defenestrato, e fu accusato di essersi venduto agli italiani (si fece correre la voce che aveva ricevuto 50 milioni dal Conte Volpi).

«Non perdonerò a PaveUc di averci "regalato un supplemento di guerra" nel suo territorio, proprio per la impolitica ostinazione di voler sopprimere due milioni di ortodossi ».

IV) Croazia e Jugoslavia. «E il Si[.lor Peric sogna sempre la grande Croazia?», chiede il Duce.

«Il Ministro di Croazia a Roma è uno dei nostri peggiori nemici».

«Ed è in combutta con Lorkovic ».

«Lo so. E vorrebbe fare di Lorkovic il Presidente del Consiglio».

«Che cosa fanno i macekiani? ».

« Sono in ripresa all'interno; vanno ristabilendo la loro organizzazione di Partito. Preparano un programma per la futura conferenza della pace». «Quale?». «Grande Jugoslavia, o Federazione di Stati balcanici sotto l'influenza della

Russia, compresa la Dalmazia, le isole, Fiume e l'Istria. Oppure Stato Sottodanubiano, patrocinato dagli Stati Uniti, Austria, Ungheria, Croazia, Slovacchia, Dalmazia».

Il Duce mi rivolge alcune domande sulla situazione generale:

«Qual'è la Stimmung per quanto vi è dato osservare? ».

«Da due mesi s'avverte una notevole depressione degli animi, per quello che potrà essere l'esito della guerra. L'ho rilevata non soltanto negli ambienti croati, ma in quelli tedeschi, militari e politici. Depressione con tendenza all'aumento. Si parla, piuttosto liberamente, di errori della Germania».

«Errori nel campo strategico e tattico», sottolinea il Duce. «Si chiedono uomini alla Croazia per la campagna di Russia? ». << Vengono richiesti, e inviati in Germania per l'addestramento. Ma intanto, per necessità locali, si impiegano nella guerra balcanica».

Il discorso viene portato sul contributo dei paesi alleati alla guerra. Il Duce pone in rilievo lo sforzo che sta compiendo la Romania e «il contributo che dà, superiore alle sue stesse forze, nella lotta contro i sovieti ».

Il Duce svolge alcune considerazioni sulla resistenza interna dei Paesi impegnati nella guerra, e fa l'elogio della burocrazia italiana. Il Duce considera terminato· il rapporto, e mi impartisce le direttive che riferisco nell'appunto a parte (l).

(l) -Vedi serle nona, vol. VII, D. 134, nota 2 (2) -Vedi serle nona, vol. VIII, D. 632.

(l) Non pubbl!cato.

24

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

APPUNTO S. Roma, 15 febbraio 1943.

Al termine del rapporto del 12 e 13 corrente (2) il Duce mi ha impartito le seguenti direttive.

A) Dite a Pavelic:

l) che desidero vederlo, e che stabiliremo la data del prossimo incontro;

2) che sto benissimo in salute malgrado che si dica il contrario, anche da parte del suo Ministro a Roma;

3) che sono sempre un amico suo e della Croazia indipendente;

4) che desista dalla lotta contro gli ortodossi, non soltanto per ragioni di umanità, ma perché è un errore, un grave errore, se egli -come credo vuole che la Croazia viva e il suo Regime non perisca;

5) che faccia smettere nel suo Paese l'irredentismo, sotto qualunque forma; è inattuabile ed è ridicolo. Noi potremmo fare dell'irrederntismo «comandato~ e anche «spontaneo~. Ma ce ne asteniamo per ragioni di serietà e di attualità. Nel mio discorso del 2 dicembre, discorso che bisogna saper leggere anche fra le righe, ho detto che le questioni territoriali passano in secondo ordine nell'attuale momento. A suo tempo ci torneremo. Fra parentesi dirò: non per concedere o rinunciare. Sono convinto che .la Dalmazia non può vivere cosi, dev'essere riunita o politicamente o economicamente;

6) ,che non ho motivo di compiacermi della sua politica «pendolare~ oscillante tra noi e i tedeschi;

7) che la guerra sarà condotta da noi sino in fondo. Non abbiamo esaurite tutte ,le nostre possibilità in uomini e in mezzi.

B) A voi dico:

l) chiariremo col Poglavnik, nel prossimo incontro, la situazione dei rapporti con l'Italia; •

2) dei vari organi economici, costituiti per gli scambi con la Croazia, la Commissione presieduta dal Conte Volpi continuerà il suo normale lavoro. (Ho fatto presente al Duce che siamo riusciti a ottenere forti quantitativi di legname da ardere e da opere, ma che -per scarsezza di materiale ferroviario -non abbiamo potuto sinora provvedere a ritirarli a Fiume);

3) raccomando di sorvegliare la condotta degli italiani, il loro contegno, la loro onestà. Evitate che gli incidenti si susseguano, e pretendete dagli italiani il massimo di disciplina, per il nostro prestigio;

4) quando vi siano questioni di rilievo da risolvere o da concludere che incontrino la resistenza, o il temporeggiamento, per mala disposizione dei croati, tratteremo con la parte tedesca a Roma, perché il gioco pendolare non riesca (1).

(l) -Vedi D. 24. (2) -Vedi D. 23.
25

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. s. 2332. Berlino, 15 febbraio 1943 (per. il 18).

Riassumo una lunga conversazione che ho avuto ieri sera con questo Ministro della Propaganda.

7 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

l) Il Fiihrer -mi ha detto Goebbels -ha riconosciuto nel rinnovo del Governo fascista la precisa volontà del Duce di mettersi in contatto anche più diretto col popolo italiano. Hitler pensa inoltre che, nell'importante e delicata ora presente, il Duce abbia ritenuto che le sue direttive ed i suoi ordini potessero essere più rigidamente e scrupolosamente interpretati ed eseguiti da uomini nuovi. Hitler stesso d'altronde pratica il sistema di cambiare i suoi collaboratori, anche i più importanti, e di distribuire e coordinare diversamente il loro lavoro.

Il Fiihrer ha creduto altresì di ravvisare pel provvedimento italiano un accento assiale; il che naturalmente ha fatto piacere, non astante egli sia da sempre perfettamente convinto della lealtà dell'Italia secondo la precisa volontà del Duce.

2) Il Fiihrer è rimasto molto bene impressionato dalla delegazione fascista giunta in Germania per il decennale; ed ha rilevato l'affinità dei Federali con i suoi Gauleiter: uomini cioè, temprati alle necessità della situazione attuale e capaci di guidare le masse loro affidate.

Il Fiihrer, che ha assai apprezzato l'invio della delegazione, ha personalmente voluto occuparsi del programma della loro permanenza. Sempre a detta di Goebbels, durante la grande manifestazione allo Sportpalast, il Fiihrer -informato che a seguito di una incursione di tre aeroplani avversari era stato dato l'allarme -aveva dal Quartier Generale telefonato direttamente per assicurarsi che nell'interesse della delegazione fascista fossero prese tutte le opportune misure di precauzione nell'eventualità di sfollamento dell'immenso locale.

3) Circa l'attuale situazione militare, Goebbels, pur non nascondendone la particolare delicatezza, si è manifestato assolutamente sicuro che l'avanzata russa sarà arrestata.

Richiamandomi ai nostri rapporti di amicizia e di confidenza, gli ho detto che prendevo atto con vivo compiacimento delle sue così ferme dichiarazioni; sulle quaU gli chiedevo peraltro di consentirmi qualche riserva, giustificata dall'esperienza che avevo potuto fare in materia. Manifestandosi egli comprensivo, ho potuto così accennare al fatto che da parecchio tempo a questa parte io avevo fedelmente registrato le assicurazioni dei capi politici e militari tedeschi; ma che queste assicurazioni erano poi state contraddette dallo svolgersi degli avvenimenti: ho citato la circostanza di Rostow.

Goebbels non ha saputo che cosa rispondere. Ha osservato solamente che al principio della guerra i tedeschi erano incerti sulla sorte di Saarbriicken, e che ora lo sono su quella di Rostow (il colloquio si svolgeva quando ancora non era giunta la notizia della caduta della città); volendo con ciò rilevare la diversità tra la situazione di allora e quella di oggi, che sarebbe vantaggiosa per la Germania...

4) Parlando dello stato d'animo del paese, Goebbels mi ha dichiarato di non approvare assolutamente che fossero messe in circolazione dichiarazioni secondo le quali nelle armate russe si troverebbero soldati dai sedici ai sessanta anni. Secondo lui, queste notizie sono controproduttive, nel senso che, mentre in Germania si prendono provvedimenti draconiani per «grattare al massimo)) ogni possibile attività, sarebbe necessario non creare illusioni sulla presunta debolezza dell'armata sovietica. A questo proposito mi ha annunciato che terrà prossimamente un discorso molto vivace e duro, non solo allo scopo di insistere sulla necessità, che già si sta facendo largamente strada, per il popolo tedesco di andare avanti fino alla fine, ma anche allo scopo di creare in tutta l'opinione pubblica europea una vera paura fisica dell'invasione sovietica. Egli esagererà questa possibilità, allo scopo di raggiungere il suo effetto sopratutto in Inghilterra, dove -a suo avviso -tutti sono profondamente anticomunisti: come concezione di vita, come formazione spirituale, come educazione, come abitudini.

5) Goebbels, che mi ha parlato del Duce con accenti di profonda devozione e ammirazione, mi ha detto infine che gradirebbe effettuare nella prossima primavera una breve corsa a Roma, per avere l'onore di parlare da solo a solo con il Duce ed a cuore aperto. Ciò -ha concluso -corrisponde ad un suo antico desiderio; ed egli spera di poterlo soddisfare in una visita di carattere assolutamente privato (1).

(l) Per il seguito avuto da queste istruzioni vedi DD. 53 e 62.

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IL MINISTRO A BUDAPEST, AIDIUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. 405/218. Budapest, 15 febbraio 1943 (2).

I propositi d'invasione del continente da parte delle potenze anglo-sassoni e il fiorire dei piani per il riordinamento europeo nel dopo-guerra, riconducono in questo paese l'attenzione sull'attività di Tibor Eckhardt, il noto ex-deputato ungherese capo del partito dei piecoli possidenti e Vice Presidente della Lega per la Revisione, salpato per gli Stati Uniti nel marzo del 1941 e mai più rientrato in patria. Sconfessato e condannato dagli organi ufficiali, seguito con fiducia dagli ambienti che continuano a riporre le loro speranze nella longanimità anglo-americana, la figura di Eckhardt rimane ancor oggi per certi aspetti avvolta in una semi-oscurità che non tutti hanno forse interesse a diradare. Degna in ogni caso di attenzione è la circostanza che quest'uomo politico, generalmente considerato persona abile e intelligente, titolare dell'alta dignità di «Consigliere Intimo~. costituisce oggi -di fatto -un autorevole esponente ungherese in quel campo anglo-sassone al quale, per simpatia

-o per timore, per moto spontaneo o per riflesso di altre preoccupazioni, si rivolgono attualmente tanti pensieri ungheresi.

Sull'atteggiamento e sulle manifestazioni di Eckhardt agli Stati Uniti esiste già un'ampia documentazione alla quale questa R. Legazione ha contribuito con numerosi rapporti.

Pretesto ufficiale del viaggio -il terzo da lui effettuato -era stato l'opportunità di prendere contatto con gli ambienti americani meno edotti delle esigenze nazionali magiare e con le collettività ungheresi d'America lavorate dalla propaganda comunisteggiante del Conte Michele Karolyi. Raggiunto 11 nuovo continente, Eckhardt non tardava a svelare i suoi veri obiettivi, iniziando una vivace attività di opposizione alla politica del nuovo governo ungherese culminata ai primi di ottobre del 1941 nella creazione del «Comitato per l'Ungheria indipendente » e nel manifesto da lui pubblicato in quell'occasione per sollecitare l'adesione degli ungheresi. Dopo qualche tergiversazione il governo di Budapest si decideva a privare della cittadinanza ungherese l'Eckhardt ed un gruppo di personalità firmatarie del manifesto: l'ex Ministro a Washington Pelenyi e tre membri dimissionari della Legazione di Londra. Dopo varie e spesso contrastanti notizie sugli sviluppi dell'iniziativa di Eckhardt e sull'asserita ma non mai confermata formazione di un governo ungherese agli Stati Uniti, nell'estate del 1942 giungeva clandestinamente in Ungheria il testo di un articolo da lui pubblicato sull'organo dissidente Szabadsag, che ha formato oggetto del mio rapporto n. 2222/1060 del 5 agosto u.s. (l) e di cui credo opportuno ricordare il seguente brano:

«Prevedendo la catastrofe, alla vigilia dell'entrata in Ungheria delle truppe germaniche, lasciai la mia Patria per poter continuare a rappresentare come uomo libero l'opinione pubblica ungherese di fronte alla prepotenza nazista. Dall'Ungheria nessuno mi mandò via e nessuno mi chiamò all'estero: ascoltai escl.usivamente la voce della mia coscienza. Nell'aprile del 1941 le truppe germaniche invasero la nostra terra bagnata da tanto sangue. Il silenzio della costernazione fu rotto da un colpo di rivoltella. Questa fu la tragica protesta del Presidente del Consiglio Paolo Teleki contro la prepotenza. Il sipario venne poi calato sulla tragedia magiara. Ma non può esservi alcun dubbio che tutto ciò non può avvenire per volontà del popolo ungherese, il quale non può essere reso responsabile per quanto avviene in Ungheria e per le manifestazioni dell'attuale governo».

Ma questo concetto, il principio cioè dell'irresponsabilità ungherese dinanzi al presente conflitto e alle sue conseguenze, non è forse quello stesso che da qualche tempo viene affiorando con sempre maggiore frequenza nella stampa e negli ambienti responsabili ungheresi? Messa a parte Ja violenza polemica delle parole di Eckhardt, la sua tesi di un'Ungheria costretta a subire l'imposizione germanica è poi tanto diversa da quella ufficialmente accreditata oggi in Ungheria, secondo la quale nessuna libertà di scelta era consentita ai magiari nel momento in cui essi dovettero entrare nel conflitto? E se sostanziale differenza non v'è -come difatti non esiste -tra i due atteggiamenti, devesi da ciò inferire che Eckhardt svolge agli Stati Uniti una attività autorizzata dal Governo di Budapest o in qUalche modo ad esso collegata?

Il quesito è importante e merita di essere consideratu da vicino i)erché esso comporta un esame dell'orientamento dell'Ungheria nell'attuale fase del conflitto.

Eckhardt lasciò l'Ungheria dopo essere stato ricevuto dal Reggente ed avere avuto vari colloqui col Presidente del Consiglio Teleki. Dopo la non favorevole esperienza dei primi due viaggi non tutti ritenevano opportuno che l'irrequieto capo dei piccoli possidenti fosse autorizzato ad effettuarne un terzo in un momento estremamente delicato per l'Ungheria. Ciò nonostante Eckhardt partì e l'atteggiamento imbarazzato del governo magiaro dopo le prime manifestazioni politiche di Eckhardt agli Stati Uniti confermò che la sua partenza era stata favorita dall'alto, in particolare dal Presidente del Consiglio Teleki, cui l'Eckhardt era legato da antica amicizia. Che l'Eckhardt abbia ricevuto da Teleki l'incarico di rappresentare negli ambienti americani la difficile situazione nella quale si era venuta a trovare l'Ungheria dopo lo scoppio del conflitto è, oltre che verosimile, confermato da recenti autorevoli ammissioni che ~i sono state confidenzialmente riferite. Le opinioni di Teleki sulla guerra e sulla funzione dell'Ungheria non sono i)iù un mistero per nessuno dacché il suicidio risolse tragicamente la profonda crisi di coscienza del firmatario del patto ungaro-jugoslavo. Sopravvenuta l'entrata in guerra dell'Ungheria, scomparsi Teleki e Csaky, gli sviluppi della situazione sollecitarono Eckhardt a compiere rapidamente quell'evoluzione logica e programmatica che era contenuta solo in germe nel suo atteggiamento. Credo perciò che sarebbe altrettanto eccessivo vedere nella successiva azione di Eckhardt la vera e propria esecuzione di un piano inizialmente concordato col governo ungherese quanto il non ammettere che al suo viaggio fosse in qualche modo connesso. il proposito di giustificare la politica ufficiale ungherese presso le grandi democrazie d'oltremare.

Sta comunque di fatto che le prime fasi del conflitto, con il loro seguito pressocché ininterrotto di successi per gli eserciti dell'Asse aumentarono l'allontanamento di Eckhardt dall'Ungheria uffLciale. Durante questo periodo egli venne svolgendo agli Stati Uniti, finanziato da ebrei armeni ·Colà residenti, un'intensa attività di raggruppamento degli Ungheresi d'America e di penetrazione negli amb~enti dirigenti degli Stati Uniti. I risultati effettivi da lui raggiunti non sono in tutto noti. Al suo passivo può tuttavia segnarsi il non aver saputo ottenere dal Governo americano un riconoscimento ufficiale ed esclusivo della sua funzione e ancor meno qualche formale affidamento sulla sorte che gli anglo-americani riserverebbero al suo paese. Al suo attivo può essere viceversa calcolato il fatto di rappresentare con maggiore autorevolezza del marxista Conte Karolyi la cosidetta «Ungheria libera:. e di avere acquistato numerose relazioni personali nelle alte sfere degli Stati Uniti.

Oggi che l'evoluzione del conflitto prospetta nuovamente all'Ungheria le alternative del suo avvenire, non manca in questo paese chi, preoccupato dall'ipotesi di un bolscevismo trionfante sull'EurOi)a stremata nelle sue forze migliori, pensa che qualunque altra deprecata realtà sarebbe preferibile al prevalere dei Soviet. Di qui la preoccupazione di giustificare in ogni possibile modo a Londra e a Washington la condotta ungherese, di qui l'affermazione di una solidarietà ungaro-finlandese ai margini della guerra del Tripartito. Di qui il delinearsi di tesi e di atteggiamenti che echeggiano -senza identificarsi con essi -quelli del fuoruscito Eckhardt.

Dico «senza identificarsi :~> perché l'accostamento appare in verità voluto dalle circostanze più che dagli uomini. È qui, del resto, in questo suo aspetto meccanicistico, afferente ad una interna logica delle forze in gioco che sta l'importanza del fenomeno. Non appare in vero probabile che l'attuale governo ungherese, il governo di Nicola Horthy, mantenga diretti contatti con gli angloamericani attraverso Eckhardt. Dietro il fragile schermo di Eckhardt si profilano infatti i progetti americani imperniati su Otto d'Asburgo e su uno stato federale austro-ungaro-ceco o quelli di origine inglese, ispirati da Benes, per la formazione di due forti stati austriaco e cecoslovacco a spese dell'Ungheria. È difficile immaginare che Eckhardt, o chi per lui, sarebbe in grado di far modificare a favore dell'Ungheria i propositi anglo-sassoni. Ma ciò non toglie che -in presenza dell'attuale situazione -tanto Eckhardt quanto gli attuali dirigenti ungheresi si trovino di fatto a perseguire fini, non certo eguali ma, entro certi limiti, paralleli, int,esi ad alleggerire per quanto è possibile l'Ungheria, nell'ipotesi di una vittoria nemica, dal peso delle sue responsabilità e ad evitare

o limitare il danno di un'eventuale ricostruzione anti-ungherese dell'Europa danubiana. Avviene così che il parallelismo di questi fini dia talvolta l'impressione di qualche segreto accordo e che, verificandosi una determinata ::;ituazione, esso potrebbe addirittura fornire l'opportunità di qualche contatto.

Cosa certa è d'altra parte che, indipendentemente da Eckhardt e dagli altri possibili canali tra l'Ungheria e le potenze anglo-sassoni (tra i quali quello della Finlandia appare per molti aspetti idoneo -cfr. miei rapporti

n. 246/133 e 322/170) (1), i timori di questo paese per l'andamento della guerra lo inducono a spingere il suo sguardo in tutte le direzioni dalle quali esso spera possa venirgli qualche luce. Minorata militarmente dai recenti avvenimenti al fronte orientale, l'Ungheria si sforza infatti di rafforzare in ogni possibile senso le sue posizioni diplomatiche. Ne è prova il vivo rammarico, anche recentemente espressomi, di non aver potuto questo Presidente del Consiglio effettuare il suo viaggio in Italia, dal quale egli si riprometteva esaurienti esami della situazione a Palazzo Venezia e in Vaticano. E lo conferma l'atteggiamento conciliativo adottato da qualche tempo nei riguardi non soltanto della Slovacchia e della Croazia, ma della stessa Romania, pietra di paragone della politica interna ed estera di questo paese.

Intanto l'Ungheria ricompone le sue forze militari e politiche per fronteggiare il più saldamente possibile i futuri avvenimenti. E nel quadro di questo sforzo occorre dire che i partiti di estrema destra e tutta quella parte dell'opinione che non si illude sulla sorte che una vittoria anglo-americana assegnerebbe all'Ungheria, combattono vigorosamente contro ogni indebolimento interno ed esterno del paese. Nazional-socialisti, croce-frecciati e minoritari tedeschi sono in prima linea in questa azione di resistenza e di incitamento che può valersi di un argomento di irrefutabile efficacia: la spietata mutilazione del territorio nazionale che seguirebbe fatalmente al prevalere dell'avversario (2).

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Manca l'indicazione della data di arrivo.

(l) Non pubblicato.

(l) -Non rinvenuti. (2) -Il presente documento reca il visto d! Mussol!n!.
27

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5011/67 P.R. Budapest, 16 febbraio 1943, ore 14,45 (per. ore 1,30 del 17).

Telegramma V. E. 47 del 14 corr. (l}.

Ho compiuto stamane, presso questo Presidente del Consiglio, passo prescrittomi con telegramma sopra indicato. Kallay ne ha preso atto e mi ha detto che mi farà pervenire risposta dopo che la richiesta delle Potenze dell'Asse sarà stata esaminata dal Reggente Horthy e in Consiglio dei Ministri. Identica comunicazione è stata fatta a questo Ministro di Germania. Tanto Jagow che io abbiamo peraltro ricevuto impressione che accettazione richiesta non dovrebbe sollevare difficoltà da parte ungherese.

28

IL MINISTRO A HELSINKI, GUARNASCHELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 996/41 R. Helsinki, 16 febbraio 1943, ore 20 (per. ore 7 del 17).

In riunione tenuta in occasione elezioni presidenziali, Consiglio partito social-democratico (che è il più numeroso nell'attuale parlamento con 85 deputati su 200) ha approvato un programma di governo, che è stato reso pubblico stamane.

Nella parte relativa politica estera partito sottolinea che guerra Finlandia contro U.R.S.S. è guerra di difesa, distinta dalla guerra delle grandi Potenze alla quale la Finlandia non partecipa; e ne deduce che Finlandia, se si presenti occasione e se sua libertà indipendenza vengano assicurate, è libera decidere circa cessazione guerra.

Avendo avuto occasione attirare l'attenzione su questa frase del mio collega tedesco, egli ha osservato che, se pure non esiste impegno scritto, sangue versato in comune lega la Finlandia a condurre a fianco Germania guerra contro

U.R.S.S. fino alla vittoria, sola condizione del resto che possa effettivamente

assicurare libertà e indipendenza Finlandia. Segue rapporto (2).

(ll Vedi D. 6. nota l.

(2) Non pubblicato.

29

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. 1002/110 R. Bucarest, 16 febbraio 1943, ore 22 (per. ore 23 del 17).

Avuto un lungo colloquio con Michele Antonescu di cui riassumo punti essenziali:

1°) Antonescu ritiene molto gravecaduta di Rostow e di Voroscilovgrad. Egli pensa che truppe sovietiche finiranno per essere arrestate più che dai tedeschi dallo spazio, dalle difficoltà, dal disgelo; ma non è sicuro neanche di questo. Lo preoccupa gravemente crisi morale in Germania e quella che ha colpito gravemente esercito tedesco.

2°) Secondo Antonescu Turchia manterrà atteggiamento di neutralità se le truppe russe verranno fermate almeno al Dnieper. Se dovessero varcare questo fiume e avvicinarsi ai Balcani Turchia lascerebbero libero passaggio alle truppe anglo-americane in funzione anti-russa e per garantire gli Stretti.

3°) Ho chiesto ad Antonescu se erano state prese misure preventive che Ploesti -centro motore della guerra -venisse difesa contro un immancabile sbarco russo o anglosassone. Mi ha detto che gli sembrava poterlo escludere data deficienza del tonnellaggio sovietico. Avendo io ribattuto che non l'escludevo affatto: lo ritenevo anzi probabile, mi ha risposto che misure erano state studiate per opporvisi anche da parte dello Stato Maggiore tedesco.

4°) Ho chiesto ad Antonescu quanto gli risultasse circa voci di pace separata della Finlandia con U.R.S.S. Mi ha risposto che America aveva chiesto al Governo finlandese un gesto del genere per potergli garantire integrità territoriale e che riteneva che trattative fossero in corso.

5°) Antonescu che -a quanto ho capito -ha per suo conto sondato in campo avverso mi ha precisato di aver saputo che America non (dico non) intende ricostituire uno stato jugoslavo come esisteva prima dell'attuale conflitto e intenderebbe conservare indipendente Croazia mentre la sorte della Dalmazia sarebbe lasciata in sospeso. Antonescu vede in queste notizie, che dice aver ricevuto da ottima fonte, un atteggiamento americano di particolar favore verso l'Italia.

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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, FRACASSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1098/023 R. Madrid, 16 febbraio 1943 (per. il 21).

Con i miei telegrammi 166 e 167 ho riferito informazioni raccolte in questi ambienti militari circa piani bellici anglo-americani che sarebbero stati concertati in Conferenza Casablanca e comporterebbero azioni offensive di vasta portata in vari punti del settore mediterraneo (1). Ulteriori notizie fornite

36 confidenzialmente da fonte spagnola segnalano che operazioni alleate avrebbero inizio nella prossima primavera, compatibilmente con disponibilità tonnellaggio; sarebbero previsti sbarchi in varie località Sicilia, Sardegna, Calabria e Grecia con impiego forti aliquote paracadutisti, sezioni «commandos » e truppe aereotrasportate. Contemporaneamente tali azioni si porrebbe in esecuzione piano tendente paralizzare vie di comunicazioni in Francia e nei Balcani a mezzo atti sabotaggio, e sarebbe prevista occupazione località strategiche del territorio turco con il consenso quel Governo (mio telegramma n. 146) (1).

Per quanto il dettaglio di tali informazioni vada accolto con riserva e possa apparire in parte frutto induzioni, questi ambienti militari ne ritengono attendibile la parte essenziale -prossimo sforzo bellico anglo-sassone nel settore mediterraneo -e si mostrano alquanto preoccupati pei riflessi che ori-entamento conflitto verso scacchiere mediterraneo potrà avere sulla Spagna e sopratutto sulla zona Protettorato.

Al riguardo mi risulta che Duca D'Alba ha espresso ripetutamente l'opinione che se Alleati non riuscissero eliminare rapidamente forze dell'Asse in Tunisia, Spagna potrebbe venire coinvolta nel conflitto. Tale affermazione dell'Ambasciatore di Spagna a Londra trova qui qualche credito, in quanto si ritiene che nella ,predetta eventualità gli Alleati incontrerebbero seri ostacoli ad un attacco contro l'Italia meridionale ed insulare e contro la Grecia. Essi potrebbero quindi indursi a portare l'offensiva nella penisola iberica, militarmente debole, le cui basi terrestri, navali ed aeree sarebbero utilizzate come punto di partenza per sviluppare l'azione bellica, non solo verso l'Italia ma anche verso la Francia.

Mi risulta d'altra parte che analoghe preoccupazioni esisterebbero in ambienti responsabili portoghesi, poiché si va diffondendo sensazione che angloamericani non si farebbero scrupolo, ove lo ritenessero indispensabile alla realizzazione loro piani bellici in prossimo futuro, di occupare basi atlantiche situate in territorio portoghese, che costituirebbero un prezioso punto di appoggio ed una piattaforma di partenza per massima intensificazione operazioni di protezione traffico marittimo contro flotta subacquea dell'Asse.

(l) Il T. 866/166-167 R. dell'Il gennaio 1943, non pubblicato, riferiva tra l'altro che il piano anglo-americano consisteva nel liquidare il fronte tunislno entro due mesi, per iniziare una azione militare nei Balcani preceduta da sbarchi nel Dodecanneso e a Creta.

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IL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI (2)

L. P. (TRA):!UZIONE). Quartier Generale del Filhrer, 16 febbraio 1943 (3).

Se solo dopo tanto tempo io Vi dirigo questa lettera ciò è dovuto al sovraccarico di compiti che da mesi gravano su di me. Il Maresciallo Kesselring mi ha comunicato che Voi soffrite della Vostra infermità maggiormente di

quanto noi tutti potessimo supporre. Ciò, o Duce, è la principale preoccupazione che mi tormenta, poiché per la propria guida e conservazione gli Stati hanno Imprescindibile bisogno di uomini. Io, o Duce, vi metterei così volentieri a disposizione i migliori specialisti tedeschi, ma mi risulta che ad ogni modo Voi siete già stato visitato e trattato da parecchi corifei e so che il Vostro stato non ne guadagnerebbe ma, al contrario, probabilmente ne soffrirebbe. Vi esprimo pertanto i più cordiali auguri per la Vostra guarigione, poiché tutte le altre preoccupazioni sono sopportabili. L'unica cosa che può opprimere nel peggior modo un uomo sono le infermità, specialmente quando compaiono in periodi di grande tensione ed aggravio spirituale e nervoso. In fondo, o Duce, entrambi abbiamo vissuto una vita così assorbente e logorante come pochi altri mortali.

Consentitemi, o Duce, di esprimerVi brevemente il mio punto di vista sopra la situazione in relazione ad alcuni punti importanti. Debbo purtroppo farlo per iscritto dato che, per quanto vivamente io lo desideri, le circostanze non mi consentono per il momento di abbandonare il Quartier Generale. Non appena tuttavia qui sopraggiunga la minima distensione vi pregherò di incontrare! possibilmente di nuovo a Salisburgo. Potete forse difficilmente rendervi conto di quanto vivamente sia da me desiderato di intrattenermi per un paio di giorni personalmente con Voi.

l) Nessun avvenimento su qualsiasi dei fronti può essere considerato e preso in esame singolarmente, poiché tutti sono parti di un gigantesco anello nel quale in definitiva sarà deciso dei destini di tutta l'Europa, come già avvenne in occasione degli altri grandi rivolgimenti storici, come le guerre persiane, le guerre puniche, l'invasione degli Unni, l'espansione islamica e le irruzioni mongoliche in Occidente.

Vi posso assicurare tuttavia che sono felice di vivere in una simile epoca e di poter lottare per la difesa dei valori immortali che al nostro Continente sono stati tramandati dai tempi più remoti. E ciò non solo nel ristretto significato razziale ma anche dal più ampio punto di vista culturale. Io quindi non mi rattristo che proprio a me sia toccato in sorte questo destino, ma ne sono orgoglioso e felice.

2) Bolscevismo e plutocrazia perseguono lo stesso fine. Essi sono diretti dalla stessa forza. Bismarck aveva già detto che il liberalismo è la derivazione della social-democrazia. La plutocrazia giudaica ammantata da anglo-sassone è allo stesso modo l'avanguardia del bolscevismo. È perciò impossibile di separare tra di loro i due fenomeni; essi debbono essere considerati come una stessa unità. In caso di vittoria anche di una sola di quelle due forze il nostro destino sarà inimmaginabile.

3) La lotta contro gli Stati Occidentali viene combattuta solo in parte su terra, essa infatti è anche condotta in una importante misura sul mare. Come quasi ogni guerra, anche questa è in gran parte un problema di trasporti. II finale fallimento della pur così vittoriosa offensiva in Libia contro gli inglesi è derivato in definitiva dall'impossibilità di risolvere il problema dei trasporti dall'Italia o da Creta a Tobruck e Marsa Matruk. Non ha quindi importanza decisiva H conseguimento di successi più o meno transitori, ciò che invece ha un valore decisivo è se i successi militari raggiunti possono essere in definitiva mantenuti dal punto di vista dei trasporti. Qualsiasi vantaggio l'America e l'Inghilterra possano raggiungere col conseguimento di provvisori punti di appoggio, ciò che importa è in definitiva se riusciranno alla lunga a sostenere durevolmente tali punti di appoggio dal punto di vista dei rifornimenti. L'Inghilterra nel 1940 aveva senza dubbio preso solidamente posizione nella Norvegia settentrionale, essa tuttavia non potè mantenervisi a causa della guerra condotta senza interruzione e senza riparo contro il suo tonnellaggio. Quanto più gli Stati anglo-sassoni impegnano le loro forze sopra terreni operativi distanti fra loro, tanto maggiore qiventa lo sviluppo della loro navigazione e tanto più ad un certo punto essi si troveranno o nell'impossibilità di soddisfare ulteriormente ai loro bisogni interni oppure nella necessità di dover di nuovo abbandonare le posizioni da essi occupate. Poiché la guerra sottomarina, o Duce, non si trova alla fine del suo sviluppo, bensì appena all'inizio. Tutti i tentativi degli inglesi e degli americani di sottrarsi a tale pericolo saranno vani. In relazione con le armi che gli vengono contrapposte il sottomarino dall'ultima guerra non solo non ha peggiorato, bensì ha migliorato ininterrottamente le sue possibilità. In paragone con l'anno 1917 i successi dei sottomarini tedeschi sono cresciuti enormemente, mentre le perdite di sottomarini si sono straordinariamente ridotte. Noi ci troviamo tuttavia appena all'inizio dello sviluppo e dell'impiego di nuove armi le quali probabilmente già fra un anno renderanno progressivamente affatto illusoria tutta la difesa antisottomarina. Questa lotta spietata e senza quartiere non può alla lunga essere in alcun modo compensata dalle nuove costruzioni. Il rapporto tra il lavoro richiesto per la guerra sottomarina ed il lavoro necessario per rimpiazzare il tonnellaggio e i carichi affondati scenderà sempre più a svantaggio della difesa. Tutte le conquiste o i successi militari dei nostri avversari si fondano tuttavia esclusivamente sopra il mantenimento delle !oro linee di comunicazione. L'ininterrotta minaccia e l'impedimento dei loro rifornimenti attraverso il mare dovrà prima

o poi portare ad una catastrofe.

Io ho perciò preso tutte le misure affinché alla nostra guerra sottomarina venissero dati punti di appoggio altrettanto buoni quanto invulnerabili. I lavori a tal fine procedono ulteriormente. La loro forza di resistenza sarà in avvenire notevolmente accresciuta. A ciò si aggiunga il contributo dell'arma aerea mediante i bombardieri di lungo raggio, i quali, provvisti di nuovi apparecchi, sono adatti a ricercare e danneggiare con bombe o siluri le navi nemiche anche di notte.

4) La lotta nel Nord-Africa e per l'Europa Orientale reca senza dubbio un apporto di importanza decisiva al successo della guerra. La conservazione e l'allargamento della testa di ponte di Tunisi e Biserta costringono l'Inghilterra e l'America a trasportare al vicino Oriente ed al lontano Occidente forze e rifornimenti con un lungo giro attorno al Capo. Ciò significa praticamente una riduzione del tonnellaggio impiegato in una misura fra il 70 e 1'80 per cento del suo normale rendimento; prescindendo affatto dal pericolo del siluramento, che risulta naturalmente moltiplicato in ragione della maggior lunghezza del

percorso in relazione alla breve traversata attraverso il Mediterraneo. Le misure dei nostri nemici invece possono unicamente consistere, oltre che nel tentativo di cacciarci da Tunisi e da Biserta, in tentativi di sbarco nella stessa Europa.

Nei Balcani: io ritengo che uno sbarco a Creta e nelle Isole del Dodecanneso non sia oggi più verosimile. La difesa e il rifornimento di Creta hanno fatto tali progressi che un tentativo di sbarco fallirà presumibilmente senz'altro sotto le più gravi perdite. Io considero però, o Duce, la situazione nei Balcani con la più grande preoccupazione. Per quanto possa essere allettante di giuocare l'uno contro l'altro due o tre partiti contrapposti, altrettanto pericoloso ritengo sia il ricorrere ad un procedimento siffatto quando i tre partiti sono incondizionatamente d'accordo su di un punto: cioè nell'illimitato odio contro l'Italia e la Germania. Le direttive politiche italiane avevano, come mi era stato detto un tempo, fatto assegnamento su rivolte in Grecia a favore deHe avanzanti unità italiane. Il risultato fu del tutto negativo. Avvenne infatti che non solo i greci si unirono istantaneamente contro le truppe italiane, ma anche che gli stessi albanesi si dimostrarono solo limitatamente fidati. Qualora domani avesse luogo uno sbarco in qualche punto dei Balcani, o Duce, i comunisti, gli aderenti di Mihailovic e tutti gli altri Comitagi si troveranno d'accordo nell'attaccare immediatamente le forze tedesche e italiane a sostegno dei nemici sbarcati!

Io ritengo, o Duce, che sia una vera disgrazia che dopo che avevamo conquistato in guerra l'intero settore, ora da metodi politici siano sorte formazioni organizzate di armati che in qualsiasi situazione difficile si rivolteranno contro di noi. Io Vi metto a disposizione, o Duce, in qualsiasi momento, documentazioni per la cui esattezza rispondo ·con la mia parola e che non possono essere smentite o svalutate da dichiarazioni di organi subordinati. Esse sono ripiene della furberia di quei popoli e traspirano tutte un odio sconfinato non solo contro la Germania, ma forse ancora più contro l'Italia.

In Croazia si è chiusa con successo la prima parte delle operazioni. Purtroppo non è riuscito al V Corpo Italiano di serrare con rapida avanzata su Bos Petrovak e Bihac la conca attorno ai Grmec-Planina con rapidità sufficiente per poter impedire a forti formazioni comuniste di sfuggire verso sud-ovest e sud.

Tuttavia si è riusciti a distruggere una grossa parte della organizzazione di Tito e ad infliggere alle bande elevate perdite in uomini e materiali. È impressionante e preoccupante il constatare quanto ormai abbia progredito l'organizzazione dei ribelli. Siamo ormai appena in tempo per sopprimere la rivolta se non vogliamo correre il pericolo di essere colpiti alle spalle al momento di uno sbarco degli anglo-sassoni nei Balcani.

Alla seconda parte dell'operazione ritengo che sia strettamente desiderabile che partecipino forti forze italiane. Un gruppo di forze (divisione «Bergamo ») dovrebbe rapidamente puntare su Livno, per impedire da lì con la 717a Divisione I, che verrebbe pure impegnata in quella direzione, che il nemico sfugga nuovamente verso il sud, mentre un altro gruppo di forze avanzando dalla Valle della Narenta deve raggiungere la linea Posusje-Imotski, per assumere la difesa dei giacimenti di bauxite, che sono importanti ai fini della guerra, e nei quali le bande sono ormai già penetrate.

Io Vi prego cordialmente, o Duce, di emanare pure le istruzioni necessarie al fine di assicurare una colla.borazione priva di frizioni e pronta fra i nostri comandi locali ed un impiego integrale di tutti i mezzi di azione a loro disposizione.

Il Generale Lohr è stato già da me invitato a mantenere il più stretto contatto con tutti i competenti comandi italiani nella preparazione e nello svolgimento delle operazioni.

Un particolare pericolo ravviso, o Duce, al di fuori del quadro delle attuali operazioni contro i comunisti, negli sviluppi del movimento di Mihailovic.

Il gran numero delle notizie seriamente controllate e concordanti di cui dispongo rivela chiaramente che detto movimento, energicamente diretto ed organizzato e guidato abilmente dal punto di vista politico, attende solo il momento nel quale potrà aggredirci con prospettive di successo.

Le armi e le vettovaglie occorrenti per l'esecuzione di siffatti piani Mihailovic cerca di procurarsele fingendo di aiutare le Vostre truppe nella pacificazione del paese. In tal modo le sue formazioni ricevono tutto ciò di cui hanno bisogno per poi intraprendere la lotta contro di noi, armi, munizioni, vettovaglie ed il necessario terreno di manovra.

Io debbo, o Duce, secondo la mia ferma coscienza, mettervi in guardia seriamente contro una prosecuzione di siffatta politica e posso segnalarvi che negli ambienti direttivi del movimento di Mihailovic vengono svolti vasti preparativi per l'annientamento o il disarmo delle Vostre stesse forze in Erzegovina ed in Montenegro, come pure che i tentativi anglo-sassoni per raggiungere una collaborazione dei comunisti e dei seguaci di Mihailovic contro di noi fanno ulteriori progressi.

In considerazione dei pericoli che sono insiti nel movimento di Mihailovic ho ad ogni modo dato disposizioni per la soppressione di tutti i seguaci di Mihailovic nei territori occupati dalle mie forze.

Io ritengo desiderabile nell'interesse delle nostre comuni finalità che anche la Vostra II Armata consideri Mihailovic ed il suo movimento quali accaniti nemici delle Potenze dell'Asse e Vi prego, o Duce, di dare ordini ai Vostri comandanti superiori in tale senso.

La liquidazione del movimento di Mihailovic non sarà più ad ogni modo cosa facile in considerazione delle forze di cui dispone e degli ormai numerosi cetnici armati.

Prima di ogni altra cosa bisognerebbe che venisse subito sospesa ogni fornitura di armi ed approvvigionamenti; successivamente bisognerebbe disarmare una per volta le formazioni trovantisi al di fuori dei territori di Mihailovic e circondare così strettamente le zone occupate dalle sue bande da eliminarne progressivamente la forza di resistenza con la fame e la mancanza di armi e munizioni ed annientarle poi definitivamente mediante attacchi concentrici.

Qualora, o Duce, non si riesca a disarmare egualmente comunisti e cetnici ed a pacificare definitivamente il paese, in caso di uno sbarco scoppierà la rivolta, tutte le comunicazioni col Peloponneso verranno tagliate e sospese, le poche divisioni tedesche saranno impegnate nella lotta contro i comunisti e i cetnici e le truppe italiane non sono da sole in grado di impedire uno sbarco nel Peloponneso od in Adriatico. Io credo, o Duce, che vi sono compiti che non si possono assolutamente assolvere mediante astuzia politica ma solo con l'impiego senza riguardi della forza. A siffatti compiti appartiene senza dubbio la pacificazione di quel settore. Ho fatto interpellare il Governo ungherese se, occorrendo, l'Ungheria sarebbe in condizioni di collaborare con almeno tre divisioni nella pacificazione di quel settore nel caso di uno sbarco degli Alleati. La risposta è negativa in quanto, come è ovvio, è condizionata all'organizzazione di un esercito, ciò che in ogni caso non è possibile in un breve tempo. In tali condizioni rimangono dunque nel caso previsto le divisioni tedesche impegnate nella guerra contro le bande, mentre ad un esercito invasore non possono essere contrapposte efficienti forze difensive. Io so che su questo punto prima di tutto il Generale Roatta è di parere completamente diverso. Io non dubito però un istante che nel momento di una crisi tutto l'artificioso complesso di costruzioni politiche crollerà per lasciare il campo alla nuda realtà, e cioè allo sconfinato odio di tutti i serbi albanesi ecc. contro la Germania e l'Italia ed alla loro immediata disposizione a far causa comune cogli inglesi e gli americani sbarcati. Può darsi che Voi viviate parzialmente nella speranza che sorga una grande Serbia nazionale, i comunisti nella fiducia che alla fine rimarrà ultimo vincitore il comunismo, e i greci nell'attesa di giungere a ricuperare il possesso di tutti i loro territori perduti di fatto: in effetti ciò è per noi sempre la stessa cosa. L'unico Stato, che non vi può avere alcun interesse è e rimane la Croazia, poiché, quale che sia in definitiva il vincitore fra tali concorrenti, la Croazia nazionale in ogni caso sparirebbe nuovamente. Quanto desidererei di parlare personalmente con Voi, o Duce, sopra questi problemi! Anzitutto conosco tutti quei territori e la mentalità dei loro abitanti già dalla storia del paese nel quale sono nato e nel quale sono cresciuto, in secondo luogo la giustezza di queste mie vedute è incontrovertibilmente confermata dai risultati della sorveglianza delle comunicazioni telegrafiche e radiofoniche.

5) Io non escludo, o Duce, che venga tentato uno sbarco in Sardegna, in Corsica e perfino in Sicilia, e ritengo particolarmente minacciate la Sardegna e la Corsica. Il rafforzamento delle difese nelle due Isole mi sembra di importanza decisiva.

6) Ritengo verosimile uno sbarco di truppe anglo-americane in Portogallo. Io credo che in tal caso alla Spagna verranno nuovamente offerte garanzie, e che per mantenerla neutrale le verranno forse aperte prospettive di guadagni nell'Africa francese. È ovvio che alla fine così la Spagna come il Portogallo perderanno i loro domini, ed anzitutto che l'Inghilterra escluderà la Spagna dal Marocco e da Tangeri. Io so tuttavia come è difficile in simili momenti di prendere decisioni ferme e coerenti, anche in un paese nel quale un unico uomo decide. Quanto più problematica sarà una simile decisione in uno Stato il quale nell'interno è poco consolidato e che già una volta, nel 1941, ha dimostrato di non possedere la forza e la capacità di prendere una decisione storica. Poiché qualora nel 1941 il Governo spagnolo si fosse dichiarato pronto a risolvere definitivamente il problema di Gibilterra -ed in quel tempo vi erano truppe e materiali illimitatamente a disposizione per tal fine -tutta la guerra nel Mediterraneo avrebbe seguito un altro corso. Nell'Africa del Nord non vi sarebbero oggi inglesi ed americani, bensì solo italiani e spagnoli. Io ho comunque procurato, o Duce, nei limiti possibili con riguardo alla nostra propria delicata situazione, di aiutare l'esercito spagnolo a far fronte, almeno materialmente, ad una siffatta minaccia.

L'esercito tedesco ha naturalmente preso tutte le misure per una simile eventualità. Ad uno sbarco sulla costa mediterranea della Francia non credo, esso fallirebbe senz'altro e porterebbe al completo annientamento delle forze sbarcate.

7) Uno sbarco nella Francia occidentale lo prevedo già da più di un anno. Le contromisure sono state prese a terra e nell'aria in tale misura che il caso di Dieppe si ripeterà in qualsiasi eventualità, anche se dovesse esser tentato in proporzioni molto maggi·ori.

Ritengo inoltre possibile uno sbarco in Danimarca ed in Olanda e probabile uno sbarco sulla costa del Canale e specialmente in Bretagna, dato che in quella regione sono situati i punti di appoggio dei nostri sottomarini. In quei territori si trova in costruzione un sistema di fortificazioni che già oggi equivale per la fanteria al West Wall dell'inverno 1939-40, mentre gli è di molto superiore come artiglieria. Specialmente le predisposizioni per la lotta contro truppe aero-trasportate sono state nel modo più coscienzioso ripetutamente controllate ed esercitate.

8) Uno sbarco in Norvegia è nei limiti delle possibilità. L'Inghilterra e l'America possono tentare di riuscire forse con tale impresa a tirare la Svezia fuori dalla sua neutralità od a far rientrare nella neutralità la Finlandia. A un simile successo non credo né militarmente né politicamente. La temporanea occupazione di singoli gruppi di isole è forse possibile. L'intera avventura porterebbe però ad una più o meno rapida distruzione del tonnellaggio navale impiegatovi. Io potrei quindi solo rallegrarmi di una simile impresa.

9) L'Oriente: le operazioni in Oriente nell'anno 1942 miravano ad assicurare in nostre mani od almeno a distruggere l'intero territorio carbonifero russo e la maggior parte dell'approvvigionamento petrolifero. Queste operazioni erano solo possibili con l'impiego di almeno trenta o quaranta divisioni dei nostri alleati. La rottura dei 400 chilometri della linea laterale sul Don, come pure della linea meridionale del fronte a Stalingrado, rende ora necessario di creare un nuovo fronte con forze germaniche. In considerazione delle eccezionali esigenze così in Oriente come pure dei rinforzi richiesti per l'Africa del Nord, nonché dei rinforzi occorrenti per la Finlandia e la Norvegia, quel fronte non può in nessun caso possedere la lunghezza dell'antico. L'afflusso delle nuove unità era d'altra parte condizionato ad un fermo rallentamento dell'avanzata ~ussa. Effettivamente è anche riuscito, in parte con l'impiego di formazioni improvvisate, compagnie d'allarme, battaglioni di personale addetto a lavori, colonne di trasporti, formazioni anti-aeree ecc., dotate di un armamento dei più inadeguati, di trattenere le divisioni russe per zone anche durante intere settimane e di guadagnare così quel tempo che era necessario per avviare ed assicurare l'afflusso delle nuove divisioni germaniche. La prima mèta è per ora il ristabilimento di un nuovo e solido fronte germanico. A tal fine fu pure necessario ritirare l'intera armata del Caucaso, ciò che è stato eseguito, nonostante i continuati attacchi, in ordine perfetto, e quasi senza perdite di materiali. Vi sono state divisioni che nella neve e in combattimenti ininterrotti hanno marciato in trenta giorni per oltre 6-700 chilometri, senza lasciare dietro neanche una sola batteria. La parte orientale di questa armata del Caucaso venne avviata verso Rostow, mentre la parte occidenta:le venne ritirata sulla testa di ponte di Taman e viene attualmente trasportata nei nuovi settolt"i. Benché il nuovo fronte non possa oggi ancora essere considerato come consolidato, sono tuttavia certo che supereremo interamente la crisi e che poi verrà il momento nel quale le formazioni russe si troveranno in una situazione che creerà le premesse per lo svolgimento delle nuove operazioni. Trovandomi costretto a tappare con qualsiasi mezzo la falla che si era aperta per centinaia di chilometri, dovetti risolvermi a ricorrere anche all'impiego di reclute giovanissime. Queste reclute hanno finora fatto la propria preparazione nei territori infestati dai pa,rtigiani ,e nella tutela delle comunicazioni. Poiché le forze germaniche impegnate sui fronti più avanzati non possono in alcun modo essere disimpegnate dal loro attuale impiego, sebbene si trovino in combattimento da parecchi mesi, ed anche da anni, ho pensato di poter pregare l'VIII Armata italiana di portare le proprie formazioni riUrate almeno nella zona di Gomel, per poter così disimpegnare le reclute tedesche impegnate in quella zona e portarle al fronte.

Ad ogni modo, o Duce, Vi posso assicurare che le esigenze cui è sottoposto il soldato tedesco sono incalcolabili. Solo a titolo di esempio voglio citail"vi il caso di una mia divisione di S.S. La divisione delle S.S. Totenkopj (testa di morto) partecipò nel giugno 1941 all'inizio delle operazioni contro la Rm:sia con un effettivo di 20 mila uomini. In combattimenti ininterrotti avanzò ,fino al sud di Leningrado e venne successivamente spostata presso il Lago Ilmen per sostenere colà un fronte assai esposto. Nonostante numerose reintegrazioni degli effettivi la divisione venne assottigliandosi sempre più, e nell'inverno 1941-42, circondata con altre divisioni nella conca di Demiansk da forze russe aventi una prevalenza schiacciante, essa tenne duro ed aiutò a ristabilire le comunicazioni con le altre forze germaniche. Al compimento di tale operazione la divisione contava ancora solo 370 combattenti. Essa avrebbe dovuto essere ormai sostituita. Ma poiché il passaggio aperto attraverso le forze russe non era abbastanza largo, essa venne impiegata in ulteriori attacchi per aumentare la sicurezza delle comunicazioni. Sebbene ormai fosse giunto l'ordine per la sua sostituzione, gli sparuti resti di quella divisione ricevettero all'ultimo momento l'ordine di par

tecipare nuovamente ad un combattimento in corso, e si battevano in modo esemplare riducendosi ad appena 170 uomini. La divisione è stata successivamente ricostituita e combatte nuovamente in Oriente. Cosi, o Duce, combattono però numerose divisioni dell'esercito in Oriente, senza che si possa pensare a sottrarle anche temporaneamente al combattimento. Ed io ritengo che ciò sia giusto anche nell'interesse della truppa: infatti davanti alla storia mondiale verrà pesato soltanto il buono, e la cosa più importante mi sembra quella di educare il soldato ad una ferrea durezza, specialmente di fronte a un nemico che, qualora non potesse essere respinto, sommergerebbe l'Europa.

E questa è la differenza, o Duce, tra la situazione di oggi e quella del 1918. Nel 1918 la Germania ha esperimentato un crollo, ma in Oriente non vi era una potenza militare nemica che potesse approfittarne. Oggi abbiamo invece di fronte un formidabile fattore militare, che non può essere domato da capolavori diplomatici ma .può essere solo annientato da forze militari. Abbiamo ultimamente preso prigioniero un Comandante di armata sovietico, il quale prima comandava l'esercito territoriale russo. Dalle sue dichiarazioni abbiamo ricevuto una conferma ed una integrazione dei nostri propri dati. Secondo le sue informazioni infatti fino alla fine di novembre le perdite dell'esercito russo in morti, prigionieri, dispersi ed invalidi alla guerra 'erano di circa 11 milioni 300 mila uomini. Le perdite tedesche in morti, dispersi e grandi invalidi ammontano ad un milione e 400 mila uomini. Io combatterò pertanto in Oriente finché questo colosso alla fine non venga meno, e ciò con o senza alleati. Ritengo infatti anche la semplice sussistenza di questo pericolo così spaventosa che l'Europa non potrà avere un'ora tranquilla se con incommensurabile leggerezza sostando sull'orlo di un vulcano dimenticherà la verità oppure semplicemente non la vorrà vedere. Ed inoltre, o Duce, io so come è difficile prendere decisioni storiche. Io non sono in condizioni ·di dire se dopo la mia morte si troverà qualcuno che possieda la forza a tal fine necessaria. Io sono in ogni caso risoluto ad assolvere il compito riservatomi dal destino e sono contemporaneamente persuaso che la lotta che io conduco non è comparabile per asprezza e gravità con la guerra che Federico il Grande dovette a suo tempo condurre con i suoi tre milioni e 700 mila abitanti contro tutta l'Europa. Io sono pienamente cosciente che non ho alcun diritto di levare lo sguardo ai grandi Eroi della storia mondiale, poiché quelli hanno condotto a termine in circostanze molto più difficili imprese molto più grandi di quello che sia per me di combattere coi miei alleati contro un avversario che è più debole di noi in numero e possibilità. Io ho perciò fatto appello in Germania a tutta la Nazione, fino al ragazzo di sedici anni, almeno per proteggere la Patria combattendo nella difesa antiaerea, e per lavorare nelle fabbriche e nelle imprese, senza alcun riguardo all'origine, alle condizioni sociali ed economiche, all'occupazione anteriore, alla cultura, ecc. Il Partito Nazionalsocialista mobiliterà fino all'ultimo uomo ed all'ultima donna nell'unico irremovibile proposito di non capitolare di fronte ai nostri nemici in nessun caso. Io combatterò fino a che il nemico non si riconoscerà abbattuto. E credo, o Duce, che anche all'Italia non sono date altre possibilità. Non voglio neppure parlare delle nostre due Rivoluzioni. È ovvio che il Fascismo ed il Nazionalsocialismo verrebbero altrimenti eliminati. Ma il destino dei nostri Popoli ne risulterebbe peggiorato. Qualunque dei nostri avversari vincesse, la plutocrazia occidentale o l'orientale bolscevismo, alla fine trionferebbe il giudaismo internazionale e non lascerebbe nulla di intentato pur di distruggere le nostre razze e specialmente le loro classi dirigenti. La cultura europea verrebbe abbandonata alla distruzione e all'annientamento. Interpreto quindi come una Grazia della Provvidenza che io sia stato destinato ad essere in una simile guerra il Condottiero del mio Popolo.

Il Ministro degli Esteri von Ribbentrop vi potrà dare, o Duce, tutti gli schiarimenti che potranno essere d'interesse per Voi e che potrete desiderare.

8 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. X

Io personalmente non posso però immaginarmi una gioia più grande di quella di incontrarVi di nuovo personalmente e di poterVi parlare. Poiché ciò che io sono per la Germania lo siete Voi, o Duce, per l'Italia, ma ciò che entrambi saremo per l'Europa potrà un giorno valutarlo e deciderlo la posterità (l).

(l) -T. 782/146 R. del 7 febbraio 1943, non pubblicato. (2) -Ed. in Hitler e Mussolini: Lettere e documenti, a cura di V. Zincone. Mllano, Rizzoll, 1946, pp. 128-140, dove peraltro il documento è presentato come se fossero tre distinte lettere. (3) -Questa lettera fu portata a mano da Ribbentrop, che giunse a Roma la sera del 24 febbraio: vedi D. 46.
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IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1125/017 R. Bucarest, 17 febbraio 1943 (per. il 23).

Antonescu mi ha detto di aveTe ieri lungamente parlato con questo Ministro di Ungheria rappresentandogli la necessità in questo momento drammatico per la storia e l'avvenire della Romania e dell'Ungheria di affrontare in blocco il problema dei loro rapporti per cercare di arrivare ad una intesa di carattere definitivo. Antonescu ha detto al ~ignor Nagy che difficilmente potrà ripetersi una situazione così eccezionalmente favorevole come questa per facilitare un accordo. «Noi siamo -ha detto Antonescu -due Paesi circondati da razze ostili, minacciati entrambi dallo slavismo con numerose frontiere deboli ed indifese; siamo le sole nazioni nel sud-est europeo ad av,ere una forte organizzazione statale; difendiamo gli stessi valori morali e spirituali dell'occidente; corriamo in questo momento un analogo gravissimo pericolo quello di dover affrontare la minaccia bolscevica con tutto quello che comporta di distruzione e di sovvertimento. Mi sembra che il venirci a proporre l'accordo su un trattato di fro:qtiera o su piccole questioni di carattere regionale che interessano le nostre minoranze non serva in questo momento praticamente a nulla. Quello che conta è affrontare il problema nel suo insieme per stabilire i rapporti ungaro-romeni su basi solide e definitive).

Avendomi il Signor Nagy detto che a questo proponimento del Signor Antonescu egli aveva risposto dichiarando che se il Presidente intendeva fare allusione a questioni di carattere territoriale, egli non era competente per discuterne, ho anch'io chiesto ad Antonescu se per una soluzione globale del problema egli intendeva porre anche sul tappeto la questione di una revisione territoriale. Antonescu ha abilmente scivolato nella risposta senza affrontare in pieno l'argomento. Tuttavia mi sembra indubbio che egli quando parla di «una soluzione definitiva del problema» intenda senz"altro accennare alla questione territoriale. È evidente che Antonescu è nel vero quando parla di «momento eccezionale che probabilmente non si verificherà più ~ e quando insiste nel voler profittare di esso per sfruttare questo improvviso carattere di solidarietà che le vicende poli

tiche e militari hanno fatto ~urgere tra i due Paesi. Senonché Budapest non vuol sentire parlare di revisioni territoriali; è disposta, anzi insiste, perché si addivenga alla soluzione di diverse piccole questioni pendenti che turbano rapporti politici ungaro-rumeni e servono ad alimentare l'eccitabilità morbosa della stampa e ancor più quella parossistica di alcuni ceti dell'opinione pubblica.

Antonescu è viceversa per una soluzione globale del problema in contrasto però con quanto sia da Berlino che da Roma gli è stato più volte detto: essere cioè inattuale il problema di una revisione delle frontiere fissate dal secondo arbitrato di Vienna. Antonescu non ha esitato ieri a dirmi che data l'eccezionalità della situazione egli sperava addirittura che il Duce patrocinasse egli stesso la possibilità di un'intesa fra i due Paesi, profittando di questa speciale situazione politica e militare che si è delineata nel sud-est europeo.

Il Presidente Antonescu ha comunque pregato il Signor Nagy di fargli sapere quali sono le questioni che il Governo ungherese sarebbe disposto a discutere e a risolvere.

(l) Per la risposta di Mussol!ni, vedi D. 95.

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IL MINISTRO A STOCCOLMA, RENZETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1057/18-19 R. Stoccolma, 18 febbraio 1943, ore ... (l) (per. ore 17 del 19).

Stamani ho avuto occasione di vedere questo Ministro degli Affari Esteri. Conversazione è stata lunga ed amichevole e Gunther ha parlato con molta franchezza.

Data mancanza prossimo corriere riassumo telegramma punti salienti:

l) A proposito pace separata Finlandia, Gtinther ha smentito voci mediazione svedese (qui corre voce di accordi per il tramite Ministro di Svezia a Londra qui giunto ieri). Ha mostrato però singolare interesse per la questione e riferendosi nota recente risoluzione partito socialdemocratico, Gtinther ha lasciato capire che egli ritiene problema sia entrato in fase di possibile realizzazione concreta sebbene non si nasconda note difficoltà. Mi ha chiesto anche quale è mio parere circa reazione tedesca e, senza attendere mia risposta che in ogni caso non avrei potuto dare, ha rilevato sempre in via di colloquio amichevole pericolo per la Germania in attuale fase conflitto che altre potenze potrebbero seguire esempio Finlandia.

2) Circa situazione geneFale Gunther mi ha detto che fronte ir1terno della Germania ispira vive preoccupazioni dovute anche presenza fortissimi contingenti operai stranieri mentre invece, come ha tenuto a sottolineare, nessuna preoccupazione di ordine interno esiste per l'Italia e anche per questa ragione nostro paese a suo parere nulla ha da temere da pericolo russo. Ha ostentato anzi marcatamente grande tranquillità di fronte minaccia russa dicendosi sicuro che Alleati potrebbero giungere con essa ad accordi precisi che verrebbero rispettati.

Avendo chiesto quale a suo parere sarebbe posizione Svezia 1n caso eH pace separata della Finlandia, Gunther ha osservato che in tal caso si verificherebbe probabilità occupazione inglese Norvegia, fermandosi però alle frontiere svedesi Si è mostrato vivamente interessato per l'articolo Gayda approvanaone ~riusta abile presa di posizione. Ha rilevato però che inizio pratico trattative appare comunque assai problematico. Ha aggiunto che nello stato attuale delle cose e data presa di posizione ufficiale e propaganda alleata, sarebbe assai difficile per uno Stato neutrale interporre iniziativa di mediazione senza essere sospettato di porsi al servizio di Hitler. A questo proposito mi ha smentito presenza di agenti tedeschi Stoccolma riportata da parte stampa straniera. È inutile aggiungere che punto per punto ho replicato a Gunther indicandogli gravissimi pericoli Russia per la Scandinavia e per Europa intera e rettificando sue impressioni circa situazione politico-militare Asse. Particolarmente ho messo in rilievo scopi e caratteristiche guerra italiana. Credo comunque interessante registrare come Gunther, che passa per tedescofilo e deciso avversario della Russia, ritiene sia giunto momento per [non] dissimulare timori per la potenza sovietica e per accennare ad opportunità di accordi con anglo-sassoni che valgano a garantire di fronte alla Russia posizione Scandinavia. È inoltre notevole, nonostante smentita, interesse svedese per le trattative di pace separata, interesse che non esclude possibilità intervento attiva mediazione e probabilmente non si limita, nelle velleità, alla sola Finlandia.

(l) Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

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IL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, CASTELLANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. S. 185/62. [Sussak], 18 febbraio 1943 (per. il 22).

Telegramma di questo Ufficio n. 164/23 del 12 corr. (1).

Trasmetto qui accluso, per opportuna riservata conoscenza dell'E. V., un promemoria del generale Ecc. Robotti sui colloqui da lui avuti a Belgrado 1'8 corrente con il generale Lohr e col generale Luthers.

ALLEGAl'O

IL COMANDANTE DELLA SECONDA ARMATA, ROBOTTI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, AMBROSIO

PROMEMORIA. Belgrado, 8 febbraio 1943.

Sulla base degli accordi presi a mezzo del Colonnello Diesener con il Generale Li:ihr, oggi in Belgrado dalle .15 alle 15,30, e cioè prima della riunione generale, ho avuto un colloquio da solo a solo con il Generale Li:ihr stesso.

In questo colloquio, il Generale Li:ihr ed io abbiamo trattato le seguenti questioni:

a) Questione delle operazioni 3a fase.

Il Generale Li:ihr incomincia col dire che, sulla base degli accordi presi a Roma con l'Ecc. Roatta, egli avrebbe terminato tra il 15-20 corr. l'attuale la fase della « Weiss », e mi domanda se io avrei realmente incominciato le operazioni in Erzegovina contemporaneamente allo sviluppo, da parte sua, della 2a fase della « Weiss ».

Ho subito risposto che in Erzegovina le istruzioni da me avute concordano con la mia convinzione sulla non necessità di operare, dato che la regione è perfettamente tranquilla.

Essendo egli tornato sul vecchio motivo che la necessità di operare in Erzegovina era in relazione al promesso disarmo dei cetnici, ho soggiunto che il disarmo sarà eseguito con le modalità di tempo più opportune per evitare sommovimenti e turbamenti, ma che, ad ogni modo, è da escludere che noi si proceda al 'disarmo durante ed in concomitanza dello svolgimento della 2a fase della « Weiss ».

Il Generale Li:ihr, che mi è sembrato molto cortese ed arrendevole, nulla ha eccepito in proposito, ed ha preso atto della nostra intenzione di mantenere il progetto di disarmo, sia pure col tempo e con le precauzioni necessarie. Su mia esplicita richiesta, ha escluso anche per parte sua la 3a fase, salvo intervento dell'O. K. W. in contrario.

b) Questione dei presidi di Ja zona.

Ho manifestato subito al Generale Li:ihr la impossibilità da parte nostra, nè con le forze croate a nostra disposizione, nè con le nostre truppe (che al più presto possibile hanno altri compiti da svolgere ed altri schieramenti da prendere), di presidiare le località della 3a zona sgomberate dai partigiani nella loro ritirata.

L'ho, quindi, pregato di dirmi cosa il Comando Tedesco deciderà in merito, perchè io possa informarne il Comando Supremo. Il Generale Li:ihr mi ha detto che (poichè noi non possiamo presidiare tali località, nè eventualmente rinforzare a scopo di << sorveglianza bellica» e di appoggio le truppe croate che i tedeschi potrebbero dislocarvi) egli prospetterà queste contingenze al suo Comando, e che risolverà il problema a seconda della disponibilità delle sue forze, molto probabilmente dislocandovi truppe croate con un'aliquota più o meno importante di reparti tedeschi a fianco di queste per evitare i consueti sbandamenti di queste ultime.

In proposito, mi comunicherà la decisione. Io ho preso atto, riservandomi, però, in ogni caso, la possibilità di intervento operativo delle nostre truppe in questa 3• zona qualora noi, e soltanto noi, lo ritenessimo necessario.

c) Questione dello sconfinamento dei cetnici nella zona croata.

Il Generale Li:ihr mi ha assicurato che numerosi cetnici montenegrini, ieri l'altro, vale a dire il giorno 6, avevano angariato le popolazioni di alcune località della nostra zona sud, che in numero di 4 mila persone circa, erano state costrette ad abbandonare i paesi.

Alla mia obiezione che nessuno dei cetnici montenegrini era stato da noi impiegato per operazioni nel nostro territorio, egli mi ha detto che non era sicuro se si trattasse dei nostri o di quelli di Draza Mihajlovic. Più complete spiegazioni hanno .::hiarito trattarsi di elementi del Montenegro, incursori nella zona di Visegrad e, quindi, non dipendenti nè dal mio Comando nè pertinenti alla mia zona; ed allora il Generale Lohr, prendendone atto, mi ha cortesemente pregato di interessare il Comando del Montenegro per fare cessare queste incursioni, che potrebbero dar luogo ad incontro con truppe tedesche. Ho disposto con la comunicazione di cui annetto copia.

d) Il Generale mi ha rilevato che la ferrovia di Zagabria-Karlovac, ed oltre, è sempre soggetta agli attacchi partigiani. Rispondendogli che questi attacchi non sempre si possono prevenire ed impedire a causa della facilità di compierli, malgrado tutta la truppa disponibile per la protezione (del resto oggi neppure aumentabile, fra l'altro, appunto per il concorso operativo dato alla « Weiss »), gli ho dimostrato che noi abbiamo fatto già due operazioni in largo stile per ripulire, non soltanto la zona a cavallo della ferrovia, ma anche, implicitamente, la zona ad ovest, cioè quasi tutta la zona tra i Gorianci e Zagabria, di cui la ferrovia stessa è l'asse di gravitazione; vale a dire, le operazioni dell'XI Corpo d'Armata nell'ottobre-novembre scorso e le recenti operazioni della divisione «Lombardia» nella zona di Vivodina-Krasic-Jastrebarsko. Gli ho soggiunto che un'altra operazione generale, per la ripulitura della zona di retrovia di Zagabria-Karlovac è in istudio, e sarà possibilmente messa in esecuzione quando, passando le truppe dallo schieramento attuale a quello già « 15 gennaio » autorizzato dal Duce, si potrà pensare ai problemi principali interessanti altre zone, cioè la Lika e le isole.

e) E finalmente il Generale Lohr chiede le intenzioni nostre riguardo al concorso delle nostre truppe con le truppe tedesche durante la 2a fase della « Weiss ». Gli manifestai tali intenzioni col dirgli che farò sbarramento coi reparti cetnici nella zona fra Stermica e Bos Grahovo, e che con le truppe del XVIII Corpo, che mi sarà possibile impiegare dopo di averle sostituite coi battaglioni della «Sassari» già impiegati nella P fase, farò due puntate, rispettivamente da Drnis e Sini, per prendere collegamento con la colonna della divisione SS tedesca sulla strada Bos Petrovac-Bos Grahovo-Livno.

Il Generale Lohr si mostra soddisfatto, e dice che nella riunione immediatamente successiva, a cui interverranno i miei ed i suoi ufficiali, potranno essere fissati i particolari di tale nostro concorso.

Successivamente assistono al colloquio il Generale Re, Colonnello Zanussi e Maggiore a disposizione dell'Ecc. Lohr. Dopo mezz'ora, seduta plenaria, con intervento Generali Liithers, Glaise Horstenau e loro Stati Maggiori. Finalmente, fra le 17 e le 18, sono fatti entrare anche i generali croati Begic e Dragailoff i quali ultimi si limitano a prendere atto di quanto viene loro comunicato dall'Ecc. Lohr.

Per quel che ci riguarda, sono trattati i seguenti argomenti:

a) Nostro concorso a operazioni 2a fase.

Per queste operazioni, che avranno inizio il 25 febbraio e che richiederanno circa un mese, a richiesta Ecc. Liihr rispondo che potremo concorrere con sei battaglioni, dei quali due croati e quattro della divisione « Bergamo ». Operazioni condotte da Drnis e Signo, incontro alla divisione SS che agisce lungo l'asse Drvar-Bos Grahovo-Livno; sul resto del fronte del XVIII Corpo d'Armata, le truppe italiane faranno sbarramento.

A visibile preoccupazione Gen. Luthers circa difficoltà avanzata divisione SS e protezione della sua lunga linea comunicazione, prospetto la possibilità che, ove ragioni politiche non ostino a ciò, i cetnici potrebbero concorrere a questo compito, per la loro attuale dislocazione e per le caratteristiche della loro azione.

Gen. Lohr, dopo essersi consultato coi suoi, concorda, rimanendo tutti d'intesa: -sulla zona di azione dei cetnici, a nord di Knin (rappresentata da un ovulo tracciato dallo stesso Gen. Luthers su carta 500.000 allegata alla presente memoria);

-sulla garanzia da parte italiana che i cetnici non agiranno contro i tedeschi. Circa questo punto, assicuro che ove non fossi sicuro del contegno dei cetnici, eviterei senz'altro di impiegarli;

-sulla assicurazione da parte tedesca che le famiglie. le case e le cose dei cetnici a nostro servizio, esistenti nella wna di Bos Grahovo. verranno rispettate; -sulla necessità di evitare che formazioni cetniche e truppe tedesche vengano a contatto durante le operazioni.

(Memento. A proposito di quanto sopra, sono da tener presenti due cose:

-bisogna trattenere ora i cetnici, evitare che essi raggiungano Bos Grahovo, che verrà occupato dai tedeschi nella 2a fase, avendo essi per linea di comunicazione della divisione SS la rotabile Drvar-Bos Grahovo. È da mandarceli dopo, a seconda fase ultimata, quando, allontanatisà i tedeschi e eliminati i ribelli, la cosa offrirà solo vantaggi senza rischi;

-che sulla base di tali considerazioni, bisogna rendere accetto ciò ai cetnici e accetta l'idea di combattere a nord di Knin, come detto sopra, durante la 2a fase. Naturalmente l'ideale sarebbe che le operazioni fossero condotte dagli erzegovesi nel Basevic, i quali se ne tornerebbero a casa loro a festa finita).

b) Presidi in territori della 2a e 3a zona rastrellate in seguito operazioni «Weiss ».

Ecc. .Lohr comunicherà nota presidi croati, ed eventualmente tedesco-croati da istituire. Noi sulla base di questa nota e quindi di quanto fissato a concreta ragion veduta, ci riserbiamo di confermare la impossibilità o la non convenienza da parte nostra di controllare i presidi croati (il che si riduce, in fondo, all'assisterli se vengono attaccati).

In relazione a questa facoltà che ci riserbiamo, questo Comando prospetterà al Comando Supremo l'opportunità che i presidi croati dei quali non ci conviene assumere il controllo (e che saranno poi la stragrande maggioranza) passino sotto il controllo dei comandi tedeschi.

Si conferma in tal modo il nostro pieno diritto, previa comunicazione, di intraprendere operazioni nei territori della 2a e 38 zona presidiate da croati e da tedeschi.

c) Nostro concorso ad operazioni t a jase «Weiss ».

Generale Luthers fa presente: -difficoltà che incontra divisione SS per suo fianco destro e sue comunicazioni, esposte a forti pressioni ribelli annidati lungo pendici orientali del Pljesevica; -opportunità che ala destra dei nostri giunga in zona G. Lapac e si spinga su Kulen Vakuf.

Nei riguardi punto primo, premesso che linea comunicazione SS può essere spostata ad est e che divisione «Re» è ormai molto raccolta verso sud (zona Udbina), e quindi in posizione eccentrica rispetto alla zona di Bihac, dove vorrebbero vederla agire i tedeschi, vengo incontro alle richieste con ordini di cui telescritto n. 2000, allegato, punti 1° e 2o.

A successiva richiesta tedesca, vengo incontro con disposizioni di cui a stesso telescritto, punti 3o e 4o.

Resta sempre inteso che questo venire incontro non può protrarsi oltre 12 corrente -per quanto i tedeschi lo desiderassero per molto maggior tempo -e che con giorno 13 le truppe del V Corpo d'Armata cominceranno movimenti per assumere noto schieramento, quelle del XVIII Corpo d'Armata inizieranno loro deflusso tra Knin e Spalato, così da sostituire nei presidi le unità della divisione «Bergamo» che dovranno concorrere con i tedeschi alle operazioni della 2a fase (vedi sopra).

Infine, sulle cordiali conversazioni che -a riunione ufficiale ultimata -sono intercorse tra il Gen. Lohr e me, ho avuto modo di notificargli le perdite che ci ha procurato la nostra partecipazione all'operazione « Weiss ». Il Gen. Lohr mi ha èonfermato che era al corrente della difficoltà. che le nostre colonne avevano trovato e stavano trovando durante la loro avanzata, ma che però non riteneva che le perdite nostre fossero cosi pronunciate.

(l) Con T. 917/164/23 R. del 12 febbraio ore 21, non pubblicato, Castellani aveva comunicato le prime informazioni circa i risultati dei colloqui di Belgrado.

35

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1069/90 R. Sofia, 19 febbraio 1943, ore 19,40 (per. ore 7 del 20).

Mio telegramma n. 84 (l).

Questo Presidente del Consiglio dei Ministri mi dice oggi che nel quadro dei rapporti turco-bulgari non vi è nulla di nuovo e che voci corse circa presentazione da parte turca di un qua1che progetto di nuova dichiarazione di distensione non ha trovato fino a questo momento riscontro nella realtà. Restasi quindi sempre alla dichiarazione del febbraio anno 1941, senza mutamenti. Forse, nel prossimo avvenire, allorchè avrà luogo la fiera di Smirne, alla quale Bulgaria conta ufficialmente partecipare, si potrà avere [qualche] imponente dimostrazione pratica buoni rapporti oggi esistenti tra Angora e Sofia.

Aggiungo che anche progettata partenza per Angora di questo Ministro Turchia non ha avuto più luogo.

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IL LUOGOTENENTE GENERALE IN ALBANIA, JACOMONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 1070/91 R. Tirana, 19 febbraio 1943, ore 22 (per. ore 7 del 20).

Mio telegramma n. 88 (2).

Prime reazioni circa enunciazione programma Governo e comunicazione concessioni fatte dall'Italia per armonizzare organizzazione dello Stato con indipendenza albanese sono generalmente favorevoli.

Nazionalisti dimostransi apparentemente soddisfatti avanzando per altro dubbi che concessioni possono restare lettera morta. Scopo togliere da loro mani questa arma polemica a noi contraria urgerebbe pertanto dar pronta esecuzione p.ratica -graduale e nei limiti del possibile -a preventivate modifiche, particolarmente: nomina delegato italiano presso Governo albanese e delegato albanese a Roma; creazione unità Forze Armate albanesi, che è già in via di esecuzione; creazione gendarmeria; revisione unione doganale ( 3).

Non è da escludere che alcune personalità che avevano dimostrato assentismo oltre ostilità di principio verso Italia possano fiancheggiare opera nuovo governo o quanto meno non intralciarla.

Si può pertanto dire che atmosfera risulta meno pesante.

D'altro canto è da attendersi che come reazione a quanto precede comunisti cerchino di intensificare atti illegali. Si vedrà allora sino a che punto governo possa tradurre in pratica sue intenzioni di fermezza e durezza contro perturbatori ordine e attentatori sicurezza paese.

Nel quadro del prossimo avvenire avranno grande peso gli eventuali avvenimenti militari sfavorevoli all'Asse, i quali non mancherebbero di ripercuotersi in vari settori albanesi in vista di ,quello che potrebbe apparire probabile esito finale della guerra o comunque prestarsi ad essere utilmente sfruttati dalla propaganda nemica. Seguo attentamente situazione in contatto con Comando Superiore Forze Armate e riservomi riferire.

(l) -Si riferisce al T. 955/84 R. del 15 febbraio 1943, ore 14,20, non pubblicato, circa i rapporti bUlgaro-turchi. (2) -Con T. 1007/88 R. del 17 febbraio 1943, ore 20, non pubblicato, Jacomoni aveva riferito sulle dichiarazioni programmatiche del presidente del Consiglio albanese Bushati. (3) -Con T. 6577/86 P. R. del 21 febbraio 1943, ore 24, non pubblicato, Bastianini confermò subito di «dare seguit~ note modifiche».
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5499/046 P.R. Berlino, 19 febbraio 1943 (per. il 21).

Mio telegramma n. 150 in data 23 gennaio (1).

Nel corso di una conversazione in questo Ministero Esteri è stata manifestata l'impressione che nessun nuovo elemento positivo sarebbe venuto in questi ultimi tempi ad aggiungersi ai noti sintomi di distensione dei rapporti ungaroromeni. Sembra ci si chieda a Berlino se «la pianticella non si sia seccata prima di svilupparsi».

Tanto segnalo ad ogni buon conto, con riferimento alle informazioni da Budapest trasmesse a questa R. Ambasciata con telegramma 5267 P. R. del 14 febbraio (2).

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5509/047 P.R. Berlino, 19 febbraio 1943 (per. il 21).

Telegramma per corriere di codesto Ministero n. 43770 del 19 dicembre u.s. (3). Auswartiges Amt conferma essere intenzione del Governo germanico di procedere ad una epurazione del territorio francese recentemente occupato, e ciò

(2} Il T. 5267/C. P.R. del 14 febbraio 1943, ore 8, non pubblicato, r!trasmetteva a Berlino il T. 880/57 R. dell'll febbraio 1943 da Budapest, per il quale vedi D. 10.

sopratutto nell'intento di allontanare dalla zona costiera gli eiementi infidi ed in maniera particolare tutti gli ebrei. Per motivi di carattere politico il Governo tedesco non ritiene tuttavia opportuno procedere in quella zona a mezzo degli organi di polizia tedesca, come fatto nel territorio già in precedenza occupato, ed è quindi in trattative col Governo di Vichy affinchè le misure vengano adottate ed eseguite direttamente da quest'ultimo.

A tale riguardo inoltre l'Ambasciata di Germania a Roma avrebbe da tempo avuto incarico di prendere contatto con codesto Ministero: sia per metterlo al corrente dei propositi del Governo tedesco e degli scambi di vedute già intercorsi con organi francesi di Vichy, sia per chiedere collaborazione delle Autorità italiane per evitare che elementi ricercati possano trasferirsi dalla zona di occupazione tedesca a quella di occupazione italiana, sottraendosi all'arresto o all'internamento.

Auswartiges Amt suggerisce pertanto che in sede delle conversazioni che dovrebbero aver luogo a Roma su quest'ultima questione venga anche esaminata quella dei cittadini italiani sospetti o degli ebrei di cittadinanza italiana i quali si trovino nella zona tedesca del territorio francese di recente occupazione. In tale senso lo Auswartiges Amt ha dato istruzioni alla propria Ambasciata a Roma (1).

(l) Vedi serie nona, vol. IX, D. 542.

(3) Si tratta del T. per corriere 43770 P. R. del 19 dicembre 1942, non pubblicato, con cui si comunicavano le iniziative adottate dal Ministero dell'Interno per collaborare ed adeguare l'azione italiana a quella tedesca circa l'epurazione di elementi israeliti pericolosi dal territorio francese.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 2540. Berlino, 19 febbraio 1943 (per. il 21).

Invitato da Goebbels, sono intervenuto ieri, con un gruppo di camicie nere del Fascio di Berlino, alla manifestazione dello Sportpalast in cui egli ha pronunciato «il discorso della guerra totale). Certamente tale discorso, che il Ministro ha letto e che è durato quasi due ore, era stato ispirato e approvato dal Fiihrer. Per quanto fosse evidente un'accorta regia propagandistica e le migliaia di persone presenti -quindicimila -fossero state scelte tra gli elementi più provati e fanatici dei gruppi rionali nazionalsocialisti, ciò non può eliminare il significato dell'entusiasmo suscitato dall'oratore.

Il discorso consta d'una premessa, il pericolo bolscevico, da cui discendono due conseguenze, una interna e l'altra estera. Per la premessa Goebbels è ricorso a toni drammatici: «l'impeto della steppa contro il nostro continente si è sferrato in quest'inverno con una furia senza esempi»; « è inutile domandarci come tutto ciò sia accaduto. Dobbiamo agire e senza ritardo, presto e a fondo»; «l'ora urge, non ci lascia più alcun tempo per sterili dibattiti»; e via di seguito.

Invertendo l'ordine del discorso, si può ri'levare anzitutto come esso abbia voluto costituire il più forte appello alla nazione finora lanciato, nel momento in cui si passa alla mobilitazione di tutte le energie civili. Con abile struttura. demagogica, il discorso spiega la necessità impellente di tale mobilitazione («ho il compito di tracciarvi un quadro senza belletto e di trame le dure conseguenze per l'azione della Fuhrung tedesca, ma anche per quella del popolo tedesco '>) e, incitando ogni categoria di cittadini al massimo impegno, tocca tutte le corde cui questa massa è più sensibile: l'antisemitismo, l'equa distribuzione su ogni classe dei pesi bellici, il monito alla burocrazia perchè si sveltisca (l'accenno agli impiegati statali suonava nel discorso « servitori pagati del Fuhrer '> ed è divenuto nel testo ufficiale « servi tori dello Stato '>), la proibizione di lussi e anche attività sportive di gruppi privilegiati (cosi annuncia la proibizione delle cavalcate all'aperto e l'aumento, invece, degli svaghi popolari, teatri, cinematografi, radio, etc.), la minaccia di tagliare la testa agli imboscati e agli speculatori.

Goebbels ha chiesto al popolo di lavorare fino a sedici ore al giorno, se necessario, per la vittoria; ha indicato, oltre allo scopo difensivo, la necessità di creare una massa operativa «che dia al Fuhrer la possibilità di riprendere l'offensiva, nella primavera e nell'estate prossimi, e di tentar di vibrare al bolscevismo sovietico il colpo decisivo'>. Ha ripetuto che «la guerra più totale e più radicale è anche la più breve'> e che «all'est bisogna ripassare all'off.ensiva '>.

In questo settore interno il discorso si inquadra nei motivi già segnalati della propaganda attuale. Ma ancor più interessante è esaminare quale conseguenza il Ministro Goebbels abbia tratto, per l'estero, dall'accennata premessa del pericolo bolscevico. ,

Ho già riferito, subito dopo la manifestazione, le calde pawle dette dall'oratore per l'Italia fascista. Esse hanno trovato una rispondenza assolutamente travolgente nell'uditorio, scoppiato in acclamazioni che si sono protratte a lungo e che si sono rinnovate quando il gruppo dei nostri ha lasciato il Palazzo dello Sport. In molti punti, del resto, il Ministro ha parlato del comune compito storico dell'Asse. Egli ha anche fatto un lusinghiero accenno al Giappone. Agli altri alleati minori ha alluso genericamente. Ai paesi occupati si è riferito quando ha affermato: «Sarebbe del tutto sbagliato avere falsi riguardi. L'avvenire dell'Europa dipende dalla nostra lotta sul fronte orientale. Per questa lotta il popolo tedesco mette a disposizione il suo preziosissimo sangue nazionale. Il resto d'Europa dovrebbe almeno mettere a disposizione il suo lavoro'>.

Ma Goebbels si è rivolto a tutti, compresi dunque i neutrali e i nemici, proclamando « dinanzi all'opinione pubblica mondiale '> le tre tesi della lotta antibolscevica, tesi che si riassumono nella affermazione che solo la Germania possiede, con i suoi alleati, la forza per salvare l'Europa dal bolscevismo.

«Che cosa vorrebbero fare l'Inghilterra e l'America -egli dice -se nel caso più sfortunato il continente europeo cadesse in braccio al bolscevismo? Vuolsi forse da Londra far credere all'Europa che un simile sviluppo si arresterebbe al confine della Manica? '> Il bolscevismo rappresenta un pericolo per «tutti'> gli Stati democratici, sul cui suolo già trovasi con i partiti comunisti. «Il pe,rico'lo bolscevico è anche in Inghilterra'>, ha ribadito Goebbels citando cifre di progressi elettorali comunisti inglesi. (Per la verità non si tratta di comunisti, ma del cosiddetto partito Commonwealth...). E conclude: «Il moncto non ha dunque la scelta fra un'Europa ricadente nel suo vecchio frazionamento, e un'Europa ordinantesi a nuovo sotto la direzione dell'Asse: bensì soltanto fra un'Europa sotto l'egida militare dell'Asse, e un'Europa bolscevica».

Il Ministro deve essersi preoccupato dei prevedibili echi di tali dichiarazioni all'estero, quando ha aggiunto di « non lusingarsi » di allarmare con esse l'opinione pubblica «negli Stati neutrali o nemici» e quando ha smentito che, «sotto il peso del fronte orientale, egli abbia teso i primi sondaggi di pace»: ponendo le mani avanti a possibili interpretazioni inglesi, quando ha affermato infine che «di ciò non si parla neppure», e che «in Germania nessuno pensa oggi a un cattivo compromesso, ma tutto il popolo pensa soltanto ad una dura guerra».

Com'è naturale, proprio tali brani hanno invece suscitato il massimo interesse negli ambienti esteri della capitale germanica; perché -si osserva in questi ambienti-la terza tesi con cui Goebbels si è rivolto alla « Weltèiffentlichkeit >>, non esclusi dunque gli anglosassoni, sostiene che «temporeggiare è pericoloso». Identiche parole aveva detto più sopra, riferendosi alla nazione: «Noi» dobbiamo agire, senza ritardo, presto e a fondo. A chi è indirizzato dunque il secondo appello? Soltanto ai neutrali? Così non sembra, secondo il contesto.

Sta di fatto che non si può respingere l'impressione di un appello alla solidarietà continentale antibolscevica anche dell'isola inglese: per lo meno di un monito. Ora un discorso del Ministro della Propaganda al Palazzo dello Sport non è il documento più adatto a deduzioni in tema di politica estera. Ma Goebbels è persona molto vicina al Ftihrer, specialmente in questo momento nel quale ha avuto da lui così vasti poteri per la direzione del fronte interno, e le sue parole hanno quindi una importanza ambientale, di «Stimmung » nelle alte sfere germaniche, la quale va pure rilevata.

È difficile che i governanti della Germania possano credere seriamente a una resipiscenza britannica verso il nemico tedesco e contro l'amico sovietico; vien piuttosto fatto di pensare che si tratti di una nuova svolta della propaganda nazionalsocialista. Domani, fra un anno o più tardi, questa potrebbe dire al suo popolo: avevamo segnalato il pericolo bolscevico anche agli avversari, in nome della nostra civiltà occidentale: non siamo stati ascoltati e non siamo stati aiutati!

Perché, in verità, questo atteggiamento della propaganda ha fatto rapidamente presa sul popolo germanico. Fin dal 30 gennaio, come allora segnalato, si converge l'odio fanatico contro il nemico orientale e si insiste sulla solidarietà occidentale; e ormai nel paese vi è chi dice e spera: di fronte a simile pericolo pe,r tutti l'Inghilterra non potrà disinteressarsi alla nostra sorte, l'Inghilterra dovrà pur fare qualche cosa.

Si diffonde così uno strano stato d'animo: e, fra speranze e timori, la massa del popolo germanico si accinge a una resistenza esasperata; conscia e stimolata dal pericolo sovrastante, e tenuta fermamente in pugno dai suoi reggitori 0).

(l) Per la risposta d! Bast!an!n! vedi D. 76.

(l) Il presente documento reca il visto di Mussonn!.

40

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. S.P. 441/238. Budapest, 19 febbraio 1943 (1).

Con mia lettera personale del 25 gennaio (2) scrissi al Conte Ciano di certe inclinazioni, dimostrate da una parte della classe dirigente ungherese, ad interrogare gli ambienti politici britannici in merito alle condizioni che potrebbero essere riservate alla nazione ungherese in una futura sistemazione europea. Riferendo allora voci e affermazioni di uomini politici e traendo illazioni dalla situazione generale del Paese, arrivavo a concludere che mi sembrava da molti indizi poter dedurre che in certi ambienti ci si avviava a condurre il doppio gioco, pur aggiungendo di non aver, allora, prove positive al riguardo. Ho continuato in questo torno di tempo le mie indagini e per quanto la loro natura fosse estremamente delicata e perciò di difficile approfondimento, ho appreso adesso da fonte attendibile che il Conte Bethlen avrebbe personalmente fatto sondare ambienti responsabili britannici circa le condizioni che verrebbero fatte all'Ungheria dalla coalizione anglo-americana. La risposta sarebbe stata la seguente: «Se l'Ungheria, uscendo dall'alleanza con l'Asse non prenderà parte ad eventuali future operazioni militari nei Balcani, l'Inghilterra è disposta a garantirle la frontiera carpatica».

Se chiare sono le condizioni, sibillino è il resto.

Il Conte Bethlen ha assicurato il mio informatore di non aver saputo di più da parte inglese; il termine « frontiera carpatica » è parso anche a lui, però, piuttosto oscura ed impreciso, e si proponeva di far chiedere, attraverso i suoi emissari, successive spiegazioni.

Che il Conte Bethlen abbia compiuto un passo del genere non può recare meraviglia: egli ha avuto sempre la parte di prèfica della politica dell'Ungheria e qualche volta, come ho riferito, si è abbandonato a pubbliche manifestazioni di dissidenza verso i Governi autoritari. La sua fronda e il suo filosemitismo non riescono, comunque, a privarlo della aureola di pontefice segreto della politica ungherese e adesso resta da sapere se questo suo ultimo gesto sia stato convalidato dal Governo in carica. Come ho più diffusamente spiegato col mio recente rapporto n. 405/218 relativo a Tiberio Eckhardt (3) è difficile sapere quanto questi auspici sotterranei siano autorizzati dal Governo che, del resto, come tutti i Governi ungheresi di oggi e di ieri è l'emanazione di una larga famiglia più o meno aristocratica, nel seno della quale quando è dubbia la tendenza politica è chiara la parentela. Gli è per questo che quando il Governo sconfessa un gesto non può rinnegare i vincoli di consanguineità. Cercherò, se possibile, di controllare e di seguire questo maneggio per quanto questa recente notizia mi sembri sufficiente a confermare le impressioni raccolte tempo fa e che vanno, peraltro, sempre considerate nel quadro del mondo morale magiaro

e senza dimenticare la sincera adesione dei più sani organi:smi sociali alla nostra guerra, il vasto movimento assista delle estreme Destre e le reiterate manifestazioni di lealtà nei nostri confronti del Capo dello Stato e del Presidente del Consiglio (l).

(1) -Manca l'indicazione della data d'arrivo. (2) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 550. (3) -Vedi D. 26.
41

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1103/77 R. Budapest, 20 febbraio 1943, ore 21,50 (per. ore 18 del 21).

Richiesta da Bethlen e da un largo numero di deputati ha avuto luogo oggi una riunione segreta della Commissione degli Affari Esteri. delle due Camere. Il Presidente del Consiglio mi ha detto che tale riunione, della quale si era fatto un gran parlare poichè Bethlen vi aveva annunziato un suo discorso di sapore frondistico, è stata piuttosto agitata, ma senza avere un carattere tale da minacciare il Governo. L'interesse dei partecipanti, senatori e deputati, si è portato sugli avvenimenti del fronte orientale e Bethlen ha parlato in termini che il Presidente non mi ha esplicitamente riferito ma che suonavano un invito al Governo di attuare una politica più realistica. È stato anche discusso l'impiego delle truppe ungheresi e Kallay ha ammesso francamente che il corpo di spedizione ungherese si può dire inesistente. Comunque, nonostante che i propositi degli oratori siano stati svariati e che sia stato fatto appello, come mi ha detto Kallay, al «sacro eroismo» (sic) per la difesa degli interessi dell'Ungheria, tutto si è concluso con un esauriente discorso di Kallay, il quale ha ancora una volta proclamato la costanza dell'Ungheria nella lotta contro il bolscevismo pur prendendo atto dei principi di «sacro eroismo» espressi dai vari oratori. Kallay mi ha fatto intendere che la riunione ha espresso chiaramente le preoccupazioni e l'incertezza del paese, ma per quanto tutti i presenti si siano mostrati pensosi dell'avvenire dell'Ungheria, la posizione di fedeltà del suo paese verso l'Asse è stata rafforzata con altrettanta solennità data la natura della convocazione della Commissione, il carattere dei convocati, le voci che erano sorte circa gli argomenti che essi avrebbero trattato ed i propositi espressi da alcuni oratori.

42

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1091/78 R. Budapest, 20 febbraio 1943, ore 21,50 (per. ore 7,50 del 21).

Presidente del Consiglio mi ha ancora una volta (miei telegrammi 37 (2) e 57) (3) intrattenuto sull'importanza che egli annette alla possibilità di un ac

cardo su vasta base con la Romania. Quanto più questo accordo gli sembra desiderabile, tanto più, alla prova dei fatti, gli appare di difficile realizzazione soprattutto -egli ha continuato -se si pensa che per effettuarlo bisogna affrontare la questione transilvana già risolta da un arbitrato che i romeni non amano. Poichè gli ho detto che, per ora, è già apprezzabile aver affrontato sia pure cautamente come si è fatto le questioni minori allo scopo di operare una distensione, egli ha replicato, con maggiore calore delle altre volte, che questo sarebbe il momento migliore per i due Paesi di intendersi in maniera più larga. Quanto Kallay dice è un sempre più chiaro riflesso della situazione interna (mio telegramma 77) (l) e delle preoccupazioni Balcani in generale così come apparve alle prime manifestazioni avvicinamento ungaro-romeno (miei telegrammi su indicati).

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussollnl. (2) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 560. (3) -Vedi D. 10.
43

L'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO, AL CAPO DEL GOVERNO E IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1083/149 R. Buenos Aires, 20 febbraio 1943, ore 21,34 (per. ore 7,10 del 21).

Mio 148 (2). Presidente Repubblica fatto ieri giornale Cabildo in occasione quinto anniversario attuale Governo argentino dichiarazioni che riassumo. Situazione estera ci pone dinnanzi a grave alternativa: neutralità o guerra. Non vi è terzo termine. Rottura significa guerra, a maggior ragione trattandosi Argentina. Non potevamo dubitare e vacillare tenendo in conto tradizioni et vocazione storica Argentina. Nostra politica internazionale è dignitosa e equanime. Restiamo a margine di un conflitto cui siamo estranei e restiamo in pace in tutto il mondo. A domanda se ritenga che suo successore manterrà neutralità Presidente affermato che garanzie al riguardo sono e saranno assolute. Aggiunto testualmente: «Dichiaro ancora una volta: neutralità sarà mantenuta in ogni caso. Argentina

non modificherà sua attuale posizione internazionale. Mio successore darà garanzie di continuare mia opera politica e non si allontanerà da essa in nessun momento. Si impegnerà dinnanzi Paese. Non può essere altrimenti. Abbiamo

vinto pace; questo lo so perfettamente e lo si sa ovunque».

(l) -Vedi D. 41. (2) -Con T. 1082/148 R. del 20 febbraio 1943, ore 21,34, non pubblicato, Garbacelo aveva riferito sulla designazione del senatore Robustlano Patron Costas a candidato governativo per le elezioni presidenziali del settembre.
44

IL MINISTRO A STOCCOLMA, RENZETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1382/011 R. Stoccolma, 20 febbraio 1943 (per. il 5 marzo).

Mio telegramma filo n. 18 del 18 febbraio (1).

Conversazione con Ministro Gtinther di cui al telegramma surriferito ha avuto luogo su sua richiesta desiderando egli interessarmi sollecito gradimento R. Governo per designazione membri svedesi Croce Rossa Internazionale in Grecia (mio telegramma n. 20) (2).

Come già segnalato colloquio è stato particolarmente interessante; non solo perchè Gtinther ha parlato con la franchezza che egli usa avere con me, ma anche perchè di sua iniziativa ha toccato tutta una serie di argomenti che, nel loro insieme, chiariscono singolarmente posizione svedese nel momento attuale.

Mi permetto pertanto ritornare sul tema completando i singoli argomenti con osservazioni supplementari.

l) Posizione di fronte Russia. Fluttuazioni opinione pubblica svedese appaiono spesso contraddittorie ad osservatore casuale. Essa è infatti governata da fattori non facilmente conciliabili in termini di logica e di ragione. A timore della Germania, e radicata profonda antipatia per ideologia nazista (si fa qui grande e aperta distinzione fra nazismo e fascismo) fa contrasto timore tradizionale della Russia fortemente diffuso in ogni classe sociale con poche eccezioni fra gli intellettuali. Come elemento in un certo senso unificatore di tale contrasto opera, o dovrebbe operare, sentimento, altrettanto tradizionale, di simpatia ammirazione e fiducia per potenze anglo-sassoni, in particolare per Inghilterra. Sentimento che corrisponde del resto, nel campo economico e del commercio oceanico, a reale coincidenza di interessi. Su questa base scarsamente omogenea si possono osservare ondeggiamenti opinione pubblica svedese, cui non rimangono estranei gli stessi dirigenti politica estera del Paese. È vero che Governo si è costruito uno schema fisso e negativo, quello della neutralità ad ogni costo verso tutti e contro tutti, con fermo proposito di aderirvi attraverso fluttuazioni situazione politico-militare. Tuttavia in pratica, anche entro cerchio ristretto di questo schema teorico, si fanno sentire influssi della guerra e dei suoi sviluppi. Nel momento attuale fattore dominante è che, nel popolo come nel Governo, sotto influenza ultimi avvenimenti fronte orientale abilmente presentati da propaganda nemica, si è perduta ogni fiducia in una vittoria militare dell'Asse. Di conseguenza timore della Germania è sceso a zero mentre quello della Russia aumenta di giorno in giorno, e con autorevoli manifestazioni quasi ufficiali, come ho avuto ripetute occasioni di segnalare. Di qui speranze, o meglio velleità di una pace di compromesso cui, possibilmente, non

dovrebbe essere estranea una mediazione della Svezia, estremamente vantaggiosa per i propri interessi. Dalle parole di Giinther a proposito della Russia è tuttavia lecito dedurre, come già segnalato, che timore di una prossima vittoria bolscevica sia giunto a tal punto da consigliare di dissimularlo. E dissimulazione avviene appunto, come è naturale, nei termini familiari alla propaganda inglese; cioè che Russia rispetterà impegni presi o da prendere con potenze anglosassoni, che essa d'altra parte sarà troppo impegnata nella ricostruzione interna per avere mire di espansione totale. In alcuni ambienti, come ho avuto occasione di convincermi durante mia recente visita Gotemburgo, centro notoriamente dominato da influenza britannica, tale punto di vista è abbastanza diffuso, sia sotto influenza propaganda inglese, sia per reazione a propaganda tedesca pericolo bolscevico che produce qui spesso effetti contrari perché giudicata troppo frontale e clamorosa per essere convincente. Tuttavia tale opinione tranquillizzante amabile e formale non è affatto condivisa da coloro che sono meglio in grado di conoscere situazione; e mi risulta che rappresentanti dell'alta finanza già predispongono trasferimento dei loro capitali in sede più sicura.

2) Problema finlandese. Intorno questo problema, o quanto meno intorno sua impostazione formale, si cristallizza intero complesso della situazione svedese verso la Russia. Termini problema quali vengono presentati all'opinione pubblica sono spesso basati sull'equivoco perché, ad onta di quanto vorrebbero far credere i giornali e lo stesso Giinther, è chiaro che indipendenza della Finlandia non costituisce in sé stessa alcuna garanzia reale per la Svezia, in quanto essa potrebbe essere spazzata via con un solo gesto dalla Russia. Ma costituisce sintomo vitale e indice sicuro della situazione; se cioè Russia potesse essere indotta dai suoi alleati anglosassoni a rispettare indipendenza finlandese, Svezia si sentirebbe tranquillizzata e relativamente al sicuro dietro questa indipendenza e questa garanzia. Svezia è perciò, unicamente in questo senso, vitalmente interessata all'esistenza della Finlandia, e poiché agli occhi svedesi questa sembra poter essere assicurata soltanto mediante pace separata fra Finlandia e Russia, Svezia è vitalmente interessata a pace separata finlandese. Tuttavia a un primo momento di euforia è seguita coscienza realistica infinite difficoltà che si frappongono realizzazione progetto. Attualmente speranze che si nutrono in Svezia per una prossima conclusione pace tra Russia e Finlandia sembrano essere scarsissime.

3) Articolo di Gayda. Tengo a chiarire che Giinther di sua esclusiva iniziativa mi ha parlato dell'articolo Gayda approvandone vivacemente presa di posizione abile ed equilibrata. Mi sono limitato ascoltarlo, anche perché non possedevo testo originale dell'articolo. Conversazione è comunque avvenuta prima della smentita qui segnalata dai corrispondenti dei giornali svedesi da Roma.

4) Relazioni con Germania. Sono dominate da senso provvisorio di sicurezza indicato più sopra. Situazione nei riguardi nota questione navi norvegesi è rimasta stazionaria. Queste si trovano tuttora in porto e miglioramento stagione sembra rendere più precarie loro possibilità sfuggire controllo tedesco e raggiungere porti inglesi (vedi per ultimo mio telegramma per corrière n. 02

9 -Documenti <liplomatici -Serie IX -Vol. X

del 26 genanio u.s.) (1). Traffico navi in salvacondotto è tuttora interrotto. Tuttavia anche qui, analogamente a quanto segnalato R. Ambasciata in Berlino, si ha netta sensazione che fase critica sia oramai sorpassata e che questione sia limitata suoi aspetti tecnici. Recenti sviluppi Norvegia -nuove deportazioni di ebrei e mobilitazione totalitaria mano d'opera -contribuiscono naturalmente a mante!lere in stato di tensione rapporti stampa fra i due Paesi.

(l) -Vedi D. 33. (2) -T. 1059/20 R. del 19 febbraio 1943, non pubblicato.
45

IL PLENIPOTENZIARIO D'ITALIA PER LA GRECIA, GHIGI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 1109/212 R. Atene, 21 febbraio 1943, ore 9 (per. ore 18).

Fin dalla costituzione attuale Governo nello scorso novembre (2) riferii come esso per essere risultante di un compromesso fra le varie autorità italiane e tedesche mancasse necessaria compattezza omogeneità e decisione. Tali difetti si sono manifestati sopratutto campo ordine pubblico e pubblica sicurezza. Presidente del Consiglio manca di esperienza politica e di capacità amministrativa, mentre Ministro Interno manca energia necessaria nell'attuaLe momento. Inoltre per essere il primo proveniente da partito monarchico e il secondo dal partito repubblicano sono portati subire influenza relativi ambienti e sono discordi circa fiducia da accordare a ufficiali superiori gendarmeria e polizia.

Per conseguenza riorganizzazione tali forze iniziata già da parecchi mesi sotto il controllo Arma CC.RR. procede molto a rilento e manca quasi del tutto azione di repressione e di punizione contro mancanze e diserzioni che si succedono sempre più numerose specialmente in zone infestate da bande.

D'altra parte situazione si è sensibilmente aggravata in talune provincie e particolarmente in Tessaglia ove vi sono stati fra le bande armate e reparti italiani alcuni scontri in proporzioni maggiori che non per il passato con conseguente reazione da parte nostre autorità militari.

In tali condizioni nostro Comando Superiore tenendo anche presente eventualità rappresentata da Eccellenza D'Agostino al suo ritorno da Roma per incarico dell'Eccellenza Ciano di dover ad un dato momento assumere tutti i poteri nonché considerando possibilità di azioni militari nemiche contro il territorio greco, si preoccupa giustamente di avere, da parte del Governo greco, una collaborazione più diretta e più efficace nel campo dell'ordine pubblico. Pur senza sopravalutare importanza attuale del Governo greco il Generale Geloso ritiene che una linea politica più risoluta ed una azione più decisa nel campo dell'ordine pubblico potrebbero avere qualche utile risultato ai fini nostra occupazione.

La sola persona che abbia la necessaria energia e su cui si possa far sicuro affidamento per quanto concerne suo atteggiamento appare attualmente Ministro Gotzamanis, ove munito necessari poteri, ad agire in stretta collabora

zione col Comando Superiore contro le bande armate e contro sabotaggio anche mediante costituzione di speciale formazione di gendarmi.

Il Generale Geloso non si dissimula che Gotzamanis è l'esponente assofilo maggiormente combattuto e osteggiato e che la sua persona potrebbe bene inteso suscitare eventuali reazioni. Peraltro ritiene che nelle attuali condizioni sia meglio contare su un numero sia pure ridotto di persone di fede sicura o irrimediabilmente compromessi, che sulla incerta collaborazione di più vaste sfere nelle quali moltissimi giuocano probabilmente doppio giuoco fra noi e gli avversari.

Ministro Gotzamanis desidererebbe naturalmente la Presidenza del Consiglio ma accetterebbe anche la responsabilità dell'azione sopra accennata se ottenesse nomina a Vice Presidente con pieni poteri nel campo interno. Altra soluzione che, a prescindere da considerazioni estranee alla Grecia, potrebbe essere qui opportuna, sarebbe anche quella di sdoppiare la carica attuale di Presidente del Governo, nominando Logothetopulos capo dello Stato e Gotzamanis Presidente del Consiglio.

Comunque, tenendo presente che nello scorso novembre accorsero ben sei settimane per giungere all'attuale composizione governativa nonché ricordando le obiezioni che all'analoga soluzione da me fin d'allora proposta nei riguardi di Gotzamanis furono mosse localmente da parte tedesca, vi sottopongo Eccellenza, l'opportunità di prospettare, ove concordiate, direttamente al Governo germanico la proposta di affidare l'incarico di cui sopra al Sig. Gotzamanis.

Mi permetto aggiungere che il Generale Geloso annette importanza a tale soluzione, che desidererebbe potesse avere luogo al più presto e possibilmente per la fine del mese. Per parte mia concordo nella opportunità e nell'urgenza di adottare la proposta in questione.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 341.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

T. S.N.D. PER TELESCR. 5561/337 P.R. Berlino, 22 febbraio 1943, ore 6.

Ribbentrop mi ha pregato di recarmi da lui per annunziarmi ufficialmente una sua visita a Roma e per invitarmi ad accompagnarlo. Egli è latore di una lettera del Fiihrer (l) che, molto rammaricandosi di non ancora. poter personalmente incontrarsi col Duce come sarebbe suo vivissimo desiderio, ha tenuto a comunicargli per iscritto precise notizie sulla situazione al fronte russo e su la situazione politica generale, situazione che von Mackensen ha l'incarico di illustrare particolareggiatamente.

Circa il fronte russo von Ribbentrop ha dichiarato che per l'improvviso cedimento -sotto pressione -su un tratto di circa 400 chilometri «da parte delle truppe alleate» (a questo proposito già ho segnalato che Goering durante una conversazione avuta con me un mese addietro (2) ebbe occasione di asserire

che solo i soldati tedeschi sono capaci di combattere contro i russi) una immensa valanga di truppe sovietiche si è gettata con inaudita violenza attraverso l'ampio varco. Poiché l'Alto Comando tedesco non aveva riserve a propria disposizione, è stata decisa in breve la ritirata che si è svolta in modo molto ordinato, infliggendo ingentissime perdite al nemico e subendone in misura assolutamente modesta. Ribbentrop afferma che dal principio della guerra le perdite dei russi fra morti, gravemente feriti e quindi definitivamente inabili, e prigionieri, siano almeno di 15 milioni. Arrestata definitivamente l'avanzata sovietica, accorciato sensibilmente il fronte che già si sta stabilizzando e rafforzando con un forte concentramento di truppe (egli non ha creduto di poter indicare con predsione tale linea di assoluta resistenza), al momento opportuno verrà sferrata una nuova offensiva. Essa sarà straordinariamente potente: per la ingente disponibilità di forze che già si stanno organizzando e preparando e che saranno progressivamente accresciute dai nuovi contingenti risultanti dalla più rigorosa mobilitazione in corso, e per l'impiego di armi nuove. Il Fiihrer di fronte alla violenza della recente offensiva sovietica ed allo spettacolo delle truppe rosse «che andavano ai successivi attacchi come ad un vero macello», si è più che mai persuaso che Stalin è veramente «un bruto», «una bestia», che ha per scopo la distruzione e lo sterminio e con cui non sarà mai possibile una intesa. Non rimane quindi altra via se non una soluzione totale e definitiva attraverso le armi. Altre ipotesi o ragionamenti come quelli esposti nell'articolo di Megerle -da me già segnalato e sul quale ho fatto girare il colloquio -potranno essere efficad ad uso interno ma non riuscire mai ad influire sui neutri ed a mutare situazioni che debbono inevitabilmente essere risolte sui campi di battaglia della Russia.

Altro problema molto importante è la situazione in Croazia che è considerata dal Fiihrer con preoccupazione sopratutto in relazione al secondo fronte annunciato da Churchill entro nove mesi.

Sulla base di cifre relative ai risultati e alla odierna situazione della guerra sottomarina, von Ribbentrop ha dichiarato [che] solo entro tale periodo di tempo gli anglo-americani possono tentare uno sbarco, perché nel giro di otto o nove mesi la guerra sottomarina dell'Asse sarà talmente intensificata da rendere estremamente costoso l'invio di convogli con forti contingenti di truppe.

Pertanto si fa l'ipotesi che attacchi contemporanei alla Sicilia, Sardegna Corsica -attacchi aventi sopratutto scopo diversivo e impegnativo delle nostre truppe -renderebbero meno difficile il passaggio di convogli nemici per effettuare uno sbarco nei Balcani dove gli elementi filo-inglesi, che si trovano numerosi in tutti quei paesi e numerosissimi in Croazia, solidarizzerebbero subito con le truppe di sbarco creando manifeste complicazioni per l'Asse. Si impone quindi per la Croazia una direttiva di estrema energia.

Tutto quanto sopra costituisce una sintetica riservata anticipazione degli argomenti che saranno ampiamente esposti al Duce.

Von Ribbentrop che è molto lieto di potere avere l'onore di conferire con lui, conta di trattenersi a Roma tre giorni durante i quali, secondo intese già in corso, renderà visita al Re ed al Principe di Piemonte.

Egli sarà accompagnato, oltre che dai suoi diretti collaboratori, anche da un generale che potrà dare specifiche notizie sulle operazioni in corso e su quelle future.

(l) -Vedi D. 31. (2) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 504.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL RAPPRESENTANTE DEL MINISTERO IN TUNISIA, BOMBIERI

T. 6603/152 P.R. Roma, 22 febbraio 1943, ore 17,45.

Vostro 107 (1).

In occasione Vostra visita al Bey potrete assLcurarlo che Governo italiano guarda con comprensione e simpatia alle aspirazioni del popolo tunisino. L'Italia segue verso tutti i popoli arabi una politica che è intesa a porre i rapporti tr~ essa e le Nazioni arabe sopra una base di amicizia e di collaborazione._ L'Italia ha in Tunisia degli interessi che sono ben noti, il Governo italiano ha intenzione di trovare il modo di proteggere questi interessi conciliandoli con le aspirazioni tunisine.

Il Governo italiano ha sollecitato esso stesso dalle Autorità tedesche la liberazione dei desturiani. Questi desturiani sono alla vigilia del loro ritorno in Tunisia, per il quale il Ministero degli esteri ha già da tempo interessato le autorità militari. Altri undici desturiani sono ancora in Francia e Governo italiano si sta adoperando per la loro liberazione e il loro rimpatrio.

Burghiba è ancora a Roma e sono state avviate conversazioni con il Governo tedesco per affrettare il suo ritorno in Tunisia.

Potrete aggiungere al Bey che noi abbiamo ascoltato e preso nota delle aspirazioni che Burghiba ci ha esposto a nome del partito desturiano (2), ma che è nostra intenzione che qualunque conversazione o negoziato circa il futuro assetto della Tunisia e i rapporti italo-tunisini avvenga con il Bey (3).

48

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 1156/105 R. Roma, 22 febbraio 1943 (per. il 24).

Per quanto Monsignor Spellman abbia trascorso nella Città del Vaticano solo due giorni dei dieci che egli conterebbe rimanervi, ho creduto di compiere qualche sondaggio preliminare in Segreteria di Stato sullo-scopo del viaggio dell'Arcivescovo di New York cogliendo l'occasione di una visita fatta oggi in Santa Sede dal Consigliere di questa R. Ambasciata.

Monsignor Spellman è stato finora ricevuto dal Papa una volta sola e l'udienza, che si è protratta per un'ora e mezzo, ha avuto carattere privatissimo. Di essa non è stata data notizia dall'Osservatore Romano, silenzio questo sintomatico del riserbo con il quale si intende circondare _in Vaticano la visita dell'Arcivescovo americano.

Il Segretario per gli Affari Ecclesiastici Straordinari, pur mostrandosi al corrente delle illazioni della stampa internazionale, ha naturalmente tenuto a sottolineare il carattere prevalentemente religioso di tale visita. Egli ha infatti detto che il Santo Padre, a conoscenza dell'arrivo in Europa di Monsignor Spellman e del suo prossimo breve viaggio in Africa del Nord, quale Ordinario Castrense presso i militari cattolici nordamericani, aveva personalmente preso l'iniziativa di invitare a Roma Monsignor Spellman allo scopo di riprendere, in questa occasione, un diretto contatto con le alte gerarchie ecclesiastiche americane interrotto fin dal 1940. Molti sarebbero infatti i problemi religiosi e materiali interessanti la Chiesa Romana nel Nord America ·che non hanno in questi anni di guerra potuto trovare una qualche soluzione data l'impossibilità di un diretto scambio di vedute tra la Santa Sede e i Rappresentanti cattolici nordamericani.

Monsignor Tardini ha tenuto ancora una volta a far conoscere il vivo apprezzamento del Santo Padre per la comprensione dimostrata anche in questa circostanza dal Governo italiano col facilitare, nella giusta e pronta interpretazione degli accordi esistenti, l'espletamento dell'alta missione pontificia.

Il Papa, ha aggiunto Monsignor Tardini, non avrebbe mancato -ne poteva essere certo il Governo italiano -di compiere quell'opera di persuasione già da tempo intrapresa per indurre il Governo americano non solo a risparmiare Roma dai bombardamenti aerei ma anche a considerare l'orrore che ispira a tutto il mondo cattolico il martellamento aereo delle città e delle popolazioni italiane.

Mi riservo di accertare ulteriormente quanto nel corso delle conversazioni che Monsignor Spellman avrà in Vaticano possa emergere di un qualche interesse politico (1).

(l) -Con T. 1105/107 R. del 20 febbraio 1943 ore 12, non pubblicato, Bombieri, in vista della sua visita al Bey, aveva chiesto istruzioni circa la questione del ritorno di Burghiba. (2) -Vedi D. 15. (3) -Vedi D. 85.
49

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 1177/034 R. Budapest, 22 febbraio 1943 (per. il 25).

Kallay mi parla spesso con stentata rassegnazione del suo mancato viaggio in Italia (2).. Ho l'impressione che il rammarico ne sia in lui tuttora molto vivo. Per comprendere il suo stato d'animo occorre tener presente che la visita ufficiale in Italia rappresenta per gli uomini di Governo ungheresi e in parti

colare per il Presidente del Consiglio e per il Ministro degli Affari Esteri una specie d'investitura politica che serve a dimostrare all'opinione magiara come il Governo goda dell'amicizia e della fiducia della sua grande e più antica alleata.

La circostanza, poi, che la visita di Kallay al Fi.ihrer ha avuto luogo sin dai primi del giugno 1942 e che era generale convincimento che essa dovesse precedere di breve tempo la visita al Duce, non poteva evitare -e infatti non ha evitato -di attirare a Kallay insinuazioni e pettegolezzi da parte dei suoi avversari, i quali amano spargere la voce che in Italia non si desidera ricevere l'attuale Capo del Governo ungherese, forse a causa delle sue antiche ma non dimenticate simpatie liberali.

Beninteso, tutto ciò non forma oggetto di pubbliche ammissioni, ma negli accenni accorati di Kallay al suo mancato viaggio si intuiscono facilmente, oltre le ragioni ufficiali già riferite, quelle anzidette di natura interna e personale. A tutte le quali può aggiungersi un'altra: il desiderio di Kallay, Capo del Governo di una Nazione cattolica e cattolico lui stesso, di prendere contatto anche con il Vaticano. Anche la visita alla Santa Sede costituisce infatti, per la forte maggioranza cattolica della popolazione ungherese, un'ambita ed utile investitura. E mi risulta che non meno vivo è il desiderio della Signora Kallay di seguire il marito in tale suo viaggio.

Indipendentemente, comunque, dal personale interesse del Presidente del Consiglio ad effettuare questa visita, credo opportuno segnalare quelli che -secondo i ripetuti accenni che me ne fa Kallay -sarebbero gli argomenti dei colloqui che egli si proporrebbe di avere a Roma. Gli avvenimenti internazionali svoltisi in questi ultimi mesi hanno convinto Kallay della necessità di riferire direttamente e dettagliatamente al Duce sul pensiero ed i propositi del Governo Magiaro nei confronti di quei problemi che interessano in comune l'Ungheria ed Italia. Ho più volte segnalato le preoccupazioni magiare per quella che può essere la prossima situazione nel Sud-Est Europeo ed il desiderio di concordare le proprie direttive con quelle della grande Nazione amica. Kallay mi ha recentemente detto una frase significativa: «Prima eravamo preoccupati dell'eccessiva potenza germanica, ora lo siamo per altre ragioni; in entrambi i casi sappiamo che l'interesse dell'Ungheria è connesso a quello dell'Italia». E difatti il motivo che in questo momento fa più sentire la necessità di un'operante solidarietà con l'Italia è quello della Croazia, che dovrebbe appunto costituire uno dei temi principali dei colloqui di Roma. È nota l'antica aspirazione dell'Ungheria a possedere la contiguità territoriale con l'Italia: questo problema appare in Ungheria di particolare attualità come del resto tutte le questioni che non hanno la stessa attualità come quella, già ventilata da Kanya, di una possibile unione italo-ungaro-croata sotto il presidio di una Corona Sabauda (1).

Quanto precede ho creduto necessario riferire perché si possano tenere costà presenti, a proposito del viaggio di Kallay in Italia, tutti i motivi e le circostanze che fanno attribuire tanta importanza in Ungheria all'effettuazione di tale visita.

(l) -Vedi D. 58. (2) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 275.

(l) Vedi serie nona, vol. IX, D. 73.

50

IL CONSOLE GENERALE A INNSBRUCK, MORGANTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 4342/167. Innsbruck, 22 febbraio 1943 (per. il 27 ).

Ho l'onore di riferire a V. E. che, da qualche giorno, circolavano qui notizie poco simpatiche nei riguardi del nostro Paese e, particolarmente, si attribuiva -almeno in gran parte -alla scarsa resistenza opposta dalle truppe italiane dell'Armir nel settore del Don, sia la caduta di Stalingrado che la ritirata verso il Nipro delle armate germaniche.

Identiche accuse venivano mosse anche alle truppe ungheresi e rumene.

Dopo la caduta della città di Karkov, le dette voci sono divenute sempre più insistenti ed ho pertanto ritenuto opportuno di espletare riservate indagini per accertare la fonte da cui venivano propalate. Sembra che esse provengano da questi ambienti ufficiali e, persona seria e di assoluta fiducia, che ha giornalmente contatti con queste autorità, mi ha esplicitamente dichiarato che, in effetti, egli aveva raccolte le notizie nei detti ambienti, ma che gli era stato vivamente raccomandato di tenerle segrete.

Le informazioni mi sono state inoltre confermate da un'altra persona, di solito molto bene informata, che le ha confidenzialmente apprese da un gerarca del Partito nazionalsocialista col quale, da molto tempo, è legata da vincoli di sincera amicizia.

Le ripercussioni tra la popolazione tirolese si san subito palesate e in alcune mostre dei negozi della città sono stati attaccati, da ignoti, francobolli -che sembra fossero largamente diffusi durante la guerra 1914-18 e negli anni successivi (vedasi l'allegato staccato da un avviso posto nell'ingresso dello stabile dove ha la propria sede il R. Ufficio) -rappresentanti un contadino del Tirolo nell'atto di assestare un colpo di bastone al gatto-traditore (Italia) con la scritta: «Ignominia sull'Italia» e «Via la mano».

Sarà mia cura seguire attentamente l'opinione di queste popolazioni che, sebbene abbiano sempre nutrito sentimenti a noi avversi, avevano lo scorso anno attenuato -almeno in parte -il loro livore contro l'Italia. In seno ad esse, infatti, si erano manifestate tendenze e correnti che valutavano con maggiore comprensione lo sforzo bellico ed economico del nostro Paese (1).

51

L'INCARICATO D'AFFARI AD ANKARA, GUGLIELMINETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1140/105 R. Ankara, 23 febbraio 1943, ore 22,17 (per. ore 6,45 del 24).

Nel discorso tenuto ieri alla Casa del Popolo di Ankara, il Presidente del Consiglio -nel quadro delle manifestazioni governative per la campagna elet

torale in corso -ha tenuto a fare il punto della politica estera turca dopo il convegno di Adana. Rispondendo alla generale attesa Saracoglu ha premesso alla sua esposizione la seguente dichiarazione: «La nazione turca sa che il Governo non ha e non può a vere nessun impegno segreto. Del resto non ci è stato chiesto un impegno del genere». Si nota nell'insieme dell'esame delle dichiarazioni della politica turca :verso le Potenze belligeranti una particolare cura di dare ai rapporti di amicizia colla Germania un risalto, se non pari, per lo meno parallelo ai rapporti di alleanza con Gran Bretagna. Parlando dell'incontro di Adana, Saracoglu ha espresso in termini generali vaghi gli stessi concetti del comunicato diramato alla fine del convegno, insistendo sopratutto sul punto concernente la decisione della Gran Bretagna di « armare rapidamente la Turchia». Egli ha voluto però ricordare anche che il Governo turco sta procedendo in Germania ad acquisti di materiale bellico sulla base del noto credito di cento milioni di marchi. Parlando degli S.U. d'America egli ha detto che i loro aiuti a termine della legge « affitti e prestiti » aumentano ogni giorno.

Quanto alle relazioni con l'U.R.S.S., Saracoglu si è riferito -in termini più cordiali che in passato -ai trattati vigenti tra Turchia e Sovieti aggiungendo: «sono sicuro che in avvenire gli stessi trattati domineranno ugualmente in maniera reciproca le nostre buone relazioni». Da ciò appare confermato che nessun negoziato per un nuovo accordo politico bilaterale è attualmente in corso fra i due Governi (per ultimo mio telegramma n. 94) O).

Saracoglu non ha fatto nessun specifico cenno dell'Italia.

(l) Il ministero rispose, con Telespresso 1/1110 del 3 marzo 1943, firmato Babuscio Rizw, che si era «provveduto ad attirare l'attenzione di questa Ambasciata del Reich sul contenuto... della segnalazione ».

52

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 23 febbraio 1943.

In vista delle imminenti conversazioni con Ribbentrop mi onoro sottoporvi, Duce, gli uniti appunti concernenti questioni che potrebbero, a mio avviso, essere sollevate durante le conversazioni stesse e che elenco qui di seguito:

l) rapporto al Duce sugli scopi della guerra;

2) richiamo dell'Alto Commissario tedesco in Alto Adige;

3) trattative economico-finanziarie con Clodius e questione dei lavoratori;

4) rapporti itala-tedeschi in Tunisia;

5) situazione nell'Africa del Nord e indipendenza del Maghreb;

6) rapporti ungaro-romeni;

7) situazione in Croazia e accresciuta pressione tedesca in tale zona;

8) atteggiamento anti-comunista dei cetnici;

9) situazione politica in Grecia e nomina di Gotzamanis a Vice Presidente o Presidente del Consiglio (2).

ALLEGATO I

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 22 febbraio 1943.

Tra gli argomenti essenziali per la condotta della guerra che dovranno da Voi, Duce, essere trattati in occasione del prossimo viaggio del Ministro' degli Esteri germanico, mi permetto di prospettare anche quello degli scopi stessi della nostra guerra, fino ad ora restati, per l'opinione pubblica europea e mondiale troppo ermeneutici, attraverso l'enunciazione di formule o troppo complesse o troppo astratte.

Per non !asciarci sommergere dalla propaganda anglo-sassone di questi ultimi tempi che, aiutata dallo sfavorevole corso degli avvenimenti militari ha certamente, dal Convegno di Casablanca in poi, trovato la strada e il mordente per influenzare l'opinione pubblica europea in senso a noi nettamente sfavorevole, mi par necessario ricorrere alle stesse armi, enunciando cioè in poche e semplici linee i concetti basilari che ispirano l'azione dell'Italia e della Germania in vista della nuova sistemazione europea destinata a sorgere dall'attuale conflitto.

L'esperienza wilsoniana non basta a creare negli animi la diffidenza necessaria ai nuovi principi del vangelo anglo-americano. La Carta Atlantica dal punto di vista propagandistico e di accessibilità alle masse è certamente un documento abilissimo poiché traccia in linee semplici un programma che, con la promessa ai popoli della indipendenza, del rispetto delle libere aspirazioni, della parità di condizioni ai traffici e alle materie prime del mondo, corrisponde perfettamente allo stato di recettibilità di popolazioni stanche e sottoposte al duro sforzo di una lunga· guerra.

Certamente nulla può sostituirsi, nello sforzo imponente ma talvolta sfortunato degli uomini e dei mezzi, alle alterne vicende della guerra. Però è mio avviso che nulla deve essere trascurato per determinare una reazjone alla perniciosa propaganda nemica e per delineare, anche da parte dell'Asse, quelli che sono i motivi della guerra troppo vagamente riassunti nella concezione dell'« Ordine Nuovo».

Non dobbiamo nasconderei infatti che allo stato attuale delle cose e cioè di fronte alla dichiarazione avversaria del rispetto della integrità territoriale dei popoli, dei principi di nazionalità, ecc., la propaganda nemica contrappone automaticamente sistemazioni territoriali imposte con la forza a unità nazionali secolari e ad altre formate e consolidate nel corso degli ultimi vent'anni.

Se le battaglie si vincono con i mezzi, le guerre si decidono con i mezzi e con le idee, e noi non abbiamo sempre tenuto conto di questo fatto. I due commenti di stampa estera, trasmessimi da Voi e qui uniti in copia (1), illustrano appunto la verità di questa affermazione.

Permettetemi, Duce, di esprimerVi l'avviso che nel momento cruciale della nostra guerra sia necessario rischiarare l'orizzonte con dichiarazioni che dimostrino ai popoli i veri motivi della guerra e l'avvenire al quale l'Europa è destinata in caso di una vittoria dell'Asse.

Occorre che non siano l'Italia e la Germania sole a desiderare la vittoria delle loro armi, ma che altri popoli vedano in un comune destino con esse la garanzia di una giusta pace e di un prospero avvenire.

Ho ritenuto doveroso, Duce, esprimerVi intieri, e con il sentimento appassionato che unifica in me il Duce e la Patria, questi concetti, affinché Voi possiate giudicare se siano tali da poter formare oggetto dei prossimi colloqui con Ribbentrop.

ALLEGATO II

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 23 febbraio 1943.

Poiché da parte nostra è stato ritirato l'Alto Commissario Italiano per l'Alto Adige, l'unito appunto fa presente la necessità che venga chiesto a Ribbentrop l'analogo

richiamo dell'Alto Commissario Tedesco '(1).

ANNES::;O

RICHIAMO DELL'ALTO COMMISSARIO TEDESCO IN ALTO ADIGE

In seguito alla destinazione a Fiume del Prefetto Podestà non si è coverta la carica di Alto Commissario per lo scambio degli allogeni dell'Alto Adige. Occorrerebbe comunicare a Ribbentrop che riteniamo inutile sostituirlo e che converrebbe sopprimere anche la carica dell'Alto Commissario germanico.

Nelle recenti conversazioni che Giannini ha avuto cori Clodius si è fatta presente la opportunità di sospendere per tutta la durata della guerra i lavori delle due Delegazioni per l'Alto Adige. Tale proposta è motivata dall'alto costo delle due Delegazioni (la sola tedesca comprende oltre duemila persone) e dalla quasi paralisi della partenza di allogeni. Tutto ciò mentre i delegati percepiscono notevoli assegni e scorazzano per le località dell'Alto Adige, malgrado le restrizioni del traffico automobilistico, col pretesto di compiere l'accertamento dei beni. Ciò costituisce un cattivo esempio per la popolazione, desta malumori e mantiene in piedi una fittizia febbre politica che converrebbe eliminare.

ALLEGATO III

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 23 febbraio 1943.

L'unito appunto si riferisce alle ultime proposte fatte dall'Ecc. Giannini a Clodius e concordate in una riunione tenuta al Ministero delle Finanze con la partecipazione dei Ministri Acerbo, Bonomi e la mia.

Esse rappresentano il massimo delle nostre possibilità e l'appunto espone lo stato nel quale le trattative con Clodius si sono arenate.

ANNESSO

TRATTATIVE ECONOMICO-FINANZIARIE CON CLODIUS E QUESTIONE DEI J,AVORATORI

In seguito agli accordi interceduti con i Ministeri interessati si sono presentate alla Delegazione germanica le seguenti proposte: l) In conseguenza della riduzione graduale dei lavoratori italiani in Germania i trasferimenti delle loro rimesse entro l'anno 1943 possono calcolarsi a non oltre nn

miliardo e 500 milioni di lire. Gli accordi per il realizzo della smobilitazione dei lavoratori saranno fissati a parte tra i competenti uffici italiani e germanici.

2) Cessione di valute o di oro da parte germanica a favore dell'Italia per un importo di 250 milioni di lire con regolamento attraverso il conto generale di compensazione.

Tale cessione sarà effettuata per 100 milioni di lire immediatamente e in quote di 50 milioni il 15 marzo, il 15 aprile e il 15 maggio.

3) Riduzione provvisoria del finanziamento per acquisti di materiale bellico da parte della Germania, a cinque miliardi di lire. Nuovo finanziamento del clearing per l'anno 1943 per un miliardo e 500 milioni di lire con modalità da concordarsi.

Automatico reintegro del finanziamento di cui al primo comma man mano che il finanziamento di cui al secondo comma sarà riassorbito con disponibilità che verranno a formarsi a favore della Germania nel conto generale di compensazione, a condizione che il ritardo nei trasferimenti dalla Germania in Italia non superi i cinquanta giorni.

4) Possibilità di impiego da parte italiana di disponibilità di marchi nel conto generale di compensazione itala-germanico per acquisti di titoli azionari e obbligazionari italiani o esteri di pertinenza germanica, per investimenti industriali italiani in Germania e nei territori occupati, per riscatto di investimenti germanici e di Paesi occupati dalla Germania, in Italia.

5) Revisione delle varie causali di pagamento in lire a favore di militari germanici e in marchi del Reich o in marchi di occupazione a favore di militari italiani in modo da ridurre nella misura più alta possibile il loro importo.

Per quanto concerne i lavoratori un accordo soddisfacente è stato raggiunto sulle seguenti basi: Saranno inviati in Germania:

a) 5 mila operai edili per la costruzione di stabilimento di benzina sintetica; b) circa 11 mila operai agricoli che erano rientrati in Italia per svernare.

Ad ogni altro effetto restano in vigore gli accordi attualmente esistenti. Nondimeno, a partire dal 1° aprile p.v. rientrano in Italia 12 mila lavoratori in media ogni mese.

Il rimpatrio dei lavoratori italiani avrà luogo a scelta del Governo germanico e terrà conto degli interessi economici germanici, in modo da turbare quanto meno possibile l'andamento dell'azienda a cui sono addetti, cercando per altro in generale di far coincidere la loro partenza con la data di scadenza del contratto di lavoro. Quando ciò non sia possibile, i contratti saranno opportunamente prolungati ovvero resiliati. In ogni caso nessun contratto potrà essere rinnovato senza il consenso scritto del lavoratore. A tal fine le organizzazioni italiane faranno opera di persuasione presso i lavoratori italiani per il prolungamento del contratto.

Resta inteso che ai 5 mila lavoratori ed a tutti gli altri trasferiti in Germania dopo il 31 dicembre 1942 sarà accordato il trattamento previsto nell'Accordo 2 marzo 1942. Clodius si è dichiarato d'accordo sui punti 4) e 5) delle proposte italiane ma ha

categoricamente rifiutato quelle previste nei punti 2) e 3). La Germania non può dare divise o oro all'Italia. Lo ha fatto con la Romania e l'Ungheria costrettavi dalla necessità di avere materie prime indispensabili.

Il finanziamento previsto nel punto 3) è una ironia perchè il clearing viene accreditato di un miliardo e mezzo riducendo di altrettanto la somma messa a disposizione dalla Germania per commesse di carattere militare. L'offerta è peggiore di quella fatta nel dicembre a Berlino che raggiungeva, nel complesso, un miliardo. Nella conversazione avuta telefonicamente con Ribbentrop è stato incaricato di rifiutare nettamente la proposta e di insistere per il finanziamento di due miliardi e mezzo. L'accenno fatto nella precedente conversazione alla possibilità di accogliere la nostra proposta era fondata sull'equivoco che una volta raggiunti i 5 miliardi di commesse, automat,icamente avremmo consentito a riprendere il credito fino a sei miliardi e mezzo.

Su questa situazione i lavori sono stati sospesi.

ALLEGATO IV

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 23 febbraio 1943.

L'unito appunto concerne la politica tedesca attualmente svolta in Tunisia, e le aspirazioni e diritti italiani da non essere pregiudicati.

Si ritiene perciò necessario: 1°) concordare con i tedeschi una maggiore uniformità di azione nei confronti degli arabi; 2) far ritornare Burghiba in Tunisia. Si è chiesto a tale scopo che von Rahn venga a Roma.

ANNESSO

RAPPORTI ITALO-TEDESCHI IN TUNISIA

I problemi concernenti la politica delle Potenze dell'Asse in Tunisia sono stati esaminati in una riunione itala-tedesca il 2 gennaio (1). Da questa riunione è emerso concordemente che tali problemi devono essere considerati tenendo presenti tre diverse necessità:

l) necessità di non pregiudicare in nessun modo e in nessuna forma le aspirazioni e diritti italiani sulla Tunisia;

2) necessità di assicurarsi la simpatia e la collaborazione degli Arabi facendo loro delle promesse in materia di futuro assetto della Tunisia;

3) necessità di manovrare con i Francesi in modo da assicurarsi la loro collaborazione per l'andamento dei servizi amministrativi del Paese che in questo momento è nostro interesse, dal punto di vista militare, funzionino normalmente.

Non è facile evidentemente conciliare queste tre necessità, che presentano delle precise divergenZle di interessi. Noi non possiamo andare troppo oltre nelle promesse da fare agli Arabi, e non abbiamo alcun interesse a favorire, sia pure per rispondere a importanti bisogni temporanei, il consolidamento dell'autorità francese. È difficile poi conciliare una politica filo-araba che susciti i sospetti dei francesi e una politica di collaborazione con le autorità francesi che susciti i sospetti degli Arabi. Dobbiamo poi tener conto delle nostre collettività alle quali non è giusto e non conviene dare l'impressione che l'Italia faccia una politica di rinunce. .

Il Ministro von Rahn ha, bisogna riconoscerlo, abilmente manovrato tra questi divergenti interessi. Non sempre tuttavia la sua azione è stata molto chiara. A noi, per esempio, egli ha chiesto di non far tornare Burghiba in Tunisia, ma nella stampa araba egli ha lasciato pubblicare articoli e appelli sempre più pressanti per il suo ritorno. Nell'azione poi svolta per assicurarsi la collaborazione di tutti gli elementi utili, egli ha dato l'impressione di favorire, sia pure inconsapevolmente, i buoni rapporti arabo-francesi. Nell'insieme una tendenza a mettere in secondo piano l'Italia e a dare il primo posto alla Germania.

Il suo punto di vista ci è stato esposto come segue:

L'Italia ha delle aspirazioni in Tunisia, la Germania no. È preferibile quindi che dovendosi fare delle promesse agli arabi siano le autorità tedesche a farle. Se lo facessero gli italiani essi assumerebbero degli impegni gravosi per l'avvenire, mentre i tedeschi possono farlo senza assumersi responsabilità per quello che sarà il futuro statuto tunisino.

Quanto ai francesi essi sono più favorevolmente disposti a collaborare con la Germania che con l'Italia, perchè temono le aspirazioni italiane, non quelle tedesche. Conclusione: lasciate fare a noi tedeschi, e poi, a guerra finita, voi avrete mano libera in Tunisia.

Queste argomentazioni hanno certo il loro valore. Non è tuttavia nostro interesse che in Tunisia si formi la convinzione che la Germania favorisce e noi ostacoliamo le aspirazioni arabe.

A questo scopo è risultato necessario, e lo abbiamo fatto sapere a Berlino, di:

l) concordare con tedeschi una maggiore uniformità di azione nei confronti degli arabi;

2) far ritornare Burghiba in Tunisia, poiché trattenendolo noi in Italia, gli Arabi possono avere l'impressione che noi avversiamo il movimento desturiano.

A questo scopo abbiamo chiesto che von Rahn venisse a Roma. Egli si trova attualmente a Berlino dove è andato a prendere istruzioni.

ALLEGATO V

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 23 febbraio 1943.

L'unito appunto concerne l'atteggiamento tedesco nei riguardi dei progetti del Mufti per l'indipendenza e l'unità del Maghreb. I nostri più diretti interessi nell'Africa del Nord consigliano di concordare bene il carattere e i limiti dell'azione germanica.

ANNESSO

SITUAZIONE NELL'AFRICA DEL NORD E INDIPENDENZA DEL MAGHREB

Un'altra questione che va chiarita con i tedeschi è il loro atteggiamento di fronte ai progetti del Mufti per l'indipendenza e l'unità del Maghreb. Il problema qui è molto complesso, perchè non si tratta solo dello statuto futuro della Tunisia, ma dell'idea di un grande Stato arabo indipendente dell'Africa del Nord, la cui creazione avrebbe delle ripercussioni imme.nse sui problemi dell'assetto del Mediterraneo. Problemi gravi per noi, ma che implicano anche interessi francesi e spagnoli, ed in genere l'avvenire coloniale delle Potenze mediterranee.

È ncessario accertare quali sono gli intendimenti tedeschi, tenendo presente che, quando il Governo tedesco ci fece il primo accenno a tali progetti (1), il Duce diede istruzioni di rispondere negativamente (2).

Il concetto tedesco sembra essere che questi progetti sono utili a scopo di propaganda nell'Africa del Nord. E questo può essere vero. Ma è anche vero (e si è visto nel corso della guerra europea quando gli stessi problemi si posem per le nazioni dell'Impero Asburgico) che la propaganda finisce poi con l'influenzare in maniera assai notevole le soluzioni politiche dei problemi. E anche da questo punto di vista la questione deve essere approfondita.

Certo la nostra posizione è più difficile e più delicata di quella della Germania. La Germania non ha nell'Africa del Nord interessi diretti, non ha né colonie né, a

quanto pare, aspirazioni coloniali, non ha nca,nche importanti comunità. Può agire cosl con tutta libertà e senza il timore di pregiudicare le future soluzioni politiche che saranno adottate per l'Africa del Nord, tanto più che questo giova ai suoi piani di espansione economica. Noi dobbiamo essere più fermi e più guardinghi. Né possiamo senz'altro favorire il formarsi e il rafforzarsi di un nazionalismo nord-africano che finirebbe col rivolgersi contro di noi.

Di qui la necessità di concordare bene il carattere e i limiti dell'azione germanica.

ALLEGA'IO VI

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 23 febbraio 1943.

L'unito appunto concerne l'attuale situazione dei rapporti ungaro~romeni, particolarmente nei riguardi dell'Asse. Appare nostro interesse incoraggiare la distensione registratasi negli ultimi tempi nei rapporti tra Budapest e Bucarest, escludendo, finché dura la guerra, una revisione del loro arbitrale di Vienna.

ANNESSO

RAPPORTI UNGARO-ROMENI

La situazione ungaro-romena permane assai delicata. Vi sono nei due Paesi visibili preoccupazioni per l'andamento della guerra, e per i pericoli ai quali i due Paesi potrebbero essere esposti. Da parte romena non è di oggi la insistente domanda che i fini di guerra delle Potenze del Tripartito siano chiariti. I Romeni pensano che la m2"ncanza di indicazioni sia pure gcn\)l'iche su tali fini offuschi la coscienza che il popolo romeno deve avere del suo avvenire, e quindi delle ragioni della sua guerra: È da considerarsi che tanto in Ungheria che in Romania vi sono elementi i quali premono in favore di una politica più strettamente nazionale, e questi elementi chiedono, particolarmente in Romania, una precisazione degli interessi per i quali i due Paesi sono chiamati a nuovi e maggiori sacrifici, dall'altra premono, particolarmente in Ungheria, per trattenere le forze militari disponibili a difesa del Paese. Il problema della definizione degli scopi di guerra ha quindi una ripercussione militare della quale bisogna tener conto.

L'atteggiamento romeno è evidentemente dettato dal desiderio che Germania e Italia prendano qualche impegno circa la revisione del Lodo di Vienna. Su questa particolare questione noi siamo nella impossibilità di prendere impegni, che riaprirebbero le controversie provvisoriamente regolate con il Lodo arbitrale del 1940. E in questo senso ci siamo sempre espressi con i Romeni. Non che una revisione del Lodo di Vienna sia definitivamente esclusa, ma, mentre dura la guerra, non è possibile prenderla in considerazione.

Noi ci siamo adoperati e ci adoperiamo intanto per conciliare gli interessi romeni e ungheresi. Proprio in questi giorni la Commissione italo-tedesca ha compiuto i suoi lavori, e presentato il suo rapporto finale. Questo rapporto -oltre a un esame minuzioso delle questioni -contiene delle raccomandazioni che noi ci auguriamo saranno accettate dai due Governi.

Vi sono stati anche segni di una qualche distensione nei rapporti tra Budapest e Bucarest. Nel corso degli ultimi due mesi non si sono verificati incidenti notevoli fra i due Paesi, e le nostre recriminazioni sono effettivamente diminuite. È nostro interesse incoraggiare i due Paesi su questa via. La comune necessità che essi hanno di fronte al pericolo bolscevico può rappresentare la base di un miglioramento dei loro rapporti e sembra conveniente che noi insistiamo su questo motivo in appoggio dell'azione che i nostri due Governi devono in questi giorni intraprendere per l'accettazione del progetto della Commissione mista.

ALLEGATO VII

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 23 febbraio 1943.

L'unito appunto concerne la situazione politico-militare in Croazia e la pressione tedesca fortemente accentuatasi in tale zona negli ultimi tempi.

Viene attirata l'attenzione del Duce sulla opportunità di sottolineare, nei colloqui con Ribbentrop, l'interesse italiano che la situazione contingente non pregiudichi la preminente posizione dell'Italia, in tutto il territorio della Croazia, e provocare istruzioni in tal senso alla Rappresentanza tedesca a Zagabria.

ANNESSO

SITUAZIONE INTERNA IN CROAZIA

In questi ultimi mesi si è accentuata la pressione tedesca in Croazia tanto nel settore militare quanto in quello politico ed economico.

Le truppe tedesche occupano ormai i tre quarti del Paese. Esse vi hanno concentrato cinque loro divisioni delle quali una composta dai legionari croati ritirati dal fronte russo e di reclute croate equipaggiate, armate ed inquadrate dai tedeschi. È in corso di allestimento in Germania un'altra divisione parimenti costituita da elementi croati.

Il Comando delle Forze armate croato è passato così sotto il controllo germanico ed è stato già annunziato che il Generale Liiters, che comanda le forze tedesche in Croazia, intende trasferirsi a Zagabria per stabilirvi il suo quartier generale.

Nei territori occupati i Comandi tedeschi hanno assunto di fatto la pienezza dei poteri civili tenendo sotto uno stretto controllo le autorità amministrative e giudiziarie croate.

Il Governo croato, che non ha più forze proprie sulle quali appoggiarsi giacché anche la Polizia dipende di fatto dalla Gestapo, manifesta la più assoluta acquiescenza alla volontà della Legazione tedesca a Zagabria. Si è in tal modo instaurato un vero e proprio protettorato germanico sulla Croazia. Naturalmente nel settore economico si è accentuata la manomissione di tutte le risorse del Paese da parte di Enti tedeschi o di Società tedesco-croate nelle quali evidentemente l'ingerenza tedesca è predominante e ben scarso margine è lasciato alle iniziative italiane e agli scambi col nostro Paese.

È necessario riconoscere che una situazione di tal genere, che pregiudica gravemente il nostro prestigio e il nostro preminente diritto in Croazia, è stata determinata dai recenti avvenimenti militari che hanno costretto il Comando Supremo italiano a ritirare dalla Croazia alcune delle nostre divisioni e quindi a restringere l'area della nostra occupazione militare. È anzi da prevedersi che altre forze dovranno essere ritirate.

Poiché, come è noto, il grosso delle forze ribelli dei Balcani è concentrato in Croazia, era inevitabile che nei territori da noi sgombrati, sopratutto nella 3a Zona, ma altresì in alcuni tratti della 2a, operassero le truppe tedesche, le quali, per concentrare il loro sforzo in Croazia, si sono fatte sostituire, in buona parte della Serbia, dalle truppe bulgare.

L'interesse italiano è che questa situazione contingente non pregiudichi la posizione preminente dell'Italia in tutto il territorio della Croaz.ia che è stato riconosciuto suo spazio vitale. Converrebbe a tal fine che venisse disposta la più stretta collaborazione tra le rappresentanze diplomatiche italiane e tedesche a Zagabria nonché tra le Autorità militari e che non si procedesse ad alcuna iniziativa nel campo politico come in quello militare ed economico senza una previa intesa tra esse in modo da

evitare ogni menomazione del nostro diritto e confermare, agli occhi dei Croati, che nulla si fa in Croazia senza il nostro beneplacito. In tal senso dovrebbero essere impartite chiare istruzioni alla rappresentanza tedesca a Zagabria.

ALLEGATO VIII

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO Roma, 23 febbraio 1943.

L'unito appunto concerne il problema dei cetnici e la loro presa di posizione anti-comunista, in contrasto con l'attuale forte ripresa del movimento comunista nel territorio ex jugoslavo.

Da parte nostra si è soprasseduto allo scioglimento dei cetnici, nei cui riguardi i tedeschi, che vi erano favorevoli, stanno modificando il loro atteggiamento. Non si ritiene opportuno sollevare la questione: l'unito appunto si propone di illustrarla solo per il caso che sia Ribbentrop a parlarne.

ANNEsso ATTEGGIAMENTO ANTI-COMUNISTA DEI CETNICI

Da alcuni documenti provenienti dalla Presidenza del Consiglio serbo e principalmente da un rapporto della Guardia Statale serba (Gendarmeria ufficiale serba) al Generale Nedic risulta che l'organizzazione comunista è in piena l'ipresa nella maggior parte dei Balcani, ma specialmente nei territori della ex Jugoslavia si procede alla creazione di repubbliche sovietiche presidiate da brigate comuniste sufficientemente inquadrate ed armate.

Nel rapporto in parola si fa riferimento all'esistenza di tre repubbliche sovietiche che sono le seguenti:

-La «I repubblica sovietica» compTende il territorio da Otocac e Slunj a nord fino a Knin e Jajce a sud e cioè ad est della parte centrale della II e III Zona da noi occupate. Le forze partigiane che la presidiano ammontano a 20 mila uomini con armi automatiche e bocche da fuoco tolte all'esercito croato.

Questa repubblica ha per programma di impadronirsi del litorale adriatico. -La « II repubblica sovietica» prende il nome di Fruskogorska dal massiccio della Fruska Gora nel Sirmio dove ha il suo centro. Essa è presidia.ta da 16 mila partigiani. -La « III repubblica sovietica» è a nord di Serajevo e comprende i distretti di Kladanj e Maglaj tra il fiume Bosna e il suo affluente Krivaia. Essa è presidiata d<>. 7 mila partigiani.

In complesso sembra accertata l'esistenza di cinque brigate comuniste per un complesso di 43 mila uomini. Nella Dalmazia meridionale e cioè a Ljubinje e a Gradac (a nord di Ragusa) sarebbero in formamone altre due brigate di partigiani per un complesso di 12 mila uomini.

Come vedesi il movimento comunista tende a diffondersi tra le popolazioni di origine non serba, specialmente tra quelle croate. Soldati domobrani e cioè dell'esercito regolare croato defezionano frequentemente o sono in connivenza con le formazioni partigiane alle quali hanno fornito una buona percentuale del loro armamento. Altri nuclei di partigiani si sforzano di irradiare il loro proselitismo nel Sangiaccato, Uzice (nella Serbia occidentale), Kakac e Kraljevo (nella Serbia meridionale tra la Drina e Ibar). Questa organizzazione delle forze comuniste impressiona vivamente gli elementi

10 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. X

serbi che temono rappresaglie il giorno che, con l'aiuto della Russia, i partigiani riuscissero ad avere il sopravvento. Si acuisce perciò il contrasto tra partigiani e cetnici i quali sempre più tendono ad appoggiarsi alle forze italiane di occupazione.

Di una situazione di tal genere non può non tenersi conto nel valutare il problema dei cetnici. È questo un elemento deciso. a lottare con tenace intransigenza contro la Russia e le organizzazioni che da essa dipendono e perciò può costituire, con le dovute garanzie, un importante fattore di equilibrio nel contrasto delle forze nei Balcani e un utile elemento della nostra politica di penetrazione in quel settore. Ci risulta d'altro canto che anche i Tedeschi stanno rivedendo il loro atteggiamento nei riguardi dei C etnici.

ALLEGATO IX

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 23 febbraio 1943.

L'unito appunto concerne la situazione politica in Grecia in relazione agli ultimi avvenimenti.

Viene attirata l'alta attenzione del Duce sulla opportunità di appoggiare, nei colloqui con Ribbentrop, la proposta nomina di Gotzamanis come Vice Presidente del Consiglio -se non come Presidente del Governo greco -e ciò per i motivi esposti nell'appunto stesso.

ANNESSO

SITUAZIONE POLITICA IN GRECIA

Il Ministro Ghigi, a seguito delle sue precedenti ripetute segnalazioni circa la poca omogeneità dell'attuale compagine di governo in Grecia -risultante dal compromesso intervenuto fra le tesi delle varie autorità italiane e tedesche -insiste nel segnalare le gravi conseguenze che ne derivano nel campo dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza, mancando il Presidente del Consiglio di esperienza e il Ministro dell'Interno dell'energia necessaria.

Anche la riorganizzazione delle forze di polizia greca sotto il controllo di nostri Ufficiali Superiori dei CC.RR. procede a rilento. Manca perciò quasi del tutto l'azione di repressione e di protezione -spalleggiatrice dell'azione militare -tanto che la situazione rispetto all'attività delle bande si è sensibilmente aggravata in talune provincie.

Il Comando Supergrecia -anche per l'eventualità di dover un giorno assumere tutti i poteri -ritiene che una linea politica più decisa da parte del Governo greco potrebbe avere utili risultati ai fini della nostra occupazione.

Il plenipotenziario Ghigi segnala che l'unica persona che abbia la necessaria energia e su cui si possa fare sicuro affidamento e che accetterebbe la responsabilità di un'azione decisa nel campo interno, è l'attuale Ministro delle Finanze Gotzamanis. Questi desidererebbe la nomina a Presidente del Consiglio, ma accetterebbe anche la Vice Presidenza con pieni poteri per la suddetta azione.

Il Ministro Ghigi fa presente che quando si trattò di procedere alla formazione dell'attuale Governo, nel novembre scorso, si dovette subire un forte ritardo per ottenere l'adesione delle Autol'ità tedesche in Grecia e questo obbligò ad addivenire a soluzioni di ripiego. Il Ministro Ghigi perciò segnala l'opportunità che sia interessato d'urgenza il Governo tedesco per attenerne l'adesione alla soluzione prospettata.

Tanto il Comando Supergrecia che il R. Plenipotenziario annettono importanza a che detta soluzione sia attuata al più presto.

(l) -T. 909/94 R. del 16 febbraio 1943, ore 13,33, non pubblicato, in cui venivano riportati commenti al discorso di Churchill alla Camera dei Comuni nella parte concernente l'incontro di Adana. (2) -I nove appunti qui in allegato sono tutti vistati da Mussolini.

(l) Non si pubblicano: sono due articoli, il primo intitolato «I Paesi Bassi, il Reich e l'Europa» del National Zeitung del 12 febbraio 1943; il secondo, intitolato «Il Reich e l'Olanda>> del Journal de Génève, stessa data, i quali commentano l'annunciato assorbimento dell'Olanda da parte del Reich.

(l) Vedi D. 86.

(l) Vedi serle nona. vol. IX, D. 465.

(1) -Vedi serle nona, vol. IX, DD. 388 e 395. (2) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 400.
53

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 1186/242 R. Zagabria, 24 febbraio 1943, ore 21 (per. ore 12,40 del 25).

Ho fatto al Poglavnik le comunicazioni secondo le direttive impartitemi dal Duce (1). Egli mi ha detto di voler riflettere sugli argomenti di politica interna (lotta contro gli ortodossi) e di politica estera (« politica pendolare, e irredentismo), e che desidera rivedermi nei prossimi giorni.

Mi riservo riferire (2).

54

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. S.N.D. 6957/170 P.R. Roma, 24 febbraio 1943, ore 24.

Vostro 75 (3).

Vostre impressioni concordano con le nostre. Prevalenza Oshima come interprete più autorizzato situazione generale europea, sino a qual:che tempo fa effettiva, non sarebbe più oggi altrettanto reale. Rivaiutazione Ambasciata nipponica a Roma e conseguente allontanamento Horikiri sembra un segno della stessa tendenza. Anche da parte di codesta Ambasciata si dovrebbe dare sensazione che quest'ultimo fatto e sue implicite motivazioni sono state da noi avvertite e apprezzate, particolarmente curando speciale cordialità rapporti sia con codesto Ministero Esteri, sia, in generale, con tutti codesti ambienti responsabili ( 4).

55

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. PER CORRIERE 1208/098 R. Sofia, 24 febbraio 1943 (per. il 26).

Sono stato ieri ricevuto, in lunga e cordiale udienza, da Re Boris al quale ho presentato i'l nostro nuovo R. Addetto Aeronautico, giunto in questa sede,

T. Colonnello Pratelli.

{2) Vedi D. 62. (-4) Per la risposta di Indell!, vedi D. 78.

Il Sovrano, che portava le insegne del Collare della SS. Annunziata ed appariva di buon aspetto, ha mostrato di interessarsi vivamente alle operazioni della nostra R. Aeronautica su Malta e sul Canale di Sicilia.

Venuto poi a parlare della situazione nella penisola balcanica Egli ha protestato, con vivace energia, contro le asserzioni di molti secondo le quali la Bulgaria, fedele alle sue origini slave, vedrebbe di non cattivo occhio un'affermazione dello slavismo nei Balcani. E ha in proposito ricordato come, con la seria guerra portata per parecchi anni dalla Piccola Intesa e particolarmente dalla slava Serbia contro Sofia, il popolo bulgaro abbia compreso l'impossibilità di una unione serbo-bulgara basata su legami di sangue. Tale sangue slavo del resto -egli ha concluso -è soltanto sulla carta un elemento di identificazione, perché in realtà le origini del popolo bulgaro vanno ricercate piuttosto in elementi unno-finnici che non in gruppi autenticamente slavi. Ciò spiega taluni aspetti del carattere dei bulgari che molto si differenziano dai serbi e dai russi.

(l) -Vedi D. 24. (3) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 565.
56

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

T. S.N.D. PER CORRIERE 1279/018 R. Bucarest, 24 febbraio 1943 (per. il 1° marzo).

Questo Ambasciatore di Turchia Suphi TanriOver, reduce avant'ieri da Ankara [dove] ha avuto molti colloqui col Presidente e col Ministro degli Esteri, mi ha lungamente parlato sull'incontro di Adana e sulla situazione politica generale. Per quanto concerne Adana egli mi ha sostanzialmente ripetuto le stesse cose che sono state dette da Menemengioglu al nostro Ambasciatore ad Ankara (2).

È viceversa di molto interesse quanto il Signor TanriOver mi ha detto circa le istruzioni che egli ha ricevuto dal suo Governo di prendere contatto con gli uomini di Stato romeni allo scopo di stabilire una «solidarietà balcanica:. di fronte aUa minaccia slava. Tanriover mi ha detto che il suo governo si è vivamente preoccupato del grave pericolo che incombe sull'Europa e pensa che sia il caso di «presentire» pel momento le potenze bakaniche per affrontare insieme la minaccta comune. «Naturalmente -ha precisato Tanriover vi sono grosse difficoltà per arrivare ad una simile intesa dato il noto atteggiamento della Bulgaria di fronte alla Russia».

Ho chiesto all'Ambasciatore turco in qual modo si sarebbe potuta manifestare una simile «solidarietà» praticamente. TanriOver mi ha risposto che per ora si tratta solo di «sondaggi» e quelli fatti da lui a Bucarest avevano avuto «esito favorevole». A suo modo di vedere la Romania avrebbe dovuto organizzare un esercito di mezzo milione di uomini da non bruciare nelle steppe

russe ma da adoperare alla difesa diretta dei Balcani contro gli slavi. Era doloroso che la Grecia e la Serbia non potessero concorrere a questa difesa comune. Sarebbe bastato che la Germania invece di fare una politica «di compressione e .di sterminio» avesse fatto di questi due paesi due alleati ridando loro un soffio di libertà. La Serbia e la Bulgaria non avevano più interesse ad essere russiHcate che la Danimarca ad essere germanizzata. Quindi malgrado i vincoli di razza Bulgaria e Serbia si sarebbero opposte -potendolo -ad essere assimilate dalla Russia e bolscevichizzate.

Il pericolo che correva l'Europa era certo mortale. Se la Germania fosse stata distrutta chi avrebbe salvato l'Europa? Egli non credeva che Inghilterra e America sarebbero rimaste a far la sentinella in Europa in funzione antirussa. Occorreva perciò che l'Europa si difendesse da sola e i Balcani per i primi. L'Inghilterra era preoccupatissima di quanto succedeva al fronte Est. Se la marcia dei russi avesse dovuto continuare essa sarebbe stata certo disposta a trattare anche una pace di compromesso subito con la Germania. Ma purtroppo -ha aggiunto Tanriover -non la potrà mai trattare con Hitler. Quindi da quella parte non vedeva grandi speranze.

Quanto alla Turchia essa non poteva dimenticare che tutte le popolazioni di origine turca della Russia (tartari, caucasici e crimeani) erano state slavizzate. La tendenza della Russia verso il Mediterraneo era una fatalità storica. La Turchia doveva pereiò pensare a difendersi e doveva stabilire « un sistema» per tale difesa. A Sofia era stato parlato nello stesso modo.

Siccome non potrò vedere il Presidente Antonescu prima di qualche giorno non sono in grado di riferire ancora sulle reazioni prodotte presso questo Governo dal passo dell'Ambasciatore turco (1).

Mi sembra però evidente fin da ora che la Turchia intende svolgere una grande azione politica qualora la mina·ccia russa dovesse aggravarsi e far risorgere il vecchio cliché dell'intesa balcanica cercando di adattarlo alla eccezionale situazione di oggi.

Il fatto merita d'essere seguito con particolare interesse (2).

(l) -Ed., con varianti di forma ed omissioni, in R. BovA SCOPPA, Colloqui con due dittatori, Roma, Ruffolo, 1949, pp. 89-90. (2) -Vedi serie nona, vol. IX, DD. 583, 586 e 588.
57

IL MINISTRO A HELSINKI, GUARNASCHELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1199/50-51 R. Helsinki, 25 febbraio 1943, ore 15,03 (per. ore 19).

Da questo Ministero Affari Esteri è confermata notizia richiamo Helsinki per conferire Ministro Finlandia a Roma [Santa Sede] Gripenberg e Ministro finlandese a Berlino Kivimaki; ma si cerca togliere a tali richiami ogni significato politico spiegando che, mentre Kivimaki viene normalmente a Helsinki ogni tre mesi, richiamo Gripenberg rimonta a qualche settimana fa.

In realtà arrivo Helsinki due diplomatici che, per loro attuali sedi, per precedenti incarichi avuti o per tendenze personali sono generalmente ritenuti tra migliori informatori dei due opposti campi, è una delle manifestazioni travaglio politico in corso in questo Stato; ed indizio desiderio Presidente della Repubblica possedere ogni utile elemento per adeguare decisioni circa nuovo Governo e sviluppo avvenimenti.

Infatti da giorno rielezione Ryti a Presidente della Repubblica, anche se Governo in carica non ha ancora formalmente presentato dimissioni, è in atto crisi di governo, la soluzione della quale appare laboriosa. Su essa influiscono fattori politka estera e interna.

Sembra ormai assodato che attuale Ministro degli Affari Esteri Witting sarà sostituito; egli non è ben visto da influente gruppo parlamentare dissidente e da social-democratico che in particolare ritiene essere troppo ligio tedeschi. A suo riguardo richiamo anche quanto ho riferito con telegramma

n. 34 (1).

Per quanto continuata presenza Ryti alla più alta carica dello Stato implichi che non vi è ragione qui attendersi colpi di scena, tuttavia scelta suoi collaboratori nuovo Governo potrà fornire indizi eventuale preparazione graduale adattamento politica finlandese a situazione generale, in relazione particolarmente a tutti sviluppi su fronte orientale che possono aver importanza decisiva per sorti questo paese. Continuerò riferire (2).

(l) -Vedi D. 101. (2) -Il presente documento reca 11 visto di Mussolini.
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L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 1191/111 R. Roma, 25 febbraio 1943 (per. stesso giorno).

Ho fatto stamane visita al Cardinale Segretario di Stato e nel corso della nostra conversazione gli ho chiesto ulteriori particolari circa la visita in Vaticano di Mons. Spellman.

Il Cardinale Maglione ha tenuto a confermare quanto già Mons. Tardini aveva avuto occasione di far conoscere a questa R. Ambasciata (3) e cioè che la visita di Mons. Spellman ha carattere e motivi puramente religiosi. Ha aggiunto che il Vescovo di New York ha ripetuti contatti col Papa mentre egli lo aveva ricevuto soltanto una volta e contava di rivederlo ancora solo quando dovrà prendere commiato.

Il Cardinale Maglione mi ha confermato che l'intimità dell'Arcivescovo di New York col Pontefice risale all'amicizia sviluppatasi durante il viaggio dell'allora Cardinale Pacelli negli Stati Uniti ed ha tenuto a dirmi ancora una

volta che la Santa Sede si servirà di Mons. Spellman di cui è nota la stretta amicizia col Presidente Roosevelt per continuare la sua azione contro la potenziale minaccia di un bombardamento di Roma e contro quella in atto delle altre città italiane.

(l) -Vedi D. 11. (2) -Vedi D. 79. (3) -Vedi D. 48.
59

L'AMBASCIATA DI GERMANIA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

APPUNTO (l) . Roma, 25 febbraio 1943.

1°) La R. Ambasciata d'Italia a Berlino ha comunicato all'Auswartiges Amt

con Nota Verbale del 2 febbraio c.a. riguardante il trattamento degli ebrei nei

territori francesi occupati, che i competenti organi di polizia italiani hanno ri

cevuto istruzioni di fissare assieme agli organi di polizia germanici le norme

per l'applicazione delle misure emanate contro gli ebrei.

Con riferimento a questa Nota Verbale si comunica che il Governo del Reich gradisce riconoscente che da parte italiana si è disposti a che le Autorità di Polizia di ambo le parti lavorino insieme nella Francia recentemente occupata, e che particolarmente lavorino insieme nella questione dei sudditi italiani di razza ebrea. Si presuppone che da parte italiana si addivenga a tale collaborazione anche nei territori francesi occupati dalle truppe italiane.

Ciò vale specialmente per il desiderio espresso nell'appunto di questa Ambasciata del 3 febbraio c.a., cioè di impedire che degli ebrei passino dalla zona occupata dalla Germania nella zona occupata dall'Italia (2). Poiché soltanto con questo presupposto sarà possibile agli organi di polizia germanici ed italiani nella Francia recentemente occupata di attuare effic,acemente le misure progettate contro gli ebrei. Si prega perciò insistentemente perché il R. Governo Italiano dia istruzioni ai suoi organi civili e militari di arrestare tutte le persone che in vista delle azioni progettate tentano di passare la linea di demarcazione italiana, e di consegnare queste persone agli organi di polizia germanici.

2°) Per rendere veramente efficace la -nella suddetta nota verbale della

R. Ambasciata d'Italia a Berlino desiderata -collaborazione tra gli organi di polizia germanici ed italiani, appare necessario di concordare, di fronte al Governo di Vichy, l'atteggiamento germanico e quello italiano come in tutte le questioni di polizia così anche nella questione degli ebrei. Per rendere evidente la necessaria concordanza dell'atteggiamento germanico ed italiano, si prega perché la lettera della Commissione d'Armistizio Italiana al Governo di Vichy del 30 dicembre 1942, nella quale si protestava contro le misure del Prefetto des Alpes-Maritimes contro gli ebrei (cfr. appunto di questa Ambasciata del 3 febbraio c.a.) venga ritirata (3).

(l) -Un'annotazione allegata avverte che questo appunto fu consegnato personalmente da Ribbentrop a Mussolini nell'incontro del 25 febbraio 1943. (2) -Vedi D. 38. (3) -Per la risposta italiana, vedi D. 96.
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IL CAPO GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. 29/247 R. Roma, 26 febbraio 1943, ore 2.

A seguito del telegramma 201 del 14 corrente (l) comunicasi che secondo quanto ha fatto conoscere questa Ambasciata di Germania Governo del Reich a partire dal 1° aprile estenderà le misure generali, prese contro le persone di razza ebraica, anche nel Generai Gouvernement nei paesi baltici e nei territori occupati dell'Est nei confronti cittadini italiani ivi residenti di razza ebraica.

Stessa Ambasciata informa di avere fatto presente ad Auswartiges Amt che questo Ministero ha pregato di rimandare la data per l'estensione delle misure in questione ai cittadini italiani ebrei residenti in detti territori, in considerazione del breve spazio di tempo a disposizione, al 20 aprile p.v.

Ciò premesso si prega di disporre perché ebrei italiani residenti in detti territori siano fatti rimpatriare con le modalità già comunicate.

Date le difficoltà determinate dalle attuali contingenze pregate Auswartiges Amt perché vi segnali nominativi e recapito cittadini italiani suscettibili essere rimpatriati.

Sarebbe pure opportuno che Autorità tedesche locali informassero detti connazionali delle disposizioni R. Governo relative loro rimpatrio perché possano prendere contatto persona o per corrispondenza con codesta R. Ambasciata.

Per quanto concerne i beni di dette persone prendete gli opportuni accordi per garantire nel modo migliore il loro trasferimento in Italia a tempo opportuno in base alle istruzioni già comunicate (2).

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COLLOQUIO DEL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI TEDESCO, RIBBENTROP (3)

VERBALE ( 4). Palazzo Venezia, 26 febbraio 1943, ore 17.

Il Duce, aprendo la riunione, si rLcrisce ad una comunicazione pervenutagli dal Flihrer (5) in cui questi gli parla di due questioni: l) fornitura di armi contro i partigiani; 2) esservi nessuna differenza, secondo lui, fra partigiani e cetnici, uguali tutti e due nel loro odio contro la Germania e l'Italia. Si dice d'accordo: l) che ogni ulteriore fornitura di armi ai cetnici debba ces

(-4) Erano presenti al colloquio il sottosegretario Bastianini e i generali Warlimont e A m brosio, che ha curato il verbale.

sare, 2) che bisognerà procedere al disarmo dei cetnici, dopo essersene serviti per annientare i partigiani, perché ciò è più comodo per noi. Invita quindi l'Ecc. Ambrosia ad esporre la situazione.

Ambrosia: Finché ha avuto il comando della 2a Armata, non ha dovuto impiegare formazioni nazionaliste. I:a seguito il generale Roatta ha incominciato ad accettare le offerte di collaborazione fatte dai cetnici per la lotta contro i partigiani. Il Comando Supremo ha dato direttive a Supersloda di non estendere il movimento dei cetnici e di ridurlo anzi al minimo. Occorre riconoscere che le formazioni cetniche si sono battute bene, hanno avuto molte perdite e molte perdite hanno inflitto ai partigiani. Ora ci è sufficiente che continuino a combattere per noi, dato che non abbiamo truppe sufficienti ed anzi ci occorre ricuperarne. Lo scopo fissato dal Fiihrer (annientarli) non è una soluzione che si possa attuare subito. Occorrono lunghi sforzi, molte truppe e tenere fortemente occupata la regione. Abbiamo formazioni cetni:che lungo la ferrovia Ogulin-Knin ed altre nella Val Narenta (circa ottomila uomini) che sono impiegate nella lotta contro i partigiani i quali in seguito alla «Weiss 1:. sono ripiegati verso Val Narenta. Siamo tutti d'aocordo che occorre arrivare al disarmo, ma non si deve fare di colpo perché altrimenti complicheremmo il problema, aumentando le fila dei partigiani. I partigiani hanno uno scopo differente dei cetnici, perché sono spinti dagli emissari russi. Noi potremmo colmare tale scissione se volessimo disarmarli subito.

Duce: L'idea del Governo croato di annientare la minoranza serba è stata assurda, trattandosi di gente che da secoli viveva in quei confini. Questa è stata la politica ustascia. Per sfuggire all'annientamento si sono rifugiati nei boschi e molti sono rimasti nascosti nei paesi. La tesi del generale Ambrosio è che sarebbe pericoloso combattere comunisti e cetnici contemporaneamen'.;e. Meglio mettere gli uni di fronte agli altri ed appena battuti i partigiani disarmare i cetnici con le buone o con le cattive. Per quanto riguarda un eventuale sbarco, è problematico che esso possa avvenire sulle coste dalmate passando per il Canale d'Otranto. Possono sbarcare «commandos ) ma non attuare un'invasione vera e propria.

Ribbentrop: Se uno sbarco è possibile, è difficile a stabilire, ma potrebbe avvenire in Grecia. In tale eventualità occorre avere le spalle forti per assicurare le comunicazioni. Se non si stabilisce la pace in questa zona occorrerà combattere anche nelle retrovie. I cetnici sono tutti agli ordini di Mihailovic. Questa è lotta di vita o di morte contro gli inglesi e dobbiamo perciò impiegare la nostra forza ovunque il nemico si presenti. È certo che se avviene uno sbarco, cetnici e comunisti nella maggioranza seguiranno le bandiere di Re Pietro, marciando contro le forze dell'Asse. Che i cetnici abbiano questa intenzione è dimostrato dai documenti consegnati dal generale Warlimont (intercettazioni). È del parere di affrontarli subito, altrimenti non avremo la pacificazione in questo paese.

Duce: La guerra in queste regioni non è come quella in Occidente. È una guerriglia in cui gli ottomila cetnici dell'Erzegovina ci danno più ausilio dl due-tre divisioni, appunto perché specializzati in tale forma di guerra.

Warlimont: Espone il programma dell'O.K.W. per la continuazione delle operazioni delle truppe itala-tedesche in Croazia e lo consegna al Duce per l'esame e l'approvazione (vedi allegato) (1}.

Ambrosia: Il disarmo dei cetnici è un'operazione che richiede tempo. Ribbentrop ha detto che è urgente. Uno sbarco in Grecia non lo vede imminente finché si tiene in Tunisia (e come da ordini del Duce, terremo più che possibile, cercando anche di allargare). Perciò non c'è necessità di stringere i tempi. Non è dell'avviso che con i rastrellamenti si possa pacificare il paese: dopo quindici giorni saremmo al punto di prima. Occorre tenere il paese con presidi solidi e non statici. Circa il progetto Warlimont osserva che abbiamo in Val Narenta le ripercussioni della «Weiss 1 ». Se avessimo accerchiato e distrutto i partigiani in tale fase, non li avremmo ora contro. Se noi facciamo l'operazione su Livno non troviamo lì più nessuno. L'errore iniziale è stato di aver combinato a Belgrado l'intera operazione Weiss. La realtà oggi è differente; perciò i progetti vanno aggiornati. Riassume quindi la situazione attuale.

Duce: Questi sono problemi tecnici che verranno esaminati dai militari.

Ambrosia: Per il disarmo dei cetnici non può impegnarsi. Abbiamo fatto la « Weiss 1 ~ e adesso le colonne di rifornimento sono attaccate come prima. È un'utopia credere che queste operazioni concludano. È suo pensiero che se non si può concludere non si deve insistere, perché abbiamo molte necessità in Italia. Questo non esclude che l'operazione si faccia, ma nei limiti consentiti dalle forze a disposizione.

Duce: Ribadisce che prima occorre pacificare e poi disarmare i cetnici.

Ribbentrop: RLcorda che possiamo considerarli come l'avanguardia inglese e che lo scopo finale è quello di battere il Mihailovic.

La riunione si conclude con l'intesa che il progetto Warlimont sarà esaminato in modo particolareggiato dall'Ecc. Ambrosia con il generale Warlimont in una riunione di domani (2).

«Per incarico del Fi.ihrer è giunto, in questi giorni, in Italia, ave si è trattenuto dal 24 al 28 febbraio, il ministro degli Affari Esteri del Reich von Ribbentrop.

Egli è stato ricevuto, al suo arrivo, dal sottosegretario di Stato agli Affari Esteri Bastianini, dai sottosegretari di Stato Rossi e Albini, da alte personalità dello Stato, del Partito e delle Forze Armate, nonché dall'ambasciatore von Mackensen, accompagnato dal personale dell'Ambasciata di Germania a Roma.

Nel suo viaggio, il ministro degli Esteri del Reich era accompagnato dall'ambasciatore Rltter, del Ministero degli Esteri tedesco, dal vlcecapo del Comando Supremo del Fi.ihrer, ten. gen. Warlimont, e dal competenti capi servizio del Ministero degli Esteri tedesco. Il R. ambasciatore a Berl!no, Alfieri, ha pure partecipato al viaggio.

Il giorno successivo al suo arrivo, il ministro von Rlbbentrop è stato ricevuto dal Duce, nella sua residenza, e gl! ha rimesso un messaggio personale del Fi.ihrer. È seguito, quindi, un primo colloquio, presenti il sottosegretario agli Affari Esteri Bastlanini e gli ambasciatori von Mackensen e Alfieri, durato oltre quattro ore.

I colloqui sono stati ripresi lo stesso giorno e nei giorni successivi. durante i quali è stato completato l'esame di tutti i problemi europei e della condotta della guerra da parte delle Potenze del Tripartito. Ad uno di tali colloqui -oltre al sottosegretario di Stato Bastianini, che aveva già avuto. per parte sua, un colloquio col ministro von Ribbentrop -sono anche

(l) -Vedi D. 20. (2) -Con T. 6295/367 P.R. del 27 febbraio 1943, ore 17, non pubblicato, l'Ambasciata a Berlino confermava di aver già dato seguito a queste ulteriori istruzioni. (3) -In Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. Ed. in Stato Maggiore dell'Esercito -Ufficio Storico, Verbali delle riunioni tenute dal Capo di S. M. Generale, vol. IV, a cura di A. Biagini e F. Frattolillo, Roma, 1985, pp. 322-324. (5) -Vedi D. 31. (l) -Non pubblicato. (2) -Non sono stati rinvenuti altri verbali italiani sul colloqui di Mussolini con Rlbbentrop. Quelli di parte tedesca sono in Akten zur Deutschen Auswartigen Politik, 1918-1945, Serie E: 1941-1945, vol. V, Gottingen, Vandenhoeck und Ruprecht, 1978, DD. 158 e 163. Al termine della visita, il 1° marzo, fu diramato il seguente comunicato:
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IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. s. 754/272. Zagabria, 27 febbraio 1943 (per. il 3 marzo). Mio telegramma n. 242 del 24 corrente

Il Poglavnik mi ha chiamato ieri per intrattenermi sulle comunicazioni fattegli per ordine del Duce.

n Nel precedente colloquio del 23 corrente, aveva accolto con evidente soddisfazione l'interessamento del Duce per la sua persona e la conferma dell'amicizia per lui e per l'indipendenza croata. Mi aveva pregato di rendermi interprete della sua gratitudine e di far sapere che si tiene pronto per un incontro nella località e alla data che il Duce vorrà fissare.

Questa volta non ha fatto parola dell'incontro; ha anzi parlato del lavoro che lo assorbe per fronteggiare la situazione interna, sotto l'aspetto poliziesco e alimentare. Si è indugiato in questa lunga premessa, e ha sottolineato le sue preoccupazioni, per valersene come di introduzione agli argomenti che doveva con me trattare, mostrando sin dal principio di minimizzarli per svalutarne la portata.

II) Secondo il Poglavnik, gli ortodossi «stanno bene, molto meglio di come stavano i croati sotto il regime jugoslavo, non hanno ragione di lagnarsi».

Gli ho ricordato episodi di dominio pubblico, disposizioni ed esecuzioni illegali che non potevano essere smentiti. Alla mia obiezione sulla impoliticità di fare della lotta contro gli ortodossi una pregiudiziale dalla quale non si prescinde in ogni azione di Governo, rivolgendo contro la vita privata dei cittadini di religione ortodossa le leggi, gli organi repressivi, il Partito e applicando alla rovescia la politica sociale ed economica, ha risposto candidamente di·chiarando «che tutto ciò non è vero, che gli ortodossi sono lasciati liberi di lavorare, di circolare e di pregare secondo la loro religione». Ho dovuto insistere con dati di fatto per mostrargli che le risultanze sono ben diverse e che l'animo degli ortodossi è tenuto in stato di insicurezza e di agitazione per le persecuzioni che contro di essi vengono condotte ad opera degli esecutori responsabili dei suoi ordini. Lo stesso linguaggio che con me hanno sempre tenuto, anche recentemente, alcuni suoi Ministri, rivela animosità intransigente e odio che

intervenuti il Capo di Stato Maggiore generale Ambrosia e il gen. Warlimont, appartenenteal Comando Supremo del Flihrer.

I colloqui -che si sono svolti in una atmosfera di schietta cordialità, improntati allo spirito d'amicizia che lega il Duce e il Flihrer -hanno condotto a constatare quella perfetta identità di vedute che è sempre esistita fra i due paesi e che è garanzia del successo nella lotta comune che essi sostengono in piena solidarietà col Giappone e i loro alleati.

Riaffermata la decisione dei due paesi di condurre la guerra con tutta l'energia necessaria fino all'annientamento delle forze nemiche e all'eliminazione del mortale pericolo di bolscPvizzazione dell'Europa, che appare di nuovo alle sue frontiere orientali, il Duce e il ministro von Ribbentrop hanno tenuto a dichiarare, ancora una volta, la ferma volontà dell'Italia e della Germania di far sorgere in Europa, dopo la conquista della vittoria finale, un nuovo ordine che garantisca a tutti i popoli europei un'esistenza sicura, in un'atmosfera di giustizia e di collaborazione, liberi da ogni dipendenza plutocratico-giudaica, incoraggiati e favoriti nello sviluppo della loro attività e nella salvaguardia dei loro reciproci interessi entro i sicuri confini del grande spazio europeo ».

pienamente contraddicono le attuali affermazioni del Poglavnik sulle condizioni di libera convivenza che sarebbero fatte agli ortodossi.

«La lotta contro gli ortodossi -mi ha detto -è stata sinora per noi una necessità di vita; e rimane un problema molto importante da risolvere, più importante di quanto da voi non si creda~.

In conclusione, messo di fronte al chiaro consiglio del Duce che lo richiamava alla realtà dell'errore che commette perseguitando una minoranza di due milioni di cittadini, stabiliti da generazioni sul territorio croato, il Poglavnik -pur riconoscendo l'importanza del problema, nel solo senso negativo e settario -ha cercato, con le sue tergiversazioni di ridurre la gmvità di questa lotta, che è la causa iniziale della ribellione, e che tiene aperto da due anni un fronte di guerra in Croazia. Il che vuol dire che egli rimane fermo nella sua ostinazione prog,rammati!ca, forte soltanto del consenso dei suoi vecchi compagni di cospirazione, nella speranza di esser compreso dai tedeschi e da noi, perché si continui ad aiutarlo militarmente per fronteggiare la ribellione comunista e quella ortodossa, più vasta e consistente.

III) Rapporti italo-croati e irredentismo. L'argomento era tale da non poter essere facilmente minimizzato.

Per evitare di rifarsi agli impegni assunti coi Patti di Roma e di dare una giustificazione alla linea di condotta del suo Governo, riferendosi alle inadempienze basilari e di contenuto delle quali la Croazia si è resa colpevole sistematicamente dal maggio 1941, e nelle quali persiste, il Poglavnik ha cominciato a dire il suo pensiero in materia di politica estera.

«La politica estera -secondo lui -è oggi un fatto che passa in un piano minore~-«Ci sono degli affari esteri da trattare; ma una vera e propria politica non può essere condotta in base a un programma, anche se questo fu fissato su direttrici maestre. Potrà essere ripreso e svolto in un secondo tempo~.

Gli ho chiesto: «Quali sono gli affari che credete, Poglavnik, interessanti trattare con l'Italia?~.

Mi ha risposto: «Gli affari economici e militari~

« Dunque, convenite col Duce, -ho ripreso -che le questioni territoriali sono inattuali in questo momento~. Ha assentito con un solo cenno della testa. Ma subito dopo -ricordando un elenco di manifestazioni irredentiste che

gli avevo presentato tempo addietro per protestare contro il susseguirsi di simili incidenti -ha parlato di forze incontenibili alle quali egli non può oppone la sua autorità, se non volta a volta con la e<>ercizione. E ha finito per ammettere, dopo alcune mie osservazioni sugli uomini e sull'ambiente, che esiste una forte corrente nel suo stesso governo che preme e trae motivo da ogni fatto occasionale per determinare ed acuire attriti con l'Italia.

Gli ho detto: «Così si spiega la propaganda che viene organizzata contro di noi nei territori annessi. Così si spiegano le precettazionì e gli arruolamenti dì giovani nelle nostre provincie dalmate, Zara compresa).

Il discorso è stato portato su quella che il Duce ha definito la politica pendolare della Croazia, oscillante tra noi e i tedeschi, e sul contenuto del Memorandum da me consegnato a Pavelic il 27 giugno dello scorso anno.

Egli ha cercato di scagionare se stesso con misteriose domande: c Di chi la colpa?, «Potevano e potranno le cose andar diversamente? :~> E dopo un lungo silenzio ha difeso i suoi uomini di governo con accenni a vecchie tradizioni, a radicate abitudini, alla forza degli eventi e alle circostanze. Ha voluto, bontà sua, mettere in evidenza «l'opera chiarificatri·ce svolta dal nostro Ministero Esteri e dalla Legazione :~> per evitare deprecabili malintesi nei rapporti italatedeschi, in conseguenza degli ondeggiamenti della politica croata.

Gli ho chiesto: «Chi ritenete dunque responsabile di voler condurre la politica pendolare?, E qui ho pronunciato il nome di Lorkovic. Egli ha negato debolmente, ma ha cercato di prenderne le difese, facendo risalire la causa di tutto alla guerra.

Da simili dichiarazioni (in sostanza, PaveUc ha risposto col suo fatalismo orientale che le cose debbono andare così; che le questioni sono più forti di lui perché si accinga ad affrontarle) si può dedurre che nulla o quasi nulla ci sia da fare, influendo direttamente, e sia pure energicamente, sul Governo croato, che il Poglavnik impersona.

I fatti irredentisti, la valorizzazione di uomini a noi ostili sin dal tempo jugoslavo o manifestatisi tali dopo l'annessione delle provincie dalmate all'Italia, la protezione e la spinta in alto che a tali uomini viene data, ad opera soprattutto del Ministro Lorkovic (con l'approvazione del Poglavnik), stanno a dimostrare che il Governo croato crede di aver tutto da guadagnare battendo questa strada che è (come dice il Capo della Gioventù Ustascia, in un suo recente discorso) la strada dell'« attivismo, e dell'« espansione:~>.

Secondo le speranze di questi immaturi governanti, la soddisfazione all'irredentismo croato non può venire che dall'appoggio di una grande Potenza, la Germania, sia ai nostri danni, che a quelli di un altro Paese verso il quale si accampano rivendicazioni, e cioè l'Ungheria.

Il colloquio, pur non presentando -mio malgrado -risultati positivi, è servito, anche per l'impegno che ho messo nell'eseguire le precise direttive del Duce, a farci comprendere, questa volta con chiarezza, il pensiero che il Poglavnik da furbo si studia di tenere nascosto, le sue intenzioni e, quel che più importa, la sua situazione di fronte alla combriccola di un partito minoritario di megalomani cocciuti e sanguinar! che con lui governa, e in apparenza lo tiene prigioniero, spingendolo fuori dell'orbita dell'Italia e contro l'Italia.

L'aver compreso questo conferma la necessità e la convenienza per noi riconosciute dal Duce -di risolvere con la parte tedesca ogni questione di rilievo che si riferisca alla Croazia, trattando a Roma (1), per le normali vie diplomatiche, e notificando quindi a Zagabria le decisioni, per fare in modo che il gioco pendolare non riesca e che la mala disposizione d'animo dei croati non porti ad attriti con la Germania.

Alla fine del colloquio il Poglavnik mi ha chiesto se avessi dovuto riferire su quanto avevamo detto. Ho risposto di sì. Egli ha soggiunto che mi avrebbe nuovamente, fra qualche giorno, intrattenuto sugli argomenti del Memorandum (2).

(1).

(l) Vedi D. 53.

(l) -Vedi D. 68. (2) -Il presente documento reca il visto di Mussollni.
63

LA SEGRETERIA DI STATO DI SUA SANTITA ALL'AMBASCIATA D'ITALIA PRESSO LA SANTA SEDE

NOTA VERBALE 1219/43. Dal Vaticano, 28 febbraio 1943.

La Segreteria di Stato di Sua Santità, nella Nota del 20 dicembre p.p.,

n. -8812/42 (1), dopo avere riassunto l'azione spiegata dalla Santa Sede, fin dall'inizio del presente conflitto, affinché Roma non fosse oggetto di incursioni aeree, faceva notare all'Eccellentissima R. Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede che il Governo Inglese, pur non avendo mai direttamente confutato gli argomenti addotti dalla Santa Sede, si era sempre rifiutato « di prendere impegni e rinunciare ai propri diritti di belligerante nei riguardi di Roma, sia asserendo che aviatori italiani hanno partecipato al bombardamento di Londra, sia insistendo sul fatto che Roma è la capitale del Regno d'Italia, sede del Governo e dei Comandi militari; che in essa e negli immediati suoi dintorni si trovano forze ed installazioni militari ed alcune industrie belliche, senza contare che la sua stazione ha anche essa una particolare importanza bellica». S. -E. il R. Ambasciatore Raffaele Guariglia, con Nota 3818 del medesimo giorno (2), si affrettava ad assicurare la Santa Sede di aver attirato l'attenzione del suo Governo in modo speciale su le dette considerazioni, ed aggiungeva: «nell'intento di agevolare il più possibile gli incessanti sforzi che la Santa Sede sta compiendo, sono stato quindi autorizzato a comunicare a Vostra Eminenza che è attualmente in corso il trasferimento, in località diversa da Roma, tanto dei Comandi militari italiani (Stato Maggiore e Uffici dipendenti) quanto di quelli tedeschi, i vi compresi i Comandi di Marina».

Con successiva lettera (3), poi, del 21 dicembre informava altresì che «dato il trasferimento dei comandi militari in una località fuori di Roma, il Duce, nella sua qualità di Comandante delle truppe operanti su tutte le fronti, dovrà anche egli trasferirsi con detti Comandi per le necessità derivanti dall'esercizio delle sue alte funzioni».

Non è qui necessario riaffermare che da parte della Santa Sede sarà fatto ogni sforzo affinché Roma, per il suo carattere prevalentemente sacro e perché centro della cattolicità, diocesi e sede del Pontefi.ce sia risparmiata da ogni attacco aereo.

I Governi alleati, però, insistono nell'affermare -come il R. Governo italiano avrà certamente rilevato dalle pubbliche dichiarazioni da essi fatte in proposito -che nella città di Roma si trovano obiettivi militari.

Ciò potrebbe, quindi, costituire un serio ostacolo alla realizzazione dei desideri della Santa Sede, la quale, invece, sarebbe in grado di validamente confutare tale obiezione se le fossero date formali assicurazioni sia circa l'avvenuto trasferimento dei Comandi militari italiani e tedeschi, sia circa l'effettiva rimozione da Roma e immediati dintorni di tutti gli obiettivi militari di qualche entità.

La Segreteria di Stato di Sua Santità, nel richiamare l'attenzione della

R. Ambasciata su quanto sopra, si tiene sicura che il R. Governo Italiano, animato da uno spirito di larga comprensione, vorrà fare quanto è in suo potere per allontanare dalla Città Eterna la minaccia di un bombardamento.

In attesa di un cortese riscontro, la Segreteria di Stato profitta dell'opportunità per esprimere alla R. Ambasciata i sensi della sua alta considerazione (l).

(l) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 425, allegato I. (2) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 425, allegato II. (3) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 431.
64

IL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, CASTELLANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. 1297/264/36 R. Sussak, 1° marzo 1943, ore 22,30 (per. ore 7 del 2).

Risultami che Generali Robotti e Pirzio Biroli sono stati convocati a Roma

per mercoledì da Comando Supremo onde concordaTe modalità attuazione misure

preliminari richieste da Von Ribbentrop per disarmare tutte formazioni cetni

che anttcomuni:ste.

Comandante Supersloda fin da ora fa presente che tali misure in questo momento significherebbero nostre forze sgomberino a breve scadenza dall'intera Erzegovina.

Aggiungo che per quello che mi risulta oggi a mala pena riusciamo a fronteggiare partigiani, pur essendo aiutati da 12 mila cetnico-montenegrini (i quali, devesi riconoscere, sono gli unici· che finora abbiano conseguito un qualche serio successo nelle attuali operazioni in Erzegovina).

È facile immaginare cosa avverrebbe se dovessimo rinunziare a tale concorso e, peggio ancora, se, come conseguenza del mutato nostro atteggiamento nei loro confronti e del tentativo di disarmarli, gran parte dei cetnici fossero indotti a passare in campo avversario (2).

65

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI, PRUNAS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO S. Roma, 1° marzo 1943.

Ho visto ieri Megerle, collaboratore immediato di von Ribbentrop, in casa del Consigliere di questa Ambasciata di Germania.

Mi ha lungamente intrattenuto, a titolo amichevole e personale, sulla situazione generale.

A suo modo di vedere il popolo tedesco, pur duramente provato dalla guerra, è tuttavia deciso a secondare senza riserva la mobilitazione di tutte le forze materiali e spirituali del Paese disposta dal Ftihrer per organizzare in tutti i settori una formidabile resistenza ad oltranza.

Egli si rende peraltro perfettamente conto che non è assolutamente pen.sabile e possibile che l'Europa collabori utilmente alla resistenza del continente -come è necessario -a fianco della Germania, senza che, non solo i metodi, ma l'intera visione tedesca dell'Europa futura non siano prima profondamente e radicalmente mutati.

Si rende cioè perfettamente conto che non è pensabile e possibile continuare a governare con le baionette e con la violenza e che è assolutamente necessario associare i popoli europei all'assetto futuro del continente in termini e forme almeno approssimativamente accettabili da ciascuno, o, almeno, dalla maggioranza di essi. È questo anzi, a suo avviso, il problema centrale che l'Asse deve oggi affrontare e risolvere, per fare della resistenza qualche cosa di virilmente attivo, suscettibile di creare quelle basi materiali e spirituali senza le quali resistere non sarebbe abbastanza e vana e sterile resterebbe ogni inslstenza su concetti di «ordine nuovo», che tutti i popoli europei, nessuno escluso, hanno identificato sinora, e giustamente, in soli termini di incontrastato predominio tedesco.

Il compito di persuadere, non la Germania, che nella sua maggioranza sarebbe già persuasa, ma i dirigenti tedeschi dell'assoluta necessità di modificare profondamente la loro attuale visione europea, spettava, secondo Megerle, all'Italia e più che mai le spetta ora, sotto pena di mancare in modo totale a quella che è sempre stata e continua ad essere la sua specifica e straordinaria importante missione in seno all'Asse e che è, anzi, la più valida giustificazione della sua presenza nell'Asse.

Compromessa la possibilità di una integrale vittoria militare delle armi tedesche, egli sa che le azioni dell'Italia fascista sono destinate automaticamente a crescere nell'animo dei popoli europei amici, che hanno infatti da quelle armi trasferito oggi la loro speranza nelle risorse, possibilità, capacità spirituali e politiche italiane. E di ciò l'Italia fascista deve approfittare per parlare alla Germania con parole non più soltanto italiane ma anche europee, e quindi di peso e portata altrettanto più vaste, e per interpretare quelle tendenze e esigenze che sono le sole cose vive e vitali diffuse oggi nel Continente e che sole potranno svuotare quelle idee-forza che muovono i popoli della coalizione avversa, diminuendo in conseguenza la loro capacità di offesa e di resistenza.

Megerle ignorava ieri che cosa il Duce avesse detto o si proponesse di dire a von Ribbentrop (l); ma vivamente si augurava che egli volesse parlare con la sua autorità e il suo prestigio e la sua saggezza, in questi termini espliciti. «Il Duce è il solo uomo che possa farlo. Anche noi tedeschi lo designamo in spirito come il nostro interprete più efficace presso i dirigenti germanici, trop

po sommersi e assorbiti in una guerra durissima e quindi forse necessariamente portati a vedere e ad apprezzare il solo lato militare di un problema troppo vasto e troppo complesso per essere esclusivamente ridotto entro questi limitati confini».

Secondo Megerle gli uomini che pensano in questo modo sono, in Germania, moltissimi, ma ancora non sono giunti a tenere le maggiori leve di comando, sebbene vi siano prossimi. Essi costruiscono ad ogni modo sin da ora attorno ai dirigenti tedeschi quell'atmosfera che faciliterà ogni opera di persuasione in questo senso. Ribbentrop ha certamente una forte personalità. È ostinato e caparbio. Difficilmente disposto ad ascoltare. Occorre, per esercitare sul suo animo una influenza effìca·ce, scegliere momenti, paTole, circostanze adatte. Ma, a queste condizioni, è suscettibile di persuasione. Ciò che egli e i suoi amici hanno fatto e continuano a fare.

Megerle si è vivamente e ripetutamente raccomandato che la tonte di queste sue impressioni non sia in nessun caso svelata; che non sia tatto cioè in nessun caso il suo nome. I tempi non sarebbero perciò maturi ancora, o completamente maturi.

Egli ha parlato con convinzione, e, talvolta, con commozione che non si curava di nascondere (l).

(l) -In un appunto dell'Ambasciata presso la Santa Sede, in data 1° marzo 1943, di trasmissione di questa nota al Ministero, è detto: <<Il Conte Ciano ha rimesso quest'oggi personalmente l'originale della nota stessa al Duce, pregandolo di volergli impartire le istruzioni per una risposta alla Segreteria di Stato ». Per la risposta vedi D. 411. (2) -Successivamente con T. s.n.d. 1399/277/40 R. ore 18,40, non pubblicato, l'Ufficio di collegamento informava che 1! Comando Supremo conveniva sull'opportunità di rinviare il disarmo delle formazioni cetniche anticomuniste.

(l) Vedi D. 61.

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IL CONSOLE GENERALE A ODESSA, COPPINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. S. 280/58. Odessa, 1° marzo 1943 (2).

Allo scopo di conoscere con esattezza la situazione militare, in relazione ad eventualità riflettenti Odessa, ho ritenuto opportuno, anche per le mie qualità di Ufficiale di Collegamento presso il Comando rumeno della Piazza di Odessa, di recarmi al Comando dell'VIII Armata, situato in Ucraina, a circa 70 chilometri da Konotop.

Ritengo opportuno riferire quanto il Comando dell'VIII Armata e l'Eccellenza il Comandante hanno voluto portare a mia conoscenza:

l) Svolgimento delle operazioni militari. L'offensiva rossa, iniziatasi sul nostro settore poderosamente a metà del dicembre scorso, si era scatenata dopo che il fianco destro, tenuto dalla III Armata rumena, aveva ceduto e dato modo di formare la branca destra della tenaglia che aveva chiuso Stalingrado.

La formazione filiforme, imposta dal Comando Supremo tedesco su un terreno privo di naturale appiglio richiedeva che dietro l'Armata vi fosse un ulteriore sistema di difesa e sopratutto di difesa meccanica-corazzata, indispensabile per fronteggiare i mezzi meccanici. A questo scopo il Comando dell'VIII Armata aveva insistito presso il Comando Superiore tedesco perché fosse organizzato al più presto questo sistema, senza il quale ogni difesa, composta

11 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

di soli uommr e priva di mezzi corazzati sarebbe stata inefficace. Il Comando Superiore tedesco dispose in un primo tempo che dietro ogni Corpo d'Armata italiano fosse posta una Divisione tedesca di Fanteria e promise di mettere, a riserva dell'Armata, una Divisione corazzata. Questa Divisione corazzata non fu peraltro mai vista, se non in ulteriori momenti delle operazioni militari ed in formazioni inefficienti. In seguito all'accerchiamento di Stalingrado e per tentare quella manovra di sbloccamento che non riuscì, le tre Divisioni tedesche vennero tolte, cosicché il fronte italiano dovette sostenere da solo l'urto delle poderose masse sovietiche. La battaglia offensiva fu infatti scatenata da quattro Armate sovietiche. Sul solo fronte della Divisione «Ravenna» ben otto Divisioni si alternarono negli attacchi. I soldati italiani -ha ripetuto varie volte l'Eccellenza Comandante -si sono tutti indistintamente battuti in maniera superlativa. Durante sette giorni essi hanno tenuto testa ad una massa compatta di uomini che il fuoco delle artiglierie e delle mitragliatrici italiane ha letteralmente falciato. Le fotografie delle montagne di cadaveri davanti alle linee italiane dimostrano quali enormi perdite abbia subito la fanteria sovietica. Queste perdite anzi erano così elevate, che nella breccia aperta dai mezzi corazzati, il nemico non ha potuto gettare le fanterie e sfruttare il successo in una maniera completa e forse decisiva, per mancanza di uomini e per la necessità di fare affluire i nuovi reparti.

Dinanzi all'indiscutibile eroismo e spirito di sacrificio dei soldati italiani si è arrestata per sette giorni l'offensiva sovietica. Solo quando i carri armati sovietici (duecento sul solo fronte della Divisione «Ravenna») schiacciarono le mitragliatrici e le batterie, i reparti italiani, privi di ogni effettivo appoggio, si ritirarono sulle linee susseguenti. Ma la ritirata che certamente si sarebbe svolta secondo disposizioni preordinate, ove il Comando tedesco avesse dato tempestivamente l'ordine di ripiegare ed avesse fornito il carburante necessario per il movimento dei mezzi meccanizzati, è stata ostacolata dal fatto che nelle posizioni retrostanti erano già sopraggiunti i carri sovietici. Anche qui si è dovuto duramente combattere per farsi strada. I reparti operanti hanno sempre mantenuto una magnifica coesione. Vi sono stati, è vero, fenomeni singoli di sbandamento nelle retrovie, ma umanamente non si può imputare esclusiva colpa a coloro che, privi di ogni efficace mezzo di difesa, hanno visto apparire improvvisamente le autoblindate sovietiche.

La bravura e l'eroismo dei nostri soldati sono stati indescrivibili. Qualsiasi racconto od allusione ad un cedimento del settore occupato dalle armi italiane, che non riconosca la tenacia, l'eroismo ed il sacrificio dei nostri combattenti, è contrario a ogni realtà. Il soldato italiano è stato sopraffatto non dalla forza bruta della massa, ma dalla macchina alla quale non aveva né poteva niente opporre. Il promesso aiuto di una Divisione corazzata tedesca che avrebbe servito a tamponare la falla, si è risolto nell'invio di quaranta carri armati, quando la situazione non consentiva più neppure la difesa.

Fra gli episodi che hanno· sollevato l'ammirazione degli stessi tedeschi è quello della Divisione « Torino » che, accerchiata, ha potuto rompere l'anello, portando seco anche i feriti ed i congelati. E questa massa di uomini ha compiuto a piedi oltre mille chilometri di strada per raggiungere il centro di radunata. La mancanza di carburante, che non è stato possibile avere dai

tedeschi, ha costretto i reparti ad abbandonare gli automezzi, a lasciare i

traini delle artiglierie, a combattere con armi impari per farsi strada, a soffrire per il freddo e per ogni altra privazione.

Una maggiore previdenza da parte del Comando Superiore tedesco, più volte avvertito dal nostro Comando d'Armata di disporre per una difesa elasttca e per facilitare tempestivamente l'opportuno ripiegamento, avrebbe certamente evitato, a prescindere dai vantaggi immediati militari, una perdita di uomini, di materiale e di rifornimenti quale si è avverata nel settore dell'VIII Armata. Nel settore italiano si è verificato del resto, in proporzioni minori, lo stesso errore di previdenza, di prospettiva e d'intempestività che ha caratterizzato la campagna di questo anno in Russia.. L'attacco simultaneo a Stalingrado ed al Caucaso, senza che in nessuna delle due parti si ottenesse un successo concreto e decisivo, modificò l'equilibrio del fronte. Se, constatata l'inanità degli attacchi o l'impossibilità di mantenere la continua efficienza, si avesse preso la decisione di ritirarsi dai fronti più minacciati e più sensibili, si sarebbe evitato la notevole perdita di forze e di materiale. In un ricorso storico che direttamente ci riguarda basti ricordare che la rapida decisione di Cadorna di ripiegare sul Piave salvò nel 1917 l'esercito italiano e l'Italia.

Un esempio caratteristico di quanto è avvenuto è dato dai movimenti del Corpo d'Armata alpino. Questo non era stato oggetto nei primi momenti dell'offensiva sovietica ed era in ottime ed efficienti condizioni. Per ordine del Comando tedesco esso si attestò al Don nella zona di Rossok, nella solita formazione filiforme. Dinanzi al ripiegamento dell'ala destra nel settore italiano, il Comando di Armata reputò necessario suggerire a quello tedesco di far ripiegare gli alpini su linee arretrate. Fu risposto con l'ordine di resistere ad ogni costo sul posto. Ciò che fu fatto, con la conseguenza però che il Corpo d'Armata fu accerchiato, subì colossali perdite e solo dopo avere impegnato quattordici, ben quattordici combattimenti gli alpini potettero farsi strada in mezzo alle truppe sovietiche. È vero che il Comando sovietico ha reso omaggio nel suo bollettino al valore della Divisione << Julia », ma tuttociò ha costato la perdita di quarantamila uomini su un organico di sessantamila.

2) Situazione attuale dell'Armata. Il Comando dell'Armata travasi attualmente a Borsna, a 70 chilometri da Konotop; esso si sposterà nei prossimi giorni a Gomel, che sembra destinata ad essere il punto definitivo di concentramento dell'Armata. È da notarsi che tutta la zona (Konotop-Borsna-NeshinGomel) è stata assegnata al concentramento delle armate italiana ed ungherese.

Il Comando d'Armata è per ora isolato; i Corpi d'Armata sono in via di raggruppamento. Da una settimana i reparti italiani sono stati tutti rintracciati. Tranne qualche reparto della «Ravenna», dei Bersaglieri e della Cavalleria che combatte ancora nella zona di Pavlograd, il resto è in marcia verso Gomel. La Divisione «Cosseria» al 23 febbraio aveva compiuto a piedi 970 chilometri. Finalmente i tedeschi hanno messo a disposizione dei nostri soldati, specialmente degli alpini, dei treni.

Il Comando del II e del XXXV Corpo d'armata si trovano a Kiev, ma si sposteranno quanto prima a Gomel. L'Intendenza R. Esercito si trova a Kiev, con distaccamento a Dnieprpetrowsk, dove esiste anche un punto di concentramento e di distribuzione dei reparti italiani provenienti dall'Est.

L'Aviazione italiana è attualmente ad Odessa. Essa è quasi nella sua totalità intatta ed efficiente. Durante l'offensiva sovietica, l'aviazione italiana ha dato prove di abnegazione e di sacrificio, per l'aiuto alle truppe italiane. Cacciatori, ricognizione e trasporti hanno gareggiato in eroismo; la perdita del suo Comandante, di valorosi piloti dimostra quale contributo essa abbia dato. Essa attende solo gli ordini per riprendere il combattimento colà dove essa sarà nuovamente inviata.

Il morale dei reparti, specialmente di quelli provati dai combattimenti, dal gelo, dalle lunghe marce e dalle privazioni, non è certo alto. Salvo eccezioni -ed anch'esse umanamente giustificabili -i reparti hanno tuttavia mantenuto coesione e disciplina. È tuttavia generalizzato il senso di amarezza verso i tedeschi, per il loro atteggiamento e per il loro rif.iuto di porgere un aiuto all'Armata in ripiegamento, sentimento che è condiviso da tutti i gregari e che si è concretizzato anche in singoli, per quanto sporadici, incidenti.

L'efficienza dell'ARMIR è attualmente minima ed è per questo motivo che essa è stata tolta dalla zona di operazioni. Il XXV Corpo d'Armata (il vecchio CSIR) ha subito senza dubbio le maggiori perdite. Le tre Divisioni «Celere», «Torino» e «Pasubio» sono state terribilmente dissanguate. Del Corpo d'Armata alpino è rimasto poco meno di un terzo. Meno provato nel suo complesso è stato il II Corpo d'Armata. Perdute comunque le artiglierie per i motivi detti sopra, i grossi depositi dell'Intendenza, ivi compresi i rifornimenti invernali, che per difetto della viabilità, dei mezzi di comunicazione e di carburante, erano stati spostati in vicinanza del fronte.

Per questi motivi l'ARMIR sarà disciolto e sarà sostituito da un Corpo d'Armata su due Divisioni. Benché il suo nuovo organico sarà inferiore, bisognerà ricorrere tuttavia per la sua costituzione ancora a cinquemila complementi (provenienti dall'Italia) ed aggiungerli ai reparti del II Corpo d'Armata che formeranno appunto il nucleo di quello nuovo. Questo dimostra che la nostra Armata non ha ceduto né s1 è lasciata prendere dal panico, ma si è sacrificata sul posto, dato che gli stessi russi non hanno potuto neppure vantare un notevole numero di prigionieri italiani.

Lo sgombero dell'ARMIR richiederà un notevole tempo. Quarantamila uomini dovranno tornare in Italia, ma il Comando tedesco dichiara di non avere sufficiente disponibilità di trasporti. Il Comando d'Armata sta appunto esaminando di sollecitare il rientro in Italia dei reparti.

3) Prospettiva per la situazione militare futura. Da quando il Comando d'Armata è stato ritirato dalla zona di operazioni e si è installato a 200 chilometri da questa, le notizie sono parche. Il Comando tedesco fa pervenire poche informazioni sull'andamento delle operazioni militari.

In generale si può dire che l'Armata russa era ben preparata all'azione. Straordinarie masse di uomini e di materiale, specialmente in carri armati, concentramenti efficaci e precisi di artiglieria, addestramento tattico migliorato nelle fanterie, anche se queste continuano a combattere a plotoni affianca'.:.i, e nei mezzi corazzati in parti<colare, che hanno appreso molto dai metodi

tedeschi, agilità di manovra e spirito di decisione, assolutamente nuovi in confronto allo sviluppo operativo constatato negli anni decorsi; queste le caratteristiche delle armate sovietiche nell'attuale offensiva, che ha dimostrato la preparazione tecnica e la capacità realizzatrice degli alti Comandi e dei reparti.

Sarà stato questo l'ultimo sforzo dell'Armata sovietica? Nessuna notizia può farlo affermare; è certo che fra le truppe combattenti nel settore fronteggiato dalle truppe italiane si è constatata una grande maggioranza di giovanissimi e di uomini anziani, oltre i quaranta. Ciò potrebbe dimostrare che ormai facciano difetto ai Soviet le classi giovani. e veramente efficienti, ed avvalorerebbe l'ipotesi che questa offensiva costituisca il tentativo ultimo di battere l'esercito tedesco. D'altra parte è anche possibile che vi siano altre riserve disponibili, sia per lanciare una nuova offensiva, sia per fronteggiare quella tedesca.

Comunque si nota ormai nelle truppe sovietiche un senso di stanchezza. Il disgelo inceppa il movimento dei mezzi di locomozione; la distruzione o la sola necessità di cambiare lo scartamento ferroviario impedisce l'afflusso dei treni e dei rifornimenti. È quindi sicuro che nei prossimi giorni l'offensiva sovietica dovrebbe segnare il passo, e non solo per l'eventuale difesa tedesca.

Sarà l'Armata tedesca in grado di porre argine a quella sovietica e riprendere l'offensiva? L'Armata tedesca è stata colpita in primo luogo per la sua difettosa posizione strategica. La mancata conquista di Stalingrado rendeva già dubbia la possibilità di un'ulteriore avanzata nel Caucaso: il cedimento del fronte rumeno a Nord e di quello tedesco a Sud, che si concluse con l'accerchiamento di Stalingrado, mise in definitivo pericolo l'Armata del Caucaso, minacciata sui fdanchi dall'avanzata dalla steppa dei Calmucchi e nelle retrovie dalle colonne sovietiche, decise di tagliare a Salsk le comunicazioni con Rostov. Dinanzi al colpo portato allo schieramento, che presentava altresì il difetto sopradetto di essere filiforme, il Comando supremo non ha potuto, per mancanza di riserve, coprire la falla e provvedere allo sbloccamento delle forze accerchiate. Questo è stato del resto -ed è tuttora -il punto essenziale della situazione. L'esercito tedesco si è trovato, per la lunghezza del fronte, per le perdite subite, in crisi d'uomini, alla quale sì è aggiunta, e sembra per difficoltà dei trasporti, la crisi di carburante che si è ripercossa più o meno sulla mobilità dell'insieme ed ha provocato così dolorosi danni alla nostra Armata ed a quella rumena.

I tedeschi si sono mostrati sempre -almeno nei Comandi -piuttosto sereni, quasi ottimisti sull'andamento delle operazioni ed hanno sempre espresso la fiducia che essi potevano provvedere in qualsiasi momento alla difesa ed alla controffesa. In realtà, nei mesi di dicembre e gennaio, i tentativi di difesa sono stati inferiori alle necessità. Ad esempio, ri:peto, la Divisione corazzata che il Comando tedesco aveva promesso d'inviare in aiuto dell'Armata italiana per arginare l'avanzata sovietica, era composta di soli quaranta carri. Ma soprattutto ha fatto difetto la massa di uomini che, apprestata su una linea di difesa non troppo vicina a quella originaria, avesse organizzato la resistenza. Ma, oltre le prime linee, non vi era un vero sistema di difesa, anche mobile. I tedeschi provvedevano a respingere, a contenere le puntate dei carri armati sovietici, per dar tempo ai reparti di sgombrare e di evacuare, ma non vi era -né vi poteva essere per mancanza di uomini -un grosso organico di manovra.

Circa le intenzioni germaniche non risulta nulla di preciso. Si ritiene che il Dnieper debba costituire il punto massimo dell'arretramento germanico. Dalla Francia sono arrivati rinforzi, divisioni fresche di fanteria e di carri armati. Queste divisioni che si trovavano in Francia in addestramento od in ricostruzione, sono formate da elementi giovanissimi e nuovi al fuoco. Sembra che esse non siano state molto efficaci. L'impiego loro nella zona di Kharkov non ha dato risultati favorevoli. Comunque, per ora, si ha piuttosto la sensazione che gli elementi a svantaggio dei russi (disgelo, lunghezza e difficoltà di comunicazioni, gravi perdite subite) saranno quelli a fermare l'offensiva piuttosto che una vera e propria linea di difesa germanka. Ed è per questo che, pur avendo sufficiente fondamento l'ipotesi di un arresto dell'offensiva sovietica, è bene prevedere anche un suo proseguimento oltre il Dnieper e provvedere in conseguenza.

È da confidare che lo sforzo tedesco, che conterebbe di creare un nuovo poderoso esercito di molti milioni di uomini, riesca non solo a mettere fine all'offensiva sovietica, ma a vincere l'esercito russo e togliere per sempre il grosso pericolo di un'avanzata slava nell'interno dell'Europa.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Manca l'indicazione della data d'arrivo.
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IL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZI E TERRITORI OCCUPATI, PIETROMARCHI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

APPUNTO (l). Roma, 2 marzo 1943.

Il signor Burckhardt è stato inviato dal Comitato Internazionale della Croce Rossa di Ginevra a intrattenerci su talune divergenze di vedute che si sono manifestate tra U Comitato stesso e il Delegato del Governo svedese signor Allard sull'organizzazione dei servizi per la distribuzione del grano canadese in Grecia.

Tale organizzazione fu concordata nel maggio dello scorso anno in base ad intese tra il R. Ministero degli Affari Esteri e il signor Junod, rappresentante del C.I.C.R. Fin da quel momento si manifestò la tendenza del Governo svedese di monopolizzare il servizio di distribuzione del grano canadese in Grecia. Il

R. Governo prese netta posiZJione contro tale tendenza partendo dal principio che nessuna garanzia di discrezione e di correttezza poteva esserci data da delegati di un Governo come quello svedese di cui sono noti i legami con i Governi inglese e americano. Era perciò evidente il pericolo che sotto la veste di delegati per un'opera di assistenza alle popolazioni civili noi avremmo avuto degli informatori al servizio dell'avversario, :informatori che avrebbero potuto tanto più agevolmente svolgere la loro attività perché coperti dal loro carattere internazionale e muniti di tutte le facilitazioni possibili. Sostenemmo perciò la tesi che l'organizzazione dei servizi della distribuzione del grano canadese in Grecia

fosse affidata alla Croce Rossa Internazionale e regolata dalle convenzioni internazionali che prevedono l'opera di soccorso alle popolazioni civili in tempo di guerra. Chiedevamo in altri termini che venisse appLicata la legge internazionale.

Una presa di posizione così netta e logica si impose facilmente e il Governo svedese dovette riconoscere i principi contenuti in una nota dell'8 maggio 1942 nella quale il C.I.C.R. proponeva il quadro dell'organizzazione da dare ai servizi di distribuzione del grano canadese in Grecia. Secondo tale nota tutta la politica di assistenza in Grecia sarebbe stata accentrata in un Comitato di alta direzione presieduto dal rappresentante del Comitato di Ginevra signor Brunei e del quale avrebbero fatto parte i delegati della Croce Rossa Italiana e di quella tedesca e il Presidente della Croce Rossa Ellenka. Alla sua dipendenza avrebbe funzionato una Commissione di gestione presieduta da un delegato del

C.I.C.R. e con la partecipazione di personalità greche. Era prevista inoltre la partecipazione in tali Comitati di delegati svedesi. Rimaneva ben stabilito il criterio che la direzione, il controllo e la responsabilità di tale organizzaz,ione erano accentrati nel Comitato Internazionale di Ginevra e cioè in un'opera internazionale di Croce Rossa. Questa organizzazione fu accettata oltre che dall'Italia e dalla Germania, anche dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti d'America.

Una prima modifka a tale schema fu apportata alla fine del giugno 1942 per dare una soddisfazione al Governo svedese. In base a tale modifica fu affidata a uno svedese la prestdenza del Comitato di gestione (signor Mohn) e fu stabilito che il signor Allard, Incaricato d'Affari del Governo svedese a Sofia, sarebbe stato ammesso a partecipare a titolo consultivo alle deliberazioni del Comitato di alta direzione. Da questa semplice veste di consultore il signor Allard, minacciando la sospensione dell'invio del grano alla Grecia, ha chiesto che il diritto di decidere su ogni questione passi dal Comitato di alta direzione al Presidente della Commissione di gestione, svedese, che dovrà render conto a lui Allard. Quest'ultimo darà le istruzioni che riterrà utili e avrà un diritto di veto su tutte le decisioni. Inoltre egli si riserva il potere di intervenire direttamente in tutte le decisioni che ritenesse necessario sottoporre all'approvazione del suo Governo nonché in tutte le questioni che potessero avere un carattere politico. In altri termini il signor Allard intende sostituire al controllo, alla direzione e alla responsabilità dell'organizzazione jnternazionale di Croce Rossa la sua volontà esclusiva nella sua qualità di rappresentante del Governo svedese. Nessuna ragione è data per giustificare un tale caml;liamento.

Conviene tener presente che il signor Allard non risiede in Grecia ma a Sofia per modo che i rappresentanti dei paesi occupanti avrebbero difficoltà di mantenersi in contatto con lui. Inoltre nella sua qualità di rappresentante del Governo svedese ac,creditato a Sofia egli dispone di cifrari diplomatici che gli consentono di far pervenire con la massima rapidità le informazioni telegrafiche che ritenesse opportuno inviare. I nostri Comandi in Grecia hanno giustamente manifestato le loro preoccupazioni per la presenza sempre più numerosa dei delegati svedesi nei quali ravvisano degli informatori dell'avversario. Con le proposte del signor Allard si vuole perfezionare questa organizzazione di agenti svedesi accrescendone il personale e accentrandone i poteri dittatoriali nel signor Allard stesso.

L'ufficio è d'avv~so che a noi non convenga aderire a tali proposte soprattutto in un momento come l'attuale nel quale si attendono importanti avvenimenti militari in Grecia. È evidente nostro interesse insistere per la rigorosa appli:cazione degli accordi del maggio scorso che furono riconosciuti da tutte le parti belligeranti. Poiché il signor Allard dopo essere stato a Berlino è giunto oggi a Roma e intende intrattenere delle sue vedute questo Ministero, sottopongo alla Vostra approvazione, Eccellenza, che, con tutta la delicatezza ed evitando in ogni modo di prendere posizioni troppo rigide per non compromettere l'opera di soccorso in Grecia, si insista perché si rimanga nell'ambito delle Convenzioni internazionali di Ginevra, che affidano l'opera di soccorso alle popolazioni civili in tempo di guerra non a una organizzazione politica quale è quella costituita dai rappresentanti di un Governo, ma a un'organizzazione internazionale di Croce Rossa la cui attività è limitata e regolata dalla legge internazionale.

(l) Una annotazione di Bastianini sul documento dice: «D'accordo».

68

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO

T. R. PER CORRIERE 7625 P.R Roma, 3 marzo 1943, ore 8.

Nei colloqui di Roma Ribbentrop ha assicurato che farà pervenire istruzioni al Ministro di Germania a Zagabria perché concordi con la nostra Rappresentanza la linea di azione comune in Croazia (l).

69

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 1375/115 R. Sofia, 3 marzo 1943, ore 10,10 (per. ore 22,30 del 4).

Questa sera ripartirà diretto costà Ministro di Bulgaria a Roma. Egli che ha avuto ripetuti contatti con Re Boris e Presidente del Consiglio Filoff ha avuto particolari istruzioni a quanto mi risulta illustrare a V. E. attuale situazione Bulgaria e smentire nettamente voci straniere che vorrebbero questo Paese lavorato a fondo da propaganda bolscevica e che pretenderebbero essere Sofia soddisfatta recenti affermazioni militari e politiche di Mosca. Egli infine

ripeterà volontà Governo bulgaro veder sempre più el-iminate dai propositi di una politica sostanziale di amicizia itala-bulgara le cause attrito che interessano anche Albania.

In realtà con la firma prevista per lunedì accordo circa linea definitiva demarcazione albano-bulgara dovrebbe esser messo un utile punto fermo nel quadro relazioni tra Roma e Sofia. Tale favorevole soluzione a questione troppo a lungo durata atta anche, mediante opportuna propaganda su opinione pubblica dei due Paesi, favorire creazione di una atmosfera sempre migliore.

(l) Per la risposta di Casertano vedi D. 129.

70

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO

TELESPR. S. 1/1108. Roma, 3 marzo 1943.

La R. Legazione a Berna ha riferito, in data 19 febbraio u.s. (1), che due gruppi distinti di emissari ungheresi sarebbero giunti in Svizzera. L'uno avrebbe avuto contatto con un funzionario della Legazione degli Stati Uniti a Berna, l'altro con elementi americani e inglesi residenti a Ginevra.

I due gruppi (composto, quello di Berna, di elementi di destra, quello andato a Ginevra invece di elementi di sinistra) avrebbero chiesto la protezione americana contro il pericolo costituito per l'Ungheria da una eventuale vittoria bolscevica.

Quanto precede risulterebbe alla R. Legazione a Berna da fonte confidenziale e solitamente bene informata, senza che peraltro sia stato possibile controllarne la fondatezza.

Si comunica quanto precede per opportuna notizia di codesta R. Legazione e per i possibili accertamenti in merito (2).

71

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. R. Berlino, 3 marzo 1943 (per. il 7).

Arrivato a Berlino, che ho trovata fortemente battuta e gravemente danneggiata dal bombardamento, ho subito 'Colto la eco delle impressioni particolar

mente lusinghiere e favorevoli della visita di von Ribbentrop; impressioni checon la caratteristica rapidità con cui ,corrono le buone notizie -avevano preceduto il ritorno in Germania del Ministro.

Riassumo qui di seguito tali impressioni che mi sono state personalmente confermate da von Ribbentrop, col quale durante il viaggio di ritorno mi sono lungamente intrattenuto, constatando la sua viva soddisfazione manifestata in una, insolita in lui, distensione di spirito e di buon umore.

l) Non posso fare a meno di sottolineare ancora una volta il sincero compiacimento di von Ribbentrop per l'avere personalmente constatato l'ottimo stato di salute del Duce. Non d si rende forse ancora abbastanza ·conto in Italia di quanto la personalità del Duce sia qui circondata da sincera ammirazione e da altissima considerazione e di come, in conseguenza, la sua esistenza sia oggetto di un particolare interessamento in cui è una nota affettiva basata sul sentimento di amicizia e di riguardo che ha verso di Lui il FUhrer, il quale non manca occasione di manifestare questo suo sentimento. (Ricordo a tal proposito che spesso Himmler mi ha detto che il FUhrer molte volte gli ha chiesto se in Italia erano prese tutte le necessarie garanzie per assicurare 'la vita del Duce, verso il quale la coalizione degli avversari intensificava organizzazione di attentati. Ricordo inoltre con quanto sincero e profondo accoramento il Flihrer, parlandomi del troppo lungo periodo cui il Duce si era esposto durante il suo viagglo in Africa, ebbe a fare speciali raccomandazioni affinché la vita e la salute del suo «grande amico» fossero garantite e tutelate con ogni possibile premura dicendo: «La vita del Duce è più che mai preziosa; perché Mussolini è veramente l'Italia»).

Ecco perché il telegramma che von Ribbentrop ha inviato al Flihrer subito dopo il primo colloquio per annunciargli la constatazione della piena e perfetta efficienza del Duce, ha avuto ad opera dello stesso Fiihrer una larga divulgazione in Germania.

Che il Duce stesse bene, già lo si sapeva, come d'altronde era risultato dal suo discorso alla Camera e come Mackensen ed io non avevamo mancato di confermare a più riprese; ma che ciò fosse constatato personalmente dall'inviato del Fiihrer ha qui suscitato unanime sincero compiacimento.

2) Ribbentrop è stato particolarmente lusingato dall'accoglienza così cameratesca e cordiale che il Duce gli ha riservato. La frequenza e la durata dei colloqui, l'atmosfera ami·chevole in cui essi hanno avuto luogo, le cortesie usategli dal Duce, tutto lo spirito in cui si è svolta la visita, hanno particolarmente toccato l'amor proprio di von Ribbentrop, che ha manifestato ai suoi collaboratori la propria intima soddisfazione, dichiarando a me di considerare tale visita a Roma come uno degli avvenimenti più importanti della sua vita.

Von Ribbentrop ha tenuto a incaricarmi di rinnovare al Duce le espressioni della sua viva riconoscenza.

3) L'esame dei vari aspetti della situazione politica e militare che è stato fatto con tanta profondità e acutezza dal Duce ha confermato ai tedeschi come i due Capi siano più che mai concordi sulla stessa linea di condotta, decisi a seguire fino in fondo il comune destino, guidati a ciò non solo dalla concomitanza delle due rivoluzioni, ma anche dalla sincera, leale e fedele amicizia che li unisce.

4) Ribbentrop ha sottolineato come dalla recente visita la solidarietà dell'Asse sia uscita, se pure ve ne fosse stato bisogno, maggiormente rafforzata; nel senso ·che da ogni atteggiamento e da ogni parola del Duce, nel quale oggi più che mai si accentrano le leve più delicate del comando, è risultata confermata la decisa volontà di lotta dell'Italia fascista.

5) Tale convinzione von Ribbentrop, e con lui i suoi collaboratori, l'hanno tratta anche dalle osservazioni fatte personalmente durante la loro permanenza a Roma. Mentre i suoi collaboratori lo hanno informato che, tranne qualche spiegabile malcontento, essi avevano dovunque constatato un dignitoso raccoglimento del popolo, sulla massa del quale risultava facilmente la grandissima preponderanza di donne, vecchi e bambini, Ribbentrop è stato fortemente colpito dallo spettacolo di serenità e di calma offerto dal pubblico di Bologna e di Roma e lusingato dall'atteggiamento deferente verso di lui dimostrato dalla popolazione. (Egli mi ha detto non senza compiacimento di essere stato salutato romanamente anche da preti e da monache).

6) Come è già stato segnalato da questa Ambasciata, il comunicato sulla visita (l) ha fatto in Germania grande impressione. Si è subito constatato che il comunicato è, nella parte politica, più nutrito delle altre volte, e si è attribuito ciò all'influenza ed all'intervento del Duce.

Si sa infatti che il Duce ha sempre avuto l'idea, anche nel passato, di uscire dal vago delle formule imprecisate per stabilire più precisi orientamenti generali nei quali i popoli europei possano trovare una fiduciosa indicazione sulla loro sorte.

Al riguardo serie correnti politiche tedesche sono ·convinte che se il Duce avesse nelle oc,casioni precedenti chiaramente illustrato il suo punto di vista, che gli avvenimenti hanno poi dimostrato essere il solo giusto, probabilmente gli avvenimenti stessi avrebbero seguito un altro corso e la Germania non si troverebbe nella situazione attuale.

7) Ecco perché si pensa qui che anche se adesso il Fi.ihrer è teso con tutta la sua volontà verso l'annientamento od il forte indebolimento della Russia -ed in questo senso il popolo tedesco sta preparandosi ad uno sforzo formidabile per lanciare la grande offensiva -, verrà il momento in cui l'Italia, e per essa Mussolini, dovrà svolgere il suo ruolo straordinariamente importante per sé, per la Germania e per tutta l'Europa.

8) Il discorso che Schmidt -il quale non è semplicemente l'interprete, ma anche il Capo di Gabinetto dell'Auswartiges Amt, e come tale conosce molto bene gli orientamenti e le idee delle varie correnti politiche in Germania -, il dott. Megerle e l'Ambasciatore Ritter mi hanno fatto durante il viaggio di ritorno è il seguente:

«Se anche la Germania, secondo la convinzione del Fiihrer, riuscirà ad inferire un decisivo colpo alla Russia in modo da renderla definitivamente inoffensiva, permettendoci così di stabilire una netta linea di demarcazione fra la Russia e l'Europa -linea che potrà essere rappresentata dal Volga -, è certo che la collaborazione europea dev'essere realizzata su principi fondamentali che presuppongano la possibilità di una convivenza. È necessario che a tutti i popoli sia assicurata possibilità di lavoro, di guadagno, di nutrimento; sia garantito un minimo di dignità nazionale i siano stabiliti quei rapporti generali che permettano una ricostruzione europea sulla base del nuovo ordine. La Germania da sola non può assolutamente realizzare questo programma. La Germania ha la forza dell'esercito, la serietà della disciplina, una notevole capacità organizzativa e molte altre qualità positive; ma manca quasi completamente di psicologia, di comprensione, della necessaria sensibilità per attuare un così vasto compito. Ed è precisamente l'Italia, e per essa il Duce, che con la sua acutezza, con la profonda conoscenza psicologica delle necessità degli altri popoli che egli possiede, col senso politico che gli è proprio, può e deve aiutarci a trovare la soluzione che, tenendo conto dei sacrifici sopportati e delle aspirazioni dei popoli, sia veramente la soluzione giusta. Un ordine nuovo imposto dalla Germania con la forza e non realizzato con la preventiva indispensabile cooperazione dell'Italia, non avrebbe che un brevissimo periodo di vita; e dopo di esso sarebbe inevitabilmente il caos. Per questo noi tedeschi aspettiamo e invochiamo i consigli, i suggerimenti, le proposte dell'Italia, cioè a dire di Mussolini.

Che se poi nel periodo culminante della formidabile offensiva della prossima estate dovessimo malauguratamente ed ancora una volta constatare uno svolgimento delle cose non consono ai piani prestabiliti ed il crearsi di una situazione incerta, sarà tanto più necessario correre ai ripari in tempo utile, valendosi, anche e soprattutto in questa occasione, dell'Italia, verso cui si volgono le piccole nazioni europee come alla "madre della civiltà e della giustizia"».

9) A questo proposito si è qui registrata in questi circoli politici riservati con vivo compiacimento la notizia di un incontro, tra cinque o sei settimane, fra il Duce e il Fiihrer. Vi si annette una straordinaria importanza.

Durante le conversazioni con i camerati tedeschi è affiorata l'ipotesi che in occasione del prossimo o di altro incontro fra i due Capi siano convocati anche i Capi dei Governi delle nazioni alleate (Ungheria, Romania, Bulgaria, Croazia, Slovacchia ed eventualmente un incaricato del Giappone), allo scopo di rispondere alla conferenza di Casablanca e di dare una concreta dimostrazione che l'Asse, che conduce questa dura guerra, si preoccupa fin d'ora di preparare le condizioni necessarie alla realizzazione della nuova sistemazione europea (1).

10) Von Ribbentrop è stato molto soddisfatto di avere rinnovato la perso· naie conoscenza con te e di stabilire quella chiarezza di rapporti quale è risultata dal modo con cui assieme a lui hai esaminato determinati problemi. Mi ha detto di considerare ciò come ottima base per un proficuo lavoro (2).

(l) -Con Telespresso 0533, pervenuto il 22, letto e vistato da Mussollni. (2) -Vedi D. 111.

(l) Vedi D. 61, nota 2, p. 86.

(l) -Per la risposta di Bast!anini su questo punto, vedi D. 89. (2) -Il presente documento reca il visto di Mussolini.
72

L'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1369/191 R. Buenos Aires, 4 marzo 1943, ore 14 {per. ore 21).

Miei telegrammi nn. 190, 113 (1), 117 (2) e precedenti telegrammi.

Esaminato stato attuale delicata situazione Argentina fronte pressioni S. U. e altri paesi americani ad essi praticamente sottoposti, accordo Gran Bretagna può costituire importante contributo a rafforzamento posizione Argentina risolvendo grave e urgente problema sua attrezzatura bellica. Su questo argomento questo Governo ci ha f.ornito ripetuti chiarimenti e fattoci note richieste

1767 comma B 5 (5) e 1190 (6) anno scorso e precedenti telegrammi. Segue questione. Riferirò appena possibile (7).

(3) di cui al telegramma di V. E. n. 74 (4) e precedenti; miei telegrammi

73

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. 1416/279 R. Zagabria, 4 marzo 1943, ore 21 {per. ore 23,30 del 5).

Mio telegramma 247 del 26 febbraio (8) e telegramma R. Ministero 95 del 3 corrente (9).

Ieri durante colloquio con Kasche ho avuto conferma che egli era stato tenuto al corrente da questo Governo sulle comunicazioni da me fatte al Poglavnik per ordine del Duce.

Ho ritenuto quindi opportuno dargli la sensazione che direttive impartitemi non avevano carattere segreto per la parte tedesca. Nella conversazione ho ~rovato modo, riferendomi al gioco della politica pendolare del Governo ustascia, di mettere in evidenza che si rende necessaria, nel comune interesse, una stretta collaborazione fatta attraverso consultazioni e chiari atteggiamenti.

Kasche, pur aderendo di massima al mio punto di vista, che ha accolto senza entusiasmo, forse col riserbo di chi attende istruzioni, ha tenuto a ricordare quanto è stato finora fatto in collaborazione (in effetti soltanto formalmente) tra questa e la sua Legazione, ed ha menzionato l'azione della propaganda concertata da noi due nei mesi passati con la parte croata. È da presumere che egli tiene a perpetuare una collaborazione limitata a scambio di vedute e intese a tre che gli permettono con profitto di perpetuare il gioco pendolare.

(l) -Con i telegrammi 793/113 R. del 7 febbraio 1943 e 1346/190 R. del 3 marzo 1943, non pubblicati, Garbacelo aveva riferito sul negoziato e sulla con~lusione dell'accordo commerciale anglo-argentino per la fornitura britannica di materie prime destinate all'industria bellica argentina e la successiva riesportazione dei prodotti in Gran Bretagna. (2) -Non rinvenuto, ma evidentemente sullo stesso tema. (3) -Vedi seria nona, vol. IX, DD. 83 e 277. (4) -Con T. 2793!74 P.R. del 28 gennaio 1943, non pubblicato, Lanza d'Ajeta aveva confermato la risposta data alle richieste argentine con il T. 39279/994 dell'H novembre 1942, che diceva: <<Mi rendo perfettamente conto circostanze da voi prospettate. Nostre esigenze militari sono peraltro -come è ovvio -categoriche. Potrete comunque pregare codesto Governo precisare sue richieste. Faremo da parte nostra il possibile allo scopo esaminare se e quali potranno essere eventualmente soddisfatte. Ma tenetevi sulle generali e insistete piuttosto su nostro spirito amichevole che su proposte o progetti concreti. Conviene, ripeto, lasciare anche questa porta aperta, sia pure soltanto in via di remota possibilità ». (5) -Nel comma B 5 del T. 7720/1767 R. del 6 dicembre 1942, non pubblicato, Garbacelo aveva ricordato: <<Situazione Argentina è divenuta molto difficile questi ultimi tempi oltre che per suaccennate pressioni anche per atteggiamento ostile assunto da alcuni stati confinanti specie Brasile che ha ricevuto da S.U.A. rifornimenti militari mentre Argentina non ha possibilità aumentare suo potenziale bellico. Governo travasi in difficoltà anche all'interno data forza corrente antineutralista appoggiata da Alleati». (6) -Con T. 28454/1190 P.R. del 10 settembre 1942, ore 20,27, non pubblicato, Garbacelo aveva riferito sull'esecuzione delle istruzioni di cui al D. 101, vol. IX, serie nona. (7) -Vedi D. 87. (8) -Con T. 6263/247 P.R. del 26 febbraio 1943 ore 23,15, non pubblicato, Casertano aveva informato di ritenere che Lorkovic avesse dato notizia al ministro tedesco a Zagabria delle comunicazioni fatte a Paveli6 per ordine di Mussolini. (9) -Con T. 7555/95 P.R. del 3 marzo 1943, non pubblicato, Bastianini aveva trasmesso a Zagabria un T. di Alfieri (1267/368 R. del 28 febbraio 1943) recante la stessa notizia.
74

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI, PRUNAS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 4 marzo 1943.

Questo Incaricato d'Affari del Giappone mi ha chiesto informazioni sui recenti colloqui italo-tedeschi di Roma (1).

Gli ho risposto in termini generici, salvo a ritornare con lui sull'argomento, con qualche maggiore precisazione, -come sarebbe forse opportuno -se Voi, Eccellenza, lo riterrete conveniente.

Il predetto Incaricato d'Affari ha aggiunto di aver avuto a Villa Madama un colloquio di una ventina di minuti col Ministro von Ribbentrop.

Egli ha approfittato dell'occasione per esporre al Ministro degli Esteri germanico il punto di vista giapponese in merito alla generale situazione italiana, particolarmente insistendo sulla necessità di dare alle operazioni nel Mediterraneo uno sviluppo più adeguato a quella che è l'effettiva importanza bellica di questo settore e sottolineando l'opportunità che da parte tedesca l'Italia sia sempre associata meglio e più di quanto sia stato fatto in passato a qualsiasi piano per la ricostruzione dell'Europa futura, dando sin da ora all'Italia, senza mercanteggiamenti e riserve, quella parte dì vantaggi che deve effettivamente competer le.

Il Signor Kase si proponeva in tale colloquio -che egli ha definito come soddisfacente sotto ogni riguardo -sopra tutto di servire la causa italiana e di contribuire al rafforzamento dei legami che uniscono le due Potenze dell'Asse a vantaggio e nell'interesse della causa comune.

E di ciò egli vorrebbe, nei prossimi giorni, intrattenerVi personalmente.

(l) Vedi D. 61.

75

IL DIRETTORE DI «REGIME FASCISTA», FARINACCI, AL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER

L. P. Cremona, 4 marzo 1943.

Voglio dichiararVi, ancora una volta, la mia riconoscenza perché mi è stato concesso di visitare Danzica e alcune altre ·città della Germania settentrionale, e perché ho potuto esprimere al popolo del grande Reich la solidarietà del fascismo italiano, che mai come in quest'ora si sente legato a quel Patto d'acciaio che volemmo e difendemmo ed oggi celebriamo al cospetto del mondo col sangue e col sacrificio comune.

Dovunque mi si è presentata l'occasione di parlare, ho assicurato i camerati tedeschi che l'Italia, fedele all'ordine di Mussolini, seguirà l'alleato fino in fondo, e, se occorre, fino alle estreme conseguenze. S'illudono a Londra e a Washington di allettare la nostra nazione, che mai come in questi ultimi tempi sente per i comuni nemici odio .e disprezzo.

Però debbo esserVi sincero. Non tanto le radio e la stampa anglosassoni, ma la stampa cattolica dei paesi neutrali dietro l'ispirazione e l'istigazione dell'Osservatore Romano, crea una certa inquietudine in alcuni ceti cattolici italiani pur vicini al fascismo, a causa della politica che il Reich persegue di fronte alle chiese cattolica ed evangeliche.

Gli operai nostri che ritornano dalla Germania, pur ammirando tutte le grandi virtù del popolo tedesco, non possono tacere la diversità sconcertante fra i due paesi nei riguardi del problema religioso.

Chi vi scrive, Fi.ihrer, è un vostro devoto e non può essere per nulla sospettato, perché sono note le sue polemiche contro il clericalismo, contro il popolarisma, contro gli atteggiamenti equivoci del Vaticano. E nel Vaticano ancora oggi si sussurra che io avrei fatto morire di crepacuore Pio XI da me violentemente combattuto quando si dichiarò filosemita. Così pure sono sempre insorto contro i giornali cattolici, ispirati dall'Osservatore Romano, che tentavano attraverso la questione religiosa di ostacolare la politica dell'Asse o almeno di non farla entrare profondamente nel cuore degli italiani.

Ma nessuno ha finora osato di definirmi anticattolico. E questo perché ho sempre sostenuto che una cosa è la religione, una cosa è il Papa quale Capo infallibile del dogma, un'altra cosa è la politica della Chiesa e in particolar modo del Vaticano. Fissate queste premesse, io ho tolto al Vaticano l'arma più pericolosa, quella di denunciarmi come nemico della Chiesa e di farmi perdere le simpatie presso la stragrande maggioranza dei cattolici che la pensano fascisticamente e si battono con eroismo e lealtà contro i comuni nemici. In verità io sono persino riuscito a far pubblicare articoli di solidarietà sul mio giornale da autentici sacerdoti, anche se contro costoro si sono appuntate

le ire de l'Osservatore Romano.

Io sono cattolico, ma anche se non lo fossi, persevererei per una ragione squisitamente politica, nello stesso atteggiamento e sosterrei la tesi della rigorosa separazione fra religione e politica, fra Chiesa e Stato. Non possiamo negare il fatto che esistono nel mondo circa 900 milioni di anime che si confessano cristiane e che, se pur tali, in gran parte, per tradizione o quasi per forza d'inerzia, sono pronte tuttavia a insorgere, come per offeso orgoglio, quando, o nella sostanza o nell'apparenza delle cose, sembri a loro che ci sia opposizione o avversione da parte dello Stato alle loro chiese.

Gli ebrei hanno saputo con arte diabolica creare un fronte cristiano e !anciarlo contro le nostre due nazioni, accusate di paganesimo! Ed abbiamo assistito al più grande paradosso, anzi alla commedia più abietta, di una Russia dei senza Dio che ha dato la sua adesione a quella che a Londra e Washington chiamano la guerra in difesa della cristianità.

Come Voi sapete, Stalin si è affrettato a ripristinare la libertà dei culti, e intanto va ringraziando l'arcivescovo di Canterbury che continua a inviargli le sue copiose benedizioni; mentre gli Stati Uniti inviano alla città del Vaticano l'arcivescovo Spellman e Roosevelt manovra con abilità giudaica i prelati cattolici.

Senza dubbio in Germania, più nella forma apparente che nella profonda sostanza, si è presa posizione contro le chiese. I cardinali e i vescovi, i pastori evangelici appaiono isolati, esautorati e combattuti nell'esercizio del loro ministero. Non esiste un giornale evangelico o cattolico di qualche importanza che dia l'impressione che almeno i religiosi fedeli alle direttive del Reich possano dichiararsi patrioti e dimostrare il loro fervore alla lotta, come fanno i correligionari degli Stati Uniti e dell'Inghilterra. Praticamente poi il Reich versa somme enormi a tutte le confessioni cristiane e lascia che le chiese siano liberamente frequentate. Ho osservato io stesso che queste chiese sono affollate; ma ho anche notato che ufficiali e soldati vi accorrono ostentando la loro fede e la loro zelante osservanza. È vero, si, che in Germania v'è una parte di religiosi che sono prima cattolici o evangelici e poi tedeschi, ma è anche vero che la maggioranza è molto diversa e questa potrebbe essere guidata, manovrata, sfruttata per combattere la stampa cristiana dei paesi nemici.

Ho parlato con molti dei vostri migliori collaboratori su questo problema, ed essi stessi hanno finito per riconoscere giuste le mie considerazioni di carattere strategico e tattico. Ma ho ricevuto anche l'impressione che, in questo campo, altri ve ne sono che non si rendono conto delle conseguenze nella politica internazionale del loro atteggiamento, oppure, essendo proceduti troppo avanti nella via presa, persuasi di una rapida soluzione della guerra, ora non sanno come far macchina indietro.

Io ritengo che alla prima occasione una vostra parola precisa su questa delicata questione possa orientare e disciplinare tutti secondo le vostre direttive, e si possa raggiungere un fronte totalitario, anche sul terreno spirituale. Ciò avrebbe una enorme ripercussione non solo in Italia dove abbiamo quasi l'unanimità dei cattolici, ma anche in !spagna dove i vescovi ogni tanto versano lagrime per le sorti dei 'Prelati tedeschi, nel Portogallo dove si sfrutta giudaicamente la posizione della Chiesa in Germania, in Irlanda dove i cattolici non aspetterebbero altro che sapere dalla vostra voce che i cattolici e gli evangelici del Terzo Reich combattono senza riserve contro l'Internazionale giudaica anche se questa, con la complicità dei cattolici di protestanti di comunisti, si fa paladina della civiltà cristiana del mondo.

Non costerebbe nulla, o Fuhrer, servirsi di qualche prelato patriota, di cappellani militari che più hanno sentito la guerra, per far sapere al mondo che tutte le accuse che si fanno alla Germania sul terreno religioso sono assurde e infami, e che se provvedimenti sono stati presi contro ecclesiastici, questi provvedimenti hanno voluto colpire coloro soltanto che hanno svolto opera politica contraria agli interessi supremi del Reich, impegnato in una guerra di vita o di morte per la salvezza dell'Europa. Così pure non costerebbe nulla mettere gli Ordini religiosi in condizione di non essere privati delle loro sedi. Se i cattolici tedeschi si dovessero poi lamentare non più a causa delle privazioni che pretendono di soffrire, ma per i «poveri» giudei, allora farebbero il nostro giuoco, perché in Italia, in !spagna, in Irlanda non si concepisce che i Capi di quella Chiesa, che attraverso i dottori i Papi i concili insegnarono a combattere Israele, oggi si erigano a suoi difensori, tanto è vero che da noi la polemica filogludaica non è stata più continuata né dal Vaticano né dall'Osservatore Romano perché manifestamente infruttuosa e dannosa. Bisogna abilmente ridurre i cattolici maligni, che non si allineassero secondo le direttive vostre, nell'ultima trincea del loro spirito fazioso. Solo in questo modo si eviterebbe un danno enorme di fronte all'opinione pubblica.

Non bisogna dimenticarlo: tutte le volte che la Chiesa è stata presa di petto, essa ha saputo sfruttare la «persecuzione» traendone immensi vantaggi.

Ho la ferma persuasione che una tattica così congegnata, sarebbe utile, massime in questo momento, prima a giustificare la accentuata lotta contro i giudei perché nemici del cristianesimo, poi a convogliare tutte le forze contro il comunismo, del quale la chiesa cattolica incomincia a sentire veramente paura.

Flihrer, ho voluto far tradurre in tedesco da un mio fiduciario questa lettera, perché rimanga nella più assoluta riservatezza. Ho scritto a Voi con quella sincerità con la quale mi sarei rivolto al Duce, se l'occasione se ne fosse presentata. In ogni modo perdonatemi ed abbiatemi sempre per il vostro devotissimo.

76

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. 7807/269 P.R. Roma, 5 marzo 1943, ore 3.

Vostro 047 (1).

Per quanto riguarda questione epurazione territorio francese recentemente occupato, il telegramma n. 43770 (2) cui viene fatto riferimento nel vostro, fornisce gli elementi necessari per la parte di carattere generale.

Questo Ministero non ha avuto dall'Ambasciata di Germania nessun'altra comunicazione se non quella riguardante deportazione ebrei dal territorio francese e da altri territori occupati dalle truppe tedesche (3). È appunto in ra

12 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

gione di tali richieste del Governo tedesco, tramite Ambasciata di Germania, che è stato superiormente disposto rimpatrio degli ebrei italiani con i provvedimenti già comunicati a codesta Ambasciata con corrispondenza a parte. In relazione a quanto segnalato nell'ultimo capoverso del vostro telegramma, pregavi di chiarire quali siano richieste formulate da autorità tedesche considerato che dopo provvedimenti disposti da questo Ministero sia con il telegramma 43770 sia con quelli riguardanti rimpatrio israeliti, questione parrebbe in via di massima esaurita. Tuttavia si precisa che se cittadini italiani o ebrei italiani chiedessero di entrare nella zona di nostra occupazione, difficilmente da parte nostra potrebbe essere rifiutato loro ingresso salva adozione nei loro confronti dei provvedimenti ritenuti necessari.

Per quanto poi riguarda ebrei francesi o stranieri nelle zone di nostra occupazione rimane senz'altro stabilito che le misure nei loro confronti non possono essere che esclusivamente prese dalle nostre autorità militari.

(l) -Vedi D. 38. (2) -Vedi D. 38, nota 3. (3) -Vedi D. 59.
77

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA

T. S.N.D. 7808/128 P.R. Roma, 5 marzo 1943, ore 3.

Vostro 135 (l).

Voci che Grigorcea ha riferito a codesto Governo in relazione visita di Ribbentrop a Roma sono destituite di fondamento. Non è affatto vero che Ribbentrop sia stato ricevuto dal Pontefice. Non è neanche vero che tedeschi ci abbiano chiesto un milione di uomini per offensiva prossima estate.

Per vostra riservata informazione posso aggiungere che Ribbentrop non ha anzi avanzato alcuna richiesta m questo senso. Dato che noi non conosciamo quello che tedeschi chiederanno alla Romania, non è il caso che voi siate esplicito con Antonescu su questo punto.

Potete invece far presente ad Antonescu che noi stiamo considerando opportunità di un prossimo incontro italo-rumeno che ci darà modo di avere uno scambio di idee anche sui problemi della collaborazione militare.

78

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1419/159 R. Tokio, 5 marzo 1943, ore 9 (per. ore 7 del 6).

Telegramma di V.E. n. 170 (2). È stata mia precipua cura fin dall'inizio mia mtsswne e continua essere mia costante preoccupazione il mantenere con tutti gli ambienti responsabili

giapponesi e specialmente con questo Ministero degli Affari Esteri i rapporti più stretti e più cordiali. A tale intento -e specialmente oggi che, dopo la nomina del Ministro Tani e l'evoluzione, di cui ho a suo tempo segnalato natura e circostanze, verso una maggiore solidarietà con l'Asse ed un più sollecito interessamento per le vicende della guerra in Europa, mi si offrirebbero più frequenti occasioni per scambi d'idee e di informazioni -sarebbe indubbiamente molto utile che questa Ambasciata fosse tenuta al corrente, anche in via sommaria e saltuaria, delle situazioni nei principali settori europei sulle quali non possiede che le scarse notizie fornite al pubblico dalle Agenzie ufficiali. Nei miei colloqui con persone responsabili ho dovuto sempre constatare lo svantaggio dell'assoluta mancanza di elementi sicuri di informazione, quali qui si attendono da una Rappresentanza diplomatica di primo piano, ciò che esclude possibilità, data speciale forma mentis e notorio riserbo locale, di utili conversazioni che escano dall'ambito del fatto specifico o della trattativa concreta quotidiana (1).

(l) -Con T. 6549!135 P.R. del 1° marzo 1943, ore 21,30, non pubblicato, Bova Scoppa aveva riferito su un colloquio avuto con Mihai Antonescu, nel quale questi gli aveva detto di aver avuto notizia dal Grigorcea che Ribbentrop si trovava a Roma con l'incarico di chiedere al Duce il concorso di nuove truppe. (2) -Vedi D. 54.
79

IL MINISTRO A HELSINKI, GUARNASCHELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1423/57-58 R. Helsinki, 5 marzo 1943, ore 20,50 (per. ore 10 del 6).

Nuovo Governo finlandese è, come il precedente, di concentrazione nazionale essendovi rappresentati quasi tutti i partiti con dosaggi proporzionali di pretto stile parlamentare. L'unico partito escluso dal Governo è quello lappista di estrema destra, il quale non ha voluto continuare a collaborare con Ministro degli Affari Sociali, circa il quale richiamo rapporto mio predecessore 650 del 7 dieembre scorso (2). Nuovo Presidente del Consiglio Linkomies, Professore di Filologia, appartiene al partito conservatore (sua designazione quale Presidente è dovuta al contrasto tra i due principali partiti: social-democratico e agrario) non è personalità politica di primo piano.

Egli è stato nel maggio scorso in Italia (dove ha partecipato celebrazione bimillenaria Tito Livio) e recentemente in Ungheria; si professa nostro buon amico.

Con sostituzione di Witting con Ramsay quale Ministro degli Affari Esteri, oltre a soddisfare influenti gruppi parlamentari si è forse cercato non deludere aspettative Stati Uniti (vedi miei telegrammi 34 e 55) (3). Circa nuovo Ministro degli Affari Esteri Ramsay, richiamo quanto al riguardo ha riferito

R. Ambasciata a Berlino (telegrammi per corriere di codesto Ministero 3920 e

4560 del febbraio u.s.) (1). Per quanto riguarda politica estera è da prevedere nuovo Governo manterrà attuali direttive; ritengo tuttavia che esso cercherà, pur evitando suscitare reazioni da parte tedesca, migliorare possibilmente rapporti con Stati Uniti, come è desiderio maggioranza del Parlamento e di questa opinione pubblica.

(l) -Per la risposta di Bastianini, vedi D. 135. (2) -Non rinvenuto. (3) -Vedi D. 11 e T. 1256/55 R. del 1° marzo 1943, ore 21,05, non pubblicato, sullo stesso argomento.
80

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 1426/144 R. Bucarest, 5 marzo 1943, ore 22,10 (per. ore 11,30 del 6).

Miche! Antonescu mi ha detto che questo Ministro di Ungheria gli aveva fatto a nome suo Governo proposte importanti ispirate a quella nuova atmosfera che si era creata in quest'ultiml tempi tra i due Paesi. Naturalmente egli non ha perduto l'occasione per fare uno sfogo contro i giornali ungheresi accusandoli di violare loro favore accordo politico stampa con articoli violenti di denigrazione dei romeni e della Romania, del testo di alcuni di tali articoli egli mi ha dato lettura.

Gli ho detto che non occorreva sopravalutare importanza scritti che molte volte erano redatti da persone irresponsabili che non sapevano uscire per un breve momento dalla polemica conforme esigeva la storia.

Ho voluto poi. chiedere a questo Ministro d'Ungheria de Nagy -visto che Antonescu non si era sbilanciato a chiarire [in] che cosa consistevano le proposte fatte da parte ungherese -quali istruzioni egli avesse ricevuto da Budapest. Nagy mi ha detto che egli era riuscito a convincere il suo Governo a proporre che due grandi personalità politiche romene e ungheresi si riunissero su territorio di un terzo Stato per discutere su tutto il problema dei rapporti tra i due Paesi. Proposta era ampia e importante e non escludeva esame, entro certi limiti di questioni territoriali. Antonescu si era mostrato molto soddisfatto della cosa. Nagy mi ha pregato vivissimamente di tenere notizia segreta.

Gli ho chiesto se poteva dirmi su quale personalità sarebbe caduta scelta da parte ungherese. Mi ha risposto di ignorarlo ma supponeva che uomo più indicato sarebbe stato conte Bethlen. Da parte romena non sapeva chi avrebbe potuto essere designato.

Nagy ha aggiunto che questo Ambasciatore di Turchia appena tornato da Ankara la settimana scorsa gli aveva comunicato un messaggio speciale di Menemencioglu -amico personale di Nagy -col quale Ministro degli Affari Esteri turco raccomandava a lui e al suo Governo di fare ogni possibile sforzo in questa ora drammatica per accordarsi con la Romania e far fronte comune contro la Russia.

T. -per telescrivente 691/220 R. del 3 febbraio 1943, ore 22 e T. per telescrivente 761/246 R. del 6 febbraio 1943, ore 19,50, non pubblicati, relativi alla nomina del nuovo Ministro degli Affari Esteri finlandese, Ramsay,
(l) -I telegrammi per corriere 3920 P.R. del 6 febbraio 1943, ore 8 e per corriere 4560 P.R. dell'Il febbraio 1943, ore 8, ritrasmettevano a Helsinki il contenuto dei telegrammi da Berlino:
81

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1420/148 R. Bucarest, 5 marzo 1943, ore 22,10 (per. ore 9,30 del 6).

Ho veduto stamane Maresciallo Antonescu che mi ha parlato della situazione militare del fronte est definendola «sfibrante». Ho trovato però Maresciallo piuttosto nervoso forse a causa ultimi avvenimenti a Corte, lui e Michel Antonescu.

Avendomi chiesto se potevo dargli qualche notizia su incontro tra il Duce e Ribbentrop gli ho risposto parafrasando comunicato. Conducator mi ha risposto che quanto io gli dicevo era già da lui conosciuto e con una certa vivacità che denota suo nervosismo mi ha detto: «Noi siamo alleati fedeli; facciamo molti sacrifici per la causa comune e ci si potrebbe trattare meglio di quanto non facciano Berlino e Roma. Intendo dire che in occasione incontri così importanti ci si potrebbe dire qualcosa di più di quello che si pubblica nei bollettini ufficiali ad uso di tutti».

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IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI, PRUNAS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 5 marzo 1943.

A charimento della situazione argentina quale è stata in questi giorni prospettata dal R. Incaricato d'Affari a Buenos Ayres (1), è opportuno tener presente quanto segue:

1°) Gli Stati Uniti tendono a smantellare tutte le posizioni europee nell'America Latina, non soltanto cioè quelle dell'Asse, ma anche quelle dell'alleata Gran Bretagna. La massa più imponente degli interessi inglesi è in Argentina. Per tentare di difenderli e di salvaguardarli, l'Inghilterra pare appoggi segretamente il mantenimento della neutralità argentina, che sola può costituire uno schermo efficace per quella difesa. Questa voce fu ad un certo momento così diffusa da provocare una smentita ufficiale britannica, ad evidente richiesta nordamericana.

2°) Per sfuggire alla pressione degli Stati Uniti, l'Argentina cerca ansiosamente di procurarsi sbocchi per le sue esportazioni e fonti per le sue importazioni che non siano di provenienza nordamericana. Tempo fa ha chiesto a noi (2) e ai tedeschi armi, che non siamo sino ad ora stati in grado di for

nirgli. E ciò sopra tutto per tentare di porsi allo stesso livello degli Stati latino-americani confinanti e sopra tutto del Brasile, che gli Stati Uniti armano in modo minaccioso anche per l'Argentina, la quale, tagliata fuori dai rifornimenti nordamericani, viene progressivamente a trovarsi in uno stato di sempre maggiore inferiorità militare.

3°) L'accordo commerciale anglo-argentino testè concluso può dunque costituire -e il R. Incaricato d'Affari a Buenos Ayres prospetta la situazione in questi termini -un importante contributo al mantenimento e rafforzamento della neutralità dell'Argentina, in quanto appunto le consente di trovare gli sbocchi e le fonti necessari alla sua economia e di risolvere il grave e urgente problema della sua attrezzatura bellica. Uscire, cioè, dall'isolamento creatole artificiosamente attorno dagli Stati Uniti e portarsi allo stesso livello di armamenti degli Stati vicini, in vista dell'incerto avvenire e di probabili intimidazioni e imposizioni.

Per quanto possa parere paradossale, vi sarebbe insomma un terreno di interessi comuni, in questo settore, fra le Potenze dell'Asse e la Gran Bretagna, in funzione anti Stati Uniti (l).

(l) -Vedi D. 72. (2) -Vedi serie nona, vol. IX, DD. 83 e 277.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. s. 3215. Berlino, 5 marzo 1943 (per. l'11).

Il recente convegno di Roma ha suscitato in Germania non solamente la vastissima e aperta, vorrei dire, eco di opinione già segnalata (telegramma di questa R. Ambasciata n. 375 del 1° marzo) (2), ma anche una rispondenza profonda in tutti gli strati della popolazione. L'interesse della massa nel suo complesso per il convegno è stato grandissimo, e bisogna aggiungere che è stato pienamente appagato dal comunicato ufficiale (3). In esso il popolo germanico ha trovato anzitutto la piena conferma della fedeltà italiana sino alla fine, e la prova che non soltanto l'Italia è decisa a marciare con la Germania sino in fondo, ma anche, e proprio nei momenti più difficili, man mano che la guerra si inasprisce e le difficoltà si aggravano, ad accompagnare e, si può anche dire, a sorreggere l'alleata con una volontà di resistenza temprata da venti anni di fascismo ed un apporto di energie costruttive perenni.

Proprio quest'ultimo punto è il più rilevato, negli ambienti politici e diplomatici della capitale del Reich, con una franchezza di discorsi che sono spontaneamente rivolti all'osservatore italiano, e che superano la portata di un riconoscimento per assumere quella di un incitamento -diretto ai tedeschi a perseverare nella strada segnata dalle conversazioni romane.

Le considerazioni principali che si raccolgono in tali ambienti sono di duplice natura.

1 -Dal punto di vista materiale, non pare ci si attenda dall'Italia un contributo molto maggiore di quello attuale. L'Italia, si dice, dà generosamente quello che può. È già da valutare come elemento grandemente positivo, ai fini della causa comune, la magnifica prova di resistenza offerta dall'Italia, il fianco sud dell'Asse, che più si trova a contatto della guerra. Questa si svolge ancor oggi, per la Germania, a migliaia di chilometri e, se si vuol riprendere il concetto della fortezza europea, è pur vero che il Reich si trova al centro di essa, ben difeso da tutte le parti, mentre cielo e mari d'Italia sono gli avamposti dove non è possibile erigere trincee contro il nemico. Che il popolo italiano non si scoraggi, che rimanga sensibile alle redini con cui il Duce incomparabilmente lo guida, che esso sia disposto a durare e pronto a difendersi contro tutte le eventualità, e che «faccia il più possibile da sé », tutto ciò significa per la Germania un tale sollievo, da compensarla di quel minore contributo che l'Italia dia sul fronte orientale o su quello del lavoro.

2 -Dal punto di vista politico, morale, internazionale, dall'Italia ci si aspetta invece molto, sempre di più. Ho più volte registrato, in precedenti rapporti (1), quanto ansiosamente e ripetutamente e da più parti mi giungessero appelli perché il Duce (quando si parla dell'Italia, in Germania, si intende sopratutto il Duce) assumesse un atteggiamento d'influenza sempre maggiore, nei riguardi del Fuhrer e nei confronti di una situazione bellica prolungantesi. Il ragionamento che mi veniva fatto da persone aventi anche veste ufficiale, e maturità e consapevolezza politica, era press'a poco il seguente: <<La coalizione avversaria è, per numero di uomini e per capacità produttiva di materiale, più forte della nostra. Possiamo neutralizzare in parte tale superiorità con l'azione dei nostri sottomarini e con l'impegno innegabilmente più valido dei nostri combattenti. Ma, per tentare di dominarla, dobbiamo far giuoco sui due maggiori elementi positivi a nostra disposizione: omogeneità politica e quindi concordia d'intenti fra i nostri paesi, prontezza di manovra politica in ogni campo.

Intensificare al massimo, quindi, con le armi della propaganda, tutto ciò che possa servire ad accentuare le divergenze fra i tre maggiori componenti la coalizione avversaria, anche per aumentare le preoccupazioni già esistenti in certe correnti inglesi, in primo luogo, e nord e sudamericane. Ma, d'altra parte, svolgere anche una attività politica che permetta di appianare, al momento opportuno, il terreno sul quale può profilarsi una soluzione del conflitto».

<:Noi facciamo una politica passiva», mi diceva recentemente un diplomatico tedesco. «I nostri dirigenti stanno isolati, concentrati nell'osservazione dello sforzo militare, con uno sforzo anche di tensione interna che, da parte di qualcuno di essi, potrebbe essere più utilmente rivolto ad altri compiti. Quando dico politica passiva, s'intende una politica estera, mi riferisco non

1l) Vedi serie nona, vol. IX, D. 454.

115 tanto agli uomini e agli Stati stranieri, quanto agli eventi da cui sembriamo trascinati. Cosi le brillanti vittorie militari che pure abbiamo avute, non sono state sfruttate negli sviluppi di politica estera che se ne potevano forse ricavare. E ancor oggi, molti o troppi parlano di ordine nuovo senza che si sia dato un orientamento preciso su ciò che esso deve significare, praticamente, per i minori popoli europei».

Quanto sopra può sembrare un'autocritica. Ma chi parlava così era persona insospettabile di frondismo, e di provata fede nazionalsocialista. Vero è che la guerra, snudando ed esasperando i sentimenti, ha portato nelle stesse file nazionalsocialiste a due diverse correnti: quella estremista, rinnegatrice della tradizione (essa ha alcuni rappresentanti nel seguito immediato del Fiihrer) la quale intensifica lo sterminio antiebraico e la lotta antireligiosa e vede il futuro ordinamento europeo in funzione d'una prevalenza razziale, dominatrice tedesca: e quella invece normalista, che pesa tutte le possibilità sulla bilancia realistica della vita esterna della nazione germanica, e ad esse vorrebbe adeguare piani e propositi.

Da tale seconda corrente partono voci deluse, ad esempio, per il sistema usato dalla prima nella radicalizzazione interna e nell'applicazione estera del principio direttivo nel megaspazio, leggasi trattamento ai territori occupati

o già entrati comunque nella sfera d'influenza del Reich. E da rappresentanti di tale seconda corrente si è sentito dire, ad esempio, che non è giusto e sopratutto non è abile, da parte germanica, sottovalutare il Vaticano e il cattolicesimo, mentre, se non altro al fini della propaganda, una collaborazione del clero cattolico avrebbe, all'interno e all'estero, salutari effetti, contribuendo a smorzare l'odio feroce alimentato dai nemici contro il popolo tedesco, e a risvegliare nei suoi riguardi una umana comprensione dei popoli, se non dei Governi, nemici.

In questa atmosfera, si può comprendere quale benefico e benvenuto documento sia risultato il comunicato di Roma. Esso ha portato chiarezza, ha indicato ai popoli europei la portata di un regolamento europeo che garantisca loro pace e sicurezza. «Questa volta si è esposto nel comunicato ufficiale -ha scritto un giornale di Dresda -in modo tanto conciso quanto esauriente perché le potenze dell'Asse combattono». «Si può veramente affer

mare che questa volta il comunicato di Roma espone con una precisione unica gli scopi di guerra dell'Asse» (Strassburger Neueste Nachrichten).

Esso ha segnato una delimitazione di obblettivi. «Le potenze nemiche hanno per il futuro mete vaste ma completamente divergenti: le potenze dell'Asse hanno invece obbiettivi delimitati e quindi più facilmente raggiungibili» (Corrispondenza politico-diplomatica). E l'Hamburger Fremdenblatt: «Il programma concretato a Roma è nello stesso tempo un programma di guerra e di garanzia politica della vittoria, che le potenze dell'Asse vogliono ottenere per l'Europa intera». E la Nationalzeitung: «Germania e Italia si dispongono a creare una Europa che riceverà non solo una forma statale ma anche una sostanza interiore tale da assicurare il benessere dei singoli popoli del continente». E il Westdeutscher Beobachter: «Il nuovo ordinamento mira a garantire a tutti i paesi del continente la loro sicurezza, ma non la sicurezza a qualsiasi costo, bensi

quella accompagnata dalla giustizia e dalla possibilità di collaborazione». E la Boersenzeitung: «Una esistenza sicura in una atmosfera di giustizia e di collaborazione, entro le frontiere garantite dal grande spazio europeo: questo è il futuro che noi vogliamo conquistarci in comune, e per raggiungere il quale ogni popolo del continente viene chiamato a offrire il suo pieno contributo».

Le citazioni potrebbero continuare: basti rilevare il loro tono. Si aggiunga che, tanto negli ambienti del Ministero degli Esteri che in quelli della Propaganda del Reich, si è manifestata per il comunicato di Roma un'approvazione incondizionata, non solo per la riaffermazione degli scopi di guerra, ma anche per l'esposizione costruttiva di quelli di pace. E si è poi rilevato come i commenti dei vari Stati europei anche riservati -come fa la Svizzera abbiano dimostrato che la parola levatasi dall'Italia è stata compresa.

Ciò dovrebbe segnare l'inizio di una politica attiva, è voce comune di tali ambienti, per eliminare diffidenze e incertezze e scontenti e per costruire in Europa su basi veramente solide. E in questa missione sommamente politica, in questa fase di lavoro costruttivo, si confida più che mai nel genio del Duce (1).

(l) -Il presente documento reca 11 visto di Mussolini. (2) -Si riferisce al T. 1289/375 R., non pubbl!cato. (3) -Vedi D. 61, nota 2, p. 86.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (2)

R. 3216. Berlino, 5 marzo 1943 (3).

Con il rapporto n. 1817 del 5 febbraio (4) ho riassunto le fasi conclusive della controffensiva sovietica, iniziata nel tardo autunno del 1942 e culminata con la battaglia per Stalingrado.

Riassumevo successivamente, con rapporto 2211 del 12 febbraio (5), i primi sviluppi della offensiva invernale russa vera e propria, che aveva a quella data provocato l'arretramento delle posizioni germaniche, dalla linea del Don e dal Caucaso, alla nuova linea Voronesh -fiume Oskol -Isjium -fiume Donez -foce del Don, lungo la quale si riteneva possibile la resistenza definitiva.

La fase culminante di questa offensiva, che se ha gravitato sopratutto sul settore meridionale, ha investito praticamente l'uno dopo l'altro tutti i restanti settori del fronte, si è svolta fra il 12 ed il 20 febbraio. A partire da allora può dirsi che lo sforzo avversario sia andato progressivamente esaurendosi, mentre appaiono non dubbi segni di efficace attività controffensiva da parte germanica.

Il principio al quale la strategia sovietica si è ispirata nelle sue operazioni, è stato quello dei colpi successivi sferrati in vari punti dell'immenso

fronte e sviluppati a fondo soltanto colà dove la reazione tedesca appariva meno efficiente. Questo concetto è stato applicato mercé l'impiego di una massa veramente ingente di divisioni di fanteria, appoggiate da numerosa artiglieria motorizzata su slitta. Contrariamente alle precedenti esperienze dell'attuale conflitto, sono stati questa volta i cannoni ed i fanti che hanno provocato l'urto iniziale aprendo il varco alle divisioni corazzate ed a quelle di cavalleria che, a loro volta, adottando la norma della tattica offensiva germanica, si sono lanciate innanzi, senza badare agli ostacoli laterali, per agganciare il nemico e raggiungere con la massima rapidità un determinato obbiettivo.

Se l'esame retrospettivo di tali concezioni dimostra come i sovietici, nel secondo inverno della guerra al fronte orientale, abbiano abilmente utilizzato l'esperienza dei mesi precedenti, l'esecuzione prova di quali masse di uomini essi disponessero e su quali riserve di materiali potessero contare.

Il 12 febbraio le forze tedesche nel settore settentrionale sono violentemente attaccate nelle zone di Demiansk e Staraja Russa; in quello centrale subiscono un urto poderoso fra Voronesh e Kursk; in quello meridionale, disteso lungo il Donez fra Karkow e Rostow, fronteggiano il peso maggiore dell'offensiva nemica.

I due capisaldi tenuti dai tedeschi a Sud, Rostow e Karkow, cadono l'uno dopo l'altro a distanza di poche ore. L'azione russa in quel momento si palesa oltremodo pericolosa, sotto forma di due vasti movimenti aggiranti concentrici: l'uno a raggio più limitato tende a chiudere nell'ansa del Donez i corpi di esercito che colà resistono; il secondo più vasto mira a raggiungere il Dniepr e ad avvolgere l'intero settore meridionale del fronte compresa la Crimea.

Mentre le forze germaniche respinte da Rostow ripiegano sul fiume Mius e sono minacciate sulla fronte e sul fianco, le colonne corazzate sovietiche, partendo dalla testa di ponte stabilita sul medio Donez raggiungono con fulminea manovra i tre importanti nodi ferroviari di Krasnograd, Losovaja e Greciansl. Il 17 febbraio, conquistata Pawlograd, i russi si trovano ad una cinquantina di chilometri da Dniepropetrowsk. In quel medesimo giorno la linea difensiva tedesca sul fiume Mius è spezzata.

Ma a partire da questo momento le sorti della battaglia mutano improvvisamente. Nell'ansa del Donez il comando germanico può alla fine disporre delle divisioni ritirate dal Caucaso; sono esse che con uno sforzo eroico ristabiliscono la situazione sul Mius e, passate energicamente alla controffensiva, ricacciano il nemico dai centri del Donbas fino alle sponde del fiume. Fra Karkow ed il Dniepr pure, entrano ora in linea delle divisioni germaniche di riserva. Esse trovano il nemico in crisi: un improvviso disgelo ha

bloccato le artiglierie ed i rifornimenti sovietici montati su slitte. Il 22 febbraio Pawlograd è riconquistata; il 2 marzo il Donez è raggiunto su una lunghezza di oltre 250 chilometri.

Il tentativo dell'alto comando sovietico di una duplice manovra avvolgente è fallito.

Contemporaneamente alla battaglia fra il Donez ed il Dniepr, episodio culminante della campagna invernale del corrente anno, un'altra azione di importanza notevole è in corso nel settore di Kursk.

Conquistata questa città, le forze russe in parte puntano decisamente ad Ovest sulla direttrice di Kiew, dove non incontrano forte resistenza; in parte risalgono a Nord. Il centro ferroviario di Orel si trova così avvolto, perché altre colonne sovietiche scendono per congiungersi con quelle provenienti da Kursk.

Ma il mordente russo è ormai notevolmente ridotto; frequenti disgeli bloccano le slitte motorizzate. Le riserve germaniche vanno aumentando di numero. L'offensiva russa si urta contro una resistenza sempre più salda, oscilla sotto i contrattacchi e malgrado qualche ripresa locale tende in complesso a spegnerst.

Più a nord ancora i tedeschi stanno nel frattempo procedendo ad una vasta operazione di rettifica della linea. Fin dall'autunno 1941 sussistono, in ispecie a Rjef ed a Demiansk, degli enormi salienti che, allungando ciascuno il fronte di qualche centinaio di chilometri, impongono l'impiego di un non indifferente numero di divisioni.

La necessità di risparmiare forze e costituire dei nuovi gruppi di riserve operanti ha d.ndotto l'alto comando germanico a queste operazioni di rettifica che ad esempio nel caso di Rjef assumono proporzioni oltremodo importanti.

Il 3 marzo, alla quotidiana riunione dello Stato Maggiore germanico per l'esame della situazione -secondo mi riferiscono i nostri ufficiali che come di consueto vi hanno partecipato -sono state fatte alcune interessanti constatazioni riassuntive.

A quella data -si è dichiarato -la situa~ione al fronte orientale può dirsi nel complesso ristabilita. Lo sforzo avversario è in massima esaurito o arrestato.

Si è rilevata la costituzione di gruppi oo riserve mobili operanti, che appaiono sufficienti a fronteggiare ulteriori tentativi nemici ed a sistemare il fronte per gli sforzi futuri.

Si è concluso che le operazioni nel settore meridionale, le quali hanno sventato la minaccia russa sul Dniepr e con felice manovra hanno riportato le forze tedesche sul Donez, debbono essere considerate il primo atto della generale ripresa e dell'assestamento del fronte onde creare le premesse strategiche per la nuova offensiva.

Rimane tuttav·ia un'incognita.

Fin dal principio dell'inverno il Comando germanico teme una azione russa nel settore di Cholm, a sud del Lago Ilmen. Questa azione potrebbe gettare i russi, in caso di successo, alle spalle dello schieramento tedesco di fronte a Leningrado ed aprir loro la via dei Paesi Baltici.

L'ammassamento di grosse unità in questo settore, dove le condizioni invernali potranno ancora essere sfruttate per un certo tempo e la recente assunzione del Comando nello stesso settore da parte del Maresciallo Timoshenko lasciano adito al dubbio che effettivamente i russi intendano ancora tentarla.

È oggi certamente prematuro tentare una compiuta valutazione dei risult~ti complessivi delle operazioni invernali al fronte russo; stabilire un com

puto delle perdite reciproche; esprimere un giudizio sulla importanza dell'offensiva sovietica nel quadro generale della campagna.

Ma si può e s~ deve fin d'ora rilevare che se ,gli innegabili successi russi non hanno avuto sviluppi decisivi, ciò si deve, più che alla condotta strategica tedesca, all'abilità manovriera delle singole unità e sopratutto al valore del soldato germanico. La ritirata del Caucaso rappresenterà probabilmente un modello nella storia dell'arte militare. La disciplina di quelle truppe ha permesso che esse nella quasi totalità venissero portate a salvamento: sono queste medesime truppe che, opportunamente utilizzate nel bacino del Donez, hanno deciso di questa battaglia.

Il popolo tedesco, che ha intensamente vissuto le ore angosciose della caduta di Stalingrado, ha prontamente reagito ai duri richiami alla realtà che gli sono stati rivolti dai suoi capi. Dalle notizie raccolte, dal tono di questi appelli esso ha tratto una nuova coscienza della gravaà del pericolo e della necessità di lottare disperatamente per evitare con la sconfitta l'estrema rovina della Patria.

È in tale spirito di risoluzione che partono per i campi e le caserme i nuovi contingenti, destinati alle divisioni in approntamento per la ripresa offensiva dell'estate.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolin!. (2) -In Archivio Centrale dello Stato, Carte Alfieri, busta 6, fase. 23. (3) -Manca l'indicazione della data d'arrivo perché è conservata solo la copia del mittente. (4) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 585. (5) -Vedi D. 16.
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IL RAPPRESENTANTE DEL MINISTERO IN TUNISIA, BOMBIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1460/154 R. Tunisi, 7 marzo 1943, ore 11,15 (per. ore 7 dell'B).

Sono stato iersera ricevuto in udienza privata dal Bey presente il Primo Ministro. La conversazione si è svolta secondo le istruzioni contenute nel telegramma cJi V. E. n. 152 del 22 febbraio u.s. (1).

Alle mie dichiarazioni riguardanti il carattere delle conversazioni con Burghiba costà e il proposito del R. Governo di non voler trattare il futuro assetto della Tunisia ed i rapporti italo-tunisini con altre persone all'infuori del Bey, questi ha risposto che Burghiba è solo rappresentante del Destur e che le aspirazioni da lui esposte sono quelle del suo partito: ha soggiunto che non ha per ora da formulare domande le quali in ogni caso dovrebbero esser concordate coi suoi Ministri e che d'altra parte doveva tenere conto di un trattato che da 60 anni lo legava ad altra nazione. Ha pure chiarito che quando la guerra sarà felicemente terminata si potrà pensare all'avvenire della Tunisia. È chiaro che il Bey in realtà mentre da una parte fa mostra di tener in conto i desturiani fino ad arrivare alle dichiarazioni di cui al mio telegramma n. 128

del 26 febbraio (1), dall'altra intende affermare le sue prerogative avocando a sé il diritto di condurre negoziati, come ha voluto pure prendere posizione contro il programma massimo del Destur cioè di eliminare immediatamente la potenza protettrice affermando di esser legato a questa da trattato che solo potrà essere discusso alla fine della guerra. In conclusione non vuole compromettersi al presente e legarsi per l'avvenire.

(l) Vedi D. 47.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. 8207/287 P.R. Roma, 7 marzo 1943, ore 13,35.

Questa Ambasciata di Germania è stata informata dell'intenzione del R. Governo di non nominare un nuovo Alto Commissario per lo scambio degli allogeni in Alto Adige, in sostituzione del Prefetto Podestà, recentemente destinato a Fiume.

Il R. Governo è venuto a questa determinazione in considerazione del fatto che le questioni di massima relative all'esecuzione degli Accordi 21 ottobre 1939 sono ormai risolte, e che, in seguito allo scambio di lettere 23 luglio 1942 il ritmo dei trasferimenti in Germania degli optanti è stato notevolmente rallentato. Non sembra pertanto più necessario mantenere in vita l'ufficio di Alto Commissario.

Le attribuzioni dell'Alto Commissario Italiano verranno di nuovo affidate al Prefetto di Bolzano come del resto era previsto nell'accordo originario.

Vi prego di portare quanto precede a conoscenza del Governo tedesco, aggiungendo che il Governo italiano sarà grato al Governo tedesco se vorrà concordare, e adottare per parte sua analogo provvedimento. Le attribuzioni dell'Alto Commissario tedesco potranno essere affidate al Console di Germania a Bolzano ritornando così allo stato di fatto previsto dall'accordo sopracitato. P re gasi urgente riscontro (2).

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L'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1459/193 R. Buenos Aires, 7 marzo 1943, ore 14,25 (per. ore 22,45). Mio 191

A questo Ministero Affari Esteri mi è stato detto confidenzialmente ma in modo tassativo che recente disposizione per forniture materiale bellico all'Inghilterra non deve essere considerata in alcun modo come deroga neutralità ar

gentina anzi ne costituisce indirettamente un rafforzamento nei riguardi potitici S.U.A. Trasporto sarebbe effettuato con navi idonee. Dal punto di vista pratico accordo ha per il momento portata alquanto limitata data ristretta produzione Argentina. Tuttavia accordo viene considerato notevole passo verso incoraggiamento industria bellica locale.

(3). (l) -T. 1273;128 R. del 26 febbraio 1943, ore 21,35, non pubblicato, con il quale Bombieri riferiva che il Bey aveva avuto per i desturiani parole di viva cordialità, giungendo a dire che li considerava tra i maggiori rappresentanti del popolo tunisino. (2) -Per la risposta di Alfieri, vedi D. 127. (3) -Vedi D. 72.
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L'ADDETTO ALL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, PIERANTONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N.D. 1591/290/44 R. Sussak, 7 marzo 1943, ore 23,40 (per. ore 19 dell'B). Mio telegramma n. 282/42 (1).

Contrariamente accordi presi anche da Comando Supremo On. O.K.W. Generale Luters intenderebbe far proseguire truppe germaniche verso Mostar, adducendo necessità ristabilire colà e nel vicino Bacino minerario situazione. È invece noto come tranquillità regni sia Mostar che nel contiguo Bacino minerario il quale, sgomberato dalla organizzazione Todt venti giorni fa pur non essendovi serio pericolo di un'azione partigiana su di esso, è stato in questi giorni raggiunto da formazioni M.V.A.C. provenienti da Posusje.

Avanzata tedesca su Mostar, mentre -ripeto -non è giustificata da alcuna necessità militare, farebbe risorgere pericolo contrasti tra truppe germaniche e formazioni M.V.A.C. dell'Erzegovina, compromettendo seriamente azione che Supersloda si propone di svolgere per addivenire pacificamente al disarmo dei cetnid così insistentemente richiesto dalle autorità tedesche, diluendolo nel tempo.

È d'altra parte noto interesse che alcuni ambienti tedeschi dimostrano per miniere bauxite zona Mostar e per contiguo porto Ploce sull'Adriatico.

Generale Robotti è deciso opporsi avanzata truppe tedesche a sud linea Konjic-Val di Rama-Prosor già concordata e Comando Supremo da lui informato della situazione ha approvato in pieno sue intenzioni. Egli partirà domani per Mostar dove cercherà di prendere accordi diretti con Generale Luters.

89

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

L. 1/1.184. Roma, 7 marzo 1943.

Ho sottoposto al Duce il tuo rapporto del 3 corrente (2).

Desidero subito informarti, per tua norma, che il Duce vede con favore l'eventualità, qualora essa dovesse concretarsi, di una riunione dei rappresentanti delle nazioni alleate, destinata a porre le basi della nuova sistemazione europea in risposta alla propaganda nemica ed alla conferenza di Casablanca.

(l) -T. s.n.d. 1415/282/42 R. del 5 marzo 1943, ore 20,30, non pubblicato. (2) -Vedi D. 71.
90

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. P. Berlino, 7 marzo 1943 (per. l'11).

In questi ambienti politici si continua a constatare, come un sintomo veramente interessante della «Stimmung » europea, la eco internazionale avuta dal comunicato di Roma (1). Tale eco conferma quanto ho avuto modo più volte di segnalare: il bisogno di un orientamento politico chiaro e di un'idea costruttiva sentito dai popoli a noi alleati e neutrali e riconosciuto da quella stessa corrente germanica che allo spirito rivoluzionario unisce una coscienza di maturità politica e una valutazione equa delle possibilità presenti e future.

Sta di fatto che il comunicato di Roma, dando adito a così ampia messe di commenti positivi, ha rivelato di essere un documento diplomatico redatto con molta saggezza. Desidero riferirti ora che ho saputo, da informazioni confidenziali, che la bozza che era stata consegnata personalmente al Duce da Ribbentrop, prima della colazione a Palazzo Venezia, era il risultato di una lunga elaborazione. La sua stesura era stata concordata da Ribbentrop con i suoi diretti collaboratori dopo faticosi progetti, correzioni, rifacimenti. Per il caso che al Duce qualche brano non fosse piaciuto, erano state predisposte alcune frasi da proporre a modificazione.

Il Duce afferrò immediatamente l'inopportunità di alcuni punti del comunicato, per la loro formulazione esagerata. Dopo l'elaborazione fatta a Palazzo Chigi, il comunicato, riveduto e corretto dal Duce, risultò bensì improntato a non minore forza e sicurezza, ma equilibrato in modo da ottenere, come infatti è avvenuto, il maggiore effetto psicologico.

Ribbentrop non ha potuto fare a meno di accettare il comunicato così compilato, proponendo solo alcune lievi modificazioni nel colloquio ultimo del tardo pomeriggio di domenica.

È stato evidente del resto, per l'opinione pubblica mondiale, che il comunicato recava l'impronta del Duce. È vero che il Ministro Schmidt, Capo dell'Ufficio Stampa del Ministero degli Esteri del Reich, tornato a Berlino ha detto ai giornalisti che base dei colloqui romani era stato il messaggio del Fiihrer. È vero che lo stesso Schmidt, in una successiva conferenza della stampa estera, ha dichiarato non essere questo il momento di approfondire gli accenni all'ordine nuovo nei riguardi dei piccoli popoli (dichiarazione che non è comparsa nel verbale della conferenza stessa), ma è innegabile che proprio per i piccoli popoli europei il comunicato ha aperto, da Roma, uno spiraglio di luce serena e che la stessa stampa tedesca ha volonterosamente sottolineato il carattere creativo del documento italiano.

Il compito politico dell'Italia è un tema che continua a ricorrere insistentemente in vari ambienti tedeschi. Herbert von Borch, giornalista che appartiene all'Ufficio Stampa dell'Ambasciata di Germania a Roma, ha dedicato un articolo sulla Boersen Zeitung di oggi alla «chiara linea » di Mussolini dal discorso del

2 dicembre a quello del 2 febbraio, e al comunicato del 1° marzo, ha constatato che «nel ventennio fra le due guerre è stata sempre la grande linea di Mussolini, valorizzando le funzioni politiche dell'Italia in Europa, rafforzare la posizione del suo paese e al tempo stesso contribuire all'unità europea. II Duce, come Ministro degli Esteri, dedica la sua speciale attenzione alla soluzione o alla preparazione della soluzione del problema europeo, durante la lotta contro i nemici del continente» (1).

(l) Vedi D. 61, nota 2, p. 86.

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IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ANKARA, GUGLIELMINETTI

T. 8260/127 P. R. Roma, 8 marzo 1943, ore 24.

Viene segnalato che l'Ambasciatore di Turchia a Bucarest, di ritorno da Ankara, ha portato a quel Ministro di Ungheria un messaggio speciale di Menemencoglu con il quale si raccomanda al Governo ungherese di fare ogni possibile sforzo per accordarsi con la Rumenia per far fronte comune contro l'U.R.S.S.

Poiché da varie informazioni sembrerebbe che la Turchia stia facendosi od intenda farsi promotrice di un'intesa fra i Paesi dell'Europa Orientale in funzione sopratutto antibolscevica, si gradirà conoscere quanto potrà risultare costà al riguardo (2).

92

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA

T. S.N. 8283/138 P. R. Roma, 8 marzo 1943, ore 24.

Vostri nn. 146 (3), 147 ( 4) e 148 (5).

Approvo Vostro linguaggio con codesto Governo. Nel corso della visita del signor Ribbentrop non (dico non) sono stati trattati problemi di diretto interesse per la Rumenia. Ove fosse stato altrimenti non avremmo mancato di tenere al corrente Governo romeno. Antonescu intenderà senza dubbio che quello che interessa particolarmente l'Italia nel momento presente è la situazione nell'Africa del Nord e le operazioni nel Mediterraneo. È stato questo l'oggetto principale delle conversazioni itala-tedesche di Roma.

Nello scambio di idee che abbiamo avuto con Ribbentrop sugli aspetti generali della guerra abbiamo tenuto conto delle vedute del Governo rumeno

(-4) T. s.n.d. 1435/147 R. del 5 marzo 1943, ore 22,10, non pubblicato, sullo stesso argomento.

sulle quali voi ci avete informato. È anche per questo che vi abbiamo comunicato (l) intenzione dar luogo ad un prossimo incontro itala-rumeno nel corso del quale è nostro intendimento esaminare a fondo i problemi che interessano i nostri due Paesi.

Dato che visita di Kallay era stata già fissata molti mesi or sono ed è stata poi più volte rinviata non vediamo possibilità di altro spostamento che potrebbe prestarsi ad un malinteso (2).

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Per la risposta vedi D. 110. (3) -Si riferisce al T. s.n.d. 1421/146 R. del 5 marzo 1943, ore 22,10, non pubblicato, relativo al desiderio di Mihai Antonescu di essere ricevuto a Roma prima del Presidente del Consiglio ungherese Kallay. (5) -Vedi D. 81.
93

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. PER CORRIERE 1553/0127 R. Sofia, 8 marzo 1943 (per. il 12).

Mio telegramma n. 122 (3).

Le numerose voci ed informamoni che da qualche tempo girano circa le intenzioni del Governo di Ankara di volere «stringere» qualche accordo con i vicini Paesi dell'Europa orientale per, al tempo stesso; rendere meno facili gli slittamenti di questa zona e neutralizzare l'eventuale pressione sovietica, destano naturalmente in Bulgaria interesse grandissimo.

Per ora, di preciso non vi sarebbe che una presa di contatto tra Ankara e Bucarest (4), per iniziativa turca che si ignora sia o meno suggerita anche da parte britannica. Essa non ha qui suscitata molta sorpresa perché Sofia conosce benissimo come i rapporti turco-romeni siano dimostrati negli ultimi tempi particolarmente cordiali.

Quanto alla situazione turco-bulgara per adesso non si è giunti a nessuna nuova concreta proposta ed i rapporti sono tuttora regolati dalla «dichiarazione» di distensione del febbraio 1941. Non mi risulta, a tale proposito, che l'informazione, apparsa anche sulla stampa turca, relativa alla possibile creazione di una zona neutra sulla linea di frontiera sia basata sulla realtà.

Tutto sommato, Sofia non appare certo aliena dal concorrere in qualche modo a consolidare sempre più la distensione di questa zona e soprattutto ad evitare pericolose rigidità e contrasti. Nei prossimi mesi, quindi, è prevedibile una intensificazione delle manifestazioni formali di cordalità tra Turchia e Bulgaria. Ma quello che sostanzialmente non piace al Governo bulgaro è la circostanza che spesso, allorché si parla di eventuale pressione bolscevica da queste parti, si fa allusione al preteso «pericolo» di una Bulgaria slava e comunistoide che andrebbe «sorvegliata » dai vicini, leggi Turchia e Rumania. In tale programma infatti la Bulgaria finisce sempre per scorgere, «mutatis mutandis », i tradizionali sospetti ed ostilità dei vicini stessi.

13 -Documenti diplomatici -Serie IX -Voi X

(l) -Vedi D. 77. (2) -Bova Scoppa rispose con T. s.n.d. 1540/162 R. dell'll marzo 1943, ore 22, quanto segue: «Mihai Antonescu mi p<ega di ringraziarVi vivamente vostro cortese telegramma. Ha perfettamente compreso portata conversazioni italo-tedesche di Roma e mi ha pregato esprimerVi s].la gratitudine per chiarimenti che avete voluto fornirgli e per alta comprensione dimostrata ai suoi propositi ed alle sue icl.ee ». (3) -Non rinvenuto. (4) -Vedi D. 56.
94

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. s. 828/297. Zagabria, 8 marzo 1943 (per. il 10).

Seguito mio rapporto n. 272 del 27 febbraio e mio telegramma n. 279 del 4 corrente (1). Col rapporto sopra citato, ho avuto l'onore di riferire a V. E. in merito alle comunicazioni fatte al Poglavnik secondo le istruzioni impartitemi dal Duce.

Da allora il Poglavnik ha mostrato di voler esaminare le possibilità per un mutamento di indirizzo. Ma, in verità, egli appare indeciso, come se, riavutosi dalla prima impressione di gravità che lo induceva a provvedere con nostra soddisfazione, aspettasse ora appoggio da parte tedesca o direttive sul da fare. In questo suo atteggiamento egli è senza dubbio incoraggiato da alcuni suoi ministri.

In un colloquio del 5 corrente, il Poglavnik mi espresse il proposito di affidare a una Commissione itala-croata, composta di quattro persone, il compito di concertare provvedimenti per l'esecuzione dei punti principali e tuttora attuabili del Memorandum da me consegnatogli nel giugno scorso. Gli feci osservare che la Commissione, per poter raggiungere qualche risultato rispondente alle Superiori direttive che ho ricevute, dovrebbe essere presieduta da lui stesso, data l'importanza degli argomenti di carattere squisitamente politico, e dato che Lorkovic è da noi considerato come il maggiore responsabile della politica negativa svolta sinora con l'Italia, fatta di malintesi, di inganni, di ostruzionismi, di attività segreta ai nostri danni. Aggiunsi che dovrebbe essere senz'altro esclusa la trattazione di questioni militari in quella sede: le esigenze belliche e operative non possono formare oggetto di discussioni nell'attuale momento, perché rispondono all'imperativo della guerra e vengono regolate da intese del Comando Supremo italiano con quello germanico.

Comunque -conclusi -la Commissione non potrà lavorare utilmente né seriamente, se prima il terreno non sarà sgombrato da osta,coli frapposti fin dai primi mesi di vita dello Stato croato.

In un successivo colloquio del 6 corrente, ricondotto da me sull'argomento, il Poglavnik, con allusione abbastanza comprensibile, mi ha fatto intendere che gli errori della sua politica estera segnalati dal Duce (alludeva alla politica pendolare e all'!irredentismo), erano in gran parte dovuti a una volontà estranea, che agiva influendo e premendo direttamente su lui o attraverso uomini responsabili croati.

Richiamai allora la chiarezza di alcune affermazioni del Fiihrer nelle conversazioni avute col Poglavnik in occasione dell'incontro al Quartier Generale del settembre scorso (2), affermazioni che ci risultano dal verbale consegnatoci a suo tempo da parte tedesca, e che per noi erano conferma al riconoscimento degli interessi preminenti dell'Italia nello spazio vitale croato.

(-2) Vedi serie nona, vol. IX, DD. 146, 158, 162.

Pavelic trovò necessario escludere che si trattasse di influenze esercitate da Berlino e tanto meno che si fosse manifestata in tal senso la volontà del Fiihrer, ma ribadì la sua giustificazione («volontà estranea che agisce, ecc.»). Della Commissione non mi ha più parlato.

Queste dichiarazioni rivelano il fondo della questione. Che cosa dovremmo dedurne? Nel caso attuale, che Pavelic è trattenuto dal comportarsi come vorremmo soprattutto perché è stato tranquillizzato dalla sollecitudine di qualcuno (il Ministro .Kasche o il Generale Glaise von Horstenau), al quale Lorkovic si affrettò a confidare le proprie preoccupazioni, subito dopo le comunicazioni da me fatte.

Glaise è un generale per modo di dire, non prepara piani di operazioni, né risulta che sia in grado di prepararli. Non ha comando di truppe, ma ha funzioni di « plenipotenziario militare», e si occupa perciò di politica mentre i Generali Luthers, Fortner, Reichert, ecc. conducono le operazioni e sovraintendono alle truppe, mantenendo con lui rapporti di rispetto e, qualche volta, di tolleranza. Glaise è un austriaco, notoriamente speciaLista di problemi centro-europei e balcanici: si muove continuamente tra Vienna, Budapest, Belgrado e altre capitali e località.

Il suo passato nella Monarchia Asburgica, la sua tendenza a operare come strumento preparatore di un ricorso storico, spiegano ben chiaramente l'attività che egli svolge da due anni qui. Il suo pensiero può riassumersi nelle segueJ?ti dichiarazioni confidenzialmente fatte al Capo della nostra Missione Militare un anno fa: «Il Fiihrer ha deciso che la Croazia debba entrare nella sfera di influenza dell'Italia. Io, come austriaco, non capisco una Croazia nella sfera di influenza italiana, ma questa è una decisione del Fiihrer e non la discuto. L'opinione tedesca in Croazia deriva quasi da una naturale simpatia e colleganza spirituale dovuta a tradizioni storiche. Se l'Italia avesse· risolto in altra forma il problema dalmata-Dalmazia aggregata interamente ai Croati avrebbe avuta la gratitudine e l'amicizia della Croazia».

Kasche, Ministro del Reich, ha assunto la parte di deus ex machina, « protektor » dei croati, sia per quanto ad essi viene largito da Berlino sotto forma di appogg,io diretto (contributo militare; forniture di armi, viveri, prodotti in genere, ecc.), che sotto forma di aiuti verso terzi. ,

L'atteggiamento protettivo di Kasche si appalesa anche nel secondare le tendenze croate rivolte contro i nostri interessi. A proposito del porto adriatico di Ploca, riferii il 10 giugno (telecorriere 0101) (l) che mi era risultato aver egli preso accordi diretti col Governo croato, per costruire quel porto a nostra insaputa. Kasche, parlando con me, .giustificava tutto questo, sottolineando «il dovere di appoggiare i croati». Dalla sua premura era escluso, quindi, ogni rigùardo per noi e per i nostri interessi.

Qualche giorno dopo, in un colloquio di chiarimento al quale venni autorizzato dal R. Ministero (18 giugno, telecorriere 0109) (2), Kasche, insistendo sulla questione del porto di Ploca e facendo appello allo spirito di nostra collaborazione, rispose a una mia domanda che « a suo tempo aveva ricevuto da

(:!) Vedi serie nona, vol. VIII, D. 628.

Berlino istruzioni nel senso di tener conto della nostra posizione preminente nello spazio vitale croato», ma con la formula semplicistica «i croati hanno bisogno dell'aiuto tedesco, tutte le loro energie debbono essere da noi utilizzate», egli fece una netta limitazione alla nostra libertà di movimento in Croazia, implicito incoraggiamento al gioco pendolare dei croati. Secondo lui, si tratta di «un naturale stato di fatto»; «la collaboraziorie tedesco-croata può essere considerata come un derivato della simpatia tradizionale che viene alimentata da ogni forma di appoggio, di valorizzazione e di propaganda, anche perché non esistono interessi territoriali, né ragioni politiche di contrasto fra i due Paesi». Non mancò, a questo proposito, di riferirsi alla Dalmazia, come motivo di attrito fra noi e i croati. Accennò pure «al sentimento marinaro di questa gente», aggiungendo che era «difficile comprimerlo, e che avrebbe dovuto passare del tempo prima che l'op1nione pubblica si adattasse alla realtà dei nuovi confini». Si mostrò imbarazzato per un riferimento da me fatto a certa propaganda per cui la questione adriatica viene tenuta ancora viva in Croazia, dove si va dicendo che sarà riveduta a favore dei Croati dopo la guerra.

Mentre formalmente Kasche si dichiara disposto alla collaborazione con noi, è legato a punti di vista e a metodi di azione che favoriscono le oscillazioni e le insincerità dei croati.

Tali metodi e punti di vista è da augurarsi che cambino, dopo le istruzioni che gli perverranno da Berlino, a seguito delle assicurazioni fornite da Ribbentrop nei colloqui di Roma (telecorriere di V. E. n. 7625 P.R. (l) del 3 corrente) (2).

(l) -Vedi D.D. 62 e 73.

(l) Vedi serie nona, vol. VIII, D. 606.

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IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER (3)

L. P. (4). Roma, 9 marzo 1943 (5).

Desidero anzitutto ringraziarvi molto cordialmente della lettera che mi avete mandato a mezzo del Ministro Ribbentrop (6), col quale -negli ultimi colloqui a Roma -ho discusso taluni importanti punti della lettera stessa. Ciò nonostante, reputo utile fissare, nelle pagine che seguono, le considerazioni e le conclusioni che mi vengono suggerite da un esame della situazione generale. Permettete che io segua, nell'ordine degli argomenti, quello della Vostra lettera.

1°) Tunisia. Sono lieto di constatare che anche voi, o Ftihrer, considerate la Tunisia come un fattore essenziale dell'insieme strategico.

L'imperativo che ne consegue è chiaro: bisogna rimanere -a qualunque costo -in Tunisia; bisogna in ogni caso rimanervi il più a lungo possibile, poiché questo turberà profondamente e forse definitivamente l'esecuzione dei piani

anglo-sassoni fissati a Casablanca. Per tenere la Tunisia, bisogna allargare la nostra testa di sbarco e non restringerla come vorrebbe Rommel, il che significherebbe di essere schiacciati e -in breve -sospinti verso il mare, senza scampo, data la superiorità che il nemico realizzerebbe attraverso il congiungimento delle sue armate e la possibilità di utilizzare tutti i campi di aviazione della Tunisia, da noi abbandonata. ·È mia conv~nzione che bisogna resistere sulla linea del Mareth. Ma per resistere e magari contrattaccare, è necessario alimentare le nostre forze: è necessario far giungere soprattutto cannoni, carri armati e carburante. Bisogna garantire i trasporti sul tratto breve, ma obbligato, del canale w Sicilia. Per ottenere tutto ciò, o Fiihrer, non mi stancherò mai dl ripeterlo, occorre che l'aviazione de'll'Asse nella zona Sardegna, Sicilia, Tunisia, sia almeno uguale all'aviazione nemica. Noi abbiamo mancato la conquista dell'Egitto a causa della nostra inferiorità nell'av~azione; noi perderemo la Tunisia, se questa esigenza fondamentale non sarà raggiunta.

2°) Balcani. Circa l'azione in Croazia, nel primo tempo del ciclo Weiss, ritengo anch'io che i risultati, se non sono stati decisivi, furono tuttavia soddisfacenti. Quanto all'azione del V Corpo d'Armata italiano, al quale, Fiihrer, fate cenno, il mio Comando Supremo mi fa osservare che (l) il progetto compilato dal Generale LOhr prevedeva l'agganciamento e la distruzione delle formazioni ribelli mediante una rapida avanzata di colonne celeri germaniche su Bihac-Bos. Petrovac-Kliuc. Tali località avrebbero dovuto essere raggiunte sin dal primo giorno, e cioè il 20 gennaio, rispettivamente dalla divisione SS Principe Eugenio (Bihac-Bos, Petrovac) e dalla 717a divisione (Kliuc).

Compito delle truppe italiane del V Corpo era invece quello di avanzare metodicamente da ovest verso est, rastrellando il terreno, con obiettivi le località di Slunj-Bihac-Korenica-Udbina.

Lo svolgimento della manovra non avv·enne come previsto. Mancò l'azione celere in profondità dei tedeschi e gli obiettivi che dovevano essere raggiunti fra il 20 e il 21 gennaio lo furono tra il 28 génnaio e il 3 febbraio.

Le truppe del V Corpo, a cui era affidata l'azione metodica e di rastrellamento, nonostante le gravi difficoltà del terreno montano, della neve alta e dell'accanita resistenza ribelle, raggiunsero regolarmente gli obiettivi assegnati: Slunj il 25 gennaio; Korenica il 2 febbraio; Udbina il 4 febbraio.

Circa la seconda parte delle operazioni, come è stato concertato' col Generale Warlimont, il Comando italiano darà tutto l'apporto possibile per assicurare il fianco delle divisioni tedesche che operano in direzione di Livno-Glamoc e per chiudere le vie di sfuggita verso sud ai partigiani (2).

Il Ministro Ribbentrop vi avrà -Fiihrer -riferito che sull'argomento cetnici-partigiani si è lungamente discusso. Concordiamo pienamente nel ritenere che cetnici e partigiani sono nemici dell'Asse e che domani, soprattutto in caso di sbarco, essi farebbero fronte comune contro di noi e potrebbero metterei in una situazione molto difficile. Dato che, per le necessità della guerriglia -alla

quale, come tutti i balcanici, anche i cetnici sono particolarmente adatti -alcune migliaia di cetnici furono localmente armati dai Comandi italiani e dato che questi cetnici si sono almeno sin qui molto energicamente battuti contro i partigiani, ho chiamato a Roma i Generali Robotti e Pirzio Biroli ·e ho impartito loro i seguenti ordini: a) nessuna ulteriore consegna di armi ai cetnici; b) loro disarmo non appena i partigiani avranno cessato di costituire un movimento armato pericoloso (un brigantaggio a sfondo più o meno politico rimarrà sempre come un fenomeno cronico in quelle regioni); c) il Generale d'Armata Pirzio Biroli è incaricato di prendere contatto e accordi coll'O.K.W. per la ulteriore a21ione da compiere nei confronti del movimento del Generale Mihajlovich, il quale, quantunque sia trattato da traditore nelle trasmissioni delle radio-partigiane, è pur sempre un nemico nostro, dato che è il Ministro della Guerra del governo jugoslavo sedente a Londra. Né mi sono ignoti i piani di revisione territoriale ai danni dell'Italia vagheggiati da questo signore. Mi giunge in questo momento la notizia che le forze tedesche venute a contatto nell'alta Valle Narenta con le formazioni cetniche avrebbero iniziato rapporti di collaborazione. I tedeschi avrebbero ceduto ai cetnici cartucce e bombe a mano (1).

3°) Sbarchi e secondo fronte. Che gli alleati debbano tentare la costituzione di un secondo fronte in Europa, è oramai assiomatico. Le esigenze della Russia sono imperiose. E quando -come io fermamente credo -l'iniziativa russa si sarà definitivamente arenata, gli anglosassoni dovranno far onore ai loro impegni e sbarcare in qualche punto d'Europa. Credo che sia opportuno distinguere fra tentativi di sbarco, che potranno essere numerosi e aventi lo scopo di disorientarci e magari frazionare le nostre forze, e la vera e propria invasione.

Prevedo, cioè, soprattutto quando la Tunisia fosse definitivamente perduta, le seguenti azioni contro l'Italia: a) bombardamenti massicci nelle regioni nord e sud dell'Italia; b) sbarchi di commandos e di paracadutisti in Sicilia e Sardegna, a scopo di migliorare la posizione marittima degli alle·ati. Una invasione vera e propria della penisola è una impresa che gli anglo-sassoni non possono seriamente (2) progettare.

Di fronte a queste eventualità tutti i nostri preparativi di difesa delle due isole sono stati accelerati. Una commissione di vostri Uffi.ciali che ha visitato i sistemi di fortificazione della Sardegna vi potrà riferire. In Sardegna ci sono attualmente quattro divisioni. Una quinta sarà mandata entro il mese. Mi è stato comunicato che la difesa dell'isola sarà perfezionata dall'arrivo di un contingente tedesco, dotato di quelle armi che ci mancano. Poiché, o Fi.ihrer, il nostro dramma è che noi siamo costretti a fare una guerra da «proletari», con le armi residuate dalla guerra del 1915-1918 e solo durante quest'anno cominceremo ad avere quelle armi moderne, senza le quali non si può reggere all'urto di masse modernamente e abbondantemente armate come le anglo-sassoni. Esclusa la sorpresa, io credo che il tentativo di sbarco nelle nostre isole è destinato a fallire.

4° J Spagna. Ho consegnato al vostro Ministro von Ribbentrop copia della lettera che Franco mi ha mandato a mezzo del nuovo Ambasciatore e copia della mia risposta (1). Credo, Fiihrer, che è stato saggio di aumentare coi vostri aiuti l'efficienza delle forze armate spagnole. La Spagna è ancora una carta del nostro gioco -malgrado le oscillazioni della politica di Franco -e credo che potrebbe avere una parte importantissima il giorno in cui ci permettesse attraverso il suo territorio di prendere alle spalle tutto lo schieramento anglo-americano néll'Africa del Nord. Mi risulta che i nemici temono una mossa del genere.

5°) Fronte russo. Voi potete bene immaginare, Fiihrer, con quale attenzione e passione io abbia seguito le vicende delle ultime operazioni sul fronte orientale. Non ho mai dubitato -un solo momento -che le forze armate del vostro Reich avrebbero ristabilito la situazione. L'eroismo dei vostri soldati, che voi documentate attraverso le perdite subite dalle divisioni SS, è stato universalmente riconosciuto. Lo sforzo che la Germania -dopo il vostro appello -si accing·e a compiere, è veramente uni,co nella storia dei popoli. Sono quindi sicuro che a un certo momento i bolscevichi si troveranno dinanzi a un muro insuperabile. Ma il giorno in cui, o Fiihrer, avrete realizzato cogli uomini e colle opere il vallo dell'est, la Russia stremata di forze non rappresenterà più il pericolo mortale di due anni fa e a meno che non abbiate la certezza assoluta· di distruggerne una volta per sempre le forze, mi domando se non sia troppo rischiare ripetere la lotta contro lo spazio inf-inito e praticamente irraggiungibile e inafferrabile della Russia, mentre ad ovest aumenta il pericolo anglo-sassone. Il giorno in cui in un modo o nell'altro sarà eliminata o neutralizzata la Russia, la vittoria è nelle nostre mani. Ma su questo argomento mi riprometto di parlarvi esaurientemente quando riavrò la fortuna di incontrarvi.

6°) Corpo d'Armata italiano. L'Italia non può rimanere assente dal fronte russo e quindi il Il Corpo d'Armata rimarrà in Russia. Dev'essere riordinato e riarmato con armi efficienti, perché con uno schieramento filiforme, qual'era quello dell'Sa Armata italiana sul Don (2), senza riserve e con armi antiquate, le cose non potevano avere uno svolgimento diverso da quello che hanno avuto (3) malgrado l'innegabile tenace resistenza dei nostri reparti. Ma permettetemi di manifestarvi il desiderio che il Corpo d'Armata italiano sia impiegato non in servizi di retrovie, ma in combattimento.

· Da ultimo, consentitemi, o Fiihrer, che io vi ringrazi per il premuroso interessamento per la mia salute. Non sto ancora veramente bene, ma sto meglio e considero il punto più alto della crisi superato. Credo che il tutto sia dovuto alla tensione nervosa di questi ultimi tempi. Non si fa della politica per 43 anni, senza che in qualche sua parte l'organismo non ne risenta. La cosa, in

fondo, non mi preoccupa. L'importante è di combattere e di vincere. Le piccole infermità personali sono episodi insignificanti di fronte alle infermità che le demo-plutocrazie e il giudaismo hanno inflitto al genere umano, infermità che il ferro e il fuoco guariranno.

Rimetto al nostro incontro, che mi auguro prossimo, l'esa:me di altre questioni meno urgenti. Nell'attesa desidero ripetervi che la mia de'ci'sione di marciare con voi sino in fondo è incrollabile. E aggiungere che il popolo italiano nei suoi ceti responsabili è pienamente convinto che sino in fondo bisogna marciare qualunque cosa accada (l).

(l) -Vedi D. 68. (2) -Il presente documento reca il visto di Mussolini.

(3) Ed. in Hitler e Mussolini: Lettere e documenti, cit., pp. 141-146.

(4) -Minuta autografa. (5) -Non risultano gli estremi di trasmissione di questa lettera. (6) -Vedi D. 31. (l) -A partire da questo punto Mussolini inserisce nel manoscritto un brano tratto da un documento del Comando Supremo. (2) -Ha qui termine il brano del documento del Comando Supremo inserito da Mussolini nel manoscritto. (l) -Frase aggiunta da Mussollni sulla minuta dattiloscritta. (2) -Parola aggiunta da Mussolini sulla minuta dattiloscritta. (l) -Per la lett-eru Jl F'runco, velli tièl'ie not>c,, vol. IX, D. 564 e per la risposttt di Mussolini vedi, in questo volume. D. 21. (2) -Questo inciso tra le virgole è stato aggiunto da Mu&solini nella minuta dattiloseritta. (3) -Le successive parole di questa frase sono state aggiunte da Mussolini nella minut"' dattiloscritta
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IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALL'AMBASCIATA DI GERMANIA A ROMA

APPUNTO. Roma, 9 marzo 1943.

In relazione all'appunto del 25 febbraio 1943 dell'Ambasciata di Germania (2), si ha l'onore di far presente quanto segue:

1°) Il desiderio fatto presente al Governo Germanico di procedere in collaborazione con le Autorità di Polizia e Consolari italiane nella Francia occupata dalle truppe germani-che si riferiva solamente all'opportunità di sospendere provvedimenti definitivi nei confronti dei cittadini italiani ariani o non ariani, data l'eventualità che nei confronti di questi ultimi venissero adottati particolari provvedimenti da parte del Governo italiano come effettivamente in seguito è avvenuto. Venivano esclusi i francesi e gli stranieri nei riguardi dei quali non poteva esserci alcuna intromissione da parte italiana.

Per quanto concerne gli ebrei italiani la questione .può considerarsi già regolata, in quanto, come è noto, sono in corso le misure di attuazione del loro rimpatrio.

2°) Per ciò che riguarda i provvedimenti di sicurezza nei confronti di francesi o stranieri pericolosi o di razza ebraica, nei territori francesi occupati dalle truppe italiane, si fa noto che le Autorità Militari e di Polizia italiane pur apprezzando l'offerta di collaborazione provvederanno da sole alle misure necessarie e pertanto l'intervento di Polizia tedesca in tali zone si rende superfluo.

3°) Per quanto si riferisce, infine, all'eventualità che ebrei stranieri o francesi passino o tentino di passare dalla zona di occupazione germanica a quella di occupazione italiana, si fa presente che, fin dal 29 dicembre 1942, le competenti Autorità Italiane hanno ricevuto istruzioni di respingere tali elementi indesiderabili nei territori francesi occupati dalle truppe italiane.

Tali istruzioni vengono confermate.

(l) -Per la risposta di Hitler, vedi D. 116. (2) -Vedi D. 59.
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IL GENERALE PARIANI AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 9 marzo 1943.

Al quesito postomi: qualora richiesto, accettereste la nomina a Luogotenente del Re in Albania, rispondo: si.

Do questa risposta sapendo che la situazione è grave ed il compito difficile avendo sempre considerato l'azione di ·comando come un dovere, anzi il più alto dei doveri, strettamente legato a quello dell'obbedire.

Ritengo però doveroso da parte mia, dopo un riassunto della situazione, toccare alcuni punti che ritengo essenziali per il concreto rendimento della nostra azione in Albania.

La situazione interna è grave: si può sintetizzare in un «caos» nel quale l'unica corrente che sta prendendo sempre più vita è l'italofobia.

Cause. La ·causa basilare di questo stato di cose è l'innato mal•contento (radicato negli albanesi dalla lunga dominazione turca) per ogni disciplina e che trova il suo sfogo nella rtcerca della integrale indipendenza del paese più per il raggiungimento di mire individualistiche o partigiane che per vero senso patriottico.

Con tale preconcetto di indipendenza possono bensì coesistere: l'idea dell'unione personale (Sovrano); quella dell'unione doganale; quella dell'unione monetaria ed altri vincoli, purché negli altri rami sia rispettata l'indipendenza specie nella parte formale.

Il non godere tale indipendenza scosta sempre più da noi gli albanesi.

Il concetto svtluppato nel passato che Italia e Albania hanno identità di scopi e che quindi si debbono trovare in perfetto accordo d'azione, va rapidamente perdendo terreno.

Si va frucendo invece sempre più strada l'opinione che convenga all'Albania di mettersi in condizioni da traue profitto (o quanto meno subire meno gravi conseguenze) qualunque sia il vincitore.

Tale opinione può cosi formularsi: «Mostriamo, coi fatti, la nostra insofferenza al dominio italiano. Qualora vinca l'Asse, potremo sempre mostrare che la nostra azione era di antipatia contro l'occupazione italiana, ma che non siamo affatto contrari, anzi de•sideriamo l'ingerenza tedesca. Se, per contro, vincessero gli anglo-sassoni, ci troveremo nelle migliori condizioni per trattare con essi:..

La campagna contro la Grecia svoltam sul loro territorio, l'andamento della nostra guerra -prima in Africa orientale, poi in quella settentrionale, le notizie sulla lotta in Russia e (forse e sopratutto) la non brillante figura fatta da nostre forze armate impiegate in piccole operazioni di polizi: con grande apparato di forze e di mezzi ma con nessun concreto risultato -hanno fortemente alimentato tale senso di sfiducia.

Questo ha inoltre trovato terreno propizio nel malessere sviluppato da una amministraz,ione basata sulla disgregatrice corruzione politica ed amministrativa.

La creazione di improvvise ricchezze, la visione di sperperi, la conoscenza di mangerie (ad arte divulgate ed esagerate) hanno inoltre creato un ambiente di facile sviluppo per idee (così dette) comuniste. Dico «•così dette :o> perché gli aderenti professano spesso idee nazionaliste.

Sfiducia e malessere non hanno trovato alcun freno al loro sviluppo anche per il pessimo esempio di parecchi italiani, che anziché dare esempio di rettitudine, onestà e giustizia si sono insozzati associandosi ad albanesi in loschi affari e ruberie.

Se a tutto ciò si aggiunge la tendenza individualista, partigianesca, degli albanesi si ha la spiegazione di quel «caos :o> che è venuto creandosi e nel quale manca ogni orientamento e sopratutto una volontà capa.ce di designarlo e imporre su esso una netta linea d'azione.

E poiché si ha la sensazione che, a non lunga scadenza, la lotta possa farsi sentire nei Balcani ne risulta che non solo la situazione è grave ma che esige urgente riparo se si vuoi evitare di giungere all'irreparabile.

Due sono le linee d'azione che si possono adottare:

1° -la forza, considerando l'Albania come terra d'occupazione sulla quale mantenere l'ordine con le baionette. Per questo accorrerebbero però forze adeguate (le attuali non Io sono) ed efficienti moralmente e materialmente (il che ora non è). È da tener poi presente che tali forze sarebbero completamente assorbite in uno ,scopo che non è certamente quello loro a·ssegnato per la guerra, inquantoché sarebbero completamente sottratte a questa. Qualora cioè si dovessero impedire sbarchi, o fronteggiare attacchi di reparti sbarcati, non si avrebbero forze per farlo senza creare dei vuoti dove immediatamente si svilupperebbero focolai insurrezionali.

2° -L'altra linea è quella della collaborazione, che si dovrebbe ottenere inculcando negli albanesi la netta visione del pericolo mortale che essi corrono qualora non difendano, aiutati da noi, le proprie terre. Noi si dovrebbe cioè eccitare e dirigere il loro naturale istinto nazionalista. Un passo in tale senso è già stato fatto con recenti disposizioni (l). Queste però sono apparse più come concessioni strappate che frutto di un programma orientato verso un determinato faro: segno cioè di debolezza anziché di volontà di risolvere.

Come sempre, la linea pratica d'azione si trova nel mezzo e precisamente: programma a base nazionalista (concessioni, non cessioni) e forza decisa ove si trovi resistenza.

I punti che -secondo me -bisogna affrontare e risolvere prima che la situazione si aggravi ancor più sono:

a) forze armate italiane,

b) forze armate, regolari ed irregolari, albanesi,

c) rappresentanza all'estero,

d) controllo italiano.

L'esame di tali punti deve portare a stabilire la linea d'azione da seguire, appoggiata da dinamica e pratka opera di propaganda.

Forze armate italiane. Bisogna ·che queste diano netta sicurezza della nostra volontà e capacità di lotta e -se necessario -di imporsi agli albanesi stessi. A parte l'opera che svolgerà nel campo morale-Mldestrativo il comandante superiore delle forze armate, è necessario aumentare queste forze: le attuali non sono suffkienti per nessuno di questi scopi. Questo punto è di capitale importanza perché si riferisce direttamente all'andamento della guerra.

Forze armate albanesi. Bisogna costituirle con netta veste nazionale in modo da ottenere un esercito pi·ccolo ma ben organizzato, comandato da ufficiali misti. Tale esercito, come anche le forze irregolari alle quali accennerò in seguito, dovrebbero avere un comando delle forze armate albanesi direttamente dipendente dal Comando Superiore delle forze armate operanti in Albania.

Le forze armate alb~nesi dovrebbero essere dislocate in relazione alla situazione politico-militare: di norma le truppe italiane dovrebbero essere tenute piuttosto concentrate, in grado di poter svolgere il loro addestramento per la guerra e di poter rapidamente compiere azioni a massa.

Oltre le forze armate regolari (esercito, gendarmeria e guardie) si debbono avere delle bande irregolari per agire contro banditi, partigiani, etc. Tali bande debbono essere costituite sopratutto sfruttando i cosi detti «riservisti », capi locali avvezzi al tipo di guerriglia, il so'lo atto a fare radicale pulizia degli elementi irriducibili.

Rappresentanze all'estero. Riterrei utile ristabilirle. L'Albania con un netto programma nazionalista sarà convinta di dover marciare con noi. Guadagneremo delle voci che si uniranno alle nostre. Né, d'altra parte, potremmo far sparire le voci contrarie e che si fanno sentire anche senza le rappresentanze!

Controllo italiano. Non so esattamente come ora avvenga: mi riservo esame sul posto, impostando anche questo problema più nel senso della collaborazione che sul fiscalismo.

Il punto essenziale per ottenere l'orientamento di masse verso qualsiasi programma, è costituito dall'opera di propaganda.

Come ho già detto bisogna che in tutti gli albanesi penetri profondamente la convinzione che una sconfli.tta dell'Asse non lascerebbe sussistere l'Albania inquantoché greci e jugoslavi, avidi di vendette e di possesso, 'non lo consentirebbero anche se l'Inghilterra lo ammettesse.

Essi vogliono le terre ed il mare che ora appartiene agli albanesi. Bisogna quindi che gli albanesi possano difendersi, altrimenti sarebbero materialmente distrutti. Questa, per gli albanesi, non è una novità e noi dobbiamo basarci su questo.

Quest'opera di propaganda politica va però sorretta da un'altra propaganda: quella dell'esempio. Per riuscire in Albania occorre essere onesti, volitivi, tenaci, giusti, generosi.

Se noi vogliamo essere realmente rispettati occorre ripulire l'ambiente da troppi sfruttatori, gente che inv·ece di sentire che ha un alto dovere da compiere dando esempio di carattere, onestà, rettitudine, ha approfittato della situazione quasi esclusivamente per far danaro. In Albania, ancor più che altrove, è giusto elogiare chi fa bene ma è ancor più necessario punire chi fa male.

L'Esercito sembra, fortunatamente, esente da critiche in questo campo. Occorre solo togliergli quel carattere territoriale che è andato gradatamente assumendo e ridargli la snellezza e mobilità che deve avere se si vuoi che sia pronto per la lotta.

È quasi sicuro che fra non molto i Balcani saranno teatro d'operazione inquantoché gli anglo-sassoni cercheranno probabilmente di alleggerire (agendo in questo settore) la controffensiva che verosimilmente la Germania scatenerà contro la Russia non appena la stagione sarà propizia.

Altri punti, di minore importanza, ma che pure bisognerà affrontare sono:

a) rimpatrio di persone che, pur avendo avuto benemerenze nel passato, sono legate da vincoli loca'li che occorre spezzare;

b) riduzione di orpelli e incrostazioni che si sono sovrapposti ad una struttura che dovrebbe essere eminentemente semplice, snella e dinamica.

Non tocco, perché non al corrente, la questione dei depositi viveri, materiali, etc. Osservo solo che un punto sostanziale per la tranquillità del Paese è quello di assicurare i viveri indispensabili. So che esiste una assegnazione mensile: bisognerebbe aumentarla (anche in relazione alle scorte, che sembrano ridotte) ma, ad ogni modo, a nessun costo diminuirla.

Duce: ho rappresentato quanto precede perché profondamente convinto della gravità della situazione e della conseguente necessità di stabilire una linea d'azione, diritta e inequivocabiLe, da seguire.

In sintesi il programma deve corrispondere alle seguenti necessità:

1° -ridare fiducia nella nostra volontà e nella nostra capa'Cità di lotta (aumento delle forze armate) ;

2° -ridare fiducia nelle nostre intenzioni (programma nazionalista ed anticomunista);

3° -ridare fiducia nella nostra onestà e giustizia (con l'esempio e l'azione);

4° -assicurare l'alimentazione del Paese (viveri e depositi) ;

5° -usare essenzialmente gli albanesi per la lotta contro i ribelli;

6° -impiego deciso della forza, qualora non si cammini con la persuasione.

Precisata la situazione, concretati scopi, mezzi e modalità per agire, procederò con fermezza e tenacia per superare ogni diffico'ltà, tenendo sempre presente che il grande faro direttivo è la guerra alla quale tutto va subordinato, perché solo dal suo esito scaturirà la soluzione di ogni problema.

(l) Vedi D. 36.

98

IL MINISTRO A HELSINKI, GUARNASCHELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1512/61 R. Helsinki, 10 marzo 1943, ore 15 (per. ore 17,30).

Nel corso prima visita, che ho fatto oggi a nuovo Ministro degli Affari Esteri Ramsay, questi ha confermato intenzione Governo finlandese non solo mantenere rapporti con S.U.A. ma anche possibilmente migliorarE, aggiungendo tuttavia che eg'li non aveva ancora studiato in che modo ciò sarebbe stato possibile.

99

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, FRACASSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 1511/319/10 R. Madrid, 10 marzo 1943, ore 23 (per. ore 1 dell'11).

Questo R. Addetto Militare informa che, secondo notizie pervenute allo Stato Maggiore spagnuolo, attività e preparativi nella base Gibilterra sono notevolmente accresciuti tanto da far paragonare situazione attuale a quella immediatamente precedente a sbarco Nord-Africa francese.

R. Addetto Militare aggiunge essere diffusa opinione che si prepari operazione militare a fondo contro Tunisia, con contemporaneo eventuale tentativo di sbarco in Sicilia (mio telegramma per corri,ere n. 023 del 16 febbraio u.s.) (1).

100

IL CONSOLE GENERALE A ZURIGO, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 1521/17 R. Zurigo, 10 marzo 1943 (per. l'11).

Certo Comm. Carlo Rubiati, industriale milanese proveniente dall'Italia, troverebbesi quindicina giorni albergo «Savoy-Baur en Ville» Zurigo qui inviato da presunto movimento italiano opposizione per studiare preliminarmente con questi ambienti americani possibilità insurrezione in Italia e sbarco alleato nostre coste.

Rubiati sarebbe stato relazioni con Console americano già in funzione Milano che attualmente troverebbesi Zurigo e sarebbe già stato posto contatto con emissario Rappresentanza diplomatica americana Berna.

Sarebbe stato stabilito per prossimi giorm m località non ancora precisata compresa nel tratto ferroviario Goschenen-Zurigo o nei pressi di esso incontro fra Rubiati, esponenti americani Svizzera e quattro esponenti movimento opposizione che dovrebbero provenire Regno scopo approfondire studi e raggiungere accordi.

Poiché presente informazione statami comunicata imminenza partenza corriere Roma ritengo doverla riferire per suo contenuto senza indugio anche se non mi sia stato possibile effettuare alcun controllo.

(1) Vedi D. 30. Il presente documento reca il visto di Mussolini.

101

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1625/023 R. Bucarest, 10 marzo 1943 (per. il 15).

Telegramma per corriere di V. E. n. 7316 del 27 febbraio c.a. (1).

Conversando con Antonescu gli ho chiesto se era esatto quanto avevo inteso dire e cioè che l'ambasciatore turco di ritorno da Ankara gli avesse di·chiarato che « l'esercito turco sarebbe chiamato non soltanto a difendere l'integrità del territorio nazionale, ma anche ad assicurare l'ordine dei Paesi vicini nella eventualità di torbidi anarchtci ~.

Antonescu mi ha detto che dichiarazioni simili non gli erano state mai fatte da Tanriover. Quest'ultimo aveva, si insistito sulla necessità di una solidarietà balcani·ca (2), senza peraltro precisare le modalità d'organizzazione e di funzionamento di essa. L'Ambasciatore era stato v1ceversa esplicito nell'accentuare la vivissima diffidenza del suo Governo nei confronti della Russia. Dopo aver accennato ·che ad Ankara si erano vissuti giorni di ansia nel dubbio che il fronte tedesco all'est potesse essere infranto, Tanriover aveva precisato che il suo Governo, «per quanto non apprezzasse molto il regime bulgaro » tuttavia faceva ogni sincero sforzo per intendersi con la Bulgaria appunto per tentare di costituire una barriera contro il pericolo russo. Per quanto concerneva l'atteggiamento turco Tanriover era stato esplicito: «neppure se l'Asse dovesse crollare in 24 ore noi attaccheremmo la Germania -aveva dichiarato l'Ambasciatore -perché noi non faremo mai nulla che possa servire o aiutare i disegni russi». TanriOver ha riportato ad Antonescu un suo colloquio col Presidente Ismet Inonu. Avendo Tanriover detto al Presidente che in Romania si temeva che la Turchia potesse a un certo momento abbandonare la sua posizione di neutralità in favore dell'Inghilterra, il Presidente gli aveva vivacemente risposto: «scendete nelle vie e nelle piazze delle città e dei villaggi turchi. Se trovate un solo wrco che sia pronto ad allearsi con la Russia e a battersi per la Russia, allora io abbandonerò la neutralità ed entrerò nella guerra».

Se la frase riportata da Tanriover ad Antonescu è vera essa prova qual'è effettivamente il reale sentimento dei dirigenti turchi: fedeltà all'alleanza coll'Inghilterra, amicizia corretta con le potenze dell'Asse, di·ffidenza e paura della Russia. Quest'ultimo sentimento sembra nelle circostanze attuali essere quello che prevale su tutti, data la potenza rivelata dalla struttura sociale e militare dei Soviet e dato n pericolo che rappresenta per la Turchia un'avanzata russa nei Balcani.

Antonescu afferma di g,ver dichiarato a TanriOver che Romania e Turchia hanno posizioni perfettamente analoghe nei eonfronti del pericolo russo e che questo deve creare una speciale solidarietà ed amicizia tra i due paesi specie nell'attuale momento. «Due delle principali vie per penetrare in Europa, le bocche del Danubio e gli Stretti, sono controllati dai nostri rispettivi paesi -ha detto il Presidente -e se saremo uniti costituiremo un grande ostacolo che potrà sbarrare il passo alla marcia dei Soviet verso i Balcani».

Secondo quanto afferma Antonescu Tanriover gli avrebbe detto che i turchi sarebbero lieti di vedere l'Italia alla testa del progettato movimento di solidarietà balcanica per coordinarne l'azione e le possibili finalità.

(l) -Si riferisce al T. per corriere 7316/C. P.R. del 27 febbraio 1943, non pubblicato, che ritrasmetteva a Bucarest il T. per corriere 1212/056 R. del 26 febbraio 1943 da Berlino, non pe!bblicato, relativo all'affermazione sotto riportata dell'ambasciatore turco a Bucarest. (2) -Vedi D. 56.
102

IL COMANDO SUPREMO AL MINISTERO DEGLI ESTERI

TELESPR. S. 21098. Roma, 10 marzo 1943 (per. il 25).

Si porta a conoscenza di codesto Ministero, a titolo strettamente confidenziale, che, per aderire ad espresso desiderio del Fiihrer, esposto dal Ministro degli Esteri del Reich nella sua recente visita al Duce ed in seguito a comunicazioni dell'O.K.W., questo Comando Supremo è venuto nella determinazione di procedere al disarmo delle formazioni cetniche dipendenti dal Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia in quanto, essendo sospette di obbedire agli ordini del Gen. Draza Mihailovic, costituiscono un pericolo potenziale per l'Asse specie nel caso di uno sbarco anglo-americano nella penisola Balcanica.

Il problema verrà affrontato e risolto non appena saranno ultimate le operazioni tendenti all'annientamento delle bande partigiane operanti nei territori croati, in corso d'esecuzione.

Il provvedimento verrà giustificato da parte nostra col motivo che, essendo ormai la regione liberata o quasi dai partigiani, non riteniamo più necessario l'impiego di formazioni anticomuniste.

Ciò considerato, questo Comando Supremo ritiene che la richiesta avanzata da cotesto Ministero con teles,presso n. 8/00910 del 19 febbraio (l) possa considerarsi ormai superata in quanto, una volta proceduto al disarmo delle formazioni cetniche, verranno a cessare i motivi per cui le comunità islamiche della Bosnia-Erzegovina sollecitano la costituzione di bande armate musulmane.

Questo Comando Supremo inoltre, pur concordando con codesto Ministero sull'opportunità di assecondare l'orientamento politico a noi favorevole dei

musulmani della Bosnia-Erzegovina, è del parere che, nel momento attuale, un provvedimento del genere potrebbe dimostrarsi anche poco opportuno in quanto provocherebbe pericolose reazioni da parte dei cetnici e renderebbe più difficile l'esecuzione delle operazioni di disarmo cui si è accennato.

(l) Non pubblicato.

103

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA

T. S. N. D. 8660/143 P. R. Roma, 11 marzo 1943, ore 24.

Da ultimo telegramma n. 138 (1).

Vorrete 'Comunicare a Mihai Antonescu che sua visita a Roma potrebbe di massima aver luogo fra 15 e 20 aprile sollecitando risposta con cortese urgenza (2).

Per vostra informazione aggiungo che visita Kallay a Roma è prevista per fine corrente mese.

104

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO

T. S.N.D. 8661/68 P.R. Roma, 11 marzo 1943 (3).

Vorrete comuni,care a Kallay che sua vmita a Roma potrebbe di massima aver luogo fra 25 e 30 corrente mese sollecitando risposta con cortese urgenza (4). Per vostra informazione lJggiungo che visita Mihai Antonescu a Roma è

prevista fra 15 e 20 aprile.

105

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. 8664/312 P. R. Roma, 11 marzo 1943 (5).

Vostri telespressi 509 (6) e 531 (7). Vi prego convocare Gran Mufti e comunicargli che suoi messaggi sono stati fatti pervenire loro Alto destino.

(-4) Per la risposta di Anfuso vedi D. 106.

Duce segue con grande interesse situazione musulmani in Sangiaccato e Bosnia. Egli ha confermato istruzioni già impartite e cioè che le più efficaci misure devono essere adottate da parte delle nostre autorità militari per porre in grado l'elemento musulmano di quelle regioni di essere salvaguardato e difeso. Le informazioni in possesso di questo Ministero circa i noti incidenti tra musulmani e ortodossi hanno del resto dimostrato che in molti casi il pronto intervento effettuato di iniziativa delle autorità militari italiane locali è già valso a sospendere gli eccessi lamentati.

(l) -Vedi D. 92. (2) -Bova Scoppa rispose con T. s.n.d. 1605/168 R. del 13 marzo 1943, ore 14,30, quanto segue: «Miche! Antonescu ringrazia per vostra cortese comunicazione ed è d'accordo circa data visita a Roma». (3) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza. (5) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza. (6) -Non rinvenuto. (7) -Telespr. n. 3155/531 del 4 marzo 1943 con il quale Alfieri trasmetteva un messaggio del Gran Mufti per Mussolini al quale chiedeva protezione e aiuto per i musulmanl del Sang!accato di Novi Bazar.
106

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. 7778/100 P. R. Budapest, 12 marzo 1943, ore 21,30 (per. ore 21,40).

Presidente del Consiglio dei Ministri è lietissimo accettare invito visita Roma entro data conosciuta (l) e mi incarica di ringraziare Duce per aver tenuto conto del suo vivissimo desiderio di incentrarlo. Mariassy gli ha suggerito limitare suo seguito al minimo ed egli porterà con sé tre o quattro persone: il Direttore Generale Affari Politici e due Segretari tra cui non intende figliuolo. La Signora de Kallay non (dico non) accompagnerà Presidente del Consiglio dei Ministri.

Resto in attesa conoscere date precise e programma: comunque Presidente del Consiglio dei Ministri sa già che carattere visita sarà intonato alle esigenze del momento.

107

IL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZI E TERRITORI OCCUPATI, PIETROMARCHI, AL PLENIPOTENZIARIO D'ITALIA PER LA GRECIA, GHIGI

T. 8818/330 P. R. Roma, 12 marzo 1943, ore 23,30.

Ministro Allard (2), allo scopo avviare direttamente grano canadese verso centri distribuzione Grecia continentale e Peloponneso ha rinnovato proposta che piroscafi svedesi facciano scalo anche Patrasso, Calamata, Volo e in un porto dell'Epiro. Da parte competenti Autorità militari italiane e germaniche è stato confermato divieto scalo piroscafi svedesi in tali porti, mentre è stato consentito che detti piroscafi tocchino Pireo, Salonicco e Heraklion (Creta).

Ministro Allard, in vista assicurare inoltro grano verso centri distribuzione, ha chiesto da parte nostra assicurazione che competenti autorità provvederanno, come fatto sinora, a facilitare trasporto grano per via terra. Questo Ministero

14 -Doc:umenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

ritiene si possa aderire richiesta Ministro Allard, tenuto conto anche assicurazione data a suo tempo da Super-Grecia per trasporto grano da Pireo verso centri Peloponneso (Vostro telegramma n. 15) (1).

Qualora non vi siano obiezioni da parte competenti Autorità in Grecia, assicurazione richiesta da Ministro Allard verrà inserita processo verbale nel quale saranno riassunte questioni trattate a Roma circa applicazione noti accordi per fornitura grano canadese alla Grecia. Si gradirà telegrafico riscontro (2).

(l) -Vedi D. 104. (2) -Vedi D. 67.
108

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO

T. S. N. D. 33/174 R. Roma, 12 marzo 1943, ore 24.

Questo Ministero è al corrente degli a~ccordi interamericani ai termini dei quali il personale diplomatico accreditato presso uno Stato americano non è accettato, in caso di rottura diplomatica, presso altri Stati Americani, che conservino tali relazioni.

Il R. Governo tiene peraltro a dare a quello argentino una nuova prova concreta della sua buona volontà ed amicizia. Data la continuata, arbitraria decisione nordamericana di rifiutare il salvacondotto all'Ambasciatore Pittalis, il

R. Governo terrebbe cioè dare a quello argentino un'ulteriore dimostrazione deH'importanza che annette alla sua Rappresentanza costì, provvedendola di un Capo Missione che trovisi già nell'America Latina e che possa cioè raggiungere Buenos Aires senza inciampi ed interferenze di terzi.

In queste condizioni trovaJSi ancora per qualche giorno il solo Ambasciatore de Rossi, e, come tale, saremmo disposti a proporne il nome al gradimento argentino, sempre naturalmente che ciò non rappresenti per codesto Governo una ragione d'imbarazzo o di difficoltà, data situazione politica generale e situazione specifica di codesto Paese nei confronti accordi anzidetti.

Il nostro proposito, ripeto, è un altro: e cioè di fare tutto quanto è in nostro potere per provvedere l'Ambasciata a Buenos Aires di una Rappresentanza pari all'importanza 'Che le attribuiamo. Un gesto cioè che vuole e deve essere interpretato in soli termini di amicizia.

Fate presente quanto precede ed in questi precisi termini a codesto Ministro degli Esteri in via strettamente confidenziale ed amiiChevole e domandatene una risposta, che sarà tenuta anche da parte nostra strettamente riservata.

In caso affermativo, potreste senz'altro chiedere il gradimento per de Rossi. In caso contrario preghiamo codesto Governo di considerare nostra proposta come non avvenuta.

Questione è peraltro urgente, dovendo -come sapete -de Rossi imbarcarsi per l'Europa fra qualche giorno (3).

(l) -Non rinvenuto. (2) -Con T. 8391/321 P.R. del 17 marzo 1943, ore 14, Venturini rispose quanto segue: «Comando Superiore Forze Armate Grecia al quale è stato comunicato contenuto Vostro telegramma conferma che faciliterà trasporto via terra grano canadese che verrà sbarcato Pireo e esprime nulla osta acché tale assicurazione venga inserita processo verbale di cui al penultimo capoverso telegramma al quale si risponde». (3) -Per la risposta, vedi D. 120.
109

IL MINISTRO A BERNA, TAMARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 889/276. Berna, 12 marzo 1943 (per. il 15).

La formula pronunciata nel comunicato del 1° marzo, dopo il colloquio con Ribbentrop a Roma (l) concernente la ricostituzione dell'Europa, ha suscitato qui molto interesse e molti commenti, ma non ha corretto la diffidenza e la avversione dominanti verso ogni manifestazione politi·ca dell'Asse, tanto più in quanto è stata quasi svalutata dalle note interpretazioni berlinesi. Gli Svizzeri, inclinati, si può dire, per naturale istinto di democratici asso1uti verso i nostri nemi'Ci, non ·credono alla Germania e pensano che la nuova formula sia stata una mossa di strategia politica opposta a Casablanca, suggerita, non da sincere intenzioni, bensì dall'aggravata situazione del fronte russo. Sarebbe stata ideata anche per ispirare fiducia e collaborazione nei paesi europei occupati e ora chiamati a più intense prestazioni di lavoro. Si vede nella manifestazione di Roma uno sforzo per superare i timori suscitati dalla po1iticca tedesca e per offrire delle garanzie opponendo alcuni principii fondamentali a quelli della Carta Atlantica, che hanno prodotto impressione profonda e sollevato speranze nei popoli ora assoggettati ìn Europa. Ma, a giudicare da quanto si legge e da quanto si ode, qui ritengono che la nostra dichiarazione, benché politicamente segni una grande novità, non sia accompagnata da fatti -quali sarebbero un mutamento di pdlitica in Olanda o una dichiarazione sull'avvenire della Polonia -e che perciò non se ne possa misurare il reale valore. Manca la buona volontà o la buona fede per crederci, ma forse, per la turbata mentalità dei neutri, manca anche quel particolare più preciso che permetta di uscire dal generico. Non che si debba concretare la linea di una politica fuori tempo: ma -quando si voglia influire sui vinti e sui neutri -in mezzo alle parole di senso generale, che esprimono più sentimenti che intenzioni, mettere una parola di senso più preciso, un filo più concretamente indi·cativo. Ho avuto per esempio l'impressione netta che, se alla dichiarazione riguardante la assLcurata esistenza dei popoli nello spazio europeo si fosse aggiunto in qualche modo l'aggettivo «federativo» o una frase promettente un'organizzazione associativa, in Svizzera l'impressione sarebbe stata profonda e avrebbe superato anche certe ostilità preconcette. Posso aggiungere: si sarebbe veduto nella preci,sazione una garanzia italiana, a cui si sarebbe creduto, per le promesse tedesche, a cui non si crede e non si crederà. Le parole hanno effetti magici sulle democrazie, le quali in realtà si beano abitualmente più delle frasi astratte: ma in questo momento dichiarazioni e discorsi sono squinternati da tutti i versi come mai prima, in modo speciale se vengono dalla nostra parte, per processarli, però anche e magari per cercare punti di contatto o di possibile consenso. La scelta di una sola parola più precisa può avere particolare importanza. Così ad esempio, ho potuto confermare più volte che se l'Asse, quando si proclama difensore della

civiltà «europea» in cambio dicesse della civiltà «cristiana», o «europea e cristiana 1> troverebbe risonanze molto più larghe.

Bisognerebbe per la stessa ragione trovare un aggettivo complementare più esplicativo per « ordine nuovo »: un aggettivo, non altro. Le ragioni principali che rendono recalcitranti all'« ordine nuovo» anche elementi svizzeri che non ci sono pregiudizialmente contrari sono queste: temono che limiti la loro indipendenza e sovranità più che la defunta Società delle Nazioni, temono che nel campo economico voglia dividere l'Europa in popoli padroni e popoli vassalli o tributari, e che, nell'ordine politico, progetti una collaborazione tra stati che comandano e stati che ubbidiscono. Questa giffidente apprensione è anche nell'animo di molti amici. E nella formula italo-tedesca del 1° marzo non vedono sufficienti garanzie contro quei timori, perché -dicono -i popoli potrebbero avere sicura esistenza e giustizia sociale e lavoro produttivo anche in un ordine che fosse caratterizzato da quei principii di dipendenza e di subordinazione che paventano e aborrono. Questo sarebbe senza importanza, se si intende irrigidirsi nel fare la guerra soltanto con le armi lasciando da parte ogni considerazione politica: ma mi sembra averne, se si ritiene utile anche il manovrare nel campo di un'opinione pubblica « partagée entre deux inquiétudes », come è stato detto, la quale sa ciò che può aspettare dal bolscevismo, non sa ciò che le può apportare la nostra vittoria, e teme il peggio. Per questa ragione mi sono permesso di scrivere.

(l) Vedi D. 61, nota 2, p. 86.

110

L'INCARICATO D'AFFARI AD ANKARA, GUGLIELMINETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1618/143 P. R. Ankara, 13 marzo 1943, ore 18 (per. ore 18 del 14).

Vostro 127 (1).

Quanto mi risulta in merito all'accentuato interessamento turco alla situazione balcanica e alla nota anti-sovietica che gli viene presentata è stato riferito da questa R. Ambasciata ripetutamente per ultimo con mio telegramma

n. 015 del l o corrente (2). Non sembra tuttavia che il Governo turco abbia finora preso od abbia intenzione di prendere in questo momento, una concreta iniziativa per una intesa fra i Paesi dell'Europa orientale in funzione antibolscevica. Impressioni analoghe mi sono state manifestate in questi giorni tanto dal Ministro di Bulgaria, rientrato da Sofia, quanto dalle Legazioni di Ungheria e Romania. L'intonazione antisovietica delle conversazioni che diplomatid turchi vanno tenendo nelle capitali balcaniche appaiono da qui una amplificazione del «disco» suonato da Menemencoglu ai rappresentanti degli Stati del Tripartito dopo l'incontro di Adana. Sta di fatto che anche [da] Stati balcanici, che più prestarono orecchio alla musica di Adana, viene ora rilevato che, a somiglianza dei britannici, an{'he i turchi, per le stesse ovvie ragioni

di non irritare i sovietici, cercavano di attenuare le interpretazioni anti-sovietiche dell'incontro Churchill-Ismet Pascià Inonu.

Va tenuto presente d'altra parte che Menemencoglu, nelle sue conversazioni illustrative (telegrammi di questa Ambasciata 64, 71 e 72) (l) ha chiaramente indtcato che le funzioni ordine che spettano alla Turchia nei Ba1·cani si riferiscono all'eventualità che, per effetto di operazioni belliche, Germania e Italia dovessero ritirarsi loro territori su una linea strettamente difensiva. È difficile pertanto che una qualsiasi iniziativa turca nei Balcani sia ispirata dal proposito di assecondare lo sforzo bellico dell'Asse, anche se è evidente l'interesse turco in una sconfitta dell'Aisse. Sembra ciò stante opportuno che l'attività turca nei paesi balcanici e danubiani sia controllata da vidno, dato che essa potrebbe corrispondere, anche involontariamente, alla manovra britannica diretta a sganciare dall'Asse Romania Ungheria ed anche Bulgaria diffondendo la impressione che l'Inghilterra, attraverso la Turchia e direttamente, potrà difendere quei paesi dallo strapotere sovietico, a condizione che essi non si facciano trovare con le armi in pugno al momento del «collasso» dell'Asse sul fronte orientale.

È interessante comunque che, mentre al Ministro di Turchia a Bucarest noto accanito anglofilo e per la parte avuta nella politica dell'Intesa balcanica si attribuiscono consigli conciliativi tra Romania ed Ungheria, alla Camera dei Comu::1i di Londra Eden, rispondendo in data del 10 corrente ad una... (2).

(l) -Vedi D. 91. (2) -Non rinvenuto.
111

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. 1610/102 R. Budapest, 13 marzo 1943, ore 19,50 (per. ore 7 del 14).

Ho cercato controllare notizie contenute nel vostro telespresso l/1108 del 3 corrente (3). Dell'eventualità di missioni di detta natura in Svizzera o altrove da parte ungherese ho anche parlato incidentalmente col Presidente del Consiglio. Egli pur escludendole aggiunto:

l. -in Svizzera è stato qualche tempo fa l'ex Presidente della Banca Nazionale ungherese Baranyay. È l'unico uomo politico di qua'lche rilievo che vi si sia recato ma non mi risulta che abbia assolto missione di natura politica;

2. -è però intenzione di mandare qualche uomo politico ungherese in Svizzera non per cercare contatti con gli anglo-sassoni ma per controbattere propaganda romena che vi fa Gafencu.

Fin qui KaUay. Per mia parte aggiungo che contatti ungheresi a Ginevra possono attribuirsi a Bethlen. In merito ad essi ho a suo tempo riferito ( 4).

(-4) Vedi D. 40.

Per quanto concerne Baranyay, dato carattere sue trattazioni e sue tendenze politiche (mio rapporto n. 3012/1481 del 27 ottobre u.s. (l) e telegramma per corriere 024 del 5 febbraio u.s.) (2) ed anche attuale ammissione Presidente del Consiglio circa suo viaggio non è escluso che gli si possa ascrivere qualche contatto con elementi anglo-americani in Svizzera, il che potrebbe in certo senso confermare notizie pervenute alla R. Legazione in Berna alla quale sarei grato se potesse fornirne ulteriori al riguardo.

(l) -Vedi serie nona, vol. IX, DD. 569 e 583. (2) -Il documento manca dell'ultima pagina. Per la risposta vedi D. 137. (3) -Vedi D. 70.
112

IL LUOGOTENENTE GENERALE IN ALBANIA, JACOMONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. RR. 1/6858/1515. Tirana, 13 marzo 1943 (per. il 16J.

In relazione alla nota richiesta avanzata da parte albanese (vedi mio rapporto n. 7/3611/720 del 7 febbraio u.s.) (3) di addivenire, alla fine della guerra, ad una revisione della Convenzione 3 giugno 1939 per l'accentramento presso il R. Ministero degli Affari Esteri della gestione degli affari internazionali relativi all'Albania, o meglio ad una sua concordata interpretazione, mi onoro rappresentare a V. E. l'opportunità di dare, nel frattempo, pratica esecuzione alle disposizioni dell'art. 2 della Convenzione stessa per le quali una Commissione permanente mista itala-albanese composta di due membri nominati dall'Italia e di due nominati dall'Albania dovrebbe essere consultata «ogni qualvolta un esame particolare degli interessi albanesi lo richieda ed in special modo circa la conclusione di trattati concernenti strettamente l'Albania:..

Da parte albanese è stato infatti ripetutamente e ancora recentemente fatto presente che, mentre non si è mai proceduto alla nomina di tale Commissione, si è invece qualche volta verificato il caso che il Governo albanese non sia stato informato che incidentalmente od in ritardo della conclusione di accordi in cui l'Albania era direttamente interessata.

Poiché non è da escludersi che le lentezze e le difficoltà che si verificano tutte le volte che viene richiesta al Governo albanese l'approvazione di Convenzioni od accordi interessanti l'Albania siano in parte dovute anche a questo stato di cose, sarebbe forse opportuno esaminare la possibilità di dirimere questo punto di controversia.

In sede di costituzione della Commissione si potrà rappresentare al Governo albanese la necessità e la convenienza di munire i propri rappresentanti di poteri tali che consentano alla Commissione stessa di funzionare ed esprimere validamente il proprio parere, senza che siano necessari continui contatti dei membri a1lbanesi con il proprio Governo.

Sarò grato a V. E. se, per mia norma, vorrà farmi conoscere il proprio pa

rere in merito a quanto più sopra esposto.

(l) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 265. (2) -T. per corriere 798/024 R. del 5 febbraio 1943, non pubblicato. (3) -Vedi D. 2.
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IL SEGRETARIO GENERALE DELLA LUOGOTENENZA IN ALBANIA, MELONI, AL CAPO DELL'UFFICIO ALBANIA, NONIS

L. s. Tirana, 13 marzo 1943 (1).

Ti metto al ·corrente di un fatto di estrema importanza, che si è prodotto

oggi dopo la partenza del Luogotenente.

Qui già circolava da qualche giorno la voce dell'i:mminente sostituzione

di S. E. Jacomoni con il Generale Pariani. Essendosi pertanto creduto di vedere

nell'odierna partenza del Luogotenente una conferma di tali voci, il Consiglio

dei Ministri si è riunito a mia insaputa per esaminare la situazione ed ha de

ciso che, ove ta:Ie eventualità si dovesse realmente verificare, l'intero Gabinetto

si vedrebbe costretto a rassegnare le dimissioni.

Tale decisione è stata presa in considerazi·one del fatto che la .predetta personalità è qui considerata come troppo legata al regime ed agli uomini zoghisti per permettere una effiicace e sincera collaborazione con le persone che sono attualmente al Governo e che, come è noto, furono que.Ile nelle quali trovammo H maggiore .appoggio durante la preparazione degli eventi dell'aprile 1939.

Per scongiurare tale eventualità, il Presidente ed il Vice presidente del Consiglio, il Presidente del Consiglio superiore corporativo fascista ed i Senatori Kruja e Markagjoni hanno redatto il messaggio che rimetto qui unito (2) e che in un primo tempo era stato deciso di far presentare a S. E. il Sottosegretario da un'apposita delegazione albanese da inviarsi a Roma.

Mentre sono riuscito ad impedire che tale progetto fosse messo in atto, non ho creduto, pur sminuendo la fondatezza delle voci, di poter rifiutare la trasmissione dEi! messaggio stesso, sia pure nella maniera più riservata ed indiretta, facendotelo cioè pervenire personalmente, affinché tu possa dargli seguito nella maniera che riterrai più opportuna.

Non ne scrivo direttamente al Luogotenente perché immagino che la cosa non sarebbe di suo gradimento. Attiro tuttavia la tua più seria attenzione sulle conseguenze di una nuova eventuale crisi ministeriale, perché, come ben puoi immaginare, dopo di ciò non potremmo più assolutamente contare sulla collaborazione o sull'appoggio di tutta la parte sana del Paese.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AGLI AMBASCIATORI A SHANGHAI, TALIANI, E A TOKIO, INDELLI

T. 8904/76 (Shanghai) 215 (Tokio) P. R. Roma, 14 marzo 1943, ore 0,30

Questo Incaricato d'Affari del Giappone, d'ordine suo Governo, mi ha fatto in data del 4 corrente comunicazione che trascrivo:

« Governo nipponico desidera informare Governo italiano del suo proposito di iniztare negoziati a Nanchino col Governo Nazionale della Cina per la con

elusione degli accordi relativi alla restituzione delle Concessioni giapponesi in Cina e dei diritti amministrativi nella Concessione Internazionale di Shanghai e nel quartiere delle Legazioni a Pechino. Il Governo giapponese si augura che il Governo italiano voglia procedere alle stesse misure per quanto riguarda la Concessione Italiana di Tientsin, la Concessione Internazionale di Shanghai, il quartiere delle Legazioni a Pechino. Il Governo di Tokio desidera ino-ltre che le Autorità competenti italo-nipponiche in Cina si mantengano al riguardo in stretta collaborazione» (1).

In data di ieri è stata, in risposta, fatta verbalmente al predetto Incaricato d'Affari la seguente comunicazione:

«Il Governo italiano prende atto del proposito giapponese di dare inizio col Governo Nazionale cinese ai negoziati per la conclusione degli accordi reiativi alla retrocessione delle concessioni giapponesi in Cina e dei diritti amministrativi nella Concessione Internazionale di Shanghai e nel quartiere delle Legazioni a Pechino.

Il Governo italiano conferma la decisione già adottata a'l riguardo e comunicata al Governo di Nanchino nello scorso gennaio (2) e considera anche da parte sua l'opportunità di svolgere col Governo Nazionale cinese negoziati analoghi a quelli preannunziati dal Governo di Tokio, sopra tutto per quanto riguarda la Concessione Internazionale di Shanghai che, data la complessità della materia, dovrebbe, a suo avviso, essere esaminata per la prima».

Telegrafato Tokio e Shanghai.

(l) -Annotazione a margine: «Portata da Gasparini 15 marzo». (2) -Non pubblicato.
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IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1623/101 R. Budapest, 14 marzo 1943, ore 14,25 (per. ore 7 del 15).

Mio telegramma n. 57 e precedenti (3).

Presidente del Consiglio mi dice che conversazioni ungaro-romene hanno fatto un notevole passo avanti nonostante strascichi polemiche stampa e sporadid incidenti Transilvania. Alle aperture da Kallay fatte a Bucarest fra il 16 e il 19 del mese scorso Mihai Antonescu ha testé risposto dichiarandosi in linea di massima pronto ad aprire negoziati politici e subordinatamente discutere questioni amministrative economiche e giuridiche relative alla Transilvania ed ai rapporti ungaro-romeni in generale. È intenzione di Kallay di nominare due Delegazioni che dovrebbero trattare l'insieme del problema: alla [prima] Delegazione sarà affidato il compito di discutere la questione politica nei suo com

p lesso; alla seconda appunto quelli da essa sorgenti. Presidente del Consiglio ml ha detto di avere intenzione di proporre che Delegazioni dei due Paesi si incontrino in Italia. Circa il luogo dell'incontro egli pensava a Venezia. Comunque l'insieme dei dettagH è ancora in discussione col Governo romeno. Nomi dei Presidenti delle due Delegazioni non sono ancora noti dovendo il Presidente intrattenerne il Reggente Horthy. Ho detto a Kallay che favorevole avviamento conversazioni sarebbe appreso con viva soddisfazione dal R. Governo che aveva incoraggiato ed approvato auspicata distensione. K!allay ha aggiunto che pur constderando la cosa con tutte le riserve dettate dalla situazione e dall'esperienza del passato pure si aspettava coi raffronti delle Delegazioni un logico miglioramento dei rapporti ungaro-romeni.

(l) -Sull'appunto della Direzione generale degli Affari Transoceanici del 5 marzo 1943 relativo a questa comunicazione giapponese sono annotate le seguenti istruzioni di Mussolini: « Confermare nostro proposito d! restituire, sempre in via di massima e cercando di allentare li più possibile Il ritmo della procedura esecutiva». (2) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 486. (3) -Vedi D. 10.
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IL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI (l)

L. P. (TRApUZIONE) o Quartier Generale del Fuhrer, 14 marzo 1943 (2).

È con grande gioia che ho ricevuto la Vostra lettera (3). La stabilizzazione del Fronte Orientale, che come spero è ormai def,initivamente avviata, mi consentirà, o Duce, compatibilmente con il Vostro stato di salute e con i Vostri eventuali impegni, di incontrarvi personalmente forse già in un tempo assai breve. Io ritengo che ciò è pure assolutamente necessario, poiché gli argomenti sono così vasti e così importanti che non è possibile trattarli esaurientemente in brevi lettere. Oltre a ciò è anche una mia intima esigenza di incontrarmi personalmente con Voi dopo il superamento di una delle più gravi crisi di questa guerra, che ha sottoposto anche i miei nervi ad una prova eccezionale. Ma, come ho accennato più sopra, credo di ,potere ormai ritenere in coscienza che il fronte orientale sia finalmente consolidato e si rafforzerà ancor più nelle prossime settimane, e che la già avviata iniziativa nell'azione ritornerà ormai integralmente nelle nostre mani.

Fra le questioni di maggiore importanza che mi assorbono attua•lmente si trova, o Duce, in prima linea la conservazione e -come vi esprimete giustamente nella Vostra lettera -possibilmente anche l'allargamento delle Vostre posizioni nell'Africa del Nord. In relazione a questo problema, o Duce, desidero prendere brevemente posizione come segue:

l) Il Maresciallo Rommel si è presentato al mio Quartier Generale. Io l'ho mandato per ora in ·congedo per ragioni di salute poiché questa -a giudizio dei dottori ed anche secondo la mia personale impressione -ne ha urgente bisogno.

Al suo posto verrà da me incaricato del Comando del Gruppo di eserciti dell'Africa il Generale Arnim.

Desidero però spiegarmi personalmente ~on Voi, o Duce, sopra il definitivo riordinamento del Comando in Africa. In ogni .caso Vi prego vivamente, o Duce, che sulla messa in congedo del Maresciallo Rommel e sul temporaneo cambio del comando in Africa venga ad ogni costo mantenuto il segreto. D'altronde anche in Germania siffatti cambiamenti di comando non vengono per principio resi di pubblica ragione, ed eventualmente, solo dopo parecchi mesi. Specialmente però in questo ·caso riterrei la divulgazione della notizia molto pericolosa per noi. Vi prego, pertanto, o Duce, di dare in tal senso istruzioni ai Vostri Cgmandi. Poiché, in qualunque modo i posteri vorranno giudicarlo, il Maresciallo Rommel è stato, in ciascuno dei comandi affidatigli, un Capo amato dai suoi soldati, e naturalmente in particolar modo dai soldati tedeschi. E per i suoi nemici egli è stato ed è sempre un nemico temuto.

Ciò che è più tragico è che quest'uomo, che è uno dei più valorosi fra i miei ufficiali, e che dispone di doti eccezionali in fatto di attitudini e di coraggio, abbia fallito sul problema dei rifornimenti, il quale può essere risoito unicamente mediante il massimo sviluppo dei trasporti marittimi.

2) Io ho detto al Maresciallo Rommel precisamente la stessa cosa che Voi, Duce, mi scrivete nella Vostra lettera: la testa di ponte in Tunisia deve essere mantenuta ad ogni costo. La sua estensione non deve quindi restringersi in tate misura da a,gg.ravare con ciò ulteriormente il problema dei trasporti e da metterei quindi in definitiva nella necessità di doverla abbandonare. D'altra parte però io non posso astenermi dall'aderire al parere che tutto ciò può riuscire ed è solo possibile se il problema dei trasporti verrà affrontato e risolto in maniera veramente radicale. Questo è il fattore decisivo, Duce, non tanto l'arma aerea quanto l'organizzazione della scorta di protezione. I trasporti medi ai quali la sola Germania deve far fronte, compresi quelli nel Mar Baltico, comprendono mensilmente da 4 a 4,5 milioni di tonnellate. Di questi, da 3 a 3,5 milioni di tonnellate viaggiano lungo la costa atlantica ed in parte lungo il Canale della Manica per giungere fino alla parte settentrionale della Norvegia. Sarebbe del tutto impossibile, data la momentanea superiorità degli inglesi in fatto di forze aeree, di proteggere solo con forze aeree questa rotta lunga più di 4 mila chilometri. Se ciononostante le nostre perdite di tonnellaggio non raggiungono complessivamente nemmeno il 0,3 per cento al mese, ciò è dovuto soltanto alla perfetta organizzazione del servizio di scorta. È per esempio impossibile proteggere dall'aria una nave contro attacchi aerei notturni, se la scorta non è organizzata e guidata in modo perfetto. Io ritengo inoltre affatto insuffi'ciente la misura mensile di trasporti prevista dal Comando Supremo in 80 mila tonnellate. Le sole forze di terra tedesche in Norvegia vengono rifornite mensilmente in periodi di caLma con circa 140 o 150 mila tonnellate. In queste non sono comprese eventuali forniture straordinarie per la costruzione di fortificazioni costiere, rifornimenti supplementari di munizioni, viveri, foraggi ecc. Il problema di trasportare mensilmente attraverso il canale di Sicilia, diciamo, 150 mila tonnellate, e perfino 200 mila tonnellate, è senza dubbio molto più facile dei compiti che sono imposti a noi nei riguardi di un avversario di gran lunga più forte sul mare e nell'a.ria, il quale con la sua Isola nel punto più stretto del Canale si trova ad a;ppena 39 chilometri dalla nostra costa. Soltanto da Narvik o da Lulea, sebbene il Mar Baltico sia continuamente percorso da sottomarini od aerei russi, noi trasportiamo ogni anno da 6 a 7 milioni di tonnellate di solo minerale ai nostri porti tedeschi. Tutti questi problemi, Duce, vengono risolti solo grazie alla eccezionale organizzazione della scorta dei convogli. Le avanguardie tedesche e le ·imbarcazioni di scorta abbattono ininterrottamente aerei aggressori. In generale il fattore decisivo neNa protezione di un trasporto marittimo, specialmente contro l'attacco di aereo-siluranti, è costituito dal possesso di navi di scorta bene armate e montate da equtpaggi estremamente a.ddestrati. La soluzione di questo problema, Duce, ha tale importanza che da essa dipende la sorte dei Vostri possessi africani e che, ad un tempo, essa costituisce una condizione importante per la chiusura vittoriosa di questa guerra. Poiché qualora tale problema non venga risolto i soldati tedeschi sa;pranno certamente combattere e, se necessario, anche morire onorevolmente, ma con ciò non verrà salvata quella posizione. Per questo Vi ho mandato il migliore uffiCiale di marina che forse la Flotta germanica abbia mai posseduto, il Grande Ammiraglio DOnitz per sottoporvi, Duce, proposte che Vi prego di volere esaminare dal solo punto di vista della necessità di ricorrere a qualsiasi mezzo che sia appropriato per risolvere questo importantissimo ,problema.

3) Sulla base delle carte a mia disposizione, della relazione del Maresciallo Rommel e delle conversazioni con diversi tra i miei più capaci ufficiali di Stato Maggiore ho esaminato a fondo quale sia la linea di condotta che in ogni eventualità ci convenga meglio seguire nei confronti dell'Sa Armata inglese.

Il vantaggio della posizione del Mareth è riposto nel fatto che in circostanze favorevoli essa assicura le migliori condizioni per una azione offensiva. Lo svantaggio è dato dalla indubbia possibilità di essere aggirati da ovest. Se l'avversario -come è nella natura della condotta di guerra inglese -irrompe dopo un potente concentra:mento di fuoco nella posizione attraverso il fronte vtcino alla costa largo fra i 12 ed i 15 •chilometri e contemporaneamente svolge con successo un aggiramento da ovest, ciò può portare anzitutto alla perdita di tutte le unità prive di mobilità. Secondo i miei calcoli la posizione di Gabes e Schott deve essere in ogni caso allestita come una unità fortemente articolata e la difesa deve essere organizzata in modo che alle forze dotate di minore mobilità non possa essere tagliato il collegamento con la posizione dello Schott. A questo modo un .tentativo di aggiramento da occidente -per quanto possibile -può sempre essere respinto tempestivamente per mezzo di operazioni offensive. L'intero settore difensivo deve però essere a mio modo di vedere munito e conservato con ogni mezzo, e cioè fino all'ultimo uomo.

Ho già dato, Duce, al Maresciallo Kesselring l'ordine -in collegamento con un riordinamento del sistema dei convogli -di scagliarsi di tempo in tempo con l'intera aeronautica sopra rsa Armata inglese. Ad ogni modo gli verrà inoltre messo a disposizione tutto quanto in fatto di rinforzi sarà possibile procurargli. Se ci riesce, Duce, di conservare la linea del Mareth -od almeno, come

estrema, la posizione dello Schott -e di riordinare il sistema dei convogli, nessuna forza al mondo potrà buttarci fuori dalle posizioni del Nord Africa. Io ho già dato a tal fine l'ordine che dopo il trasporto della brigata 999, dei dieci Marschbattaillonen come pure della divisione corazzata Hermann Goering, venga altresì preparata per l'Africa la 7• Divisione dei cacciatori paracadutisti. È questa forse la migliore formazione scelta sulla quale la Germania possa 'contare. Una divisione la cui forza di resistenza, sotto la condizione di un sufficiente rifornimento in munizioni e naturalmente in vettovagliamento come pure della sostituzione del materiale logorato, non può essere rotta sotto nessuna condizione neanche da una forza inglese o americana numericamente più volte superiore. Ho visto con piacere che sono già arrivati a Tunisi i primi della seconda Tigerabteilung. Io rimpiazzerò tutte le perdtte della prima (di tali) formazioni e prenderò tutte le misure per mettere a disposizione nuove armi particolarmente pesanti ed efficaci. Tutto questo è però solo un problema di trasporti. Io ritengo la soluzione di questo problema tanto più importante, Duce, in quanto temo che il nemico contemporaneamente all'attacco della sa Armata inglese -che sicuramente deve essere atteso tra breve -lancerà un attacco della prima armata anglo-americana nella direzione di Sfax. Anche per questa ragione ritengo indispensabile di disporre le formazioni corazzate mobili in modo che possano essere impiegate a seconda del bisogno. Ad ogni modo come ultima linea di difesa di fronte all'8• Armata inglese entrerebbe in considerazione solo ancora la posizione dello Schott col fianco appoggiato alla zona montuosa. Concludendo, Duce, riterrei che la posizione del Mareth debba essere difesa finché sia possibile, mentre la posizione dello Schott deve essere mantenuta ad ogni costo. Qualora poi riesca di sistemare il problema dell'afflusso dei rifornimenti, non dubito che prima o poi l'avventura nord-americana non si riveli per gli inglesi

e gli americani come il loro errore più gravido di conseguenze.

Il Grande Ammiraglio Donitz Vi sottoporrà, Duce, una serie di proposte che egli ha discusso diffusamente con me e che secondo il suo modo di vedere ed anche se,condo la mia convinzione sono aidatte a risolvere il problema dei trasporti. Ogni giorno, però, che qui va perduto, può forse portare ad un danno irreparabile. Ciò che è nelle mie forze, Duce, per appoggiare con ogni mezzo questo fronte, sarà fatto.

Tutto il resto, Duce, preferirei discuterlo poi personalmente con Voi. Io credo che nell'ultima decade di questo mese, in quanto le circostanze lo consentano anche a Voi, mi sarebbe possibile di organizzare l'incontro, e me ne rallegro sinceramente di tutto cuore. Sono felice che il mio Ministro degli Esteri mi abbia potuto partecipare che almeno il Vostro aspetto è di nuovo buono. Anche io sono persuaso che la dedizione durante molti anni ad un ideale, che è connesso con un tale carico di preo-ccupazioni e di tensione, non possa alla lunga rimanere senza conseguenze per la salute. Sarà forse un bene per Voi se anche solo per un paio di giorni uscirete dalla Vostra atmosfera, e per me una fortuna se, sottraendomi da!ll'orribile oriente, nel quale da molti mesi giro senza interruzione, rivedrò a Salisburgo una regione che precisamente per noi tedeschi rappresenta nelle sue costruzioni e nelle sue altre manifestazioni artistiche una sintesi fra la natura italiana e la german1,ca.

(l) Ed. in Hitler e Mussolini: Lettere e documenti, cit., pp. 146-151.

(2) -Non risultano gli estremi di trasmissione a Roma. (3) -Vedi D. 95.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. 3705. Berlino, 14 marzo 1943 (per. il 17).

Ti sono grato per la cortese sollecitudine con cui mì hai fatto sapere (l) che il Duce vede con favore l'eventualità di una riunione dei Capi di Governo delle nazioni alleate, perché ciò mi ha dato modo di riprendere opportunamente il discorso con seri esponenti e dirigenti della politica tedesca.

In un primo tempo mi si era consigHato di parlarne -senza naturalmente per adesso impegnare il Duce -a von Ribbentrop. Ma in un secondo tempo mi è stato fatto presente ,che una tale proposta, avanzata dallo stesso von Ribbentrop, non avrebbe in questo momento serie probabilità di accoglimento da parte del Fiihrer, il quale, come è noto, è tutto preso daHe operazioni militari. Mi è stato inoltre fatto osservare che il Fiihrer non ama, in genere, discutere alla presenza e con la partecipazione di parecchie personalità -che sarebbero nel caso specifico certamente sei o sette, rimanendo esclusa la Francia ed in dubbio la partecipazione della Finlandia -anche per evitare che venissero a trovarsi faccia a faccia, con la possibHità di affrontare argomenti delicati, l'ungherese ed il romeno.

Ho replicato che per ovviare a questa situazione, che psicologicamente non tornerebbe gradita al Fiihrer, lo stesso Fiihrer ed il Duce potrebbero conferire coi singoli Capi dei Governi alleati, per poi convocare una riunione plenaria di breve durata, nel corso della quale potrebbe essere approvata una dichiarazione che contenesse la riaffermata volontà di continuare la lotta sino alla fine e che gettasse, sia pure sinteticamente, le basi della nuova sistemazione europea.

I miei interlocutori hanno convenuto che una tale dichiarazione promanante da una tale riunione avrebbe nel mondo intero una grandissima ripercussione ed eserciterebbe una assai benefica influenza in Europa.

Poiché, sempre nel giro del discorso, mi sono state fatte riserve circa la difficoltà di organizzare una riunione del genere, ho ancora repli:cato che la cosa non mi sembrerebbe molto difficile, perché essa dovrebbe durare non più di un giorno: poiché, dovendo avere la riunione -a mio modo di vedere -un carattere di guerra, verrebbero ad escludersi tutte le formalità degli arrivi e delle partenze, nel senso che ogni Capo di Governo dovrebbe arrivare col suo ristretto seguito.

I miei interlocutori, che sono perfettamente convinti della bontà ed efficacia di un ta,le avvenimento, mi hanno fatto presente infine che, come condotta della cosa, è molto megl•i•o cile sia il Duce a proporla personalmente al Fiihrer, saltando intermediari e vincendo così quelle eventuali riserve e incertezze che lo stesso Fiihrer potrebbe fare a chi di tale proposta si rendesse por

tavoce.

A questo proposito mi è stato fatto notare come vi sia una sola persona che il Fiihrer stia ad ascoltare e che abbia presso di lui innuenm: e questa persona è il Duce.

Mi è stato chiaramente detto che per i rapporti di alleanza dei due paesi, per i vincoli di am~cima che legano i due Capi, il Duce può e deve senza nessuna riserva dire chiaramente e fermamente le sue idee al Fiihrer, il quale -da alleato ed amico -dirà con altrettanta franchezza il suo pensiero.

Mi è stato inoltre osservato che, cosa che d'altronde io ho avuto molte volte campo di constatare, anche in questo settore è necessaria molta chiarezza; perché -sono le loro parole -con i tedeschi i discorsi d~plomaUci, le sfumature, i ragionamenti a doppio fondo non hanno assolutamente presa. Secondo la mentalità tedesca le questioni vanno impostate con molta semplicità e con molta chiarezza. E poiché -sono ancora le loro parole -,l'Italia, e per l'Italia il Duce, è maestra di sensibilità, di comprensione e di intuizione politica, è a11'Italia ed al Duce che spetta di prendere tutte le iniziatJi.ve che si ritengano utili e necessarie nell'interesse dell'Asse.

Ho ragione di credere che una tale iniziativa sarebbe moUo bene accetta alle nazioni alleate.

Desidererei pertanto conoscere se in tale situazione io debba parlare specificatamente di ciò a von Ribbentrop: ,parlarne semplicemente per conto mio oppure valendomi di una gener~ca autorizzazione od incarico del Duce; oppure se, secondo quanto ho più sopra esposto, il Duce pensi di accordarsi personalmente col Fiihrer in occasione di un suo prossimo incontro (1).

(l) Vedi D, 89.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. 3706. Berlino, 14 marzo 1943 (per. il 17).

In miei precedenti rapporti ho già avuto occasione di segnalare come durante mie conversazioni con altissime personalità tedesche sia affiorata la tendenza a far credere -da parte germanica -che il contegno di alcuni reparti dell'ARMIR non sia stato nell'ultima offensiva russa particolarmente encomiabile (2).

D'altronde dcordo che in occasione dell'ultima visita di Ciano al Quartier Generale il Flihrer, Goring e Keitel non mancarono di sottolineare in maniera piuttosto evidente tale comportamento (3) ..

Non ho mancato e non manco per mio conto di reagire in tutti i modi possibili, dando anche in questo senso precise direttive ai collaboratori dell'Ambasciata; ed ho al riguardo chiesto @ecificatamente al Generale Marras di darmi una breve documentazione dalla quale risulti come il Comando dell'ARMIR avesse tempestivamente fatto presente la eccessiva estensione del fronte affidato

alle truppe italiane e come pertanto si rendesse necessario l'invio di riserve tedesche; che se tali riserve non fossero giunte in tempo, la situazione sarebbe diventata particolarmente delicata e pericolosa.

Indipendentemente da quanto io cerco di fare in questo senso, vorrei permettermi di attirare l'attenzione del Duce sull'opportunità che il Comando Supremo predisponga fin da ora, sulla base di documenti precisi e di date circostanziate, una breve esposizione, onde confermare che quanto è malauguratamente avvenuto è in istretta dipendenza dalla mancata tempestiva affluenza delle riserve tedesche che erano state formalmente promesse.

Ritngo non superfluo di aggiungere che mi consta in modo preciso come l'Alto Comando tedesco si stia preparando a dimostrare che il cedimento del fronte e tutto quanto si è svolto in conseguenza è avvenuto per co>l:pa deUe truppe alleate. Contro tale manovra bisogna correre ai ripari in tempo. Non tanto per prote,ggere e difendere il valore e l'eroismo del soldato italiano ormai da tutti, ed anche dai tedeschi, ammesso e riconosciuto -quanto per evitare che sull'offensiva della fine del 1942 sul fronte russo si cre·ino leggende antipatiche.

Ed ancora un codicillo. In conversazioni confìdenzialli. con tedeschi mi è stato fatto notare che i soldati italiani che rientrano in patria dal fronte russo sono accolti senza nessuna particolare manifestazione né individuale né collettiva; ciò che può contribuire a rafforzare l'ipotesi e il dubbio che essi non si siano comportati bene. Di qui la proposta che, senza far speciai'i manif-estazioni di entusiasmo, le accoglienze siano adeguate al merito di chi ha degnamente combattuto (1).

(l) -Il presente documento reca il visto d! Mussollnl. (2) -Vedi D. 16. (3) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 430.
119

IL MINISTRO A LISBONA, FRANSONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 1662/380 R. Lisbona, 16 marzo 1943, ore ZO (per. ore 21).

Un membro di questa Legazione giapponese parlando con un funzionario della R. Legazione .gli ha confidato che i tedeschi starebbero facendo dei sondaggi a Tokio ed a Ankara per cercare la possibilità di una ,pa.ce separata con l'U.R.S.S.

Da altra fonte viene riferito che eguali sondaggi i tedeschi farebbero a Madrid, a Lisbona ed in Vaticano per una pace con gli anglo-sassoni.

«In relazione all'ultimo capoverso della lettera citata siete pregato, Eccellenza, di smentire nettamente, ove se ne presenti l'occasione nel corso di conversazioni confidenziali con tedeschi, le voci circa le fredde o comunque inadeguate accogllenze riservate in !talla ai reduci dal fronte orientale ».

(l) Il presente documento reca il visto di Mussollni. Con Telespresso 1/1520 del 24 marzo 1943 il sottosegretario Bastianini rispose:

120

L'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 1663/223 R. Buenos Aires, 16 marzo 1943, ore 15 (per. ore 22,30).

Mio 212 (1).

Ministro Affari Esteri rientrato ieri mi ha comunicato quanto segue:

«Ben volentieri Governo argentino verrebbe incontro proposta R. Governo; tuttavia dopo attento esame questione deve far presente soluzione prospettata comporterebbe necessariamente violazione noti precisi formali impegni interamericani e porrebbe Argentina in si·tuazione molto imbarazzante sopratutto in circostanze attuali particolarmente difficili.

Governo argentino tiene in pari tempo manifestare sua viva gratitudine per attegg.iamento amichevole e comprensivo R. Governo che è stato qui particolarmente apprezza,to.

Suggerirebbe in fine insistere superare note diffi!coltà Ambasciatore Pittalis cui riconoscimento permane naturalmente in vigore» (2).

121

IL MINISTRO A LISBONA, FRANSONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 8541/523/031 P.R. Lisbona, 16 marzo 1943 (per. il 19).

Da fonte degna di nota apprendo che questa Legazione d:i Germania avrebbe incaricato un suo informatore di conoscere i nomi di italiani che in questi giorni -secondo quanto consterebbe alla predetta Legazione -si sarebbero recati al locale A:lbergo AVIiz ed avrebbero avuto un colloquio con l'Addetto Militare aggiunto americano, Ten. Col. Robert A. Solberg.

Mi riservo di indagare nel modo più discreto per conoscere quanto ci sia di vero in quanto precede (3).

122

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. PER CORRIERE 1938/0158 R. Sofia, 16 marzo 1943 (per. il 27).

L'intervista recentemente concessa da questo Presidente del Consiglio, Filoff, all'inviato speciale del Corriere della Sera Virgilio Diilli e le favorevoli accoglienze

ad essa riservata dalla stampa tur.ca, che ha posto in rilievo lo spirito di amicizia e comprensione verso la Turehia quale appare nell'intervista stessa, hanno fatto qui sorgere molte voci eirca una possibile presa di contatto diretta tra Sofia ed Ankara e circa una non improbabile visita del Presidente bulgaro alla capitale turea.

Di tali voci si sono fatti centro e banditori anche alcuni elementi giornalistici tedeschi qui residenti che in questi giorni davano persino come imminente la ,partenza del signor Filoff. Tutto ciò viceversa appare almeno per il momento piuttosto frutto di fantaiSia e la situazione turco-bulgara, come ho avuto occasione di constatare nelle mie conversazioni di questi giorni con lo stesso Presidente del Consiglio e con i miei colleghi di Germania e di Turchia, resta più o meno quella più volte esposta e commentata: inspirata cioè ad una più o meno sincera volontà reaiproca di distensione per non dare esca ad un conflitto in questa zona, ma ancora lontana dal giungere a nuove forme precise e concrete di contatti ed accordi.

Ho notato anzi qui, in questi ipersensibili elementi dirigenti, di nuovo in questi giorni una qualche malcelata nervosità per l'arrivo in Turchia della Missione del Mareselirullo dell'Aria Doug1as.

(l) -Con T. 1597/212 R. del 13 marzo 1943, non pubblicato, riferiva di avere eseguito le istruzioni di cui al D. 108 ma di attendere ancora la risposta data l'assenza del Ministro degli Esteri. (2) -Il presente documento reca il visto di Mussolinl. (3) -Non sono stati rinvenuti altri documenti sull'argomento.
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IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO A BERNA, TAMARO

TELESPR. RR. l/1325. Roma, 16 marzo 1943.

Telespresso di codesta R. Legazione 0533/165 del 19 febbraio u.s. (1).

Per opportuna notiZJi.a di codesta R. Legazione si trascrivono qui di seguito alcune informazioni pervenute, da fonte fiduciaria, circa il Signor Allen Dulles, attualmente a Berna e oggetto del telespresso sopra citato:

«Il Dulles è un ex diplomatLco americano, e ha partecipato a molte delle conferenze internazionali del dopo guerra. Ritiratosi dalla carriera, si è dedi·cato alla professione della consulenZJa legale, continuando ad occuparsi di problemi internazionaiLi. Egli fa parte del Counctl of Foreign Relations, ed è stato sempre in contatto con gli ambienti internazionali. È molto legato al mondo finanziario americano, e per essere persona assai intelligente ed attiva è verosim.ile che sia stato inviato in Svizzera con qual-che incarico speciale, di natura particolarmente delicata, che non si è creduto opportuno affidare al Ministro d'America, il quale tra l'altro è persona di scarsissima capacità».

Si prega di seguire per quanto possibile l'attività del predetto e particolarmente i contatti che egli avrebbe avuto -secondo quanto segnalato, con riserva di ulteriore controllo, da codesta R. Legazione -con emissari ungheresi recentemente recatisi in Svizzera.

La R. Legazione a Budapest ha per parte sua segnalato (2) il viaggio effettuato, qualche tempo fa, in Svizzera, dall'ex Presidente della Banca Nazio

15 ·-Docume11ti diplomatici -Serle IX -Vol. X

nale ungherese, Baranyay. Non si esclude che tale viaggio possa aver dato luogo a qualche contatto con elementi anglo-ameri·cani in Svizzera, pur avendo il Governo ungherese dichiarato a suo tempo che la missi·one affidata a Baranyay non aveva alcun carattere politico.

(l) -Non pubblicato, ma per il quale vedi D. 70. (2) -Vedi D. 111.
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IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, VITETTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

APPUNTO (l) . Roma, 16 marzo 1943.

Ho ricevuto ieri il signor Rahn, Rappresentante diplomatico tedesco a Tunisi, il quale, reduce da Berlino, dove ha conferi·to con il Ministro Ribbentrop, è venuto a Roma per uno scambio di idee sulle questioni tunisine. Il signor Ralm era accompagnato dal Principe di Bismarck.

Nel corso della nostra conversazione il signor Rahn ha voluto spiegarmi lungamente quella che in questi mesi è stata la sua azione a Tunisi, azione assai complessa e delicata per aver egli dovuto compiere ogni sforzo per assicurarsi da una parte la collaborazione dell'Amministrazione francese, dall'altra il buon volere deg1i Arabi. Il signor Rahn ha tenuto a mettere particolarmente in rilievo che in nessuna maniera egli ha mad contrastato gli interessi italiani, anche se qualche volta le necessità urgenti di fronte alle quali egli si trovava hanno potuto far apparire la sua azione come non esattamente conforme alle nostre direttive. Le cose che egli mi ha detto non differiscono in nulla da quelle che mi aveva già detto il signor Mèilhausen. Ho detto al signor Rahn che noi abbiamo molto apprezzato quanto egli aveva fatto, ma che da parte nostra eravamo interessati a chiarire alcuni punti fondamenta·li che potevano servire di guida all'azione comune da svolgersi in Tunisia da parte sua e da parte del Ministro Bombieri.

Questi punti sono i seguenti:

l0 ) evitare qualunque manifestazione e qualunque impegno che possa pregiudicare i diritti italiani in Tunisia;

2°) mostrare simpatia per gl'i Arabi e per le loro aspirazioni, accontentandoli nei limiti del possibile ma senza contrarre impegni circa la futura posizione internazionale della Tunisia;

3°) mantenere la collaborazione teciliLca dei france.si utile ai fini bellici ma indebolirne la posizione politica sottraendo poco a poco alla Francia l'Amministrazione del Paese.

Questi tre punti sono stati dettagliatamente esaminati e si è convenuto d'accordo che:

1l) Quest'appunto fu trasmesso per conoscenza alle rappresentanze a Berlino, Parigi e Tunlsi con telespresso 13/05733/C. del 18 marzo 1943.

1°) non è il caso dd fare alcuna di,chiarazione di indipendenza per la Tunisia, ma di resistere alle pressioni che in questo senso fanno gli elementi nazionalLsti tunilsini. Pur dando alcune sodddsfazioni dii carattere amministrativo agli Arabi e venendo incontro ad alcuni loro desideri ai fini deUa utilizzazione del movamento arabo in nostro favore, non è il caso di compiere atti che modifichino la situazione internazionale deUa Tunisia pregiudicando l'interesse che l'Italia ha a sostituirsi alla Francia, nella forma che poi sarà decisa, nel Protettorato tunisino;

2°) che, pur avvalendosi della collaborazione tecnica dei francesi, si proseguirà l'orpera di smantellamento delle posizioni francesi in Tunisia, e si provvederà al rimpatrio in Francia di funzionari francesi e delle loro famiglie e di gruppi di cittadini francesi la cui presenza in Tunisia non è indispensabile per la gestione dei servizd pubbUci;

3°) che si potrà sottrarre ai francesi qualche Ministero tecnico affidandolo a elementi arabi e accontentando così i desturiani.

Su tutto questo il signor Rahn è d'accordo.

Abbiamo poi discusso c'On lui alcune questioni particoaari. In primo luogo il ritorno in Tunisia di Burghiba. Il signor Rahn ha convenuto che non è più pos~ibile tenere Burghiba in Italia dato che la sua permanenza qui può essere interpretata dagli Arabi come una forma dd. detenzione e quindi pregiudicare l'azione di ravvLcinamento con l'elemento arabo che stiamo compiendo. Il signor Burghiba è pertanto inteso che potrà tornare in Tunisia quando vorrà.

Il signor Rahn ha insistito perché noi permettessimo al signor Darnand di recarsi in TunLsia per dare maggiore irn,pulso alle organizzaziom francesi anti-degolliste, organizzazioni nelle quali il signor Rahn sembra avere molta fiducia. Gli ho fatto presente le ragioni per le quali a noi sembra inopportuno rafforzare l'elemento politLco francese, che si professa collaborazionista, per la scarsa fiducia che noi abbiamo nella sincerità di questo elemento mentre è chiaro che favorire noi stessi un partito il quale proclama la necessità di difendere l'Impero coloniale francese non solo è una incongruenza da parte nostra ma un errore tanto di fronte agli Arabi che agli Italiallli in Tunisia i quali non comprenderebbero mai i favori che l'Asse a,ccorderebbe a ch!i rappresenta una causa antiteti,ca tanto alle aspirazioni italiane quanto a quelle arabe. Il Rahn ha insistito sulla fedeltà che questo elemento francese ha verso gli ideali delile Potenze dell'Asse ma ha abbandonato la sua richiesta di avere Darnand a Tunisi.

In questo colloquio con il signor Rahn abbiamo anche concordato di vedere insieme Burghiba e stamane abbiamo avuto una riunione con il Capo desturiano al Ministero Esteri. Burghiba ci ha esposto le sue idee negli stessi termini nei quali egli le aveva g~à esposte al momento del suo arrivo, insistendo per la dichiarazione di indipendenza per la Tunisia.

Io ho lasciato che Rahn facesse lui le principali obiezioni a tale dichiarazione e Rahn con molta lealtà si è attenuto agli accordi presi con me il giorno precedente e ha dichiarato nettamente a Burghiba: 1°) che la Germania era contraria ad una di,chiarazione di ind·ipendenza della Tunisia; 2°) che il futuro assetto dei Paese sarà questione da regolare tra Tuni,sia e Italia. Ne è seguita una lunga discussione, alla fine della quale Burghiba è sembrato persuaso della necessità di non insistere. La conversazione ha avuto il vantaggio (era questo poi lo scopo che noi ci ripromettevamo) di dare a Burghiba la sensazione precisa che i desturiani non potrebbero contare sull'appoggio tedesco per una politica che urtasse direttamente gli interessi italiani. Spero così che il malinteso che si era andato delineando in seno agH Arabi di Tunisi possa essere chiarito.

Ho rivisto poi di nuovo il signor Rahn per discutere alcune questioni minori come il blocco dei fondi nemici in Tunisia, la sorveglianza di al>cuni elementi maltesi che sembrano piuttosto inf.idi ed altri dettagli di importanza secondaria che potranno fatCilmente essere regolati da Rahn con Bombieri.

Il signor Rahn resta ancora un g.iorno a Roma e desidererebbe poter essere ricevuto dall'Eccellenza il Sottosegretario di Stato (1).

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IL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. S. 570/240. Belgrado, 16 marzo 1943 (per. il 23).

Si ha l'onore di trasmettere qui unito per conosc.enza copia del rapporto

n. 201 in data odierna con il quale questo R. Addetto Militare riferisce alle Superiora. Autorità dell'Esercito circa l'argomento in oggetto.

ALLEGATO

L'ADDETTO MILITARE A BELGRADO, CHIUSI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, ROATTA

R. s. 201. Belgrado, 16 marzo 1943.

Il recente rimaneggiamento del cosidetto Governo jugoslavo di Londra, e la destituzione di Mihajlovic dalla carica di Ministro della Guerra, resa nota da Radio Mosca, hanno prodotto un certo senso di disorientamento fra gli elementi di non decisa fede nazionalista e specialmente negli strati più bassi della popolazione.

Il riconoscimento ufficiale da parte della Russia dell'azione svolta dai comunisti in Croazia, e di riflesso anche in Serbia, ha concorso, con gli innegabili successi, ad aumentare l'autorità di « Tito » a scapito di quella del generale nazionalista.

Un accordo fra i due capi non è realizzabile, per iì momento almeno, permanendo la linea di condotta di Mihajlovic decisamente anticomunista. Recenti offerte di accordi da parte di Tito, sarebbero state respinte.

La recrudescenza del movimento comunista, dovuta sopratutto al prestigio delle vittorie russe, determinando l'aumento dei nuclei partigiani attivamente operanti, ha

indubbiamente sottratto a Draza Mihajlovic una parte degli elementi « alla macchia», prima interamente a sua disposizione.

Anche la dura repressione tedesca dei mesi scorsi ha inferto un colpo abbastanza grave all'organizzazione nazionalista; particolarmente sensibile la perdita di alcuni capi di grande valore e seguito, come il prefetto di Pozarevac, ten. col. Kalabic.

I nazionalisti lamentano infine da alcun tempo un diminuito afflusso di oro inglese, più abbondantemente e volentieri incanalato verso «Tito». Fonte fiduciaria di solito bene informata, segnala in proposito la partenza di un emissario di Mihajlovic per Londra -via Turchia -allo scopo di sollecitare aiuti di ordine finanziario.

In sostanza merita rilievo il fatto che nel momento attuale i nazionalisti attraversano un periodo di difficoltà di ordine politico, organizzativo, finanziario.

L'aumentata autorità di «Tito » nei confronti di Mihajlovic, corrisponde in certo modo al diverso «rendimento» attuale dei due movimenti; mentre il primo è attivissimo ed aggressivo, il secondo è ancora sempre in fase di organizzazione ed attesa. È questa attesa anche oggi ordinata o almeno approvata dal Governo di Londra? Oppure, come si dice spesso dai più, è dovuta ormai solo a iniziativa del generale che intenderebbe giudicare personalmente del momento propizio?

Il contrasto fra le due ideologie, in Serbia e fuori, per il predominio non solo di oggi, ma specie futuro, è un fatto reale; ma è un contrasto balcanico e va perciò sempre considerato con molta cautela.

In tale stato di cose è logico abbiano trovato molto credito le voci di contatti fra fiduciari di Nedic e di Draza Mihajlovic per una eventuale collaborazione nella lotta contro il comunismo; contatti che si dice persino siano favoriti sottomano dalle autorità germaniche di occupazione.

Non è possibile per ora sapere e dire di più.

La situazione apparentemente di relativa tranquillità è assai complicata e gravida di imprevisti interni e sopratutto esterni. Quanto potrà durare questo equilibrio instabile, al quale sono forse interessati i nostri stessi nemici, non è prevedibile.

(l) Vedi D. 147.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

L. P. 1/1405. Roma, 17 marzo 1943, [ore 11,30].

Ti mando un appunto (l) dove si dice che in Germania vi sarebbe una cattiva atmosfera nei nostri riguardi. Te lo mando anche perché non è il solo di questo genere e contrasta con l'idea che si aveva qui dei rapporti italo-germaniei o per dir meglio dello stato d'animo tedes·co nei nostri confronti. Qual'è la verità vera?

D'altra parte noo si può non rimarcare:

a) •che nella questione del Commissario in Alto Adige costà si tergiversa troppo;

b) che le nostre ri·chieste di materiale bellico sono quasi del tutto inevase. Ora se si considera quanto avviene nel campo dei nemici dove il materiale si scambia a blocchi massicci fra Stati Uniti e Russia, fra Inghilterra e Stati Uniti ecc. questa estrema parsimonia dinanzi alle nostre necessità e neLl'interesse comune, è un grave danno morale e materiale;

c) che la tendenza che si ha costà di svalutare quando si vince l'apporto altrui e di scaricare sugli alleati le colpe delle sconfitte, non è né cameratesca, né accettabile. E non è nememno utile perché è così che si crea l'atmosfera di sospetto reciproco e di ostilità fra le genti dei due Paesi.

So, bene che esprimendomi così con te porto per così dire «Vasi a Samo» ma queste cose le ho sentite proprio mezz'ora fa (ore 11) ... Tu carpisci.

Non ho letto ancora i tuoi ultimi rapporti su tale argomento (atmosfera) ma sembra che siano stati trovati arcadici in confronto ad altri numerosi fogli del genere di quello che ti unisco, per cui si desidererebbe su questo punto essere precisamente informati.

Credi che è estremamente difficile svelenare i camerati ritornati dai campi di battaglia dell'U.R.S.S. i quali mccontano cose invero assai gravi subite in piena ritirata, quando essi si ritiravano a piedi e combattendo e gli altri volavano in autocarri (anche del R. Esercito Italiano) verso località più sicure... Per cui se fuga vi fu... Tu mi capisci.

Comunque io sòn certo che tu saprai col tuo tatto e con la franchezza necessaria come 'intervenire in tempo a rischiarare l'atmosfera (1).

(l) Manca.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

T. PER TELESCR. 8356/467 P.R. Berlino, 17 marzo 1943, ore 19,45.

Telegramma ministeriale 287 (2).

Ribbentrop giustincando il ritardo della risposta con i suoi successivi spostamenti mi ha fatto sapere che nota questione è stata risolta secondo richiesta del Duce. È stata quindi decisa soppressione Alto Commissariato tedesco Bolzano. Non essendo ancora fissata data partenza di Mayr ho vivamente raccomandato che ciò avvenga rapidamente.

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IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 1708/112 R. Budapest, 17 marzo 1943, ore 21 (per. ore 17 del 18).

In questi ultimi giorni sono venuto a conoscenza, dapprima attraverso qualche vago aocenno di questo Vice Ministro degli Esteri, po.i dalla conferma datami da questa Legazione di Germania e per ultimo detle esplicite ammissioni di questo Direttore degli Affari Politici, di una apertura fatta dal Ministro degli Affari Esteri di Turchia al Ministro d'Ungheria ad Ankara, che riassumo per ora nei te-rmini nei quali mi è stata esposta. Qualche giorno dopo convegno

di Adana, Menemencoglu, nel corso di una conversazione con Ministro d'Ungheria gli ha chiesto cosa si penserebbe in Ungheria della eventuale formazione di una intesa ba1cani·ca comprendente tutti gli Stati del1'Europa sud-orientale e destinata a creare una concreta solidarietà fra questi Paesi nei riguardi del pericolo sovieti,co. Direttore Affari Polttici mi ha detto che Governo ungherese ha fatto sapere a Governo di Ankara che Ungheria non può che rallegrarsi di ogni iniziativa intesa rafforzare la solidarietà antibolscevica dei Paesi Balcanici. Ungheria -ha specificato signor Szentmiklossy -non potrebbe prendere al!cuna iniziativa del genere ma accoglierebbe con viva soddisfazione una simile iniziativa da parte della Turchia e sarebbe lieta di vedere questi paesi entrare in un ordine di idee così vidno a quello ungherese.

Rispondendo a quesiti postigli, Direttore Affari Politici mi ha de.tto:

1° -che Ministro Affari Esteri turco ha bensì presentato progetto come se fnsse di origine turca ma che non si poteva in verità escludere che si trattasse di una conseguenza dei colloqui anglo-turchi di Adana;

2° -che analoga comunkazione gli risultava essere stata fatta dal Ministro di TuT·chia al Governo di Bucarest (l) ;

3° -che Menemencoglu si era mostrato molto interessato allo [stato] dei rapporti ungaro-romeni ed aveva espresso il voto di un loro prossimo miglioramento. E qui il Signor Szentmiklossy ha osservato che Ungheria non può che convenire nell'opportunità di tale miglioramento ed essere grata a chiunque voglia o possa influire via indiretta in tal senso;

4° -che intesa Balcanica tratteggiata da Menemencoglu avrebbe non soltanto un carattere antibolscevico ma anche antislavo e sarebbe pertanto anche sotto questo particolare r.iguardo vista con favore dall'Ungheria;

5° -che comunque Ungheria, data sua esperienza in materia di rapporti con altri Stati balcani!Ci, valutava con prudenza possibilità delineata da GoveTno turco.

Ho creduto opportuno !imitarmi per oTa a prendere atto delle informazioni di questo Ministro degli Affari Esteri, che riferisco pregandovi di voler eventualmente farmi conoscere -oltre a quanto ha già segnalato R. Legazione in Sofia -ciò che Tisulta al riguardo nelle altre capitali balcaniche, mentre mi riservo di riferire più dettagliatament~ in argomento (2).

(l) -Per la risposta di Alfieri vedi D. 141. (2) -Vedi D. 86.
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IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE i741/017 R. Zagabria, 17 marzo 1943 (per. il 19).

Telegramma per corriere di V. E. n. 7625 del 3 corrente (3).

Kasche, che ho visto più volte nel corso della settimana, si è astenuto dal fare accenno alle istruzioni ricevute, a seguito delle assi'curazioni date da von

Ribbentrop a V. E. Ho quindi ritenuto di dover parlargliene io. Egli ha dapprima cercato di limitare il contenuto delle istruzioni stesse, di1,~ndo trattarsi di argomenti soprattutto militari, pei quali è più competente il Generale Glaise. Soltanto dopo mie precisazioni sulla opportunità, superiormente riconosciuta nei colloqui di Roma, di .concordare con questa Rappresentanza «una linea di azione comune in Croazia », egli ha finito con l'ammettere che il contenuto delle istruzionà. era quello.

Abbiamo avuto ieri un primo scambio di vedute, durante il quale, per superare la sua tendenza a mantenersi fuori degli argomenti di carattere squi,sitamente politico, ricorrendo a formalismi generici e ai soliti temi preferiti dai croati (pericolo cetnico, operazioni in corso, comm~ssari civili croati), l'ho portato a discorrere della necessità di tenere di fronte al Governo croato un attegg•iamento comune, che sia tntonato a.l contenuto dei Patti di Roma.

Nella conversazione sono affiorati i motivi che, secondo Kasche, lo inducono a un atteggiamento di appoggio compia•cente alle tesi croate, ma pure si è parlato di alcune fondamentali e delicate questioni, quali: l'agitazione irredentista che nulla giustifica sia incomggiata o tollerata da parte germanica; le infrazioni croate ai predsi a•ccordi con noi; il sentimento marinaro croato e la Marina da guerra; infine la persistente errata politica del Governo di Pavelic nei confronti della minoranza ortodossa.

Kasche, pur senza entusiasmo, ha convenuto che dovremmo esaminare insieme ognuno di questi argomenti, come pure i vari aspetti nei quali dovrebbe concretarsi la nostra azione comune; ha ancora una volta insistito sull'importanza delle questioni militari nel quadro dei rapporti italo-croati, esprimendo il destderio che il Generale Glaise si intrattenga con noi in proposito.

Vi sarò grato intanto, E-ccellenza, se -per mia norma di condotta -vorrete darmi un cenno telegrafico di approvazione sull'impostazione data a tali colloqui (1). sui quali mi riservo di riferire (2).

(l) -Vedi D. 56. (2) -Vedi D. 154. (3) -Ved' D. 68.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. 3953. Berlino, 17 marzo 1943 (3).

In relazione alla nostra conversazione telefoni•ca di 'stamane e alla ·mia 3706 del 14 marzo (4) nonché in attesa della lettera da te annunziatami (5), voglio confermarti di avere già utilmente fatto presente la necessità del conferimento di decorazioni militari a nostri ufficiali che hanno valorosamente combattuto sul fronte russo.

(5} Vedi D. 126.

E poiché da qualche giorno mi vengono segnalate voci secondo le quali si starebbe creando in a~cuni settori dell'opinione pubbUca tedesca la credenza che quanto è avvenuto sul fronte russo è diretta IOcmseguenza del cedimento del fronte affidato ane «truppe alleate» e quind.i anche a quelle italiane, non ho mancato di far presente 'con molta fermezza a questo Ministero Esteri la necessità che attraverso gli organi del Partito nazionalso'ciailista sia prontamente ·ed energicamente opposta una efficace reazione, allo scopo rdi ristabilire la verità dei fatti e di evitare che dal dilagare di tali voci possa derivare una situazione deUcata. fra i due paesi.

Mi propongo di seguire ·con partkolare attenzione i risultati di tale mio passo; e mi riservo di darti notizie al riguardo (l).

(l) -Bastianini rispose con il seguente T. 9681/141 P.R. del 20 marzo ore 24: <<Approvo pienamente vostra linea di condotta. Continuate colloqui per chiarimento situazione sulla base direttive impartitevi». (2) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (3) -Manca !"indicazione della data di arrivo. (4) -Vedi D. 118.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AGLI AMBASCIATORI A SHANGHAI, TALIANI, E A TOKIO, INDELLI

T. 9440/78 (Shanghai) 229 (Tokio) P. R. Roma, 18 marzo 1943, ore 19,10.

(Solo per Tokio) Ho telegrafato oggi alla R. Ambasciata a Shanghai quanto segue:

(Per tutti) Con precedenti telegrammi (2) vi è stata data notizia del recente passo nipponLco in merito Tientsin, Shanghai, Pechino e della nostra risposta.

Tale passo non corrisponde alle nostre attese, né come sapete, ai nostri propositi.

Ricordo che codesto Ambasciatore del Giappone ebbe ad assicurarVi soltanto poche settimane or sono ~che questione sarebbe stata avviata attraverso il lungo e tortuoso cammino delle Commissioni con quella 1cautela e prudenza che le circostanze J:ichiedono e 'Che analoghe impressioni vi 8ono state comunicate dal Ministro degli Esteri cinese (Vostri 39 e 33 del 25 e 23 gennaio) (3).

Non è comunque nostra intenzione tornare sulla decisione di massima già presa nello scorso gennaio e che naturalmente confermia.mo e negli stessi termini.

Continuiamo peraltro a ritenere ·che gesto politico allora compiuto non abbia affatto esaurito i 8Uoi effetti e che sarebbe pregiudizievole per noi e per i nostri interessi passare senz'altro alla prati-ca attuazione di princLpii che coinvolgono in sostanza, oltre le questioni specifi'che di cui trattasi, sia la nostra posizione generale in tutte le zone estremo-orientali controllate dal Giappone, sia le nostre specifiche reiazioni 1con la Cina nazionale.

Intendiamo in conseguenza persi,stere su una procedura lenta e cauta. È stato per questo dichiarato da parte nostra Che la discussione stllil'argomento

dovrebbe, per quanto ci ~concerne, riguardare in primo luogo concessione internazionale Shanghai, appunto perché è il problema più intricato e complesso e

che importerà per conseguenza maggior tempo ed esame. Discuteremo in seguito la questione di minore importanza relativa al Quartiere delle Legazioni a Pechino. Lasceremo per ultimo Tientsin. (Noto 'che, almeno sino ad ora, nessuno ha toccato la questione dei diritti extraterritorialità, che conviene dunque lasciare dormiente).

Sarà necessario nel frattempo esaminare con molta cura quanto sarà fatto dai giapponesi in proposito, sopra tutto per quanto concerne (le misure e provvidenze che essi non mancheranno di disporre a salvaguardia dei loro interessi e che sono state del resto esplicitamente previste sin dagli accordi 'cino-nipponici del gennaio scorso. Sarà altresì necessario esaminare, non a titolo di contropartita per nostre eventuali rinunzie (evitate di porre argomentazione su questo ,piano grettamente commerciale), ma a titolo di leale e franca messa a punto nei confronti di Paesi alleati ed amici, tutta la somma dei nostri interessi attuali e delle nostre possibilità avvenire in Estremo Oriente per salvaguardare i primi e non precluderei i secondi, pur nel quadro di una nuova situazione più rispondente alle mutate condizioni dei tempi e delle circostanze.

In sostanza dunque Vi confermo precedenti generali istruzioni già dateVi in proposito, sopra tutto con telegramma 24 del 20 gennaio (l): procedura lenta cioè e graduale esame delle singole questioni nell'ordine indicato, curando di innestare Ja trattazione di ciascuna di esse nel contemporaneo esame della generale situazione più in alto prospettataVi.

Non prendete per ora alcuna iniziativa. Se ufficialmente interrogato al riguardo, potrete comunicare di essere al corrente del recente passo nipponico e della nostra risposta e di attendere tuttora istruzioni circa data e procedura per inizio discussioni nell'ordine sopra detto. Naturalmente informatemi telegraficamente e parUcolareggiatamente.

(Solo per Tokio) Quanto precede per Vostra informazione e norma di condotta e di linguaggio.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Con T. 8904 P.R., per il quale vedi D. 114 e con T. 8903/214 (Toklo) e 75 (Shanghai) del 13 marzo 1943 ore 18, non pubblicato, nel quale si indicava la procedura che il governo giapponese suggeriva per la retrocessione delle concessioni. (3) -Vedi serie nona, vol. IX, DD. 547 e 541.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO

T. S.N.D. 9503/78 P.R. Roma, 18 marzo 1943, ore 23.

In relazione prossimo viaggio Roma Kallay (2) informavi che è stato necessario fissare proprio negli stessi giorni un incontrò del Duce col Fiihrer.

Pregovi recarvi urgenza personalmente dal Presidente del Consiglio e fargli presente nostro rincrescimento e necessità rinviare qualche giorno sua visita. Arrivo Kallay potrebbe aver luogo, ove il Presidente concordi, il 1° aprile.

Pregovi trasmettere al Presidente del Consiglio nostra preghiera che notizia prossimo incontro Duce Fiihrer -che gli comunichiamo a titolo personale -venga da lui mantenuta strettamente segreta (3).

(l) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 523. (2) -Vedi D. 104. (3) -Per la risposta di Anfuso vedi D 138.
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IL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZI E TERRITORI OCCUPATI, PIETRO MARCHI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

APPUNTO. Roma, 18 marzo 1943.

Il Gab. A. P., 'COn appunto in data 2. mar:llo u.s. (1), Vi informò, Eccellenza, della venuta a Roma del signor Burckhardt, membro del Comitato Internazionale della Croce Rossa, e del signor Allard, Incaricato d'Affari di Svezia a Sofia e ad Atene, per trattare con il nostro Ministero l'organizzazione dell'assistenza alle popolazioni civili della Grecia per quanto riguarda la distribuzione del grano canadese e di taluni generi di soccorso forniti dalla beneficenza internazionale. In tale a,ppunto fu aJCcennato fra l'altro 'che ill signor Allard, incaricato dal Governo svedese di queste trattative, sembrava incline a modifh:are radicalmente l'organizzazione concordata con uno scambio di note del maggio-giugno scorsi, al fine di escludere dall'organizzazione predetta i rappresentanti del Comitato di Ginevra e concentrare di fatto nei soli rappresentanti svedesi l'amministrazione dei soccorsi in Grecia e il 'controllo della loro distribuzione.

Voi disponeste, Eccellenza, di evitare ogni modifi-ca in tal senso degli accordi pattuiti, giacché solo gli organi della Croce Rossa Internazionale, la cui attività è regolata da apposite convenzioni internazionali, danno garanzia di riservatezza e di discrezione, mentre è lecito il sospetto che un'organizzazione creata da un Governo 'come queLlo svedese, di cui sono noti gli stretti mpporti con quello britannico, si presta fa,cilmente a servire a fini informativi ai danni delle Potenze di occupazione. In conformità a tali direttive il Gab. A. P. ha ottenuto che venisse ritirato un accordo già intervenuto a Ginevra tra il rappresentante del Comitato Internaziona1e della Croce Rossa e il signor Allard, in forza del quale, per evitare motivi di attrito con mGoverno svedese, i rappresentanti della Croce Rossa Internazionale venivano esclusi dall'organizzazione dei soccorsi trasportati in Grecia a mezzo delle navi svedesi. È stata invece precisata e rafforzata la portata degli accordi del maggio-giugno scorsi, nel senso che tutta la direttiva viene accentrata nel Comitato di Direzione, presieduto da1l rruppresentante del C.I.C.R. e del quale fanno parte i rappresentanti dei Paesi occupati. Si acclude il testo del progettato a·ccordo che si sottopone, Eccellenza, alla Vostra approvazione (2).

Con il signor Allard sono ~state trattate inoltre, insieme ai rappresentanti delle amministrazioni tecniche, questioni di dettaglio per quanto riguarda le rotte e gli approdi dei piroscafi, le sedi dei delegati e aUre del genere.

Tanto il signor Burckhardt che il signor Allard si sono dichiarati soddisfattissimi dei risultati concordati.

(l) -Vedi D. 67. (2) -Bastianini approvò Il progetto e l'accordo fu sottoscritto il 20 marzo.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. P.U.R. Berlino, 18 marzo 1943 (1).

In relazione al mio telecorriere (2) con cui comunicavo che von Ribbentrop mi aveva confermato il desiderio e proposito del Ftihrer di incontrarsi col Duce non appena gli fosse possibile di assentarsi dal suo Quartier Generale, ti informo che il Sottosegretario Weizsacker mi ha confidenzialmente lasciato capire essere probabile che in un breve giro di giorni il Ftihrer avanzi la proposta dell'incontro.

Voglio pregarti di fare, al riguardo, presente al Duce che Egli deve considerarsi assolutamente libero da qualunque scrupolo nell'accettare di massima la proposta del ·convegno riservandosi poi di fare a sua volta la data che più gli riesce gradita.

Ho creduto opportuno di prevenirti di quanto sopra perché potrà avvenire che, ·come di ·consueto, magari nel cuore della notte, il collega Mackensen ti chieda telefonicamente e d'urgenza un colloquio per comunicarti la proposta, che può essere benissimo presentata al Duce il giorno dopo con tutta calma e tranquillità.

Devo ino[tre pregarti di far presente al camerata Bellardi Ricci che, in applicazione dell'accordo vigente da me scrupolosamente seguito, in forza del quale bisogna rispettare i 'Canali fra i due Ministeri per evitare equivoci ed interferenze, il programma della visita del Duce in Germania deve essere organizzato da Palazzo Chigi con l'Auswartiges Amt tramite questa Ambasciata.

Nel caso specifico io potrò personalmente controllare che la visita si svoiga con quella elasticità e larghezza di tempo per cui sia evitato ciò che, per esempio, è avvenuto l'ultima volta: ·che cioè il Ftihrer e il Duce sono stati insieme -in attuazione del programma predisposto -dalle dieci del mattino fino a.lle diciannove senza avere un momento di respiro o di tregua.

Devo inoltre aggiungere che desidererei avere voce in capitolo circa il luogo in ~cui dovrebbe svolgersi l'incontro; perché, per esempio, Salisburgo si trova, come sai, nelle immediate adiacenze di Monaco ed in una zona ferroviaria ,che di questi tempi è già stata e sarà ancora battuta dall'aviazione avversaria.

P. S. -Ho sentito dire che il Ftihrer non escluderebbe la possibilità di venire a Firenze (3).

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. S.N.!). 9439/228 P.R. Roma, 19 marzo 1943, ore 24.

Vostro 159 (4). Informazioni frequenti e continuative sono date a quest'Ambasciata del Giappone, sempre che la situazione lo richieda. Frequenti informazioni sareb

bero telegrafate anche a codesta Ambasciata se necessità salvaguardare al massimo segreto cifra non consigliasse, per ragioni ovvie, parsimonia diramazioni sopra tutto per materie più riservate, che sono quelle che evidentemente vi interessano. D'altra parte fluidità situazione in parecchi settori specialmente europei è ulteriore elemento che ostacola, in assenza di qualunque possibilità postale e per la sola via telegrafica rimasta aperta, attuazione vostra richiesta, delle ·cui motivazioni mi rendo comunque perfettamente 'Conto. Tengo in conseguenza assicurarvi che ho dato istruzioni affinché, nei limiti de~ possibile, sia intensificato l'invio regolare delìe notizie politiche che [potranno giovarvi come orientamento o materia di scambio e, in ogni caso, per facilitare mantenimento e ulteriore rafforzamento rapporti cordialità fra Voi e codeste Autorità che situazione richiede.

(l) -Manca l'indicazione della data d'arrivo. (2) -Non rinvenuto. (3) -Aggiunta manoscritta. (4) -Vedi D. 78.
136

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER TELESCR. 1776/491 R. Berlino, 20 marzo 1943, ore 20.

Mio 474 del 18 corr. (1).

lo -Auswartiges Amt informa che avantieri, come preannunziato, Ambasciatore di Germania ad Ankara ha chiesto chiarimenti a quel Ministro degli Affari Esteri circa sondaggi turchi per un patto balcanico, segnalati al Governo germanico dal Presidente del Consiglio ungherese.

Menemencoglu non avrebbe negato l'iniziativa, pur studiandosi minimizzarne portata.

Egli avrebbe in particolare precisato a Von Papen che le parole da lui dette al Ministro di Ungheria ad Ankara «quando offensiva sovietica era in pieno sviluppo» avevano avuto semplicemente «carattere informativo circa idee preventive» per l'eventualità di una espansione bolscevica nei Balcani.

Menemencoglu avrebbe inoltre confermato che qua.Iche contatto Governo Ankara aveva già preso in proposito anche coi Governi di Bucarest e di Sofia (2); ammettendo che da parte turca sarebbe stato previsto perfino «qualche intervento» nell'ipotesi 'che ;penetrazione bolscevica dilagasse in Romania e Bulgaria.

Menemencoglu avrebbe aggiunto ·che d'altra parte la realizzazione di un patto Balcanico non poteva essere di attualità fino a che ad Atene e Belgrado esistessero Governi che il Governo turco non ri·conosceva, mentre per converso era inconcepibile una ,collaborazione dei Governi Ungherese, Romeno e Bulgaro con i cosidetti Governo Greco e Jugoslavo di Londra.

Menemencoglu avrebbe ·concluso che quando iniziativa fosse apparsa realizzabile, egli non avrebbe mancato parlarne per il primo all'Ambasciatore di Germania.

2° -Circa discorso tenuto da Saracoglu 17 corr. all'apertura Assemblea Nazionale, Menemencoglu si sarebbe adoperato per stabilire, con assicurazioni confidenziali a Von Papen, un contrappeso alle dichiarazioni apertamente anglofile del Capo del suo Governo.

Ministro avrebbe altresì cer·cato di ·spiegare all'ambasciatore come presente situazione internazionale e vaste possibilità suoi sviluppi futuri -tra le quali ha prospettato pure ipotesi di un accomodamento .russo tedesco (ripeto russo tedesco) -rendessero opportuna per la Turchia una politica •Più attiva, ch'egli sintetizzava nella formula di «carezzare tutti i belligeranti».

Auswartiges Amt sembra constatare per altro come nel momento attuale questo attivismo e ancora più queste carezze abbiano per oggetto sonr:tt,ntt.o i nostri avversari.

(l) -Il T. 1713/474 R. del 18 marzo 1943, non pubblicato. forniva un primo accenno sull'argomento di questo telegramma. (2) -Vedi D. 137.
137

IL VICE DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, A. ROSSI LONGHI, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ANKARA, GUGLIELMINETTI

T. s. 9645/153 P.R. Roma, 20 marzo 1943, ore 24.

Vostro 143 (1). In data 17 corrente R. Ministro in Budapest ha riferito (2) di aver appreso presso quel Ministero degli Affari Esteri:

l) che qualche giorno dopo Convegno Adana Menemencoglu ha chiesto a codesto Ministro ungherese cosa si penserebbe in Ungheria della eventuale costituzione di un'intesa balcanica comprendente tutti gli Stati dell'Europa sud-orientale in funzione antisovietica;

2) che Governo ungherese ha fatto sapere a codesto Governo che Ungheria non può che rallegrarsi di ogni iniziativa intesa rafforzare solidarietà antibolscevica Paesi Balcanici.

Secondo quanto ha riferito R. Ministro in Bucarest Ctelecorriere ministeriale n. 8871 del 13 corrente (3) e telespresso segreto n. 05832 in data 20 corrente) (4) Ambasciatore turco in Bucarest ha esplicitamente formulato a Governo rumeno proposta di creare una solidarietà regionale nei Ba1cani e risposta rumena è stata parimenti esplicita nel senso che Rumania è pronta a realizzare una intesa regionale in funzione antirussa.

Si rimane pertanto in attesa di conoscere tutto quanto potrà ulteriormente risultare sull'attività svolta al riguardo da codesto Governo (5).

(l) -Vedi D. 110. (2) -Vedi D. 128. (3) -Non pubblicato: ritrasmetteva il D. 56. (4) -Non rinvenuto. (5) -Per la risposta vedi D. 171.
138

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. 688/375. Budapest, 20 marzo 1943 (1).

Quando ho detto ieri a Kallay che la sua visita a Roma sarebbe stata rinviata di qualche giorno a causa del sopravvenuto noto incontro (2), egli dopo avere aderito subito e di buon grado alla mia richiesta, ha soggiunto: «mi duole dover vedere il Duce dopo che egli ha visto il Fiihrer ».

Ho 'Chiesto perché e Kallay mi ha risposto: «Soltanto col Duce posso parlare di politica e di politica balcanica. Co,sa facciamo noi, e quando dico noi intendo l'Italia nei Balcani? Avete visto che la Turchia ci ha proposto una specie di blocco antibolscevico (3). L'Italia deve prendere la direzione della politica nei Balcani in maniera attiva. Avete uomini, interessi e l'autorità di Mussolini. Ma bisogna far presto)).

Queste a.e parole di Kallay il cui senso più lato illustro con rapporto separato (4). Ma qui devo aggiungere che la parola «politica» è adoperata in senso :pleonastico e che il PresLdente del Consiglio vede un blocco pan-balcanico imperniato sulla solidarietà italo-magiara, e adesso forse anche romena, come una formazione di grande utilità per l'Asse nelle attuali contingenze e come un possibHe strumento della pace di domani (5).

139

L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1796/106-107 R. Shanghai, 21 marzo 1943, ore 10 (per. ore 12,15).

Questo Ministro Affari Esteri nell'informarmi iersera che a seguito di una altra conversazione con Ambasciatore del Giappone la firma dell'accordo cinonipponico era stata fissata al 22 corrente, mi ha chiesto trasmettere a V. E. sua viva e .personale preghiera perché il Governo italiano voglia associarsi a nipponici in un atto così squisitamente politico. Ha soggiunto che si rendeva perfettamente conto delle difficoltà per noi e per altri di procedere ad una cerimonia di restituzione il 30 corrente. Aveva perciò insistito perché per l'accordo dno-nip.ponico alla data del 30 corrente venisse sostituita la frase « a sollecitare data che verrà fissata d'accordo tra le 1potenze interessate )) ; senza risultato tuttavia perché il programma delle restituzioni delle concessioni e del quartiere delle Legazioni era stato stabilito dal Primo Ministro nipponico in modo definitivo.

Nonostante le difficoltà predette Ministro Affari Esteri nutriva fiducia che sarebbe stato possibile a V. E. dare alla Cina a!Jleata ancora una prova di amicizia e di ·comprensione.

Mi pregava trasmettere la sua domanda al più presto, del che lo ho assicurato.

La questione è di nuovo riapparsa nel corso di una privata conversazione a tre nella quale Ministro Affari Esteri e Ambasciatore del Giappone hanno fatto presente che una contemporanea decisione itala-giapponese per il quartiere delle Legazioni acqui1stava speciale valore per assenza deilla Germania [e posizione] equivoca della Francia.

Richiesto ancora dai due interlocutori di telegrafare a V. E. quest'ultima loro osservazione ho aderito. In merito a quanto precede ad ogni buon fine e per ogni eventualità, credo opportuno sottomettere a V. E. seguenti osservazioni:

1° -Astrazione fatta delle sedi demaniali la cui extra territorialità va con ogni .cura salvaguardata e con essa il diritto di permanenza della guardia ed il funzionamento della stazione radiotelegrafica, il quartiere diplomatico è più che altro una espressione storico-sentimentale; si riduce ad una piccola rete stradale, a pochi agenti di polizia indigeni, ad una piccola amministrazione che di fatto è già in altre mani (vedi mio telegramma n. 18 del 14 gennaio scorso) (1).

2° -Atto cino-nipponi·co sembra tutelare ampiamente diritto e .proprietà sia dello Stato che dei privati. Sembra peraltro superflua ed ambigua la frase che lo conclude: «e farà i passi necessari al riguardo».

3° -Mi disse infine che salvo contrari motivi di politica generale, [qualora] R. Governo volesse considerare opportunità di dare una qualsiasi forma concreta al gesto politico del 14 gennaio, questa del quartiere diplomatico di Pekino parrebbe l'occasione meno impegnativa e meno lesiva dei nostri diretti interessi. Affrontata con essa potrebbe darci anche il modo di riaffermare in termini che non lascino adito a nuove manifestazioni nostro proposito di mantenere separate e lontane le altre future importanti questioni.

Telegrafato Roma e Tokio (2).

(l) -Manca l'indicazione della data d'arrivo. (2) -Vedi D. 132. Con T. s.n.d. 9923/87 P.R. del 22 marzo 1943, ore 23, Bastianini comunicò ad Anfuso quanto segue: «Noto incontro è stato rinviato mentre data di arrivo Ka!lay resta confermata 1o aprile>>. (3) -Vedi D. 128. (4) -Non rinvenuto. (5) -Il presente documento reca il v!sto di MussoUni.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

L. P. RR. 1/1457. Roma, 21 marzo 1943.

Facendo seguito alla mia lettera n. 1/1405 del 17 corrente (3) ti mando, su istruzioni del Duce, un appunto in cui sono riassunte in forma di nota

fiduciaria, le impressioni di una persona recentemente rientrata dalla Germania. In esse l'informatore, che è un tedesco, oltre a mettere in rilievo le perplessità di alcuni strati di quella opinione pubblica di fronte a'll'andamento della guerra e all'evoluzione verso sinistra della propaganda di partito (cose già segnalate da te), per la parte italiana descrive uno stato d'animo piuttosto grave, che il Duce mi ha detto di segnalarti come «non corrispondente in alcuni punti a'lle informazioni che normalmente ci pervengono».

Per quanto si riferisce alle tendenziose spiegazioni che si farebbero circolare costà circa gli insuccessi militari al fronte orientale, ho presente la tua lettera r. 3953 del 17 corrente (l). E richiamo anche quanto ti ho già segnalato ,con la mia 1/1405 in pari data.

Ho eseguito le istruzioni del Duce e ti prego di farmi pervenire tutte quelle ulteriori segnalazioni che riterrai utili e la tua opinione al riguardo (2).

ALLEGATO

APPUNTO

Il nostro interlocutore ha riferito che le devastazioni del grande bombardamento di Berlino sono veramente imponenti e così pure quelle di Monaco. A Berlino, oltre i gravi danni ad obiettivi civili, sono state colpite un grande numero di fabbriche, mentre la popolazione, pur dando prova di coraggio e fermezza, è naturalmente gravemente lesa sotto tutti gli aspetti, e questa menomazione generale che si abbatte sulla vita di tante grandi città, non può non incidere sulla resistenza morale e materiale della Nazione. In complesso, la preoccupazione per i gravi effetti dei bombardamenti è fortemente sentita in Germania ed il nostro informatore non ne ha fatto mistero. A questo si aggiunge che la fiducia nella vittoria è molto diminuita e sembra quasi impossibile contare su quella vittoria che si continua a proclamare come l'intransigente obiettivo della continuazione della guerra.

La propaganda di Goebbels, non solo non persuade, ma insospettisce per i suoi aspetti nettamente demagogici che confermano certi indirizzi di tendenze quasi bolscevizzanti che si manifestano nelle forme di mobilitazione totale degli uomini e più ancora delle donne. Pare che il servizio del lavoro delle donne viene disposto con notevole brutalità in confronto delle classi non proletarie o non strettamente operaie e ciò sopratutto ad opera dei piccoli Gauleiter che, investiti di poteri militari di reclutamento nelle singole località, applicano l'ugualitaria imposizione degli obblighi militareschi di lavoro alle donne di condizioni civili in maniera che provoca manifestazioni di vendicativo compiacimento sociale da parte degli elementi proletari. Insomma nella mobilitazione totale della Nazione, il livellamento si opera in modo che favorisce quei fermenti di rancore sovversivo che ha sempre animato le classi non abbienti verso quelle più invidiate; fenomeno sociale tanto più preoccupante, quanto più si inasprisce la durezza del clima di guerra e quanto più le vicende di essa possono volgere in modo meno favorevole.

16 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

Cosi lo slitt.amento della propaganda di Goebbels verso forme che vanno sempre più a sinistra preoccupa i ceti medi che, poi, sono quelli che sanno un pò meglio come realmente vanno le cose, perché le masse più umili sono più facilmente mantenute nei quadri della propaganda ufficiale. Ne consegue che nelle masse suddette sussistono ancora forze morali di resistenza corrispondenti agli argomenti della propaganda della necessità di difendere le proprie case e la propria esistenza contro l'invasione russa e la distruzione anglo-americana, mentre, invece, nelle classi più colte si spera ansiosamente in qualche possibilità di pace di compromesso, sia pure attraverso la resistenza.

Per quanto riguarda l'Italia, il nostro informatore si è mostrato questa volta assai scoraggiato e non ha nascosto le sue obiettive critiche ai difetti morali dei tedeschi che -come egli ha detto -quando le cose vanno bene sono gonfi di orgoglio e disprezzano tutti i collaboratori, attribuendo a se stessi tutte le glorie ed i meriti, mentre quando vanno male se la pigliano coi collaboratori stessi, riversando su di loro tutte le colpe degli insuccessi, degli errori o dei rovesci.

Così, e nonostante le più palesi verità sul valoroso comportamento delle truppe italiane nei loro settori in Russia, si difendono, spontaneamente o volontariamente, le voci che i cedimenti sono avvenuti per colpa degli italiani, e a nulla valgono i tentativi persuasivi per dimostrare la falsità di simile versione.

La guerra nel Mediterraneo non interessa il pubblico tedesco, il quale la sottovaluta e la ritiene sopratutto una necessità ed un onere di aiutare l'Italia peso morto dell'alleanza.

In questo clima si diffonde, ed è più che mai generale e radicata, la sfiducia verso l'Italia che aspetterebbe la prima occasione propizia per voltare le spalle alla Germania, abbandonarla in asso e fare una pace separata. Questa convinzione, secondo il nostro interlocutore, è diffusa e radicata in modo impressionante ed i suoi tentativi, quale conoscitore dell'Italia e della situazione, di controbatteria sarebbero stati del tutto vani e malissimo accolti.

In via strettamente confidenziale, il nostro interlocutore ha perfino accennato che elementi responsabili tedeschi non farebbero niente per controbattere queste convinzioni serpeggianti e dilaganti in profondità ed in estensione, perché sarebbero un comodo alibi e diversivo per allontanare le responsabilità della disfatta invernale al fronte russo dalle altissime decisioni, errori strategici gravissimi che hanno portato alle conseguenze che il paese non è alieno dall'attribuire a certa strategia improvvisata germanica che ha portato alla situazione che angoscia tutti.

Anche nelle manifestazioni ufficiali e comandate di solidarietà e comprensione itala-tedesca risalenti all'Associazione Italo-Germanica, si nota un assenteismo ed una svogliatezza da parte dei fattori responsabili del Partito, i quali volentieri si squagliano e non si fanno neanche rappresentare. Sicché bene spesso tutti i tentativi si risolvono in insuccessi pietosi.

Nell'atmosfera descritta trovano credito e contribuiscono ad aggravarla le vocf di questi giorni di ritiro definitivo dell'ARMIR dal fronte orientale ed anche di ritiro dei contingenti operai che lavorano in Germania.

Il nostro informatore si mostrava molto addolorato di questa incomprensione ed ingiustizia tedesca verso l'unica alleata ed amica, su cui la Germania potrebbe ancora appoggiarsi e, nel deplorarla, diceva che i tedeschi non fanno altro che mettersi contro tutto il mondo e citava, in un elenco di nemici inconciliabili: i paesi occupati, gli ebrei, la Chiesa, le classi medie ed intellettuali, per arrivare finalmente anche all'Italia verso cui non si fa niente per conservare l'amicizia anzi, si fa molto per perdere anche quella.

In complesso, il nostro informatore è apparso questa volta, sia che fosse sincero, sia che volesse operare dei sondaggi estremamente pessimista e scoraggiato, nonché animato da spirito critico verso la politica tedesca e la condotta della guerra.

(l) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 493. (2) -Il documento reca un «si» di Mussol!ni ed il suo visto. Per la risposta vedi D. 150. (3) -Vedi D. 126. (l) -Vedi D. 130. (2) -Vedi D. 168.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. P. 4311. Berlino, 21 marzo 1943 (per. il 26).

Ho potuto raccogliere negli ambienti dei diretti collalx>ratori del Flihrer e del Ministro von Ribbentrop (l) qualche reazione alla lettera del Duce del 9 marzo (2).

Di tale lettera, che mi risulta avrebbe fortemente impressionato il Fiihrer e sarebbe stata accolta in questi ambienti responsabili con profonda soddisfazione -riconoscendosi in essa un efficace contributo che l'Italia fascista, e per essa il Duce, porta al rafforzamento della situazione dell'Asse nell'attuale delicato momento -è sopratutto il paragrafo 5°, quello relativo alla guerra sul fronte russo, che ha qui suscitato il più vivo interesse.

Ciò non soltanto perché con la frase «Io mi domando se non sia troppo rischiare ripetere la lotta contro lo spazio infinito e praticamente irraggiungibile ed inafferrabile della Russia» il Duce individua con sicuro giudizio il punto più delicato e grave della intera situazione politico-militare nella sua fase attuale, facendone logicamente intravedere gli sviluppi probabili mentre con chiara evidenza indtca la possibilità di altre soluzioni contenenti un minor numero di incognite, ma perché alimenta con tutto ciò le speranze che con la Sua alta parola, ascoltata dal Fiihrer, possa influire in maniera radicale sulle di lui decisioni.

Lo spirito del Fiihrer è infatti tuttora dominato e pervaso (in altra occasione ho scritto «abbacinato») dalla volontà fanatica -per adoperare la parola che la recente propaganda ha messo di moda -di continuarre la guerra contro la Russia fino a batterla od inferirle almeno un ·colpo mortale attraverso una serie di offensive condotte senza risparmio di uomini e di mezzi.

Questo stato d'animo di assoluta intransigenza, che ha ricevuto ancora una nuova conferma nel discorso pronunciato a Berlino il 21 marzo per la celebrazione dei .caduti in guerra, sembra essere andato gradualmente rafforzandosi nel Fiihrer chiuso nel suo Quartier Generale, circondato da pochissimi collaboratori, praticamente estraniato da ogni contatto con la vita del suo popolo, mentre sentiva crescere nuove e inattese difficoltà ai piani che egli stesso aveva ideato e della cui pronta e totale riuscita si era ripetutamente reso garante di fronte al popolo tedesco.

La guerra contro la Russia sovietica fu infatti concepita e decisa dal Flihrer solo, attraverso un lungo travaglio interiore che, secondo quanto egli stesso ebbe a narrarmi, gli costò notti insonni e difficili ore di incertezza e di angoscia.

Malgrado l'importanza della decisione, in conseguenza della quale l'intera impostazione del conflitto ormai da quasi due anni in corso veniva capovolta, l'Italia alleata, come è noto, non ne fu messa a parte che a dichiarazione di guerra avvenuta.

Prima di giungere a tale momento, il Ftihrer aveva dovuto superare resistenze che ai suoi i)iani erano andati opponendo uomini politici e militari i quali facevano presenti, gli uni le inesauribili riserve di uomini e materiali di cui disponeva la Russia, gli altri agitando lo spettro del temuto «secondo

fronte~.

Queste resistenze ritornarono a manifestarsi, sopratutto da parte dei generali, nel corso della campagna concepita dal Ftihrer come una guerra fra due imperialismi ideologici, che non avrebbe potuto terminare se non ·con l'annientamento di una delle due parti e nella quale i successi di carattere politico e morale avrebbero dovuto avere una importanza talvolta superiore a quella dei risultati puramente strategici.

La volontà di far trionfare i ,propri piani, l'urto sempre più violento contro la realtà delle cose e la .crescente resistenza dell'avversMio andarono gradualmente irrigidendo l'animo del Ftihrer verso una sempre maggiore inflessibilità ed intransigenza, polarizzando la sua mente verso un solo settore dell'immenso teatro della guerra, facendogli dimenticare forse che non il russo soltanto era il suo mortale avversario.

Il mancato successo dei piani studiati dai generali nella prima fase della guerra spinse Hitler ad imporre l'offensiva su Mosca; i risultati negativi di questa azione lo indussero ad assumere personalmente la suprema direzione delle operazioni.

La cai!lJ)agna del 1942 è culminata nell'episodio di Stalingrado che Hitler aveva concepito come un successo politico clamoroso ed attorno al quale ha voluto successivamente creare una leggenda di epico sacrificio militare.

Questa serie di operazioni ideate e condotte dal Flihrer i cui pratici risultati non hanno corrisposto alle aspettative, mentre ha inciso notevolmente sul potenziale bellico totale della Germania, ha finito con l'appesantire la situazione strategica al fronte russo.

Le pubbliche solenni riaffermazioni del Filhrer, accolte dalle masse germaniche con fiducia e disciplina, non hanno trovato sinora rispondenza nella realtà.

Questi motivi contribuiscono a spiegare per quali complesse ragioni Hitler, sentendosi così personalmente e gravemente ·impegnato e compromesso di fronte al suo popolo, non sappia adattarsi a rinunciare al suo proposito di vendicare con la vittoria delle armi i disinganni e le pene di questi ultimi mesi e non riesca d'altro canto a vedere altro obbiettivo se non quello sovietico.

Ma, in questo stato d'animo, il Ftihrer non riesce e forse non vuole rendersi conto delle trasformazioni che gli anni di guerra hanno impresso sulla capacità produttiva e sullo spirito delle masse germaniche, ·Costrette ad uno sforzo sempre maggiore, ad una sempre più sensibile tensione nervosa e per contro soggette a sacrifici sempre più gravi. Nel rigido quadro della disciplina sinora perfettamente mantenuta fra le masse si notano squilibri di organizzazione ed incertezze di esecuzione, affiorare di problemi e risorgere di rivalità

di classe, che sono un sintomo palese della stanchezza dei gregari e dei dirigenti. Ed è lecito domandarsi se questa stanchezza che già fa risentire i suoi effetti attraverso l'insufficiente aumento della produzione industriale, sulla quale incidono ora sensibilmente i bombardamenti aerei, non potrebbe concretarsi in forme più inquietanti all'indomani di un nuovo insuccesso di carattere militare.

Non meno giustificata appare una domanda del genere per quanto riguarda i territori occupati dalla Germania, dove il peso dell'occupazione comincia già a provocare significative reazioni che si riflett·ono anche sulle imponenti masse dei lavoratori stranieri attualmente occupati nel territorio del Reich.

Arrestata l'offensiva invernale sovietica, si manifesta attualmente in Germania uno stato di euforia analogo a quello palesatosi lo scorso anno al momento dell'incontro fra il Duce ed il Fiihrer a Salisburgo. Euforia, preciso, limitata alla Fiihrung e che non sembra molto diffusa né nel paese né fra i circoli dirigenti.

In questa atmosfera si riaffaccia e viene riaffermata l'intenzione di Hitler di riprendere al principio dell'estate l'iniziativa al fronte sovietico. Sulla opportunità di una iniziativa le opinioni in Germania sembrano concordi in quanto appare necessario ridare all'avversario sovietico la sensazione della potenza militare germanica e stabilire dei capisaldi che permettano di andare incontro fiduciosi ad ogni sorpresa. Là dove le opinioni in vari circoli sembrano alquanto differire da quel1e di Hitler, è sul carattere totalitario di offensiva a fondo che egli a quelle operazioni medesime sembra voler imporre.

Mentre si osserva infatti ·che l'esercito germanico, per quanto saldo, disciplinato e bene armato non r~ppresenta fatalmente più quel formidabile strumento che ha permesso le vittorie degli anni 1939, 1940 e 1941; che difficilmente un piano strategico, anche se questa volta unicamente basato su criteri tecnici anziehé politici, potrebbe riuscire a indicare obbiettivi suffidentemente vicini e la cui conquista potrebbe avere carattere risolutivo; si fa osservare per contro come per organizzare la nuova battaglia sarà necessario trascurare altri fronti e rinunciare a difendersi se in altri settori apparisse improvvisamente il pericolo. Si fa osservare da ultimo come l'insuccesso od anche soltanto il parziale successo di un'offensiva proclamata definitiva potrebbe questa volta esercitare delle conseguenze negative sensibili sulle masse tedesche sottoposte in questi ultimi mesi ad uno sforzo di lavoro crescente, reso più gravoso dalla sempre !Più rigida disciplina e dalle sempre maggiori limitazioni imposte alla vita civile.

Il vivo interesse con cui, come ho detto all'inizio, alcuni seri elementi responsabili hanno visibilmente accolto i dubbi espressi dal Duce circa l'opportunità di una ripresa offensiva totalitaria al fronte est, è evidentemente il riflesso dei dubbi che si affacciano nell'animo di non po·chi dirigenti germanici, i quali sperano ·che nell'occasione dell'imminente incontro dei due Capi il Duce, da solo a solo parlando al Fiihrer con assoluta chiarezza e precisione, lo tragga fuori da quell'atmosfera fanatica che gli ha fatto perdere la giusta visione delle cose e lo liberi dall'assillo della sfinge sovietica che domina totalmente il suo pensiero.

In tale stato di cose è lecito dire che l'Italia, amica ed alleata che ha dato a prezzo di sangue e di immani sacrifici una prova storica della sua fedeltà e sulla quale si può dire che da due anni ormai sia andato gravando tutto il peso dell'avversario anglosassone, ha diritto di sapere da Hitler su quali elementi egli basi i propri giudizi ed i propri piani e di quali mezzi esattamente disponga preparandosi a giuocare la carta della nuova offensiva; di fargli chiaramente capire -senza sfumature che in questo momento non sono percepibili al suo spirito -la gravità delle conseguenze di un insuccesso, nonché il pericolo in cui le forze dell'Asse verrebbero a trovarsi se attaccate contemporaneamente su un altro fronte. E accennando al buon diritto del Duce di conoscere con precisione i mezzi che il Fiihrer ha a propria disposizione -mezzi dei quali non è stato possibile finora conoscere l'entità -intendo fare un preciso riferimento ai gas tossici che, come già altra volta riferito, da vari indizi risulterebbero da qualche tempo essere qui fatti oggetto di particolare considerazione, ed il cui eventuale impiego si ritorcerebbe da parte avversaria automaticamente anche sull'Italia.

Nel momento attuale è più che mai di importanza vitale menar colpi là dove il pericolo appare più urgente e dove più gravi potrebbero risentirsi le conseguenze di un insuccesso.

Orbene, ed il giudizio di competenti militari lo conferma, la Russia sovietica, mentre non appare così indebolita da lasciar adito a serie speranze di conseguire su di essa una pronta vittoria, non sembra certamente più in condizioni da superar la resistenza di una salda linea difensiva tedesca. Risulta quindi tanto maggiormente fondata ed accoglibile la .proposta del Duce di elevarvi un baluardo insormontabile di uomini e di materiali.

Ben diversa sembra delinearsi invece la situazione nel Mediterraneo, dove il peso delle armi anglo-americane va fa·cendosi più sensibile e dove Washington e Londra mostrano di voler raggiungere ad ogni costo il tanto sospirato successo.

Qualora il Fiihrer rinunciasse ,per il momento almeno all'idea di una offensiva totalitaria ad est per concentrare in un settore del Mediterraneo la massa di forze che verrebbe in tal modo a rendersi disponibile, sarebbe possibile ottenere con un numero infinitamente più limitato di mezzi, con maggiori probabilità e con conseguenze di gran lunga forse maggiori per l'intera economia della guerra, quel successo di carattere decisivo che egli non riesce a concepire possibile se non sul fronte orientale.

Si osservi altresì che un'azione a fondo contro gli anglo-americani, le cui possibilità di resistenza in Mediterraneo dipendono unicamente dalla massa di rifornimenti che loro pervengono per via di mare, permetterebbe di sfruttare e completare i risultati della guerra sottomarina i cui crescenti successi attualmente tanto preoccupano, ed a ragione, l'avversario.

Un successo militare anche di non straordinaria entità sul fronte mediterraneo o in altro settore giustificherebbe lo sviluppo realistico di quella nuova sistemazione europea che -sul recente comunicato di Roma -ha trovato così unanimi accoglienze.

Accompagnare fedelmente non vuoi dire seguire passivamente. La nostra fiducia è salda, ma non è cieca. E quando il Duce fa coraggiosamente presente al Suo grande amico ed alleato con un .gesto franco e leale -di cui l'Italia e la Germania non Gli saranno mai abbastanza grate -le incognite della situazione ed il grave pericolo al quale seguita sempre di più ad esporsi, mentre gli indica d'altra parte un'alternativa di altrettanto decisivo successo, Egli rende a lui e alla Germania, e quindi all'Italia, uno dei più segnalati servigi (l).

(l) -Alfieri pubblica nelle sue memorie (D. ALFIERI, Due dittatori di fronte, Milano, Rlzzoli, 1948, pp. 385-390) una lettera a Mussolini (di cui c'è anche minuta dattiloscritta nelle sue carte In ACS) che ha un inizio simile a questo e varie frasi identiche o equivalenti, datata «Berlino, 8 aprile 1943 », giorno nel quale egli si trovava a Sallsburgo con Mussollnl. È probabile che si tratti di una rlelaborazione di questo documento fatta per essere presentata a Mussollni In quell'occasione. Comunque, la lettera che egli dice (lvi, pp. 291-292) di aver inviato a Mussollni il 20 marzo è questa diretta a Bastlanlnl, che però è stata letta e sottolineata da Mussollnl. (2) -Vedi D. 95.
142

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. s. 1095/381. Zagabria, 22 marzo 1943 (per. il 27).

Telegramma di V. E. n. 141 del 21 corrente (2).

Con Kasche e con Glaise ci siamo riuniti a casa mia il 21 corrente.

Al Generale tedesco ho voluto, prima che si iniziasse il colloquio, riassumere quanto era stato oggetto del precedente scambio di vedute con Kasche, che ho già riferito a V. E. (3). Ho premesso che la sua posizione di Generale plenipotenziario tedesco a Zagabria, e la conoscenza che egli ha di questi ambienti potranno certo conferire maggiore chiarezza alla linea di condotta che, secondo le Superiori decisioni del suo e del mio Governo, deve essere concorde e quindi non contrastante né contraddittoria nei confronti dei croati, come essi stessi ci hanno ·più volte fatto comprendere. Mi sono quindi dichiarato molto lieto che egli partecipi ai colloqui; tanto più -ho aggiunto -che gli aspetti della situazione interna e dei rapporti internazionali con la Croazia sono ricondotti spesso alla situazione militare e da essa sono influenzati.

Alla sua dichiarazione (per me gratuita), secondo la quale egli avrebbe sempre tenuto al corrente la R. Missione Militare italiana di ogni iniziativa che stava per essere concordata coi croati, ho dovuto obiettare che sarebbe desiderabile che egli regolarmente si .consultasse col Generale Re, considerando gli impegni internazionali della Croazia con noi e la volontà italiana di interessarsi sotto tutti i riguardi della vita della Croazia. Per le questioni di natura politica, che pure fanno parte della sua varia e complessa attività, egli potrebbe senz'altro rivolgersi a me e ci consulteremmo amichevolmente. «Comunque -gli ho detto -è meglio che non ci diate la spiacevole sorpresa di conoscere dai croati o persino dai giornali, a cose decise e già fatte, quanto ha formato oggetto di intese con voi».

Risposta di Glaise affermativa, con profusione di promesse. Ma ha fatto molte riserve per gli aspetti pratici, appellandosi alle «urgenti necessità croate determinate dalla guerra e dalla ribellione, alle richieste reiterate di mezzi bellici, alle offerte di contingenti croati di leva da addestrare in Austria».

«Nulla in contrario -ho sogglunto -che voi possiate aiutare i croati con la tecnica e coi mezzi per fronteggiare la guerra e la ribellione, ma è bene che l'Italia lo sappia, altrimenti questi amici giocheranno pendolarmente tra le due Potenze dell'Asse, disposte ad aiutarli, ma non prescindendo l'una dall'altra».

Qui Glaise, con giro di parole, ha fatto risalire al Comando Supremo germanico e al nostro «la responsabilità di decisioni adottate unilateralmente senza consultarsi », aggiungendo: «io credo che i rapporti fra i due Comandi dovrebbero essere più frequenti e più stretti». Gli ho risposto che «le decisioni seguono sempre le iniziative da lui ventilate e avviate, e che mi risulta che tra l'O.K.W. e il nostro Comando Supremo le consultazioni sono frequentissime per gli affari croati».

La conversazione è continuata poi con Kasche.

Sulle questioni militari:

1°) -Entrambi sostengono l'urgenza di disarmare o di combattere le formazioni cetniche che, agendo agli ordini di una potenza nemica dell'Asse, possono da un momento all'altro far causa comune con le forze partigiane, facilitando uno sbarco o alimentando una sollevazione generale nei Balcani.

Ho risposto: «La questione risulta essere stata trattata ampiamente dai nostri Governi e devo ritenere che si è convenuto di affrontarla nel momento più adatto».

2°) -I soliti motivi addotti da Kasche, sono stati illustrati da Glaise a sostegno della tesi croata « per auspicare finalmente una cordiale e proficua collaborazione nostra con le truppe croate nel campo addestrativo e operativo e per la istituzione di presidi croati sotto nostro controllo». Ho dovuto confermare quanto già avevo detto al mio collega, che «il concorso di truppe croate ci viene negato o lesinato, non si sa per quale plausibile motivo».

Glaise ha sorriso, dicendo: <<È colpa anche nostra, perché di truppe abbiamo bisogno». (L'argomento collaborazione militare coi croati sarà ripreso in un prossimo colloquio al quale farò intervenire il Generale Re).

Sui rapporti italo-croati:

1°) -È bastato un mio a·ccenno alla lettera diretta da von Ribbentrop al nostro Ministro degli Affari Esteri nel 1939, perché Glaise si affrettasse a dichiararmi di averne presa conoscenza a Berlino.

È quindi naturale che egli dovesse, dopo questa premessa, spiegare il perché di un'azione tedesca in Croazia che prescinde del tutto -esecutori lui e Kasche -da quelle assicurazioni fondamentali: ricorso absburgi•co, ingerenza assorbente, affermazione di un interesse politico-economico es·clusiyo, con diritto di prelazi.one su uomini e su risorse presenti e future, con lo stabilire controlli di qualsiasi genere, costringendo noi a una resistenza sul posto e a una ininterrotta pressione sui croati per non rinunziare alla posizione che ci fu riconosciuta e alla quale abbiamo diritto: in un primo tempo rigida presa di possesso tedesco di quella parte di Croazia limitata dalla linea di demarcazione e, in un secondo, superamento della linea e marcia verso il mare.

Tutti questi elementi, nei quali consiste l'azione tedesca, ho distribuiti nel

corso della conversazione senza accentuarne il peso tutto in una volta.

Il Generale tedesco ha con molte parole spiegato che sarebbe desiderio del

Fiihrer che in Croazia non vi fossero truppe tedesche, e anche che non vi

rimanesse neppure un soldato. «Ma è questo possibile sinché durerà la guerra?».

Kasche taceva, lasciando parlare il suo Generale, più loquace e più agguer

rito di lui e, credo, anche più colpevole di lui dell'insincera politica che si

conduce nei riguardi dell'Italia, perseguendo una linea che conduce a un obbiet

tivo fisso e ben chiaro, ormai anche ai nostri occhi: l'Adriatico. Valersi dei

croati, militarmente anzitutto, politi·camente anche, rinnovando la realtà sto

rica del tempo austriaco e avanzare a tappe, tedeschi e ·croati a contatto di

gomito e con aspirazioni comuni, verso i territori adriatici che furono dell'Im

pero asburgico da noi distrutto nell'altra grande guerra.

Glaise non può dimenticare il passato della Monarchia che ha servito. E perciò, 3!ppassionato all'argomento che è· la ragione dei suoi sforzi e della sua « croatomania », si è tradito più volte in questa parte del colloquio.

Quando io ho affermato che le città, i porti e la costa adriatica hanno per noi fascisti una importanza della quale dev'esser tenuto il massimo conto, egli ha con compiacenza ammesso «di poterlo ben comprendere», ma ha subito aggiunto che « i croati purtroppo lo sanno, e che questa è una triste realtà, motivo di malintesi che egli più di ogni altro tedesco può riconoscere». Neppure la guerra, ·con l'imperativo categorico dell'ora, «riesce a tener sopito questo profondo scontento che tuttavia si manifesta, benché latente».

In sostanza, proprio in questa realtà -conflitto fra il presente possesso italiano e la rivendicazione austro-croata -Glaise vede l'ineluttabilità degli eventi e perciò il fine ultimo del suo gioco centro-europeo.

2°) -Il riferimento alla guerra ha suggerito a Glaise, come giustificazione della sua strana attività, la spiegazione dell'invio di marinai croati sul Mar Nero per iniziativa sua, senza previa consultazione con noi. E qui Glaise bonariamente ha insinuato che «un po' di marina croata non può certo far ombra all'Italia».

Gli ho ricordato l'esistenza di uno specifico articolo del Trattato itala-croato.

Senza esserci portato dal discorso, egli, mentre Kasche sempre taceva, si è messo a dire il suo pensiero su quella che avrebbe dovuto essere la soluzione adriatica: « tutta quanta la Dalmazia ai croati, con un protettorato italiano sul nuovo Stato».

Non ho voluto seguirlo in queste sue inattuali e gratuite proposte che, certo, con la presenza in Croazia di un austriaco intraprendente come lui e in combutta con certi croati espansionisti, costituirebbero un ben magro e irrealizzabile affare per l'Italia. Ho semplicemente osservato che le decisioni sulla sorte dei popoli e sulle questioni territoriali spettano al Duce, per quanto riguarda l'Italia.

3°) -Agitazione antitaliana e irredentismo. I miei interlocutori si sono mostrati preoccupati per alcune mie dichiarazioni su fondati elementi in nostro possesso <Circa la gravità della propaganda che si conduce contro di noi

in Croazia e nei territori annessi. Ho ripetuto le direttive del Duce: «ogni forma irredentista e territoriale è inattuale e ridicola». Ho detto che perciò «l'irredentismo croato deve essere considerato, anche da parte tedesca, come condannabile nel momento in cui si combatte la guerra, che dev'essere vinta. Questa è per noi una questione di morale politica, e le Autorità tedesche a Zagabria devono essere con noi». Sopra tutto per quanto riguarda la Legione Azzurra Calla quale ritengo che Glaise non sia estraneo), organizzazione a base terroristica e militare che intreccia le sue fila dal campo ustascia a quello partigiano, i miei interlocutori mi hanno chiesto se abbiamo risultanze che ne documentino l'esistenza.

Ho risposto che abbiamo elementi ed indizi seri e consistenti.

Ci siamo poi intrattenuti sulla subdola attività irredentista che conduce Lorkov'i'C ai nostri danni, come Ministro degli Esteri e con diramazioni negli altri Ministeri militari e politici, sui quali egli esercita la sua perniciosa influenza. I miei interlocutori hanno ascoltato, evidentemente impressionati, i miei pacati ed opportuni riferimenti a fatti spe'cifici, tutti già noti a V. E.

Mi è stato facile capire che Lorkovic è un uomo che obbedisce agli ordini di Glaise ed è a lui legato nelle intenzioni: uomo da fare allontanare al più presto dal deUcatissimo posto che occupa.

Mi sono accorto pure, da alcune dichiarazioni di Glaise, dalle quali Kasche mostrava invece di dissentire, di un orientamento contrario al Poglavnik, che tenderebbe a isolarlo con la nomina di un Presidente del Consiglio, facendo di lui una specie di padre della Patria o di reggente. È il progetto al quale accennò mesi addietro il Ministro di Croazia a Roma in un colloquio avuto a Palazzo Chigi, progetto caldeggiato da alcuni intriganti croati per l'assunzione di Lorkovic a Presidente del Consiglio (l).

Nelle parole di Glaise sono emersi a fior di labbra alcuni nomi di altre persone, tra cui quello di Budak (approvazione di Kasche) e di Kulenovic.

4°) -Sull'attività del Partito ustascia Kasche mi ha interrogato perché dicessi che in quel campo la collaborazione con noi è soddisfacente, per opera della Delegazione inviata qui un anno e mezzo fa dal Partito fascista. Ho risposto che, in verità, il Partito ustascia è pressoché inesistente, e perciò non c'è campo di azione per una collaborazione fattiva. La gioventù ustascia sfugge ostinatamente a qualunque influenza ed è male orientata verso l'Italia.

Si è rimasti d'accordo di ritrovare! in uno dei prossimi giorni per l'esame della situazione politica, particolarmente interna, e per concertare una azione, possibilmente concorde, nei riguardi del Governo croato.

Chiarita nelle grandi linee la situazione durante il colloquio che ho riferito, posso con fondamento asserire che più si va al fondo nella questione dei nostri rapporti con la Croazia, e più si avverte che il problema fondamentale è quello degli uomini, cioè dei fattori della politica tedesca in Croazia e dei fattori croati di una politica sostanzialmente contraria alla volontà dell'Italia espressa dal Duce (2).

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolin!. (2) -Vedi D. 129, nota l, p. 164. (3) -Vedi D. 129. (l) -Vedi serie nona. vol. IX. D. 348. (2) -Il presente documento reca il visto di Mussolin!.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. P. Berlino, 22 marzo 1943 (1).

Confermandoti quanto ti ho già comunicato per telegramma (2), dichiaro

sulla base precisa di quanto mi riferiscono i Consoli, i Segretari dei Fasci, i

giornalisti italiani residenti in Germania e i numerosi collaboratori che lavorano

in Ambasciata e attorno all'Ambasciata, sulla base infine dei numerosi contatti

personali che mantengo con tutto il mondo politico tedesco, che lo stato d'ani

mo verso l'Italia è nel suo complesso essenzialmente buono.

Non posso prendere in considerazione informazioni del genere di quella che mi hai inviata, a meno che la signora per me anonima possa fornire elementi precisi, in possesso dei quali io potrò chiarire e precisare la ;portata dell'eventuale episodio.

Come ho accennato nel mio telegramma, può essere avvenuto che la signora, preoccupata per l'intensificarsi dei bombardamenti, abbia giustamente pensato di rientrare col proprio figlio in Italia; e che, .per giustificare il suo spiegabile anche se non eroico ritorno in patria, abbia .inventato la faccenda degli sputi in faccia ai fascisti italiani e la fantasia della sommossa popolare.

Consentimi di dirti che sono rimasto vivamente contrariato nel constatare che le serie, fondate e metodiche comunicazioni dell'Ambasciata sulla Stimmung nei confronti dell'Italia -Stimmung che dovrebbe aver trovato conferma nelle impressioni riportate da Farinacci durante la sua recente visita, da Tarabini e da numerosi federali componenti la delegazione fascista -possano essere annullate o gravemente infirmate da segnalazioni del genere di quella che mi hai trasmessa.

D'altronde in questi ultimi giorni il Duce ha lungamente ed anche riservatamente conferito col Ministro von Ribbentrop, col Maresciallo Goering, coll'Ammiraglio Donitz, i quali avrebbero dovuto dargli su ciò una netta e precisa impressione.

Per verità, non posso affatto escludere che, in conseguenza della presenza del forte numero di italiani in Germania, i quali risentono le conseguenze delle rigorose disposizioni restrittive, possano in questo momento verificarsi episodi antipatici; anzi sono prontissimo ad ammettere preventiv,amente che tali episodi, pur non essendo venuti a conoscenza dell'Ambasciata, possano avvenire; ma trarre da ciò la conseguenza che i rapporti fra i due paesi attraversino un momento di crisi in funzione di tali episodi, non mi pare assolutamente accettabile.

Qui di seguito elenco le mie osservazioni secondo l'ordine segnato nella tua lettera.

l. -Non credo che, in verità, si possa dire vi sia stata tergiversazione fra la nostra richiesta e l'accoglimento dell'abolizione dell'Alto Commissario

tedesco in Alto Adige; soprattutto se si tiene conto che -come ti ho varle volte forse non abbastanza efficacemente spiegato -non c'è quasi mai a Berlino nessuna delle maggiori autorità responsabili; e che -da qualche tempo anche von Ribbentrop vede piuttosto raramente il Fuhrer tutto preso dalle cose militari. Di qui le inevitabili lentezze.

2. --Circa la scarsa evasione alle richieste italiane di materia'li, devesi tener presente che tutte queste questioni sono trattate direttamente (ed io a suo tempo non ho mancato di dolermene) fra il Senatore Giannini ed il Ministro Clodius, non rimanendo all'Ambasciata che di svolgere -quasi sempre di sua iniziativa, oppure su qualche indicazione dell'Addetto Commerciale e non mai su richiesta di Roma -un lavoro di accompagnamento sul terreno politico, lavoro che per verità dà non inutili risultati. 3. --Circa la tendenza tedesca di svalutare l'apporto altrui in caso di vittoria e di scaricare sugli alleati la colpa delle sconfitte, sono prontissimo a riconoscere con te che tale tendenza non è né cameratesca né accettabile. Cosi come è gravemente doloroso ascoltare i tragici episodi dai quali risulta come i nostri eroici soldati appartenenti all'ARMIR sono stati trattati dai tedeschi durante la fase di ripiegamento.

Ma a mio suboroinato parere, verificandosi situazioni o tendenze che di per sé possono gravemente compromettere, come giustamente tu dici, i rapporti fra i due paesi, il Comando Supremo italiano avrebbe dovuto coi mezzi che sono a sua disposizione intervenire con ferma e leale dignità presso il Comando tedesco affinché fossero presi tutti i provvedimenti necessari diretti a prevenire e ad attenuare le conseguenze di tale lamentata situazione.

Dei passi fatti in questo senso presso il Comando Supremo tedesco si sarebbe dovuta informare preventivamente questa Ambasciata perché potesse accompagnare sul terreno politieo l'azione svolta al riguardo. Invece l'Ambasciata non è mai stata messa al corrente di eventuali passi del genere; ed io personalmente, come ti ho scritto nelle mie due lettere n. 3706 e 3953 del 14 e del 17 marzo (lettere che richiamo specificatamente alla tua memoria) (1), ho creduto di prendere l'iniziativa di reagire al diffondersi di dicerie antipatiche nei confronti del contegno di alcuni reparti dell'ARMIR.

Ne feci infatti oggetto di un preciso passo presso questo Ministero degli Esteri -personalmente anche presso il Ministro von Ribbentrop -al quale ricordai le specifi.che circostanze che giustificavano taluni cedimenti sul fronte italiano (vastità del fronte, mancato affluire delle riserve tedesche), riservandomi di presentargli alcune sommarie documentazioni che da molto tempo ho inutilmente chiesto al Generale Marras.

Specificatamente avevo detto al Ministro von Ribbentrop -e questa è cosa di parecchi giorni addietro -di avere notato con rammarico che i giornali tedeschi non avevano adeguatamente dato rilievo, opportunamente pubblicandolo, al messaggio indirizzato dal Duce all'ARMIR. Al che von Ribbentrop ha rist:osto che una tale pubblicazione sui giornaU tedeschi sarebbe stata natura!

mente letta dai soldati germanici al fronte, i quali, conoscendo le vicende del settore affidato ai soldati italiani, sarebbero stati malamente impressionati.

Ho cercato subito di reagire; ma von Ribbentrop mi ha ricordato che ciò non era nuovo al Comando Supremo italiano e neppure doveva riuscir nuovo al Governo italiano, dato che il nostro Ministro degli Esteri -in occasione della visita da lui fatta al Quartier Generale alla fine di dicembre (l) -si era telefonicamente reso portavoce presso il Duce di tali precise impressioni tedesche, ottenendo dal Duce un pronto intervento sotto forma di un severo ordine alle truppe dell'ARMIR di assoluta resistenza.

Poiché ricordavo che il Duce si riprometteva di dire apertamente su tale argomento il suo pensiero a von Ribbentrop durante il colloquio riservato avuto con lui, non ho creduto di insistere ulteriormente sulla delicata questione. Chiesi invece a von Ribbentrop che, attraverso gli organi del partito nazionalsocialista, fosse attuata una efficace reazione, allo scopo di ristabilire la verità dei fatti e di evitare che dal dilagare di tali voci potesse derivare una situazione delicata fra i due paesi.

4. -Non posso lasciare sotto silenzio che il ritiro degli operai italiani ha qui suscitato una forte contrarietà. E non conoscendosi in nessun modo né le ragioni che avevano giustificato questo ritiro né la circostanza che il Fiihrer si era perfettamente reso conto delle nostre necessità interne, le interpretazioni sono state varie, gratuite e tutte sfasate. Ragione per cui io avevo fatto presente l'opportunità che in un modo o nell'altro si desse una chiara e semplice spiegazione. Ma non ho finora avuto nessuna risposta.

Devo ora farti presente come io abbia sempre -per verità con nessun risultato -sostenuto la necessità che tutte le questioni di carattere mili~are, economico, industriale, commerciale, che abbiano una effettiva importanza, siano risolte in sede politica; nel senso che, se i Ministeri ed i competenti organi tedeschi non hanno nella trattazione e nella discussione dei singoli problemi una precisa superiore direttiva di carattere politico, tutte le questioni vengono e saranno fatalmente risolte salo in modo parziale e non mai corrispondentemente alle nostre richieste ed alle nostre necessità; perché i competenti e gli esperti tedeschi cercano, spiegabilmente, di darci il meno possibile.

Per esempio, se le nostre richieste di materie prime (grano, carbone, petrolio, ecc.); se il nostro legittimo desiderio che il contributo delle armi italiane trovi adeguato rilievo e riconoscimento presso l'opinione pubblica e la stampa tedesca; se la proposta italiana che ai militari nostri combattenti siano con una certa larghezza conferite decorazioni militari tedesche; se tutte queste varie questioni, Lnsomma, saranno accompagnate da un intervento politico, tanto più efficace quanto più alto; Ie nostre richieste saranno più facilmente accolte.

In mancanza di una tale decisione, per essere più precisi in mancanza della decisione del Fiihrer, gli organi da lui dipendenti -anche perché la procedura diventa sempre più lenta e complicata -opporranno sempre una forte ref'istenza.

Non dlco naturalmente che cw sia giusto; dico semplicemente quale è la situazione nella sua realtà ed espongo quale sia il modo ed il metodo per superare le difficoltà della situazione: cioè a dire un intervento del Duce, limitato, si intende, alle questioni fondamentali ed effettuato direttamente col Ftihrer (1).

(1) -Manca l'indicazione della data d'arrivo. (2) -Non rinvenuto: era comunque la prima risposta al D. 126.

(l) Vedi DD. 118 e 130.

(l) Vedi serie nona, vol. IX, D. 418.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AI MINISTRI A BUCAREST, BOVA SCOPPA, A BUDAPEST, ANFUSO, E AL MINISTRO ROGERI DI VILLANO VA, A VIENNA

T. 9844/c. P.R. Roma, 23 marzo 1943, ore 1.

(Per tutti) Mio telegramma n. 9662 (2). (Per Bucarest, Vienna e Berlino) È stato telegrafato al'la R. Legazione a Budapest quanto segue:

(Per tutti) Abbiamo esaminato insieme con il Governo tedesco le osservazioni fatte da Voi e da codesto Incaricato d'Affari di Germania in merito alla presentazione del rapporto Rogeri-Hencke e delle raccomandazioni che lo accompagnano.

Non è sembrato il caso di sospendere.la presentazione di tali documenti, dato che da tempo i due Governi sono a conoscenza che tali documenti sono pronti, e devono essere loro rimessi.

Nel presentarli voi potrete tuttavia aggiungere verbalmente che il Governo italiano, d'accordo con il Governo tedesco, vede con molto favore e con sincera soddisfazione l'iniziativa dei Governi ungherese e romeno di procedere a delle conversazioni destinate a risolvere le questioni esistenti tra i due Paesi. Il Governo italiano si augura vivamente che queste conversazioni abbiano successo. Il rapporto della Commissione itala-germanica può essere considerato dai due Governi come un contributo allo studio dei problemi che essi devono affrontare. L'interesse che il Governo italiano porta a tali problemi è un interesse amichevole, e ha come scopo quello di facilitare l'accordo fra due Paesi. Solo qualora non fosse possibile raggiungere quest'accordo nelle previste conversazioni dirette, il Governo ita'liano, d'accordo con quello tedesco, è d'avviso che i due Governi dovrebbero prendere in considerazione le raccomandazioni che, a seguito dei lavori della Commissione Rogeri-Hencke sono state formulate.

Analoga comunicazione potrà essere fatta dalla R. Legazione in Bucarest.

Telegrafato a Berlino, Bucarest, Budapest e a Ministro Rogeri (3).

Per le risposte di Anfuso e Bova Scoppa, vedi DD. 165 e 167.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Si riferisce al T. 9662/C. P.R. del 20 marzo 1943, ore 24, non pubblicato, relativo al momento della presentazione del rapporto Rogeri-Hencke. (3) -Con successivo telegramma (10162/C. P.R. del 24 marzo 1943, ore 24) agli stessi destinatari, Bastianlni aggiungeva: «Nella conversazione che avrete con codesto Ministro degli Esteri, al momento della presentazione del rapporto Rogeri-Hencke, fate bene intendere che .raccomandazioni della Commissione devono considerarsi valide per il caso che negoziati diretti !ra i due governi non portino ad alcun accordo».
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IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. 1859/189 R. Bucarest, 23 marzo 1943, ore 22,30 (per. ore 14 del 24).

Michel Antonescu mi ha detto che questo Ambasciatore Turchia era andato a trovarlo ieri e gli aveva detto che suo Governo «annette in questo momento grande importanza all'ItaUa alla sua azione politica,,

Il Signor Tanriover ha aggiunto: «Se andate a Roma dite che Governo turco attende che un avvicinamento si faccia». Antonescu mi ha dato lettura poi di due telegrammi Ministro di Romania ad Ankara. Riferendosi a una conversazione avuta con Saragioglu Ministro romeno afferma che Capo del Governo turco gli ha spiegato ragioni delle sue ultime calorose affermazioni nei confronti delle potenze anglo-sassoni che furono semplici cortesi risposte alle acclamazioni che avevano salutato alle Camere di Londra e Washington rielezione di Ismet Inonu. Saragioglu e Numan hanno riaffermato al Ministro di Romania che Turchia non intende abbandonare sua posizione di neutralità e « desiderano assicurare pienamente su questo punto governo romeno col quale intendono [mantenere] stretta collaborazione».

Antonescu mi ha detto che a suo avviso Turchia aspira al ruolo Potenza mediatrice ed ha aggiunto che egli crede alla lealtà della politica turca.

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IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. N. D. 1842/192 R. Bucarest, 23 marzo 1943, ore 22,50 (per. ore 7 del 24).

Accennandomi a fatto che discorso Churchill non contiene alcuna allusione sgradevole all'Italia e che vi si parla di nazismo ma non di fascismo, Michel Antonescu mi ha detto che egli aveva fatto studiare da suoi speciali incaricati a Lisbona e Stocco1ma piani di pace preparati da anglo-sassoni e che in tutti tali piani posizione dell'Italia è <<riservata».

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IL VICE DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, A. ROSSI LONGHI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, AMBROSIO (l)

TELESPR. S. 13/06051/C. Roma, 23 marzo 1943.

Telespresso di questo R. Ministero n. 05733/C. in data 18 corrente (2).

Per riservata conoscenza e norma si trasmette copia di un appunto lasciato dal Ministro Rahn, Rappresentante del Ministero Esteri tedesco a Tunisi, sulla comune condotta politica in Tunisia, in occasione dell'udienza concessagli dall'Eccellenza il Sottosegretario di Stato il 18 corrente.

In linea di massima, come risulta anche dall'appunto circa i colloqui avuti dal Ministro Rahn con il direttore Generale degli Affari Politici Europa e Mediterraneo il 13 ed il 15 corrente -di cui si allega copia per il Comando Supremo -siamo d'accordo con quanto è ricapitolato nell'appunto del Ministro Rahn.

Sono state fatte alcune riserve circa il punto 4) non ritenendosi probabile che la «propagazione di una ideologia europea» possa efficacemente contribuire alla decomposizione della forza combattiva francese del Nord Africa e circa il punto 9) non nutrendosi molta fiducia in serie possibilità di un movimento di sommossa arabo nel Nord Africa, contro inglesi, americani e gollisti.

Circa il «reparto d'istruzione germanico-arabo» risulta che da parte tedesca si è notevolmente aumentata la forza della «unità liberatrice tedesco-araba» transitata nel mese scorso per l'Italia proveniente dalla Germania.

Tale forza, che era allora segnalata come composta da circa mille unità, sarebbe ora stata portata -secondo ha riferito H Comandante Simen di ritorno dalla Tunisia -a circa 4 mila unità (un battaglione misto arabo-tedesco, un battaglione tunisino, un battaglione algerino ed uno marocchino tutti inquadrati da ufficiali tedeschi).

Inoltre risulta che il Comando Tedesco sta procedendo ad arruolamento di elementi indigeni tunisini su posto e che, in qualche località, sono stati iniziati, a cura dei Comandi di piazza tedeschi, dei corsi di lingua tedesca per gli indigeni.

Si gradirebbe conoscere dal Comando Supremo se siano in corso iniziative da parte nostra per arruolare Tunisini, Algerini e Marocchini per utilizzarli in Tunisia a fianco delle truppe italiane (3).

ALLEGATO

IL RAPPRESENTANTE TEDESCO A TUNISI, RAHN, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

PROMEMORIA. [Roma, 18 marzo 1943].

l) Gli accordi franco-tunisini del Bardo e della Marsa non dovrebbero, possibilmente, essere toccati. 2) L'Amministrazione francese, necessaria per la condotta della guerra dell'Asse, viene mantenuta e appoggiata.

3) Gli elementi francesi che potrebbero avere interesse di organizzare un movimento di resistenza contro le Forze Armate dell'Asse, sono, secondo il procedere che finora ha dato buona prova, senza dar nell'occhio, da rimandare in Francia.

4) Nell'interesse di una decomposizione della forza combattiva nel Nordafrica, si appoggia, di fronte ai Francesi, la propagazione di una «ideologia europea» con motivi anticapitalisti ed anti-bolscevisti.

5) Habib Burghiba sarà rimandato a Tunisi. Qualora si fosse costretti ad abbandonare la Tunisia, si dovrà aver cura per riportarlo in Europa.

6) Per quanto riguarda il futuro regime della Tunisia, è da evitare di impegnarsi di fronte agli Arabi. Gli Arabi tuttavia dovranno sapere, che essi vengono aiutati nella loro lotta per la liberazione dal dominio francese, e che l'Italia non intende peggiorare lo status tunisino o colonizzare il paese, ma cercherà un regolamento amichevole dopo la guerra, che renderà ugualmente giustizia tanto agli interessi militari ed economici italiani quanto alle legittime richieste nazionali del Governo Tunisino ed alle popolazioni musulmane.

7) I Ministri Bombieri e Rahn sono autorizzati a promuovere sin d'ora, secondo il loro proprio giudizio, certi desideri tunisini come per esempio la creazione di altri Ministeri tunisini (Educazione, Economia, Finanze, Lavori Pubblici).

8) La posizione del Bey di Tunisi viene appoggiata e rinforzata. 9) Il Reparto d'Istruzione germanico-arabo sarà portato alla massima efficienza possibile, il movimento di sommossa arabo nel Nordafrica contro Inglesi, Americani e Gaullisti appoggiato con tutti i mezzi.

(l) -Inviato, per conoscenza, al SIM, all'ambasciata a Berlino, e alle rappresentanze a Parigi e Tunisi. (2) -Si tratta del telespr. 13/05733/C. del 18 marzo, non pubblicato, con cui si trasmetteva a Berlino, Parigi e Tunisi, un appunto circa la conversazione tra Vitetti e Rahn, per la quale vedi D. 124. (3) -La risposta del Comando Supremo non è stata rintracciata.
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IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

APPUNTO S. Roma, 23 marzo 1943.

Il Ministro di Romania a Madrid ha recentemente avuto due colloqui su propria iniziativa -con quel Ministro di Turchia, e gli ha parlato diffusamente della possibilità di arrivare ad un accordo tra l'Asse e le Potenze alleate, Russia esclusa, anzi in funzione anti-sovietica.

Riassunto delle dichiarazioni da lui fatte, quali risultano da quanto ne ha riferito ad Ankara il Ministro di Turchia:

Premessa: constatazione della grave situazione in cui si trova l'Europa e della ormai scarsa probabilità per l'Asse di vincere la guerra. Addirittura tragica la situazione de1la Romania, che non pensa ad una pace separata ma si augura un accordo tra gli alleati e l'Asse, tanto più in previsione di una possi

17 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. X

bile invasione alleata dei Balcani, che non potrebbe non compromettere la Turchia e che potrebbe anche condurre ad una cessione degli Stretti alla Russia.

La situazione è tale da non potere escludere la possibilità di una collusione, politica e forse anche militare, russo-tedesca essendo ormai chiaro lo scopo degli anglo-sassoni di provocare l'esaurimento reciproco delle due Potenze.

Per poter salvare l'Europa dal bolscevismo, Hitler -e con lui i principali uomini di Stato tedeschi -sarebbe pronto a forti concessioni e ad arrivare ad un accordo con gli alleati. Tale è l'attuale convincimento del Governo romeno, basandosi anche sulle impressioni riportate dal maresciallo Antonescu dopo il colloquio avuto, circa tre mesi fa, col Fii.hre,r; si ritiene che condizioni accettabili per un accordo sarebbero:

1°) permanenza al potere di Hitler;

2°) la Germania conserverebbe l'Ucraina;

3°) la Germania sgombrerebbe le zone occupate dell'Europa occidentale, dell'Europa orientale e balcanica, e anche la Cecoslovacchia.

Quali garanzie per l'esecuzione tedesca delle eventuali condizioni di pace si potrebbe pensare ad un corpo di occupazione americano in Renania, e a un grosso esercito alleato nei Balcani, anche in funzione di garanzia antisovietica.

Considerazioni svolte a sostegno della propria tesi e ribattendo obiezioni mossegli dal Ministro di Turchia, dal Rappresentante romeno a Madrid: il controllo tedesco in Ucraina significherebbe la permanenza di una grave controversia fra la Germania e l'URSS.

Il Governo romeno aveva probabilmente già preso contatto sull'argomento di un possibile accordo col Governo turco, a Bucarest o ad Ankara. Agiva di propria iniziativa e indipendentemente dalla Germania, ma non desiderava che tali aperture avessero un carattere ufficiale, ciò che avrebbe dato adito alla propaganda degli alleati e compromesso il possibile esito favorevole. L'iniziativa di un singolo Stato poteva anche diventare iniziatiV!a di un gruppo di Potenze (il Ministro di Romania ha ammesso di aver tenuto analogo discorso al Nunzio e al Ministro di Svezia a Madrid).

Nel riferire ad Ankara, il Ministro di Turch~a ha espresso il proprio convincimento che la Ge,rmania abbia direttamente ispirato l'iniziativa del Governo romeno, di cui si era fatto interprete con lui ìl M~nistro Dimitrescu.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. P. Berlino, 23 marzo 1943 (per. il 26).

La notizia del rinvio dell'incontro fra i due Capi, giunta assolutamente inaspettata, ha creato un senso di vivo rammarico negli ambienti politici vicini al Fii.hrer ed a Ribbentrop.

Goebbels, col quale oggi ho avuto un colloquio durato circa due ore ed improntato alla consueta confidenza reciproca, ha avuto un gesto di viva contrarietà quando io gli ho annunziato il rinvio dell'incontro. Egli mi ha detto di essere stato durante tre giorni al Quartier Generale e di avere molte volte e assai lungamente conferito col Fuhrer che non ha mai trovato così impaziente e desideroso di incontrarsi col Duce, per parlare con lui di tutti i più importanti problemi politici e militari inerenti alla situazione attuale ed a quella avvenire.

Goebbels ha tenuto ad aggiungere che mai come in questo momento lo spirito del Fuhrer gli è apparso .aperto e comprensivo delle necessità dell'Asse.

Questo giudizio di Goebbels conferma le riservate informazioni che io ho potuto raccogliere da altre fonti autorevoli: ciò vuoi dire che le idee del Duce, trasmesse successivamente attraverso Goering, Ciano, Ribbentrop e precisate nella sua ultima lettera (1), hanno operato-come era prevedibile e naturale nel suo spirito (2).

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AGLI AMBASCIATORI A SHANGHAI, TALIANI, E A TOKIO, INDELLI

T. 10014/86 (Shanghai) 241 (Tokio) P.R. Roma, 24 marzo 1943, ore 19.

(Solo per Tokio) Ho telegrafato a R. Ambasciata a Shanghai in data odierna quanto segue:

(Per tutti) In risposta alla comunicazione fattaVi da codesto Ministro Affari Esteri (3), Vi prego di fargli sapere, a nome del Governo Fascista, che, dopo attento esame di tutti gli aspetti della situazione, siamo giunti alla decisione di compiere anche da parte nostra e per quel che riguarda il Quartiere delle Legazioni a Pechino un gesto analogo a quello testé effettuato dal Governo nipponico.

Vi autorizzo in conseguenza ad iniziare e a condurre a termìne con Governo Nanchino un accordo che segua le grandi linee di quello da Voi comunicato con telegramma n. 103 (4) del 19 corrente. Sarà peraltro bene che in detto accordo si specifichi in modo non equivoco, a complemento di quanto è previsto nell'articolo 3 dello strumento cino-giapponese e ad esplicita tutela diritti e proprietà sia dello Stato che dei cittadini italiani, che extraterritorialità nostre Sedi demaniali sia garantita, e, con essa, il diritto di permanenza della guardia e il funzionamento della stazione radio-telegrafica. Concordo con Voi nel ritenere superflua la frase conclusiva «e farà i passi necessari al riguardo ».

(-3) Vedi D. 139.

Telegrafate il testo dell'accordo per nostra approvazione che ci riserviamo di farVi avere appena possibile.

Nel fare la predetta comunicazione Vi prego di aggiungere che siamo certi che codesto Governo apprezzerà al suo giusto valore questo nuovo gesto di amicizia che dà concreto inizio alla decisione di massima già da noi adottata, senza esitazione e senza discussioni, sin dallo scorso gennaio. Tale gesto è tanto più significativo in quanto non era nostra intenzione -ciò che non abbiamo a suo tempo nascosto né a Nanchino né a Tokio -accelerarne i tempi di esecuzione se non quando le circostanze generali della guerra sia asiatica che europea non Io avessero consentito.

A seguito della decisione odierna, speriamo vivamente che codesto Governo compia anche da parte sua un analogo sforzo di comprensione, non insistendo ulteriormente, e sino a quando tali drcostanze, a nostro giudizio, non muteranno, sull'attuazione pratica delle altre questioni relative a Shanghai, extraterritorialità, Tientsin.

Questa ultima dichiarazione dovrà essere fatta da parte Vostra in termini altrettanto amichevoli quanto fermi e comunque tali da non lasciare dubbi o incertezze.

Sottolineate che il gesto politico decisivo è stato fatto da parte nostra sin dal 14 gennaio (l). La sua attuazione pratica avrà concreto inizio con molta maggiore celerità del previsto. Tutti gli effetti politici e di altra natura che è possibile scontare da siffatta iniziativa, sono cioè presenti ed operanti ed occorrerà dunque attenderne, senza impazienza, i risultati.

Dopo che avrete fatta predetta comunicazione a codesto Ministro degli Esteri, datene subito notizia e negli stessi termini anche a codesto Ambasciatore del Giappone. Chiedete che egli voglia rendersi interprete anche da parte sua presso il suo Governo del leale spirito di collaborazione che anima nostro gesto odierno e della conseguente necessità, in vista della nostra particolare situazione, di procedere, per quanto ci riguarda, con quella cautela e prudenza di cui egli stesso, or sono poche settimane, riconosceva l'opportunità e la saggezza (2).

(l) -Vedi D. 95. (2) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (4) -Con T. 8646/103 P.R. del 19 marzo 1943, ore 11, non pubblicato, Taliani aveva comunicato il testo dell'accordo cino-giapponese per la restituzione alla Cina del quartiere delle Legazioni a Pechino.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AGLI AMBASCIATORI A SHANGHAI, TALIANI, E A TOKIO, INDELLI

T. 10015/87 (Shanghai) 242 (Tokio) P.R. Roma, 24 marz o1943, ore 19.

(Solo per Shanghai) Ho telegrafato a R. Ambasciatore a Tokio in data odierna quanto segue:

(Per tutti) Con telegramma odierno (3) diretto alla R. Ambasciata a Shanghai e a Voi per conoscenza, Vi ho dato notizia delle comunicazioni che Ambasciatore Taliani ha avuto istruzione di fare al Governo di Nanchino.

Vi prego di fare subito anche da parte Vostra una comunicazione analoga a codesto Ministro degli Affari Esteri. Per Vostra conoscenza aggiungo che, con promemoria in data del 20 corrente, questa Ambasciata del Giappone ha nuovamente insistito sul vivo desiderio del suo Governo perché anche da parte nostra siano adottate misure analoghe a quelle disposte da Tokio per quanto riguarda Shanghai, Quartiere delle Legazioni, concessione di Tientsin e perché tali misure siano adottate contemporaneamente a Tokio e a Roma. Spiegate anche da .parte Vostra al Ministro Tani nei termini più amichevoli che nostra decisione di massima adottata sin dallo scorso gennaio non lascia dubbi di sorta e che, come tale, non solo la riconfermiamo e negli stessi termini, ma diamo ad essa un importante e significativo inizio di concreta attuazione con la decisione odierna relativa al Quartiere delle Legazioni. Non dubitiamo che il Governo Giapponese vorrà valutare quanto precede nella sua reale importanza e significato e contiamo sulla sua comprensione perché, nello spirito del Tripartito, esso voglia lasciare a noi senza ulteriori, frettolose insistenze la scelta del momento in cui potrà esserci possibile, a seconda della situazione generale e della nostra particolare situazione, affrontare e risolvere, per quanto ci concerne, le ulteriori questioni comprese nella nostra dichiarazione dei 14 gennaio e la base di discussione su cui esattamente porle, sia nei confronti di Nanchino che in quelli di Tokio.

È comunque ovvio che la nostra decisione odierna avvantaggia e rafforza la politica di collaborazione che il Giappone si propone di seguire in Cina e gli dà ampio modo di attendere tutti gli utili risultati che ne sconta e che vivamente gli auguriamo possa conseguirne {1).

(l) -Vedi serie nona. vol. IX, DD. 492, 493, 494. (2) -Per la firma dell"accordo vedi D. 179. (3) -Vedi D. 150.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, E AI MINISTRI A BUCAREST, BOVA SCOPPA, E A BUDAPEST, ANFUSO

T. 10178/c. P.R. Roma, 24 marzo 1943, ore 24.

(Per Berlino) In seguito ad interessamento di questa Ambasciata di Germania è stato telegrafato a Bucarest e Budapest quanto segue:

(Per Budapest) Vostro 67 (2).

<Per Bucarest) Vostro telespresso n. 687/229 del 19 febbraio u.s. (3).

(Per tutti) Vogliate sollecitare nella maniera più opportuna decisioni di codesto Governo in merito questione rottura rapporti diplomatici col Cile. Per Vostra informazione si a,ggiunge che Governo germanico ha impartito analoghe istruzioni a codesta Legazione tedesca. Telegrafato Bucarest Budapest (4).

(l) -Per la risposta di Jndell!, vedi D. 161. (2) -Vedi D. 27. (3) -Non rinvenuto. (4) -Per la risposta di Anfuso, vedi D. 160. La risposta da Bucarest non è stata rinvenuta.
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IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

APPUNTO S. Roma, 24 marzo 1943.

La visita in Vaticano di Monsignor Spellman (1) è stata oggetto, come è noto, dei più svariati commenti ed induzioni da parte della stampa e degli ambienti politici internazionali.

Interessano particolarmente gli elementi di carattere politico che si sono attribuiti alla visita, specialmente in relazione ai rapporti personali già esistenti tra il Pontefice e Spellman nonché f.ra quest'ultimo ed il Presidente Roosevelt.

Informazioni confidenziali da varia fonte fanno risultare al riguardo quanto segue:

1) -A Washington si è dichiarato all'Ambasciatore britannico che la visita non aveva alcun significato polit~co. Voci raccolte in quegli ambienti da rappresentanti esteri -e che trovano conferma nel grande rilievo dato al viaggio dalla stampa americana -si riferivano invece, fra l'altro, ad un messaggio affidato a Spellman da Roosevelt per il Pontefice, ad iniziative per pace separata tra la Finlandia e la Russia e tra l'Italia e gli Alleati, e all'esposizione di piani americani pe,r il dopoguerra. Spellman avrebbe avuto anche, prima di partire, lunghi colloqui alla Casa Bianca.

2) -Il viaggio è stato considerato come una continuazione della missione di Myron Taylor nello scorso settembre (2) (tale versione è stata anche data dal Conte Dalla Torre ad un Rappresentante estero in Vaticano).

3) -La visita non avrebbe avuto, secondo quanto ha riferito, fra gli altri, il Ministro britannico alla Santa Sede, uno speciale rilievo politico: il Ministro ne ha tratto però argomento per sottolineare al suo Governo la necessità di evitare possibili confronti tra le evidenti simpatie americane (sono note l'ammirazione di Roosevelt e di Taylor per il Papa, e l'importanza attribuita negli Stati Uniti alla massa elettorale cattolica) e un atteggiamento britannico improntato a freddezza e incomprensione.

4) -Oltre ai numerosi e lunghi colloqui avuti da Spellman col Pontefice e con i maggiori esponenti della Curia, si è pa.rlato -notizia non controllata -di contatti che egli avrebbe anche avuto con i Rappresentanti romeno ed ungherese: e si è affermato che egli abbia tra l'altro cercato di minimizzare i possibili pericoli derivanti all'Europa Cattolica da una eventuale vittoria sovietica. In tema di prospettive e possibilità di pace, si è rilevato che la missione Spellman av.rebbe presentato un quadro della situazione migliore di quanto già fatto da Myron Taylor.

5) -Scopo «a latere » della visita sarebbe stato quello di consegnare in Vaticano una forte somma rappresentante l'obolo dei cattoUci americani.

6) -Una informazione particolarmente interessante circa gli scopi della visita di Spellman è stata segnalata come segue dai rappresentanti portoghesi a Londra e a Vichy (e trae maggior peso da questa implicita coincidenza):

Una restaurazione monarchica in Francia e in Spagna sarebbe stata presentata alla Santa Sede come eventualità da a.ppoggiare, e gradita a Washington. In relazione a ciò si sarebbe anche progettata la costituzione di una «Intesa Latina» della quale dovrebbero far parte, dopo la guerra, i Paesi Iberici, la Francia, l'Italia e la Romania, e a cui si sarebbe anche pensato di affidare eventualmente un mandato coloniale collettivo sugli ex-possedimenti africani della Francia e dell'Italia. Un'ulteriore adesione a tale Intesa da parte della Grecia ed anche dell'Ungheria e dei rimanenti Stati Balcanici sarebbe stata prevista, e così pure l'adesione degli Stati dell'America Latina.

La notizia, proveniente da fonti ufficiose di Londra e di Vi:chy, si inquadra nell'attuale fase di espansionismo militare e politico degli Stati Uniti, apertamente lanciati all'arrembaggio delle zone di influenza e dei possedimenti un tempo sotto il controllo di altre grandi Potenze, prima fra le quali l'Inghilterra (1).

(l) -Vedi DD. 48 e 58. (2) -Vedi serie nona, vol. IX, DD. 179, 191 e 308.
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IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 1898/127 R. Budapest, 25 marzo 1943, ore 19,10 (per. ore 6,30 dél 26).

Mio telegramma n. 112 del 17 corrente (2).

Kallay mi ha detto di essere sempre in attesa dei nuovi sviluppi dell'iniziativa turca nei paesi balcanici. Egli continua a giudicare passo turco con simpatia e si esprime anzi in proposito negli stessi favorevoli termini nei quali -come ha riferito la R. Legazione in Bucarest -si è espresso Antonescu (3).

Ho messo amichevolmente al corrente Kallay delle notizie a noi pervenute dalle diverse Caprtali balcaniche ed ho aggiunto che conveniva anche giudicare con prudenza atteggiamento turco data probabile evoluzione in senso anglofilo di quei circoli dirigenti. Kallay mi ha risposto che se ne rende conto ma che comunque seguiva la cosa col naturale interesse che l'Ungheria deve portare ad ogni concentrazione di carattere balcanico.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Vedi D. 128. (3) -Vedi D. 56.
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IL MINISTRO A LISBONA, FRANSONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N. 1905/433 R. Lisbona, 25 marzo 1943, ore 21,50 (per. ore 13,10 del 26).

Secondo le notizie non controllabili pervenute anche a questo Addetto Militare, gli anglo-americani penserebbero di fare una «azione » contro la Sicilia allo scopo di impedire un eventuale ritiro delle truppe dell'Asse dalla Tunisia, nel caso che le operazioni militari in corso dovessero volgere in favore degli alleati.

Sempre secondo tali notizie vi sarebbero g,rosse concentrazioni di navi da guerra nei principali porti del Mediterraneo (soprattutto Gibilterra e Algeri), navi che dovrebbero appoggiare l'azione in parola.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. RR. 4437/726. Berlino, 25 marzo 1943 (1).

Mi riferisco alla tua frase «maggior selvaggina, fagiani, ecc.» (2). Mi sono subito messo in moto per sollecitare la cosa, che è evidentemente per noi di vitale importanza.

Ma, a parte il fatto che Goring non è mai a Berlino -così come, già te l'ho fatto presente, non sono mai a Berlino le maggiori personalità del Governo e quindi riesce straordinariamente difficile di intervenire con utile rapidità -, devo farti presente che la possibilità di inviare un sensibile numero di apparecchi tedeschi è in stretta dipendenza dall'attuale situazione militare. Nel senso che, se il Fuhrer mantiene la sua decisione di voler portare a fondo la prossima offensiva sul fronte russo, è materialmente impossibile all'aviazione tedesca, che come sai già si trova in condizioni di assoluta inferiorità di fronte a quella avversaria, di distrarre forze aeree; che se invece il Fiihrer decidesse di limitarsi a creare un valido fronte difensivo onde poter dirigere forze in altri settori, allora le richieste italiane potrebbero essere più facilmente soddisfatte.

Come vedi, ritorno ancora e sempre al problema fondamentale: ottenere, cioè, dal Fiihrer che non si irrigidisca nella sua visione e persuaderlo a rivolgere la sua attenzione verso altra direzione.

Confermandoti quanto già ti ho scritto l'altro giorno dopo il colloquio che ho avuto con Goebbels (3), devo aggiungere che il rinvio dell'incontro desta

1n questi alti circoli politici alcune preoccupazioni e inquietudini. Mi è stato autorevolmente chiesto, in via riservata, se avessi idea circa la data del rinvio. Ho risposto di non avere alcun elemento. Allora mi è stato domandato se, superata la fase iniziale dell'offensiva avversaria in Tunisia, il Duce pensi di poter assenta,rsi da Roma. Anche su ciò ho risposto che non avevo elementi. Ma ho avuto la netta e precisa sensazione che il Fiihrer, essendosi preparato con compiacimento e soddisfazione a tale incontro, gradirebbe vivamente che esso potesse aver luogo alla più breve scadenza.

Da tener presente che una delle ragioni principali, direi anzi la fondamentale, per cui il Fiihrer si è deciso a lasciare il Quartier Generale, è precisamente quella di incontrarsi col Duce che, come sai, non vede da circa un anno.

Von Ribbentrop mi ha fatto chiedere se ero soddisfatto delle conseguenze del suo intervento presso lo Stato Maggiore tedesco onde chiarire la delicata situazione che si era venuta creando nel settore militare e sulla quale avevo preso, per conto mio, l'iniziativa di attirare la sua attenzione.

Ho risposto a von Ribbentrop che per quanto si riferiva alla concessione di decorazioni tedesche ai combattenti italiani sul fronte russo, mi sembrava che le cose camminassero; ho aggiunto che ero contento per quanto riguardava le manifestazioni tedesche nei confronti dei soldati e ufficiali italiani che rientrano in patria (come sai, il Generale Garibaldi sarà ricevuto il g'iorno 28 dal Fiihrer ed io mi sto interessando affinché Gariboldi e il suo Stato Maggiore abbiano qui adeguate accoglienze anche da parte tedesca); ma avevo ragione di ritenere che circa la situazione attuale del Corpo d'Armata in Russia -suprema difficoltà di trovare alloggiamenti, complicazioni nei rifornimenti e nelle comunicazioni ecc. -la situazione stessa fosse rimasta invariata (l).

(l) -Manca l'indicazione della data d'arrivo. (2) -Si riferisce, evidentemente, ad una conversazione telefonica con Bastianini. (3) -Vedi D. 143.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO

T. 10416/154 P.R. Roma, 26 marzo 1943, ore 24.

Vostro 356 (2).

Secondo quanto è stato concordato con Comando Supremo, argomenti che sarà opportuno vengano trattati fra Voi e codesto Ministro di Ge,rmania nel campo militare sono seguenti:

a) necessità consultazioni prev,entive italo-tedesche cirrca iniziative nel campo organizzativo-addestrativo delle truppe croate, prese da ciascuna delle due parti interessate;

(T.s.n.d. 1795/357 R. del 20 marzo, non pubblicato) al fine di elaborare una linea d'azione comune in Croazia.

b) necessità procedere a una più equa ripartizione delle forze croate impiegate dalle due parti che attualmente, sotto aspetto numerico, è di circa un quinto in zona italiana contro quattro quinti in zona tedesca; ancora maggiore è sproporzione nostro svantaggio sotto aspetto qualitativo perché unità nella nostra zona si trovano in pessime condizioni per armamento, inquadramento e equipaggiamento. Occorrerebbe che almeno quattro delle otto brigate attualmente in zona tedesca venissero inviate nella 2a zona per alleggerire compiti truppe italiane e consentire mantenervi efficace controllo nonostante sgomberi previsti.

In relazione poi al Vostro telegramma n. 333 (1), sentito anche il Comando Supremo, si concorda sulla opportunità di ricordare opportunamente alla parte germanica l'esistenza dell'accordo militare italo-croato del 18 maggio 1941 affinché sia evitata l'eventualità che i croati ottengano concessioni contrlllrie accordo predetto. Anche questo argomento potrà formare oggetto Vostre conversazioni con codesto Ministro di Germania.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Si riferisce al T. 8672/356 P.R. del 19 marzo 1943, ore 23. non pubblicato. con il qualeCasertano indicava gli argomenti da trattare nei colloqui militari sulla collaborazione italo-tedesca con le forze armate croate. Tale scambio di vedute era stato richiesto da parte tedesca
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IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N. 1937/129 R. Budapest, 26 marzo 1943 ... (per. ore 10 del 27). Miei telegrammi 112 e 127 (3).

Alle note domande circa il «mantenimento dell'ordine nel sud-est europeo:. Governo ungherese ha risposto in data 24 corrente. Questo Vice Ministro degli Esteri mi ha confermato che Ministro d'Ungheria in Ankara ha ripreso perciò in tale data con Menemencoglu scambio d'idee avute con lui dopo il convegno di Adana ed esattamente il 5 febbraio, per dirgli quanto segue:

1°) Governo ungherese vede con simpatia ogni sforzo inteso a prevenire e ad eliminare uno stato caotico che può determinarsi nei Balcani o anche in Europa;

2°) Governo ungherese allo scopo di mantenere l'ordine e la pace ed opporsi a tale caos è disposto anche ad andare incontro a dei sacrifici; Ghyczy ha aggiunto aver inteso alludere agli sforzi che compie governo ungherese per intendersi con quello romeno;

3°) Governo ungherese attende con fiducia ogni proposta che possa portare a concretare efficacemente gli scopi che il governo turco si propone realizzare. Vice Ministro Affari Esteri ha aggiunto che gesto turco non viene qui considerato al di là di uno scambio di idee molto utile ai fini di un'attiva collaborazione per ogni eventualità.

(2) (l) -T. 1689/333 R. del 16 marzo 1943, ore 21.40, non pubbllcato, con cui Casertano trasmetteva una richiesta del capo della missione militare al comando supremo, di ribadire con la parte tedesca le clausole del trattato del maggio 1941 onde evitare che i croati potessero approfittare di una differenza di posizioni tra Italia e Germania. (2) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza. (3) -Vedi DD. 128 e 154.
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IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER (l)

L. P. Roma, 26 marzo 1943 (2).

È >eon vivo rincrescimento che in seguito all'inizio dell'oHensiva angloamericana in Tunisia, vi ho chiesto di ritardare di qualche giorno il nostro incontro, ·che io desidero fortemente e che considero necessario per approfondire le opinioni che vi ho espresso nella mia ultima lettera (3). Penso che nella prossima settimana il corso degli avvenimenti mi permetterà di spostarmi dall'Italia e di raggiungervi in località anche più lontana di Salisburgo. Nell'attesa lasciate che io ritorni, Fiihrer, sopra l'argomento che io considero in questo momento come il decisivo: la Russia.

Ne ho parlato a lungo >eol Reichsmarschall (4). Quando il 1° giugno del 1941 noi ci incontrammo al Brennero io vi dissi che colla Russia bisognava scegliere o l'alleanza o la guerra (5). Dopo lunghe e tormentose meditazioni delle quali spesso mi avete parlato, e che pochi meglio di me sono in grado di comprendere, Voi sceglieste la guerra. La storia vi ha dato ragione. La Russia aveva ingannato l'Europa e il mondo, anche attraverso la campagna contro la Finlandia e costituiva veramente una formidabile minaccia a tergo dell'Asse. In quasi due anni di guerra, attraverso gravi sacrifici ed eroismi mai visti, Voi siete riuscito ad indebo1ire la Russia in modo tale che essa non può costituire, almeno per molto tempo, una minaccia consistente.

Per questo io vi dico ·che il capitolo Russia può essere chiuso. Con una pace, se possibile, ed io la ritengo possibile, o con una sistemazione difensiva -un imponente vallo orientale -che i russi non riusciranno mai a varcare. Il punto di vista da cui parto per arrivare a questa conclusione è che la Russia non può essere annientata, poiché fu ed è difesa da uno spazio così grande da non potere mai essere conquistato e tenuto. Le avanzate estive e le ritirate invernali non possono ripetersi, senza condurre ad un esaurimento -sia pur reciproco ma a tutto ed esclusivo vantaggio degli anglo-ame·ricani. Aggiungo che i rapporti fra Stalin e gli alleati sono veramente cattivi e il momento politico ci è piuttosto favorevole. L'annientamento della Russia non può avvenire, a mio avviso, nemmeno attraverso un intervento, assai improbabile, del Giappone, date le enormi distanze. Bisogna quindi in un modo o nell'altro liquidare il capitolo Russia. Il giorno in cui questo si verificasse, noi potremmo esporre le bandie·re, perché avremmo definitivamente la vittoria nel pugno. Sottratto all'Inghilterra

199 l'ultimo esercito continentale -il più potente -sul quale contava, l'Asse -con tutti i suoi mezzi -farebbe fronte ad Ovest e riprenderebbe l'iniziativa strategica che dall'autunno in poi, per terra e per aria è passata nelle mani del nemico.

Bisogna riconoscere che lo sbarco anglo-americano nel nord-Afri·ca è stata una mossa felice in quanto ha creato una situazione strategica nuova, che permette di pensare alla realizzazione di piani che prima sarebbero apparsi fantastici: cioè l'invasione del continente. Che questi piani esistano e che il nemico si prepari ad effettuarli non ho il minimo dubbio. Ora noi abbiamo la possibilità di convertire quella che fu una concezione felice e una fortunata nonché facile impresa, in una catastrofe che potrebbe avere sullo sviluppo della guerra conseguenze di incalcolabile portata specie negli Stati Uniti. Perché la spedizione anglo-americana nel nord-Africa diventi una catastrofe bisogna:

a) resistere in Tunisia sino all'estremo. Ed è per rendere possibile questa resistenza che vi ho fatto la richiesta urgente di un rinforzo aereo;

b) piombare a tergo degli anglo-americani attraverso la Spagna e il Marocco spagnolo;

c) occupare nello stesso tempo le Baleari per dare all'Asse il controllo assoluto del Mediterraneo occidentale. Il giorno in cui il primo reparto motocorazzato tedesco giunge a tergo di Gibilterra, la flotta inglese deve sloggiare e non può andare ad Alessandria se noi dominiamo ancora il Canale di Sicilia. Anche senza la conquista della roccia di Gibilterra, noi avremmo -coi cannoni a lunga gittata -il controllo dello Stretto e cogli aerei il controllo anche di tutti i porti atlantici che oggi servono agli americani. Bloccati i rifornimenti, la sorte delle truppe anglo-franco-americane sarebbe segnata. Quella che io vi propongo è una mossa audace, ma avete dato troppe prove di audacia perché questa non vi interessi. E del resto -sin dal tempo dei romani si diceva la fortuna aiuta gli audaci.

Resta a domandarsi: che cosa farà la Spagna? Niente. Non si opporrà perché non può farlo. Non si opporrà perché una manovra del genere è anche a suo vantaggio. La Spagna lascerà fa.re. Del resto la Spagna sa che le Azzorre portoghesi sono state praticamente occupate dagli anglo-americani ed è ormai chiaro il pericolo che gli anglo-americani sbarchino in Portogallo, dove del resto, gli aerei nemici fanno regolarmente scalo.

Questa manovra che dovrebbe avere naturalmente carattere di fulmineità, ridarebbe all'Asse l'iniziativa in quel mare che sarà decisivo per le sorti della guerra e permetterà all'Italia di marciare -come incrollabilmente vuole con la Germania sino in fondo. Ora l'Italia ha resistito e resiste alla pressione di due colossi, più i francesi, ma, io credo, che siate il primo a rendervi conto, che una posizione di difensiva, senza più alcuna possibile iniziativa, è condannata presto o tardi all'esaurimento.

Vi prego, Fi.ihrer, di considerare quanto vi ho esposto e di credere alla mia immutabile cameratesca amicizia.

(l) -Ed. in Hitler e Mussolini: Lettere e documenti, cit., pp. 151-154. (2) -Questa lettera fu spedita per corriere (in arrivo a Berlino il 27 alle ore 19,25) ad Alfieri con l'incarico di predisporne il rapido inoltro ad Hitler (T. 10417/384 P.R. del 26 marzo 1943, ore 15, di Basttanini ad Alfieri). (3) -Vedi D. 95. (4) -Goring era giunto a Roma la sera dell'8 marzo ed il giorno successivo aveva avuto una colazione a due con Mussolini a Palazzo Venezia, durata fino alle 16,30. Di questa lunga conversazione e dell'altra svoltasi la sera precedente non sono stati rinvenuti documenti. (5) -Vedi serie nona, vol. VII, D. 200, nota l.
160

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1963/130 R. Budapest, 27 marzo 1943, ore 12 (per. ore 11,15 del 28).

Vostro telegramma 10178/C. del 25 corrente (1).

Questo Vice Ministro Affari Esteri, cui tanto io quanto questo Incaricato d'affari di Germania ci siamo rivolti per conoscere decisioni Governo ungherese in merito rottura dei rapporti diplomaticci con Cile, ci ha risposto che:

l. -Consiglio dei Ministri, che doveva esaminare questione, data trattazione affari più urgenti, non aveva avuto ancora tempo pronunciarsi;

2. -Secondo avviso questo Ministro degli Affari Esteri non riscontravasi in Patto Tripartito estremi giustiftcanti obbligo ungherese rompere relazioni con Cile. Esempi Giappone e Bulgaria, che non hanno mai interrotto rapporti con sovieti confermerebbero tale punto di vista.

Ministro Ghyczy ha in fine lasciato intendere che risposta definitiva verrà data dopo che Governo ungherese avrà discusso questione in Consiglio dei Ministri.

161

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1962/195-196 R. Tokio, 27 marzo 1943, ore 12,35 (per. ore 18).

Vostro 242 (2).

Ho fatto ieri stesso a questo Ministro Affari Esteri comunicazione di cui al telegramma 241 (3). Pur mostrandosene grato, Tani non mi ha nascosto che, assai più della questione del Quartiere delle Legazioni di Pechino, ciò che avrebbe sommamente interessato questo Governo sarebbe stato che esecuzione da parte nostra della dichiarazione del 14 gennaio avesse avuto inizio con la retrocessione della nostra concessione di Tientsin, parallelamente e contemporaneamente a quanto si sta per fare, con un accordo cino-nipponico che dovrebbe essere firmato il 30 corrente, per la concessione giapponese in quella città. Mi ha detto che temeva che avrebbe prodotto sfavorevole impressione in Cina il permanere dell'organizzazione della nostra concessione, dopo la scomparsa di quella nipponica. Le altre questioni avrebbero potuto senza danno essere rimandate ad epoca ulteriore.

Gli ho replicato che tale impressione non avrebbe avuto motivo di prodursi per il fatto che, quasi contemporaneamente all'accordo cino-nipponico per Tientsin, sarebbe stato concluso il nostro per il Quartiere delle Legazioni -che

(:l) Vedi D. 150.

lo stesso Tani riconosceva essere questione tutt'altro che semplice -il che avrebbe costituito un concreto atto di esecuzione da parte nostra, di grande importanza per la Cina anche nei riguardi dei suoi riflessi sulle altre Potenze interessate.

Gli ho a lungo e molto amichevolmente dimostrato come differenza della situazione giapponese e italiana in Cina non ci permetteva di agire con la stessa rapidità -e con le stesse ·riserve -di Tokio e che questioni come quella della sistemazione pratica dei nostri attuali interessi in Cina, in particolare per quanto concerne Tientsin, richiedevano per vari riguardi tempo e ponderazione.

Tani è apparso rendersi conto della situazione. Ha finito col dichiarare che la stessa sollecitudine e la grande buona volontà da noi dimostrata fin dall'inizio nei riguardi dell'appoggio accordato alla politica giapponese in Cina lo avevano indotto a formulare la sua richiesta per Tientsin, aggiungendo francamente che «appetito viene mangiando». Mi ha comunque insistentemente pregato di comunicare a Roma il vivo desiderio che nei limiti del possibile, si cerchi di accelerare i tempi. Ho dovuto promettergli di farlo, pur !asciandogli comprendere che lo avrei fatto senza impegno.

Telegrafato Roma e Shanghai.

(l) -Vedi D. 152. (2) -Vedi D. 151.
162

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA

T. 10546/176 P.R. Roma, 27 marzo 1943, ore 16,30.

Problema approvvigionamento petrolio e pagamento relativo va assumendo piega preoccupante che rende necessario intervento deciso di questo R. Governo.

l) Clausole trattato economico italo-romeno non consentono a codesto Governo di discriminare prezzi regime fiscale e tariffe trasporti per prodotti destinati Italia. Lettera 3 di·cembre u.s. di Giannini al presidente delegazione rumena invoca eliminazione tali discriminazioni. Occorre insistere perché ciò sia fatto.

2) In base ad accordo germano-romeno codesto Governo si è impegnato a fornire un quantitativo di petrolio ai due alleati che dovrà aggirarsi sui quattro milioni di tonnellate per il 1943. Dobbiamo insistere perché le forniture siano tenute al massimo possibile trattandosi di prodotti destinati unicamente alla condotta della guerra comune.

3) Per quanto concerne pagamento petrolio mentre prendo atto Vostro 025 (l) devo confidare che questione pagamenti per stesse ragioni precedentemente accennate non intralci in alcun modo ritmo forniture. In tale senso dovrete sempre insistere nelle Vostre conversazioni.

(l) T. per corriere 8043/025 P.R. del 12 marzo 1943, non pubblicato.

163

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AGLI AMBASCIATORI A SHANGHAI, TALIANI, E A TOKIO, INDELLI

T. uu. 10734/94 (Shanghai) 252 (Tolcio) P.R. Roma, 28 marzo 1943, ore 14,30.

(Solo per Tokio) Ho telegrafato in data odierna alla R. Ambasciata a Shanghai quanto segue:

(Per tutti) Vi autorizzo (l) procedere firma schema di accordo quale risulta da Vostro telegramma n. 103 del 19 marzo (2), soppressa la frase conclusiva, e allo scambio di note che lo integra. Decisione italiana potrà essere annunziata il 30 corrente, in conformità alla richiesta fattaVi da codesto Governo. Alla stessa data sarà riassuntivamente annunziata anche qui.

Non è superfluo sottolineiate ancora una volta da parte Vostra che con iniziativa attuale il Governo italiano considera fino a nuove circostanze, di cui si riserva esclusivamente la valutazione, inopportuno ed intempestivo ogni ulteriore passo nello stesso senso. Ma è stato naturalmente molto lieto di dare al Governo cinese e al suo Presidente questa nuova prova di leale e concreta amicizia.

(Solo per Tokio) Informate di quanto precede codesto Governo ed esprimeteVi, in termini molto amichevoli, nello stesso senso (3).

164

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1999/167 R. Ankara, 29 marzo 1943, ore 19,58 (per. ore 7 del 30).

Oggi ho avuto primo colloquio con Saragioglu: con intonazione sensibilmente amichevole mi ha espresso presentimento Russia stia esaurendo suoi sforzi e mi ha manifestato marcata fiducia nella superiorità tecnica e direttiva tedesca.

Ha ribadito concetto questa non essere guerra della Turchia, la quale farà il possibile per non essere trascinata e per mantenere intatte le sue forze in vista dell'oscuro avvenire. Mi ha espresso scetticismo circa creazione di un vero e proprio secondo fronte da parte anglo-americana almeno fino a quando russi e tedeschi equilibreranno la loro attività logorandosi vicendevolmente. Mi ha detto che ritiene non poterei essere importanti divergenze fra inglesi ed americani. Secondo lui i primi avranno sempre direzione guerra in Europa ed i secondi in Asia.

Inglesi potranno così imporre agli americani quelle direttive derivanti dalla loro migliore intelligenza pericolo russo. Mi ha dimostrato infine una certa comprensione importanza bellica fattore Mediterraneo.

(-3) Per le risposte vedi DD. 169 e 179.
(l) -Risponde al D. 139. (2) -Vedi D. 150, nota 4.
165

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 9751/133 P.R. Budapest, 29 marzo 1943, ore 20,30 (per. ore 12,45 del 30). Mio 128

Insieme Ministro di Germania ho fatto a questo Presidente del Consiglio comunicazioni contenute nel Vostro telespresso 12/05737 /C. del 18 corrente (2) consegnando i relativi allegati.

Giusta istruzioni contenute nel Vostro telegramma n. 10162/C. del 25 corrente (3) ho aggiunto •che raccomandazioni commissione devono considerarsi valide per il caso che conversazioni dirette non portino ad alcun accordo.

(1).
166

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. 2002/134 R. Budapest, 29 marzo 1943, ore 20,30 (per. ore 2 del 30).

Mio telegramma n. 129 e precedenti (4).

Questo mio collega tedesco che è rientrato adesso da Berlino mi ha confidenzialmente informato di avere avuto personali istruzioni da von Ribbentrop nel senso di far noto a Kallay che atteggiamento magiaro nei riguardi dei noti sondaggi turchi non è stato specialmente apprezzato da governo del Reich. Von Jagow mi ha detto di aver deplorato deficienza di informazioni da parte governo ungherese durante le conversazioni ungaro-turche ed ha aggiunto che per quanto qui si cerchi di ridurre la portata della cosa egli si riprometteva di far presente a Kallay il fondato sospetto sulla iniziativa di Menemencoglu, iniziativa che per un paese come l'Ungheria pUù essere assolta dal patto Anticomintern senza dover ricorrere alla Turchia.

167

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 9765/210 P.R. Bucarest, 29 marzo 1943, ore 21,46 (per. ore 16 del 30).

Telegramma di V. E. n. 9844 (5). Assieme a questo Ministro di Germania ho presentato oggi al Presidente Antonescu rapporto Rogeri-Hencke assieme alle raccomandazioni che lo accom

(-4) Vedi DD. 128, 154 e 158.

pagnano. Non ho mancato all'atto della presentazione di far presente quanto

V. E. mi ha prescritto con i telegrammi 9844 e 10162 <1).

Presidente Antonescu ha dichiarato che con l'accettare tale rapporto Governo romeno non intende modificare la posizione diplomatica esistente e suo atteggiamento nei confronti del problema della Transilvania del nord.

Antonescu ha aggiunto che non poteva esprimere nessun avvtso senza prima averli esaminati; ha aggiunto che si augurava essi potessero servtre a quell'opera intesa diretta che era stata intrapresa dai due Governi romeno e ungherese. Non ha mancato da ultimo di ricordare «mentre Eden ha dichiarato al Parlamento inglese che per il Governo britannico accordo di Vlenna è inesistente, la posizione del Governo romeno, che continua a combattere a fianco degli alleati italiani e tedeschi, è diventata tutt'altro che semplice),

(l) -T. 9397/128 P.R. del 26 marzo 1943, ore 22,50, non pubblicato, relativo alla data di presentazione del rapporto Rogeri-Hencke. (2) -Non rinvenuto. (3) -Vedi D. 144, nota 3. (5) -Vedi D. 144.
168

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. R. 4649. Berlino, 29 marzo 1943 (2).

Le informazioni contenute nella nota fiduciaria proveniente da persona tedesca che tu mi trasmetti con la lettera del 21 corrente n. 1/1457 (3) -alla quale questa mia risponde -non contengono, per vetlta., elementi nuovi che non siano già stati tempestivamente trasmessi da questa Ambasciata.

Per quanto tali informazioni si riferiscano specificatamente ad una fase della situazione che ormai può considerarsi scontata, e c1oé alla vicenda di Stalingrado, ritengo opportuno richiamare sinteticamente 1l contenuto dei miei predecedenti rapporti aggiornandoli con le più recenti lmpresstont.

Situazione interna tedesca. L'informatore riporta l'impressione che la fiducia in risultati vittoriosi della guerra abbia sublto una grave scossa, mentre la propaganda governativa avrebbe suscitato una reazione di preoccupazioni e di sospetto soprattutto in alcune classi, in quanto rivelerebbe l'affermazione di tendenze nettamente bolscevizzanti nel quadro del partito nazionalsocialista.

Ho riferito di volta in volta sulla impressione suscitata in Germania dall'andamento favorevole assunto dalle operazioni militari nei mesi di dicembre e gennaio e culminato nell'episodio di Stalingrado. «L'impressione provocata nell'interno del paese dalla conclusione della battaglia di Stalingrado -scrivevo in data 5 febbraio (4) -è stata senza dubbio profonda. La Germania è in lutto~.

All'andamento sfavorevole della situazione al fronte russo ha fatto riscontro l'energica campagna di propaganda diretta -segnala v o nel rapporto n. 1817 del 5 febbraio -«a suscitare da un lato una corrente di fervore patriottico, dal lato opposto a varare e giustificare una serie di misure destinate, attraverso

(-4) Vedi serie nona, vol. IX, D. 585. È il rapporto n. 1817 citato anche appresso.

18 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

l'ulteriore drenaggio degli uomini ancora liberi dal servizio militare e la loro sostituzione con elementi femminili, a limitare ulteriormente la vita civile rendendo più grave alla popolazione il peso e i sacrifici che già sopportano».

Circa la reazione segnalavo con il precitato rapporto: «Tale forma vistosissima di propaganda, se è senza dubbio servita a sottolineare il carattere drammatico dell'episodio di Stalingrado, non sembra finora aver suscitato nell'animo popolare quelle reazioni di slancio patriottico su cui faceva assegnamento. Questa massa infatti, che accetta ogni sacrificio che le viene imposto con uno spirito di rassegnazione veramente encomiabile, sembra domandarsi perché si siano dovute inscenare così vaste azioni per comunicare provvedimenti che da tempo si attendevano e non sa rendersi conto delle ragioni per cui nel corso di pochissimi giorni una situazione, che era costantemente presentata in maniera tranquìllante, sia stata improvvisamente descritta a colori così foschi ed impressionanti. Piuttosto indifferente ieri agli annunci di vittoria in una guerra in cui dopo i primi mesi ha temuto vedere rtpetersi le vicende della prima guerra mondiale, la massa tedesca di fronte alle cattive notizie e agli appelli per suscitare l'entusiasmo sembra oggi chiusa in una forma di cupa rassegnazione».

Notavo allora come la reazione alla propaganda ufficiale si fosse polarizzata, da parte di settori assai vasti dell'opinione pubblica, sui provvedimenti che essa preannunciava come necessari per assicurare la vittoria, primo fra tutti quello sulla mobilitazione totale della mano d'opera e sulla tendenza spiccatamente di sinistra che l'azione del partito attraverso tali provvedimenti indicava voler assumere.

«La guerra -scrivevo il 14 marzo con rapporto n. 3698 (l) -ha influito profondamente, e non poteva essere altrimenti, sul modo e sui limiti nei quali i singoli postulati del partito nazionalsociaasta sono stati realizzati. Rispetto talune questioni lo stato di guerra ha accelerato i tempi, rispetto ad altre li ha ritardati. In generale si può dire che ha portato .ad una radicalizzazione. Il sistema si è venuto sempre più irrigidendo man mano che il conflitto è venuto maggiormente impegnando in estensione e in profondità la vita nazionale».

Comunque, aggiungevo, «sotto apparenze di passionalità e di improvvisazione, la propaganda del partito è condotta con criteri e dosaggi quasi scientifici, cioè desunti dall'attenta osservazione dello stato momentaneo delle cose. Constatati g1i effetti e le reazioni di un provvedimento, si corre ai ripari».

L'irrigidimento e la crescente tendenza radicalizzante del partito nazista «continuano infatti a mutar sfumature a seconda degli eventi militari e dei riflessi che questi hanno nel campo interno. Dopo la caduta di Stalirngrado e la conseguente riunione dei Gauleiter al Quartier Generale, si possono registrare nella propaganda, nella stampa e talora anche nella prassi, più frequenti segni di radicalismo. Chi vuole estrarniarsi dalla Volksgemeinschatt, si ripete, deve essere sgominato e distrutto».

Non vi ha dubbio che le ,misure annunciate dal Ministro Goebbels per la mobilitazione totale del lavoro sono state presentate e agitate soprattutto dagli

organi periferici non soltanto come dovute alle necessità di guerra, ma come rispondenti a un preciso programma del partito.

«Che la mobilitazione integrale di ogni riserva di lavoro sia conseguenza diretta dell'aggravarsi della situazione -scrivevo il 15 febbraio, n. 2341 (l) è assai probabile, sebbene Sauckel in una intervista lo abbia escluso affermando che essa non rappresenta altro che l'attuazione dell'ultimo atto di un programma stabilito da tempo».

La massa della popolazione e particolarmente le categorie più colpite (fra le quali rientravano gran numero di piccoli commercianti, agricoltori, oltreché gli stessi combattenti) hanno comunque interpretato il provvedimento come un netto colpo di timone a sinistra. Le modalità di applicazione e la propaganda che le accompagnava sembravano infatti pienamente gQUstificare tale punto di vista.

È ancora troppo presto nell'attuale momento sciogl.iiere le fatte riserve circa il modo con cui le norme per la mobilitazione della mano d'opera femminile e per l'eliminazione delle aziende non militari vengono applicate. Le notizie che sinora mi pervengono in merito e che ho potuto controllare sono alquanto contraddittorie. Evidentemente per un difetto di organizzazione che costituisce un interessante aspetto dell'attuale situazione tedesca, la data del 15 marzo è trascorsa senza che i provvedimenti fossero completati. L'arruolamento della mano d'opera femminile appare oggi soltanto iniziato e non assume ancora aspetti totalitari. In talune provincie i direttori di aziende industriali hanno effettivamente ricevuto ordine di non adibire le reclute provenienti da classi abbienti al lavoro d'ufficio, ma di destinarle alle macchine utensili senza tenere conto delle loro condizioni di salute. Altrove rilevo non pochi casi di evasione a provvedimenti di carattere così drastico.

La propaganda con tendenza radicalizzante, esagerata da alcuni organi periferi'ci, ha trovato un'espressione caratteristica nell'articolo intitolato «Il Porco » di un noto pomeridiano berlinese in cui si additava alla pubblica vendetta la figura del borghese nelle sue proteiformi trasformazioni. «Questo articolo di un giornale così diffuso -ho scritto nel telespresso n. 3619/595 del 12 marzo (l) -è stato assai letto ed ha suscitato numerosi commenti. L'incitamento a colpire a morte è sembrato esagerato negli stessi ambienti del Ministero della Propaganda, tanto che si sarebbero date istruzioni per evitare simiH eccessi pubblicistici ».

Le istruzioni -come segnalavo con il successivo telespresso n. 4045/665 del 19 marzo (l) -sono state effettivamente date. Si è riconosciuta infatti la necessità urgente di chiarire «l'inopportunità di simili manifestazioni destdnate a rinfocolare una lotta di classe ed a provocare gesti inurbani contro signore e ragazze abbigliate con qualche eleganza, gesti già riscontrati per la via, nei tranvai e nella metropolitana».

È doveroso constatare come, di fronte alle penose impressioni suscitate dai provvedimenti e dalla propaganda ad essi connessa, si sia ritenuto necessario

fornire delle dichiarazioni tranquillizzanti non soltanto, ma segnare quasi una battuta di attesa.

Significativo sotto tale aspetto è l'articolo pubblicato dal dott. Goebbels su Das Reich, in cui si afferma tra l'altro che «nessuno deve credere ci si possa rendere benemeriti per la guerra totale se si insulta in tram una donna perché è vestita con grazia: altrimenti si sarebbe bolscevichi e non nazionalsocialisti. Nella misura in cui la guerra totale permette nella vita di sviluppare l'individualità personale, deve essere lecito a ognuno estrinsecare liberamente la sua personalità. Ognuno deve fare il proprio dovere, ma ognuno deve anche poter godere di ciò che gli resta di spirito vitale, libertà e bellezza e in ciò deve poter contare sulla protezione dello Stato». Accennando ai danni derivanti a molte categorie di commercianti per la chiusura di negozi, il dott. Goebbels aggdunge che « lo Stato o chi è a capo dd esso non deve mai rinunciare allo sforzo di correggere la cecità del caso che talvolta colpisce duramente il singolo. Questo è H significato più profondo di un autentico socialismo il quale non rimane inerte di fronte ai fatti, ma si sforza di continuo di portarli in un ordine sociale. Con ciò la vita stessa non può tuttavia venire cambiata nelle sue basi fondamentali e chi tentasse dd farlo famrebbe ben presto miserevolmente ».

Gli ondeggiamenti della propaganda uffic•iale non appaiono destinati a provocare radicali mutamenti nell'animo di questa popolazione che, come segnalavo nella mia lettera n. 4311 del 21 marzo (l), ha subito negli anni di guerra profonde trasformazioni nello spirito e nella capacità produttiva, sotto il peso di uno sforzo sempre maggiore e di una sempre più sensibile tensione aggravati dai sacrifici che le vengono imposti: «nel rigido quadro de.Ua disciplina finora perfettamente mantenuta fra le masse si notano squilibri di organizzazione ed incertezze di esecuzione, affiorare d1 problemi e risorgere di rivalità di classe, che sono un sintomo palese della stanchezza dei gregari e dei dirigenti>>.

Pr quanto concerne in particolare l'opinione di questi ultimi, rammento quella espressami da un diplomatico tedesco e riassunta nel rapporto 3215 del 5 marzo (2): «Noi facciamo una politica passiva. I nostri dirigenti stanno isolati, concentrati nell'osservazione dello sforzo militare con uno sforzo anche di tensione interna che da parte di qualcuno di essi potrebbe essere più utilmente rivolto ad altri compiti. Quando dico politica passiva, si intende la politica estera, mi riferisco non tanto agli uomini e agli Stati stranieri quanto agli eventi da cui sembriamo trascinati. Così le brillanti vittorie militari che pure abbiamo avuto non sono state sfruttate negli sviluppi di politica estera che se ne potevano forse ricavare. E ancora oggi molti o troppi parlano di ordine nuovo senza che si sia dato un orientamento preciso su 'Ciò che esso deve significare praticamente per i minori popoli europei».

Rapporti itala-germanici. L'informatore, rilevando la tend·enza dei tedeschi dl attribuire a loro stessi soltanto il merito e la glo:ria dei successi, e a far ricadere sui collaboratori le critiche e le colpe per le azioni non riuscite, afferma che «si diffondono spontaneamente e volontariamente le voci che i cedimenti al fronte sono avvenuti per colpa degli italiani e a nulla valgono i tentativi per

suasiv·i per dimostrare la falsità di simile versione :. ; anzi, aggiunge l'informatore, « elementi responsabili tedeschi non farebbero niente per controbattere queste convinzioni serpeggianti e dilaganti in profondità ed in estensione perché sarebbero un comodo alibi e diversivo per allontanare la responsabilità della disfatta invernale al fronte russo dalle alti:ssime decisioni che hanno commesso... errori strategici gravissimi». In questo clima si diffonderebbe la sfiducia verso l'Italia, che non attenderebbe se non la prima occasione propi:i'Jia per abbandonare la Germania.

Già ho avuto occasione di far presente che la tendenza dei tedeschi a svalutare l'apporto altrui ad un comune successo ed a scaricare sugli alleati la coLpa e la responsabilità degli insuccessi, esiste innegabilmente: ne avevano già fatto le .prove gU austro-ungarici durante la guerra passata. Le dottrine nazionalsocialiste, stabilendo il postulato di una assoluta superiorità degli uomini appartenenti alla razza germanica, hanno senza dubbio accentuato le tendenze anzidette.

Come ho scritto nella mia lettera in data 22 marzo (l) «sono prontissimo a riconoscere che tale tendenza non è né cameratesca né accettabile. Cosi come è gravemente doloroso ascoltare i tragici episodi dai quaU risulta come i nostri eroici soldati appartenenti all'ARMIR sono stati trattati dai tedèschi durante la fase di ripiegamento ».

Ho del pMi già segnalato il diffondersi non soltanto fra il pubblico tedesco, ma anche negli ambienti responsabili di tali voci ed insinuazioni tendenziose sul comportamento dei nostri soldati e sulla presunta loro responsabilità per i recenti insuccessi.

Nel rapporto del 14 marzo, n. 3706 (2), scrivevo come durante mie conversazioni con altissime personalità tedesche sia affiorata la tendenza a far credere da parte germanica che il contegno di taluni reparti dell'ARMIR non sia stato nell'ultima offensiva russa particolarmente encomiabile. D'albronde ricordo che in occasione dell'ultima visita di Ciano al Quartier Generale, il Fiihrer, Goering e Keitel non mancarono di sottolineare in maniera piuttosto evidente tale com!)ortamento.

«Da qualche g-iorno mi vengono segnalate voci -scrivevo il 17 marzo

(n. 3953) (3), secondo le quali si starebbe creando in alcuni settori dell'opinione pubblica tedesca la credenza che quanto .è avvenuto sul fronte russo è diretta conseguenza del cedimento del fronte affidato alle truppe alleate e quindi anche a quelle italiane».

Aggiungevo altresì -rapporto del 14 -<<constarmi in modo pil'eciso come l'Alto Comando tedesco si stia preparando a dimostrare che il cedimento del fronte e tutto quanto si è svolto in conseguenza è avvenuto per colpa delle truppe alleate ».

Informazioni analoghe circa il diffondersi tra il pubbli-co di simili voci tendenziose sono pervenute anche dai RR. Consoli. Si rese al riguardo necessaria una attiva azione da parte della R. Ambasciata per controbattere le voci sopTa riferite ed evitarne la diffusione.

(:3) Vedi D. 130.

«Non ho mancato e non manco per mio conto di reagire in tutti i modi possibili, scrivevo con il rapporto 3706 del 14 marzo, dando anche in questo senso precise direttive ai collaboratori deWAmbasciata ). «Non ho mancato di far presente con molta fermezza a questo Ministero Esteri, scrivevo il 17 marzo,

n. 3953, .la necessità che attraverso gli organi del partito nazionalsocialista sia prontamente ed energicamente opposta una efficace reazione allo scopo di ristabilire la verità dei fatti e di evitare che daJ dilagare di tali voci potesse derivare una situazione delicata per i due paesi».

Aggiungevo altresì con la lettera in data 22 marzo che, malgrado che l'Ambasciata non fosse mai stata messa al corrente preventivamente di passi compiuti dal Comando Supremo italiano presso l'Alto Comando tedesco, avevo creduto «prendere l'iniziativa di reagire al diffondersi di dicerie antipatiche nei confronti del contegno di alcuni reparti facendone oggetto di un passo anche presso il Ministro von Ribbentrop, al quale ricordai le specifiche circostanze che giustificavano taluni cedimenti al fronte orientale Cvastità del fronte, mancato affiuire delle riserve tedesche), riservandomi di presentargli alcune sommarie documentazioni ».

A von Ribbentrop chiesi che «attraverso gli organi del partito nazionalsocialista fosse attuata una efficace reazione allo scopo di ristabiUre la verità dei fatti e di evitare che dal dilagare di tali voci potesse derivare una situazione delicata per i due paesi).

Non condivido l'impressione dell'informatore -il quale evidentemente la manifestava tempo addietro -che questa opera di persuasione o non avvenga

o avvenga in modo svogliato, sopratutto per parte degli organi ufficiali.

Devo anzi dichiarare che le mie richieste in questo senso sono state ac.colte; e che mi consta in modo ,preciso come da'l centro siano state impartite alla periferia precise disposizioni al riguardo. Di ciò è chiiara dimostrazione l'atteggiamento della stampa tedesca che ha ripreso in questi .giorni un tono particolarmente caloroso nei ·confronti delle nostre forze armate.

Se non si può e non si deve negare l'esistenza di spiacevoli manifestazioni di incomprensione del genere citato, è peraltro necessario ricondurle a'lle loro proporzioni esatte nel quadro del'la situazione politi:ca fra i due paesi.

Tra .italiani e ted.es•chi esiste, retaggio di secoli, una particolare difficoltà a comprendersi reciprocamente. L'avvicinamento fra i due popoli (se mal potrà veramente .verificarsi) sarà opera di decenni. Quest'opera seriamente iniziata soltanto negli anni immediatamente precedenti al conflitto non aveva potuto sufficientemente sV'iluppansi al'lorché esso .è scoppiato.

L'atmosfera della guerra, densa di nervosismi, favorevole al sorgere di situazioni de'licate, nella quale suscettibilità singole e collettive potevano giungere alla esaspera:l1.ione, ha posto rapidamente a contatto lavoratori e soldati dei due paesi: uomini, cioè, sui qua'Ii la graduale opera di avvicinamento e di reciproca comprensione non .aveva potuto far sentire pienamente i suoi effetti.

Era inevitabile che incidenti si verificassero soprattutto in momenti eccezionali. Gli episodi ·che con rincrescimento dobbiamo elencare vanno attribuiti a queste cause e principalmente alla insufficiente maturità politica dei responsabili di essi.

«Non posso affatto escludere -scrivevo con la lettera del 22 marzo (1)

che in conseguenza della presenza di un forte numero di italiani in Germania,

i quali risentono le consegue111ze delle rigorose dlispooizioni restrittive, possano

in questo momento verificarsi episodi antipatici; anzi sono prontissimo ad am

mettere preventivamente che tali episodi ,possano avvenire; ma .trarre da ciò

la conseguenza che i rappo.rti fra i due paesi attraversino un momento di crisi

in funzione di taai episodi non mi pare assolutamente accettabiJe ».

Con il rapporto 3215 del 5 marzo (2) e con il precedente telegramma 375 in data 1° marzo (3), ho segnalato non solamente «la vastissima e aperta eco di opinioni, ma anche una rispondenza profonda in tutti gli strati della popolazione avuta dal recente convegno di Roma». Eco -ho rilevato -non soltanto passiva, in quanto il popolo tedesco dalla lettera de1 comunicato ha tratto una VIÌJSibile .impressi·one ri·confortante .di conferma della fedeltà del'l'Italia, ma anche attiva in quanto alte .personalità del mondo politico germanico mi hanno fatto inequivoci accenni a.Ua funzione che essi auspicano l'Itallia fascista possa al più presto esercitare nel quadro dell'alleanza. ,

Riportando gli incidenti d1anzi in discorso al loro reale valoo.-e; prendendo

atto delle relazioni fattemli dai RR. Consoli; rHevando le conversaZioni avute

con personalità responsabi'li tedesche e con i loro maggiorri collaboratori;

posso in cosci·enza riocxnfermare quanto precedentemente scritto, che lo stato

d'animo deJ mondo politico germanico verso l'Italia è nel suo complesso buono.

Le informazioni fornite in merito alla «Deutsch-Italienische Gesellschaft » non rispondono, ad esempio, a ~ealtà. Malgrado le difficoltà connesse con lo stato di .guerrra, ,questa &>sociazione è andata svo'lgendo negli ultdmi tempi una attività in netto aume111to, che ha saputo interessare ed attrarre personalità tedesche del mondo politi·co e scientif1ico in misura sempre maggiore. In poco più di un anno e ,mezzo sono state fondate nel Reich numerosissime nuove sezioni. Di qua1si tutte queste nuove sezioni il Gauleiter lo-cale ha assunto iii. patronato, mentre la presidenza effettiva è stata affrrdata a personalità poildtiche di primo piano. Alle riunioni le gerarchie pol:itiche non sOIIlo mai ass.enti. L'intensa ed intelligente azione de'll'Associaz~ooe ha potuto assumere un carattere ed un ritmo .più wvaci grazie a1le cure del testé defunto Presidente von Tschammer und Osten e del Vice-Presidente Console Gemerale Wtister.

\

Vi è .un punto nella nota dell'informatore che vale Ja pena di essere posto in particolare rilievo: quello in cui si accenna allo scarso interesse del pubblico germanico per la ,guerra nel settore mediterraneo.

L'osse;rvaz''ione è esatta. Come più .volte ho segnalato, per una serle di motivi complessi il tedesco medio non «sente» i problemi mediterranei, e l'Alto Oomando germanico non vede 1a ,possibiutà dQ raccogliere in questo settore un successo di carattere ,definitivo.

Oggi questa osservaziOIIle assume un'importanza superiore a quella avuta sinora, e ciò per i motivi che ho riassunto ne·l rapporto 4311 in data 21 marzo (4).

(-4) Vedi D. 141.

L'la!n.imo del Ftihrer, nel quale si impersona la suprema condotta politicomilitare della guerra per quanto concerne la Germania -osservavo -«è tuttora dominato e pervaso dalla volontà fanatica di continuare la guerra contro la Russia fino ad abbatterla od inferirle almeno un colpo morta'l·e attraverso una seri·e di offensiv·e condotte senza risparmio di uomillli e d:i mezzi~-La vo-, lontà di far trionfare i propri piani, l'urto sempre più violento contro la realtà delle cose vanno gradualmente irrigidendo l'animo di .Hitler verso una s·empre maggiore intransigenza, polarizzando la sua mente verso un solo settore dell'immenso teatro della guerra e facendogli dimenticare ,che il russo non è il solo suo mortale avversario.

Ma «nel momento attuale è più che mai vdtale menare colpi là dove il pericolo appare più evidente e dove più gravi potrebbero risentirsi le conseguenze di un insuccesso. Questo settor,e è oggi il ,Mediterraneo».

La minaccia nemica si delinea colà ben più grave e immediata che non altrove e per contro più sUIScettibile di essere stroncata non soltanto in sede tatti·ca ma anche jn sede strategica, ove una parte dei mezzi che vanno accumulandosi al fronte orientale per una nuova probabile offensiva venisse prontamente trasferita verso ìl sud.

La funzione politica dell'Italia e per essa del Duce può rìassumersi nell'attuale momento in questa opera di chiarificazione delle posizioni 'strategiche generali, nella riaffermazione della importanza dominante del problema mediterraneo.

Riassumendo e COIIlcludendo, credo di poter CO'!lf·ermare ancora oggi rle precise dlichiaraziÒni che son venuto facendo da un anno durante il quale ho registrato con sempre maggiore rliservatez:»a 'le solenni J)J."omesse tedesche sull'andamento favorevole deLle offensive in corso: ìl popolo tedesco nella sua tradizionale dilsc1plina non manifesta segni di indebolimento o di mancante volontà e capacità di resistenza.

Naturalmente tutto ciò è in diretta funzione con lo sviluppo deHe operazioni militari future. Chè se i successi de'Ila prossima offensiva dovessero c.rear·e una situazione non determinante e senza sbocco o quanto meno dovessero es.sere Mlnull~ti da una controffensiva sovdetica durante un terzo inverno sul fronte russo, evidentemente le riserve e gld interrogativi che sono venuto nel corso del 1942 via via ponendo troveTebbero risposta in avvenimenti di carattere interno la cui portata non è pTevedibile.

(l) -Vedi D. 144, nota 4. (2) -Manca l'indicazione della data d'arrivo. (3) -Vedi D. 140.

(l) Non rinvenuto.

(l) Non rinvenuto.

(l) -Vedi D. 141. (2) -Vedi D. 83. (l) -Vedi D. 143. (2) -Vedi D. 118. (l) -Vedi D. 143. (2) -Vedi D. 83. (3) -Si riferisce al T. 1283/375 del lo marzo 1943, ore 19,30, non pubblicato, avente lo stesso oggetto del rapporto.
169

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 9761/201 P.R. Tokio, 30 marzo 1943, ore 6 (per. ore 13,30).

Telegramma di V. E. n. 252 (l). NeH'infoTmare questo V:~ce Ministro Affari Este:ri dell'ailbtorizzazione data al R. Ambasciatore Shanghai per rla firma ac•cordo riguardante quartiere Lega

zioni Pechino, gli ho confermato, nei termini indicati, quanto avevo sostanmalmente già fatto presente a Tani circa nostri intendimenti futuri. Vice Mini,stro ha ~creduto di dovere, a swa volta, reiterare desLderio ·Che il R. Governo voglia ,s·eguire quanto prima possibile .esempio Giappone nella retrocessione concessione T.ientsin.

Telegrafato Roma e Shanghai.

(l) Vedi D. 163.

170

L'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. 2040/260-261 R. Buenos Aires, 30 marzo 1943, ore 20,50 (per. ore 17 del 31).

Mio 100 (1).

Per CDIIltrobattere propaganda nemica che cerca sempre più alttivamente capovolgere attegg1amento internazionale Argentina influendo anche prossime elezioni presidenziali, ho esaminato possibilità concentrare appoggio morale e materiale questa collettività a politica Castillo.

Assi,curatomi concorso anche finanziario connazionali ho segretamente interessato gruppi autorevoli argentini organizzare manifelstazione popolare pro neutralità ins·erendo -scopo evitare reazione avvers&ia -la prossima cerimonia patriottica annuale, speciale omaggio Generale San Martin quale simbolo indipendenl'la sovranità argentina.

A tale manifestazione parteciperebbe gran massa connazionali.

Dottor Castillo r'iservatamente irnterpellato ha approvato in via massima iniziativa \stessa invitandomi colloquio suo domicilio privato. Egli ha riconosciuto opportunità che massa favorevole neutralità faccia conoscere sua forza e volontà e appoggi più apertamente Governo rimasto sino ad ora troppo isolato suo difficile gioco equilibrio aleggiato anche dall'attività comunista e propaganda nord americana che tenta stordire opinione pubblica e avvincerla causa Alleati.

Da parte mia accenno partecipazione Ltaliana manifestazioni predette ha considerato San Martin legittimo rappresentante tradizione :Storica rpaese che 1sempre assicurato pieno rispetto volontà popolo e dato or'igine concezione argentina « terrLtor.ia:Iità stazionaria :. ·che è in netto contrasto principio nord americano « territorialità espansiva».

Esiste pertanto -ho concluso -tra due RepubbUche secolari conflitto dottrinario che ha avuto profonde ripercussioni pratiche: Argentina non ha mai interamente ferito vita interna altri paesi americani mentra gli S.U.A. dietro cortina fumo buon vi-cinato hanno :sempre insidiato loro ·compagini interne.

Dottor Castmo 'Concordando mie argomentazioni ha osservato aver infatti Argentina sempre rilsolto pacificamente a mezzo arbitr'ati sue vertenze interna

zionali anche costo perdite territoriali astenendosi ricorrere qualsiasi pressione

o minaccia e •collaborando in ta1 modo vera difesa concordia libertà continentale. Tale linea di condotta, ha soggiunto Presidente, ha creato popolo argentino «seconda natura dSpirata pace e neutralità che costituisce garanzia per il

futuro~.

A tal punto conversazione, e in riferimento mio telegramma n. 161 (1), ho insinuato che ,migliore garanzia neutralità !Sarebbe nuovo periodo presidenza dottor Castillo al che interlocutore rispostomi testualmente: «Non vi è motivo preoccupazione: poiitica Argentina non subirà mutamenti'>.

Nel congedarmi Presidente mi ha riconfermato conoscere a prova devozione italiana « cui anima identificasi con quella argentina » ed essere pertanto lieto loro partecipazione progettata manifestazione. Egli ha raccomandato però operare con prudenza abilità e mantenere assoluto riserbo (2).

(l) Riferimento errato. Si tratta probabilmente del T. 977/139 R. del 15 febbraio 1943 con 1J quale Garbacelo aveva riferito sulle prospettive per le elezioni presidenziali del settembre.

171

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2058/171 R. Ankara, 31 marzo 1943, ore 20,33 (per. ore 17,5 0 del 1° aprile). Telegramma ministeriale 153

Menemencoglu mi ha detto ieri che i noti passi fatti da lui a Bucarest e a Budapest \miravano anzitutto ad appianare divergenze esistenti fra Ungheria e Romania allo scopo facilitare in prosie.guo di tempo formazione di quella federazione balcanica che Turchia devesi naturalmente auspicare per la sua sicurezza sia nel caso di una vittoria g,ermanica sia nel caso di una vittoria russa. Più oltre sondaggio non poteva !spingersi giacché due dei maggiori Stati balcanici interessati non erano in grado di esprimere loro pensiero, cioè :Grecia e Jugoslavia mentre Bulgaria avrebbe 1XJtuto esercitare nell'eventuale federazione funzioni utili solo nel caso vittoria tedesca. Nel caso vittoria russa Bulgaria infatti sarebbe ipso facto assorbita dallo 1stato sovietico. Egli ritiene che, avendo arbitrato Vienna lasciato scontente tanto Romania che !Ungheria, unico modo di condliare aspirazioni sarebbe di fare della Transilvania entità autonoma e dQ. costituire poi !stato federato tripartito \Ungaro-romeno-transilvano, primo nucleo della futura federazione balcanica. Menemencoglu mi ha però aggiunto esplicitamente che questi primi suoi sondaggi sono stati troncati fin sul nascere da rimostranze rivoltegli dal governo inglese, tilmoroso siffatta aZione politica turca potesse da un lato riuscire sg.radita alla Rulssia e dall'altro, in caso di successo, rafforzare a vantaggio dell'Asse efficienza militare ungaroromena che nella situaZJi.one creata dall'arbitrato di Vienna !presenta ora

invece una costituzione debole. Mentre però Menemencoglu riconosceva che era necessario andare molto cauti nei tentativi di una unione balcanica per non urtare la Russia, era poco disposto ad ammettere che ormai Ungheria e Romania fossero ancora [n grado 'assicurare efficace contributo 'SUl fronte dell'est anche se in un modo o in altro riuJscissero sanare loro particolari divergenze.

Non ho nessuna ragione di dubitare che Inghilterra abbia realmente chiesto alla Turchìa di cessare la !sua attività dliplomatica a Bucarest e a Budapest, ma è stata certamente la stabilizzazione del fronte russo-tedesco che ha reso meno premuroso il g·overno turco nel tentativo di .gettare Je brusi di quella federazione ba1canica che ·resta nei suoi desideri, come ha amttnesso esplicitamente Menemencoglu, in funzione anti-russa o anti-tedesca a seconda del .futuro svolgimento della guerra.

(3). (l) -Con T. 1183/161 R. del 24 febbraio 1943. non pubblicato, Garbacelo. riferendo sulla candidatura di Patron Costas alla Presidenza della Repubblica. aveva sottolineato che questo. pur favorevole alla neutralità, non aveva l'« energia» di Castlllo e sarebbe stato «legato a importanti Interessi americani». (2) -Per la risposta vedi D. 199. (3) -Vedi D. 137.
172

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T.s.N.D. 2056/173 R. Ankara, 31 marzo 1943, ore 15,15 (per. ore 7 del 1° aprile).

Affermandomi essere primordiale interesse della Turchia la conclusione di una pronta pace, Menemencoglu mi ha detto di aver rivolto esortazioni in questo senso a Churchill durante convegno di Adana (1), ma di essersi scontrato ad energkhe r1pulse di quest'ultimo.

Churchill affermò essere assolutamente necessaria completa sconfitta dell'Asse per poter giungere ad una riorganizzazione europea .che offrisse garanzie di solid1tà e di durata, atte ad evitare lo scoppio di quella nuova guerra che è tanto temuta dalla stessa Turchia perché Russia vi 'si presenterebbe in condizioni assai più vantaggiose delle attuali. In tale intransigenza britannica tanto Menoonencoglu che Saracoglu vedono il desiderio inglese che logoramento russo-tedesco prosegua fino agli estremi limiti. È questo un punto di vista che maggiormente incoraggia Turchia a mantenere sua neutralità. Se però anglo-americani finiranno per <impossessarsi di tutta Afll'ica, le loro forze terrestri ed a.eree che resteranno così disponibili dovranno pure avere un impiego e in un modo o in un altro tenteranno di avvicinarsi ai BaliCan<i. L'ipotesi più favorevole per la Turchia sarebbe che gli anglo-americani si lim1tassero a chiederle delle basi nav>aili od aeree.

Menemencoglu mi ha detto avanti .ieri che egli certo le rifiuterebbe ma è ovvio osservare che circostanze potrebbero benissimo cambiare al momento in cui le richieste degli anglo-americani fossero eventualmente rivolte alla Turchia. Per ora qui si segue con grande interesse lo svolgersi dellle operazioni in Tunisia, pur non potendosi prevedere piega ·che prenderanno le cose dopo che le operazioni stesse saranno in un modo o nell'altro terminate.

(l) Vedi serie nona, vol. IX, D. 586.

173

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 2076/024 R. Zagabria, 31 marzo 1943 (per. il 2 aprile).

Mio rapporto numero 1096/382 del 26 marzo (1).

Dai colloqui che ho avuti finora con la parte tedesca per un chiarimento generale in base aUe Superiori istruzioni, si possono trarre le seguenti conclusioni:

l) è emeriSo chia·ro che la politica estera del Governo croato è stata finora decisamente influenzata dai fattori tedeschi, ·che credono di eseguire a loro modo la politica di Berlino; essi, dopo un'attività di due anni, esdusiva e irriguardosa per noi, non riescono, senza mortificare il loro amor proprio, a modificare un indirizzo impresso agli elamenti esecutori minori, e tanto meno possono sciogliersi dagli impegni che sono venuti aossumendo con aJcune personalità. Ci siamo resi ormai conto che sono rlegati in combutta, per non dire in alleanza conclusa arbitrariamente sul posto, con esponenti eroati deliberatamente antitaliani per raggiungere obiettivi contrari agli interessi dell'Italia;

2) la nostra azione, fatta di messe a punto e di proteste per manifestazioni di carattetTe irredentista, nocive per H nostro prestigio, e comunque !imitatrici della nostra influenza, viene a trasferirsi dopo il chiarimento eon Kasche e con Glaise, dal campo croato al campo tedesco;

3) il Poglavnik, prilma con qualche esitanza, e poi con chiarezza, ci ha fatto capire che una coalizione di suoi uomini di Governo in connivenza con autorità germaniche locali, gli impedisce di condurre la politica estera che dov·rebbe per i Patti stipulati con l'Itruia e per le nostre intese preliminari col Governo del Reirch, rib~dite anche nei rec·enti co1loqui di Ribbentrop a Roma: la politica pendolare deriva quindi da questo stato di cose che bisogna modificare;

4) abbiamo eon l'azione svolta nel corso di queste ultime s·ettimane determinato una crisi di Governo in Croazia, non ancora ri:solta per la resistenza che oppongono al Poglavnik le Autorità tedes·che in Croazia {particoJarmente Glaise) a sostegno del gruppo di politi-canti croati che sono ancora al potere.

Possiamo, a mio avviso, soltanto !Sperare che il chiarimento con la parte tedesca porti a quaiche risultato positivo nel campo specifieo della collaborazione di stampa, delrla collaborazione economiea in Croazia e, forse, in quella militare. Va detto però senza tl'iserve che sarà difficile contare, nel campo squisitamente politico, su un leale atteggiamento delle autorità tedesche che trovansi 1sul posto. Il gioco delle influenze continuerà (richiamo le mie ultime segnalazioni telegrafiche per quanto riguarda Ja propaganda e i miei tele

spressi 386 e 392 del 28 marzo (l) circa le manifestazioni croato-tedesche a sfondo irredentista).

Dal mio canto, mi propongo di non passare sopra a nessuna di queste manifestazioni, che però danno ai croa.ti, pubblico e governanti, la precisa impressione di una contesa tedesco-italiana e, quindi, di un disaccordo fra le due Potenze dell'Asse.

(l) Non rinvenuto, ma si vedano i DD. 129 e 142.

174

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AGLI AMBASCIATORI A SHANGHAI, TALIANI, E A TOKIO, INDELLI

T. 11160/100 (Shanghai) 265 (Tokio) P. R. Roma, 1" aprile 1943, ore 24.

Nel corso di una conversazione presso questo Ministero, è stato fatto amichevolmente rilevare a questo Incar~cato d'Affari del Giappone che contemporaneo concentramento da parte di Tokio e di Nanchino di tutta una serie di richieste in sostanza lesive per i nostri interessi in Oriente, potrebbe essere destinato a produrre impressioni di preordinata esecuzione di un piano non sufficientemente discriminatorio fra nemici ed al,leati del Tripa~rtito.

Sono state ad esempio citate;

l) insistenza con la quale da parte nipponica e cinese ~&i richiede pressoché completa liquidazione nostre posizioni a Pechino, Shanghai, Tientsin e conseguente, scarsa valutazi001e delle circostanze particolari italiane che ci vietano di procedere a frettolosi atti unilaterali in pura perdita e senza alcuna contropartita altro che verbale;

2) faticose trattative circa nostre navi in Oriente e pretese nipponiche eccessive sia per quanto riguarda condizioni noleggio, sia per quanto concerne tentata estromissione nostra bandiera da quelle acque;

3) minacciata sOISpensione delle nostre Agenzie telegrafiche e soppres

sione nostre stazioni radio.

Tali questioni sollevate da parte nipponica contemporaneamente e trattate con carattere di estrema urgenza e con termini di definizione quasi perentori, non possono non 'Produrre un qualche senso di perplessità e di disagio, sopra tutto quando si tenga conto -come si deve -delle circOIStanze della guerra e del vastissimo sforzo nemico che .l'Italia in questo momento, e non soltanto in questo momento, sopporta.

Converrà che anche da parte Vostra siena fatti aperti e chiari accenni in questo senso, naturalmente nella stessa forma molto amichevole in cui sono stati fatti qui e nella di1chiarata intenzione, sia di sgombrare il terreno da quel senso di perplessità e di disagio sopra accennato, sia di contribuire alla sempre più esatta valutazione delle cose nostre costì ed al conseguente sempre più stretto accordo fra Italia e Giappone e fra Italia e Cina Nazionale.

Le presenti istruzioni sono ·contemporaneamente date alle R. Ambasciate a Tokio e a Shanghai (2).

(l) -Non pubblicati. (2) -Non sl sono rinvenute le risposte di Indelli e Tuliani.
175

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 1° aprile 1943.

Soprattutto ispirandOISi aù parallelismo della situazione interna italiana e magiara, il Presidente del Consiglio ungherese si propone, sempre che gliene venga offerta la possibilità, di far presente al Duce:

1°) che .l'Ungheria è dilsposta ad asseconda.re qualsiasi azione politi'ca dell'Italia nei Balcani ed altrove, intesa a studiare le opportunità e le possibilità di una pace di domani (taùe eventuale azione dell'Ungheria è sempre subordinata aUe eventuali aperture •che Kallay pensa che qui possono essere fatte);

2°) che l'Ungheria è pronta attraverso la solidarietà italo-magiara ad adoperarsi per la ·creazione di un blocco balcanico;

3°) che l'Ungheria desidera vedere da vicino e d'accordo con l'Italia gli sbocchi dell'oscura situazione croata;

4°) che l'Ungheria è dilsposta a prendere in esame l'antico progetto già formulato da Kanya di una frontiera •comune itala-ungherese (1).

Queste sono a un di presso le aspirazioni e le preoccupazioni che il Presidente del Consiglio si ri.promette di esprimere al Duce insieme alla manifestazione deila sua assoluta solidarietà con gli intendimenti politici dell'ItaJia fascista.

176

COLLOQUIO DEL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, CON IL PRESlDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, KALLAY

VERBALE (2). Roma, 1° aprile 1943.

Il Pr~idente Kallay inizia la conversazione fa·cendo una breve esposizione sulla situazione interna ungherese la quale non presenta nessun carattere di ec·cezionalità. La vita nel Paese si svolge tranquilla e il Governo non ha preoccupazioni neanche per l'attività particolare di un partito social-nazionalista che collabora -nonostante l'anomalia -col partito social-democratico nella opposizione al Governo. Si sono notati, subito dopo i successi riportati dall'Armata russa, dei segni che denotavano un risveglio dell'attività bolscevica, ma essi non sono stati tali da costituire un e.lemento di preoccupazione per il Governo.

La situazione dell'Ungheria con i suoi vicini viene riassunta dal Presidente Kallay brevemente: gli slovacchi si fanno notare per la loro persistente azione

panslava con la quale, se non risparmiano l'Ungheria con propaganda anti-magiara e con varie manifestazioni nello stesso senso, non rinunciano ne·anche a mostrare la loro scarsa sensibUità nei confronti tedeschi. Si mootrano anche abbastanza ricettivi alla propaganda sovietica.

I ra;pporti tra l'Ungheria e la Croazia sono corretti. I croati però sono anche adesso, come lo furono nel passato, inquieti e pretenziosi, permanentemente scontenti e inc~aci a darsi un ordinaiillento e una discLplina quali eiSSi stessi desidererebbero di avere.

I rapporti con la Romania presentano quegli aspetti delicati che sono noti. A due richieste ricevute in date diverse, rivolte a lui da Antonescu allo scopo di stabiHre condizioni favorevo.U ad una politi<ca comune tra i due Paesi nei confronti specialmente del pericolo sovietico, l'Ecc. Kallay ha dato risposta favorevole ma è sua impressione che i romeni abbiano delle idee difficilmente conciliabili con quelle dell'Ungheria particolarmente a proposito de.1la questione transilvania. A parere del Presidente Kallay, la questione transilvana non prospetta che le seguenti tre soluzioni: o la Transilvania viene assegnata interamente all'Ungheria, o viene assegnata integralmente alla Romania, o deve essere costituita come unità indipendente, perché qualunque soluzione di ripiego non risolverebbe la questione. D'altro canto egli è di opinione che col regime di Antonescu sia molto difficile poter raggiungere un accordo in quanto che i romeni in guerra, non avendo uno scopo veramente sentito dalla Nazione per combattere, sono condotti a polarizzare la loro attenzione sul problema transilvano che rende estremamente difficili delle conversazioni con loro tendenti a migliorare e la situazione della Transilvania e i rapporti tra i due Paesi. Nonostante ciò l'Ungheria non si sottrarrà a nessun tentativo in tal senso, ha dato la sua adesione ad un incontro tra due Delegazioni ed il Conte Banffy è stato inviato in Romania appunto per preparare una tale conferenza.

Per quanto si riferisce alla Serbia il Presidente KaJlay fa noto al Duce di aver ricevuto qualche tempo fa una lettera del Genera.le Mihailovic con la quale questi lo pregava di .prendere in considerazione la sua attività, in difesa e a protezione della razza serba, e di guardarla benevolmente come primo passo verso un'atmosfera di cordialità ungaro-serba. Non è stato dato nes5un seguito per iscritto a questo passo per quanto il Signor Kaillay sia di opinione che una buona atmosfera serbo-ungherese sia utile nella regione balcanica.

Con la Bulgaria non esistono particolari rapporti. Egli nota tuttavia che, forse a causa di infiltrazioni bollsceviche o per altre ragioni che a lui sfuggono, i bulgari sembrano aver perduto tutte le loro qualità combattive ed eroiche e di aver paura di tutto e di tutti.

Con la Turchia i rapporti sono normali. Dopo il colloquio di Adana il Presidente del Consiglio turco fece chiedere al Signor Ka.Uay se egli avrebbe accolto volentieri una iniziativa turca intesa a stabilire nella regione danubianobalcanica un accordo tra i Paesi interessati tendente ad evitare il manifestarsi del pericolo bolscevico in tutta quella zona (1). Egli aveva creduto di rispondere che l'Ungheria era non meno interessata della Turchia a !Scongiurare un

tale pericolo nella regione indicata e che una tale iniziativa veniva apprezzata a Budapest. Il Signor Ka1lay non capisce perché una tale risposta, che non era in nessuna maniera impegnativa né in senso contrario agli a,ccordi che l'Ungheria ha con i suoi a;lleati, possa essere dispia!Ci-uta in Germania tanto da causare un certo risentimento nel Ministro von Ribbentrop (1). Egli è convinto che neHa regione danubiana •carne in quella balcanica la Germania e l'Italia debbano essere considerate interessate non meno dell'Ungheria e degli altri Paesi e non ha mai pensato diversamente.

Dopo aver fatto un largo riassunto storico sulla politica detll'Ungheria dettata dalle esigenze della sua particolare posizione ,geografica ne·l •punto dove si incrociano le tre grandi forze che agiJscono in Europa: quella latina, quella german1ca e quella slava, a 'causa delle quali l'Ungheria ha sempre visto a Roma la sua naturale sorgente di vita pur avendo sempre dovuto ricorirere alla Germania ,per resistere agli ~Slavi e guardarsi contemporaneamente dalla germanizzazione, il Signor Kallay ha chiesto al Duce di voler considerare l'Ungheria come la fedeJe amica ·che aspetta da Roma l'indirizzo da seguire anche in queste circostanze. Egli è di opinione che la saggezza romana e lo spirito realistico del Duce possano dire la loro parola chiarificatrice dando un indirizzo politico alla guerra che i popoli stanno combattendo in questo momento: una parola che serva per i grandi come per i piccoli paesi alleati o neutri o nemici. Se da una parte la Russia ricomincia a mostrare chiaramente qu3!li sono le sue intenzioni, per esempio nei confronti della Polonia, dall'altra parte non si possono ben dire le intenzioni della Germania per esempio nei confronti dell'Olanda. Il Signor Ka'llay ritiene di particolare importanza che l'Itaùia faccia conoscere il suo punto di vista, per esempio per la regione balcanica, dove greci, serbi, turchi e bulgari non conoscono quali sono le intenzioni dell'Asse nei loro riguardi.

Ci11ca la guerra sul fronte russo il Presidente del Consiglio ungherese fa noto al Duce che l'Ungheria ha subito delle gravi perdite avendo perduto oltre 20 mila uomini e tutto il materiale delle divisioni che ivi erano impiegate. Questo disastro ha potuto verificarsi perché alle poche divisioni ungheresi era stato affidato un fronte di circa _300 chilometri, nonostante che il Ioro armamento, pur essendo 1moderno, non fosse adeguato alla grande massa di mezzi meccanizzati e alla potenza di fuoco di cui disponeva il nemico. Ritirati i resti di queste divis-ioni, l'Ungheria resterà presente sul fronte -russo con tre divisioni che verranno impiegate nel retrofronte e con altre due divisioni che essa è sul punto di inviare. Alcuni giorni fa era stata rivolta dal Governo tedesco al Governo ungherese una richiesta di tre nuove divisioni che avrebbero dovuto recarsi ad occupare una linea tra la Bulgaria e la Serbia. Il Presidente Kallay non ha potuto a:derire a questa richiesta in quanto che nessuno in Ungheria avrebbe potuto comprendere le ragioni per le quali truppe ungheresi avrebbero dovuto recarsi cosl lontano dal territorio dell'Ungheria e svolgere compiti non chiari di epurazione delle forze partigiane e in una zona nella quale nessun interesse diretto ungherese era in gioco e questo particolarmente in un momento

come -l'attuale.

Il Signor Kallay ha chiuso la sua esposizione rinnovando al Duce l'espressione della riconoscenza del popolo ungherese e riconfermando la più assoluta fedeltà del suo Paese all'Italia.

Il Duce, dopo aver preso atto delle dichiarazioni franche e aperte del Presidente Kallay, precisa per ogni punto i Suoi intendimenti e i Suoi propositi.

Egli è soddisfatto dei rapporti itala-ungheresi che dal 1926 ad oggi si sono sviluppati in quell'atmosfera di vera amicizia che Egli aveva creato e che il popolo ungherese mostrava di aver compreso. È chiaro che la mancanza di una frontiera comune non permette di dare a tali rapporti più considerevoli sviluppi.

Circa la Croazia e la irrequietezza dei croati il Duce è d'accordo nel considerare che ciò è nella ·tradizione di quel popolo il ·CUi travaglio è permanente. Anche adesso si agitano due correnti: quella nostalgica del passato di cui è esponente il Maresciallo Kvaternich e l'altra dello Stato nuovo che non riesce ancora a consolidarsi. Nei confronti dell'Italia i croati non tmostrano di avere compreso quanto le debbano. Il modo come essi trattano la questione della Dalmazia lo ha convinto che anche questa regione si trova neLla situazione della Transilvania e doè che essa deve appartenere integralmente o all'Italia o alla Croazia o deve costituire un'entità indipendente.

A ques•to punto il Signor Kallay esprime l'avv:ilso che forse sarebbe opportuno pensare alla costituzione di uno Stato croato neutralizzato.

Dopo avere esposto l'andamento della guerra e le difficoltà che essa presenta, il Duce fa note le Sue idee in proposito, particolarmente sulla necessità che Egli ha già fatto presente e sostenuto di eliminare, almeno come fronte operante, il fronte russo.

Indubbiamente il nemico ha in progetto per le proosime settimane varie azioni in grande sUle, particolarmente contro le maggiori isole mediterranee senza escludere un tentativo di sbarco in Francia e molto probabilmente il tentativo di segutre il vecchio piano della guerra precedente di uno sbarco a Saloni-eco per tentare la marcia dal Vardar verso i pozzi petroliferi e tutta la regione danubiana. È certo tuttavia che l'Asse non deve lasciarsi indebolire moralmente. Tutti i Paesi aderenti al Patto Anticomintern devono marciare fino in fondo peit' ragioni evidenti di onore e d'interesse oltre che per la ragione che non vi è altro da fare.

Le idee dei nostri nemici in fatto di avvenire dei Paesi che essi combattono sono abbastanza chiare e non lasciano adito a nessuna di queUe interpretazioni benevole che di tanto in tanto la propaganda avversaria tenta di propinare.

Anche per questa ragione egli ritiene che sia saggio un miglioramento dei rapporti ungaro-romeni.

Che siano necessarie delle dichiaramoni politiche sugli scopi dell'Asse è da lungo tempo Sua opinione perché Egli ritiene essere vero che la guerra è la continuazione ·col mezzo delle armi di una .linea politica, ma essere anche vero che la politica è la continuazione della guerra con altri mezzi. Egli farà oggetto delle sue prossime conversazioni col Flihrer questo punto, ma per quanto si riferisce ai paesi ba.lcanici ritiene che delle affermazioni da parte dell'Asse circa il loro avvenire possano essere alquanto tardive dato che Grecia e Serbia ormai si attendono prossima la loro liberazione e qualunque dichiarazione del-

IY -Documenti t.bptomatiti ~ Serie IX -Vol. X.

l'Asse in tali condizioni non è destinata a trovare quella eco che avrebbe suscitato in passato.

Circa la Bulgaria il Duce ritiene che le innumeri disgrazie abbattutesi su quel paese, che si ,era battuto valorosamente sia nella prima come nella seconda guerra balcanica, sia nella guerra mondiale, abbiano potuto avere una forte influenza sullo stato d'animo della popolazione, ma quel paese è guidato da un Re estremamente intelligente e abi.Je che possiede delle grandi qualità politiche.

Circa la Serbia è indubbio che Mihailovic è il Ministro della Guerra del Governo jugoslavo costituitosi a Londra e che pertanto non è azzardato considerarlo· sostanzialmente un nemico, ma un nemico di domani, mentre i partigiani contro i quali egli si batte, sono i nemici di oggi e di qui è sorta quell'occasionale collaborazione tra le bande dei cetnici e le forze dell'Asse nel territorio ex-jugoslavo.

l

È utile che cetnici e partigiani si combattano come stanno facendo anche in questo momento; ciò rappresenta un vantaggio per l'Asse mentre non si può dire altrettanto, anzi è sicuro che rappresenti un vantaggio per i nostri nemici, il dissanguamento sul fronte dell'Est delle forze germaniche e delle forze russe, ambedue per ragioni uguali e contrarie pericolose per l'America e per l'Inghilterra.

Riconfermando che durante le prossime conversazioni che il Duce avrà col Fiihrer Egli parlerà della necessità di dare uno sviluppo a quelle affermazioni politiche contenute nel comunicato emanato dopo la visita di von Ribbentrop a Roma (1), il Duce ha dichiarato a Kallay che Egli prende atto con vivo piacere dei sentimenti che questi ha espresso a nome dell'Ungheria verso la quale resta immutata la sua più cordiale simpatia e la sincera amicizia del popolo italiano.

(l) -Vedi serle nona, vol. IX, D. 73. (2) -Questo verbale è stato redatto dal sottosegretario Bast1an1n1, presente al colloquio.Mussol1n1 ne ha vlstato 11 datt11oscr1tto.

(l) Vedl D. 128.

(l) Vedi D. 166.

177

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

TELESPR. S. P. 1433/478. Bucarest, 1° aprile 1943 (2).

Col mio telespresso n. 1434/479 (3) in data odierna, ho riferito, in modo obiettivo e quasi impersonale, sullo stato d'animo prevalente in questi ambienti dopo gli avvenimenti politici e militari dello scorso inverno. Ho dovuto fare ciò perché la situazione ambientale comincia a pesare anche sulle considerazioni del Governo e contributsce a delucidare certi suoi indirizzi.

Alla vigilia del viaggio a Roma (l), ritengo opportuno riassumere alcuni fatti sintomatici, sui quali comincia a rivolgersi l'attenzione degli ambienti tedeschi:

l) -stampa: il linguaggio di questa nei confronti del.le potenze anglosassoni è riserva:to e prudente; la: belligeranza della stampa romena si limita alla Russia sovietica;

2) -questione ebraica: è praticamente cessato il trasporto degli .ebrei in Transnistria; la polizia procede con discrezione nei riguardi di essa. Si ha l'impressione che il Governo voglia evitare di fornire nuovi motivi a.Ua animosità delle democrazie;

3) -negli ambienti tedeschi si ha l'impressione che gli esponenti del Governo romeno divengano sempre più .parchi nelle manifestazioni di gratitudine e solidarietà verso la Germania; a tale propOISito si cita il discorso del 27 marzo

u.s. tenuto dal Conducator a Chisinau per l'anniversario della liberazione della Bessarabia (V. mio telespresso n. 1432/477 del 1° c.m.) (2) dove all'alleato tedesco si fa soltanto un accenno di sfuggita;

4) -negli stessi ambienti cresce l'irritazione per le difficoltà e le resistenze fatte dal Governo romeno nelle trattative economiche, e anche per l'indulgenza manifestata per le mene di Maniu e dei suoi aderenti;

5) -Turchia: i contatti tra Antonescu e l'ambasciatore Tanriover si sono molto stretti in questi ultimi tempi, sino al punto di preoccupare gli ambienti germanici, dove all'ottimismo più accentuato è subentrato un altrettanto accentuato scetticismo nei confronti della Turchia;

6) -negli ambienti vicini al Governo si .sottolinea il fatto ·che a tutt'oggi l'aviazione anglo-americana, .malgrado gli apparecchi a largo raggio di azione di cui dispone, ha rispavmiato Bucarest e Ploesti, e si accredita la spiegazione che in ciò vede un .gesto intenzionale da parte dell'Inghilterra e dell'America;

7) -l'intransigenza del Conducator nei confronti delle frazioni legionarie collaborazioniste comincia ad essere spiegata negli ambienti tedeschi come ispirata dal desiderio di indebolire un .gruppo fedele senza riserve alla Germania;

8) -epperò, in quegli ambienti si comincia a p•ensare che, dopo gli avvenimenti dello scorso inverno, il Governo dei due Antonescu, privato di allori militari, meno sicuro del paese e anche dell'esercito, pensa a rivedere le proprie posizioni politiche e, mentre rimane inesorabilmente deci<so alla guerra ad oltranza contro la Russia, non è alieno dal cercare una polizza d'assicurazione nel campo anglo-sassone (3).

(l) -Vedi D. 61, nota 2, p. 86. (2) -Manca l'indicazione della data di arrivo. (3) -Non rinvenuto. (l) -Il viaggio di Mihai Antonescu a Roma fu rinviato: vedi D. 258. (2) -Non rinvenuto. (3) -Il presente documento reca il visto d! Mussollnl.
178

IL LUOGOTENENTE DEL RE IN ALBANIA, PARIANI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. P. 69. Tirana, 1° aprile 1943 (per. il 5).

Ti ringrazio per la lettera in data 28 marzo u.s. n. 1/1620 (l) e per l'appunto con essa inviatomi. Debbo subito di-chiararti:

1° -Considero la costituzione della Delegazione una sorgente di inconvenienti, che saranno tanto più gravi quanto più potranno sorgere motivi di :malintesi tra noi ed il Governo albanese, tra il Luogotenente e la Delegazione. Ma poiché la concessione è stata fatta, non c'è che da attenersi al fatto compiuto.

2° -È però necessario tener presente che la situazione è alquanto più grave di quello che non si creda: quasi giornalmente abbiamo attentati e vittime anche fra le autorità, aumento nei partigiani (di8erzioni, etc.) e 8pesso dimostrazioni. Dovremo quindi disporre di una organizzazione che consenta la massima celerità di azione e che risolva rapidamente i numerosi problemi, molti dei quali si sono trascinati fino ad oggi senza soluzione o sono stati rtsolti più che altro nella forma (ad esempio: la questione vitale del trasporto e di,stribuzione dei viveri). È cioè necessario che le relazioni tra Luogotenente e Delegato siano tali da accelerare le risoluzioni, anziché determinare ulteriori ritardi per necessità di accordi o per eventuali divergenze di vedute.

3" -Le concessioni accordate dal Governo italiano se hanno potuto servire per appoggio ad un Governo (che le ha ritenute necessarie per accettare il mandato) hanno però messo questo in una situazione di crisi. Motivo principale: le concessioni sono state .concepite in campo teorico, senza averle affrontate in quello pratico.

Cito ad esempio: eòolizione dei CC.RR. e costituzione della gendarmeria albanese. Con un tratto di penna si è cambiato uno stato di fatto esistente che forse non dava buona prova o, quanto meno, non era desiderato: non è stata però predi'sposta la concreta ricostruzione dell'organismo soppresso. Non vi è di pronto che i 2.500 carabinieri albanesi che passeranno nella gendarmeria coi loro ufficiali (passaggio che parte di questi fanno contro volontà); tutto il resto è da fare. I gendarmi nece·ssari per provvedere all'ordine interno debbono essere almeno 7 mila: in fretta e furia si procederà ora a chiamare uomini e richiamare ufficiali (alcuni dei quali avranno appartenuto alla vecchia gendarmeria, organizzata dagli inglesi). Le armi dovremo necessariamente darle noi, così il vestiario, così pure il materiale d'ufficio e quello telefonico: lo faremo. Per il funzionamento c'è bi1sogno di automezzi (autovetture e camioncini da trasporto): cercheremo di provvedervi, almeno in parte, con mezzi nostri. Nulla sembra sia stato stabilito per la parte economi·ca mentre, per consentire la vita di questo organismo, c'è bisogno di un bilancio per una spesa annua aggirantesi

sui 40 milioni di franchi albanesi. L'Albania vi provvederà nei primi mesi ma non potrà sicuramente far fronte a tale onere, anche con una nuova tassa sui sopraprofitti di guerra: tassa che potrà dare una diecina di milioni. Qui mi si dice (Maliq Bushati) che tutto era stato fatto sul presupposto del concorso italiano, ma nulla di impegnativo da .parte nostra mi risulta in proposito.

E proseguo: è stato abolito il P.N.F.A. che era una emanazione nostra. Con questo abbiamo creato parecchi spostati in nervosa attesa di decisioni. Il P.N.F.A. dovrebbe risorgere sotto il nome di G. della G.A.: ho la certezza che ne uscirà un cachetico prodotto a meno che non ci decidiamo anche per questo a mettere in bilancio parecchi nostri milioni.

E così via: vi sono molti nomi che dovrebbero far ritenere che esistono organizzazioni ma in realtà queste non funzionano o funzionano male, perché a tutto soprassiede l'intrigo e le necessità del continuo ripiego.

In sostanza: molta teoria e poca pratica, all'infuori di coloro che hanno tratto profitto della situazione per affarismo personale.

Ritengo mio dovere mppresentare che ho la netta convinzione che se non provvederemo bene e celermente, andremo incontro a gravi fatti mentre siamo forse ancora in tempo per evitarli. Non sono allarmista di temperamento, sono anzi stato sempre giudicato fin troppo ottimista, ma ho l'impressione -confermata dall'opinione generale -che mai l'Albania si è trovata in così tristi condizioni di sfiducia e di disorientamento.

E non vorrei con questo presentarmi come il «salvatore » dell'Albania -la vera salvezza del Paese dipende da un solo fattore: l'andamento della guerra -ma solo per poter efficacemente contribuire a risanare questa grande ammalata, anche perchè è impressione generale (di italiani e di albanesi) che siamo all'ultimo esperimento: ad esso non dobbiamo mancare. Ma occorre precisare che per questo necessita che in Albania agisca sostanzialmente una volontà unica, pur stabilendo nella forma e nella procedura tutte le distinzioni che si vogliono.

Nell'accluso promemoria (l) sono stati trattati i vari punti che possono interessare l'argomento: fra l'altro richiamo l'attenzione sulla necessità che io abbia un complesso di organi consulenti senza i quali non sarebbe possibile la mia azione, direttiva e di controllo, sul Governo albanese.

(l) Non pubblicata.

179

L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 10196/121 P. R. Shanghai, 2 aprile 194.1, ore 6 (per. ore 20,30).

Telegramma di V. E. n. 94 (2) pervenuto la mattina di ieri, mi ha permesso firmare senza riserva alle ore 16 dello stesso giorno atto e note integrative concernenti retrocessione diritti amministrativi quartiere diplomatico Pechino.

(:l) Vedi D. 163.

Questa prima attuazione del nostro gesto po11ti•co compiuto insieme al Giappone in una ri<:orrenza solenne ha ottenuto perfettamente gli scopi che esso aveva per noi. Ci ha infatti permesso:

l -di riaffermare linea di condotta adottata sino dai primi giorni dell'incidente e dimostrare alla Cina che l'Italia le rimaneva sempre accanto nelle fasi più importanti della sua evoluzione;

2 -di dare una prova di amicizia e di comprensione alla Cina ed al Giappone;

3 -di chiedere, compiuto il gesto con sollecitudine che ha superato l'attesa, che per le altre note questioni che ci [interessano] si lasci quella libertà di decisione che la situazione comporta.

A richiesta di questo Ministro degli Affari Esteri assicuro V. E. del completo vivo apprezzamento del nostro gesto da parte del Governo Nazionale Cinese e della gratitudine personale del Presidente e sua.

A questo Ministro Affari Esteri ho nel modo più esplicito dichiarato che, in base appunto alle tanto favorevoli ripercussioni del nostro atto, R. Governo era certo elle il Governo cinese non avrebbe sollecitato altre decisioni, decisioni che il Governo italiano doveva ponderare tenendo ,conto dell'attua:le situazione e dei suoi sviluppi, e per le quali si riservava pertanto di scegliere quel momento che più considerasse opportuno.

Questo Ministro Affari Esteri cercando dimostrare che alto riconoscimento nostro e eventuali rinunzie non avrebbero potuto intaccare che •superficialmente i nostri maggiori interessi e in nessun modo riflettersi sulle nostre forze armate ha finito, in seguito alla •completa esposizione degli argomenti prospettati da v. E. nel telegramma n. 86 (1), per prendere atto dei desideri del

R. Governo cordialmente assicurandomi !della sua buona volontà sempre ed in ogni circostanza: adombrando tuttavia la riserva, che non ho raccolto, di pressioni da parte del Giappone alle quali gli fosse impossibile sottrarsi.

Telegrafato Roma e Tokio.

(1) Non pubblicato.

180

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO

T. S. N. p. 11249/172 P.R. Roma, 2 aprile 1943, ore 24.

Peric ha segnalato tensione determinatasi tra codesta Legazione e Lorkovic. Abbiamo tenuto attegg~amento riservato pur facendogli ·comprendere •che avevamo gravi motivi di dolerci di atteggiamenti personali del Lorkovic nei nostri riguardi. Sono d'avviso che .convenga evitare di fare apparire H Lorkovic una nostra vittima il che non potrebbe che creargli della popolarità. Occorre invece

farlo cadere su questioni interne. Quanto da Voi segnalato col Vostro 280 (l) è più che sufficiente a tal frine. È in questo senso e su questo terreno che Voi potrete utilmente manovrare (2).

(l) Vedi D. 150.

181

IL MINISTRO A LISBONA, FRANSONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 2211/664/041 R. Lisbona, 2 aprile 194.1 (per. l'B).

Secondo informazioni .pervenutemi tramite un ufficiale addetto a questo Ministero della Guerra, l'Addetto Militare della Legazione del Portogallo a Londra avrebbe inVliato recentemente un rapporto sulla situazione generale europea di cui i puntì principali sarebbero stati i seguenti:

l) gli anglo-americani sferrerebbero entro il corrente mese di aprile o ai primi di maggio un attacco all'Italia, iniziandolo ·con un violento bombardamento aereo specie sulle isole (Sardegna e Sicilia), allo scopo di tagliare la possibilità di un ritiro delle truppe dell'Asse dalla Tunisia, nel caso che le operazioni mmtari in corso in Africa volgessero !decisamente a loro vantaggio;

2) i cosidetti «malintesi~ fra Mosca e gli anglo-americani sarebbero una «finta~ allo scopo di far credere a Berlino che vi sia la speranza di un accordo 'Con Mosca, e quindi di ritardare o alleggerire la controffensiva tedesca in preparazione e dar così modo ai soviet di ricevere gli aiuti americani e di allestire nuove forze per sferrare l'offensiva estiva che dovrebbe 'Costituire la « sorpresa ~ !decisiva della campagna orientale;

3) la propaganda comunista in Inghilterra diventa sempre più forte.

182

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2269/030 R. Bucarest, 2 aprile 1943 (per. il 10).

Mihai Antonescu mi ha detto di aver ricevuto un telegramma di Camarachescu nel quale quest'ultimo riferisce che V. E. parlandogli dell'iniziativa turca d'un patto di solidarietà balcanica (3) gli avrebbe detto che «non vedcn la

ragione per la Romania di aderire ad una simile iniziativa nun essendo essa una Nazione Balcanica».

Antonescu mi ha pregato di dirVi 'Che Vi è grato di una simile dichiarazione e mi ha incaricato di precisarV'i che «la Romania non ha interessi speciali nei Balcani; ~che essa aderirebbe ad una solidarietà balcanica solo se potesse unirsi agli interessi balcanici dell'Italia».

Il Presidente ha aggiunto che nel memorandum del 23 aprile 1941 O) presentato a Roma egli ha menzionato gli interessi balcanici romeni ma ha chiarito che la Romania non intende fare una politi-ca speciale sua in questa regione dell'Europa ma unirsi nella sua azione a quella dell'Italia.

«La futura Europa -ha precisato Antonescu -si dovrà occupare non solo dell'equilibrio delle razze ma anche del potenziale industriale dei popoli e allora gli interessi dell'Italia non potranno tra:scurare !i Balcani.

Una Unione Balcanica di tipo antico è non solo irrealizzabile ma respinta da noi. Quando parlo di politica e di posizione romene nei Balcani non intendo dissociarle in nessun caso dalla politica italiana».

(l) -Con T.s.n.d. 2024/280 del 30 marzo ore 15, non pubblicato, Casertano aveva riferito che la polizia aveva effettuato vari arresti per esportazione clandestina d! metalli preziosi In cui erano !mpl!cat! alcun! stretti collaboratori d! Lorkov!c. (2) -Per la risposta da Zagabr!a vedi D. 189. (3) -Vedi D. 56.
183

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL CAPO DELLO STATO SPAGNOLO, FRANCO

L. P. (2). Roma, 2 aprile 1D43.

Con la mia lettera del 14 febbraio (3) Vi ho espresso il mio più cordiale ringraziamento per il messaggio inviatomi a mezzo del Vostro Ambasciatore Cuesta.

Questa lettera Vi è portata oggi dal nuovo Ambasciatore d'Italia a Madrid Marchese Paulucci di C al boli ( 4), che gode intera la mia fiducia, e al quale ho dato incarico di riaffermarVi, a viva voce, i sentimenti di tutto il popolo italiano di ammirazione profonda per Voi e per l'opera Vostra, di simpatia e piena solidarietà per la Spagna Falangista che ha cementato la sua amicizia con l'Italia Fascista nelle prove sanguinose della lotta anti-bolscevica.

Sugli attuali avvenimenti di guerra e sui loro prevedibili sviluppi non credo dover aggiungere nulla a quanto Vi ho scritto nella lettera precedente. Sono anche prevedibili le difficoltà che a Voi, Capo di una Spagna forte e unita sotto il segno della Falange, susciteranno gli anglo-americani alleati del bolscevismo.

Sono sicuro che l'arrivo del nuovo Ambasciatore d'Italia a Madrid rafforzerà e renderà ancora più efficiente la colleganza e la stretta collaborazione fra i nostri due Paesi.

Vi riconfermo, caro Caudillo, i miei voti più fervidi per il popolo spagnolo e per Voi, con l'espressione della mia personale indefettibile amicizia.

(l) -Vedi serie nona, vol. VII, D. l. (2) -Minuta con alcune correzioni autografe di Mussolini. (3) -Vedi D. 21. (4) -Vedi D. 249.
184

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 4856. Berlino, 2 aprile 1943 (U.

Il ciclo di operazioni al fronte orientale, iniziato nel maggio 1942, ha trovato in questi giorni la sua conclusione.

L'ultima fase, nella quale i due eserciti contrapposti hanno duramente lottato per ·assicurarsi vantaggi prima che il dialogo imponesse la pratica sospensione di ogni attività, è stata caratterizzata dalla battaglia di arresto sferrata lda1i tedeschi.

Come riferivo nel rapporto 3216 del 5 marzo (2), l'Alto Comando germanico era riuscito alla fine di febbraio a schierare nei punti più mina·cciati del fronte nuovi gruppi mobili dd riserve, con le quali aveva potuto arrestare le forze sovietLche •che minacciavano il bacino del Donez e, dilagando ad ovest di Charkow, si sforzavano di raggiungere i pa,ssaggi del Dnjepr.

Questa azione poteva dirsi conclusa il 3 marzo, quando lo Stato Maggiore tedesco dichiarava la situazione nel complesso ristabilita.

Conveniva ev~dentamente profittare delle poche settimane durante le quali il terreno sarebbe stato ancora praticabile, come pure della crisi dd rifornimenti di ·cui si vedevano segni nelle file avversarie, per assicurarsi il possesso di una linea meglio difendibile ed atta altresì a costituire una base per le operazioni future. Tale era quella Kursk-Charkow-fiume Donez-fiume Mius: ed immediatamente ebbe inizio la battaglia per la sua conquista.

Il possesso della sponda destra dei fiumi Mius e Donez venne rapidamente seppure sanguinosamente assicurato. Il nemico aveva ritirato da questo settore numerose unità per alimentare lo sforzo principale oltre Charkow; sicché l'attacco germanico riuscì in breve tempo ad eliminare le infiltrazioni, distruggere le teste d.i ponte e costituire una linea sa1da e munita.

L'8 marzo si iniziavano le operazioni per la conquista del settore CharkowKursk, dove i russi opponevano una resistenza oltremodo tenace impegnando perfino truppe richiamate in gran fretta dalla Finlandia.

Il disperato tentativo di resistenza nemica, gravemente ostacolato ~ a quanto si ritiene ~ da crescenti difficoltà di rifornimenti, doveva piegare di fronte alla energica azione delle truppe di von Manstein: dopo soli quattro giorni di lotta la divisione della Guardia del Fiihrer penetrava in Charkow mediante duri combattimenti strada per strada e casa per casa.

Mentre queste forze puntavano ancora ad est per assicurarsi il possesso di un'ampia zona di si·curezza attorno alla città occupata, aveva inizio il 15 marzo, da parte di altre forze tedesche, l'attacco su Belgorod, caposaldo meridionale delle difese di Kursk, e su Sewsk, che ne rappresentava il baluardo settentrionale; delineando in tal modo una vasta manovra a tenaglia.

La battaglia per Be!gorod, a quanto consta cruentissima, fu coronata da successo dopo sei giorni. Quella per Sewsk poté concludersi vittoriosamente soltanto in un tempo di parecchio superiore al previsto.

Lo sforzo compiuto ed il disgelo sopraggiunto resero necessaria la sospensione delle operazioni e quindi la rinuncia alla azione su Kursk.

In pari tempo le forze tedesche erano fortemente impegnate anche in altri tre settori del fronte orientale.

Al centro, dove i russi rinnovavano incessantemente gli attacchi su Orel e potevano venire arrestati soltanto mediante l'energico intervento di forze corazzate.

A nord, dove il 20 marzo i russi iniziavano l'azione da tempo prevista. L'urto bolscevico, per quanto violento, si infrangeva tuttavia contro le posizioni a sud del Lago Ilmen, senza raccogliere successi rilevanti.

Si svolgeva infine, per iniziativa dell'Alto Comando germanico, una difficile operazione per l'accorciamento del fronte nel settore di Smolensk: operazione che quasi si perde nella vastità della fronte e nel fragore delle battaglie che in essa si svolgono, ma le cui proporzioni sono di gran lunga maggiori di quella compiuta nel 1918 al fronte francese e che destò allora tanto interesse. In venti giorni circa, con regolarità di movimenti ed esattezza di tempi mantenute dal principio alla fine, le truppe germani·che, riuscendo a tenersi seiiilpre fuori della pressione nemica, hanno proceduto ad un vasto movimento di conversione ed accorciato il fronte per oltre 150 chilometri.

In tale occasione dovevano peraltro venire abbandonate Rjew e Wjasma, considerate fino allora le basi di partenza per l'eventuale azione su Mosca e difese durante l'inverno scorso a prezzo di gravi sacrifici.

Mentre da qualche giorno ormai lo Stato Maggiore tedesco compendia nelle sue relazioni le sporadi-che azioni locali, che ancora si svolgono, con il -laconico «nulla di particolare da segnalare», è possibile esaminare i risultati di questa battaglia di arresto, i •cui riflessi tanta importanza potranno esercitare sull'ulteriore sviluppo delle operazioni al fronte est.

La battaglia ha permesso ai tedeschi di migliorare decisamente la situazione esistente alla fine di febbraio, dopo l'esaurirsi del grande attacco russo. Non sembra abbia per contro permesso il conseguimento di tutti gli scopi auspicati.

Gli aspetti positivi sono essenzialmente due: la riconquista di Charkow e l'assicurato possesso del bacino del Donez.

Charkow rappresenta una base di eccezionale importanza strategica che, se rimasta in mano ai russi, avrebbe 'costituito una costante minaccia in direzione del Dnjepr, ostacolando di conseguenza ogni operazione fra il Donez e il Mar Nero. In mano germanica, :costringe per contro il nemico ad una seria difensiva nel tratto Donez-Don, impegnandovi forze notevoli. Non per nulla il Comando bolscevico fece l'impossibile, dapprima per tentarne la conquista, successivamente per mantenerla in sue mani.

II bacino del Donez costituisce per i tedeschi non soltanto l'antemurale della Crimea, ma altresl la base di partenza per ogni eventuale azione su Rostow, la cui importanza strategica per lo svi'luppo della campagna in Russia è considerata essenziale e che rappresenta comunque un importantissimo centro di rifornimenti minerari.

Gli aspetti negativi sono pure due: la mancata conquista di Kursk; la mancata eliminazione della minaccia sovietica su Orel.

Tali obbiettivi, a quanto si afferma, dovranno venire non appena possibile raggiunti: il loro raggiungimento appare tanto più difrtcile in quanto il nemico sembra ormai avrà tempo e modo di sistemarsi saldamente a difesa.

In sostànza il «fronte economico», che i tedeschi speravano raggiungere attraverso le successive ritirate dell'inverno, ha potuto venir costituito soltanto in taluni settori: la situazione, dopo lunghi mesi di operazioni, non sembra prestarsi ancora alla difesa definitiva di un fronte più o meno stabilizzato. accorrerebbero altre offensive di assetto per raggiungere i ca,pi:saldi mancanti e riunirli fra loro in catena; offensive che lo Stato Maggiore germanico non ritiene potranno portare successo, senza il dispendio di forze notevoli.

Questa necessità di completare nella primavera ventura la linea difensiva, ed il fatto che i grandi sbocchi offensivi strategi'Ci (Rostow: verso il Caucaso; Voronesch: verso il Don; Rjew e Wjasma: verso Mosca) non siano più attualmente in mano tedesca, provocano qualche preoccupazione -a quanto mi viene segnalato -anche in ambienti dell'Alto Comando germanico: per l'eventualità che il Fti:hrer, secondo quanto egli stesso va affermando, ordini la ripresa dell'offensiva a fondo per la prossima estate. In tali ambienti non si cela il timore che questa nuova offensiva -il cui campo di azione sembra dovrebbe essere ancora una volta il settore meridionale -possa rappresentare una nuova fMe di quel movimento «pendolare», al quale da due anni si assoggettano gli eserciti del Reich con i risultati noti; e c'è chi paventa che, malgrado le dure lezioni ricevute, la suprema condotta delle operazioni possa essere ancora una volta influenzata da criteri politici.

In o.gni caso negli ambienti medesimi -secondo mi riferiscono nostri ufficiali -si riterrebbe difficile raggiungere tempestivamente, partendo dalle posizioni attualimente tenute, i centri di importanza militare ed economica vitale per l'avversario: e sopratutto di mantenerli dopo una eventuale conquista. Nella guerra contro la Russia -si torna sia pur timidamente ad affermare, come non pochi esperti affermavano prima dell'estate 1941 -l'occupazione di territori rappresenta un peso ed un pericolo. La possibilità di vittoria sta nell'agganciare e distruggere gli eserciti avversari, la cui abilità nelle ritirate si è confermata eccezionale.

E, in considerazione di ciò, c'è anche colà chi ora si chiede se non converrebbe piuttosto attendere dietro una linea difensiva ben presidiata l'urto degli eserciti bolscevichi, per agganciarli e batterli con la superiorità «qualitativa » delle forze tedesche.

Per quanto concerne infine l'attuale capacità bellica russa, vengono fatte dallo Stato Maggiore germanico le seguenti osservazioni. Il valore combattivo della fanteria sovietica, si afferma, è diminuito nell'attacco a cagione del materiale umano meno scelto e dell'insufficiente addestramento. Tranne singoli reparti di giovani comunisti, le fanterie senza carri armati attaccano ora con minore slancio. Il peso principale degli attacchi è sostenuto dalle forze corazzate e dall'artiglieria, che sono effettivamente in continuo aumento numerico, ma il cui impiego sarebbe ostacolato dall'insuffieiente addestramento degli equipaggi. Le forti perdite degli ultimi mesi hanno aggravato la situazione degli effettivi: talché si è reso necessario ,chiamare la classe 1926, rastrellare il personale civile, impegnare anche nei servizi al fronte la mano d'opera femminile, nonché masse di lavoratori cinesi. La qualità del materiale avrebbe parimenti subito un peggioramento, sopratutto per quanto concerne i carri armati. I mezzi di collegamento scarseggiano e la situazione dei trasporti si è fatta più seria. Nessuna arma nuova sarebbe stata impiegata.

Per quanto mostrino di considerare le notizie di cui sopra rispondenti allo stato effettivo delle forze avversarie nel momento attuale, i circoli 'Competenti germanici ammettono tuttavia che le masse di uomini le quali potranno venir schierate da parte nemica in un prossimo futuro saranno senza dubbio ancora superiori a quelle di ,cui verranno a disporre gli eserciti del Reich.

A parte l'addestramento, che resterà sempre migliore di quello russo, il soldato germanico, si afferma, ha però tuttora un morale altissimo e sopratutto radicata la convinzione della propria superiorità sull'avversario.

L'abilità della direzione della guerra, si conclude, dovrà palesarsi mettendo le truppe germaniche in condizione di approfittare della propria superiorità morale, di addestramento e di armamento, in una parola della propria superiorità qualitativa; evitando che tali elementi di forza possano disperdersi in una nuova caccia all'inafferrabile avversario, attraverso gli spazi sconfinati Cl).

(l) -Manca l'indicazione della data d'arrivo. (2) -Vedi D. 84.
185

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

PROMEMORIA. Roma, [3 aprile 1943] (2).

L'accenno alla salvaguardia dei reciproci interessi alla ,collaborazione europea -contenuto nel comunicato emesso dopo la visita a Roma del Ministro von Ribbentrop (3) -ha avuto una notevole risonanza in tutti i Paesi d'Europa. Era un accenno assai vago, eppure esso è stato ansiosamente raccolto, poiché in esso è sembrato di intravvedere finalmente un elemento dl ·chiarificazione nella politi'ca delle Potenze dell'Asse, una prima fol'lmulazione, sia pure generica, degli intendimenti di queste Potenze a prendere in considerazione per la futura sistemazione dell'Europa non solo i propri interessi, ma anche quelli dei loro minori alleati, dei paesi neutri, e degli stessi paesi nemici. i quali un giorno dovranno pure coìlaborare alla ricostruzione della nostra tsocietà civile. Noi abbiamo avuto la prova in questa occasione di quale vitale importanza sia il problema che il Duce ha sollevato nei suoi colloqui con il signor von Ribbentrop, quale alto e urgente interesse noi abbiamo a uscire dalle formule troppo complesse o troppo astratte con le quali noi abbiamo finora indicati i nostri

scopi di guerra, per definire poi concretamente una politica, nella quale i popoli europei possano trovare una base di orientamento, e una certa assicurazione per quelli che saranno nell'avvenire i loro destini.

Di queste necessiti si è fatto interprete anche il signor de Kallay, nei colloqui che egli ha avuto di recente con il Duce (1), nel corso dei quali egli ha invocato una parola chiarificatrice che serva a dare un indirizzo politico alla guerra che i popoli stanno combattendo in questo momento, «una parola, egli ha detto, che serva per i grandi come per i piccoli Paesi alleati o neutri o nemici». La stessa invocazione ci è giunta da Bucarest.

E non è una invocazione diretta ad ottenere da noi alcune specifiche assicurazioni per determinati problemi di carattere locale, ma a far sì che la Germania e l'Italia traccino le linee generali di una politica, segnino una strada da seguire, oppongano a quelle che sono le formulazioni dei nostri avversari un programma politico, ·che valga a dimostrare come sia nelle intenzioni dell'Italia e della Germania di dare all'Europa non già una sistemazione che consista nella pura e semplice sopraffazione degli interessi delle Potenze dell'Asse su quelli degli altri popoli, ma che nel quadro di un ordine nuovo dia la garanBia che gli Stati minori potranno far valere i diritti della loro indipendenza e gli interessi della loro individualità nazionale.

Di questo particolarmente essi sono ansiosi. Ciascuno di essi ha alcuni specifici interessi da salvaguardare. Ma tutti -alleati, neutri, nemici -ne hanno uno in comune ed è l'interesse generale degli Stati minori ad un regime internazionale ·che garantisca la loro preservazione, interesse che essi riconoscono non solo per se stessi, ma in genere per tutti i pi·ccoli Stati i quali, pure se divisi da loro questioni particolari, tutti si sentono uniti in quella solidarietà che lega sempre i più deboli di fronte ai più forti.

Questo regime internazionale è quello che noi dobbiamo definire e formulare per dare un contenuto concreto a quel concetto che è stato accennato nel comunicato di Roma, e una interpretazione a quella nostra formula dell'ordine nuovo, che finora, nell'assenza di ogni chiarimento e assicurazione da parte nostra, è stata a poco a poco interpretata come una nuova veste del vecchio concetto dell'egemonia assoluta, in opposizione a quella concezione di autonomia, di indipendenza, di collaborazione di tutti i popoli che è espressa nella Carta Atlantica.

Noi sappiamo benissimo che nella Carta Atlantica si cela la politica imperialista ed egemonica degli Stati nostri avversari. Ma non possiauno per questo negare la portata psicologica di quel documento, al quale finora noi non abbiamo opposto assolutamente nulla. Non posssiamo negare che finora non abbiamo dato nessuna formulazione alle linee direttrici della nostra politica. Non possiamo negare che l'ansia con la quale tutti i popoli considerano l'incertezza dei loro destini, anzitutto per quello ·Che riguarda la propria indipendenza, non ha trovato in noi alcuna rispondenza.

Diverso è stato l'atteggiamento del nostro alleato di Estremo Oriente. Il Giappone ha conquistato in Asia territori immensi, e a mano a mano che ha

slargato la sua sfera di azione, ha avuto cura di dar forma politica a questa sua azione. Esso non ha rinunciato a nessuno degli scopi per i quali ha preso le armi, ma, perseguendoli, ha trovato modo di cointeressare a questi scopi le popolazioni dei territori che esso ha conquistati. Esso sta operando in Asia sopra un piano tmperiale nel quale viene non negata, ma sfruttata a vantaggio del Giappone quella che è sempre e dovunque la maggiore aspirazione di ogni popolo, e cioè la propria indipendenza, della quale esso si proclama garante e tutore.

Noi 'Ci troviamo icn Europa di fronte a problemi indubbiamente diversi da quelli di fronte ai quali si trova il Giappone. Ma è certo che il Giappone ha dato ai suoi problemi una impostazione politica, noi ancora no. Il risultato è che in Asia «l'ordine nuovo» ha già preso una certa forma, in Europa non ne ha ancora presa nessuna.

Gli Stati d'Europa -gli stessi nostri alleati per non dire dei neutri ed i nostri nemici -non sanno ancora minimamente su quali principi noi vorremmo impostare la sistemazione dell'Europa futura. E con questo, dove più abbiamo bisogno di sicurezza e di tranquillità, là noi abbiamo maggiore inquietudine. Ora è certo che noi non possiamo rimuovere tutte le cause di questa inquietudiGe. Non possiamo, per esempio, fissare le frontiere, che è quello che molti Stati desidererebbero all'incirca di conoscere. Se oggi noi ci mettessimo per esempio a stabilire sia pure sommariamente i futuri limiti degli Stati Balcanici, solleveremmo il malcontento di tutti e aizzeremmo contro di noi quella inquietudine che è nostro interesse calmare. Ma non vi è ragione di giungere a tanto. Vi sono formule generali che per il momento sono più che sufficienti al nostro scopo. Due punti, dopo tutto, interessano i piccoli Stati:

l0 ) l'assicurazione che noi rispetteremo la loro indipendenza, o la restaureremo al termine della guerra;

2°) l'assicurazione che quello che noi instaureremo al termine della guerra non sarà un regime di sopraffazione delle loro individualità nazionali, ma un regime di collaborazione.

Questi due principi noi abbiamo molto più dei nostri avversari la possibilità di inserir li nel quadro dei nostri scopi di guerra, per due fondamentali ragioni:

1°) perché i nostri avversari sono oberati dal peso della loro alleanza con il bolscevismo, che rappresenta di per sé stesso una minaccia alla effettiva indipendenza politica degli Stati;

2°) perché la nostra guerra, come Voi Duce avete sempre affermato, ha avuto come primo movente e come essenziale motivo ideale la distruzione di un ordine di cose iniquo e, come suo scopo, quello di una più giusta redistribuzione delle ricchezze del mondo che è la necessaria premessa di un regime di collaborazione.

Due lotte noi stiamo conducendo: una contro il bolscevismo e l'altra contro l'imperialismo britannico e americano. Per la prima noi abbiamo bisogno di far leva sullo spirito nazionale dei popoli. Per la seconda sull'aspirazione di questi popoli a maggiore benessere.

Non possiamo chiedere ai popoli che essi lottino contro il bolscevismo e nello stesso tempo privarli di ogni garanzia sul loro destino come Nazioni. L'esperienza insegna ·che la maggiore resistenza alle idee comuniste è stata sempre data dallo spirito nazionale, dall'attaccamento che i popoli hanno alle loro tradizioni, all'istinto di difesa che essi sviluppano contro chi attenta alla vita e alla continuità della loro storia nazionale. Noi stessi abbiamo fatto questa esperienza nel periodo 1919-1922, quando abbiamo abbattuto il bolscevismo italiano in nome degli ideali e degli interessi della Nazione. Se nei Paesi occupati oggi il comunismo ha una presa così forte, questo avviene perché i comunisti sono andati assorbendo, per così dire, lo spirito di indipendenza di quei popoli. Il comunismo si presenta in quei Paesi nel duplice aspetto di un movimento sociale e di un movimento nazionale. Alza insieme la bandiera dell'indipendenza e della rivoluzione, come fe·ce il liberalismo in Italia e in Germania nel secolo

XIX. E' nostro interesse separare queste due cause e opporre l'una all'altra. E' nostro interesse attirare a noi gli elementi che simpatizzano e favoriscono i comunisti solo in quanto ritengono che essi siano uno strumento nella lotta per l'indi·pendenza. questo non possiamo fare che dando loro la sicurezza che tale indipendenza sarà restaurata. Quando avremo fatto questo avremo separato gli interessi nazionalisti da quelli comunisti, e nei Paesi occupati avremo almeno due correnti, due idee, due forze motrici, che si contenderanno la prevalenza. Ma fino a quando non avremo operato una tale divisione, queste forze tenderanno a unificarsi contro di noi e noi stessi avremo facilitato i nostri avversari a superare le loro difficoltà, che oggi sono gravissime per l'opposizione intima che divide il programma bolscevico della Russia da quello sostanzialmente conservatore dei suoi alleati.

Una volta che noi avremo attratte a noi le correnti nazionali dell'Europa con l'assicurazione che noi rispetteremo le individualità nazionali noi abbiamo tutto un programma politico da offrire all'Europa. Non dobbiamo dimenticare che fascismo e nazionalsocialismo rappresentano due rivoluzioni che nell'ordine interno e nell'ordine internazionale puntano allo stesso obiettivo: quello di assicurare ai popoli una più alta giustizia. La nostra guerra -come Voi più volte Duce avete proclamato -ha un significato rivoluzionario. Non è una guerra combattuta per conservare dei privilegi e dei monopoli ma per distruggerli. E che significato avrebbe la formula «ordine nuovo~ se la guerra non avesse questo carattere? Ordine nuovo nel campo internazionale e nel campo snciale.

Con le nostre armi noi, facendo crollare il vecchio ordine imperniato sul monopolio economico dei popoli anglosassoni, miriamo ad aprire a tutte le nazioni la possibilità di una più equa distribuzione delle risorse del mondo. Con il nostro esempio noi diamo un IIllodello pratico di quelle riforme sociali del quale tutti i popoli possono spontaneamente avvantaggiarsi. Non si tratta di imporre a nessuno con le armi il regime fascista o nazionalsocialista, ma noi abbiamo dei principi e delle idee che le masse lavoratrici degli altri paesi hanno un proprio e spontaneo interesse a far valere.

Se il problema è impostato così noi possiamo benissimo pronunciarci in favore di alcuni principi generali. E tra questi: l) il riconoscimento del diritto che ciascun popolo ha ad organizzarsi e governarsi a proprio modo;

2) il riconoscimento del diritto che ciascun popolo ha a partecipare ad una equa distribuzione delle risorse del mondo;

3) il riconoscimento del diritto che ciascun popolo ha ad una legislazione che assicuri i principi della giustizia sociale a parità di condizioni con gli altri popoli.

Non solo non vi è in questi principi nulla che urti contro gli scopi della guerra che noi combattiamo, ma anzi essi coincidono, come detto più sopra, con il carattere e il significato della nostra duplice lotta quale Voi, Duce, l'avete più volte definita.

Al bolscevismo che minaccia di travolgere in una marea distruttrice le Nazioni di Europa, noi opponiamo la preservazione della individualità di queste nazioni. Alla plutocrazia anglo-americana che minaccia di asservire l'Europa agli interessi di una egemonia economica noi opponiamo il concetto di un'equa e libera distribuzione e utilizzazione delle risorse, delle energie produttive, delle vie di comunicazione del mondo.

Soprattutto con la formulazione di un programma di sistemazione dell'Europa noi riprendiamo in mano l'iniziativa politica, uscendo da quello stato di passività nel quale dal giorno della dichiarazione anglo-americana noi ci siamo sostanzialmente tenuti.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolinl. (2) -La data è stata desunta da G. BASTIANINI, Uomini fatti cose: Memorie di un ambasciatore, Milano, Vitagliano, 1959, pp. 91-92. (3) -Vedi D. 61, nota 2 di p. 86.

(l) Vedi D. 176.

186

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 1206/420. Zagabria, 3 aprile 1943 (per. il 9).

Mi onoro rimettere all'E. V. il testo del Verbale di una riunione che ha avuto luogo il 2 corrente presso Kasche (1), per concordare con lui, presenti i Generali Re e Glaise, una linea d'azione comune in materia militare ed interna nei riguardi della Croazia.

Fra qualche giorno ci riuniremo nuovamente per concretare col Ministro croato della Giustizia e dei Culti e col Sottosegretario croato agli Approvvigionamenti, sulla base anche dei dati che essi ci forniranno, i provvedimenti governativi intesi ad accelerare il passaggio alla fase di normalizzazione del Regime ustascia.

Nella esposizione che ho fatta della situazione, come rilevasi dal Verbale allegato, :mi sono attenuto alle direttive del Duce impartitemi il 13 febbraio scorso (2), in tema di politica interna: «Dite a Pavelic che desista dalla lotta contro gli ortodossi, non soltanto per ragioni di umanità ma perché è un grave errore, se egli vuole che la Croazia viva e il suo Regime non perisca».

Per ovvie ragioni non è stata inclusa nel verbale una proposta fatta da Kasche, d'accordo con Glaise, tendente a trattare la questione militare ed interna col Ministro degli Affari Esteri.

Da tale proposta, tanto Kasche che Glaise hanno desistito, dopo che io ho messo in rilievo il tenace accanimento di Lorkovic ·contro gli ortodossi: ho ricordato fra l'altro che egli ha promosso la compilazione del «Libro Grigio» croato, apparso qualche mese fa, la cui ripercussione è stata nettamente negativa, perché ha inasprito la lotta religiosa tra cattolici e ortodossi, determinando nuovi esodi di numerosi elementi validi verso il campo partigiano. I miei interlocutori hanno convenuto nella inopportunità della iniziativa.

A Kasche e a Glaise ho fatto presente che non possiamo tollerare che Lorkovic tratti questioni militari:

l) perché è incompetente; 2) perché ha svolto e continua a svolgere azione di svalutazione, per non dire di denigrazione, del R. Esercito italiano: costantemente egli si adopera affinché non venga valorizzato e conosciuto dall'opinione pubblica in Croazia il grande contributo militare, di valore e di sangue, dato dalle nostre Forze Armate, durante due anni di lotta. È stato perciò, di comune intesa, stabilito di trattare la importante questione, già impostata fra noi, col Ministro della Giustizia e dei Culti, Artukovic, mentre l'argomento militare forma oggetto di accordi pratici tra i Generali Re e Glaise e lo Stato Maggiore croato (l).

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 24.
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IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. CONFIDENZIALE 1463. Parigi, 3 aprile 1943 (per. l'B).

Come si ricorda e come il R. Ministero fu a suo tempo informato (mio telegramma n. 437 del 25 novembre) CD, il Presidente Lavai, dopo gli avvenimenti del novembre dell'anno scorso (invasione anglo-statunitense del Nord Africa, occupazione da parte dell'Asse della Francia «libera» etc.), ·chiese e, dopo qualche difficoltà, ottenne di recarsi in Germania per incontrarsi col Fiihrer. L'incontro ebbe luogo il 19 dicembre. Lo scopo di Lavai era quello di discutere una serie di quistioni interessanti i rapporti dei due paesi, e di ottenere determinati affidamenti e «concessioni» per rendere la «politica collaborazionista» più accettabile ai francesi. Alle « concessioni» sempre richieste (miglioramento del trattamento dei prigionieri, attenuazione della linea di demarcazione, diminuzione delle spese di occupazione) Lavai aggiunse questa volta la domanda di una « dichiarazione » dell'Italia e della Germania sulla posizione della Francia in Europa dopo la vittoria (mio telegramma n. 478-79 del 16 dicembre) (3).

Zù --· Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

2. -Voi, Eccellenza, conoscete come l"ìncontro di Laval col Fuhrer si sia svolto, come il Fuhrer abbia mosso gravi rimproveri alla Francia e ai francesi per il loro atteggiamento verso la Germania, e come si sia rifiutato di dare a Lavai le promesse richieste, e di fare delle «concessioni» (1). Il Fiihrer tuttavia ebbe a distinguere tra Francia e Lavai, non negando a quest'ultimo una certa fiducia e concludendo che l'attendeva alla prova dei fatti. - 3. -Prima del viaggio di Lavai in Ge~·mania, tutte le quistioni che egli si riprometteva di trattare col Fiihrer erano state oggetto di scambi di vedute tra lo stesso Lavai e queste Autorità germaniche. Successivamente al viaggio (gennaio 1943), e per talune di esse il Fuhrer fece rimettere al Capo del Governo francese una serie di <<decisioni». Il relativo documento, al quale noi demmo la nostra adesione per la parte che ci riguarda (telegramma di codesto R. Ministero n. 45081 P. R. del 2 gennaio) (~). ha costituito da allora come una specie di « c.arta » dei rapporti franco-tedeschi e ha servito di riferimento per le discussioni svoltesi dal gennaio in poi tra queste Autorità germaniche e il Governo francese. 4. -Tali discussioni, non sempre facili, hanno portato per taluni punti a dei risultati concreti.

Lavai ha cosi ottenuto l'attenuazione della linea di demarcazione, qualche facilitazione per le comunicazioni coi Dipartimenti del Nord e del Pas-de-Calais, delle agevolazioni pei prigionieri. Si è trattato, come si vede e come è stato a suo tempo rilevato, di «concessioni» di scarsa portata.

A sua volta, la Germania ha ottenuto che il Governo francese e la Banca di Francia rinunciassero alle difficoltà che facevano all'aumento delle spese di occupazione da 300 a 500 milioni di franchi al giorno; e, più importante ancora, ha ottenuto che fossero fatti partire entro il 31 marzo altri 250 mila lavoratori, ricorrendosi anche a mezzi coercitivi.

Altre quistioni restano in sospeso, tra cui quelle che riguardano la ricostltuzione di. una «forza armata francese>> e l'altra relativa a una «dichiarazione» sulla posizione della Francia in Europa dopo la vittoria dell'Asse. Su quest'ultimo punto, e a quanto mi si è detto a quest'Ambasciata di Germania, Berlino si mantiene tuttora negativo nonostante le insistenze francesi.

Nei fogli allegati (3), a conferma e complemento delle informazioni di volta in volta fornite, è stato schematicamente indicato lo stato attuale delle varie quistioni. L'esposizione allegata, per quanto di sua natura arida, può rappresentare una utile messa a punto (4).

(l) -Il presente docun:ento reca il visto di Mussollnl. (2) -T. per telefono 7449/437 R. del 26 novembre 1942, ore 1,30, non pubblicato. (3) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 412. (l) -Vedi serle nona, voi. IX, D. 430. (2) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 456. (3) -Non pubblicati. (4) -Il presente documento reca il visto di Mussolini.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO

T. S.N.D. 11406/182 P.R. Roma, 4 aprile 1943, ore 1.

Mi riferisco al Vostro telegramma 024 e ai Vostri precedenti rapporti sullo stesso argomento (1).

Approvo linea di condotta da Voi adottata e linguaggio tenuto con la parte tedesca. Mi riservo alla prima occasione di intrattenere opportunamente Ribbentrop in merito a quanto ha formato oggetto delle vostre recenti conversazioni.

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IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T S.N.D. 2159/395 R. Zagabria, 4 aprile 1943, ore 19,30 (per. ore 19,45 del 5).

Telegramma di V. E. 172 (2).

Posizione Lorkovic è fortemente compromessa per azione da noi svolta (non si tratta di tensione come ha voluto fare intendere Peric), per tutt'una serie di proteste su motivi irredentistici da me inviate a questo Ministero degli Affari Esteri, e ultimamente al Poglavnik, per ordine di V. E. e fatti occorsi anche ultimamente. Vieppiù compromesso per questioni contrabbando che involgono sua grave responsabilità per lo meno indiretta.

Crisi di Governo si estende ad altri ambienti e personalità ed è perciò passata da tempo sul piano interno. Tuttavia non può prevedersi che caduta Lorkovic possa aver luogo presto e soltanto per ragioni interne:

0 ) perché sono tuttora in corso indagini e interrogativi per esportazione valuta da parte alti funzionari croati;

2°) perché altri Ministri sarebbero coinvolti o hanno commesso l'errore di rendersi solidali con Lorkovic;

3°) perché organi ufficiali tedeschi in ogni circostanza cercano senza riguardi di sostenerlo.

Caduta Lorkovic è quindi da considerarsi allo stato attuale improbabile perché subordinata a tutti questi fattori.

Mi atterrò alle istruzioni di V. E., astenendomi sino nuovo ordine dal compiere ogni altro passo sia verso Governo croato sia verso organi germanici che potrebbero, direttam:mte o indirettamente, sembrare rivolti a determinare quanto prima possibile sostituzione questo Ministero Esteri.

Informo ad ogni buon fine che il Poglavnik mi aveva confessato di mantenere fermo atteggiamento nei riguardi alcuni suoi Ministri, Lorkovic compreso. Egli li avrebbe già sostituiti qualora avessero avuto «la delicatezza di rassegnare dimissioni in seguito alla losca attività loro maggiori dipendenti».

Poglavnik mi aveva anche avvertito del passo svolto a Roma (telegramma sopracitato) «per intrigo Lorkovic-Peric a sua insaputa» e del quale era poi venuto a conoscenza prendendo visione di un rapporto telegrafico di Peric. Ho riportato precisa impressione che abbia bisogno di sentirsi ulteriormente appoggiato da parte nostra (1).

(l) -Vedi D. 173. (2) -Vedi D. 180.
190

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 2186/025 R. Zagabria, 4 aprile 1943 (per. il 6).

Mio t:"legramma odierno n. 395 (2).

Poglavnik mi ha confidato che tutte le manovre tendenti a isolarlo nella sua azione di governo e a impedirgli di svolgere politica chiara e leale nei nostri riguardi, stroncando manovre irredentistiche di qualunque genere, « sono ispirate e dirette, anche con mezzi finanziari, da Kosak ». Gli risulta che questi, di ritorno dal suo viaggio a Berlino nello scorso gennaio, ha dichiarato a suoi amici (qualcuno dei quali ha poi riferito al Poglavnik) che «la politica croata deve decisamente orientarsi verso Berlino, passando per Vienna, e che la questione adriatica dovrà essere risolta in senso totalitario a favore della Croazia».

Ho compreso che il Poglavnik, oltre a quanto mi ha detto, abbia particolari motivi, anche dipendenti dal suo personale prestigio di Capo del Governo che praticamente ha la Reggenza dello Stato, per non vedere di buon occhio le ingerenze di Kosak nella politica croata e di diffidare dei suoi intrighi all'interno ed all'estero per il fondato sospetto che Kosak cerchi prima o poi di sostituirsi a lui di fatto o di diritto.

Quanto ho sopra riferito è soltanto una parte di quello che il Poglavnik potrà forse ulteriormente ·confidarmi.

Ho mantenuto, nell'ascoltare, un atteggiamento riservato, mostrando anche un certo stupore per le rivelazioni fattemi; ho tuttavia ringraziato il Poglavnik per la fiducia dimostratami, trovando modo di fargli comprendere che egli può contare sull'appoggio dell'Italia.

(l) -Per la risposta di Bastianini, vedi D. 200. (2) -Vedi D. 189.
191

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2327/027 R. Ankara, 4 aprile 1943 (per. il 12).

Vi ho riferito, col mio telegramma n. 167 del 29 marzo scorso (1), le manifestazioni ottimistiche fattemi da Saragioglu circa la situazione in Russia. Mi corre l'obbligo però di farvi presente che tali manifestazioni corrispondono più a speranze che a dati di fatto o ad informazioni sicure di cui il Governo turco sia in possesso.

In realtà, malgrado che la Turchia dovrebbe essere il paese che, per la sua ubicazione geografica e per le sue attuali condizioni politiche, potrebbe meglio rappresentare per noi tanto una sorgente di notizie ,come un eventuale punto di contatto con la Russia, ho dovuto constatare da tutte le conversazioni avute in questi primi giorni con elementi turchi e rappresentanti stranieri che assai poco per non dire nulla si sa qui delle vere condizioni in cui si è venuto a trovare l'esercito russo dopo la poderosa e vittoriosa offensiva invernale contro la Germania, e meno ancora si conosce quale sia lo stato della produzione bellica sovietica. Il pessimismo e l'ottimismo che gli uni e gli altri manifestano è pertanto frutto di impressioni e ragionamenti di ,carattere personale ma non di elaborazione pratica di notizie attendibili provenienti da fonti più o meno sicure. L'Ambasciata sovietica ad Ankara è impermeabile: molto probabilmente essa non ne sa più di noi. A Kuybishev le missioni diplomatiche sono del tutto isolate. Stambul è invece un centro di «voci» disparate come è uso di tutti i bazar orientali. Anche i nostri servizi di informazione sono a volte in contatto con russi bianchi colà residenti (i soli del resto che possano avvicinare) ai quali però sarebbe ingenuo prestar fede.

E, pertanto, come la Russia rappresentò per i tedeschi un amaro disinganno sin dal principio della loro campagna offensiva, essa può riservare oggi ancora molte sorprese. Non manca chi afferma qui che i russi si dispongono a prevenire tra breve la progettata offensiva tedesca della prossima estate e che si trovano in condizioni di farlo. Certo, se un semplice sguardo alla carta geografica dimostra quanto sia difficile distruggere degli eserciti che gradatamente si ritirano o quanto sia inutile ai fini della guerra occupare delle vaste estensioni di territori senza paralizzare la forza militare e produttiva di un paese immenso come la Russia, non si può negare che ove lo sforzo tedesco si concentrasse verso la zona del Caucaso e riuscisse a conquistare i campi petroliferi, questo sarebbe l'unico modo di far inclinare il Governo sovietico a dei negoziati di pace.

Ma la politica turca, pur essendo assolutamente dominata dalla preoccupazione di quanto potrà accadere in Russia nei prossimi mesi e dalla necessità di mantenere il più possibile la Russia lontana dai Balcani e dagli Stretti, è

priva di efficaci ed autonomi mezzi militari e diplomatici per tentare di modificare il corso degli avvenimenti. La Turchia non può fare altro quindi che sperare da un lato nella potenza tmilitare germanica (ad incitare la quale è rivolta l'affermazione di un auspicato esaurimento russo che Saragioglu fa tanto a me che all'Ambasciatore tedesco) e dall'altro cercare, in caso di sconfitta tedesca, di rifugiarsi sempre più intimamente nell'alleanza britannica per attenerne protezione contro le pretese eccessive della Russia vincitrice. In ogni caso la Turchia tende sinceramente ad evitare di entrare, senza una imperiosa necessità o senza esservi costretta da una prepotente volontà altrui, in un conflitto che potrebbe determinare per essa un immediato, rapido e grave castigo, almeno sui suoi territori europei, da parte delle forze tedesco-bulgare, anche se la Germania fosse in quel momento indebolita da nuove sconfitte subite in

Russia.

Le previsioni ottimistiche o pessimistiche che si possono fare ora nei riguardi del futuro atteggiamento della Turchia mancano quindi di una base seria, giacché tale atteggiamento è unicamente legato al corso che seguiranno le operazioni militari in Russia e nel Medio Oriente.

(l) Vedi D. 164.

192

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. P. (1). Roma, 4 aprile 1943.

Ho conferito stamani col Cardinale Maglione. Mi ha detto che Kallay non ha nascosto le sue vive preoccupazioni per la situazione generale e particolarmente per la minaccia russa che, dall'Ungheria, è la più sentita. Ha ripetutamente accennato al fatto che il Vaticano «dovrebbe fare qualche cosa». Invitato a precisare, non ha saputo dire di più. Allora il Cardinale Maglione ha replicato che la Santa Sede è sempre disposta ad interporre i Suoi buoni uffici, ma che non può né intende prendere iniziative di contatti senza avere qualche elemento ·che rappresenti una minima base di discussione. Fino ad ora questo elemento non è stato offerto da nessuna delle parti in lotta. Kallay ha replicato di [rendersi] conto di ciò, ma comunque raccomandava di tener presente per il futuro il suo desiderio di un'azione da parte del Vaticano. Secondo il Cardinale Maglione, niente di più è stato detto: ed egli stesso giudica il discorso fattogli dal Kallay piuttosto generico e, allo stato degli atti, privo di una pratica realtà.

Nell'anticamera del Cardinale, ho incrociato Osborne il quale mi ha ringra

ziato per il permesso di transito accordatogli. Al rapidissimo incontro era pre

sente, sulla soglia del suo ufficio, il solo Cardinale.

(l) Lettera autografa.

193

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 2241/0206 R. Sofia, 5 aprile 1943 (per. il 9).

Mi riferisco ai miei telegrammi dei giorni scorsi relativi alla visita di Re

Boris a Berchtesgaden (1).

Anche qùesta volta la partenza e lo spostamento del Sovrano sono stati tenuti nel più assoluto segreto e preparati in brevi ore. Da tempo, per la verità, si parlava della possibilità dell'incontro col Cancelliere del Reich, dato che da molti mesi non si verificava un contatto diretto tra i due •capi di Stato: ma nessuno in questi giorni pensava ad una sua immediata realizzazione. Deve avere concorso alla visita la circostanza che Hitler, rientrato dal suo Quartiere Generale a Berchtesgaden, sembra voglia approfittare di tale sosta per compiere giri di orizzonte e «sentire il polso», politico e militare, degli elementi che formano il quadro del Tripartito. Da ciò dovrei concludere che l'incontro sia stato sopratutto desiderato da parte tedesca.

Il Sovrano si è fatto acc01mpagnare dal Capo di Stato Maggiore, Generale Lukasch, dal Capo della sua Segreteria particolare, Ministro Handjeff, e dal suo Segretario, Consigliere Balan. La permanenza nella zona di Salisburgo è stata molto breve. La .conversazione col Fiihrer ha avuto la durata di qualche ora ed in seguito egli è stato ospite del Ministro von Ribbentrop, che, come è noto, ha la sua residenza sul lago di Fuschl. La seconda giornata è stata passata dal Sovrano in forma assolutamente privata a Monaco di Baviera dal cui aerodromo egli ha ripreso il volo per rientrare a Sofia.

La circostanza della presenza ai colloqui del Generale Lukasch è stata taciuta, come è noto, ed evidentemente per non «impressionare», dal Comunicato Ufficiale relativo all'incontro: ed ancora oggi è qui ignorata dalla grande maggioranza del pubblico, le cui reazioni all'annunzio dell'incontro stesso sono state, nel complesso, meno vive di quanto fosse dato a prevedere.

194

IL SEGRETARIO DEL GABINETTO, M. PROFILI, AL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, BALDONI

L. 1/1764. Roma, 5 aprile 1943.

D'ordine dell'EccelLenza il Sottosegretario ti trasmetto l'unito studio sulla politica sovietica (2) che, in previsione del prossimo incontro, dovrebbe essere fatto da te pervenire, come d'intesa, al Ministro von Ribbentrop.

ALLEGATO

APPUNTI SULLA POLITICA SOVIETICA (l)

(l) -Si tratta dei telegrammi s.n.d. 2052,.155 R. del 31 marzo 1U43, 2072/157 del l" aprile 1943 e 2122/161 R. del 3 aprile 1943, non pubblicati, il cui argomento è più diffusamente trattato in questo telegramma. (2) -Vedi allegato. L'appunto fu inviato anche in traduzione tedesca, che non si pubblica. Baldoni rispose con T. 10646/585 P.R. del 6 aprile 1943, ore 17,40: «Segretario di Stato Weizsacker, cui ho rimesso il noto studio, mi ha assicurato che lo avrebbe fatto pervenire al ministro Ribbentrop prima del prossimo incontro».
1

L'esame delle informazioni che si sono potute raccogliere sui rapporti tra la Russia· e i suoi alleati rivela che sono in atto tra questi Paesi due polemiche: una, aperta e pubblica sugli aiuti che gli alleati forniscono alla Russia, l'altra latente, sugli scopi effettivi della guerra sovietica e sulle mire espansionistiche della Russia.

La prima di queste polemiche è alimentata particolarmente dal Governo sovietico, ed è da domandarsi quale significato essa può avere sui rapporti tra la Russia e gli Alleati, e in che relazione essa può essere con gli impegni che legano il Governo dei Sovietici all'Inghilterra e agli Stati Uniti.

Questi impegni risultano, come è noto, da quattro atti diplomatici: l) -Trattato anglo-russo del 12 luglio 1941; 2) -Dichiarazione di Washington del 1° gennaio 1942; 3) -Trattato anglo-russo del 26 maggio 1942; 4) -Trattato anglo-americano dell'li giugno 1942.

Il primo di questi accordi altro non è che un patto per condurre la guerra in comune «contro la Germania nazionalsocialista >> e per fissare l'impegno a « non entrare in trattative con la Germania e a non concludere un armistizio o un trattato di pace con la Germania senza l'approvazione delle due parti contraenti». Questo patto d'altronde è stato assorbito dal trattato anglo-russo del 26 maggio.

Il secondo di questi accordi contiene per quanto concerne la Russia il rinnovamento e l'allargamento di questo impegno a tutte le cosidette Nazioni Unite e l'adesione del Governo sovietico alla dichiarazione anglo-americana del 14 agosto 1941 nota sotto il nome di «Carta Atlantica».

Il terzo di questi accordi è il trattato ventennale anglo-russo il quale contiene rispetto ai due atti precedenti due nuove stipulazioni: una concernente i negoziati di pace, l'altra l'organizzazione del regime della sicurezza nel periodo postbellico.

Per quanto concerne i negoziati di pace i due Paesi si sono impegnati: l) a non

iniziare negoziati di qualsiasi genere con il Governo di Hitler o con qualsiasi altro Governo della Germania che non abbia palesemente rinunciato a qualsiasi manifestazione aggressiva; 2) a non trattare o concluclere armistizio o trattati di pace con la Germania o con qualsiasi altro Stato ad essa alleato se non previo accordo.

Per quanto concerne il problema della sicurezza nel periodo post-bellico, esso è impostato così: i due Paesi prenderanno appena finite le ostilità tutte le misure in loro possesso per rendere impossibile la ripetizione di un atto di aggressione e di violazione della pace da parte della Germania o di qualsiasi Stato con essa legato; i due Paesi si presteranno il loro mutuo aiuto militare in caso che uno di essi si trovi impegnato in ostilità con la Germania o con qualsiasi Stato che sia ad essa legato.

Il quarto ed ultimo degli atti, e cioè il trattato russo-americano dell'H giugno 1942, concerne sostanzialmente le forniture americane alla Russia ed ha scarsa importanza dal punto di vista della situazione diplomatica della Russia.

11

Presi alla lettera, questi quattro atti sembrano bloccare qualsiasi possibilità per la Russia di venire ad un accordo separato con le Potenze dell'Asse e il problema che si pone è se Stalin abbia eventualmente una via di uscita, e quale. È difficile che Stalin voglia senz'altro stracciare il trattato. Questo atto pregiudicherebbe l'influenza morale

del bolscevismo sulle masse inglesi e americane ed è da presumersi che, per quanto e fino a quando potrà, Stalin si asterrà dal farlo. Si tratta di vedere se egli non ha davanti · a sè un'altra possibilità, quale sarebbe quella di denunciare il trattato di alleanza con l'Inghilterra.

L'articolo I di questo Trattato è così formulato:

«In virtù dell'alleanza stabilita tra l'U.R.S.S. ed il Regno Unito, le Alte Parti contraenti si impegnano reciprocamente a prestarsi mutuo appoggio militare o d'altro genere nella guerra contro la Germania o contro gli Stati ad essa legati».

Questa stipulazione è quella che domina il trattato, e costituisce per così dire la condizione di tutte le altre. Qualora dunque una delle due parti venisse meno all'impegno che essa contiene, l'altra parte avrebbe il diritto di riprendere la propria libertà d'azione.

Sarebbe molto arrischiato il dire che Stalin abbia avuto o abbia in mente una eventualità di questo genere, ma non si può neanche del tutto trascurare: 1°) che questa possibilità esiste; 2o) che il Governo sovietico ha avuto costante cura di mettere in rilievo che l'Inghilterra non ha eseguito in tutta la sua pienezza l'articolo I. Sono da tenere in particolare presenti le dichiarazioni fatte da Stalin all'« Associated Press » il 5 ottobre 1942 e le ripetute e pubbliche insistenze della Russia, rinnovate pubblicamente in questi giorni da Maisky, per un'apertura del secondo fronte.

Vi è nella dichiarazione del 5 ottobre questa precisa affermazione: «Di fronte all'aiuto dato ora dai Sovieti agli Alleati addossandosi il peso più grave della guerra, gli aiuti degli Alleati sono poco efficaci. Per ampliare questi aiuti gli Alleati non debbono fare altro che mantenere le promesse completamente e il più rapidamente possibile ».

Non equivale questo a dire che mentre la Russia ha per suo conto dato completamente esecuzione all'art. I del trattato di alleanza, gli Alleati non hanno finora fatto altrettanto? Lo scorso anno, in occasione della visita di Churchill a Mosca, era stato messo in evidenza che la Russia considerava la costituzione di un secondo fronte come la sola forma efficace di aiuto da parte degli Alleati, e più tardi, nell'ottobre del 1942, la Casa Bianca ebbe ad annunciare la conclusione di un « accordo circa l'apertura di un secondo fronte nel 1942 ». L'esistenza di questo accordo era stata anche rivelata dall'Agenzia « Tass » in questi termini: «Negli Stati Uniti si tratta di vincere l'inerzia governativa circa la immediata creazione di un secondo fronte, e per ottenere l'esecuzione degli impegni sottoscritti dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna verso l'U.R.S.S. a questo riguardo ».

Noi non conosciamo gli accordi formali che sono stati contratti tra l'U.R.S..S e i suoi alleati per l'apertura di un secondo fronte, ma vi sono sufficienti elementi per ritenere che questi accordi rappresentino l'interpretazione data all'obbligo di «appoggio militare» stipulato all'art. I del Trattato anglo-russo. È ovvio che sia stato Stalin a chiedere un impegno scritto in questo senso, impegno che, ove non fosse eseguito, gli darebbe la possibilità di rimettere in discussione il Trattato. Come è noto egli ha marcato questa riserva nel suo ordine del giorno del 22 febbraio, nel quale egli ha precisato che per secondo fronte si deve intendere non lo sbarco anglo-americano nell'Africa del Nord, ma un'azione militare in Europa. «A causa della mancanza di un secondo fronte in Europa, l'Esercito rosso porta sulle sue spalle, solo, tutto il peso della guerra».

Con questa dichiarazione Stalin ha, nel corso di cinque mesi, messo due volte in mora l'Inghilterra, ha due volte pubblicamente constatato che la Russia combatte praticamente da sola e che gli Alleati non hanno completamente eseguito i loro impegni.

È certo che questo atteggiamento di Stalin è dettato dal desiderio di spingere gli Alleati ad agire, ma non è da escludere che nello stesso tempo egli abbia voluto precostituirsi le giustificazioni necessarie per poter rivendicare a tempo opportuno la propria libertà d'azione. Al momento che egli volesse rivendicare tali diritti, egli potrebbe accusare i Governi borghesi d'Inghilterra e degli Stati Uniti di non aver voluto aiutare efficacemente la Russia, e questa accusa non solo gli darebbe modo di denunciare il Trattato anglo-russo ma di eccitare le masse operaie dei due Paesi contro i loro Governi.

(l) Autore di questo documento è il ministro Leonardo Vitetti: vedi E. ORTONA, il 1943 da Palazzo Chigi: Note di diario, in <<Storia contempm·anea >>, 1983, fase. 6, p. 1097.

111

Per avere poi completo il quadro di questa politica di « mani libere » che Stalin sembra perseguire, bisogna naturalmente esaminare anche quali impegni Stalin ha assunti circa i fini di guerra della Russia. Questi impegni si riducono a tre:

0 ) l'accordo russo-polacco del 30 luglio 1939 (l); 2°) la dichiarazione di Washington (lo gennaio 1942); 3°) il preambolo e l'art. 5 del trattato anglo-russo.

Il primo di questi accordi contiene l'affermazione che l'accordo russo-tedesco del 1939 sui cambiamenti territoriali in Polonia è decaduto, e il riconoscimento dell'esistenza di un Governo e quindi di uno Stato polacco. Ma non contiene nessuna precisazione circa la consistenza territoriale di questo Stato. Su questo la Russia si è riservata completa libertà, e niente le impedisce di sostenere, invocando a suo favore la Carta Atlantica, che la Polonia deve essere ridotta a un piccolo Stato limitato al territorio più propriamente abitato da una completa popolazione polacca. Comunque è fuori dubbio che la Russia non consentirà a ricostituire la Polonia di versailles. con l'inclusione di popolazioni russo-bianche e ucraine. su questo il Governo sovietico si è definitivamente pronunciato con il comunicato « Tass » del 2 marzo in risposta alla dichiarazione polacca del 25 febbraio.

La dichiarazione di Washington contiene l'adesione russa alla Carta Atlantica e quindi l'impegno russo «a non cercare alcun ingrandimento territoriale» e a non desiderare « alcun cambiamento territoriale che non si accordi con i desideri liberamente espressi dai popoli interessati ». Principi vaghi, che riecheggiano i punti wilsoniani, e che possono considerarsi più come strumenti utili di propaganda che come serie condizioni e seri impegni di azione. Quello che è interessante nella dichiarazione di Washington è che essa è stata firmata anche dai Rappresentanti dei Governi di Polonia, Cecoslovacchia e Jugoslavia, il che implicherebbe l'idea che l'U.R.S.S. abbia nei suoi scopi di guerra la ricostituzione di questi Stati, ma nessun impegno a noi risulta che esista circa la loro consistenza territoriale. Nessuna menzione è stata poi mai fatta in nessun documento dei Paesi Baltici, il che significa che la Russia ha ottenuto dagli Alleati di non considerare la ricostituzione degli Stati Baltici tra i loro scopi di guerra.

Restano il preambolo e l'articolo 5 del Trattato anglo-russo. Il preambolo contiene semplicemente un richiamo alla Carta Atlantica, l'art. 5 contiene la stipulazione che le due parti contraenti «prenderanno in considPrazione gli interessi delle Nazioni Unite..... e agiranno in conformità a due principi: non aspirare ad acquisti territoriali per sè e non immischiarsi negli affari interni di altri Stati». Anche qui siamo in un campo pienamente teorico e anche qui è più evidente lo scopo propagandistico che l'intenzione politica dei due contraenti, che se mai ne avessero avuta, è stata quella di non prendere impegni precisi.

Quello che è interessante constatare è che non vi sono, almeno non sembra vi siano, accordi tra la Russia e gli Alleati che vincolino la libertà della Russia. Non meno interessante è il fatto che, mentre l'Inghilterra e gli Stati Uniti hanno dato alcune indicazioni sia pure generiche di quelle che sono le loro intenzioni della Carta Atlantica, Stalin non ne ha voluto dare nessuna.

Eden ha, per esempio, dichiarato che la Gran Bretagna non riconosce le modificazioni territoriali ottenute con la forza. Ma Stalin non si è affatto pronunciato su questo punto. Churchill ha parlato più volte della Società delle Nazioni e dei piani di collaborazione fra le piccole e grandi Nazioni, ed è noto che l'Inghilterra ha tra i suoi piani alcuni progetti di raggruppamenti e federazioni di piccoli Stati nel settore danubiano e balcanico. Stalin non ha mai toccato questi argomenti. Nessuno sa esattamente che cosa egli abbia in mente. e cosi riservato è stato il suo atteggiamento che nei Paesi anglo-sassoni, e soprattutto negli Stati Uniti, vi sono gravi e non infondati

sospetti che la Russia dia una interpretazione della Carta Atlantica non conforme a quel principio di nazionalità che costituisce il suo fondamento.

Le informazioni che noi abbiamo dagli Stati Uniti danno indicazioni abbastanza precise sulla resistenza della opinione pubblica americana all'idea che la Russia riacquisti tutti o la maggior parte dei territori perduti in seguito alla guerra del 1914-1918.

Le informazioni che abbiamo dall'Inghilterra fanno intravedere le preoccupazioni inglesi di fronte all'estendersi dell'influenza russa, e quegli stessi progetti di accordi tra gli Stati dell'Europa orientale e danubiana sembrano sopratutto diretti a limitare e arginare tale influenza.

Sono palesi ovunque i segni di quella mutua diffidenza che separa Stalin dai suoi alleati. Da parte russa il sospetto che l'Inghilterra e gli Stati Uniti vogliano stremare la forza sovietica e privare la Russia dei frutti del tremendo sforzo che essa sta compiendo; da parte dell'Inghilterra e degli Stati Uniti il sospetto che Stalin combatta per fini propri, per raggiungere i quali egli potrebbe un giorno decidersi ad abbandonare gli Alleati.

Non si può certo dedurre da questo che siamo alla vigilia di una crisi nei rapporti tra la Russia e gli Alleati. Qui si sono voluti rilevare alcuni elementi, forse non trascurabili, che indicano alcune possibilità obiettive di azione, per l'eventualità che Stalin possa essere indotto a rivedere la propria posizione. eventualità che non può essere del tutto scartata quando si considera la cura che Stalin ha avuto di non pregiudicare del tutto la propria libertà di azione e di non assumere impegni precisi per la sistemazione delle frontiere russe, un p'l'oblema che resta aperto tra la Russia e i suoi alleati non meno che tra la Russia e noi.

(l) Sic per 1941, anche nella traduzione tedesca.

195

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

PROMEMORIA. Roma, 6 aprile 1943, [mattina].

Con promemoria a parte (1) vengono riassunti tutti gli elementi sui quali potrebbe basarsi un'azione chiarificatrice sugli scopi di guerra che noi perseguiamo, fino ad oggi restati troppo ermetici nella semplice dizione dell'« Ordine

Nuovo~.

In occasione del prossimo viaggio si ha l'onore di sottoporre all'alta attenzione del Duce la favorevole situazione attuale che farebbe consigliare di inserirsi in questo· momento con una nostra larga dichiarazione nella propaganda avversaria in declino.

È noto quale risonanza abbia avuto in tutti i popoli europei e persino nella stessa Germania il debole accem1o ad una chiarificazione della situazione europea c,ontenuto nel comunicato emesso dopo la visita a Roma di von Ribbentrop (2).

La posizione reciproca dell'Asse e dei suoi nemici si presenta oggi sotto questo duplice aspetto: il primo è l'evoluzione della guerra dell'Asse che ha

0) Vedi D. 196.

ormai innalzato la bandiera della lotta antibolscevica e cioè della difesa della civiltà occidentale progressista e rinnovatrice; il secondo è il declino evidente in queste ultime settimane della propaganda anglo-americana presa tra le strettoie dei conflitti profondi che dividono Inghilterra e America e queste due, sopratutto la seconda, dall'URSS.

I programmi e le concezioni delle «Nazioni Unite » non solo non si sono chiarificati ma appaiono invece sempre più nebulosi. Il conflitto ideologico e programmatico che divide queste Nazioni può ritrovarsi anche nelle ultime enunciazioni britanniche che affermano la necessità di arrivare solo progressivamente alla formazione concreta degli scopi di guerra esortando i popoli solo ad una fiduciosa attesa.

Se si paragona questo stato di cose, pur così sommariamente enunciato, con lo sbandieramento della propaganda nemica di un anno fa, appare in tutta la sua chiarezza quali possibilità vi siano per noi di inserirsi in questa sosta alla propaganda politka per fare presa finalmente sulle Nazioni europee ed anche sull'opinione pubblica nemica colla enunciazione di un programma che faccia apparire in piena luce la giusta lotta che l'Asse conduce su tanti fronti e che non è soltanto una vicenda guerriera ma il tentitivo di porre finalmente fine ad un periodo di irrequieto squilibrio nazionale e sociale per iniziare una rivalutazione integrale dei sensibili valori e delle insopprimibili necessità dei popoli.

Il .progetto di comunicato che riassume i vari elementi esposti nei promemoria già sottoposti al Duce contiene dapprima il collegamento a precedenti dichiarazioni itala-germaniche sulla collaborazione tra i popoli, poi gli elementi di questa collaborazione nella indipendenza delle varie unità etniche, infine l'affermazione di una collaborazione dei vari Stati nel quadro degli interessi generali europei.

ALLEGATO

PROGETTO DI COMUNICATO

L'Italia e la Germania riaffermano la loro volontà di vittoria e il loro fermo proponimento di contribuire alla ricostruzione post-bellica dell'Europa sulle basi del principio di collaborazione dei popoli che la compongono.

Se la condotta della guerra ha imposto la mobilitazione generale delle forze, per la difesa dello spazio europeo contro estranee egemonie di Oriente e di Occidente, la ricostruzione dell'Europa non potrà avvenire che sulla base dell'armonica convivenza delle singole unità etniche costituite in Stati sovrani ed indipendenti. Lo stesso rispetto delle leggi storiche e formative della vita dei singoli Stati determinerà fra di essi i criterì della stretta collaborazione europea sul piano politico, economico e sociale. Gli Stati europei saranno così uniti, nel quadro della loro indipendenza nazionale, in questa opera di solidarietà, di assistenza e rinnovamento nel campo degli scambi, della produzione e del commercio intereuropei e per la ricerca di una equa distribuzione delle materie prime e delle fonti di produzione, intesa a raggiungere una più elevata prosperità generale.

(2) Vedi D. 61, nota 2, p. 86.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

PROMEMORIA. Roma, [6 aprile 1943, mattina].

ScOPI DI GUERRA

La giusta lotta -coscientemente intrapresa e tenacemente combattuta che l'Asse conduce su tanti fronti, non è una vicenda guerriera soltantò, indipendente dai fattori spirituali, storici, economici, sociali che premono l'umanità in questo secolo di chiari essenziali rivolgimenti.

Questa guerra, quindi, non è -per l'Asse -soltanto uno scontro di formidabile portata. È una fine ed un inizio:

-fine di un periodo di irrequieti squilibri nazionali e sociali; -inizio di una rivoluzione integrale degli essenziali valori e delle insopprimibiH necessità dei popoli.

Questa guerra ha un suo passato, un suo presente, un suo avvenire: il passato, carico di errori e di egoismi altrui, l'ha provocata; il presente ne vede i giganteschi sviluppi, ma è l'avvenire che investe di sé -in piena tormenta belli:ca -gli scopi di guerra delle Potenze dell'Asse.

Esse hanno ben chiari concetti e ben nette premesse da opporre al programma, così spesso empirico e sempre facile di dorate anticipazioni, dei nostri nemici. Questi avversari pertinacemente giostrano e speculano sui tre tempi di questa guerra. Essi appunto ne confondono -volutamente e polemicamente -passato, presente ed avvenire.

Per il passato giudicano i popoli e giudicherà la storia; nel presente i nostri morti e i nostri combattenti testimoniano delle necessità supreme e della nostra giusta causa, ma per l'avvenire le Potenze dell'Asse ben sanno che al sanguinoso presente deve seguire un più sereno, efficiente, equilibrio domani. Esse pertanto dichiarano:

l) Le esigenze di questa dura guerra costituiscono lo strumento, non la premessa per il nuovo Ordine che deve assicurare ai popoli e agli uomini di Europa il benessere nella dignità.

È evidente come le occupazioni territoriali, i sacrifici collettiV'i. e individuali imposti agli abitanti del Continente Europeo, le temporanee sospensioni di facoltà individuali e di caratteristiche nazionali non rappresentano che l'indispensabile immanente base per condurre una lotta di tanto respiro.

Quando i nostri avversari con fantasiosa dialettica guatano nel futuro dopoguerra, essi affermano ,che la vittoria dell'Asse spezzerebbe ogni equilibrio, soggiogherebbe i popoli di Europa ad una sola dominazione, darebbe un'unica forzosa impronta all'intero continente.

L'Asse, nato dal travaglio di popoli di giovane formazione unitaria e di proletarie necessità di respiro, non disconosce, appunto per questo, le leggi

storiche e formative della politica e della vita collettiva. Esso è sicuro di poter contare -nel dopo .guerra -sulla collaborazione dei popoli europei, cui le vicende della stessa guerra avranno dimostrato da qual parte stiano i loro veri interessi.

Avremo così, tra i popoli del Continente come tra le classi sociali del continente stesso, <<un raccorciamento delle distanze». Questo è ben diverso da quell'unificazione coattiva che gli avversari attribuiscono alle intenzioni delle Potenze dell'.&sse.

All'Europa questa guerra avrà insegnato quali siano i suoi compiti, e sopratutto quali siano le proprie necessità di collaborazione e solidarietà di fronte ad altri continenti così lontani dal suo spirito e dalla comprensione delle necessità europee.

Il «comune denominatore». europeo non sarà quindi il prodotto di imposizioni o di calcoli ma bensì il prevalere delle maggiori Potenze continentali nell'attuale lotta e dei naturali interessi comuni a tutti gli uomini d'Europa.

2) Vi è un documento che ha un nome da plutocratica crociera e che si chiama «la Carta Atlantica». Chiosatori ed interpreti vi lavorano attorno, nel campo avversario, da quasi due anni. Le Potenze dell'Asse non avrebbero difficoltà alcuna -se ne valesse ìa pena -di farla propria e di alzare, a loro volta, quel foglio di fronte agli «scopi di guerra » del bolscevismo, di cui tante regioni europee hanno fatto la sanguinosa esperienza negli ultimi anni.

È l'Asse che difende, dinnanzi alle armate di Mosca, l'Europa da «mutamenti territoriali», che certo non corrisponderebbero ad «aspirazioni liberamente espresse». È l'Asse che combatte quell'Unione Sovietica che, dovunque è arrivata, non ha certamente rispettato «forme di Governo», «diritti sovrani » e « indipendenza ».

È l'Asse che è scesa in campo per non aver mai ottenuto quel pacifico accesso <<ai traffici e alle materie prime del mondo», che oggi costituisce un ritornello degli «scopi di guerra» altrui. È l'Asse infine che combatte perché i popoli d'Europa possano « percorrere mari ed oceani senza ostacoli », senza monopoli, pedaggi e controlli militari.

3) Il «comune denominatore» della nuova Europa, di cui al punto l) dovrà essenzia]lmente poggiare sulla valorizzazione dei lavoratori e dei produttori, sulla giustizia distributiva, sulla pace sociale e sulle provvidenze sociali. I lavoratori di tutta Europa si riconosceranno, sopratutto, nella comune certezza di essere considerati quali attori essenziali della nuova società e, come tali, ricompensati. L'unica, la vera <<unificazione» dell'Europa avverrà nel quadro delle riforme sociali. Quelle già operanti nei Paesi dell'Asse -dalla legislazione sul lavoro (limiti d'orari, vacanze pagate, assicurazioni, assistenza sanitaria, ecc.) a quelle sulle risoluzioni dei conflitti di lavoro, da quella a protezione della gioventù lavoratrice a quella sulla tutela della dignità del lavoro -verranno liberamente estese ·ai paesi in cui tali provvidenze fossero meno vaste o perfezionate. Inoltre, a conclusione di questa storica guerra, verranno proseguite ed approfondite quelle iniziative di rinnovamento sociale che costituiscono la spontanea esigenza di questo secolo, che attende formule nuove per le sue nuove strutture collettive.

4) Nel dopo guerra le Potenze dell'Asse intendono svolgere in Europa, nella garanzia delle diverse caratteristiche etniche ed economiche, un'opera di solidarietà, assistenza, semplificazione e rinnovamento nel campo degli scambi di produzione e commercio inter-europei. Per questo verranno attenuati, nel comune accordo degli Stati interessati, i vincoli e gli impacci esistenti per effetto della farraginosa bardatura economica, che ha pesato sul continente nel precedente periodo di rovinose concorrenze tra le varie economie nazionali.

Dove non si potrà «avvicinare» od «unificare» -in questo campo -si potranno, per lo meno, adottare Ce così, ad esempio, nel campo monetario) rapporti costanti e .concetti permanenti che permettano al continente di stabilizzarsi con possibilità per tutti di lavoro e di adeguata remunerazione.

5) L'idea dello «spazio economico europeo» si va facendo strada anche nel periodo di guerra e, spesso, come conseguenza, appunto, di una tale guerra. Il senso di una solidarietà continentale europea, di fronte ad altri organismi economici e politici che, i.n veste egemonica, si vanno altrove delineando, è ormai nella coscienza dei popoli europei insieme a quello di una comune missione europea, di un'Europa che ha tradizioni ed interessi, \ffiemorie e necessità interdipendenti o comuni.

Corroborate nel loro incrollabile intendimento di lotta e di vittoria dal pericolo che, col bolscevismo in armi, minaccia l'Europa, le Potenze dell'Asse hanno ritenuto opportuno riassumere nei suddetti punti la loro volontà più ferma di dare giustizia, libertà. sicurezza. benessere al Continente.

197

IL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, AMBROSIO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI (I)

APPUNTO. [Roma, 6 aprile 1943].

ARGOMENTI DA TRATTARE NEL NOTO CONVEGNO

0 ) Condotta generale della guerra.

Visione unica della condotta della guerra le cui linee generali debbono essere fissate di comune accordo con l'alleato.

Necessità di considerare egualmente esposte la penisola italiana e la penisola balcanica. Importanza che ha, anche per la Germania, la difesa del nostro Paese.

Necessità di contrastare il traffico del nemico nel canale di Sicilia sia per la difesa dell'Italia che per concorrere alla difesa della Balcania.

2°) Esercito.

I. Difesa dell'Italia: a) -valutazione probabili intenzioni del nemico. Situazione nostre divisioni e difesa costiera: occorrono le armi, le artiglierie, i carri che abbiamo richiesto e che sono assolutamente indispensabili per la difesa delle nostre coste; b) -necessità, per noi, di ricuperare truppe: dalla Croazia (riducendo in conseguenza l'occupazione ai territori annessi, alla ferrovia dei petroli ed al litorale dell'Erzeg-ovina) e dalla Grecia (riducendo il settore da noi occupato).

II. Africa: a) -esame della situazione in Tunisia; sproporzioni di forze rispetto all'avversario e difficoltà di rifornimenti; b) -definizione della posizione del Maresciallo Rommel; c) -unità tedesche che si trovano in Tunisia e quelle che debbono esservi inviate; d) -richiesta pezzi di medio calibro da 88 e da 75 controcarro per la Tunisia; e) -accentramento di tutti i mezzi di trasporto disponibili, aerei e marittimi, per un impiego unitario.

III. Croazia: a) -la politica militare tedesca in Croazia (ripartizione delle forze croate; necessità che la politica militare itala-tedesca in Croazia sia svolta con piena collaborazione e mediante preventive intese): ricordare che gli accordi base itala-croati del 18 maggio 1941 -articolo 3 del trattato, art. l dell'accordo militare -vengono tuttora considerati come elementi basilari per la politica militare in Croazia, anche se la situazione militare contingente ci ha costretto a sgomberi e ricupero di forze; b) -le recenti operazioni Weiss: epoca di previsto sgombero da parte germanica della zona delle miniere; le eventuali operazioni a sud della linea di demarcazione si svolgono in zona di influenza militare italiana e quindi debbono essere coordinate da noi; il contributo italiano alla Weiss è stato almeno pari se non superiore a quello ted:esco.

IV. -Montenegro (progettate operazioni contro Mihailovic): non sono oppor-. tune operazioni in grande stile e conseguente passaggio ad una politica di forza. V. -Comando unico nei Balcani: questione del Comando in Grecia ed Egeo.

VI. Rifornimenti per la Grecia ed Egeo.

VII. F'ronte russo -Ottava Armata: a) -svolgimento battaglia del Don (rettificare tendenza tedesca ad attribuire ripiegamento generale a cedimento degli alleati); b) -ripiegamento II e XXXV Corpo d'Armata; c) -ripiegamento Corpo d'Armata Alpino; d) -movimento dell'Ottava Armata verso la zona di riordinamento.

VIII . .Ricostituzione Secondo Corpo d'Armata in Russia.

IX. Concorso reparti e materiali germanici: a) -organi germanici in Italia e loro tendenza ad estendere i propri compiti; b) -avviamento in Germania di 150 mila militari italiani per l'addestramento alla difesa contraerea e cessione dei relativi materiali; c) -materiali concessi dalla parte germanica per il potenziamento dell'Italia, della Grecia e del Dodecanneso; d) -brigata d'assalto germanica destinata in Sardegna; e) -brigata d'assalto gel'manica destinata in Egeo.

(l) In Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. [In treno, 6 aprile 1943, sera].

In base alle idee che Voi mi avete stamane espresso io ho tentato di for

mulare alcuni punti che potrebbero rappresentare i principi generali di una

dichiarazione itala-germanica.

Questi principi potrebbero essere i seguenti: (l)

l) Riconoscimento che gli Stati (2) devono avere come fondamento il principio di nazionalità su una base di unità (3) etnica (4).

2) Riconoscimento che agli Stati deve essere assicurata e garantita la loro compieta sovranità e indipendenza, e la loro individualità nazionale deve essere preservata (5).

3) Riconoscimento che ogni Stato ha diritto a darsi liberamente propri ordinamenti interni.

4) Riconoscimento del diritto che ha ogni popolo di partecipare direttamente alla distribuzione delle risorse economiche del mondo (6).

5) Affermazione del diritto che ciascun popolo ha ad una legislazione che assicun 1 princ1p1 della giustizia sociale a parità di condizioni con gli altri popoli (7).

6) Affermazione che una pacifica vita internazionale (8) può essere attuata solo (9) attraverso una reale collaborazione di lavoro, di produzione, di scambi, di servizi fra i diversi agglomerati politici (10) che sulla base del principio nazionale hanno assicurato la propria indipendenza.

7) Di conseguenza deve essere riconosciuta una uguale possibilità di vita a tutti i popoli sulle disponibilità a pari condizioni per tutti dei beni naturali e della loro utilizzazione da attuare nel comune interesse attraverso la piena libertà delle vie marittime (11).

successive. (21 Aggiunta dell'aggettivo <<europei». (31 Parola cancellata e sostituita con «omogeneità>>.

sviluppo della loro individualità nazionale>>. (51 Questo punto è stato prima sottolineato e poi cancellato con un segno trasversale.

In seguito alle modifiche apportate da Mussolini, e su sua direttiva, i sette punti furono ridotti a quattro (vedi E. ORTONA, Il 1943 da Palazzo Chigi: Note di diario, cit., p. 1097') ed ebbero la formulazione che si riporta in allegato.

21 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

ALLEGATO

PROGETTO DI DICHIARAZIONE ITALO-GERMANICA

l) Dichiarazione che nella futura sistemazione dell'Europa dovrà essere rispettato tl principio di nazionalità e il diritto e l'interesse degli Stati a costituirsi sopra una base di omogeneità etnica.

2) Dichiarazione che gli stati europei devono avere il godimento della loro completa sovranità e diritto a darsi liberamente i propri ordinamenti interni.

3) Dichiarazione che gli Stati europei debbono stabilire una collaborazione tra loro fondata sopra la coscienza dell'unità morale dell'Europa e sul pieno e libero sviluppo delle individualità nazionali.

4) Dichiarazione che le Potenze dell'Asse intendono guidare l'Europa verso una pacifica vita internazionale da attuare:

a) con un'equa ridistribuzione delle risorse economiche del mondo;

b) con una reale collaborazione di lavoro, di produzione. di scambi e servizi fra tutte le Nazioni.

(l) Ai sette punti seguenti Mussolini apportò con lapis blu le modifiche indicate nelle note

(4) Trasformazione del punto in virgola e aggiunta delle parole «che permetta il libero

(6) -Questo punto è cancellato con tre segni trasversali. (7) -Questo punto è cancellato con due segni trasversali. (8) -Parola cancellata e sostituita con «europea>>. (9) -Qui è inserito l'inciso <<sotto l'egida dell'Asse>>. (10) -Le parole seguenti della frase sono cancellate con un tratto di matita. (11) -Questo punto è cancellato con un segno trasversale.
199

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO

T. S. N. D. 11621/231 P. R. Roma, 6 aprile 1943, ore 24.

Vostro 260-261 (1).

È certamente opportuno che collettività italiane siano portate a dare appoggio a tutte quelle correnti e forze che operano per mantenimento neutralità Argentina e che il peso nostre masse sia decisamente indirizzato verso questo scopo. Potrete in conseguenza assicurare Presidente che iniziativa ha nostra dichiarata approvazione. Non è per a1tro superfluo sottolineare necessità operare con prudente abilità, mantenendo nostra azione, pur decisamente orientata in questo senso, in quei limiti che evitino partecipazione troppo diretta e troppo aperta nella vita politica Argentina. Ciò che potrebbe -e sopratutto in un periodo di agitazione elettorale -aver l'aria di imposizione o, almeno, di illecito intervento esterno, con tutti gli inconvenienti connessi. Ma di tali limiti codesta Ambasciata è evidentemente il miglior giudice, in base alla esatta valutazione locale degli avvenimenti.

Ringraziate Presidente per le assicurazioni che voluto darVi e conferma

tegli che la sua opera e la sua attività sono seguite da noi e in Europa con la

più viva simpat"ia (2).

(l) -Vedi D. 170. (2) -Con T. 11810/312 P.R. del 15 aprile 1943, non pubblicato, Garbacelo assicurò di aver tatto pervenire al Presidente questa comunicazione.
200

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO

T. 11624/185 P.R. Roma, 6 aprile 1943, ore 23.

Vostro 395 (1).

Ho preso conoscenza con interesse e soddisfazione di quanto mi comunicate circa le intenzioni del Poglavnik di mantenere fermo atteggiamento nei riguardi di alcuni suoi ministri Lorkovic compreso. Potete con lui esprimervi in tal senso confermandogli che siamo pienamente d'accordo su opportunità opera di epurazione nei riguardi elementi contrari all'amicizia italo-croata.

201

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2213/049. Parigi, 6 aprile 1943 (per. l'B).

Col telespresso n. 1462/572 in data di ieri (2) ho trasmesso il testo del discorso pronunciato dal Maresciallo Pétain il 4 corrente. Può interessare di conoscere che il discorso è stato sollecitato da Lavai d'accordo coi germanici e, a quanto mi si è detto, tramite il proprio genero.

Il Maresciallo non aveva più parlato pubblicamente da tempo. Gli è stato fatto rilevare che il suo prolungato silenzio poteva parere strano sopratutto dopo il discorso pronunciato, tempo fa, da Giraud e i provvedimenti di questo ultimo diretti contro lo stesso Maresciallo (soppressione dei ritratti e dei francobolli con l'effige di Pétain; ripristino della formula «Repubblica francese:» in contrapposizione a quella di «Stato francese~ su cui si fondano i poteri di Pétain, etc.).

Il discorso non ha completamente soddisfatto questi ambienti germanici, ma non si è scontenti.

Sarebbe tuttavia difficile scoprire una qualche reazione sul pubblico francese. Mi riferisco in proposito all'apprezzamento del discorso fatto col mio telespresso surriferito. L'assenteismo e l'anticollaborazionismo dei francesi sono d'altronde troppo diffusi e radicati, perché manifestazioni del genere, anche con carattere ben più netto e deciso, possano esercitare una effettiva influenza.

(l) -Vedi D. 189. (2) -Non pubblicato.
202

CONVERSAZIONE DEL DIRETTORE DELL'AGENZIA STEFANI, SUSTER, CON IL CAPO DELLA PROPAGANDA TEDESCA PER L'ESTERO, MEGERLE

VERBALE. Castello di Klessheim, 7 aprrile 1943.

Megerle vorrebbe sapere quale sarà l'impostazione che avranno i colloqui. Gli spiego in dettaglio la particolare situazione nostra e la nostra valutazione della situazione generale insistendo sopratutto sulla neces10ità di dare un più alto senso alla nostra guerra se non vogliamo che tutti i popoli compresi quelli alleati abbiano più timore che speranza di una nostra vittoria.

Megerle è d'accordo che in questo senso qualche cosa bisogna fare ma teme che non sia il momento opportuno dicendo che nelle attuali circostanze ogni nostra enunciazione che perfezionasse o mutasse il carattere puramente militare della nostra azione sarebbe fatalmente interpretato come un sintomo di debolezza da parte nostra.

Nego una tale tesi dicendo che è appunto il timore di apparire deboli quello che costituisce una debolezza. Comunque Megerle è in tesi generale d'accordo con me che bisogna affrettarsi a fare qualche cosa per mutare l'atmosfera europea e mondiale in modo da assicurarci un maggior margine di manovra sia nei confronti dei nemici che degli amici. Egli mi assicura che anche von Ribbentrop vede e giudica le cose in questo senso ed aggiunge testualmente: «Il Duce deve parlare con il Fiihrer "ganz brutal ". Egli è l'unico uomo che possa farlo».

Lo assicuro che non è soltanto il ragionamento ma lo stato di cose che impone una revisione dei valori della nostra guerra e che richiede sopratutto un immediato potenziamento una esplicita chiarificazione degli elementi politici che la sostanziano, sottolineando che altrimenti il futuro si presenta a no· stra giudizio pieno di incognite.

Megerle aderisce al concetto che l'Italia debba avere una maggiore parte nella condotta politica della guerra ma poi si abbandona a qualche cauta considerazione sulla situazione interna italiana dicendomi che i circoli dirigenti nazionalsocialisti hanno l'impressione che il fascismo non abbia saputo realizzare una vera e sana giustizia sociale cosicché la penetrazione avuta dalla nostra rivoluzione fra le masse non apparirebbe sufficientemente profonda. Egli tesse l'elogio del soldato italiano, ottimo se ben comandato ma critica vivacemente il corpo degli ufficiali che considererebbero questa guerra come un conflitto dove è impegnato soltanto il Regime e non il Paese.

Lo assicuro che per quanto la situazione non sia delle più semplici vere preoccupazioni non esistono in questo campo se però sapremo suscitare nel Paese quell'insieme di convinzioni e di passioni che sole possono giustificare tutti i sacrifici che vengono imposti al Paese.

Per far questo non basta che il Regime realizzi od imposti le soluzioni interne di questo o quel problema in questo o quel senso ma bisogna anche che l'alleata non pesi e non incuta più timore che fiducia. L'atteggiamento di un popolo di fronte al fenomeno guerra dipende da un cumulo di elementi e tra questi è basilare quello dell'assoluta tranquillità sulle intenzioni e le capacità dei membri della compagnia in cui ci si trova.

Il popolo italiano antiromantico e fondamentalmente cinico si irrigidisce dinnanzi alle leggende, non vuole inseguire sogni o visioni ma da buon contadino si sente sicuro soltanto quando i piedi affondano nella terra ben dissodata e preparata a ricevere il seme.

È questo senso della fruttificazione dei nostri sforzi e dei nostri sacrifici che dobbiamo dare.

Megerle approva calorosamente e mi chiede se il Duce parlerà con il Ftihrer dei rapporti con il Vaticano ed in generale del problema del cattolicesimo. Aggiunge che è un vero peccato che la carta religiosa in una Europa quasi totalmente cattolica, non sia stata e non venga meglio utilizzata e mi chiede quale sia l'opinione italiana in proposito.

Mi affretto a precisargli che non ho la minima idea degli argomenti che il Duce intende trattare con il Filhrer, ma -come opinione personale -posso assicurarlo che tutta la campagna anti-religiosa del nazionalsocialismo suscita molte perplessità tra gli italiani. Si tratta di affermazioni puramente teoriche che non trovano poi applicazione pratica. In questo caso è ancora peggio poiché senza nessun risultato concreto si disgusta tutto un mondo ed in politica è sempre meglio fare qualche cosa che possa magari suscitare delle reazioni piuttosto che abbandonarsi a delle enunciazioni inutili ed insensate. I tedeschi rimproverano alla Santa Sede di non aver presa nettamente posizione contro il bolscevismo schierandosi alla testa della crociata iniziata dall'Asse contro Stalin. Ma come poteva il Papa far ciò se da tutti i cattolicissimi paesi occupati quali Polonia, Belgio, Francia, giungono continue e documentate denuncie di atrocità e di violenze che lasciano dubbiose le massime autorità spirituali se per le masse sia male maggiore il potere di Mosca o quello di Berlino?

Megerle si rende conto della fondatezza di questi argomenti e promette in proposito di interessarsi sopratutto perché la politica delle autorità di occupazione cessi dall'essere anti-religiosa limitandosi a diventare areligiosa.

203

COLLOQUIO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI TEDESCO, RIBBENTROP

VERBALE (l). Castello di Klessheim, 7 aprile 1943, pomeriggio.

L'Eccellenza Bastianini, dopo i convenevoli d'uso, fa un rapido esame delle principali questioni che interessano la collaborazione itala-germanica nei Balcani. Egli si rallegra che gli accordi conclusi ultimamente fra le parti per quanto concerne la Grecia renderanno ormai impossibile la prosecuzione del solito gioco balcanico consistente nello sfruttare i dissensi fra le potenze interessate.

Si rallegra pure delle recentissime istruzioni dell'Eccellenza von Ribbentrop al Ministro Kasche e degli ultimi chiarimenti che esse hanno consentito fra i rappresentanti delle Potenze dell'Asse a Zagabria. A tale riguardo l'Eccellenza Bastianini riferisce di avere appreso che nel corso di uno dei recenti incontri fra i Ministri Casertano e Kasche, il Generale Glaise Horstenau, che assisteva al colloquio, ha manifestato apprezzamenti suoi personali che implicavano giudizi sfavorevoli sulla politica italiana nei riguardi della Croazia. Richiamandosi a quanto ha già avuto occasione di dire al Ministro von Ribbentrop durante il recente convegno a Roma, l'Eccellenza Bastianini ricorda che le direttive di tale politica sono fondate su accordi molto precisi e non interessano il Reich in modo diretto. Gli accordi in parola sono alla base stessa della restaurazione della Croazia, la quale deve molto al Duce, e su di essi non sarebbe il caso di ritornare. Quanto agli accordi territoriali che fanno parte di quelle convenzioni l'Italia potrebbe bensì avere interesse a promuoverne eventualmente qualche riaggiustamento, ma ciò per ragioni sue proprie, indipendentemente dalle vedute del Generale Glaise Horstenau che non ha titolo per interloquire al riguardo. Informatone, avendo appreso dal Generale Ambrosia che il Generale Glaise Horstenau verrebbe prossimamente a Roma, ha manifestato ieri all'Ambasciatore von Mackensen l'intenzione di parlare al predetto Generale. Il Ministro von Ribbentrop dichiara a questo punto che non sa nulla di tale progetto di viaggio a Roma, e che ad ogni modo penserà a far pervenire al Generale Glaise Horstenau gli opportuni rilievi, dato che il rappresentante della politica estera del Reich in Croazia è il Ministro Kasche e non il Generale Glaise Horstenau.

Prende quindi la parola il Ministro von Ribbentrop, dichiarandosi particolarmente felice che il nuovo convegno tra il Duce e il Fiihrer gli dia la gradita occasione di intrattenersi nuovamente con l'Eccellenza Bastianini dopo il recente incontro di Roma. Dall'ultimo convegno del Duce col Fiihrer è trascorso un anno (1). Nel frattempo molti avvenimenti si sono verificati. Per quanto si debbano lamentare alcuni insuccessi, che d'altronde in una guerra come questa sono inevitabili, nel suo complesso il bilancio consuntivo segna all'attivo un nuovo grande passo verso la vittoria finale. Senza voler interferire in alcun modo sui colloqui tra il Duce ed il Fiihrer, egli si propone di chiarire all'Eccellenza Bastianini il suo punto di vista sui principali argomenti di comune interesse.

Egli ha letto con attenzione l'esposto inviatogli dall'Eccellenza Bastianini sulla Russia (2). È però d'avviso che il conflitto tra il nazionalsocialismo ed il fascismo da una parte, ed il bolscevismo dall'altra, può solo chiudersi con la vittoria definitiva di uno dei due avversari. Il più è stato ormai compiuto per giungere all'annientamento della potenza militare dell'U.R.S.S. Quest'anno nuovamente l'esercito russo verrà fatto oggetto di colpi inesorabili. Assicura che egli non vede la vittoria contro la Russia nella occupazione totale del territorio, ma bensì nel progressivo sistematico annientamento dell'esercito bolscevico fino al punto da privarlo di qualsiasi possibilità di rappresentare una minaccia per il Reich.

(2> Vedi D. 194, allegato.

L'esercito russo è bensì «un colosso gigantesco » ma esso non potrà sottrarsi al proprio annientamento. Fino all'agosto dello scorso anno esso aveva subito

11.300.000 perdite definitive. Von Ribbentrop afferma che si può prudenzialmente ritenere che tali perdite ammontino oggi a 14 milioni. Secondo il Comando tedesco esse sarebbero addirittura 16 milioni. Dei 190 milioni iniziali di abitanti dell'U.R.S.S., 70 milioni appartengono ai territori occupati dai Tedeschi e sono quindi passati sotto il controllo del Reich. Poiché il potenzi,ale militare demografico di un popolo si calcola generalmente nella misura del 10%, deve ormai ritenersi praticamente quasi eliminato il potere aggressivo della popolazione del territorio rimasto all'U.R.S.S. Ciò è d'altronde confermato dal fatto che lo sfondamento che i Russi sono riusciti ad operare nello scorso inverno è stato ad un certo punto seguito dall'improvviso esaurimento della loro offensiva. Le difficoltà dei Russi, a differenza di quel che si sarebbe potuto prevedere, non concernono tanto i materiali, dei quali invece non difettano, quanto gli effettivi umani, dei quali incominciano in modo evidente a scarseggiare. Complessivamente su tutto H fronte combattono oggi circa 630 fol'IJllazioni russe, fra brigate e divisioni, con una forza complessiva calcolata dallo Stato Maggiore tedesco in circa 2 milioni e mezzo o 2 milioni e tre quarti di uomini. In tali effettivi sono naturalmente compresi tutti quelli reclutati in Siberia ed i giovani di 15 e 16 anni, nonché gli invalidi dei quali è stato recentemente fatto prigioniero un battaglione nei settore Leningrado. Per avere un'idea esatta della situazione vanno pure tenute presenti le vastissime necessità dei servizi territoriali russi.

Nelle ultime settimane il fronte germanico è stato non solo stabilizzato, ma esso è stato su largo settore nuovamente avanzato mediante un balzo in avanti di una profondità di 200 chilometri. Ovunque nelle ultime settimane i Russi hanno ancora tentato azioni offensive, come nel Cuban e a Leningrado, essi sono stati respinti con gravissime perdite. Le azioni per l'annientamento dell'esercito russo verranno riprese prossimamente e verranno proseguite sino al loro compimento.

Il problema russo, conclude von Ribbentrop, può infatti risolversi solo nel campo militare, e non mediante accorgimenti politici, o semmai soltanto dopo aver vinto militarmente la partita. Egli non sa se con Stalin si potrà ancora discutere, ma ritiene che in nessun caso ciò possa farsi prima dell'annientamento delle sue possibilità offensive. I successi raggiunti finora hanno ad ogni modo un valore enorme: essi si riassumono nell'allontanamento di 2 mila chilometri dell'U.R.S.S. dalle frontiere germaniche e nell'assicurata disponibilità del:le risorse alimentari dell'Ucraina: a siffatti vantaggi non si potrebbe attualmente pensare di rinunciare.

Quando poi l'esercito sovietico sarà stato annientato, la guerra non rappresenterà più alcun serio problema. È allora che verrà i:l turno dell'Inghilterra, con la quale il Rekh non ha ormai alcuna intenzione di far la pace.

Per quanto il settore di Tunisi sia importante, la sua importanza è notevolmente inferiore a quella del fronte russo, e ad ogni modo egli ritiene che considerazioni relative a quel settore non possano indurre H Reich a lasciarsi distrarre dalle esigenze di settori di importanza più vitale.

Dopo il recente convegno di Roma si è assistito allo scatenamento di una nuova gigantesca campagna di propaganda anglo-americana. Il Governo del

Reich non dà importanza a tale campagna, conscio com'è eh~ gli Inglesi, ove -si eccettui il settore africano, non hanno ancora conseguito alcun successo, e ">he gli Americani devono ancora mostrare di saper combattere sul serio.

Il Fiihrer ha fatto e farà tutto il possibile per aiutarci sul fronte africano, e sarà grato di quanto sarà fatto per sostenere i suoi sforzi. Von Ribbentrop però ritiene che in realtà non si può dare grande importanza agli insuccessi su quel fronte. Coi Russi per tre quarti annientati, gli Inglesi battuti dappertutto altrove e gli Americani che contano ben poco, il Reich non può sentirsi preoccupato per gli insuccessi in Africa, ed è invece animato da una fiducia invincibile nel successo finale e da una fermissima decisione di vittoria.

Egli accenna ai successi raggiunti nello scorso marzo nella lotta contro il traffico marittimo del nemico, ed al crescente sviluppo della guerra sottomarina, e ritiene non rispondenti per nulla alla realtà le notizie date dal Ministro d'Irlanda a Roma sulla entità delle riserve alimentari inglesi. Asserisce che il naviglio mercantile costruito dal nemico nel 1942 non supera complessivamente i sei milioni di tonnellate. E gli risulta, fra l'altro, che la Nuova Zelanda incontra le più gravi difficoltà nel proprio approvvigionamento di cereali a causa dell'impossibilità in cui si trova l'Inghilterra di metterle a disposizione il tonnellaggio strettamente necessario.

Passando all'esame dell'atteggiamento degli alleati von Ribbentrop afferma che ve ne sono due il cui contegno lascia seriamente a desiderare: allude ad Antonescu e ad alcuni ambienti ungheresi. Da ottima fonte fiduciaria spagnola gli è stato riferito che il Ministro Dimitrescu un paio di settimane fa avrebbe dichiarato agli Ambasciatori di Argentina e del Portogallo a Madrid che a richiesta del Fiihrer sarebbe stato incaricato da Antonescu di avviare trattative di pace. Ciò gli risulta anche confermato da intercettazioni telegrafi.che. D'altra parte i diplomatici romeni avrebbero dato ampia diffusione alla notizia dell'avviamento di sondaggi in vista di trattative, e ciò non solo a Madrid ma anche a Lisbona, ad Ankara e ad Helsinki.

Avendo ·egli fatto interpellare Antonescu al riguardo, questi ha negato di aver dato istruzioni in tal senso ed è arrivato a mettere in dubbio la possibilità di una simile iniziativa da parte di Dimitrescu.

Von Ribbentrop si propone di far pervenire al Governo romeno energiche rimostranze, non essendo il Reich disposto a sopportare in alcun modo siffatti maneggi che rappresentano un evidente tradimento dei patti di alleanza e minacciano di co:pire l'Asse alle spalle.

Anche alcuni ambienti ungheresi, influenzati da ebrei, si sono ultimamente dedicati ad Ankara ed altrove a manovre non ammissibili da parte di alleati. In tali manovre non risulterebbe finora implicato il Governo ungherese. «Ad ogni modo -ha dichiarato Ribbentrop -nella piccola Europa nulla ormai può rimanere segreto».

Von Ribbentrop sollecita la nostra collaborazione per ottenere i necessari chiarimenti ~ontro siffatti atteggiamenti che pregiudicano la posizione delle Potenze dell'Asse e giovano ai loro nemici. «D'altronde, egli afferma, ribadendo poco dopo tale concetto, ·Chi a questo punto intendesse abbandonare la partita, correrebbe con tutta sicurezza il rischio di andare incontro alla propria rovina». Questa guerra infatti si può chiudere solo in sede militare, battendo l'U.R.S.S.

e l'Inghilterra almeno fino al punto da farle rinunciare a qualsiasi speranza di

vittoria. Ogni altro atteggiamento avrebbe solo effetti funesti.

L'Eccellenza Bastianini ringrazia per le dichiarazioni fattegli e ne apprezza

la ·Chiarezza e la sincerità. Con altrettanta chiarezza e sincerità egli si propone

di esprimere il proprio punto di vista all'Eccellenza von Ribbentrop.

Egli informa anzitutto che era già al corrente dei colloqui di Dimitrescu con i rappresentanti dell'Argentina e del Portogallo a Madrid (1). Tuttavia, secondo quanto gli risulterebbe, in tali colloqui Dimitrescu avrebbe in sostanza manifestato idee che sono largamente diffuse in certi ambienti rumeni, e lo avrebbe probabilmente fatto senza esplicite istruzioni ma ritenendovisi implicitamente autorizzato in base ai sondaggi svolti previamente al riguardo. Inoltre, sapendo che Antonescu aveva recentemente conferito col Fiihrer, Dimitrescu può essersi creduto autorizzato a ritenere che i propositi da lui attribuiti ad Antonescu non dovevano essere ignoti al Fiihrer e potevano anzi esserne stati tacitamente approvati. L'Eccellenza Bastianini ha conferito in proposito col Duce, il quale non ha esitato ad escludere nel modo più assoluto la possibilità che il FUhrer potesse trovarsi implicato in siffatti messaggi, e ciò anche in considerazione della persona del preteso intermediario. E quindi l'Eccellenza Bastianini non aveva più ritenuto necessario di parlarne all'Ambasciatore von Mackensen.

Egli riferisce che anche i rapporti provenienti dal Ministro d'Italia a Bucarest sono tutt'altro che rassicuranti. La grave situazione determinata in Romania dalle durissime perdite subite sul fronte russo appare infatti aggravata dal conflitto in atto fra Antonescu e la Corte e dalle recenti dichiarazioni di Eden, che hanno riacutizzato i risentimenti provocati a suo tempo dall'Arbitrato di Vienna ed hanno avuto per conseguenza di indurre moltissimi a dubitare sulla convenienza dell'attuale orientamento politico internazionale della Romania. Le cose sono al punto che Antonescu .gli ha fatto ultimamente sapere che rimpiangeva vivamente che fosse stato rinviato a dopo Pasqua il convegno itala-rumeno, che era stato progettato per lo scorso marzo, ed ha aggiunto che un eventuale ulteriore rinvio avrebbe privato di qualsiasi interesse l'incontro, perché dopo le dichiarazioni di Eden molti oramai si domandavano quali ragioni giustificassero l'ulteriore partecipazione della Romania alla guerra.

L'Eccellenza Bastianini ritiene che anche l'atteggiamento turco abbia il suo peso sulla situazione romena. Gli risulta infatti che sarebbe largamente diffusa nei Paesi Balcanici la persuasione che, qualora le forze anglo-americane riuscissero ad impadronirsi della Tunisia, la Turchia non potrebbe mantenere l'attuale sua neutralità e si vedrebbe costretta almeno ad adottare un atteggiamento simile a quello della Bulgaria, fornendo agli anglo-americani basi e campi di aviazione. E riferisce che, già nella seconda conversazione avuta ultimamente dal nuovo Ambasciatore d'Italia ad Ankara con quel Ministro degli Esteri (2), questi si è espresso in termini molto riservati sugli orientamenti che la politica estera turca potrà essere indotta a seguire nel prossimo avvenire.

accennando a difficoltà nelle quali il Governo di Ankara potrebbe venire a trovarsi, suo malgrado, di mantenere la neutralità, e ciò in considerazione degli obblighi derivanti dal Patto di Alleanza con l'Inghilterra ed a causa di probabili pressioni.

Passando a parlare della guerra l'Eccellenza Bastianini dichiara che tutti a Roma sono persuasi che il Reich ha la possibilità di arrivare a mettere l'U.R.S.S. fuori combattimento, e che quando quest'ultima non conterà più la vittoria definitiva sarà assicurata anche sugli altri fronti. Tutti in Italia hanno ammirato le grandi prove di resistenza e di eroismo date dall'esercito germanico e nessuno ha mai dubitato dell'esito finale della guerra con l'U.R.S.S. L'Ambasciatore von Mackensen può farne fede. Ciò premesso egli deve tuttavia far presente che il Duce pensa che la prosecuzione ad oltranza della sanguinosissima lotta sul fronte russo faccia in definitiva il giuoco delle Potenze plutocratiche le quali non possono ·che rallegrarsi nel modo più vivo dell'ulteriore dissanguamento dell'esercito germanico.

Un'altra questione essenziale sulla quale deve richiamare l'attenzione dell'Eccellenza von Ribbentrop è quella delle gravissime difficoltà con cui siamo alle prese nel problema del rifornimento per via marittima delle nostre forze dislocate sui nove settori d'oltremare. A causa del formidabile concentramento di mezzi marittimi ed aerei operato dal nemico nel Mediterraneo, non v'è ormai più un solo convoglio che riesca ad arrivare in Tunisia, tanto è vero che siamo ridotti a dover ricorrere ai mezzi aerei perfino per il trasporto di munizioni. Anche le comunicazioni nel Tirreno ed in Adriatico si trovano gravemente compromesse, ed a seguito dei ripetuti affondamenti di nostre navi le disponibilità di farina per la popolazione civile in Sicilia ed in Sardegna sono ridotte al fabbisogno di soli cinque e rispettivwmente tre giorni. Anche i motovelieri vengono da qualche giorno fatti sistematicamente segno all'aggressione nemica, e le stesse comunicazioni ferroviarie nell'Italia meridionale ed in Si.cilia sono quotidianamente prese di mira dall'aviazione, la quale è tra l'altro già arrivata a mettere fuori uso un centinaio di locomotive.

Tutto ciò ha provocato nel Paese una ondata di pessimismo, e se è vero che non si deve esagerare la portata di questo, è pur vero che essa non va sottovalutata, specialmente in presenza dell'intensa attività intrapresa da rinnegati al soldo del nemico.

La .gravità della situazione è dimostrata dalle seguenti cifre: nello scorso marzo abbiamo perduto 180 mila tonnellate di naviglio mercantile. Poiché ne abbiamo ancora appena 400 mila, se le perdite continuano con lo stesso ritmo alla fine del prossimo mese ci troveremo senz~ navi e dovremo quindi abbandonare a loro stesse le nostre forze militari dislocate nei vari settori d'oltremare, che comprendono un milione e 374 mila uomini e le cui possibilità di vita e di combattimento dipendono interamente ed unicamente dai rifornimenti marittimi. l

Siffatta situazione desta naturalmente le più gravi preoccupazioni ed induce a ritenere che è indispensabile che al più presto si provveda ad intraprendere qualcosa che possa alleggerire la pressione attualmente esercitata dal nemico su di noi.

Il Ministro von Ribbentrop risponde anzitutto esprimendo l'avviso che le esposte difficoltà militari concernono per il momento specialmente il settore tunislno.

Quanto alla nostra situazione interna egli dice che, a suo modo di vedere, vi sono situazioni che impongono di ricorrere senza esitazione a misure energiche. A tale riguardo egli richiama l'esempio dato da Stalin e l'esperienza fatta nei territori occupati, nei quali con sistemi più miti non si sarebbe mai potuto conseguire l'attuale situazione relativamente soddisfacente. Egli ha voluto recentemente fare in Danimarca l'esperimento dei metodi moderati, ma l'unico risultato che per ora ne ha ricavato è stato un aumento dei tentativi di sabotaggio. I sistemi seguiti in Francia, in Norvegia e nei Paesi Bassi hanno invece avuto per conseguenza di ridurre i tentativi di sabotaggio e l'attività degli agenti del nemico. L'unico sistema dimostratosi veramente efficace nelle difficili situazioni create da questa guerra è stato quello di procedere con estrema fermezza e «brutalità». È questa una guerra di sterminio, che si vince solo procedendo senza alcun riguardo. Il miglior risultato che uno possa oggi augurarsi di raggiungere in un territorio occupato è quello di ottenere che un Governo locale si comprometta con i propri organi amministrativi e di polizia a favore della Potenza occupante: ciò è appunto quanto la Germania è riuscita a fare in Francia, dove Laval è stato portato a compromettersi nella politica di collaborazione con la Germania e nella lotta contro gli autori di sabotaggi e gli agenti nemici. Per quanto non possa riconoscerlo pubblicamente, Laval non può non ammettere che gli è stato recato un segnalato beneficio allontanando dal territorio francese ,gli oppositori e sottoponendo a vigilanza lo stesso Pétain.

Altrettanto occorrerà fare nelle prossime settimane in Grecia, cercando di indurre il nuovo Governo greco a compromettersi di fronte alla popolazione a favore delle Potenze dell'Asse. Occorrerà pure provvedere d'urgenza alla deportazione dalla Grecia di tutti l membri dell'esercito greco disarmato.

Qualsiasi altra politica di compromesso e di intesa sarebbe oggi impossibile e nefasta perché avrebbe per conseguenza di stimolare le opposizioni e provocherebbe la comune rovina.

L'Eccellenza Bastianini esprime l'avviso che siffatti metodi facciano il giuoco della propaganda nemica, la quale ha già dimostrato di saperli sfruttare abilmente ai suoi fini.

Ed a proposito della propaganda nemica egli ritiene che sarebbe quanto mai opportuno che si traesse occasione dal presente convegno per emettere una comune dichiarazione destinata a rassicurare i piccoli Stati.

Von Ribbentrop informa che ha già conferito col FUhrer sulla possibilità di fare una dichiarazione in tal senso, ma che ha finito per aderire al punto di vista contrario espr,esso al riguardo dal FUhrer stesso. Egli ritiene che dichiarazioni del genere possono essere molto pericolose, e si sente confermato in tale suo modo di vedere dalla sfiducia provocata fra gli Stati neutri e fra gli stessi cosidetti «Governi emigrati» dalle imprudenti dichiarazioni fatte dal Governo inglese circa la necessità che i paesi neutrali prendano posizione e circa il direttorio militare europeo e la divisione dell'Europa in sfere di interessi. Egli non esclude che potrebbe riuscire utile di fare qualche dichiarazione purché la formula venisse preparata con grande cautela, dandole un contenuto concreto e «sostanziale». Ritiene però che l'iniziativa debba ln ogni caso rimandarsi a quando si sarà ricuperato saldamente in pugno il controllo della situazione militare e l'iniziativa nei vari settori operativi. Oggi invece una dichiarazione del genere non produrrebbe alcun risultato positivo, ed avrebbe invece con ogni probabilità per conseguenza di provocare irrigidimenti e reazioni che poi richiederebbero fatalmente l'impiego di maggiori forze nei territori occupati (1).

(l) Di questo verbale esiste una «prima edizione», con l'indicazione «visto dal Duce», contenente soltanto le dichiarazioni fatte da Ribbentrop.

(l) Vedi serie nona, vol. VIII, DD. 475, 492, 495, 503 e 506. (l) -Vedi D. 243. (2) -Vedi D. 172.

204

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 2376/032 R. Bucarest, 7 aprile 1943 (per. il 14).

Avendomi il signor Manoilesco detto d'aver saputo dal signor Vaida Voevod che il Conducator, nel corso d'un colloquio avuto con quest'ultimo, aveva espresso il proposito di allargare le basi del gabinetto, ho chiesto ad Antonescu che cosa vi fosse di vero 1n questa voce.

Antonescu mi ha risposto che non il Conducator ma egli stesso da tempo sosteneva una tale necessità. E per darmene la prova mi ha dato lettura di alcuni brani d'un promemoria da lui redatto e presentato proprio nella giornata di ieri al Maresciallo. In tale promemoria Antonescu afferma che vista la gravità della situazione generale e militare è giunto il momento per la Romania di passare da «una dittatura personale a un regime di autorità nazionale». Egli mi ha lungamente illustrato questa formula, che può parere peregrina, col dirmi in so·stanza che bisogna togliere all'attuale governo la sua «bardatura militare». Con molto coraggio rivolgendosi al Maresciallo il signor Antonescu scrive che i militari «mancano di psicologia politica e ignorano gli elementi essenziali dei problemi .economico-finanziari». L'eccesso di dogmatismo è un male ma è forse un male peggiore l'eccessivo empirismo. Bisogna quindi aprire le porte del governo a degli uomini competenti che possano affrontare anche i problemi della futura pace.

Quali saranno gli uomini che verranno chiamati a posti di comando in un gabinetto che pretenda a meglio interpretare i sentimenti di tutta la nazione in quest'ora così grave della sua storia? Antonescu ha parlato di Valda Voevod e di Mironesco. (Accennando al primo però ha detto che il Maresciallo Io considera un frammassone!). Ha aggiunto che è difficile dire per ora quale estensione prenderà la riforma. Essa andrà fino ai limiti del possibile, non comprendendo beninteso oppositori tipo Maniu ma uomini delle classi e tendenze più rappresentative.

Quando potrà avvenire una tale trasformazione? Antonescu parla di maggio «dopo il suo ritorno da Roma». Da tutto il tono del discorso ho tratto l'impre3sione che il Vice Presidente si sente per suo conto bene in sella.

Siccome in questi ultimi tempi erano circolate voci anche di una sua possibile sostituzione e si erano fatti anche i nomi del gen. Dobre e di Valer Pop come possibili suoi successori (tali voci, secondo quanto ho altre volte segnalato, sono ricorrenti) Antonescu ha calcato sul perfetto affiatamento tra lui e il Conducator, quasi a volermi provare la sua stabilità, alla vigilia del suo viaggio a Roma.

Ma su tale stabilità ho già altre volte richiamato l'attenzione di V. E. indicando che essa non è solo un fatto interno e non è solo in funzione del beneplacito del· Conducator.

(l) Non ci sono verbali sui colloqui di Mussolini con Hitler.

205

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

R. s. 1566/532. Bucarest, 7 aprile 1943 (per. il 12).

Il presidente Antonescu mi ha convocato oggi per dirmi che egli e il Conducator avevano letto le raccomandazioni dell'inchiesta Rogeri-Hencke (1). Si proponevano di dare una risposta scritta, ma intanto teneva a comunicarmi che la presentazione di quel memoriale nelle attuali circostanze è «un errore politico».

Il Conducator era stato invitato a Berchtesgaden e vi sarebbe andato il 12 aprile, ma con una viva irritazione in fondo al cuore. In occasione dell'altro viaggio si era fatto evadere Horia Sima (2). Come preparazione all'attuale si presentava il memoriale Rogeri-Hencke ...

Antonescu mi ha fatto un vivacissimo sfogo dicendo che ormai i romeni non sono più disposti a farsi trattare « come dei coloni» ai quali si chiede il sangue e il petrolio, ai quali si domandano delle unità per metterle poi sotto il comando di generali tedeschi, ai quali si danno solo ordini e mai soddisfazioni, si fanno pressioni e minacce e ai quali non si fa un trattamento da alleati.

«Il Conducator andrà a Berchtesgaden ma questa volta sarà molto freddo e riservato. Se gli si chiederà ancora uno sforzo in uomini e mezzi risponderà che dovrà esaminare la situazione e chiederà a sua volta: 1°) che ci si dica dove ci si vuol condurre sul piano politico e sul piano militare. Finora tutto questo è stato un mistero. I tedeschi vogliono ora truppe non solo per impiegarle all'Est ma anche al Sud. Dobbiamo sapere che cosa si vuole da noi; 2°) che lo Stato Maggiore germanico ci tratti non come una colonia, ma come un paese alleato e ci dica quali sono le sue forze le sue riserve e come intende risolvere il problema della guerra. Non basta chiedere uomini mezzi e dettare ordini. Noi non possiamo abdicare a principi che ci sono più cari della nostra stessa vita: abbiamo un'indipendenza, una dignità e una responsabilità che intendiamo rispettare. La situazione di oggi non è più quella di due anni fa. I tedeschi non

si devono fare alcuna illusione. Qualunque romeno verrà al mio posto o a

quello del Conducator non darà mai più di quanto noi abbiamo dato alla

causa comune. Ma qui vi è anche una situazione interna che va salvaguardata

e Maniu e Dino Bratiano in una loro lettera al Conducator hanno formal

mente chiesto che non si diano più truppe per offensive inconcludenti e che

non si immiserisca oltre il paese con ulteriori sforzi di carattere economico».

Il presidente Antonescu mi ha infine dato lettura di un suo lungo progetto di risposta ai due capi dell'opposizione liberale e zaranista di natura vivamente polemica, che non ha ancora mandato ai destinatari <<in vista della possibilità d'un allargamento delle basi del gabinetto (di cui ho parlato con mio telegramma per corriere n. 032) {l) e per non gettare turbamento nel paese>>. Mi ha aggiunto però che al suo ritorno da Roma vedrà se non sarà il caso di pubblicare il documento.

D'altra parte sta di fatto che negli ambienti tedeschi si acutizza quell'irritazione contro l'atteggiamento romeno che va manifestandosi da una decina di giorni a questa parte.

Il barone von Killinger, da me sondato in proposito, mi ha detto che Michele Antonescu non è stato invitato a Berchtesgaden. Dalle sue parole ho tratto l'impressione che a Berchtesgaden si voglia vedere il Maresciallo da solo e senza il suo giovane collega. <<Il Conducator -mi ha detto Killinger -è più laconico e più chiaro». Ad ogni modo il Ministro di Germania ha escluso nel modo più formale che si possano verificare attualmente modificazioni nei rapporti tra i due Antonescu o nella compagine del Governo.

Tutto autorizza a pensare che questo viaggio a Berchtesgaden del Conducator possa assumere una particolare importanza. Se il Maresciallo effettivamente parlerà ed agirà come il suo giovane collaboratore annunzia, quest'ultimo avrà conseguito una notevole vittoria personale e la sua posizione ne uscirà rafforzata. Ma nessuno può escludere a priori la possibilità di altri sviluppi... In ogni caso i colloqui di Berchtesgaden saranno un punto cruciale nelle relazioni tedesco-romene (2).

(l) -Vedi D. 144. (2) -Vedi serie nona, vol. IX, DD. 438, 439.
206

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

R. s. 832/456. Budapest, 7 aprile 1943 (per. il 12).

Il mio collega tedesco, qualche giorno prima della partenza di Kallay per Roma e precisamente parlandomi del passo che si proponeva di fare in relazione all'iniziativa balcanica della Turchia (vedi mio telegramma del 29 marzo scorso

n. 134) (3), mi faceva un lungo sfogo circa l'atteggiamento del Governo ungherese che egli definiva sempre tergiversante e piuttosto lontano dai totali scopi

di guerra dell'Asse. A riprova del suo malumore von Jagow mi enumerava alcuni fatti che provavano una tal carenza magiara di fronte allo sforzo bellico italagermanico. Primo fra questi fatti un volersi accortamente ritrarre dalla partecipazione alla campagna anti-sovietica, secondo un non meno abile schermirsi nell'esecuzione degl'impegni economici, terzo un atteggiamento quasi provocatorio di certi circoli liberali e semitofili, quarto l'inquietante riprodursi delle voci relative ad iniziative pacifiste dell'Ungheria e quinto e di passaggio, il mezzo rifiuto opposto dal Governo ungherese alla richiesta itala-tedesca di rottura dei rapporti diplomatici con il Cile 0).

Nel convenire con il mio collega tedesco sulla giustezza di certe osservazioni, gli facevo peraltro notare che non sarebbe stato conveniente premere la mano su di un Governo il quale non faceva che riprodurre gli ondeggiamenti di una inquieta opinione pubblica mentre in fin dei conti doveva riconoscere a lume di logica, e certamente ne era convinto, che nessun'altra soluzione del problema bellico era riservata all'Ungheria che quella dell'Asse e per l'Asse. Ma von Jagow mi replicava, riferendosi anche a certe osservazioni fattegli dal suo Ministro degli Esteri, che il più recente atteggiamento dell'Ungheria era dispiaciuto al suo Governo ed aggiungeva, a mo' di conclusione, che forse sarebbe stato saggio, ai fini di ottenere una migliore collaborazione dell'Ungheria, far venire il Reggente -il quale finora si è dimostrato di una perfetta ortodossia nei nostri confronti -nel Salisburghese per incontrare il Ftihrer il quale potrebbe manifestargli l'opportunità di sostituire l'attuale Presidente del Consiglio con Imredy, noto per i suoi ideali politici strettamente assisti. Secondo von Jagow questa sarebbe attualmente la migliore soluzione possibile in quanto inquadrerebbe il Governo ungherese in una linea più aderente alle necessità politiche e militari germaniche.

Mi viene adesso detto, da fonte non ufficiale, non essere escluso che l'Ammiraglio Horthy, forse in compagnia di Kallay, si rechi per qualche giorno in visita al Fuhrer: ritengo perciò opportuno informarti, Eccellenza, in linea strettamente confidenziale, di queste ·Considerazioni del mio collega germanico che possono presentare un carattere di attualità, se l'eventualità di tale visita risultasse davvero confermata.

Desidero poi aggiungere quanto altre volte ho riferito e cioè:

!O) Imredy è agli ordini dei tedeschi;

2°) il suo seguito politico è mediocre;

3°) il Reggente lo avversa apertamente;

4°) una sua eventuale nomina potrebbe procurare una grave crisi interna.

P. S. -Dal giorno del mio ritorno in sede ho già visto due volte il mio collega tedesco. Egli mi ha confermato la probabilità di un incontro del Fuhrer con il Reggente d'Ungheria ma non mi ha più riparlato del suo intendimento di proporre la soluzione di Imredy. Può essere perciò che egli si sia astenuto dal parlare a Berlino della cosa o che questa sia stata trovata prematura.

(l) -Vedi D. 204. (2) -Il presente documento reca il visto di Mussol!nl. (3) -Vedi D. 166.

(l) Vedi DD. 6, 27, 152 e 160.

207

IL LUOGOTENENTE DEL RE IN ALBANIA, PARIANI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. P. 151. Tirana, 7 aprile 1943 (1).

Ogni tanto -il più raramente possibile -ti manderò di queste lettere personalissime che, insieme alla sintesi delle mie comunicazioni, metteranno in evidenza persone ed elementi. Mi sembra opportuno che di tali comunicazioni non rimanga traccia negli atti ufficiali: ti pregherei quindi di far bruciare queste mie o tenerle nella tua cassaforte.

La situazione che qui ho trovata è, più che caotica, cancrenosa. Nel campo politico nessuna autorità: molti vorrebbero comandare; tutti senza seguito e senza mezzi per farsi obbedire. Nel campo economico-amministrativo: nessuna seria ed ,efficace organizzazione; unico orientamento è il tornaconto personale. Nel campo morale: corruzione imperante.

Il Governo attuale è amorfo, senza seguito, senza potere, posso dire perfino: senza nessuna considerazione. Pur essendo animato da buone intenzioni a nostro riguardo, ritiene di far buona politica tenendo i piedi in due staffe: nazionalista puro con gli albanesi, unionista remissivo con noi. Quindi: azione blanda, a base di compromessi, e ricerca di addossare a noi ogni responsabilità. Maliq Bushati, presidente del consiglio: uomo rappresentativo, buono, convinto, leale, poco intelligente, amante del divertimento, giuoco e donne, nessuna considerazione. Koliqi, presidente del consiglio corporativo: intelligente, mentalità intrigante, agevolata da abile parola convincente: senza seguito perché considerato un venduto. Non autor,evole, ma pericoloso. Fuori delle fila governative: Mustafà Merlika Kruja, uomo colto, abbastanza intelligente ma teorico, egoista ed ambizioso, inviso a tutti. Kruja e Koliqi stanno cercando abilmente di crearsi, se non il seguito, un complesso di fautori che garantisca loro il potere. Kruja lavora in questo senso allo statuto della Guardia della grande Albania che, in sostanza, sembra si limiterà a creare un complesso di elementi dai quali trarre i dirigenti, mentre tutto il resto verrebbe abbandonato.

Elemento italiano: c'è del buono e del guasto. Ancora troppo affaristi ed insozzatori. del buon nome italiano: purtroppo il marcio resta alquanto occultato per un senso di omertà che cerco scuotere.

In simile situazione ci vorrebbe la bacchetta magica, che io non posseggo. Potrebbe servire la forza: ma essa non c'è in misura adeguata e, quel che è peggio, non si vuole (perché non si può) aumentarla. Il gravissimo incidente della colonna di circa 150 armati con ufficiali, che viene dispersa, mostra che abbiamo di fronte una organizzazione forte, rapida nei movimenti, decisa all'azione.

Il gen. Dalmazzo è bravo, calmo, deciso, collaboratore leale: ma per agire deve riunire e spostare truppe da centri lontani. I lunghi movimenti sono segnalati e quando le truppe arrivano sul posto non c'è più traccia di ribelli: per

contro scoppiano incidenti nelle zone rimaste scoperte. Ogni fatto del genere mentre costa sangue, diminuisce il nostro prestigio ed aumenta quello dei ribelli.

In tale situazione, non potendo avere aumento di forza per imporci, non resta che tentare la riorganizzazione del paese superando il periodo di crisi con qualche atto di energia atto a mantenere (o quanto meno a contenere) l'ordine. Tale riorganizzazione deve ·essenzialmente puntare sui tre punti: ordine, giustizia, approvvigionamenti, pur toccando anche tutti gli altri: istruzione pub-' blica (ora permeata di comunismo), finanza, ecc. Ma nulla si può fare senza che sia fissato un programma ed assicurati i mezzi per realizzarlo.

Ritengo perciò indispensabile che, ora che ho fatto un primo orientamento, io venga a Roma per partecipare ad una riunione presso il Ministero degli Affari Esteri (con l'intervento possibilmente del Capo di Stato Maggiore Generale e del Ministro delle Finanze) nella quale sia chiarita la situazione e definita la linea di condotta da seguire. Io potrei giungere a Roma il 19-20 corrente, per ripartire dopo due o tre giorni.

(l) Manea l'indicazione della data d'arrivo.

208

IL CONSOLE GENERALE AD INNSBRUCK, MORGANTI, AL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO

L. R.P. Innsbruck, 7 aprile 1943 (1).

Ti rimetto copia del telespesso n. 7480/287 in data 31 marzo diretto alla Superiore Ambasciata in Berlino (2), concernente la situazione creatasi ad Essen in seguito ai bombardamenti aerei britannici (ul.timo escluso).

Accludo, inoltre, un promemoria (3) dove, in sintesi, ho raccolto le impressioni di ufficiali e militari di truppa reduci dal fronte russo e transitati da Innsbruck.

Mi sono astenuto dal riferire episodi invero molto incresciosi raccontati spontaneamente dai nostri valorosi combattenti ed ho sorvolato, per evidenti motivi, su questioni squisitamente militari sebbene, dato il carattere stesso del promemoria, non abbia potuto esimermi dal fare anche in questa materia un fugacissimo cenno.

A mio avviso sono di particolare rilievo quei passi del promemoria stesso relativi al trattamento subito dai nostri soldati da sovietici e da tedeschi e l'opinione molto diffusa, nei nostri combattenti, sulla efficienza bellica dell'esercito rosso, dotato di materiale ottimo e in grande quantità, sul valore del soldato russo e sulla capacità del comando.

Aggiungo, inoltre, che molti reduci sono stati particolarmente colpiti dalle realizzazioni del regime per quanto concerne la creazione di potenti centri industriali.

22 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

Del resto le stesse cose sono pubblicamente dette dai militari tedeschi reduci dal fronte russo, come ho già avuto occasione di segnalare in alcuni miei rapporti dello scorso anno.

Mi sono astenuto di proposito dal riferire prima su tale delicato argomento, poiché ho voluto raccogliere le impressioni non solo dei militari transitati lo scorso febbraio che, necessariamente, erano più scossi in seguito alle sofferenze patite durante la penosa ritirata nella steppa, ma anche quelle di reparti che, sebbene duramente provati, avevano avuto campo di riordinarsi nelle retrovie prima di rientrare in Patria.

Naturalmente ho riferito tutto con assoluta obiettività (1).

ALLEGATO

IL CONSOLE GENERALE AD INNSBRUCK, MORGANTI, AL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO

PROMEMORIA. Innsbruck, 7 aprile 1943.

Durante il rimpatrio orma1 m corso di ultimazione delle truppe italiane dell'VIII armata dislocata sul fronte orientale, ho avuto modo, nel recarmi a porgere ai valorosi reduci il saluto del Fascio e della collettività italiana, di raccogliere dalla viva voce di ufficiali e dei soldati, impressioni, commenti e notizie che mi sembrano di particolare interesse per lumeggiare lo stato d'animo dei nostri gloriosi combattenti al momento in cui questi, dopo mesi di durissimi combattimenti e di continui e non ancora del tutto noti sacrifici, rientrano in Italia per un periodo di riposo e di riordinamento.

Tralasciando le informazioni e le considerazioni di carattere prettamente militare riterrei opportuno soffermarmi soprattutto sullo stato d'animo che regna fra i nostri combattenti e sulle ripercussioni provocate dal contatto diretto col nemico.

Tra gli ufficiali e soldati si è unanimemente confermata, malgrado le recenti vicende, la considerazione di cui godeva l'organizzazione militare germanica: l'aviazione tedesca è in particolare oggetto di grande ammirazione, e ad essa viene in gran parte attribuito il merito di avere evitato che la situazione delicatissima determinatasi sul fronte russo precipitasse verso una catastrofe di conseguenze incalcolabili.

Ciò non impedisce che fra gh ufficiali vengano espresse critiche sulla imprevidenza del comando militare germanico che non avrebbe saputo commisurare le possibilità delle proprie truppe e di quelle alleate agli obiettivi offensivi e difensivi ad esse assegnati; ciò non impedisce sopratutto ad ufficiali e a solda;ti di manifestare il loro profondo risentimento per i metodi usati nei confronti delle truppe italiane dai tedeschi, che vengono apertamente accusati di assoluta mancanza di cameratismo.

Viene in particolare lamentato il fatto che, quando già l'offensiva russa si spiegava in tutta la sua intensità nel settore Stalingrado -medio Don, i comandi germanici abbiano costantemente respinto le insistenti richieste di carburante formulate dai compagni italiani; ciò mentre esistevano, fin a ridosso delle prime linee nei settori contigui a quello dell'Arm. l. R., ingenti depositi di benzina che più tardi, sotto la pressione dell'avanzata nemica, si è stati costretti ad incendiare. La mancanza di carburante sarebbe stata la causa principale della perdita di gran parte dell'armamento dell'VIII armata, che è stato impossibile far ripiegare, ed essa ha obbligato le nostre truppe ad una faticosissima marcia di ripiegamento dal Don a Dniepropetrowsk e di qui a Gomel.

D'altra parte i comandi germanici vengono pure accusati di non aver avvertito tempestivamente i comandi italiani del concretarsi della minaccia di aggiramento e della decisione di ripiegare già adottata dai reparti germanici; cosicché le nostre truppe, che avevano contenuto l'attacco nemico sul fronte ad esse assegnato, avrebbero iniziato la ritirata con ritardo rispetto alle truppe germaniche ed avrebbero spesso dovuto sostenere da sole la incalzante pressione del nemico.

Ma sarebbe stato durante il ripiegamento compiuto sotto la costante minaccia delle colonne aggiranti sovietiche che si sarebbe manifestata la più completa assenza di cameratismo e di comprensione da parte dei comandi germanici, preoccupati solo di salvare quanto più possibile dei loro uomini e dei loro materiali. Gli ufficiali hanno riferito di aver dovuto, spesso, difendere con le armi gli automezzi che reparti delle SS e dell'esercito germanico cercavano di requisire per adibirli al trasporto di materiale e soldati germanici. Ai nostri feriti e congelati sarebbe stata negata qualsiasi assistenza ed essi sarebbero stati costretti coi mezzi più brutali a discendere dai trasporti germanici, sui cui essi tentavano di salire. Si è pure riferito che ai soldati ed ufficiali di una nostra divisione, rimasta isolata insieme a reparti germanici, e poi riuscita a rompere l'accerchiamento, sarebbe stato negato da parte dei soldati tedeschi che ancora disponevano, a differenza dei nostri, di viveri in relativa abbondanza, qualsiasi aiuto di cibo; neppure al generale comandante la divisione, gli ufficiali tedeschi ritennero di dover offrire di partecipare alla loro mensa.

Particolare indignazione ha poi suscitato la voce fatta circolare purtroppo anche all'interno della Germania, che vorrebbe attribuire al cedimento delle nostre truppe la perdita della VI armata germanica davanti a Stalingrado come pure l'intero movimento di ritirata avvenuto nei mesi di dicembre e gennaio: ciò quando, per riconoscimento dei comandi germanici di prima linea, come pure dello stesso nemico, i nostri reparti si sono battuti con valore ineguagliabile, riuscendo spesso a riprendere posizioni già evacuate dai tedeschi, e coprendo a prezzo di inauditi sacrifici Ia ritirata del grosso dell'esercito sulle posizioni di resistenza.

Si deve far rilevare come voci del genere siano state fatte circolare anche per quanto concerne le truppe romene ed ungheresi, oggetto, a detta dei nostri militari, di un trattamento ancora peggiore di quello riservato agli italiani. D'altra parte numerosi alti ufficiali germanici hanno tenuto a rendere omaggio al valore delle nostre truppe, come ad esempio il comandante del corpo corazzato, già generale dell'esercito austriaco, che aveva alle sue dipendenze la divisione Julia, il quale non solo ha richiesto la citazione delle nostre unità nel bollettino dell'O.K.W., ma additò più volte in suoi ordini del giorno i nostri alpini ad esempio dei suoi stessi soldati.

Ai sentimenti di ostilità nei confronti dei germanici, di cui si è più sopra dato un breve cenno, fa riscontro, nell'animo dei nostri soldati, un sentimento di accresciuta considerazione nei confronti del popolo, dell'esercito e forse anche dello stesso regime russo. Le nostre truppe hanno, come è noto, operato nell'Ucraina, zona tra le più ricche della Russia e abitata da popolazioni che si differenziano abbastanza nettamente per costumi, indole ed educazione dai russi propriamente detti. La profonda umanità dei nostri soldati, che si sono prodigati per alleviare le sofferenze della popolazione civile, ha attirato loro numerose simpatie, specie perchè messa in contrasto con l'implacabile severità del dominio tedesco; cosicché malgrado l'infierire della guerra dei partigiani -meno intensa del resto nel settore meridionale del fronte che non in quello centrale i rapporti tra truppe italiane e popolazione russa sono abbastanza cordiali, fino a spingere i nostri ufficiali a cercare di frenare gli eccessivi contatti fra i nostri militari ed i civili russi.

D'altro canto, il constatare nei territori occupati la potenza dell'organizzazione industriale creata dal regime sovietico, nonché il graduale rivelarsi di una insospettabile potenzialità difensiva ed offensiva nell'esercito rosso, non ha mancato di suscitare la più viva impressione fra i militari dell'armata I.R., i quali non nascondono neppure la loro considerazione per l'indiscutibile valore del soldato russo, e per la capacità dei comandi.

I comandi bolscevichi hanno d'altra parte cercato, in ogni maniera, di svolgere opera di propaganda fra le nostre truppe. Pare, per quanto le dichiarazioni su tale soggetto siano estremamente contraddittorie, che il trattamento riservato ai nostri prigionieri,

specie durante i primi giorni dell'offensiva russa, sia stato volutamente abbastanza corretto, mentre interi reparti germanici venivano dopo la loro cattura passati per le armi. Un ufficiale superiore ha riferito che nostri alpini, fatti prigionieri dai russi e poi riusciti a fuggire, hanno dichiarato di essere stati ben trattati dai russi, a differenza dei loro compagni germanici; i russi avrebbero tuttavia tolto agli ufficiali italiani di ogni grado i loro distintivi riservando loro il medesimo trattamento dei militari di truppa. È degno di nota il fatto che la custodia dei prigionieri veniva quasi interamente affidata a reparti di partigiani, e che molto spesso i nostri militari vennero interrogati da commissari politici che, per la perfetta conoscenza della nostra lingua e per loro stessa dichiarazione, erano riconoscibili quali cittadini italiani emigrati in Russia e passati al servizio dell'esercito rosso.

D'altra parte, altri ufficiali hanno riferito su casi di fucilazione di nostri ufficiali fatti prigionieri: sembrerebbe trattarsi soprattutto di appartenenti al corpo bersaglieri che venne nell'inverno 1941-42 impiegato nelle retrovie germaniche in operazioni di polizia contro i partigiani.

Le condizioni fisiche e morali delle nostre truppe apparivano buone, fatta eccezione dei primi invii di feriti, congelati e avvicendati. Malgrado la nuova coscienza delle difficoltà della guerra e della potenza dell'avversario, i nostri ufficiali conservano intatta la fiducia che sia possibile contenere la minaccia rossa, anche se pochi condividono la fiducia di una prossima completa eliminazione della Russia dal conflitto, a cui troppi elementi di ordine militare e geografico continuano ad opporsi, anche dopo le gravi perdite subite dall'esercito rosso durante i primi due anni di guerra. Non è mancato però chi ha riferito la voce, che sarebbe diffusa anche tra gli alti comandi germanici, secondo cui i dirigenti rossi riserverebbero ai loro avversari la «terza sorpresa» (dopo le prime due costituite dalla resistenza del '41 e dall'offensiva invernale del '42-'43) che consisterebbe nello scatenamento di una grande offensiva bolscevica d'estate.

(l) -Manca l'indicazione delia data d'arrivo. (2) -Non pubblicato. (3) -Vedi allegato.

(l) Il presente documento reca il visto di Mussolini.

209

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 2220/174 R. Sofia, 8 aprile 1943, ore 8 (per. ore 18,45).

Questo Presidente del Consiglio mi ha ieri parlato recente visita Re Boris a Berchtesgaden (l) ponendo in rilievo come non si debba trovare in essa alcun fatto «sensazionale».

Il viaggio del Sovrano in Germania appare trovare, secondo il signor Filoff, il suo motivo principale nella necessità di considerare e discutere preventivamente, nel quadro dei rapporti politici e militari tra la Bulgaria e l'Asse, qualsiasi eventualità dovesse verificarsi nei prossimi mesi in questo settore. Circa materiale tedesco per Bulgaria esso continua anche se con una certa lentezza ad arrivare qui dalla Germania. Quanto ai contingenti tedeschi nella Balcania essi appaiono per quanto ancora su piccola scala in aumento. In questi giorni sono transitati per la Bulgaria provenienti fronte meridiona.le russo e diretti territorio ·ex jugoslavo alcune miglia1a di russi.

(l) Vedi D. 193.

210

COLLOQUIO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI TEDESCO, RIBBENTROP

VERBALE. Castello di Klessheim, 8 aprile 1943, mattina.

L'Eccellenza Bastianini apre la conversazione osservando che -dopo le recenti dichiarazioni inglesi -le corrispondenze pubblicate in data odierna dalla stampa nordamericana, sulla necessità di riservare alle Potenze unite il monopolio nell'industria di guerra, e le raccO'Illandazioni fatte da detta stampa sulla necessità di accordare maggiore fiducia all'U.R.S.S. nel campo internazionale, confermano a suo avviso l'impressione che il momento è particolarmente propizio per una dichiarazione destinata a rassicurare i piccoli Stati sugli scopi di guerra delle Potenze dell'Asse. Egli riferisce che il Duce ritiene che si debba approfittare della situazione di disagio nella quale siffatte manifestazioni sono destinate a mettere le Potenze nemiche di fronte ai piccoli Stati per compiere un gesto efficace al fine di controbattere la propaganda di guerra avversaria, assicurando i piccoli Stati che le Potenze dell'Asse non hanno in mente di sopprimerli, ed anzi intendono garantirne la pacifica sopravvivenza sotto la loro egida chiarendo bene che l'attuale situazione è stata originata unicamente dalla necessità di impedire all'Inghilterra di portare la guerra sul continente.

Alla domanda rivoltagli da von Ribbentrop, se si propone di rivolgere tale dichiarazione ai soli neutrali od anche ai Paesi occupati, l'Eccellenza Bastianini chiarisce che la dichiarazione dovrebbe avere carattere generale.

Von Ribbentrop informa che il Fiihrer si è espresso in proposito anche stamane nel senso riferito nel colloquio di ieri (1), e riterrebbe pertanto che sarebbe particolarmente opportuno che il Duce parlasse personalmente al Fiihrer di tale sua proposta.

L'Eccellenza Bastianini esprime l'avviso che la situazione militare germanica non dovrebbe, nella sua evidente solidità, motivare alcun dubbio circa l'opportunità di scegliere questo momento per emettere la proposta dichiarazione.

Von Ribbentrop risponde che, pur essendo molto solida, l'attuale situazione militare tedesca è tuttavia particolarmente sfruttata dalla propaganda nemica per magnificare la vastità delle possibilità anglo-americane.

Ritornando all'attuale situazione dell'Italia l'Eccellenza Bastianini ricorda le dichiarazioni fatte da Churchill fin da epoca anteriore al nostro intervento, secondo le quali se le Potenze dell'Asse non fossero riuscite ad impadronirsi dell'Egitto prima che potesse venir dato pieno sviluppo al potenziale bellico nordamericano, col concentramento di tale potenziale nel Mediterraneo, sarebbe stato possibile all'Inghilterra di eliminare l'Italia dal campo avversario entro poche settimane di lotta senza quartiere.

Tale minaccia è ora divenuta attuale, date le possibilità di sbarco che si aprono agli anglo-americani nell'attuale situazione e l'eccezionale sviluppo da essi dato ultimamente al reclutamento di tutti i rinnegati italiani dell'Africa del Nord e d'America, ed occorre quindi prenderla seriamente in esame. Churchill prevedeva altresì fin da allora che dopo avere eliminato l'Italia, che è la Potenza meno forte, si sarebbe pensato alla Germania che è bensì un osso molto più duro, ma che dopo l'eliminazione dell'Italia si sarebbe pure trovato modo di battere.

Occorre ora riflettere: nel periodo necessario per mettere la Russia fuori combattimento, cosa avverrà nel Mediterraneo dove abbiamo perduto ogni iniziativa e dove ci troviamo così esposti? L'elemento dirigente italiano ne è seriamente preoccupato perché non vede come, specialmente se si perde la Tunisia, sarà possibile, non solo ricuperare la possibilità di combattere in modo efficace un nemllco che si dimostra sempre più forte e deciso, ma anche resistere ai bombardamenti che si svilupperanno inevitabilmente in una misura da paralizzare praticamente la produzione bellica e la stessa vita del Paese. In tale situazione dovrebbe fatalmente giungere il giorno in cui ogni possibilità di resistere verrebbe meno ed in cui ci si troverebbe inesorabilmente ed illimitatamente abbandonati all'arbitrio ed alla violenza nemica. Del resto già ora la nostra situazione è ben delicata, dato che non abbiamo più caccia e che per mancanza di nafta e di scorta dobbiamo lasciare le nostre navi d'a battaglia immobilizzate in porti che si trovano pericolosamente esposti all'azione della aviazione nemica. Per quanto si lavori nella misura del possibile, ciò che si produce è di ,gran lunga al di sotto delle nostre necessità di guerra, e per giunta le forniture germaniche di acciaio ci sono state recentemente ridotte.

L'Eccellenza Bastianini tiene a mettere in rilievo che egli fa tali dichiarazioni non solo come Sottosegretario agli Esteri italiano al Ministro degli Esteri del Reich, ma anche come fascista della prima ora al camerata nazionalsoclalista, e che le fa tanto più liberamente in quanto è pronto a pagare di persona la fede fascista ove si presentasse la necessità di... (1).

Von Ribbentrop ritiene che finché le forze dell'Asse potranno mantenersi a Tunisi gli anglo-americani non oseranno tentare sbarchi in Europa. Inglesi ed Americani hanno infatti dimostrato di non essere fautori di una strategia eccessivamente audace, e di preferire di procedere con metodo e col massimo possibile di sicurezza, ciò che indurrebbe ad escludere un pericolo imminente di loro iniziativa su altri settori. Il FUhrer d'altra parte è sempre deciso a sostenere con ogni mezzo la difesa ad oltranza del ,fronte tunisino, e ciò anche perché in quel settore si trovano impegnate parecchie truppe scelte germaniche che non potrebbero in alcun modo essere evacuate e dovranno quindi difendere Tunisi fino all'estremo limite delle possibilità. Sta ai militari di dire se frattanto può essere intrapresa qualche altra operazione per migliorare la situazione nel Mediterraneo. Ciò che ad ogni modo è sicuro è che il FUhrer, il quale segue e controlla sempre da vicino i tre settori strategici, e cioè il fronte russo, la difesa del continente ed il Mediterraneo, farà quanto sarà in suo potere per aiutare l'Italia. La guerra attuale è infatti una ,guerra comune del Reich Na

zionalsocialista e dell'Italia Fascista ed è per entrambi gli Stati una guerra di

vita e di morte.

Concludendo von Ribbentrop dichiara che si propone di conferire nelle prime ore del pomeriggio con il Ftihrer sulla possibilità di fare quanto politicamente e militarmente appaia suscettibile di migliorare la nostra situazione. E aderendo al punto di vista replicatamente espresso dall'Eccellenza Bastianini egli riconosce ora che potrebbe eff.ettivamente convenire di approfittare del disagio provocato dalle imprudenti dichiarazioni avversarie per fare qualche abile dichiarazione politica circa i fini di guerra delle Potenze dell'Asse. Ripete però che il Ftihrer ritiene l'attuale momento poco propizio per siffatte d~chiarazioni, che potrebbero essere interpretate come una dimostrazione di debolezza. D'altra parte von Ribbentrop pensa che converrebbe distinguere in tale dichiarazione fra Stati neutrali e Stati occupati o controllati, !imitandone la portata agli Stati neutrali per non dare occasione a quelli occupati di affacciare nuove esigenze, .e ciò specialmente in previsione della necessità che si presenterà prossimamente di procedere a nuovi reclutamenti di mano d'opera nelle regioni occupate.

L'Eccellenza Bastianini a richiesta chiarisce che a nostro modo di vedere la .formula della dichiarazione dovrebbe richiamare opportunamente le posizioni e le mète di guerra iniziali delle Potenze dell'Asse, ricortlando che queste sono scese in campo perché costrette dalla necessità vitale di rivendicare il diritto a partecipare al godimento delle risorse economiche mondiali attraverso un'equa redistribuzione e l'eliminazione degli esosi monopoli costituiti da certe ristrette oligarchie finanziarie che accaparrano le possibilità di vita e di benessere esistenti escludendone la maggior parte dei popoli europei. Ed aggiunge che -anche ai fini della propaganda interna delle due Potenze dell'Asse -. riterrebbe opportuno che nella dichiarazione in progetto venisse fatto esplicito richiamo alla vitalità dei principi e degli orientamenti che sono alla base dei movimenti fascista e nazionalsocialista.

(l) Vedi D. 203.

(l) Parola 1lleggibile per il deterioramento del documento.

211

CONVERSAZIONE DEL DIRETTORE DELL'AGENZIA STEFANI, SUSTER, CON IL CAPO DELL'UFFICIO ITALIA DEL MINISTERO DEGLI ESTERI TEDESCO, URACH

VERBALE. Castello di Klessheim, 8 aprile 1943.

Il Principe Urach con il quale sono in rapporti di confidente amicizia non nasconde la sua preoccupazione per il corso ed i risultati della riunione in corso ammettendo che la valutazione italiana della situazione sia bellica che politica differisce sostanzialmente da quella germanica e deprecando che riunioni del genere avvengano a tanta distanza l'una dall'altra lasciando così accumulare dalle due Parti preoccupazioni e propositi differenti.

Auspica che gli incontri fra il Duce ed il Fiihrer possano diventare periodici svolgendosi almeno una volta ogni tre mesi integrati da colloqui fra i due Ministri degli Esteri.

Alle mie argomentazioni sullo stato di cose che ha portato a tale differente valutazione della situazione il Principe Urach mi assicura di aver seguito molto da vicino in questi ultimi mesi l'evoluzione dello stato d'animo italiano e di comprenderne quindi perfettamente le origini e la genesi. Aggiunge che purtroppo non tutti in Germania si vogliono render conto di ciò tanto che lo stesso Ministro von Ribbentrop commentando ultimamente un suo rapporto verbale su tale problema diceva: «Non bisogna che ci lasciamo troppo impressionare dalle reazioni italiane. Quello è un popolo ·che si infiamma e si impantana con altrettanta facilità e rapidità quanto si smorza e si rime'tte in moto».

Il Principe Urach aggiunge che per fortuna il Ftihrer è sempre molto sensibile al fascino ed all'influenza del Duce tanto che egli stesso lo sentì un giorno dichiarare che l'unico suo vero amico, l'unico uomo con il quale sentiva di poter parlare a cuore aperto con la certezza di essere compreso fin nelle sue più recondite intenzioni, era Mussolini. Il Principe Urach aggiunge che per questo tanto più il Duce parlerà con il Fiihrer chiaro e forte e tanto più esistono possibilità di reciproca comprensione anche nella difficile fase attuale della guerra.

Il Principe Urach teme però che per una impostazione politica del conflitto possa e~ssere ormai in un certo senso o troppo tardi date le applicazioni dei noti metodi nelle terre di occupazione, o troppo presto dato che nelle attuali contingenze appare impossibile, senza gravi pericoli, mutare criterì e sistemi nei confronti delle popolazioni dei Paesi occupati.

Anche il Principe Urach parla poi delle relazioni con il Vaticano assicurandomi che dalla nomina dell'attuale Sottosegretario agli Affari Esteri ad Ambasciatore presso la Santa Sede ci si attendono favorevoli risultati per una chiarificazione dato che l'uomo è notoriamente tra i più miisurati prudenti e comprensivi elementi della Wilhelmstrasse.

Il Principe Urach mi chiede poi quali siano le mie impressioni sui contatti personali stabilitisi tra Bastianini e von Ribbentrop aggiungendo che per conto suo egli giudica che essi abbiano comunque assunto un fondo di franchezza e di realismo che avevano perso quando si svolgevano tra von Ribbentrop e Ciano.

Il Principe Urach si augura infine che la riunione sfrondata da ogni elemento propagandistico possa veramente segnare il prevalere della ragione ammonendo però che non sarà facile dato che gli estremisti e gli intransigenti che appartengono sopratutto agli elementi dirigenti del Partito sono ancora presso il Ftihrer molto forti e numerosi. Nell'amministrazione e nell'esercito lo stato d'animo è diverso ma questo non ha che un'importanza relativa dato che chi decide è ·Poi sempre e soltanto il Fiihrer. Questi. da molti mesi è ormai completamente assorto nei gravissimi problemi militari dell'attuale fase bellica cosicché per ricondurlo sul piano politico soltanto la parola del Duce può essere decisiva e chiarificatrice.

«Come vedete -conclude il Principe Urach -il Duce ha in un certo senso funzioni direttive anche in seno alla collettività germanica».

212

CONVERSAZIONE DEL DIRETTORE DELL'AGENZIA STEFANI, SUSTER, CON IL GAULEITER SUNDERMANN E CON IL CAPO DELL'UFFICIO STAMPA

DEL MINISTERO DEGLI ESTERI TEDESSO, SCHMIDT

VERBALE. Ca.,stello di Klessheim, 8 aprile 1943.

Il Gauleiter Sundermann ed il Ministro Schmidt mi hanno invitato a pranzo per parlare della situazione. Sundermann esponente battagliero del Partito affronta ,con molta passionalità l'argomento guerra e certezza di vittoria. Egli afferma ,che sarebbe un errore entrare oggi in qualsiasi dettaglio di carattere politico perché in ,seguito al momento ed alle difficoltà di carattere militare dinanzi alle quali si trova l'Asse ogni enunciazione su questo piano non potrebbe costituire altro che un sintomo di debolezza facilmente sfruttabile da parte avversaria.

Evidentemente come propaganda giornalistica il problema della nuova Europa deve essere agitato e le situazioni dei vari popoli discusse sia come diritti 'Che come doveri, ma i due Governi, secondo Sundermann, non devono assolutamente impegnarsi in nulla poiché per essi non può esistere che un solo ed unico problema <<resistere» finché gli avversari si siano convinti che torna più conto a loro il cessare la guerra che non il contfnuarla.

Sundermann esamina l'eventualità che gli anglo-americani [tentino] di sbarcare in Euro1pa ed afferma che manovrando per linee interne qualsiasi tentativo de<! genere può essere sicuramente stroncato al massimo nel termine di quindici giorni dall'esercito germanico, mentre è chiaro d'altro canto che l'impresa di sbarcal'e sul continente presenta difficoltà colossali come è stato dimostrato dal fatto che la Germania stessa non ha mai tentato di !sbarcare ln Inghilterra.

Non vi è una ragione al mondo afferma Sundermann per cui quello che non osò fare lo Stato Maggiore ,g'ermanico contro l'Inghilterra debba tentare il fare lo Stato Maggiore anglo-americano contro l'Europa.

D'altro canto l'esErcito tedesco che è stato capace di fermare quest'inverno in condizioni difficilissime la marea dell'esercito bolscevico non può nutrire eccessive preoccupazioni dinnanzi alle armate anglo-americane che per numero e per mezzi sono infinitamente inferiori alle armate di Stalin.

Il problema quind~ è oggi più che mai uno .solo: saper attendere senza nervosi.smi e senza timori che rrnghi1lterra e l'America si convincano dell'inattaccs bilità dell'Europa e quar~_do questa convinzione affiorerà tra le opinioni pubbliche essere pronti ad irrlpostare il problema .politico della pace secondo i nostri concetti e sopratutto se•condo i nostri interessi.

L'Italia nel quadro di una tale situazione deve purtroppo sopportare sempre più duri sacrifici ma può esser certa che ovUnque giunga una linea ferroviaria od una strada, ovunque c.ioè si possa 'Camminare o correre sulla terra ferma la sua integrità sarà tutelata.

Non parlfamo dunque di1ce Sundermann d'i elementi psicologi'Ci, di valori spirituali, di concezioni politiche. Quello che conta è soltanto lo stivale del

soldato che difende la terra. Dobbiamo dimostrare che siamo invincibili e la vittoria anche in questo senso negativo ne deriverà automaticamente. Oggi né con i russi, né con gli anglo-amer'icani, né con .le popolazioni dei

'

paesi occupati è possibile parlare alcun altro linguaggio che quello delle armi poiché è l'unico che capiscono, è l'unico che li possa canvincere de];l'inutilità di persistere nella lotta contro di noi.

Noi tedeschi -afferma Sundermann-possiamo continuare la guerra anche diecà anni. Gli altr'i cer'tamente no:n lo possono perché hanno da fare i conti con delle opinioni pubbliche che non sono altrettanto disciplinate e patriotti'che quanto le nostre.

Se dunque una mano deve esser tesa non può certo es-ser la nostra, se una base deve essere creata per mutare i termini dell'attuale problema di guerra, .bisogna saper S<cegliere il momento ·giusto per trarne il mas:simo ed immediato vantaggio.

Gli alleati si sono rovinati con la pubblicazione fuori tempo della Carta Atlantica, oggi ormai svalutata e rid'icolizzalta dalle polemiche e dalle discussioni. Sarebbe un errore madornale da parte nostra seguirli sul piano polemico mettendolci a .fare delle enunciazioni sia ·pur Idi prinCipio che chissà se al momento della ·pace po•ssano ancora corri'spondere ai nostri particolari interessi. P.er la Germania è infatti e\sseizlzìale mantenere le mani assolutamente libere per quel che •concerne il riassetto europeo dato che oggi è impossibile prevedere quali necessità creerà per essa il ristabilimento della pace.

Il Ministro Schmìdt che aveva a•scoltato attentamente le a•ppasslonate dichiarazioni di Sundermann intervenendo soltanto di tanto in tanto con qualche frase per appoggiarne le argomentazioni o controbattere le mie riserve, giunge ora di rincalzo per diichiarare che ormai del resto la cosa è stata oggi chiarita nei colloqui che si sono svolti e -dimenti·cando come il giorno prima avesse auspicato •che il comunicato conclusivo di questo incontro potesse an,dare molto più in là polit]camente .del comunicato e'manata dopo i colloqui romani tra il Duce ,e von Ribbentrop -annuncia di avere già preparato ed ottenuto l'approvazione per un comunicato di carattere unicamente militare.

. Ciò non significa -egli aggiunge e precisa -che la tesi italiana sia stata respinta od abbandonata da noi, ma soltanto che è stato deciso di rinviarne l'enunciazione dato che veramente gli inconvenienti che ne potrebbero derivare sono molto maggiori dei vantaggi che si possono prevedere.

Il Ministro Schmidt aggiunge che gli itali:ani non debbono lasciarsi influenzare da una fase più o meno favorevole del conflitto. Le notizie Oldierne giunte dalla Ttmìsia sono secondo lui molto migliori e del resto anche se si dovrà abbandonare l'Africa ciò non signHicherà affatto che le sorti della guerra siano compromlelsse. Gli anglo-americani per vincere debbono st'abilirsi sul continente e questo è da considerarsi escluso nel modo .Più categorico.

Gli unici punti infatti nei quali potrebbero tentare con qualche probabilità ài successo una tale impresa sono la .Spagna e la Turchta. Per la prima sul!la catena dei Pirenei non sarebbe difficile fermarli, per la seconda ci sono i Dardanelli e la spo~a europea di essi può essere rapidamente presidi'ata.

, Ogni enunciazione politica, ogni elemento nuovo all'infuori di quello delle armi che venisse introdotto da parte nostra nel conflitto costituirebbe dunque un errore creando nuovi problemi dato che il processo di esaurimento dei nostri avversar'! non è ancora giunto a maturazione né vi giungerà finché non abbiano subito qualche duro e diretto colpo.

Il lasciar loro credere dunque che siamo magari in qualche difficoltà, H luslngarld a tentare un'azione risolutiva potrebbe forse essere una buona tat,tica per agganciarli ed infligger loro .quella deiusione che valga a ricondurli alla constatazione della loro impotenza.

Una dichiarazione da parte nostra, un qual'Siasi tentativo di creare una contro Carta Atlantrea non genererebbe dnV'ece che confusione dato che ne nascerebbero degli equivoct e delle zone d'ombra tra amici e nemici mentre invece sappiamo molto bene che esistono soltanto dei nemici i quali non sperano in ailtro che nella nostra totale sconfitta. L'espenenza tedesca nei p:aesi occupati dimostra del resto che l'unico modo effi'cace di amministrare i territori è quello militare senza contare su collaboraZidni od ade'Sioni degli autoctoni

che in pratic•a si sono sempre dimO'strate negative agli effetti di ogni ri'lmltato pratico.

Gli itaLiani secondo il Mi~tstro Schmidt sono ancora ammalati di politica perché il loro pensiero precede sempre gli avvenimenti e razione ma in guerra non è •la r~ealtà che nasce dalla teori'a ma bensì sono le teorie che debbono nascere d8illa realltà.

Il Ministro Schmidt conclude la conversazione augurandooi che noi comprendiamo senza riserve il punto di v1sta germanico e crediamo senza esitazione all!e ·buone ragioni che lJo sostanziano.

Mi rimane l'impressione ,che g'li elementi politici estremisti ed irresponsabili del .Partito abbiano ·prevalso nell'ambiente dell Fiihrer e che il Ministro Schmidt abbia parlato così anche :perché Sundermann l'a'scoltava.

Comunque sia l'uno che l'altro no'n nascondevano la loro sorrid1ente soddisfazione e quando io chiedo se delle nostre tesi non 'appanrà neppure un accenno ne'l comunicato finale mi rispondono che no'n è il caso di farlo perché l'argomento potrà essere impostato soltanto quando la situaz'ione milltare sarà diversa.

213

IL MINISTRO A BERNA, TAMARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N, D. PER CORRIERE 2305/0128 R. Berna, 9 aprile 1943 (per. l'11).

'Deles,presso minfsterlale n. 1/1325 del 16 marzo u.s. (1).

Il consigliere federale Pilet Golaz, do:po aver accennato a certi Stati minori che sarebbero lieti se potessero sganciarsi dallla guerra e a emissari arrivati in Svizzera per sondagg'i pres'So i nostri nemici, ha fatto cenno a un emissario ungherese «qui a été mème très imprudent ,, Credo da altre poche pa

role che si riferisca all'ex ministro Baranyay, di cui al telespresso in riferimento. Di Gafenco invece, confermando i contatti che tiene a Ginevra con anglo-americani, ha detto che è sempre molto prudente.

(l) Non rinvenuto, ma vedi D. 111.

214

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2324/0214 R. Sofia, 9 aprile 1943 (per. il 12).

Questo Presidente del Consiglio mi ha ieri nuovamente parlato della nota iniziativa turca circa la utilità di particolari accordi tra i paesi dell'Europa orientale e mi ha confermato come essa appaia attualmente arenata e, almeno per ora, messa in disparte. Nel fare tale constatazione il signor Filoff non ha mancato di esporre alcuni dubbi circa le intenzioni del Governo di Ankara, e, sopratutto, di fare alcune allusioni a possibili speranze turche di vedere risorgere, in un modo o in un altro, l'antica intesa balcanica, tanto pericolosa per la Bulgaria. Sembra infatti che, nei programmi di Ankara, per l'avvenire, si accenni sempre a partecipazioni della Grecia e della «Jugoslavia» ad accordl del genere.

Dell'iniziativa turca, comunque, un elemento è apparso in luce: un maggiore interesse di Ankara alla situazione della peni3ola balcanica, quasi che i Turchi, che non perdono di vista soprattu':to la situazione di Tracia, siano desiderosi di creare un qualche sistema in questa zona, atto a dare loro maggiore sicurezza e, forse, maggiore influenza. Notevole a tale proposito -aggiungo io l'attività che il Consolato di Turchia a Skopje sta svolgendo in Macedonia (rapporto del H. Consolato in Skopje. che invio con mio odierno n. 1335/303) (l) in seE'-0 alla collettività di religione mussulmana, e che rivela un certo programma propagandistico. a favote di Ankara, di indubbio interesse.

Circa le relazioni tra Sofia ed Ankara agg'iungo che il mio sorridente nuovo collega turco, Signor Mentes, ha ieri offerto il suo primo pranzo in onore del Presidente Fi'loff, convitandovi, circostanza di un certo interesse, i Ministri di Italia e di Germania. Egli, •che si dichiara convinto fautore della pacifica amicizia tra la Bulgaria e :la Turchia, sta •cambiando i principal'l membri della sua Legazione. Si apprende infatti ·che o:Itre il Consigliere Arar, viene ora richiamato da Sofia, improvvisa.lmente e prima de'Ila fine della sua missione, l'addetto militare comandante Enin Cobanoglu.

215

IL MINISTRO A BERNA, TAMARO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. 1262/359. Berna, 9 aprile 1943 (per. il 13).

Circa quanto ti scrissi (2) d'una iniziativa tendente a riunire i neutri in un passo che facesse riflettere i nemici nostri sulla realtà dc\1 pericolo bolsce

vico, il Nunzio ha ricevuto dal Vaticano una rispusta «evasiva». E quaJ:che giorno dopo materiale antibons•cev~co per fare propaganda in Svizz~ra. Questo tutto. Poiché da altre parti della Confederazione erano arrivati incitamenti al Papa per un'azi·one mediatri:ce, hanno incaricato il Nunzio di far sapere che il Papa non 'pensa per ora a un intervento e ·che «non crede ancora il momento favorevole a una pace giusta».

(l) -Non rinvenuto. (2) -Su un foglio allegato si l<>gge: «Nulla risulta al riguardo agli atti dell'Ufficio IV e dell'Ufficio I. 16 apri'e 1S43. Di Cellere».
216

IL MINISTRO A STOCCOLMA, RENZETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2498/020 R. Stoc,colma, 10 aprile 1943 (per, il 19).

Mio tele'spresso 672/173 deJl 3 aprile 1corrente (l).

Come ho già riferito c·on rapporto suindi•cato, nonché con telegramma per corriere n. 018 del 25 marzo us. (1), situazione Svezia è in questo momento dominata da campagna di alcuni ambienti opposizione, notoriamente influenzati da propaganda anglosassone, contro facilitazioni varie accordate alla Germania, recentemente e nel passato, le quali vengono presentate dagli organi di stampa più vicini a tali ambienti come violazione dei doveri di neutralità del Paese.

Tale campagna ha ricevuto occa~sionale alimento da ultimi incidenti che ho caso per caso riferiti: costruzione di motopescherecci per conto Germania e incidente aeroplano-corriere tedesco. Conviene tuttavia tener presente che atteggiamento dell'oppOìsizìone di fronte concessioni fatte alla Germania risponde in parte a concetto fondamentale dì coloro che, lontani dalla responsabilità del Governo, avrebbero voluto in ogni telmpo mantenere Paese su una :linea di neutralità intransigente e di rigido rifiuto ad ogni richiesta tedesca, .in parte ad evoluzione di ·pensiero e di principi in rapporto a mutamento situazione .generale. Voglio dire con ciò ·Che anche coloro i quali hanno approvato, nel '40, concessioni fatte a Germania vittoriosa su tutti fronti, ritengono ora che ·proseguimento di tale politica viene a mettere il Paese in una posizione falsa e pericolosa di fronte ad alleati che, per concorso universale di queiSta opinione pubblica, vengono considerati come probabili vincitori del conflitto. Come ho fatto presente con telespresso del 3 aprile, tale indirizzo, o quanto meno pressione ambienti opposizione per indurre Governo a mutare sua linea di condotta, incontra vigorosa reazione da parte ambienti responsabili e loro organi di stampa più rappresentativi. Tuttavia pensiero o-pposizione, nei termini sommariamente espressi più sopra, e quando non sia viziato da attacchi personali che tradiscono principalmente animosità partigiana, costituisce eco di una spiegabile preoccupazione che sviluppi •situazione generale lllilitare e politica, quali vengono registrati da questo osservatorio, tendono a rendere sempre più diffusa.

Nel corso della ricorrente campagna contro Giinther più voUe era stato fatto presente dai suoi difensori che politica estera non era soltanto quel~a del Ministro responsabile, bensì dell'intero Gabinetto e in primo luogo del Capo del Governo. Infiuenzato, almeno indirettamente, da queste critiche, Primo Ministro Hansson, in un discorso tenuto a Falun domenica scorsa 4 corrente ha creduto necessario esporre ancora una volta indirizzo fondamentale politica estera del Governo. TeiSto ufficiale importante di:chiarazione, è stato diramato da Ministero Affari Esteri, e viene trasmesso a parte con questo corriere.

Dichiarazioni Hansson ri'spondono in primo luogo a critiche fattesi in questi ultimi tempi sempre più vivaci, contro concessioni alla Germania, in modo particolare a quella, accordata nel giugno 1940, che consente il transito su territorio svedese di materiale tedesco e il traffico dei soldati tedes,chi in li'cenza da e per la Norvegia.

Primo Ministro comincia col constatare che tali critiche, e soprattutto eco che esse trovano all'estero, possono far sorgere impressione che manchi in Svezia unanimità nazionale circa politica di neutralità svedese; è necessario respingere in modo categorieo trule opinione.

Passando a questione traffico e transito Hansson osserva che ta1le concessione non è mai stata considerata, né da opinione pubblica né da Governo, come in se stessa des'iderabi1e. Governo ravvisa in essa uno dei gravami che Paese ha dovuto assumersi in conseguenza conflitto grandi Potenze. Richiamandooi quindi a precedenti dichiarazioni Primo Ministro ricorda che transito fu accordato principalmente in vista di due circostanze. In primo luogo che al momento concessione operazioni belliche in Norvegia erano cessate; in secondo luogo che situazione generale, dopo richiesta armistizio da parte della Francia e occupazione, totale o parziale, di sette Paesi europei, non poteva essere ignorata da piccolo Paese che desiderasse mantenere propria neutralità. Concessione del transito è pertanto da considerarsi come parte integmle del.lla polit~ca svedese cui scopo precipuo rimane quello 'di mantenere Paese lontano dalla guerra. «Ciò avverrà an:che nel futuro con piena osservanza di tutti i fattori e di tutte le circostanze che possono influire sul giudizio della situazione~.

Attraverso caute circonlocuzioni senso del discorso è evidente. Delle due considerazioni principa!li che hanno infrluito su decilsioni Governo svedese, soltanto una e cioè quella cessazione ostilità in Norvegia rimane valida. Primo Ministro dichiara anche che op'inione pubblica e Governo non desiderano aggiustare politi,ca neutralità secondo fluttazioni fortuna della guerra. Ma è evidente, che, nel pensiero del Governo, concessione transito è legata in modo fondamentale ad attuale situazione militare in Norvegia e che riaccendersi ostilità, in conseguenza tentatilvo sbarco a1I.Ieato, re'stituirebbe a Governo svedese piena libertà di decisione. È in questo senso del resto che dichiarazion'i sono state accolte e interpretate da organi, qua:li Degens Nyheter e Goteborg Hanàelstidningen che più apertamente criticano concessione, e che hanno rilevato con soddisfazione che Governo si considera libero di decidere circa sua futura condotta.

Ho avuto ieri occasione di vedere Giinther il quale, con consueta franchezza e cordialità, mi ha parlato della questione. Mi ha detto in primo luogo che attacchi personali diretti contro lui lo lasciano perfettamente tranquUJ.o; opposizione si rende conto nonostante rumorosità sua campagna che politica del Governo è ancora oggi l'unica possibile e che ogni deviazione condurrebbe il Paese in gravi diffi'coltà. Ciò non toglie che articoli e manifestazioni varie d'i ta·le campagna forniscono argomenti a «Paesi stranieri per accentuare loro intransigenza verso Svezia». Ministro si è dimostrato vivamente irritato del fatto che siano proprio cittadini e organi svedesi che hanno contribuito a creare artificiosamente risonanza internazionale degli ultim'i incidenti, autorizzando così e rendendo anzi inevitabili i passi compiuti da Potenze alleate.

Per quanto riguarda sostanza dichiarazioni Giinther ha osservato che esse sono una riconferma autorevole e precisa della linea politica !Seguita sino ad oggi; e che eg1i si augurava che loro portata sarebbe stata egualmente compresa da entrambe le parti belligeranti.

(l) Non rinvenuto.

217

IL CONSOLE GENERALE GEMELLI AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. P. Zona di guerra, 10 aprile 1943.

Da un mese e mezzo circa mi trovo in Russia. Sono qui giunto mentre le nostre truppe eroicamente ripiegavano sotto l'urto possente e superiore di mezzi del nemico. Dopo aver preso il Comando interinale dei resti della gloriosa Divisione «Torino» -oggi rimpatriata -sono passato, a mia domanda, alla Divisione «Ravenna» ove ho assunto il comando del 111° Battaglione del 38° Reggimento fanteria, il quale prossimamente, cioè fra un paio di mesi a quanto si dice, dovrà essere 'impiegato in compiti attivi di linea.

Purtroppo la situazione delle nostre truppe rimaste in Russia non è delle più bri'llanti e desta negli elementi che hanno il diretto comando dei reparti serie •preoccupazioni. Attualmente ci troviamo accantonati in un'a zona infestata dai partigiani ·col compito di prepararci ai futuri cimenti. La rior.ganizzazione procede però assai lentamente in mezzo a notevoli difficoltà e quasi non si avverte.

La truppa è organicamente deperita, stanca, sfiduciata. Da mesi essa si è trascinata di lo·calità in località, e per la maggior parte sono soldati che hanno percorso dai 400 agli 800 chUometri a piedi sulla neve, combattendo aspramente, senza mai potersi a lungo e convenientemente riposare. Tuttora dorme per terra, agglomerata in 1oca'li inadatti, come gregge, senza paglia e senza essersi potuta del tutto spidocchiare. Il tifo petecchiale o dermo-tifo come ora lo si vuole chiamare, ha già fatto la sua comparsa, né si è riusciti per le condizioni ambientali in cui si vive a debellarlo. Se tu, caro Balstianini, entrassi in-uno qualunque di questi dormitori nostri avresti 1a visione viva, palpitante di un lazzaretto manzoniano. Pensa che ne abbiamo uno, ad esempio, nel qua'le i sol'dati sono costretti, per mancanza di vetri alle finestre, a sopportare giorno e notte senza interruzione la luce accecante di un riflettore! Tanto spettacolo di miseria stringe profondamente il cùore.

I medicina;li scarseggiano, gli ospedali rigurgitano di ammalati ed oltre a non essere attrezzati (operazioni chirurgiche non è possibile eseguirne) sono insuffieienti ad accogliere tutti gli abbisognevoli di cure ospitaliere.

Il rancio -e la truppa non a torto si lamenta -è scarso. Valga un esempio: da ier l'altro e per otto giorni non Vi sarà distribuzione di carne fresca. La razione giornaliera è pertanto costituita da 600 grammi di pane, 200 grammi di pasta, mezza scatoletta di carne (e il soldato non la può più sopportare per l'abuso che ne è stato fatto) e 40 grammi di formaggio. Il comando del mio reggimento ha tentato un miglioramento con 'l'acquisto di patate, ma oltre ad essere difficoltoso H trovarne sul libero mercato esse costano in ragione di 70 lire al chilogrammo.

Un buon quarto degli effettivi della truppa non è in grado di poter seguire la vita dei reparti attivamente. Essi «presentano lesioni e forme morbose che riconoscono come causa diretta il freddo e !le fatiche (pleuriti, bronchiti croniche, deperimenti organici, tachicardie, ecc.) ».

Mi risulta che i comandi reggimentali non hanno mancato di rappresentare 1la reale situazione con relazioni scritte precise ai comandi superiori, ma queste relazioni non sono state prese nella dovuta considerazione e sono state restituite come improntate a disfattismo. Nessuno, dico nessuno, e ancora una ora fa verbalmente il capitano medico del reggimento me lo confermava, degli elementi che attualmente disponiamo è in condizioni fisiche di sopportare ancora un inverno russo in trincea.

Il morale deilla truppa -conseguenza logica di uno stato di cose -è oltremodo basso e così dicasi nella maggioranza, per que'llo degli ufficiali inferiori in modo particolare. Bisogna vivere nei reparti per rendersi conto dello stato vero di animo degli uomin'i. Si direbbe che sono stati colpiti da un trauma psichico che li conduce a un senso fatalistico: manca pertanto uno spirito aggressivo e guerriero.

Dal punto di vista formalistico molto si è fatto. La truppa si presenta abbastanza bene in rango, ma è ll'animo che ancora difetta.

A quanto sopra sono da aggiungere altri fattori non trascurabili. Il nostro soldato in Russia, compresi, ripeto, la maggioranza deg·li ufficiali inferiori, è portato istintivamente a non considerare più -dopo il trattamento ospitale e generoso degli indigeni durante il ripiegamento, in contrasto spesso a quello poco cameratesco dei camerati alleati -il russo come suo primo nemico. La riprova la troviamo neHa corrispondenza privata diretta ai famigliari.

Negli ufficiali poi, tanto in alto quanto in basso, predomina generalmente un senso di rancore e di sfiducia nei confronti del Regime che viene incolpato di tutti gli errori. Cova, serpeggia un pericoloso spirito antifascista. Anche la personalità del Duce, più o meno velatamente viene posta in discussione. Già, purtroppo, non mi è mancata l'occasione di dovere energicamente reagire. La maggioranza non comprende che la nostra frontiera è oggi sul Don. Non solo per vendicare i nostri Morti, ma anche sopra tutto per una squisita ragione poaitico-econotmica contingente e futura rispetto ai camerati tedeschi.

Ho la netta impressione, caro Bastianini, e l'impressione non è soltanto mia, che qui 'Oggi come ci troviamo impostati ci si avvi'i verso nuove amare delusioni e sofferenza per l'onore e il prestigio della nostra Bandiera.

Non mi dilungo sull'armamento, sull'equipaggiamento che dovranno pure arrivare e sull'addestramento. È bene però che tu sappia che siamo ancora sprovvisti di molti fucili, quasi totalmente di armi automatiche e di cannoni per la fanteria.

Ho vissuto e vivo ore nelle quali vorrei possedere ali per comunicare direttamente con Roma e con il Duce.

Caro Bastianini, qui se si vuole concludere qualche cosa di positivo è necessario prendere al più presto questa nostra truppa e trasportarla in una zona più lontana e tranquiUa per modo che possa ridistendere i nervi offrendole dei dormitori decenti e compatibili con le esigenze sanitarie (non c'è tedesco che non dorma in una cuccetta in legno), concederle quaiche ora al giorno di libera uscita che oggi per ovvie ragioni di sicurezza e di igiene non è possibile permettere, 1avarla, disinf.estar1a e confortarla veramente con una proficua assistenza morale. Eliminati gli elementi non assolutamente idonei essa sarà fra due mesi o tre pronta a ripetere le gesta di gloria.

Caro Bastianini, con piena consapevolezza ti ho prospettato per sommi capi la reale situazione deNe nostre truppe in Russia. Qui si sta consumando un tradimento alle spalle del Paese e del Regime. Qui certe verità non si vogliono intendere; vi è un muro attraverso il quale la verità non può e non deve passare. Qui si pensa unicamente a se stessi ed alla propria carriera pronti a riversare in un domani ogni errore e colpa sul Regime e sull'Uomo che. la Divina Provvidenza ci ha dato.

Se tu rvorrai farmi chiamare a Roma in breve licenza per motivi di servizio -mi bastano ventiquattro ore, che il mio posto è qui -non farai cosa inutile. Fai di questa mia l'uso che ne credi più opportuno. A mio avviso è bene che il Duce la legga e ne prenda integrale conoscenza.

Questa lettera viene affidata ad un valoroso camerata soldato (capitano) e volontario di tre guerre che rientra in Italia dopo dieci mesi di Russia per sottoporsi ad un atto operatorio.

Tanto per la cronaca: la mia saJlute è ottima come il mio spirito è intatto (1).

218

L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2345/141 R. Shanghai, 12 aprile 1943, ore 6 (per. ore 22).

Da fonte governativa ho conferma che visita Chen Kung Po a Tokio ha avuto principale scopo di ottenere che estensione dei poteri del Governo di Nanchino al nord Cina (è da tempo concordata tra Wang Chin Wei e Shigemitsu) venisse realizzata al più presto. Tra motivi addotti, quello del prestigio di Nanchino che mantenuto estraneo alla Cina settentrionale non avrebbe tratto agli occhi del paese che superficiali vantaggi daUa abolizione di privilegi stra

23 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

nierl a Pekino e a Tientsin. Chen Kung Po ha inoltre fatto presente che atteggiamento coraggioso e leale assunto, a costo di gravi sacrifici, da Nanchino verso Manchukuo portava seco il corrispettivo di un analogo atteggiamento nipponico verso Nanchino per quanto concerne il nord Cina. Chan avrebbe parlato con quella sua cruda franchezza che sconcerta e talvolta persuade i nipponici.

Connessa con questione suesposta la contemporanea vi'sita di questo Ministro delle Finanze a Ksin King in quanto nella eventualità gli fosse concesso estendere sua azione alla Cina del Nord costui non riconoscerebbe indispensabile una stretta collaborazione unicamente tra essa e il Manchukuo.

Dalla stessa fonte apprendo che Chen avrebbe ottenuto a Tokio assicurazioni formali. In base ad esse sarebbe stato già decisa nomina a Presidente della commissione politica del Nord Cina dell'attuale Ministro degli Affari esteri, cognato di Wang Ching Wei e nella cui fedeltà se non nelle sue qualità di uomo politico il Presidente ha fiducia assoluta. Da rilevare che Ministro degli Affari Esteri travasi anche egli a Tokio in visita giustificata con un congresso scientifico.

Telegrafato Tokio.

(l) Il presente documento reca !"indicazione <<visto dal Duce».

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IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DELLA CULTURA POPOLARE, CORRIAS

L. R. 1/1006. Roma, 12 aprile 1943.

Ti trasmetto il testo origina'le di un appunto dettato dall'Eccellenza Bastianini in seguito ad una conversazione avuta durante l'ultimo incontro col Ministro Schmidt riguardante gli sviluppi da dare nel campo giornalistico e della propaganda.

Ti prego di darne visione all'Eccellenza il Ministro Polverelli e di restituire con cortese urgenza.

ALLEGATO

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO

APPUNTO. Roma, 12 aprile 1943.

Circa gli sviluppi da dare nel campo giornalistico e della propaganda all'ultimo incontro tra il Duce e il Fiihrer, prese dal Duce le disposizioni opportune, si è convenuto col Ministro Schmidt quanto segue:

l) Bisogna che la stampa dei due Paesi si sottragga al gioco dei nostri nemici e non si limiti a controbattere le idee e gli argomenti che essi trattano nella loro stampa e con i quali già da tempo riescono a detenere l'iniziativa nel campo propagandistico.

È necessario che sia la stampa italiana che quella germanica comincino a imporre idee e argomenti all'attenzione del nemico, in modo che questi sia obbligato a difendersi confutando, se gli sarà possibile, le nostre idee e i nostri principì politici, sociali, economici che sono alla base del Nazionalsocialismo e del Fascismo, e costituiscono le ragioni morali e materiali della guerra che le due Rivoluzioni sono obbligate a condurre, non solo per affermarsi, ma anche per dare all'Europa quell'Ordine Nuovo da esse promesso.

2) Una vera e propria offensiva di stampa e di propaganda deve essere iniziata e condotta prendendo lo spunto dalle riaffermazioni contenute nel comunicato dell'incontro tra il Duce e il Ftihrer (l) per mostrare ai due popoli, ai loro alleati e ai nemici, le contraddizioni in cui si dibattono gli avversari dell'Asse fra le parole delle loro enunciazioni programmatiche e i fatti delle loro attività, non solo di questo periodo ma anche del periodo precedente la guerra quando essi ostinatamente negarono ogni comprensione delle necessità italiane e germaniche e pretesero, come continuano a pretendere, che la collaborazione fra loro e gli altri popoli debba intendersi soltanto nella vera e propria sottomissione di tutti alla loro egemonia, ai loro monopoli e ai privilegi che hanno potuto assicurarsi.

3) Una offensiva giornalistica e propagandistica di questo genere deve logicamente essere contenuta nel campo dei principì e non può per il momento scendere fino ai dettagli specificanti le nuove frontiere degli Stati o le soluzioni precise di determinati problemi nazionali, ma anche i nostri nemici, nelle loro enunciazioni della Carta Atlantica e nella loro attività diplomatica, giornalistica e propagandistica, si attengono alle enunciazioni generiche dato che anche essi evidentemente trovano che le necessità militari di occupazione di territori impongono del riserbo sulla futura sorte di questi. Si riconosce tuttavia che, se la necessità militare impone alle forze dell'Asse l'occupazione di quasi tutta l'Europa, questo non vuol dire che la concezione politica dell'Ordine Nuovo corrisponda allo stato di fatto motivato da ragioni strategiche evidenti, cioè dalla necessità di far fronte a qualunque attacco che venisse portato sul territorio europeo.

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IL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, AMBROSIO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI (2)

PROMEMORIA. Roma, 12 aprile 1943.

COLLOQUI DI KLESSHEIM (8ALZBURG)

1°) Condotta generale della guerra. (Impressioni tratte dai vari colloqui: 7-10 aprile 1943).

Da parte tedesca si insiste sulla necessità di liquidare il probQema russo, e si ha speranza di riuscirvi -dato lo stato di esaurimento in cui si trovano i russi dopo lo sforzo fatto -adottando il criterio di tendere all'annientamento delle forze nemiche più che ad occupazioni territoria'li.

«Nel corso dell'ampio scambio di vedute che ha avuto luogo, sono state esaminate tanto la situazione politica generale, quanto tutte le questioni inerenti alla condotta comune della guerra. È stato raggiunto un completo accordo sulle misure da prendere in ogni campo.

Il Duce e il Flihrer hanno riconfermato la loro decisa risoluzione e quella dei loro popoli di condurre la guerra impegnando integralmente tutte le energie, sino alla vittoria definitiva e alla completa eliminazione di ogni pericolo futuro, che da Occidente e da Oriente minacci lo spazio europeo-africano. Sono stati riaffermati gli obiettivi comuni che le Potenze dell'Asse perseguono per la difesa della civiltà europea e per i diritti delle nazioni al loro libero sviluppo e collaborazione. La vittoria delle nazioni unite nel Patto tripartito assicurerà all'Europa una pace che garantisca la collaborazione di tutti i popoli sulla base dei loro comuni interessi e porti a un'equa ripartizione delle risorse economiche del mondo.

I colloqui fra il Duce e il Ftihrer e le conversazioni del loro collaboratori si so!lo 11vnltt In uno spirito di grande cordialità». (21 In Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

Si è accennato, in seguito a proposta italiana, alla intenzione di assumere l'iniziati!va in Spagna con obiettivo Gibilterra. Per far ciò <>arebbe stato previsto di fare pressione su Franco, per ottenere, se non il concorso mi!litare della Spagna, almeno l'autorizzazione ad attraversarla. Ciò dovrebbe avvenire in un prossimo incontro, che in un primo momento sarebbe stato previsto a tre -Fiihrer, Duce, Franco -e in secondo tempo si sarebbe deciso di fare solo a due -Duce e Franco.

A tale eventuale operazione l'Ita'lia parteciperebbe con forze terrestri (almeno una divisione), navali ed aeree.

Se, però, Franco si opponesse, non si vedrebbe opportunità e possibilità di disporre delle forze occorrenti per costringere la Spagna a cedere alla volontà deU'Asse e per parare tempestivamente a eventuali contromisure dell'avversario (sbarchi in Spagna o in Portogallo o in entrambi gli stati).

Ma la carta sulla quale punta la Germania con grande speranza e con fiducia possa riuscire risolutiva è quella della lotta sottomarina. Il Fiihrer ha dichiarato che perseverando in essa si metterà sicuramente il nemico nelle condizioni di cedere.

Circa i problemi mediterranei la preoccupazione tedesca è limitata a quella che si può avere per un teatro di guerra di secondaria importanza. Si vede la necessità di tenere a qualunque costo la Tunisia, per •vincolare il più a lungo possibile le forze del nemico; si teme uno sbarco in Sardegna e in Sicilia, e si è disposti ad assicurare tutto il concorso possibile, ma si ha la tendenza a non devolvere i mezzi disponibili a scacchieri attualmente non attivi nella previsione siano attaccati. Non si ritiene probabile uno sbarco sulle coste meridionali della Francia; anche lo sbarco in Grecia è visto come non imminente, e ln relazione all'atteggiamento della Turchia. Si ritiene che quest'ultima aspetterà molto prima di muoversi, in quanto la Bulgaria -per dichiarazione recente di Re Boris -scenderebbe in guerra contro di essa. Inoltre la Turchia è anche un elemento di manovra nelle mani inglesi contro eventua\li eccessive e pericolose pretese russe.

2°) Questioni riguardanti l'Esercito.

a) -Carri armati. Si è rinnovata alla parte germanica richiesta di carri armati per l'Italia. La parte germanica ha risposto di non avere disponibilità di carri che consenta inviarne in settori in cui non debbono essere immediatamente impiegati. Il Fiihrer ha però promesso inviare in Sicilia equipaggi per l'impiego -in caso di necessità -dei carri tedeschi di vario tipo ivi in sosta e per l'addestramento di equipaggi italiani.

b) -Secondo Corpo d'Armata. La parte germanica ha dichiarato non poter assegnare in Russia una zona che si presti meglio deH'attuale alla ricostituzione del Corpo d'Armata; ha offerto di mettere a disposizione i mezzi di trasporto occorrenti per trasportare il Secondo Corpo d'Armata in Germania od in Italia qualora la parte italiana ritenga che in tal modo si possa più rapidamente riorganizzare il Corpo d'Armata. Il Comando Supremo italiano ha riservato una risposta e comunica ora da Roma la decisione di ricostituire il Secondo Corpo d'Armata in Italia.

c) -Comando unico in Balcania. Si è stabilito con la parte germanica che -nulla mutando a quanto ora previsto per la fase preparazione -la questione del comando unico per fronteggiare eventuale azione nemica sarà affrontata al verificarsi della emergenza, in quanto non è possibile preveder,e in quale settore e come potrà manifestarsi l'attacco. Le riserve lncali rimangono quindi alle dipendenze rispettivamente del Comando Supremo e di O.K.W.; al momento dell'impiego saranno date al comandante del settore interessato.

d) -Croazia. Si sono ricordati i patti mHitari italo-croati e si è chiesto ad O.K.W. di informare preventivamente la parte italiana degli eventuali accordi che intenda prendere con i croati circa organizzazione loro forze armate. La parte germanica ha ribadito di non aver alcun interesse politico in Croazia e di avere preso a suo tempo l'iniziativa di organizzare divisioni croate con la intenzione di impiegarle in Russia.

e) -Schieramento italiano in Croazia. La parte germanica ha richiesto che Supersioda ritiri i presidi derla «2a zona » solo man mano che i presidi stessi possono essere sostituiti a cura di O.B.S.E. da presidi tedeschi o croati. La parte italiana ha accolto tale richiesta ed ha impartito Ile conseguenti direttive a Superesercito e Supersloda.

f) -Disarmo cetnici ed operazioni contro Mihailovic. Sono stati riaffermati gli accordi già presi a Roma al riguardo: disarmo cetnici graduale ed appena possibile; operazioni comuni contro D.M. secondo gli accordi che prenderanno i generali Pirzio Biroli e Lohr.

g) -Grecia. La parte germanica ha richiesto siano date direttive a Generale Geloso perché assicuri la protezione deUe miniere più importanti e intervenga energicamente contro i ribeUi per troncarne all'inizio la organizzazione. La parte italiana ha richiesto aumento dei treni a nostra disposizione per rifornimento della Grecia. Il Feldmaresciallo Keitel ha promesso darà disposizioni al Gen. Lohr perché riveda unitamente al Gen. Geloso la ripartizione dei treni per meglio adeguarla alle nostre necessità.

h) -Guerra chimica. La parte germanica ritiene che -se pure l'America è orientata all'impiego di gas dato che ha le proprie popolazioni al sicuro da eventuali ritorsioni -l'Inghilterra non si lascerà trascinare a prenderne l'iniziativa per la minaccia incombente di una reazione tedesca su Londra. Comunque la parte germanica ha in corso la messa a punto dei mezzi difensivi anche per la popolazione civile. La parte italiana ha dichiarato di non avere alcuna efficiente preparazione per la difesa della popolazione civile.

i) -Addestramento di 150 mila uomini al tiro contraereo. La parte germanica ha rinnovato richiesta siano inviati in Germania per scaglioni successivi 150 mila uomini da addestrare al tiro contraereo. Si è fatto presente che, non intendendo il Duce addivenire a richiami di altre classi, sarebbero stati inviati soltanto gli specialisti, commisurandone numero e tempi di avviamento al numero delle batterie che la parte germanica potrà cedere, ed ai tempi entro cui tali cessioni potranno essere effettuate. La parte germanica non ha però precisato alcuna previsione su tàli cessioni. La questione sarà quindi ripresa dal Gen. Manca in occasione del previsto viaggio in Germania e verrà intanto predisposto rinvio di una prima aliquota di personale per poterlo prontamente avviare.

3°) Questioni riguardanti la Marina.

a) -Trasporti marittimi per la Tunisia. La parte germanica ha richiesto effettuare i trasporti con piccole unità molto veloci e riattivare il traffico di truppe con i cacciatorpediniere. La parte italiana ha confermato che questa ultima possibilità è da escludersi perché, dato il ridottissimo numero di cacciatorpediniere che è rimasto all'Italia, questi devono essere assolutamente risparmiati per l'impiego della flotta che ha avuto direttiva di impegnarsi a fondo qualora venisse attaccato il territorio nazionale, e che il traffico con piroscafi piccoli e veloci sarebbe indubbiamente una favorevole soluzione ma mancano i piroscafi per effettuarlo. L'offesa con mezzi di superficie non ha attualmente importanza. Quella dei sommergibili è stata fortemente ridotta. La guerra di mine viene contrastata con sufficiente efficacia. La vera offesa che rende il traffico estremamente difficile è quella aerea. Tutto quello che era possibile fare è stato fatto, l'armamento dei principali piroscafi portato a un punto difficilmente superabile, le scorte aeree intensificate al massimo, ma nulla basterà finché la supremazia aerea dell'avversario sarà in quel tratto di mare così. pronunziata. Il problema non ha quindi soluzione se non si riesce, e molto prontamente, a riprendere, se non il completo dominio dell'aria nella zona, almeno un temporaneo dominio quando i nostri convogli devono attraversarla. In sintesi non è questione di metodo, che tutti sono stati sperimentati ed escogitati, ma esclusivamente una questione di mezzi. La parte germanica ha assicurato che verrà affrettato il previsto invio di motosiluranti e dragamine veloci, di radiolocalizzatori e radiotelemetri.

b) -Nafta. È stata fatta presente alla parte german~ca la grave deficitaria situazione della nafta che non consente di rifornire al completo le nostre forze da battagilia e ·costringe sovente anche a un impiego poco razionale delle risorse disponibili dovendo vivere alla giornata. Si è richiesta pertanto l'assegnazione straordinaria di 30 mila tonnellate di nafta per il rifornimento delle navi e la costituzione di una riserva strettamente operativa di 40 mila tonnellate. La parte germanica ha dichiarato di essere dolente di non poter concedere nulla perché anche la marina germanica non ha più riserve e vive alla giornata sulla produzione. Ha fatto presente però che sono in corso trattative con la parte rumena perché, specie nella stagione estiva, con il minor consumo di nafta che richiede il paese, possano essere aumentati i contingenti assegnati alla parte italiana e germanica: tutto quello che si potrà guadagnare dalla Rumenia verrà assegnato all'Itailia. Successivamente la parte germanica ha comunicato che in aprile la marina italiana riceverà 58.400 tonnellate di nafta (11 mila dalla marina germanica; 24 mila della Rumenia; rimanenza da Ministero Economia del Reich) e ciò indipendentemente dalle residue forniture di marzo.

c) -Trasferimento unità tedesche a Tolone. È stato fatto presente alla t>arte germanica che la deficienza di mano d'opera e di cantieri fortemente sentita in Italia, rende urgente il trasferimento delle unità germaniche in Mediterraneo, che hanno bisogno di lavori, dall'Arsenale di Spezia a quello di Tolone. Era stato comunicato dalla parte germanica che entro marzo questo trapasso sarebbe avvenuto ma ciò non è accaduto. La parte germanica ha assicurato disporre perché l'Arsenale di Tolone possa, a'l 'Più presto, assumersi la riparazione delle unità tedesche.

d) -Accordi per unità di comando marittimo in Egeo. Si fa presente che è urgente che la parte germanica dia il benestare agli accordi intervenuti a Roma fra la marina italiana e l'Amm. Schuster per l'unità di comando in Egeo. La parte germanica comunica che verrà a Roma il Contrammiraglio Schubert per definire tale questione.

e) -Restituzione dieci piroscafi ceduti alla parte germanica in Egeo.

È stato chiesto vengano restituiti all'Italia i dieci piroscafi temporaneamente prestati per uno o due viaggi alla parte germanica in Egeo e osservato al riguardo che la parte germanica ha acquistato circa 200 mila tonnellate di naviglio ex greco, danese, norvegese e francese e risulta che molte unità germaniche vengono impiegate in traffico prevalentemente commerciale mentre tutti i trasporti militari sono in sofferenza e particolarmente quelli per la Tunisia. La parte germanica ha opposto diffico·ltà per tale restituzione, non essendo ancora completati i trasporti per la costituzione delle scorte a Creta e nell'Egeo, ma ha convenuto infine sulla necessità di una revisione dell'impiego del tonnellaggio in Mediterraneo.

4°) Questioni riguardanti l'Aeronautica.

a) -Richiesta di rinforzi aerei. Si è rappresentata l'immediata necessità di potenziare il nostro dispositivo aereo Sicilia-Sardegna-Tunisia per consentire di alimentare e· continuare la resistenza in Tunisia prima che ogni possibilità sia irrimediabilmente compromessa. Si fa riferimento alla richiesta di 500 aerei fatta dal Duce il 25 marzo u.s. La parte germanica ha comunicato che a questo scopo è stato inviato a Roma il Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica tedesca il quale ha concordato i provvedimenti da prendere con il Mare:;ciallo Kesselring. Afferma però trattarsi forse più di questione di disponibilità dt equipaggi che non di materiale.

b) -Carburante avio. È stata fatta presente la necessità di aumentare la quota di carburante da 9 mila a 18/19 mila tonnellate, al mese, ponendo in rilievo la limitazione che da oltre due anni l'Aeronautica italiana ha dovuto imprimere all'attività non direttamente operativa (scuole, addestramento, voli di sorveglianza, ricognizione marittima, ecc.). Non vi è disponibile attualmente la minima scorta e d'altra parte non tutto il quantitativo assegnato mensilmente viene utilizzato, in quanto dal 20 al 50% circa va perduto negli affondamenti o distrutto per effetto dei bombardamenti sui campi d'aviazione. La parte tedesca ha comunicato che durante l'inverno non si è avuta la normale stasi operativa e che perciò non si sono potute fare economi:e; che la scarsezza dei carburanti è tale da dover costringere a trasformare divisioni motorizzate in divisioni di fanteria. Aggiunge che è stata fatta pressione sulla Romania per incrementare la produzione di almeno 500 mila tonnellate l'anno e se ciò avverrà anche all'Italia sarà assegnato un supplemento di benzina avio. Comunque le necessità dello scacchiere Mediterraneo devono essere rappresentate cumulativamente ad O.K.W. dal Maresciallo Kesselring, a cui la parte italiana de'Ve quindi rivolgere le sue richieste.

c) -Industria aeronautica francese della zona occupata. Si è fatto presente che l'Aeronautica italiana desidererebbe avere una partecipazione immediata alla produzione francese anche limitatamente ad una ventina di apparecchi al mese. La parte tedesca prevede che fino a quando non sarà esaurito il programma di produzione in corso non è possibile tener conto delle richieste italiane. Si spera ad ogni modo che il I?rogramma italiano possa innestarsi fra qualche mese.

d) -Motori D.B. 605. Si è rappresentata la necessità di poter disporre di circa duecento motori D.B. 605 occorrenti a sincronizzare la produzione italiana dei nuovi tipi di aerei da caccia con quella dei motori che è un po' arretrata. La parte tedesca ha risposto di [far] rivolgere questa richiesta (come la precedente di cui al comma c) al Maresciallo Milch dalla commissione del Ministro dll'Aeronautica Italiana che dovrà essere inviata a Berlino.

(l) Nella parte sostanziale tale comunicato, diramato 1'11 aprile, diceva:

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. S. N. Berlino, 12 aprile 1943 (per. il 15).

Mentre il recente incontro fra il Duce e il Fiihrer al Castello di Klessheim riecheggia in tutto il mondo, devonsi registrare le reazioni che si sviluppano vastissime, .profonde, emotive in tutta la Germania, creando un senso di viva soddisfazione nel popolo e di intimo compiacimento nei circoli politici berlinesi.

La personalità del Duce domina trionfalmente la opinione pubblica tedesca, perché ogni Sua visita in Germania e ogni incontro col Flihrer riesce a galvanizzare stati d'animo offuscati da stanchezza e da dubbi. Il motivo di ciò è da ricercarsi nella particolare situazione del momento tanto dal punto di vista politico quanto da quello militare.

Già ho avuto occasione di segnalare come in questi ultimissimi mesi l'attenzione del popolo tedesco si sia particolarmente polarizzata in alcune direzioni e principalmente: vicende strettamente militari della campagna di Russia, durata della guerra, atteggiamento dei paesi vinti, possibilità di collaborazione coi medesimi, ricostruzione e nuovo ordine europeo (l).

A tali problemi rispondono degli interrogativi che si assommano e si accentrano nelle difficoltà, fin qui rinnovantisi, della campagna di Russia, che da un Iato impongono alla Germania immani sacrifici di sangue e di energie e dall'altro ·polarizzano un po' ovunque in Europa le velleità di resistenza.

E' su tale sfondo di avvenimenti e di stati d'animo collettivi, in cui vive oggi il popolo tedesco, che il recentissimo incontro dei due Capi ha sollevato aspettazione di risultati positivi.

Innanzi tutto non è sfuggito il prolungarsi della visita del Duce: quattro giorni di contatto personale diretto fra i due Capi hanno dimostrato, ancora una volta, l'intimità personale dei medesimi, che le vicende e le difficoltà della guerra accrescono e rendono sempre più stretta e cameratesca.

In questo momento in cui talvolta in Germania corrono le voci più singolari, evidentemente alimentate dalla propaganda nemica, questa tangibile prova dell'intimità dei due Capi, della identità di aspirazioni e di scopi delle due rivoluzioni e delle due nazioni in guerra ha corroborato ancora una volta, se pure era necessario, la reciproca volontà di concentrare gli sforzi per la vittoria comune.

Ha fortemente impressionato in senso favorevole la circostanza che nel comunicato (1), oltre alla precisa affermazione di carattere militare di voler cacciare il nemico dall'Europa e dall'Africa, siano contenute frasi piuttosto esplicite circa la realizzazione del nuovo ordine europeo e circa i fini di guerra delle potenze dell'Asse.

Dall'enunciazione sche.letrica, quasi una semplice bandiera, espressa nei precedenti comunicati, la formula è venuta invece ora acquistando per la prima volta un contenuto positivo, concreto, raggiungibile.

Tale risultato viene esplicitamente attribuito, non solo all'incontro e allo scambio di idee dei due Capi, ma al positivo ed utile apporto del Duce.

In questo momento, in cui i·l popolo .germanico, tutto teso nella lotta contro la Russia e appesantito dalla situazione che lentamente si è venuta creando in tutti i paesi occupati, cerca in Europa e nel mondo consensi, è ragione di particolare compiacimento ed incoraggiamento per i tedeschi il poter constatare la cameratesca solidarietà da parte dell'Italia e del Duce. Da parte del Duce sopratutto, verso il quale, come ho già avuto occasione più volte dì segnalare, si rivolge con spontanea fiducia la popolazione germanica, che nelle prime pagine dei giornali ha cercato e ritrovato in questi giorni, nelle fotografie dell'incontro, la Sua bella faccia serena e virile con la sua espressione di maschia sicurezza e di volontà.

Ecco perché si è rinnovata in questi giorni verso il Duce una unanime espressione di riconoscenza popolare, verso il « treuer Kamerad » che in un'indimenticabile sera di autunno, in un'adunata di popolo quale raramente la storia ricorda, ha gridato una promessa che è stata più tardi mantenuta col sacrificio più alto, quello del sangue.

È stata sottolineata l'Ì'Illportanza che questa volta hanno avuto le conversazioni. Da un lato esse hanno assunto il carattere di un vero e proprio rapporto al Duce, al quale i più alti gerarchi tedeschi si sono avvicinati con profonda deferenza e con un vivissimo compiacimento, facilmente riconoscibile.

Non soltanto nei numerosi e lunghi colloqui col Fiihrer, ma anche nei contatti diretti che il Duce ha avuto con Goering, Ribbentrop, Keitel, Donitz, Zeitzler, Himmler e Bormann, Egli ha avuto modo di rendersi conto personalmente di ogni elemento della situazione, creando attorno a sé quella particolare atmosfera di autorità e di prestigio che è prerogativa dei capi saper suscitare e che il Duce in misura eccezionale diffonde.

Dall'altro lato non si è mancato di sottolineare la chiarezza e la sincerità, mai fino a qui raggiunte, con cui le situazioni sono state illustrate e le varie questioni esaminate.

I frequenti colloqui che il Ministro von Ribbentrop ha avuto con il Sottosegretario Bastianini, non solo non sono stati semplicemente espositivi, ma là dove occorreva sono scesi in profondità lumeggiando aspetti particolarmente importanti e delicati della situazione italiana, sopratutto per quanto si riferisce alle disastrose conseguenze di un eventuale abbandono della Tunisia.

La franchezza italiana, che Bastianini ha saputo rendere persuasiva con opportuni richiami alle origini ed aUe prime battaglie del Fascismo, è riuscita a scuotere l'interlocutore tedesco assuefatto ad una metodica rigidità concettuale avviandolo, sempre sul terreno della realtà, a ragionamenti costruttivi ed a conclusioni nelle quali tr'ionfa il punto di vista italiano.

Com'era prevedibile, il recente incontro ha galvanizzato il tono e l'atteggiamento dell'opinione pubblica tedesca verso l'Italia. E ciò ha reso più efficaci e più operativi gli interventi che il partito nazista -in accoglimento di una mia precisa richiesta e proposta fatta tre settimane addietro a von Ribbentrop -ha stabilito di effettuare attraverso le numerose riunioni presiedute dai Gauleiter, allo scopo di reagire contro il diffondersi di voci -alla divulgazione delle quali evidentemente non è estranea la propaganda avversaria estremamente antipatiche per il prestigio dell'Italia.

Ora si tratta di fare in modo che le favorevoli conseguenze della venuta del Duce in Germania siano utilmente e rapidamente sfruttate. Ed ecco perché sarà comunque utile che un non lungo periodo di tempo trascorra senza che i due Capi si incontrino nuovamente. Oltre a tutto, ciò corrisponde al vivo sentimento di tutta la Germania.

(l) Vedi da ultimo D. 168.

(l) Vedi D. 219, nota l, p. 287.

222

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO

T. 12466/196 P.R. Roma, 13 aprile 1943, ore 24.

Telegrafatemi se e quali provvedimenti il Poglavnik ha poi effettivamente preso o intende prendere in merito a quanto da Voi telegrafato con il Vostro 405 e precedenti (l).

Per vostra norma Peric mi ha invitato per venerdì 16 a colazione ufficiale che egli intende dare in mio onore.

223

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI

T. S.N.D. 12477/421 P.R. Roma, 13 aprile 1943, ore 19,4:>.

Pregati, dopo presentate credenziali, sondare possibilità incontro tra Duce e Franco, cui modalità sarebbero da definirsi ulteriormente, ma piuttosto presto.

(l) Con T. 10924/405 P.R. del 7 aprile 1943, ore 21, non pubblicato, Casertano aveva comunicato che Pavelié avrebbe richiamato il Ministro di Croazia a Roma.

224

L'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 2430/060 R. Madrid, 13 aprile 1943 (per. il 15).

Questo Addetto Militare di Germania mi ha detto essere attualmente in corso trattative per fornitura materiale bellico germanico alla Spagna. Accordo non sarebbe stato ancora raggiunto, ma si prevede prossimo. Non ha precisato entità forniture, fornendo vaghe indicazioni al riguardo. Ha osservato che questione riveste particolare delicatezza in quanto ove anglo-americani ne venissero a conoscenza -dato noto valore del soldato spagnolo -potrebbero preoccuparsi di vederlo armato di armi moderne ed essere indotti ad una guerra preventiva.

Da altra fonte risulterebbe essere anche in corso fornitura apparecchi per aeronautica spagnola, nonché vendita brevetto « Stukas » alla Spagna per fabbricazione apparecchi nelle officine Hispano-Suiza di Siviglia.

Dato massimo riserbo qui osservato in materia e fatto che trattative hanno luogo per maggior parte a Berlino non è stato possibile ottenere finora più ampie precisazioni.

Al riguardo rilevo che una Missione militare spagnola composta da circa dieci ufficiali, con a capo Generale Castejòn Espinosa trovasi in Germania sin dalla metà di febbraio, col compito ufficiale di visitare scuole militari e industrie armamenti. Recentemente è anche partito per Berlino il Comandante della Riserva Generale Artiglieria, Gen. Carlos Martinez de Campos. È probabile che sia quest'ultimo, che Missione militare predetta, siano incaricati dell'acquisto di materiale bellico.

225

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2420/156 R. Budapest, 15 aprile 1943, ore 21 (per. ore 7 del 16). Mio telegramma 130 e precedenti

Questo Ministro della Germania mi ha detto aver avuto 11 corrente istruzioni recarsi da Kallay per fargli ·presente che risposta dilazionatrice data da Governo ungherese ed atteggiamento da questo assunto in merito richiesta Asse rottura rapporti diplomatici con il Cile aveva scontentato Governo tedesco.

Ministro di Germania ha fatto [passo] presso Kallay nei termini anzidetti ed ha avuto assicurazioni che una risposta sarà data il più presto possibile.

(1).

(l) Vedi DD. 27 e 160.

226

IL MINISTRO A HELSINKI, GUARNASCHELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 2465/88 R. Helsinki, 16 aprile 1943, or,e 19,55 (per. ore 17,30 del 17).

Mi riferisco al mio telegramma n. 78 (1), e 183 e 190 del 2 corrente e del lO corrente (2).

Circa recente scambio comunicazioni tra Finlandia e S.U.A. sulle quali si è cercato qui mantenere massima segretezza, sono in grado riferire ora seguenti dettagli in base informazioni buona fonte.

1°) Comunicazione statunitense avrebbe [contenuto] pretesa offerta al Governo finlandese mediazione nord-americana per ricercare modalità sospensione conflitto tra Finlandia e U.R.S.S.

2°) Con sua risposta preliminare questo Governo avrebbe mostrato interesse apprendere da Governo americano a quali condizioni U.R.S.S. sarebbe stata disposta cessare le ostilità con la Finlandia.

3°) Tuttavia, a seguito ulteriori consultazioni Gabinetto finlandese nonché ad immediato intervento tedesco, sabato 10 corrente una ulteriore comunicazione sarebbe stata diretta a Governo americano, nella quale Governo finlandese avrebbe nettamente declinato dare seguito a mediazione offertagli.

4°) Stesso giorno -ma non in risposta a comunicazione finlandese -Governo degli Stati Uniti faceva conoscere a questo Governo non essere più in grado di mantenere offerta mediazione, e che come conseguenza qualsiasi proposta per accordo finlandese sovietico avrebbe dovuto essere rivolta direttamente Governo russo.

In tal modo situazione sarebbe ritornata al punto di partenza.

Momentanea crisi nei rapporti finlandesi tedeschi appare superata con piena soddisfazione tedesca. Comunicazione nord-americana di cui al punto 4° sarebbe stata originata da netta dichiarazione fatta Governo russo a Governo S.U., secondo la quale Finlandia è considerata nemica numero uno dell'U.R.S.S., rientrante nel suo spazio vitale, e quindi U.R.S.S. non desidera inframmittenze altrui nelle questioni da ... (3).

(l) -Il T. 2109!78 R. del 2 aprile 1943, ore 14,40, non pubblicato, dava notizia di uno scambio di comunicazioni tra la Finlandia e gli Stati Uniti d'America. (2) -Non rinvenuti. (3) -Nota dell'Ufficio Cifra: «Cinque gruppi mancanti>>.
227

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 2460/263 R. Bucarest, 16 aprile 1943, ore 22,30 (per. ore 12,15 de l 17). Mio telegramma per corriere 35

Barone Killinger che ho veduto stamane, appariva soddisfatto risultato colloqui Berchtesgaden. Mi ha detto che principali questioni discusse e risolte erano state:

1°) forniture di petrolio, che risulterebbero aumentate comprimendo consumo interno romeno;

2°) incorporazione di 20 mila apparte;:lenti al gruppo etnico tedesco di reintegro formazioni militari delle S.S.;

3°) riarmo delle grandi unità romene: a tale proposito da parte dei tedeschi si è stabilito principio che riarmo comincierà dalle unità romene in zona di operazioni;

4°) è stata inoltre esaminata situazione militare romena tutti scacchieri.

Collega tedesco mi ha detto anche che informazioni giunte a Berlino da varie capitali neutrali circa sondaggi pace che sarebbero stati fatti da parte romena avevano formato oggetto diffusa disamina a Berchtesgaden e che da parte tedesca si era insistentemente richiesto al Conducator 'Che Governo romeno si astenesse per avvenire da qualsiasi iniziativa suscettibile di essere interpretata dal nemico come sintomo di debolezza dell'Asse.

Barone Killinger prega di voler considerare su riferite informazioni come strettamente confidenziali. Successivamente ho veduto Presidente Antonescu, che da diversi giorni indisposto mi ha ricevuto in breve udienza. Mi ha pregato di comunicare a

V. E. che egli è assai preoccupato per certe constatazioni di fonte forse poliziesca che sono state fatte a Berchtesgaden circa pretese iniziative di pace del Governo romeno in capitali neutrali, che vorrebbe tali constatazioni formassero oggetto di ulteriori smentite e che in ogni caso egli desidera far sapere a V. E. che soltanto Governo italiano conosce integralmente suo pensiero e suoi propositi, in quanto egli ritiene destino Romania identico a quello dell'Italia e indissolubilmente ad essa associato.

Circa problemi discussi a Berchtesgaden Presidente Antonescu mi ha detto trattarsi di questioni secondaria importanza e che colloqui in generale avevano lasciato negli interlocutori una generale sensazione di imprecisione.

(l).

(l) Con il T. per corriere 2500/035 R. del 15 aprile 1943, non pubblicato, Bova Scappa dava notizia dei colloqui fra il Fuhrer e Antonescu a Berchtesgaden.

228

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, A TUTTE LE RAPPRESENTANZE ALL'ESTERO

T. PER CORRIERE 52/C. R. Roma, 16 aprile 1943.

Col comunicato diramato a conclusione del recente incontro Duce-Fiihrer (l) sono stati indicati i sostanziali elementi politici dei colloqui e definite le linee essenziali degli scopi attualmente perseguiti dall'Asse.

Per personale conoscenza di V. E./V. S. e per opportuna norma di linguaggio preciso quanto segue:

1°) L'incontro del Duce col Fiihrer ha permesso ai due Capi delle Potenze dell'Asse di prendere ancora una volta diretto contatto attraverso numerosi, lunghi ed esaurienti colloqui nei quali i vari aspetti della situazione politico-militare sono stati esaminati e discussi a fondo. Altri ampi e dettagliati scambi di vedute hanno analogamente e contemporaneamente avuto luogo tra i principali collaboratori del Duce e del Fiihrer nel campo politico e in quello militare.

2°) Su iniziativa italiana, si è convenuto con la Germania nella opportunità di precisare gli scopi essenziali dell'azione dell'Asse, diretta ad affrancare da regimi monopolistici ed egemonici lo spazio europeo-africano.

Se la guerra ha reso necessario di mobilitare tutte le forze europee e di richiedere a tutti i popoli interessati i massimi sacrifici, per il conseguimento della vittoria comune, si vuole però riaffermare ora il diritto di tutti i popoli europei al loro libero sviluppo a:vvenire, e con questo il principio dell'equità nella partecipazione alle risorse economiche mondiali e quello della collaborazione e dell'armonica convivenza di tutti nello spazio europeo.

3°) Tale programma costruttivo dell'Asse rappresenta il logico sviluppo dei principi politici, sociali ed economici che sono alla base della teoria fascista e nazionalsocialista, e costituisce la migliore giustificazione, sia morale che materiale, della guerra condotta dall'Asse, resa inevitabile dalle Potenze anglosassoni, che per mantenere ostinatamente le proprie posizioni egemoniche, hanno tolto agli altri popoli ogni possibilità di collaborazione.

4°) I nebulosi e contraddittori enunciati della propaganda nemica -che male riescono a mascherare i sostanziali gravissimi dissidi che le stesse vicende della guerra vanno creando nel campo avversario -trovano in quanto precede una chiara risposta, che oggi più che mai è opportuno illustrare e sottolineare.

Tale opportunità è provata dalla eco immediata e profonda avuta dal recente comunicato nell'opinione pubblica europea.

Per Vostra personale riservata conoscenza aggiungo che è nelle nostre direttive di esaminare -in un prossimo futuro e in momento favorevole -il modo di rafforzare e precisare i concetti già espressi, in modo che l'azione politica possa efficacemente accompagnare gli sforzi delle armi del Tripartito.

(l) Vedi D. 219, nota l, p. 287.

229

IL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, CASTELLANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 2474/014 R. Sussak, 16 aprile 1943 (per. il 18).

Dalla solita fonte molto attendibile, è risultato a Supersloda che tempo fa il gen. Mihajlovic, in una riunione di capi cetnici, avrebbe asserito che nella lotta contro i comunisti gli unici a dargli un aiuto concreto ·erano stati gli italiani e che suoi nemici, oltre i comunisti, erano anche gli ustascia, i croati ed i musulmani.

La frase-riferita a Londra, evidentemente, da elementi di collegamento sembra abbia sollevato le proteste del Governo inglese, che fece presente al Governo nominale jugoslavo di non poter ammettere che il Mihajlovic, membro di tale Governo, considerasse nen;~.ici gli stessi figli della Jugoslavia, anziché gli occupatori italiani e tedeschi.

Una personalità cetnica, nel riferire ciò al Mihajlovic, avrebbe aggiunto di aver risposto al Governo inglese difendendo l'atteggiamento del Mihajlovic e dimostrando che, non solo egli non collaborava con gli occupatori, ma che si riprometteva anzi di combatterli, appena avesse sconfitto i partigiani ed eliminato -o almeno allontanato -il pericolo comunista; che però i partigiani erano il nemico uno, perché i maggiori responsabili dei danni materiali e morali subiti dal popolo serbo.

Queste assicurazioni non sembra tuttavia che abbiano molto soddisfatto il Governo inglese che, prima di concedere altri aiuti (spe•cialmente in denaro) al Mihajlovic, pretenderebbe esercitare sui cetnici un maggiore controllo diretto. I cetnici cercheranno di fare il possibile per sottrarsi a tale controllo e, se saranno costretti a subirlo, si propongono di sabotarlo. Ma è da prevedersi che la pressione di Londra costringerà il Mihajlovic prima o poi ad assumere nei nostri confronti un diverso e più deciso atteggiamento.

D'altra parte -secondo quanto riferisce a questo Ufficio un informatore fiduciario -risulterebbe che negli stessi ambienti di Mihajlovic si ha l'impressione che quest'ultimo ha perso notevolmente di autorità nei confronti del Governo jugoslavo di Londra, sia per i gravi scacchi subiti da parte dei partigiani, sia perché lo si considera troppo ostinato in alcune idee e poco intonato alle esigenze politiche della situazione generale.

230

IL MINISTRO A BERNA, TAMARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N. PER CORRIERE 2475/0137 R. Berna, 16 aprile 1943 (per. il 18).

Giorni sono arrivò alla Legazione di Germania un'informazione fiduciaria, secondo la quale i capi comunisti di Ginevra avrebbero ricevuto direttive dal Komintern di Mosca in questo senso: se gli anglosassoni facessero un secondo fronte in Europa, non riscaldatevi per essi, perché è probabile che la U.R.S.S. debba cambiare rotta e magari trovare un accordo con la Germania. La Legazione tedesca mi fece conoscere subito la informazione, aggiungendo che si trattava di comunicazione d'agente di solito scrupoloso, ma senza appoggio di documenti, e che perciò, pur stimandola probabile, non ne garantiva l'esattezza: in attesa di maggiori controlli non avrebbe nemmeno scritto a Berlino. Poiché la notizia mi sembra,va di grande importanza, un'emanazione .del Komintern non potendo avvenire se non per volontà o con l'approvazione del Governo di Mosca, prima di scriverne volli cercare se potessi in qual:che modo confermarla. Potei soltanto constatare che negli ambienti comunisti di Ginevra si parlava realmente di quelle direttive giunte dal Komintern: testi o documenti, nessuno.

Ieri parlai col Ministro di Germania: anche egli non ha potuto avere nessuna conferma più precisa, ritiene però che la notizia possa essere considerata veridica. Si tratta di credere o di non credere. La notizia può essere nata dal fatto che d'un possibile accordo tra la Germania e la Russia da qualche giorno si parla molto in tutta la Svizzera senza che si sappia dire un perché. O questo parlar molto del possibile accordo viene dalle citate notizie di Ginevra?

231

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. CONFIDENZIALE PER CORRIERE 12222/054 P. R. Parigi, 16 aprile 1943 (per. il 20).

Mio rapporto n. 1463 del 3 corrente (l) pagina 8 dell'allegato.

Questa Ambasciata di Germania secondo mi è detto confidenzialmente, è stata incaricata di far sapere a La val che la sua richiesta per una «dichiarazione » sulla posizione della Francia nella nuova Europa dopo la vittoria è stata ricevuta, che se ne è presa buona nota, che tuttavia appare prematuro discuterla e darvi seguito.

2. -D'altra parte la stampa francese (si vedano i fonobollettini stampa di questi giorni) continua a sviluppare il tema dell'avviamento alla «normalizzazione » delle relazioni franco-germaniche e dell'« apporto» che la Francia dà alla costituzione della nuova Europa. Essa prende lo spunto per questi commenti da due telegrammi da Berlino della Agenzia Transocean del 14 corr. (si veda mio telespresso n. 1595/621) (l) nei quali sono indicati questi stessi concetti e fa espresso riferimento ai due comunicati relativi agli incontri di Roma e di Salisburgo (2) e più specialmente a quella parte dei comunicati in cui si parla della difesa della civiltà europea e dei diritti delle nazioni al loro libero sviluppo e collaborazione. 3. -Ho già indicato (mio telespresso n. 1595/621 del 14 corrente) l'apprezzamento che si può fare dei due telegrammi da Berlino dell'Agenzia Transocean e dei commenti della stampa francese. Si può ritenere cioè che telegrammi e commenti rappresentino una approvazione e un incoraggiamento all'azione di Lavai particolarmente per quanto riguarda il trasferimento in Germania di mezzo milione di operai francesi già avvenuto e di 220 mila da avvenire. Va pure tenuto conto che il 18 farà un anno che Lavai è al Governo e che nella difficoltà di presentare all'opinione pubblica un bilancio attivo di questo periodo (perdita dell'Impero francese, affondamento della flotta, ecc.) s'insiste di preferenza sul tema «collaborazionismo».

Nessun riferimento è fatto invece dalla stampa francese alla richiesta di Lavai per una dichiarazione sulla futura posizione della Francia nella nuova Europa, ma evidentemente i concetti espressi mirano anche a dare in maniera non impegnativa una qualche soddisfazione a tale richiesta ed è a questo proposito che, come già osservato, viene più specialmente citata la parte dei due comunicati di Roma e di Salisburgo relativa ai diritti delle nazioni.

(l) Vedi D. 187.

232

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 12102/434 P. R. Zagabria, 17 aprile 1943, ore 13 (per. ore 16,30) (3).

Telegramma di V. E. n. 185 (4).

Ho fatto al Poglavnik comunicazioni di V. E.

Egli mi ha detto di assicurare V. E. che sta elaborando mutamenti Governo per effettuare epurazione elementi contrari amicizia italo croata, e che ha cominciato col sostituire Perle da lui considerato negativo pei nostri rapporti. Avendo destinato a Roma Niksic, per il quale ha fatto chiedere gradimento da codesta Legazione di Croazia, egli dovrà ora provvedere nomina nuovo Mi

24 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. X

nistro dell'Interno. Non ha ancora deciso in merito. Pensa pure sostituire attuale Ministro delle Comunicazioni Bechlagic, senza dare però impressione di vero e proprio rimpasto ministeriale al mutamento Governo.

Lorkovic sarebbe pure sostituito, ma tanto per lui che per Kosak sono forti ancora le pressioni tedesche. Rispondendo a una mia domanda, ha escluso che penserebbe di destinare Lorkovic a Berlino e di nominarlo Segretario Partito, come qualcuno vorrebbe.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 61, nota 2, p. 86 e D. 219, nota l, p. 287. (3) -Dal numero di protocollo d'arrivo questo telegramma risulterebbe pervenuto 11 giorno 18. (4) -Vedi D. 200.
233

L'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 12020/525 P. R. Madrid, 17 aprile 1943, ore 19,05 ). (per. ore 1,30 del 18).

Nel discorso pronunciato a Barcellona in occasione feste colombiane Ministro Esteri Jordana, dopo aver salutato rappresentanti diplomatici intervenuti e inneggiato fratellanza mondo ispanico, ha affermato Spagna di Franco derivare direttamente da Spagna Re Cattolici e attuale Regime basato su tradizionali principi essere frutto rinascita spagnola e non falso segno modelli stranieri. Riprendendo concetto già esposto altre occasioni da personalità Governo, Ministro Jordana ha ricordata missione Spagna di facilitare ritorno pace e additare partecipanti contesa principi giustizia e fraternità fra uomini e popoli, e ha al riguardo ripetuto parole pronunciate da Franco in occasione inaugurazione Cortes, « dare all'Europa una serenità di giudizio per quando giunga il momento in cui ragione imponendosi a Nazioni apra su continenti un orizzonte di speranza~. Jordana ha riaffermato posizione anticomunista Spagna sottolineando che questa, memore esperienze sofferte sul suo stesso territorio, è contraria al comunismo come dottrina e organizzazione rivoluzionaria e continuerà a combatterlo con tutte le sue forze; ha poi dichiarato che Spagna, mantenuta da Provvidenza fuori della guerra, si pone al di sopra delle passioni, e senza disinteressarsi del corso della lotta, ne segue lo sviluppo con sguardo sereno privo di preferenze e ispirandosi solo ai più nobili principi indispensabili per il futuro dei popoli. Jordana ha quindi aggiunto che si può capire ma non condividere desiderio due parti in lotta ottenere vittoria totale distruggendo avversario. Tale soluzione infatti, ha spiegato, è di per se stessa difficile data forza contendenti e sarebbe la peggiore per mondo futuro in quanto richiederebbe per raggiungerla sacrifici, sforzi, spese, distruzioni mai giustificabili e comunque maggiori dei benefici che può sperare conseguire. Ministro Esteri avviandosi conclusione ha dichiarato che Spagna, pronta far fronte ad ogni minaccia e compiere qualsiasi sacrificio per difesa sua indipendenza e suo onore, spera vada affermandosi desiderio ristabilire pace.

Spagna, ha egli aggiunto, forte e compatta dietro il Caudillo, altre Nazioni neutre, specialmente Santa Sede che tanto amore porta al bene umanità, potranno senza dubbio facilitare sua conclusione e collaborazione alla nuova organizzazione mondo con apporto punto di vista equo e spassionato al fine evitare vecchi errori. Jordana ha terminato suo discorso augurandosi che questi principi si traducano in data non lontana nella realtà di una pace «giusta e fra

terna~.

234

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

APPUNTO S. Roma, 17 aprile 1943.

Il Ministro del Brasile a Berna ha riferito in data 9 corrente al suo Governo di essere stato pregato dai suoi colleghi inglese ed americano di avvicinare il Ministro di Ungheria a Berna e di fargli capire genericamente che «il suo passo non era stato preso in considerazione».

Nel riferire quanto precede, il predetto Ministro aggiunge di aver avuto l'impressione che l'Inghilterra non desideri compromettersi in alcun negoziato per timore che ciò possa interferire nei suoi rapporti con la Russia, le cui intenzioni circa la sistemazione postbellica dell'Europa non si sono ancora precisate.

Le attuali gravi preoccupazioni del Governo ungherese, accentuatesi dopo i successi russi sul fronte orientale ed anglosassoni nell'Africa Settentrionale, hanno fatto circolare in questi ultimi tempi voci e segnalazioni varie circa una supposta intenzione di quel Governo di prendere contatto con le Potenze alleate e facilitare comunque la via ad una possibile pace di 'Compromesso.

L'iniziativa turca per la costituzione di una confederazione balcanica di cui avrebbe dovuto far parte anche l'Ungheria, non è stata, come è noto, accolta con sfavore a Budapest. Secondo quanto recentemente riferito a Londra dal Ministro di Grecia ad Ankara, Numan Menemencioglu avrebbe avuto una comunicazione dal rappresentante ungherese, di ritorno ad Ankara da Budapest, nel senso che «molto volentieri prenderà conoscenza del progetto di partecipazione dell'Ungheria ad una confederazione europea».

Il Ministro di Portogallo a Budapest ha riferito recentemente al suo Governo che il Rettore dell'Università di Szeged, partito per la Turchia per un ciclo di conferenze, avrebbe avuto in realtà l'incarico di prendervi contatto con quegli Ambasciatori di Inghilterra e degli Stati Uniti.

Voci in circolazione a Budapest circa una pretesa offerta inglese di pace separata all'Italia sono state segnalate al suo Governo, in data 10 corrente, da quel Ministro di Turchia.

Altri contatti sarebbero stati presi in Svizzera -secondo quanto riferito il 19 febbraio u.s. dalla nostra Legazione a Berna (l) -da due distinti gruppi di emissari ungheresi, composti di elementi di diverso colore politico e che

avrebbero svolto la loro attività a Ginevra e a Berna. Sarebbe stato da loro avvicinato, tra gli altri, un ex diplomatico americano, tale Allen Dulles, che risulta molto legato al mondo finanziario americano, persona assai intelligente ed attiva e da tempo in Svizzera dove si presume abbia avuto incarico di carattere politico.

Per parte sua, la R. Legazione a Budapest ebbe contemporaneamente a segnalare un viaggio compiuto in Svizzera dall'ex Presidente della Banca Nazionale ungherese (1), Baranyay: non escludendo che tale viaggio avesse potuto dar luogo a qualche contatto con elementi anglo americani residenti in Svizzera, pur avendo il Governo ungherese dichiarato a suo tempo che la missione affidata a Baranyay non aveva alcun carattere politico (2).

(l) Vedi D. 70, nota l.

235

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL RAPPRESENTANTE DEL MINISTERO IN TUNISIA, BOMBIERI

L. P. u. s. 13/08509/78. Roma, 17 aprile 1943.

Come ben sai, il ritorno di Bur.ghiba in Tunisia è stato deciso affinché non potesse apparire che lo si tratteneva in Italia contro la volontà sua, del Bey e del popolo tunisino.

Non vi è certo bisogno di attirare la tua attenzione sull'interesse che abbiamo a seguire da parte nostra con la massima cura e con ogni mezzo l'atteggiamento che Burghiba assumerà verso il Bey e le vere intenzioni del Bey a suo riguardo, le relazioni che egli stabilirà con gli attuali Ministri del Bey, con il Ministro Rahn, con la Residenza e con gli esponenti francesi, con il Dottor Taamer e con gli altri capi del partito desturiano.

A tal fine ti potrai giovare anche, oltre che del Maggiore Dadone che ha stabilito con Burghiba amichevoli relazioni, del Tenente Ermirio e del Ragioniere Oggiano che hanno da tempo stretti contatti con vari di codesti capi desturiani. Ma, se lo riterrai opportuno e possibile, sarà utile che tu intrattenga diretti e seguiti personali contatti con Burghiba stesso.

È giunta qui la voce di dissensi che si delineerebbero tra gli esponenti del partito desturiano, alcuni dei quali vorrebbero l'immediata e completa collaborazione del Destur con l'Asse senza condizioni, mentre altri, e tra questi Burghiba, vorrebbero mantenere una certa riserva in mancanza della richiesta dichiarazione delle Potenze dell'Asse circa il futuro assetto della Tunisia. È giunta inoltre anche la voce -che ti comunico per tua riservata e personale informazione pur non essendovi ragione di ritenere che abbia alcun fondamento -che Burghiba, d'accordo con uno dei desturiani recentemente giunti da Tretz, Hedi Sciaker di Sfax, intenderebbe, al momento opportuno, passare le linee nemiche e mettersi sotto la protezione dell'America.

I seguiti contatti con Burghiba ti permetteranno comunque di renderti conto del suo stato d'animo e di prendere tempestivamente gli opportuni provvedimenti affinché, se la situazione dovesse aggravarsi, tutto sia predisposto in modo di assicurare a Burghiba la possibilità di rientrare nel Regno insieme con gli altri capi che vorranno seguirlo.

Ti sarò comunque grato di tenerci dettagliatamente 'informati (1).

(l) -Vedi D. 111. (2) -Il presente documento reca il visto di Mussol!ni.
236

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO

T. 13026/112 P. R. Roma, 18 aprile 1943, ore 23.

Vostro 156 (2).

Sarà opportuno che anche da parte vostra rinnoviate premure a codesto Governo, nella forma che vi sembrerà più conveniente circa nostra richiesta rottura rapporti diplomatici con Cile.

237

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO

T. 13027/205 P. R. Roma, 18 aprile 1943, ore 20.

Vostro 034 (3).

Ho intrattenuto Ribbentrop sull'azione personale che il Generale Glaise Horstenau svolge costi in contraddizione con le direttive impartite dal Governo germanico di armonizzare l'attività di codesta legazione germanica con la nostra sulla base del riconoscimento del preminente interesse italiano in Croazia.

Maggiori precisioni sono state date nei colloqui svoltlsl con alti funzionari del Ministero Esteri germanico al quali tra l'altro è stata segnalata la manifestazione navale organizzata dallo stesso Glaise Horstenau e che ha dato luogo a manifestazioni irredentistiche da parte croata ai nostri danni.

Ribbentrop mi ha assicurato che provvederà ad eliminare tale divergenza dl atteggiamento tra il Capo della Missione Militare germanica costì e il rappresentante diplomatico tedesco in conformità alle comuni direttive della politica dell'Asse nei riguardi della Croazia.

(l) -Per la risposta vedi D. 264. (2) -Vedi D. 225. (3) -Si tratta del T. s.n.d. per corriere 2429/034 R. del 14 apr!le 1943, non pubblicato, con cui Casertano informava che !l Generale Gla!se Horstenau aveva già ricevuto notizia delle decisioni riguardanti l'armata italiana in Croazia prese nei colloqui di Salisburgo.
238

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. PER CORRIERE 13049 P. R. Roma, 19 aprile 1943.

Nel mese di marzo u.s. le Autorità tedesche hanno iniziato nella zona di loro occupazione in Grecia la deportazione in Polonia di tutti gli ebrei greci. In un primo momento non sembrava accennarsi a provvedimenti nei riguardi degli ebrei di nazionalità italiana, senonché il nostro Console Generale a Salonicco ha avuto comunicazione di un telegramma che codesto Auswartiges Amt ha indirizzato a quelle Autorità militari germaniche del seguente letterale tenore: «Sono ammessi al ritorno in Italia solo gli ebrei italiani che ancora oggi possiedono senz'altro ed in maniera non dubbia la cittadinanza italiana.

La sola richiesta o un semplice titolo per ottenere la cittadinanza italiana non basta. Con il Governo italiano non è possibile nessuna eccezione del genere~.

Da ulteriori precisazioni fornite dalle autorità militari germaniche al Console di Salonicco risulta confermato senz'altro l'ordine di rimpatrio entro il 15 maggio p.v. degli ebrei italiani.

In relazione a quanto sopra esposto riteniamo necessario fare alcuni rilievi che vi preghiamo di voler portare a conoscenza nella forma più chiara e ferma all'Auswartiges Amt:

l) L'allontanamento degli ebrei italiani dalla Grecia, dichiarata nostro spazio vitale, che se avviene nella zona occupata dalle truppe tedesche, è questione di particolare delicatezza che il governo italiano deve sottoporre a serio esame, trattandosi di un provvedimento che incide fortemente sugli interessi italiani in tali regioni. Gli ebrei italiani provenienti dal Granducato di Toscana si trovano a Salonicco da più di un secolo e molti di essi hanno raggiunto nel campo del commercio e della finanza situazioni preminenti.

Essi hanno dato costante buona prova d'Italianità. Quasi tutto quello che noi abbiamo in tale regione è in mano di ebrei e il loro allontanamento significherebbe la perdita irrimediabile di posizioni che rappresentano cospicui interessi italiani che intendiamo conservare e tutelare.

Fu a suo tempo fatto presente a Berlino la necessità di considerare in modo particolare i nostri interessi in Mediterraneo ed è per tale ragione che il Governo tedesco riconobbe la particolare situazione degli ebrei italiani in Tunisi nei cui confronti non furono applicate le restrizioni delle leggi razziali appunto in considerazione di questi nostri interessi. Ora questo nostro punto di vista vale anche per la Grecia e ci attendiamo che esso sia adeguatamente considerato.

2) Allorché il Governo tedesco chiese di allontanare gli ebrei italiani da tutte le zone occidentali europee occupate da truppe tedesche le trattative ebbero corso tra l'Auswartiges Amt e questo Ministero e dettero luogo ad uno scambio di vedute ed intese circa le garanzie e le modalità relative all'applicazione dei provvedimenti necessari. Per quanto riguarda la Grecia nessuna richiesta di rimpatrio è pervenuta a questo Ministero dall' Auswartiges Amt.

3) Mentre facciamo fin d'ora ogni riserva circa tale rimpatrio, rileviamo che l'accertamento della cittadinanza italiana degli ebrei di cui si tratta non può [che] essere interamente deferito alle Autorità italiane. Tale è stato il sistema attuato con ottimo risultato negli accertamenti effettuati nell'occasione del rimpatrio degli ebrei italiani residenti nelle zone occidentali europee occupate dalle truppe tedesche.

4) Il rilievo che con il Governo italiano non è possibile alcuna eccezione del genere ci sorprende e pertanto vogliamo credere che esso non risponda ad una effettiva intenzione che contrasterebbe con gli attuali rapporti politici italo-tedeschi.

5) In ogni ipotesi prima di effettuare un tale rimpatrio questo Ministero non può non preoccuparsi dei beni degli israeliti italiani che dovrebbero restare di proprietà di italiani. Non sarebbe certo giustificabile che una disposizione di carattere razziale tornasse a danno degli interessi italiani ed a vantaggio di terzi.

Vogliate pertanto far presente a codesto Ministero degli Esteri con pacata fermezza la nostra richiesta che venga soprasseduto ad un provvedimento che, se anche dovesse essere attuato, non potrebbe non dar luo.go a preventive trattative nei limiti di un adeguato margine di tempo. Si rende inoltre necessario che codesto Governo dia con carattere di urgenza istruzioni perché vengano sospesi i provvedimenti nei riguardi di quelle persone che saranno indicate dal Console italiano a Salonicco alle locali Autorità germaniche in attesa che la nazionalità di dette persone venga accertata (1).

239

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI

T. S.N.D. 13177/445 P.R. Roma, 19 aprile 1943, ore 24.

Lascio a te giudicare dopo discorso Jordana (2) se convenga ancora pensare opportunità incontro di cui mio precedente telegramma n. 421 (3).

240

IL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2526/174 R. Belgrado, 19 aprile 1943... (per. ore 17 del 20). Mio telegramma n. 164 (5).

Governatorato militare Montenegro ha risposto di non (dico non) concordare con proposta invio truppe germaniche dalla Serbia in Sangiaccato. Tale

(-4) Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

risposta è stata comunicata da Addetto Militare a Comando Militare germanico Belgrado. Con successivo telegramma Governatorato Militare Montenegro ha chiesto a nostro nucleo militare collegamento con comando [tedesco] riservato parere circa responsabilità e opportunità domandare concorso forze armate serbe (serbi del generale Nedic) in Sangiaccato. Addetto Militare ha risposto come segue:

«1°) Non (dico non) riterrebbe conveniente concorso dal punto di vista tecnico militare.

2°) Su mio parere conforme domandatomi concorso non (dico non) apparirebbe opportuno neppure dal punto di vista politico tenendo conto che Sangiaccato è fra territori di notoria rivendicazione serba e che in passato, febbraio 1942, abbiamo protestato contro iniziativa Nedic ottenendo ritiro sue formazioni armate che avevano già varcato linea demarcazione.

3°) Occorrerebbe infine poter conciliare domanda con recente rifiuto opposto a concorso truppe germaniche».

(4). (l) -Non si è rinvenuta la risposta a questo telegramma. (2) -Vedi D. 233. (3) -Vedi D. 223. (5) -Il T. 2380/164 del 13 aprile 1943. ore 23,10, non pubbllcato, riferiva la richiesta del Governatorato mllltare in Montenegro di intervento delle truppe tedesche nella zona presso Foca.
241

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 2530/163 R. Budapest, 19 aprile 1943... (l) (per. ore 17 del 20).

Miei telegrammi 158 e 159 rispettivamente del 15 e 16 corrente (2).

Il Fuhrer -mi ha detto Kallay -ha fatto al Reggente Horthy una esposizione dettagliata delle più recenti vicende belliche servendosi della stessa argomentazione fornendo gli stessi dati ed arrivando alle stesse conclusioni già prospettate al Duce durante la sua recente visita. Coalizzare tutte le energie dell'Asse e dei suoi alleati per finirla con la Russia, mantenersi sulla difensiva in Europa fermo restando che dove esista una continuità territoriale europea, le truppe dell'Asse sono assolutamente superiori a quelle anglo-americane. Inoltre Fuhrer ha detto a Horthy che la battaglia in Tunisia è una semplice questione di trasporti: la prevalenza anglo-americana è solo dovuta alle difficoltà dei rifornimenti da parte Asse ed un equilibrio di forze sarà sempre fatale agli anglo-americani. II Ftihrer non vuole sentire parlare di compromesso e intende continuare nella guerra intrapresa per la libertà dell'Europa. Scendendo a questioni più particolari il Ftihrer ha accennat<> alla situazione interna magiara lamentando che una parte dell'opinione pubblica dell'alta società si faccia propagatrice di rumori circa condotta guerra e di voci disfattiste. Reggente Horthy ha confermato lealtà classe dirigente magiara.

Venendo ai rapporti ungaro-romeni Reggente ha detto al Fuhrer che governo romeno si fa forte di un incondizionato appoggio germanico che incoraggerebbe

T. -11919/159 P.R. del 16 aprile 1943, ore 14,40, non pubbllcatl) con 1 quall Anfuso aveva informato della partenza di Horthy per Sallsburgo.

velleità irredentistiche di Bucarest. Bucarest afferma continuamente di salvare Asse col suo petrolio -avrebbe detto Reggente -ma noi ungheresi non parliamo dei nostri gravi contributi economici, a cominciare dall'alluminio, alla causa comune. È stato fatto anche cenno alle note comunicazioni del Governo ungherese con Ankara che sono state a suo tempo disapprovate da Ribbentrop. Kallay continua a trovarle utili anche ai fini antibolscevichi, prova ne sia che Eden ha recentemente consigliato infruttuosamente Ankara di desistere da altri contatti per non irritare la Russia. Fiihrer e Reggente hanno anche parlato dei Balcani ma sempre nel quadro generale della resistenza alla Russia ed agli anglo-americani. Ho chiesto a Kallay se fosse stata esaminata dai due Capi di stato eventualità di un ulteriore concorso magiaro alle operazioni in Russia o di una qualsiasi cooperazione ungherese alle operazioni dell'Asse nei Balcani. Kallay mi ha risposto che non è stata esaminata alcuna questione del genere. «Reggente -mi ha detto Kallay -è stato favorevolmente impressionato dalla fiducia dimostrata dal Fiihrer nella vittoria e soddisfatto dal quadro delle possibilità interne e militari della Germania. Nessuna parola però ho intesa circa il dopo guerra o le immediate possibilità di sistemazione dei popoli occupati o non occupati. Tale sicura ortodossia è sintomo di fiducia nell'avvenire e noi ungheresi non desideriamo che condividerla. Vedo che da parte italiana, dopo convegno Salisburgo, sono state date delle spiegazioni ufficiose specialmente circa vita piccole nazioni, spiegazioni che in Ungheria hanno suscitato vivissimo interesse. Fiihrer ha anche chiesto al Reggente Horthy perché Ungheria non avesse ancora rotto rapporti diplomatici col Cile. Reggente ha risposto di ignorare questione che non gli era stata ancora deferita dal suo Presidente del Consiglio». In definitiva: la visita, per il suo effetto sul pubblico, e le conversazioni fra Reggente e Fiihrer, per il loro contenuto specifico, servono nelle intenzioni germaniche (mio rapporto n. 832/456 del 7 aprile) (l) a segnare un tempo di arresto ad una certa campagna pacifista che si era andata determinando presso certe classi del paese e ad allineare Ungheria alla realtà della vicina germanica.

Mi riservo sentire ancora su questo argomento mio collega tedesco che tale esito appunto si riprometteva dalla visita, e di riferire ulteriormente (2).

(l) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza. (2) -Si riferisce ai telegrammi (T. per telefono 11785/158 P .R. del 15 aprlle 1943, ore 22,15 e
242

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

PROMEMORIA. Roma, 19 aprile 1943 (3).

Nella riunione che è stata tenuta ieri al Ministero degli Esteri sotto la mia presidenza, alla quale hanno preso parte l'Ambasciatore di Germania, il Maresciallo Kesselring, il Generale Ambrosio, l'Ammiraglio Riccardi e il Generale

Fougier, avente per scopo la precisazione dei dati circa i materiali di guerra richiesti alla Germania e quelli che sono stati finora forniti. sono risultati l dati seguenti che ho l'onore di comunicarVi:

REGIO ESERCITO

-Carri armati richiesti n. 1.250.

Il Ftihrer consenti a Salisburgo la utilizzazione per la Sicilia dei carri armati di passaggio per la Tunisia n. 20 o 30.

Il Maresciallo Keitel aumenta la cifra a 60 però non ancora arrivati. - Cannoni a traino meccanico (di vario calibro): richiesti n. 372; oltre assegnazione già fatta di 98; giunti n. 42 . - Cannoni costieri: assegnati dalla Germania senza essere domandati n. 324; giunti finora n. 136. - Cannoni anti-nave: assegnati dalla Germania n. 80 non ancora giunti. - Cannoni anticarro: richiesti n. 1350, oltre assegnazione già fatta di n. 518; giunti n. 299 . - Autocarri: richiesti n. 7.400. Risposta negativa per tutta la richiesta. - Radiolocalizzatori: richiesti n. 266, oltre cessione già avvenuta di n. 113.

Il Maresciallo Kesselring, confermate le cifre su esposte fornite dall'Eccellenza il Generale Ambrosia, fornisce a sua volta i dati seguenti:

-Cannoni anti-carro inviati dalla Germania all'infuori della richiesta: da 47 mm. n. 150; da 75 e 76 mm. n. 250; da 122 mm. n. 32; da 152 mm. n. 32. Assegnazione straordinaria anticarro, vario calibro per la Sardegna n. 168.

In Sicilia, pronti per essere utilizzati in qualunque momento, si trovano: -Carri III 8 -Carri IV 20 carri armati n. 37.

-Carri VI 9

Inoltre sono in arrivo dalla Germania: -Carri IV n. 15; -Pezzi contraerei fissi per la Sardegna n. 26.

In caso di necessità tutte le armi dell'Esercito tedesco che sono di rlserva a Napoli possono essere immediatamente utilizzate.

Inoltre il Maresciallo Keitel fa presente che ai reparti tedeschi sono state inviate ultimamente le seguenti armi: -fucili 5.000; pistole mitragliatrici 260; mitragliatrici 260; lancia-granate 50; cannoni anticarro 16; carri armati pesanti 20; carri armati «Tigre» 6.

Mentre durante il 1943 furono dalla Germania inviati: -cannoni anti-aerei da 88 mm. n. 512; cannoni mitraglieri da 20 mm. n. 264; cannoni mitraglieri da 20 mm. a quattro canne n. 75. -riflettori n. 180 (in queste cifre sono comprese le batterie per Trapani, Palermo, Reggio, Messina ecc.).

Il Maresciallo Kesselring ha pregato il Generale Ambrosia di voler frazionare

le sue richieste in modo che tenendo presente lo stato di produzione attuale

della Germania possa essere data esecuzione a quelle urgentissime e a quelle

necessarie.

Il Generale Ambrosia, accolto questo suggerimento del Maresciallo Kesselring,

procederà ad una tale discriminazione e presenterà una precisa richiesta

dividendo il settore Tunisia (richieste urgentissime) dalle richieste urgenti che

si riferiscono ad altri settori.

REGIA MARINA

Le richieste della Regia Marina alla Germania si dividono in tre categorie:

1a Categoria: Nafta.

Dall'inizio della guerra la Germania ha fornito finora nafta per tonnellate 370.000.

Tale nafta ha due provenienze: una dalla Germania che è quella di produzione sintetica; l'altra dalla Romania. L'Ammiraglio Riccardi fa presente che la Germania ha dovuto sospendere ogni invio della nafta sintetica non bastando più la produzione attuale neanche a tutti i servizi della Marina tedesca. Per quella proveniente dalla Romania ogni mese viene stabilita la quantità che sarebbe necessaria, ma purtroppo essa non giunge che in quantità irrilevante. Dato che occorrono alla R. Marina 30 mila tonnellate al mese di nafta, bisogna fare pressioni sulla Romania perché aumenti la sua produzione di nafta vincendo le resistenze degli industriali i quali preferiscono invece produrre benzina, in modo da aumentare fortemente le consegne per tutte e due le Marine.

ua Categoria: Materiali per costruzioni navali.

Sono in corso tra Italia e Germania degli accordi che procedono bene. L'Ammiraglio Riccardi assicura che molto è stato richiesto, molto è stato dato e che molto verrà ancora.

111a Categoria: Materiali per armi ed armamenti navali.

Anche per questa categoria vi sono dei contratti e degli scambi in corso che procedono in modo del tutto soddisfacente. Il Maresciallo Kesselring prendendo atto delle dichiarazioni dell'Ammiraglio Riccardi, fa presente che la Germania, ben rendendosi conto delle necessità

della Marina Mercantile sopratutto per quanto si riferisce ai trasferimentl oltremare con mezzi piccoli e celerissimi di armi e munizioni, sta approntando un rilevante numero di mezzi che entro il 1943 sarà del tutto completato.

Questi mezzi comprendono: - motovelieri 85 - imbarcazioni a motore 30 - motozattere 59

-motozattere di altro tipo 87 -motozattere di tipo italiano 15 -navi da 600 tonnellate 13 -grosse péniches da trasporto 200 -cisterne da lago 16 -navi di legno veloci da 300-500 tonnellate 78 -dragamine, posamine e caccia-sommergibili -chiatte e chiattoni 53

REGIA AERONAUTICA

Il Generale Fougier fa presente che la richiesta vitale dell'Aeronautica è di carburanti. La Germania invia finora tonnellate mensili n. 9 mila le quali aggiunte alla produzione nazionale di 2 mila tonnellate, non sono neanche la metà del fabbisogno mensile.

Le richieste che sono state fatte sono: 2 mila tonnellate in più al mese; 10 mila tonnellate una volta tanto per costituire una riserva e 12 mila tonnellate per la Sardegna.

Il Maresciallo Kesselring fa presente che egli ha appoggiato queste richieste della R. Aeronautica e che nel suo prossimo viaggio in Germania egli non mancherà di reiterare la necessità di dare quanto più possibile all'aviazione italiana. Prega, se possibile, di prendere in considerazione l'offerta che egli fa di fornire una certa quantità di benzina-auto per essere trasformata in Italia in benzina-avio, e avuta risposta dal Generale Fougier che questo tentativo già fatto non ha dato purtroppo il risultato che si desiderava, ha offerto intanto di prendere a conto della Germania il rifornimento degli apparecchi di fabbricazione tedesca ceduti alla R. Aeronautica.

Il Generale Fougier precisa la richiesta in apparecchi fatta dalla R. Aeronautica alla maniera seguente:

n. 500 apparecchi richiesti col noto telegramma al Fuhrer, con personale tedesco da inviare come rinforzo a Tunisi alle squadriglie tedesche colà operanti, oppure n. 300 apparecchi da cedersi alla R. Aeronautica che provvederebbe a far ritirare e a consegnare a personale italiano. Inoltre furono richiesti 50 caccia notturni e 24 Juncker/88 da bombardamento.

Dalle suddette due richieste di 500 e 300 apparecchi, delle quali la seconda era subordinata al non accoglimento della prima, è sorto un equivoco il quale però ora è stato chiarito nel senso che il Duce desiderava; quindi i piloti italiani prenderanno in consegna i 300 apparecchi nuovt che verranno ceduti alla R. Aeronautica.

Il Maresciallo Kesselring fa presente che i 50 caccia notturni non furono inviati perché il tipo richiesto non viene più costruito, ma che il Fiihrer ha inviato in rinforzo dell'Aeronautica tedesca fra la seconda quindicina di marzo e questi primi giorni di aprile n. 130 apparecchi così suddivisi:

- un gruppo bombardieri in Sardegna; - un gruppo di istruttori in Sicilia; - un gruppo di assalto in Tunisia;

-un gruppo di tuttatori in Sicilia;

entro il mese la R. Aeronautica verrà rinforzata con:

-2 .gruppi di caccia (30 velivoli ciascuno); l gruppo stukas (30 velivoli); l gruppo JU 88 per istruzione (30 velivoli).

Spera inoltre di mettere a disposizione tre velivoli con radiolocalizzatore e forse un terzo gruppo di caccia. Il Maresciallo Kesselring informa che nel mese di aprile la seconda Luftflotta tedesca posta ai suoi ordini ha ricevuto apparecchi n. 598.

Il Generale Fougier ha inoltre richiesto alla Germania n. 200 motori Benz/605 ed informa che questa richiesta sta incamminandosi a favorevole accoglimento.

Ha domandato anche n. 120 radio-localizzatori per i quali il Maresciallo Kesselring ha pregato di scaglionare le richieste come è stato detto per i carri armati ed intanto di cominciare a preparare le piazzuole di cemento dato che questo lavoro richiede molto tempo in modo che esse siano pronte quando gli apparecchi radio-localizzatori giungeranno sul posto.

Il Generale Ambrosia ha fatto presente anche la necessità che venga. accolta la richiesta italiana di aumentare nella regione balcanica il numero dei treni (48 al mese) lasciati a disposizione del R. Esercito il quale avrebbe bisogno di 80 treni al mese.

Viene risposto al Generale Ambrosia che è stato dato ordine di aumentare il numero a 52 e successivamente di portarli a 72. Verrà anche sollecitata una risposta urgente alla richiesta di 50 treni straordinari necessari per creare l'autosufficienza alle unità dislocate nei Balcani. Il Generale Ambrosia insiste perché venga accolta la sua richiesta che siano restituite all'Italia le dieci navi che fanno servizio nell'Egeo e che furono richieste in passato dai tedeschi e non sono state mai restituite.

Il Maresciallo Kesselring riconoscendo appieno le necessità urgenti ed inderogabili che presentano le Isole italiane del Dodecanneso e particolarmente Rodi, ha dato ordini di far presente al Maresciallo Keitel che non Creta ma Rodi deve essere rifornita per prima e che intanto forse sarebbe necessario mettere cinque delle dieci navi richieste a disposizione delle autorità italiane.

Il Maresciallo Kesselring inoltre ha tenuto a dichiarare che in occasione del viaggio che egli farà in Germania non appena la situazione militare glielo permetterà, non mancherà di appoggiare con tutta la sua autorità le richieste formulate dal Comando Supremo italiano.

(l) -Vedi D. 206. (2) -Vedi D. 246. (3) -Il testo pubblicato contiene le «correzioni» di « talune inesattezze >> contenute nel documento originale, che furono comunicate dal Comando Supremo con lettera del 30 aprile 1943, n. 895/I Rep. La prima versione del documento è edita in D. ALFIERI, Due dittatori di fronte, cit., pp. 371-376.
243

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

R. s. 1768/605. Bucarest, 19 aprile 1943 (per. il 26).

n prof. Mihai Antonescu mi ha oggi lungamente parlato di quanto è avvenuto a Berchtesgaden tra il Fiihrer e il Conducator nel corso del loro ultimo incontro (2). Il mio interlocutore ha detto quanto segue:

«Appena giunto a Berchtesgaden il Maresciallo Antonescu è st:.:J interrogato sui pretesi tentativi di pace che il Governo romeno avrebbe svolto in questi ultimi tempi in varie direzioni. Il Fiihrer ha molto drammatizzato le cose e detto al Conducator:

l) che il Ministro rumeno Dimitrescu a Madrid aveva offerto a quel "corpo diplomatico" di trattare una pace a nome dell'Asse;

2) che il Ministro romeno a Berna Lahovary aveva preso contatto con quel Nunzio Apostolico allo stesso fine;

3) che eguali tentativi erano stati fatti dal Ministro Cadere a Lisbona presso Salazar;

4) che i tedeschi avevano decifrato un telegramma diretto da Cordell Hull a Lisbona nel quale venivano date istruzioni al Ministro americano in Portogallo di "sostenere" le iniziative eventuali del Signor Antonescu.

Il Fiihrer ha dichiarato al Conducator che nessuno poteva parlare di pace a nome dell'Asse; che egli non intendeva si parlasse di pace quando la guerra doveva considerarsi avviata alla vittoria grazie sopratutto alla campagna sottomarina; ha ricordato al Maresciallo che nel 191'1 l'Inghilterra era pronta a trattare la pace ma la disgraziata manovra tentata con Sisto di Borbone dette a Lloyd George la netta sensazione che la Germania fosse indebolita e ciò lo indusse a irrigidirsi e a continuare la guerra. Non bisognava perciò prendere iniziative di tal genere che solo la Germania avrebbe potuto prendere. Il Ftihrer si è poi lamentato anche dell'atteggiamento del Re e della Regina Elena assicurando che i suoi informatori glieli dipingevano come antitedeschi. Pochissime le discussioni di carattere militare. Il Conducator non era accompagnato che dal Colonnello Dimitrescu, del suo gabinetto militare,' al quale vennero chiesti alcuni dati sulla situazione delle unità romene. Molto limitati gli impegni; tanto che le grandi unità romene non potranno essere pronte alla lotta -salvo alcune attualmente impegnate -che verso la fine dell'anno se il ritmo dei rifornimenti tedeschi sarà quello di oggi.

Il Maresciallo Antonescu -ha continuato il Presidente -che non era molto bene al corrente di tutto questo romanzo diplomatico pacifista ha

risposto difendendomi; dichiarando che io ero stato il suo ispiratore in tutto ciò che di buono aveva fatto la Romania in questi anni di lotta comune: dal moto rivoluzionario alla guerra e all'organizzazione della vita politica ed economica del Paese che aveva fatto ottima prova in ogni campo. Ha difeso inoltre -ma forse debolmente -i Sovrani, ed ha promesso di indagare al suo ritorno e di r1ferire. E come conclusione del sermone fattogli gli si è presentato per la firma un comunicato così vistoso come non si è fatto dopo nessun altro incontro analogo e in cui si parla di " lotta contro la plutocrazia anglosassone " e di "guerra fino alla vittoria senza compromessi".

Appena tornato qui ho chiesto al Maresciallo come avesse potuto accettare un comunicato così ampolloso e dei secchi rimproveri contro i nostri Sovrani e se era giusto che dopo tutti i sacrifici fatti dalla Romania per la causa comune ci si trattasse come dei funzionari subalterni ai quali si infligge un pubblico biasimo.

Quanto alle mie iniziative di pace che avevano suscitato tanta emozione presso il Fiihrer, ho messo sotto gli occhi del Maresciallo Antonescu così come la metto sotto i vostri stessi occhi la documentazione incriminata».

E qui il Signor Antonescu mi ha dato lettura di due telegrammi del Signor Lahovary, Ministro a Berna, dei primi di marzo. In tali telegrammi il Signor Lahovary scrive che, in base a colloqui da lui avuti con Monsignor Bernardini e col signor Pilet Golaz, gli sembrava fosse giunto il momento perché il Presidente Antonescu riprendesse una sua iniziativa del novembre 1941 intesa a concordare una dichiarazione solenne degli stati medi e piccoli belligeranti e neutrali su «certe permanenze e punti comuni» con netto carattere antibolscevico. Secondo Antonescu una tale dichiarazione avrebbe messo in serio imbarazzo l'America la quale, accordandosi con i Soviet e accettando le pretese imperialiste di questi ultimi, veniva a negare i principi da essa ribaditi nella Carta Atlantica. Dai telegrammi del Signor Lahovary risulta che Monsignor Bernardini aveva preso a cuore l'idea di dare corpo a tale iniziativa.

Nel secondo telegramma di Lahovary si precisa che Monsignor Bernardini vedeva come molto possibile che il Santo Padre, ricevendo la solenne dichiarazione degli stati medi e piccoli belligeranti dell'Asse, si facesse tramite presso gli stati neutrali europei e alcuni anche dell'America latina per provo,care analoghe dichiarazioni. Ciò avrebbe potuto costituire il ponte per una presa di contatto. D'altra parte il Santo Padre avrebbe potuto applaudire a tali iniziative in occasione del suo messaggio per la Pasqua.

Ai telegrammi di Lahovary, Mihai Antonescu risponde in data 16 marzo con un breve telegramma in cui è detto: « Dovendo recarmi a Roma a metà aprile non prenderò nessuna iniziativa se non d'accordo e col consenso del Governo italiano. Lasciate per ora cadere la cosa».

Per quanto concerne la pretesa iniziativa del Ministro Dimitrescu a Madrid, Antonescu mi ha dato lettura d'un telegramma di quest'ultimo anche della metà di marzo. Siccome sulla base di analoghe insinuazioni rivoltegli qui da von Killinger Antonescu aveva chiesto spiegazioni, Dimitrescu risponde dicendo: «L'intrigo è grossolano e la manovra poco abile. Non mi sono mai sognatò di prendere iniziative né di parlare di pace. Ho solo avuto vaghi contatti con Serrano Sufier sulla situazione generale. Ho chiesto a questo incaricato d'affari

tedesco Hencke se avesse comunicato qualche cosa al riguardo a Berlino. Mi

ha dichiarato solennemente che né lui né i suoi collaboratori lo avevano

mai fatto~.

«Per quanto concerne il Portogallo -ha continuato Antonescu -è esatto che io abbia scritto recentemente a Salazar, col quale sono in corrispondenza, alcune considerazioni generali sulla situazione dell'Europa e della Romania senza parlare di pace. Appena ho saputo di questo malumore del Fiihrer ho dato ordine al Ministr·o Cadere a Lisbona di con;segnare al Presidente Salazar solo le considerazioni relative alla Romania.

Il Maresciallo Antonescu di ritorno qui, presa visione di tutta questa documentazione e visto che si trattava d'una assurda gonfiatura ha scritto una lettera al Fiihrer che partirà oggi e nella quale chiarisce la mia perfetta lealtà. Aggiungete a questo che in data 6 aprile avevo io stesso scritto a von; Ribbentrop mettendolo praticamente al corrente di tutto. Tuttavia gli avvenimenti che vi ho raccontato mi avevano così profondamente amareggiato che appena il Conducator mi ha messo al corrente della cosa -dopo una intera notte di meditazione -ero fermamente deciso ad andarmene. Io non mi sento schiavo che delle mie idee e della mia coscienza. Dopo tutto quello che ho fatto per la Germania non merito d'essere trattato come un lacchè. Ma il mio divisamento è stato infranto innanzi tutto dalla ferma attitudine del Maresciallo il quale mi ha dichiarato che se io me ne fossi andato anche lui avrebbe lasciato il potere con me, e infine dalla comunicazione del programma di viaggio a Roma (l) e dell'alta distinzione accordata al Conducator dal vostro Re. Il Maresciallo mi ha chiesto se volevo lasciare il potere proprio quando ci veniva questa gioia dall'Italia a compensare tante amarezze. Gli ho risposto che ormai la mia attività diplomatica si sarebbe conclusa in questo principio "non faremo nulla nel campo politico se non d'accordo e sotto la guida del l'Italia". Il Con:ducator mi ha approvato e a questa condizione sono restato.

Inutile dirvi. che molti ambienti interessati mi avevano già dato per spacciato, come se il Fiihrer avesse lui chiesto la mia testa e circolavano già liste di nuovi gabinetti con nomi che solo a pronunciarli suscitano l'ilarità. È chiaro che gli ambienti tedeschi sarebbero stati ben felici di mandare a picco il mio viaggio a Roma.

Se io tengo molto a questo viaggio è perché spero di trovare nel grande cuore del Duce e in: S. E. Bastianini della comprensione. Vi confesso che se non mi venisse del conforto da Roma considererei molto difficile per me al ritorno dal mio viaggio restare a questo posto e preferirei rinunziare al potere. Ma nessuno s'illuda che vi sia un successore romeno disposto a transigere sull'indipendenza e la dignità della Romania.

Vi ho detto tutto -ha concluso Antonescu -ma devo ancora aggiungervi qualche cosa che vi interessa. Il Fiihrer ha detto al Maresciallo che i suoi servizi decrittano i telegrammi cifrati di tutti i paesi. La dichiarazione vale anche per voi. Vera o falsa, io ho già provveduto a far compilare nuovi cifrari,,

Da quanto mi ha detto Antonescu e da quanto ho già telegrafato V. E. potrà facilmente dedurre che la posizione del giovane Antonescu nei confronti del Conducator e del suo paese non è scossa; non altrettanto può dirsi nei confronti del Fii:hrer e di molti ambienti tedeschi i quali non perdonano al Vice Presidente del Consiglio certe sue intuizioni profetiche (Antonescu aveva esattamente previsto tutto quello che è accaduto quest'inverno al fronte russo!), una sua dignità alquanto esasperata nel difendere l'indipendenza morale e soprattutto economica della nazione, la sua resistenza a certe esagerate pretese militari e commerciali, l'insistenza con cui egli parla di romanità e guarda a Roma e al Duce. I tedeschi, che considerano la Romania -come altre volte ho avuto l'onore di esporre -come una riserva esclusiva per la loro attività politica e la loro espansione economica, trovano in Antonescu resistenze che non amano. Se avessero l'uomo col quale sostituirlo forse l'avrebbero già suggerito. Ma il Conducator non ha carattere facile. Al Fiihrer che, parlandogli di Maniu, gli ha detto «i miei oppositori io li ho uccisi», ha risposto laconicamente: «io no! ». E non sembra affatto disposto a privarsi di Antonescu.

Questa è la situazione, per ora, alla vigilia del viaggio di quest'ultimo a Roma, situazione che elementi imprevedibili potranno sempre, com'è naturale, mutare (1).

(l) -Ed., con varianti d! forma ed omlsslonl, !n R. BovA ScoPPA, Colloqui con due dittatori, clt., pp. 93-95. (2) -Vedi D. 227.

(l) Vedi D. 103.

244

IL CAPO DEL SERVIZIO INFORMAZIONI MILITARE, AME', AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. [Roma], 19 aprile 1943.

Stimo utile sottoporre alla Vostra v1s10ne l'unito promemoria da me presentato all'Eccellenza il Capo di Stato Maggiore Generale.

ALLEGATO

IL CAPO DEL SERVIZIO INFORMAZIONI MILITARE, AME', AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, AMBROSIO

PROM./436/SIM/E. [Roma], 19 aprile 1943.

Il rinnovato afflusso in Mediterraneo di convogli, portanti truppe e materiali di ogni genere che da alcuni giorni si osserva ed il concentramento di piroscafi a Gibilterra meritano apprezzamento ed analisi nel tempo e nello spazio, in funzione di due elementi:

-l'ulteriore accrescimento della potenza avversaria nel Nord Africa francese;

-gli orientamenti operativi per il prossimo futuro.

Il nuovo potenziamento non può essere messo in relazione eone necessità di alimentazione delle operazioni in Tunisia. Oltre ad arrivare fuori tempo, i nuovi mezzi sarebbero

25 -Documenti cliplomatiei -Serie IX -Vol. X

sicuramente esuberanti alle esigenze, già largamente fronteggiabili con le disponibilità a piè d'opera. La valutazione delle forze contrapposte ed il rapporto relativo di potenza sul teatro di operazioni tunisino ne danno chiara dimostrazione.

Ne consegue che l'aumento di potenza che con serrato ritmo l'avversario cerca di realizzare nel Nord Africa francese, è rivolto e diretto a finalità operative più vaste e successive.

Dal numero dei mezzi da sbarco in arrivo e dalla loro dislocazione appare chiaro che tali finalità hanno come premessa operazioni di sbarco. Tutto ciò è noto. Purtuttavia conviene metterlo in rapporto coi propositi avversari, che possono individuarsi nei seguenti sostanziali:

l) assicurare dapprima la libertà di transito lungo la via di comunicazione del Mediterraneo, con l'occupazione di posizioni base (Sardegna -Sicilia -Pantelleria Creta -Rodi);

2) costituire il secondo fronte in Europa. Ed in ciò dovrebbero servire le precedenti occupazioni, considerate ·quali pedane di partenza per azioni verso nord.

Per un momento quest'ultima eventualità è stata considerata probabile o quanto meno possibile in direzione balcanica. Molti dati e considerazioni militano tuttora a favore di tale ipotesi.

Ma essa, collo sviluppo degli avvenimenti, non ha trovato finora conferma né in orientamenti né in sintomi di chiaro significato.

L'intensificato afflusso di mezzi e di forze che oggi si verifica nel Mediterraneo occidentale offre in argomento un ordine di considerazioni che merita di essere tenuto presente.

Se il nemico avesse intenzioni operative prossime e di vasto respiro verso la penisola balcanica, egli non immobilizzerebbe ora nuovi ingenti mezzi nel Nord Africa francese, ma attenderebbe di aver praticamente sbloccato colla conquista della Tunisia la via mediterranea per trasferirli direttamente e più economicamente nelle wne di concentramento del _Mediterraneo orientale.

Il fatto che ciò non avvenga, conferma che nelle intenzioni e nella volontà avversaria la grande base e pedana di lancio per le iniziative strategiche prossime future è e rimane il Nord Africa francese e che la zona prevista per tali iniziative è destinato ad essere il Bacino Mediterraneo centro-occidentale con punti di applicazione probabili verso le grandi isole italiane e la Francia meridionale.

Ciò non esclude che minori azioni possano essere sviluppate verso Creta e l'Egeo con obiettivi per il momento più limitati.

L'allegato schizzo (l) dà la visione complessiva della distribuzione delle forze avversarie lungo le coste meridionali ed orientali del Bacino del Mediterraneo; e l'esame di esso, mettendo in rilievo l'evidente gravitazione di dette forze nella parte occidentale, è conferma di quanto sopra esposto.

(l) Il presente documento reca il visto di Mussolinl. Con successivo telegramma (T. s.n.d. 2611/279 R. del 23 aprile 1943, ore 14,40) Bova Scoppa aggiunse quanto segue: «Parlandomi di quanto era accaduto al Conducator a Berchtesgaden, Mihai Antonescu mi ha detto di aver appreso, dal suo Ministro a Budapest, che il Fiihrer aveva espresso al Reggente Horthy eguali lagnanze sull'atteggiamento del Governo ungherese e su presunti tentativi o sondaggi di pace».

245

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 12338/228 P.R. Ankara, 20 aprile 1943, ore 15 (per. ore 2,30 del 21).

Oggi ho attirato l'attenzione Menemencoglu recrudescenza in questi ultimi tempi disegni e caricature offensive per l'Italia nella stampa turca Stambul e

318 Smirne nonché aumento attività propaganda ostile che fa circolare Stambul qualche pubblicazione antitaliana. Gli ho fatto intendere che da oltre venti anni invano si cercherebbe nella stampa italiana una parola offensiva contro Turchia e che in verità squilibrio mi pare eccessivo ed ingiusto. Mi ha promesso interessarsi questione (l).

(l) Non pubblicato.

246

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 2580/168 R. Budapest, 20 aprile 1943, ore 22,10 (per. ore 18,30 del 21). Miei telegrammi n. 163 (2) e 165 (3).

Circostanze e contenuto incontro Reggente Horthy FUhrer -quali sono emerse da ciò che me ne ha detto sia Kallay che questo Ministro di Germania e ancora più l'accoglienza fatta da questi ambienti politici e giornalistici al comunicato diramato da Berlino, hanno recato un certo turbamento, nell'atmosfera dei rapporti ungaro-tedeschi, nella posizione politica del Presidente del Consiglio dei Ministri facendo circolare voci di crisi e di dimissioni. Osservazione fatta dal FUhrer su ondeggiamento opinione ungherese e certi sondaggi del Governo ungherese mettono senza dubbio in delicata atmosfera Kallay che aveva fin qui creduto, come ho più volte riferito, di potere conciliare l'ortodossa mentalità verso l'Asse con una larga libertà verso tendenze e movimenti centrifughi.

La pubblicaztone del comunicato relativo incontro, nonché mitigare, ha messo ancora più in rilievo questo elemento di discordanza. Infatti tutta la stampa ungherese ha dato a tale comunicato (in cui si parla, come è noto, della volontà dell'Ungheria di combattere con la Germania fino alla vittoria finale contro bolscevismo ·e i suoi alleati anglosassoni) un rilievo del tutto inadeguato all'importanza dell'avvenimento e ne ha espressamente sottolineato l'origine tedesca pubblicando in pari tempo un brevissimo comunicato ungherese privo di qualunque dichiarazione e apprezzamento. Anche i commenti sono sino a questo momento scarsissimi e tradiscono l'imbarazzo delle sfere governative. Ed infatti né atteggiamento Governo né linguaggio stampa da parecchi mesi aveva preparato pubblico ad una così rude ed esclusiva presa di posizione quale quella contenuta nel comunicato conclusivo dell'incontro. L'impressione è difatti qui molto viva.

Che questo Ministro di Germania abbia lavorato per condurre ad una chiarificazione dell'atteggiamento ungherese verso la Germania è fuori di dubbio. Egli stesso non mi sembra peraltro convinto dell'opportunità di forzare la ma

no all'opinione ungherese. Una crisi politica potrebbe anche avere in definitiva ripercussioni non favorevoli alla causa dell'Asse.

Non è affatto improbabile che sia il Reggente Horthy che Kallay trovino modo di superare l'attuale momento evitando di portare in piazza la lealtà dell'atteggiamento ungherese verso l'Asse. Nelle presenti spiegazioni sarebbe questa, a mio avviso, la migliore soluzione. Per contro, ricorrendo oggi 54° compleanno del Fiihrer, i giornali, eccessivamente laconici sul colloquio Horthy Hitler, dedicano al Fuhrer numerosi e calorosi articoli di augurio.

(l) -Per la risposta di Mussolini, vedi D. 257. (2) -Vedi D. 241. (3) -Non pubblicato. Con tale telegramma rr. 2567/165 R. del 20 apr!le 1943, ore 19,30) Anfuso riferiva sul colloquio avuto con Jagow, sul recente viaggio del Reggente Horthy in Germania.
247

IL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2602/09 R. Belgrado, 20 aprile 1943 (per. il 24).

Vostro telegramma per corriere n. 12031 P.R./C. del 9 corrente (1).

Questo plenipotenziario germanico che ho intrattenuto nuovamente circa visita del Generale Nedié a Berlino, con la consueta reticenza si è limitato a dirmi che da tempo la questione era in sospeso e che nessuna decisione veniva presa, ponendo lui stesso in non lieve imbarazzo.

Per il caso in cui la visita del Generale Nedié dovesse realmente avvenire ritengo dover sottoporre Vostro giudizio opportunità di ottenere che anche nostri rapporti con lui e suo Governo siano posti su altro piano.

Sinora infatti, secondo accordo locale a suo tempo proposto da queste Autorità di occupazione e da codesto R. Ministero approvato. R. Legazione ha avuto soltanto con Governo Nedié rapporti indiretti (nella pratica ufficialmente inesistenti) ed ogni nostro rapporto si svolge attraverso Plenipotenziario Germanico.

Il giorno in cui Generale Nedié fosse ufficialmente ricevuto a Berlino mi sembra sarebbe da stabilire che anche altro Stato dell'Asse abbia con lui relazioni ufficiali, pur conservando, come naturale, sostanziale trattazione affari con Autorità di occupazione.

Ritengo opportuno ricordare che termini esatti accordi con Plenipotenziario Germanico furono: rapporti diretti R. Legazione con Ufficio Plenipotenziario Germanico. Qualora vi fosse da parte di Nedié e di membri del suo Governo iniziativa di visite e contatti con R. Legazione, nulla in: contrario. Di fatto vi sono continui contatti ufficiosi e carteggio con varie autorità serbe. Vi sono state anche visite a titolo personale in occasioni varie da parte membri del Governo. Ma né iniziativa visita Generale Nedié, né tentativo incontri occasionali si sono sinora verificati, pure avendo egli in molteplici occasioni mantenuto riservati rapporti per altri tramiti.

(l) Con T. per corriere 12031/C. P.R. del 9 aprile, ore 8, non pubblicato, si trasmetteva l'informazione che la visita del Generale Nedlé a Berlino avrebbe avuto luogo prossimamente.

248

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2605/059 R. Parigi, 20 aprile 1943 (per. il 25).

I rapporti fra Pétain e La:val, che non sono stati mai molto buoni, sono venuti peggiorando. In. questi ultimi tempi il Maresciallo e gli uomini che gli sono vicini, accentuano il loro malcontento verso Laval e la sua politica.

Pétain non è mai stato notoriamente un «collaborazionista». La legge del novembre scorso che separa la figura del Capo dello Stato da quella del Capo del Governo francese, fu subita dal Maresciallo dopo molte resistenze, ma non senza la speranza di esporre e compromettere maggiormente Laval mediante i maggiori poteri conferitigli e di avvantaggiare di riflesso la propria posizione. La conseguenza è stata che Laval ha acquistato bensì maggiore libertà di movimento, ma la popolarità di Pétain non per questo è aumentata.

Lo stesso dicasi delle dichiarazioni pubbliche da lui fatte il 4 aprile scorso (mio telegramma n. 049) (1). Per quanto sollecitato a parlare si può dire dallo stesso Laval, Pétain si è indotto a farlo, evidentemente, non per rendere un servizio a quest'ultimo, ma col proposito di danneggiare de Gaulle e Giraud, ed apparire dinanzi al pubblico francese come il giusto medio tra il «collaborazionismo » di Laval da una parte e la «dissidenza » all'estero dei due Generali dall'altra. Il risultato è stato tuttavia anche questa volta negativo.

La realtà è che il sentimento verso l'Asse, per le ragioni tante volte indicate, è, dirò così, sempre meno «collaborazionista». Da ultimo hanno creato nel pubblico nuove preoccupazioni le notizie che si stanno ormai diffondendo sull'imminente inizio del III Piano Sauckel e sulla prossima istituzione della «Linea del Rodano » a poche settimane di distanza dall'abolizione della linea di demarcazione tra «Zona occupata» e «non occupata».

Ora, se è Laval che subisce il maggiore contraccolpo di questa situazione, neanche la figura di Pétain ne è esente. Donde, secondo accennavo da principio, l'accentuato malcontento del Maresciallo e degli uomini che gli stanno attorno, verso Lavai e la sua politica, e l'evidente proposito di separare la propria responsabilità da quella di quest'ultimo e di far ostacolo possibilmente al suo «collaborazionismo».

249

L'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. s. 2990/1055. Madrid, 20 aprile 1943 (per. il 23).

Stamane, con il consueto cerimoniale, ho presentato le credenziali al Caudillo nella Sala del Trono di Palazzo d'Oriente. Subito dopo l'atto protocollare,

Franco mi ha ricevuto in presenza del solo Ministro degli Affari Esteri, e mi ha

intrattenuto in lungo, cordiale colloquio.

Ho l'onore, Eccellenza, di riferirVene i punti salienti.

Non appena ammesso in udienza privata gli ho rimesso il messaggio da Voi, Eccellenza, indirizzatogli (1), trasmettendogli nel contempo i Vostri saluti più cordiali e l'espressione della Vostra simpatia. Il Caudillo mi ha pregato di rinnovarVi i sensi della sua viva amicizia e si è informato con affettuosa premura della Vostra salute, che gli ho assicurato ottima.

Mi ha quindi chiesto qualche notizia sulla situazione del popolo italiano in relazione allo svolgimento della guerra. Gli ho risposto che i bombardamenti non possono non addolorare la nostra gente, ma sono ben lungi dall'intaccare l'altissimo, indomito spirito che anima ogni italiano e dal creare quell'atmosfera di scoraggiamento che i nostri avversari si illudono di ingenerare con metodi barbari e controproducenti.

Gli ho quindi a mia volta domandato che cosa egli pensasse della situazione generale vista da un osservatorio così importante qual'è oggi la Spagna.

Il Caudillo, dopo aver lucidamente sintetizzato gli avvenimenti del conflitto mondiale dall'inizio sino ad oggi, rilevando la sorpresa costituita dalla resistenza russa, ha accennato ad alcuni errori di valutazione in cui a suo parere era incorso lo Stato Maggiore tedesco sul fronte orientale ed in Africa. Al riguardo ha aggiunto: nessuno pensava che la Russia fosse così potentemente armata e i tedeschi hanno commesso anche errori di strategia perché in genere si sono preparati quasi esclusivamente all'offensiva e non alla difensiva. Confesso che non ho compreso l'azione di Rommel a El Alamein; mi sono subito reso conto che avendo alle spalle il deserto e un lungo tratto di mare per i rifornimenti, sarebbe stato impossibile resistere per molto tempo; d'altra parte quando la battaglia si deve svolgere su di un fronte allungato è indispensabile saper predisporre anche una guerra difensiva. Io stesso mi sono trovato in Spagna in certi momenti con un fronte di circa duemila chilometri avendo a mia disposizione un numero limitato di forze. Ho potuto sostenere la situazione e vincere, principalmente a traverso una tattica difensiva.

Il Caudillo ha quindi espresso la sua certezza che l'Asse compirà ogni sforzo per mantenere la testa di ponte di Tunisi e Biserta, posizione chiave di capitale importanza.

Quanto al fronte russo egli ritiene che non si possa contare su di uno sfacelo dell'esercito bolscevico e che non sarebbe agevole imporgli la capitolazione con la conseguente distruzione del regime rosso. Alla mia osservazione che il bolscevismo è certamente uno dei maggiori pericoli che minaccino oggi l'Europa, il Caudillo ha annuito, aggiungendo che è necessario combatterlo con tutte le forze.

Passando a parlarmi dello sbarco anglosassone in Marocco, il Generalissimo ha dichiarato di aver messo sull'avviso i tèdeschi con circa ven1li giorni di anticipo poiché da alcuni piani rinvenuti nei resti di un aereo alleato caduto in Atlantico gli era stato possibile desumere elementi circa il programma degli

anglosassoni. Ha aggiunto che non comprendeva come i tedeschi non avessero dato alla sua informazione tutto il peso che essa meritava. Avendo seguito con particolare attenzione l'attività degli alleati in quel settore ed avendo riscontrato sintomi che confermavano l'imminente azione, una settimana prima dello sbarco aveva fatto presentare una nota verbale all'Ambasciatore d'Inghilterra, significando che la Spagna non poteva restare indifferente ad una qualsiasi azione che concernesse la Zona del Marocco. L'Ambasciatore d'Inghilterra aveva preso tempo, assicurando che avrebbe interessato il suo Governo. Due giorni prima dello sbarco analoga nota era stata presentata all'Ambasciata degli Stati Uniti d'America.

L'azione alleata, preparata da lungo tempo e minuziosamente, si sviluppò tuttavia secondo i piani prestabiliti. Contemporaneamente Roosevelt -tramite questa Ambasciata degli Stati Uniti -indirizzava al Caudillo il noto messaggio nel quale, nell'annunziare i suoi propositi di azione nei territori francesi del Nord Africa, assicurava che gli Stati Uniti avrebbero rispettato l'integrità dei territori spagnoli, inclusi le isole, le colonie ed i Protettorati.

Il Caudillo mi ha indi accennato ai concentramenti di mezzi da sbarco che

si notano adesso nello stretto di Gibilterra e che a suo avviso rappresentano

preparativi, nel caso della caduta dii Tunisi, di operazioni a Creta, nei Balcani

ed eventualmente in Sardegna e Sicilia.

Gli ho domandato allora se egli riteneva che gli americani avrebbero avanzato alla Spagna richieste di cessione di basi navali od aeree nelle Baleari. Mi ha risposto negativamente e che comunque di fronte a tale richiesta la Spagna avrebbe reagito con tutte le sue possibilità.

In risposta ad una mia domanda sui rapporti che corrono tra l'Inghilterra, gli Stati Uniti e l'URSS, Franco mi ha detto che Roosevelt, a quanto risultavagli, nutriva in un primo tempo forti preoccupazioni a causa della propaganda bolscevica in Nord America ed aveva protestato presso dl Governo sovietico. Successivamente, però, Roosevelt avrebbe ottenuto da Stalin la promessa di completo disinteressamento e di astensione assoluta da qualsiasi azione di propaganda sovietica nel continente americano. Come contropartita avrebbe dato a Stalin libertà di azione in Europa ed in Asia. Roosevelt sarebbe del tutto indifferente ad una eventuale bolscevizzazione dell'Europa, ed avrebbe promesso all'Unione Sovietica --anche in relazione alla potenza demografica della Russia -una parte preminente nella costituzione di un esercito internazionale per garantire in futuro la pace nel settore europeo ed asiatico. Il viaggio di Timoshenko negli Stati Uniti avrebbe contribuito a smussare gli angoli.

Quanto all'Inghilterra, il Caudillo ritiene che essa si trovi oggi completamente in balia dell'America, unica potenza in grado di rifornirla di benzina, caucciù ed altre materie prime indispensabili per la condotta della guerra. Sarebbe ormai impossibile all'Inghilterra svincolarsi da questa assoluta preminenza.

Secondo Franco, gli inglesi temono la possibilità di pace separata fra la Russia e la Germania e farebbero ·ogni possibile allettamento a Stalin per evitare una simile eventualità. La preoccupazione è tanto più grande in quanto essi sono disillusi dal limitato successo della lunga e tanto decantata offensiva russa.

Ad un mio accenno se ritenesse giustificate le preoccupazioni britanniche, il Caudillo ha risposto che l'eventualità di una pace separata sembravagli oggi prematura. Ha aggiunto di ritenere sempre possibile, dato il temperamento dei tedeschi e dei russi, un improvviso mutamento ma che la situazione gli fa pensare che si possa giungere ad una soluzione soltanto in seguito ad azioni vittoriose dei tedeschi nella imminente campagna estiva.

A questo punto del •colloqui·o, mostrando volutamente al Caudillo quanto fossi rimasto colpito dalle sue acute osservazioni, ho trovato modo di insinuare, quale mia spontanea idea del momento, come sarebbero stati utili nell'interesse dei rispettivi Paesi più frequenti scambi di vedute tra il Duce e lui.

Franco ha fatto un cortese cenno di consenso come per condividere la mia idea, ma ha rilevato che purtroppo la s:tuazione internazionale rendeva per lui oltremodo delicati gli incontri personali. Egli non poteva dimenticare le reazioni suscitate dal suo viaggio a Bordighera (1), che nel campo pratico si erano manifestate con atteggiamenti ostili da parte sia dell'America che dell'Inghilterra, con l'interruzione di forniture di materie prime indispensabili alla Spagna, sospensione dei navicerts, ecc. In quel momento fu possibile far fronte a tali difficoltà ed in seguito appianarle: oggi la reazione sarebbe ben più forte e pericolosa.

La situazione della Spagna, ha aggiunto il Caudillo, è oggi particolarmente delicata: essa dispone di poche settimane di carburante per i trasporti terrestri, le scorte per l'aviazione sono ancora più ridotte e non arrivano a coprire neppure il fabbisogno di una quindicina di giorni. Per quanto la Spagna abbia potuto migUorare la sua produzione granaria, questa non è sufficiente per la saldatura dei raccolti. Anche la produzione di carbone è inadeguata alle necessità, mentre i trasporti terrestri non sono attrezzati a supplire quelli marittimi di piccolo cabotaggio per quanto si stia procurando di costruire nuovi allacciamenti ferrovdari che compensino tale deficienza.

D'altra parte la Spagna non può ·contare sui rifornimenti dal continente europeo che non hanno avuto pratica attuazione nonostante gli affidamenti e le promesse della Germania, la quale non ha di fatto grandi possibilità di esportazioni, come certamente si è potuto constatare per i rifornimenti all'Italia.

«Io sono con Voi col cuore -ha aggiunto il Caudillo -e desidero la vittoria dell'Asse; questo è anche nell'interesse mio e del mio Paese, ma non si debbono dimenticare le difficoltà in cud mi tr·ovo sia dal punto di vista internazionale che interno».

In alcuni accenni alla situazione interna il Caudillo mi ha detto di aver notato un certo progresso nell'assimdlazione degli elementi rossi. Tale assimilazione secondo lui sarebbe di almeno il sessanta per cento. Nel suo recente viaggio in Galizia e particolarmente a Zamora aveva notato con soddisfazione che notevoli masse di contadini ed operai avevano spontaneamente partecipato con calore alle manHestazioni in suo onore. Accennando alle voci secondo le quali i rossi farebbero propaganda monarchica su incitamento britannico e russo, ha mostrato di non darvi peso, aggiungendo che egli segue at

tentamente tutto quanto ha attinenza al movdmento monarchico del quale molti

sono fautori, più che per devozione verso dl Re, per la speranza di meglio tute

lare i loro interessi personali. Con particolare veemenza ha quindi affermato

che comunque la monarchia non potrebbe ritornare se non rispettando il

programma nazionale da lui tracciato. Mi sono limitato ad osservare che mi

rendevo perfettamente conto della giustezza della sua argomentazione e che

comunque sarebbe occorso del tempo perché un simile evento potesse rea

lizzarsi.

Alla fine del colloquio Franco ha toccato gli argomenti del discorso di Jordana a Barcellona (l) e ha detto di ritenere che la guerra sia giunta ad un punto tale da rendere impossibile per una parte come per l'altra l'annientamento dell'avversario. Per questo, e ritenendo che gli sviluppi futuri non potranno cambiare il bilancio di forze, gli era sembrato utile nell'interesse delle due parti prospettare l'opportunità di por termine ad ulteriori rovine, pur non stimando il momento favorevole ad un compromesso. Al che non ho mancato di osservare subito che, secondo la nostra convinzione, la guerra va condotta con ogni possibile energia per il conseguimento di quella vittoria che l'Asse ha piena fiducia di raggiungere.

Ho colto l'occasione per deplorare l'atteggiamento degli americani i quali avevano voluto ravvisare nel discorso di Barcellona intenzioni e suggestioni mai avanzate da parte nostra né da parte tedesca, come del resto si poteva rilevare dalla categorica smentita dell'Agenzia Stefani.

Dal tono, dal calore e dalla lunghezza del colloquio, durato circa un'ora anziché i. quindici minuti protocollari, ho tratto la netta impressione che Franco mi abbia parlato con lealtà.

Nel congedarmi egli ha tenuto ad assicurarmi che potrò contare su tutto il suo appoggio nello svolgimento della mia missione (2) .

(l) Vedi D. 201.

(l) Vedi D. 183.

(l) Vedi serie nona, vol. VI, DD. 568 e 577.

250

L'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. s. P. Madrid, 20 aprile 1943 (per. il 23).

Come rileverai dall'andamento del mio colloquio con il Caudillo (mio rapporto odierno n. 2990/1055 segreto) (3), l'accenno alla possibilità di un suo incontro con il Duce è scaturito naturalmente dal tenore delle osservazioni di Franco in merito alla complessa situazione derivante dalla guerra.

Il telegramma n. 445 (4) con il quale hai attirato la mia attenzione sulla convenienza o meno di effettuare il sondaggio è giunto soltanto al mio ritorno dalla presentazione delle credenziali.

Tale sondaggio, da me eseguito in ottemperanza alle tue direttive (tuo telegramma 421 (5), è stato accolto soltanto come una mia improvvisa idea

personale alla quale il Caudillo ha spontaneamente risposto ricordando la delicatezza dell'attuale situazione spagnola. Ti aggiungo che secondo le prime impressioni da me raccolte -anche in conversazioni con questi miei colleghi tedesco e giapponese e con altre personalità -tale situa~ione mi sembra corrispondere con esattezza alle dichiarazioni fatte dal Caudillo e alla precedente segnalazione dell'Incaricato d'Affari Marchese Fracassi.

(l) -Vedi D. 233. . (2) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (3) -Vedi D. 249. (4) -Vedi D. 239. (5) -Vedi D. 223.
251

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2600/035 R. Zagabria, 21 aprile 1943 (per. il 23).

Dopo la visita a Roma del Primo Ministro ungherese, il Poglavnik mi ha chiesto se il suo incontro col Duce, già accordatogli fin dai primi mesi del 1942, e poi rinviato Cl) come avvenne pure per la visita degli altri Capi dei Governi centro europei e balcanici, potrebbe effettuarsi nel maggio prossimo.

Com'è noto a V. E., comunicai al Poglavnik, per ordine impartitomi dal Duce nel febbraio scorso (2), il desiderio di incontrarlo prossimamente. Ho risposto perciò che avrei fatto presente a Roma che egli si tiene pronto a recarsi in Italia, a partire dalla prima decade di maggi·o.

Ho motivo di credere che per quella epoca potranno essere avvenuti i mutamenti nella compagine del Governo croato previsti da tempo (3).

252

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI TEDESCO, RIBBENTROP

L. 1/2116. Roma, 21 aprile 1943 (4).

È con vivo piacere che mi rimetto in contatto con Voi dopo le nostre ultime conversazioni delle quali conservo il più grato ricordo.

Tengo a farVi sapere che il Duce ha rilevato con viva soddisfazione, e con altrettanta soddisfazione sarà stata certamente rilevata dal Fuhrer e da Voi, la vasta favorevole risonanza che ha avuto in tutti i Paesi il comunicato diramato a Salisburgo (5).

I concetti espressi nel nostro comunicato sul diritto delle Nazioni al loro libero sviluppo, sulla difesa in comune della civiltà occidentale, il principio

della colla.borazione e della equità, solennemente riaffermati nell'ultimo incontro, hanno avuto una eco profonda nelle popolazioni europee ed è questa la migliore dimostrazione di quanto una simile enunciazione fosse necessaria ed urgente.

Il Duce non dubita, inoltre, che il comunicato di Salisburgo abbia creato difHcoltà ai nostri nemici: l'acredine di alcuni loro commenti sta a dimostrarlo. Esso è infatti sopraggiunto in momento particolarmente propizio, quando cioè lo sbandieramento della Carta Atlantica era cessato da un pezzo, per far posto all'affiorare di mal celate divergenze di interessi e di opinioni tra i principali alleati ed associati.

Voglio anche aggiungerVi, per il contributo portato dalla stampa alla valorizzazione del nostro comunicato, come sia stata rilevata qui con soddisfazione l'azione della stampa tedesca, che ha con tanta intelligenza illustrato i vari punti delle ultime dichiarazioni.

Desidero anche farvi parte del fermo convincimento del Duce sulla opportunità in un prossimo futuro e in momento favorevole di rafforzare e precisare i concetti già espressi nel comunicato di Salisburgo, attraverso la formulazione di una vera «Carta di Europa» solennemente proclamata in una riunione dei Capi dei Paesi dell'Asse e con la partecipazione di tutti i Rappresentanti delle Potenze del Tripartito.

Questa Carta di Europa -destinata a dare a tutti i Paesi europei la definitiva sicurezza del loro libero sviluppo avvenire e ad aprire la strada alla effettiva collaborazione tra essi -costituirebbe un documento veramente solido sui fini della nostra guerra, un monumento elevato alla conservazione e alla difesa della millenaria civiltà occidentale in continuo progresso ed in continua evolul'iione: esso, così ·concepito, farebbe perdere ogni consistenza alla Carta Atlantica che, già al vaglio del tempo trascorso, nelle fluttuazioni dei consensi malsicuri delle varie interpretazioni, presenta davvero la instabilità delle cose costruite sull'acqua.

Il Duce, combattente, e irriducibilmente fermo sulle posizioni più ardite del combattimento, è però ugualmente convinto che la politica debba accompagnare le armi, specie quando le armi non hanno la sicurezza matematica di risolvere esse sole e completamente tutti i problemi (l).

(l) -Vedi serie nona, vol. VIII, DD. 260, 285 e vol. IX, D. 17. (2) -Vedi D. 24. (3) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. Per la risposta vedi D. 260. (4) -Questa lettera fu spedita attraverso l'Ambasciata Italiana a Berlino con un dispaccio d1 trasmissione di Babuscio Rizzo ad Alfieri (L. 1/2118 del 21 aprile 1943) nel quale si precisava che la lettera era stata naturalmente «letta e approvata dal Duce>>. (5) -Vedi D. 219, nota l, p. 287.
253

IL PLENIPOTENZIARIO D'ITALIA PER LA GRECIA, GHIGI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 4662/671. Atene, 21 aprile 1943 (per. il 30).

Mio telegramma n. 442 del 7 corrente (2).

Ho l'onore di trasmettere, per notizia, un appunto redatto da questa R. Rappresentanza circa la recente crisi ministeriale greca che si è conclusa con la formazione del nuovo Governo presieduto da Giovanni Rhallis.

ALLEGATO

IL PLENIPOTENZIARIO D'ITALIA PER LA GRECIA, GRIGI,

AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. [Atene, 21 aprile 1943].

Il recente cambiamento ministeriale si è svolto rapidamente e senza particolari difficoltà.

Come ho già avuto occasione di riferire (l) il Governo Logothetopulos non rappresentava che il risultato di un faticoso quanto mediocre compromesso fra le molteplici Autorità dell'Asse in questo Paese. Il desiderio di Berlino di mantenere a tutti i costi il Generale Tsolakoglu al potere aveva reso impossibile la formazione di un Governo «politico» Rhallis quando rimanevano ancora buone possibilità di manovra fra le varie tendenze di questo ambiente; mentre il veto opposto, sempre da parte di Berlino, alla soluzione «italiana» di un Governo «di azione» (Gotzamanis) particolarmente utile nel momento in cui le notizie dai fronti di guerra mettevano in viva agitazione i vari settori dell'opinione pubblica ellenica, aveva reso necessario -tanto per finire la crisi -l'accoglimento di una formula « teorica » non molto rispondente alla situazione del Paese.

E infatti l'attività del Governo Logothetopulos fu, in questi quattro mesi, del tutto negativa ed inferiore alla stessa scarsa fiducia con la quale era stata accolta la sua costituzione. La personalità più spiccata del Gabinetto, Gotzamanis, confinata al dicastero tecnico delle Finanze con ben poca influenza sull'orientamento governativo, dovette limitare il suo lavoro alla sfera «ingrata» ed impopolare dell'amministrazione finanziaria, provvedendo il meglio che potè e d'accordo con gli Incaricati Speciali, alla corresponsione delle somme richieste dai due Comandi militari. Il Presidente Logothetopulos, privatamente persona onesta e rispettabile, si dimostrò più ancora che inefficiente, addirittura pericoloso per la debolezza e impressionabilità del carattere, per l'avventatezza delle sue decisioni contraddittorie, per la sua inesperienza politica e per il nessun seguito nel Paese. Perdette ben presto ogni prestigio di fronte ai pochi amici e all'opinione pubblica, si lasciò trascinare in un aspro ed ineguale contrasto con il Metropolita, venne osteggiato dai suoi collaboratori più vicini e si alienò perfino lo stesso Plenipotenziario del Reich che era stato il suo più deciso «protettore» durante la crisi ministeriale. Il Ministro dell'Interno, Generale Tavularis aveva fatto nascere invece sul principio qualche speranza di poter influire sulla situazione in provincia e di provocare un certo allentamento nell'attività delle bande. Egli infatti poteva contare sull'appoggio del Generale Pangalos, che non aveva mancato far conoscere a questa Rappresentanza l'intenzione di agire con tutta la sua autorità sugli ufficiali, che inquadravano gli « andartes », per farli « rientrare » nell'ordine. Nei fatti anche l'opera di Tavularis fu pressochè nulla. Riuscì ad entrare in grazia del Comando dei CC. RR. ma non concluse altro. Forse gli organi del nostro Comando Forze Armate Grecia e del Comando tedesco non poterono sfruttare o non dettero importanza all'influenza esercitata dal Generale Pangalos sull'elemento militare e su qualche -se pure ristretto -settore della vita pubblica ellenica. Nello scorso gennaio anzi qualche Ufficiale di cui Pangalos si serviva per la sua opera di avvicinamento e di propaganda, venne fatto arrestare dalle Autorità Militari germaniche; ciò che portò scompiglio e incertezze nell'ambiente pangalista e pose fine, sul nascere, alla sola «azione politica» che poteva forse essere tentata -sia pure con esito incerto -nel campo delle bande.

Veniva così, praticamente, a mancare una qualsiasi consistenza nel Governo, proprio quando sarebbe stato maggiormente desiderabile di poter contare su una sua fattiva (se pur limitata) collaborazione. Infatti gli eventi esterni premevano; e il Comando considerava ormai la situazione e lo stesso movimento insurrezionale delle bande, che ogni giorno ampliavano il raggio della propria azione armata contro i nostri reparti in funzione di eventuali operazioni nemiche contro il territorio greco. A ciò si aggiunga che il Gen. Geloso, a seguito di un preavviso fattogli pervenire dall'Eccellenza Ciano

-allora Ministro degli Affari Esteri -doveva prepararsi all'eventualità pm o meno prossima del passaggio di tutti i poteri nelle sue mani; e desiderava di avere al più presto un Governo di « assoluta» fiducia e di energia che al momento opportuno potesse essere un vero organo del Supergrecia.

Si presentava quindi nuovamente, come unica soluzione possibile nella linea desiderata dal nostro Comando, un Governo Gotzamanis. Sarebbe ad esso mancato l'appoggio delle varie personalità della tradizionale politica greca, come pure non avrebbe potuto contare sulla benevola accoglienza di molti ceti impiegatizi e popolari. Ma, la fedeltà all'Italia e il carattere del suo Capo, sarebbero stati garanzia di azione collaborazionista; egli poteva inoltre contare, al di fuori degli organi di polizia dello Stato, su una organizzazione già costituita in Atene, di oltre un migliaio di persone «decise», certo non molto numerosa ma almeno sufficiente ad assicurargli mezzi efficaci per la lotta contro l'E.A.M. e il comunismo nella capitale e forse anche utile per la lotta anti-andartes in Provincia. In questo senso il Gen. Geloso ebbe a telegrafare più volte al Comando Supremo.

Come è noto -quando nelle prime settimane del marzo ebbero qui luogo riunioni fra i Plenipotenziari e gli Incaricati Speciali per discutere sulla scelta dell'eventuale successione di Logothetopulos -il Ministro Altenburg e il Ministro Neubacher (d'accordo a quanto dissero con il Comando del Sud-Est) si manifestarono decisamene ostili all'idea di un Governo, in cui Gotzamanis avesse un posto preminente.

Nelle riunioni di Roma del mese scorso venne riesumata da parte tedesca la soluzione Rhallis, che era stata una prima volta proposta da me ai primi di novembre (1), in una situazione interna però del tutto differente (si era all'inizio della battaglia di El Alamein), quando cioè la lotta degli « andartes » non aveva ancora assunto in Provincia un carattere totalitario e quando si poteva quindi considerare utile un Governo che «lavorasse» nella Capitale e in Provincia valendosi dei superstiti rottami degli ex-partiti politici.

Non credo che i Tedeschi avessero formulato questa proposta in base a particolari considerazioni di ordine interno greco. Essi tenevano solamente che al Governo rimanesse comunque una personalità di tendenza filo-tedesca, a prescindere da altri più realistici elementi della situazione. E così, come si erano sempre opposti a Gotzamanis, solo perchè troppo «italiano», ora -in mancanza di idee -si attaccavano al Rhallis, senza darsi però nessuna preoccupazione, se e quale influenza il Rhallis avesse al di fuori dello sparuto gruppo delle personalità filo-tedesche di Atene.

Comunque non era più possibile rinviare il cambiamento di Governo; l'atteggiamento di Logothetopulos durante il mese di marzo e specie in occasione degli scioperi della festa nazionale era stato così debole e contraddittorio da aggravare molto lo stato di fermento della capitale; e una controproposta italiana alla situazione voluta dai tedeschi non avrebbe fatto che ripetere, in condizioni aggravate, la lunga crisi di sapore «parlamentaristico » dell'autunno scorso.

Accettare Rhallis voleva però dire accettare anche le condizioni da lui poste fin dal novembre, che si riassumevano nella piena libertà di scegliere i ministri e i diretti collaboratori, e in una più spiccata autonomia del Governo di fronte alle Autorità d'occupazione. In tale senso venne deciso nelle riunioni di Roma, presiedute dall'Eccellenza il Sottosegretario e alle quali presenziarono l'Ambasciatore Mackensen e il Ministro Altenburg; come contropartita Altenburg ed io fummo incaricati di porre al Rhallis le seguenti condizioni: l) impegno a continuare il rifornimento delle dracme occorrenti per le spese di occupazione; 2) netta presa di posizione politica pro-Asse; 3) lotta contro il comunismo; 4) il più largo appoggio alle Autorità Militari per lo svolgimento dei loro compiti.

Appena rientrato da Roma, mettevo al corrente delle decisioni prese il Generale Geloso, che mi esprimeva un certo scetticismo circa le possibilità del Governo Rhallis ai fini dell'ordine pubblico nella Capitale e in Provincia; ma, conscio della necessità di sostituire al più presto Logothetopulos, dichiarava di non opporsi alla nuova esperienza e approvava, in linea di massima, le concessioni e le condizioni concordate a

Roma. Potei così, subito dopo, d'accordo con Altenburg, offrire l'incarico di costituire il Gabinetto a Rhallis che accettava le quattro condizioni indicate; a nostra volta gli assicuravamo quella maggiore iniziativa di governo che sarebbe valsa a dargli prestigio di fronte agli ambienti politici e alla popolazione. Egli rinunziò invece al titolo di Ministro degli Affari Esteri, che aveva richiesto nel novembre scorso, considerandolo anacronistico senza il diritto di nominare rappresentanti a Roma e a Berlino. Per quanto riguarda la questione della Tracia e della Macedonia orientale occupata dai Bulgari, Rhallis, pur senza farne una richiesta « sine qua non» per accettare l'incarico, fece presente la necessità che venisse preso al riguardo qualche provvedimento per calmare l'opinione pubblica, preoccupata ed eccitata. Rilevò che l'accusa più violenta diretta contm il suo predecessore era appunto quella di aver ceduto, per l'ambizione di rimanere al potere, la Tracia ai Bulgari; quindi ad evitare che le accuse si ripetessero contro di lui impedendogli possibilità «politiche» di avvicinamento all'opinione pubblica, egli chiedeva che almeno fosse instaurato un più severo controllo dell'Asse in Tracia, affidandolo, come già era stato proposto da Gotzamanis, ad ufficiali tedeschi e ai consolati italiani, ove non fosse possibile inviare sul posto apposite commissioni.

In successive conversazioni, alla presenza del Ministro Neubacher e del Ministro Rochira (che sostituiva D'Agostino) vennero precisati senza difficoltà gli obblighi del nuovo Governo in materia di versamenti alle Autorità d'occupazione. Da parte sua il Generale Geloso, che riportò favorevole impressione del suo primo colloquio con il nuovo Presidente del Consiglio, non ebbe difficoltà ad accordargli il diritto di tenere un piccolo nucleo di forze armate a sua disposizione; ciò praticamente non comporta nessun aumento delle forze armate del Governo poichè in questi ultimi tempi gli effettivi della Gendarmeria sono ridotti molto al di sotto degli organici.

In quattro giorni dopo il mio ritorno da Roma il cambiamento di Governo era cosa fatta. Rhallis presentava un primo nucleo di Gabinetto con cinque Ministri; egli stesso assumeva l'interim della Difesa Nazionale, dell'Agricoltura e degli Approvvigionamenti; Costantino Purnaras, Consigliere alla Corte Suprema, era nominato Ministro della Giustizia con l'interim dei Ministeri dell'Economia Nazionale e del Lavoro; il Generale Anastasio Tavularis Ministro dell'Interno con l'interim dei Ministeri delle Comunicazioni e della Marina Mercantile; il Prof. Nicola Luvaris dell'Università di Atene, Ministro dell'Istruzione e Culti con l'interim della Previdenza Sociale; Ettore Tsironicos Ministro delle Finanze. Tavularis e Tsironicos facevano già parte del precedente Gabinetto ed erano particolarmente ben visti dalle Autorità d'occupazione, il primo per la sua leale e stretta collaborazione nello stesso Ministero dell'Interno con il Comando dei CC. RR., il secondo perchè si era reso assai utile agli Incaricati Speciali come Ministro dell'Agricoltura e degli Approvvigionamenti.

I Ministri «dimissionati» del passato Gabinetto si ritirarono senza inconvenienti dai loro Dicasteri. Logothetopulos e Gotzamanis non nascosero la loro amarezza e il p1imo di essi si rifiutò anche di accomiatarsi con il solito indirizzo al popolo.

Il nuovo Governo si presenta nella sua composizione un po' modestamente per la poca notorietà politica dei suoi membri, tre dei quali sono funzionari dal carattere molto «burocratico» e di non alta levatura. Ma la figura del Rhallis, più volte ex-ministro degli Affari Esteri e dell'Interno, appartenente a nota famiglia politica della capitale, era sufficiente a dargli, al confronto dei due Gabinetti che lo avevano preceduto, un aspetto di «vero» governo, con propria individualità autonoma non solo all'interno ma anche di fronte ai greci dell'Estero e particolarmente a quelli del Cairo; inoltre il Presidente si è riservato di allargare gradualmente il proprio Ministero con personalità di maggior peso specifico nell'opinione pubblica. E infatti, dopo pochi giorni, veniva già nominato a Ministro delle Comunicazioni l'ammiraglio Gherontas, dell'expartito monarchico costantiniano filo-tedesco convinto, che gode di buona reputazione ed appartiene a famiglia di ceto elevato; la nomina di altri ministri è prevista in questi giorni.

I primi atti del Presidente Rhallis dimostrarono subito la sua consumata esperienza di « professionista» del Governo.

Mentre i Governi Tsolakoglu e Logothetopulos avevano avuto la loro base giuridica nel trattato di armistizio, Rhallis -nell'indirizzo al popolo greco con il quale ebbe

principio la sua attività -tenne a dista:::~:re costituzionalmente il proprio Gabinetto da qualsiasi altra superiore autorità formale, dichiarando di aver «occupato» il potere per non lasciare il Paese senza governanti in questo momento critico: e per togliere ogni impressione di continuità con i suoi predecessori, iniziò sulla Gazzetta Ufficiale la enumerazione dei propri provvedimenti governativi dal numero l0 •

Nelle stesse dichiarazioni egli impostò poi non senza abilità il suo programma, collegando l'atteggiamento strettamente collaborazionista del Governo con la necessità di lottare contro il comunismo e i fautori del disordine e con la sconfessione del regime di Re Giorgio responsabile della catastrofe.

È oggi prematuro fare pronostici sulle sorti del Governo Rhallis. In generale esso è stato accolto con indifferenza dalla maggior parte dell'opinione pubblica, la cui attenzione è oggi tutta polarizzata verso gli avvenimenti esterni e particolarmente verso la guerra in Tunisia. Nonostante abbia destato qualche sorpresa il fatto che Rhallis non abbia potuto costituire subito il suo Governo con personalità di maggior rilievo, si crede che attraverso gli ambienti politici che si vantano di rappresentare la Grecia, egli saprà fare opera di avvicinamento nei vari ceti della popolazione: già è stato al riguardo notato che egli con i suoi contatti con Pangalos e con l'aver lasciato Tavularis al Ministero dell'Interno, cerca assicurarsi l'adesione di parte dell'elemento democratico e militare; la scelta dell'ammiraglio Gherontas alle Comunicazioni dovrebbe contribuire a procurargli la benevola aspettativa delle classi più elevate. La nomina infine del Prof. Luvaris, sconosciuto nel mondo politico ma legatissimo col Metropolita Damaschinos, faciliterà indubbiamente a Rhallis i difficili rapporti con i dirigenti della Chiesa ove cioè il suo predecessore si era miseramente arenato. Non si vede ancora quale reale contributo il Governo potrà invece portare nella lotta contro gli «andartes » in Provincia.

Non è il caso -ripeto -di fare pronostici. La maggiore libertà di azione ottenuta nei confronti con i predecessori (fra l'altro l'abolizione della censura sulla pubblicazione delle leggi e sui comunicati governativi) ha dato fin d'ora al Presidente Rhallis maggiore prestigio presso i connazionali; ma la stessa libertà d'azione non sarà arma molto facile da maneggiare nella navigazione fra i Plenipotenziari delle Potenze dell'Asse, i Comandi militari italiano e tedesco, gli Incaricati Speciali e i vari ceti della popolazione che per ragioni economiche e politiche (sovversive e nazionaliste) premono da ogni lato. Nelle prossime settimane si potrà vedere se il Presidente Rhallis, con la sua esperienza ma con il suo carattere autoritario e forse non troppo elastico, potrà far fronte ai compiti che gl'incombono.

Comunque, come sopra si è detto, il problema fondamentale rimane quello dell'ordine pubblico e della lotta contro gli « andartes » che aumentano giornalmente di numero, di ardimento e di efficienza, e contro i quali le truppe di occupazione appaiono numericamente insufficienti per la protezione dell'intero territorio.

(l) -Ribbentrop non rispose direttamente a questa lettera: vedi D. 273. (2) -Il T. 2217/442 R. del 7 aprile 1943, ore 23,15, non pubblicato, dava notizia della costituzione di un nuovo ministero greco presieduto da Rhallls.

(l) Vedi D. 45.

(l) Vedi serie nona, vol. IX, D. 263.

254

L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 12608/153 P.R. Shanghai, 22 aprile 1943, ore 11 (per. ore 7,30 del 23).

Mio telegramma 147 (1).

A dirimere i dubbi circa la voce che era corsa Cessi mi erano stati espressi dal Ministro Tagiriri capo dell'Ufficio dell'Ambasciata del Giappone a Shanghai) questi circoli diplomatici nipponici vogliono considerare la testé annunziata nomina di Shigemitzu a Ministro Affari Esteri come risultato conclusivo della

visita ufficiale Tojo a Nanchino e come evidente conferma della sua politica verso la Cina. Immessa nel Governo, la personalità di Shigemitzu dovrebbe più facilmente aver ragione degli ostacoli di ogni genere che si oppongono ancora alla risoluzione di dare a Nanchino al più presto il massimo d'autorità e di autonomia; ostacoli che nelle ultime settimane avevano quasi paralizzato l'opera dell'Ambasciatore e resa necessaria sua visita a Tokio e quelle conversazioni che egli avrebbe concluse segnando punti def·initivi. La sua nomina dimostrerebbe che essi sono stati non solo accettati ma anche adottati. Inoltre nomina di Shigernitzu (l'uomo della stabilizzazione dell'[Asia] ad ogni costo) pone in primo piano la questione cinese e ne presenta la soluzione come vitale ed urgente.

Accanto ai suddetti motivi, vi sarebbe stato quello della opportunità di allontanare Tani il quale, Ministro Affari Esteri prima della creazione del Ministero Asiatico, si era trovato giorni or sono diminuito nel prestigio e nel lavoro e la cui collaborazione con Aoki divenuta difficile.

Nomina di Shigemitzu oltre ad inquadrarsi nell'assetto attuale avrebbe il vantaggio di far prevedere una collaborazione con Aoki intima e redditizia, continuazione di ogni cordialità stabilitasi tra i due durante la loro permanenza a Nanchino.

Ma elemento che potrà poi illuminare meglio la situazione, sarà la designazione del nuovo Ambasciatore in Cina. Essa preciserà la condotta del Governo giapponese e ci dirà quale conto verrà fatto della fortissima tendenza (che si rileva nell'Esercito e nella Marina) ad approfittare del fatto che il Giappone ha oggi le mani completamente libere in Cina per instaurare in essa la politica seguita nella Manciuria e per estirpare da essa ogni influenza straniera, senza eccezioni o riguardi per gli alleati.

A Nanchino nomina di Shigemitzu è stata accolta con soddisfazione ed ha rafforzato le speranze di Wang Chin Wei. Se ne attendono nuove copiose misure a favore del Governo Nazionale cinese e prossimo stabilimento di effettivi legami col Nord Cina (mio telegramma n. 141) (1).

A noi la presenza di Shigemitzu a Tokio insieme con quella di Hidaka a Roma dovrebbe affidarci di una più esatta valutazione dell'attuale nostro atteggiamento in Cina e garantirci contro cieca intransigenza delle autorità giapponesi qui distaccate che, perseguendo il fine del più stretto controllo e dello sfruttamento esclusivo, troppo spesso dimenticano la nostra qualità di amici e di alleati fedeli.

Ma sarebbe illusione supporre che Shigemitzu, pur facendo valere la sua vasta esperienza internazionale e le sue qualità di intuizione politica, possa mutare linea adottata in Cina, che parte, Kung ebbe dichiararmi, dal centro e che comporta eliminazione dalla Cina di ogni elemento che non sia asiatico e che l'adria per il Giappone cerca deviare verso i bianchi, l'eredità di questi offrendo alla Cina. Shigemitzu potrà forse soltanto temperarne l'applicazione nei riguardi degli alleati e magari leggermente piegarla con la sua abilità di negoziatore alle necessità della fattiva amicizia con l'Asse.

Telegrafato Roma e Tokio.

(1) T. 2453/147 R. del 16 aprile, ore 6, non pubblicato, con cui Taliani aveva già in!or'mato della probabile nomina di Shlgemitsu a ministro degli esteri.

(l) Vedi D. 218.

255

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 6055/978. Berlino, 22 aprile 1943 (per. il 26).

Il 13 aprile la stampa germanica-come segnalato da questa R. Ambasciata nei quotidiani bollettini -dava l'annuncio del ritrovamento, casualmente avvenuto nella selva di Katyn presso Smolensk, di una serie di fosse contenenti centinaia di salme di ufficiali polacchi catturati, dopo la rotta degli eserciti polacchi nell'autunno del 1939, dai bolscevichi e da essi massacrati.

Dalle informaz;ioni raccolte e dalle notizie fornite da persone che hanno assistito agli scavi ed ai lavori di identificazione delle salme, è risultato sinora q~tanto segue.

Subito dopo l'occùpazione di Smolensk, nel mese di settembre 1941, sarebbero pervenute alle autorità tedesche notizie secondo le quali i bolscevichi avevano proceduto nell'anno precedente ad esecuzioni in massa di prigionieri polacchi, seppellendone i cadaveri nelle foreste vicine.

Sotto la ,guida di superstiti abitanti del luogo, fin dallo scorso anno sarebbero stati compiuti sondaggi che, confermando le voci circolanti, avrebbero portato a macabre scoperte.

Gli scavi vennero ripresi su più vasta scala alla fine del decorso inverno. Furono allora messe in luce varie fosse fra le quali una più grande delle altre, profonda circa otto metri e non ancora tutta esplorata. In essa sono stati sinora rinvenuti 2500 corpi di ufficiali polacchi ammassati gli uni sugli altri. Si calcola che il numero delle salme ancora sepolte possa superare le 9 mila. Il terreno perfettamente impermeabile aveva provocato una specie di mummificazione dei cadaveri e permesso la perfetta conservazione delle uniformi e dei documenti.

In base a questi elementi ed alle notizie fomite da alcuni testimoni casuali, è stato possibile ricostituire le fasi salienti della tragedia.

Risulta da alcune lettere e diari di prigionieri ·che, dopo la cattura nelle provincie orientali polacche, nel settembre 1939, questi ufficiali -circa 12 mila sarebbero stati riuniti in tre grandi campi in Ucraina e in Rutenia Bianca. Il trattamento usato nei loro confronti, almeno all'inizio, non sarebbe stato particolarmente duro: ricevevano regolarmente viveri; erano alloggiati in baracche non troppo strette e riscaldate; venivano loro distribuiti giornali, naturalmente comunisti, in lingua russa e polacca e si proiettavano di quando in quando pellicole di propaganda bolscevica.

~ quanto risulta dai diari anzidetti, i prigionieri avrebbero nutrito sino all'ultimo la speranza di venir scambiati con prigionieri polacchi catturati dai tedeschi ed appartenenti alle regioni recentemente occupate dall'URSS. Tali speranze, anzichè affievolirsi, sembrerebbe siano andate aumentando dopo il trasferimento dei prigionieri nei campi nelle vicinanze di Smolensk e dopo la partenza dei cappellani militari ·che fra di essi si trovavano in buon numero, 1 quali evidentemente furono per i primi massacrati in circostanze a;ncora sconosciute.

26 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

La redazione dei diari cessa ai primi mesi del 1940. Fino all'ultimo non trasparirebbe da essi alcun segno di dubbio sul triste destino che attendeva i prigionieri: riaffiora anzi costantemente la speranza di uno scambio.

Dalle testimonianze di qualche abitante del luogo risulterebbe che fra il marzo ed il maggio 1940, per molte sere di seguito, prigionieri polacchi sarebbero stati trasportati dalla G.P.U. nella foresta di Katyn in autocarro, a gruppi di 60-80 alla volta, ed ivi massacrati.

Si sarebbero varie volte verincati tentativi di rivolta. I colpevoli riuniti in catena sarebbero stati fucilati a parte. È stata rintracciata infatti una fossa ove le salme h&nno le mani legate dietro la schiena e molte presentano tracce di colpi di baionetta attraverso i corpi.

Gli aspetti salienti di questo massacro: i metodi di esecuzione (il colpo nella nuca nella maggior parte dei casi) e di interramento (i cadaveri non sono stati spogliati delle uniformi, del denaro e dei documenti; sono stati metodicamente accatastati in strati di dodici corpi circa); il sistema usato per cancellare le tracce (piantagioni di alberi sul terreno di riporto), tutto sta ad indicare che l'organizzazione e l'esecuzione di esso siano da attribuirsi alla G.P.U. la quale, dal 1918 ai giorni nostri, ha usato in simili casi una tecnica assolutamente analoga e peraltro stabilita dalle «istruzioni» ufficiali.

Per quanto non si comprendano i motivi per cui questi prigionieri anzichè venir subito massacrati, siano stati tenuti circa sei mesi in condizioni abbastanza umane, le probabili cause di questa «liquidazione» in massa possono venir intuite.

La dottrina bolscevica, predicata prima ancora che fra gli operai ed i contadini, fra i soldati dell'esercito zarista, ha fatto dell'ufficiale il principale nemico in quanto rappresentante di una classe irriducibilmente nemica del proletariato.

Gli ufficiali polacchi catturati nel 1939 erano i primi ufficiali dopo quelli degli eserciti bianchi, con cui i russi -non ancora ammantati di patriottismo e di civiltà democratica -si trovavano ad aver da fare. Si aggiunga che questi ufficiali erano ritenuti gli esponenti delle classi colte di quei territori polacchi su cui Mosca era appena riuscita a metter mano e che si preparava rapidamente a bolscevizzare.

Sull'azione di indubbia abilità ed efficacia, impostata dalla propaganda germanica sul macabro ritrovamento di Katyn mi riservo di ritornare con separato rapporto (1).

256

IL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DELLA CULTURA POPOLARE, CORRIAS, AL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO

L. R.P. Roma, 22 aprile 1943.

Ti invio qui unito, per tua riservata conoscenza, ,copia del rapporto da me presentato all'Eccellenza il Ministro a seguito della visita fattami da Mollier.

Nel farti presente che il rapporto è stato già sottoposto a Superiore visione, richiamo la tua cortese attenzione sulla sua natura riservata specie per quanto riguarda le delicate ammissioni fattemi a titolo personale da Mollier.

ALLEGATO

IL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DELLA CULTURA POPOLARE, CORRIAS, AL MINISTRO DELLA CULTURA POPOLARE, POLVERELLI

APPUNTO S. Roma, 20 aprile 1943.

È venuto oggi a trovarmi Mollier, Consigliere Stampa dell'Ambasciata di Germania. Egli mi ha detto di essere stato incaricato, su istruzioni di Berlino, di fare un passo ufficiale presso questo Ministero in merito alle seguenti questioni:

1°) la pubblicazione della relazione sulla battaglia del Mareth;

2°) l'impostazione dei commenti al Convegno Mussolini-Hitler;

3°) l'articolo pubblicato sul Nizzardo del 28 marzo: «La Francia vista da Nizza».

In merito a1la questione sub 1°, Mollier mi ha detto che alle autorità di Berlino la pubblicazione della relazione sulla battaglia del Mareth era sembrata non opportuna. Ho risposto che non avrei mancato di sottoporre le sue comunicazioni all'Ecc. il Ministro.

Ho creduto però opportuno di fargli subito osservare che le autorità di Berlino evidentemente esprimevano tale giudizio in relazione all'opinione pubblica tedesca, ma che le autorità italiane avevano disposto la pubblicazione del documento in relazione all'opinione pubblica italiana. La pubblicazione stessa -ho aggiunto -corrispondeva alla direttiva costantemente da noi seguita di intonare i nostri notiziari alla più rigida verità.

Ho fatto infine presente a Mollier come la pubblicazione di notizie talvolta dure serva per equilibrare nell'opinione pubblica gli stati d'animo che vengono inevitabilmente a crearsi in seguito alle alterne vicende della guerra ..

Per quanto concerne la questione sub 2° (impostazione dei commenti al Convegno Mussolini-Hitler), Mollier ha specificato che a Berlino si era ritenuto che qualche giornale italiano (vedi Gayda) avesse un poco ecceduto nei suoi commenti a favore dei piccoli paesi. Siffatti commenti -si rilevava a Berlino -avevano avuto riflessi nei giornali di questi paesi, ad esempio sul Pester Lloyd sul Magayar Nysug e su La Revue di Losanna, e l'opinione pubblica locale nell'afferrarsi ad essi con manifesto favore ne aveva potuto però anche dedurre la mancanza di una perfetta armonia di linguaggio tra la stampa italiana e quella germanica (Gayda aveva parlato di indipendenza dei popoli, grandi e piccoli).

Ho risposto al Consigliere tedesco che i commentatori italiani si erano intonati allo spirito del comunicato concordato a Salisburgo (l) e del resto non avevano fatto altro che richiamarsi alla direttiva costantemente seguita dal Governo fascista. Ho ricordato poi a Mollier che non si poteva dimenticare che il Duce è stato il primo assertore del principio della parità dei diritti tra i Paesi e che oggi è più che mai nell'interesse dell'Asse di attirarsi la simpatia e il favore delle piccole Nazioni europee, trattandosi di una forza di cui l'Europa dovrà tenere necessariamente conto nella sua riorganizzazione dopo la vittoria.

Ho d'altra parte attirato l'attenzione di Mollier sull'ampia ed intensa propaganda che i nostri nemici svolgono in merito allo stesso oggetto, sottolineando come a loro evidentemente riesca più facile fare asserzioni e promesse a favore di piccoli popoli, in quanto essi parlano de jure condendo e senza il timore di essere messi alla prova, dato che i territori europei sono tutti soggett,i al controllo dell'Asse e sopratutto della

Germania. I nostri nemici avrebbero d'altra parte un motivo agevole di propaganda se potessero accusarci di non voler dichiarare apertamente il rispetto dei diritti delle piccole nazionalità. A tal proposito ho fatto presente a Mollier -a titolo personale come avessi notato con sorpresa che nelle istruzioni impartite alla stampa tedesca in data 14 aprile sera, relative alla visita del Maresciallo Antonescu al Fuehrer, si stabiliva doversi «evitare di trattare a tal proposito problemi europei di carattere generale». Tale direttiva poteva infatti apparire come un passo indietro rispetto al principio affermato dal comunicato sull'incontro Mussolini-Hitler.

Il Dott. Mollier, a questo punto, mi ha detto, a titolo personale, che concordava pienamente colle direttive del Governo fascista, ma che aveva compiuto il passo per ottemperare agli « ordini ricevuti da Berlino ».

Quanto infine alla questione sub 3° (articolo pubblicato dal Nizzardo), Mollier mi ha fatto presente che l'articolo stesso era ritenuto a Berlino «un po' forte» e che esso era stato ripreso da un giornale socialista ungherese che ne aveva fatto illazioni su una divergenza di vedute italo-tedesca in merito alla situazione francese.

Ho risposto che non avevo presente l'articolo e che mi riservavo sottoporre la questione a V. E.

Ho comunque chiarito che Il Nizzardo è un giornale di avanguardia e di punta, che ha, come tale, una certa indipendenza. Dato il suo carattere esso talvolta assume, per ovvie ragioni, atteggiamenti che esorbitano dal tono della grande stampa a carattere nazionale.

(l) Non rinvenuto.

(l) Vedi D. 219, nota l. p. 287.

257

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA

T. 13505/218 P.R. (l) Roma, 23 aprile 1943, ore 1.

Avete fatto molto bene a richiamare attenzione codesto Ministero Esteri sul contegno inqualificabile della maggioranza dei giornali turchi (2), mentre la nostra stampa non pubblica che notizie dalla Turchia e mai lesive del decoro

o degli interessi della Turchia.

258

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA

T. 13614/248 P.R. Roma, 23 aprile 1943, ore 24.

Ho fatto fare stamane a questo Ministro di Romania dal Capo di Gabinetto la comunicazione che, con nostro vivo dispiacere, la visita di Antonescu deve subire un ulteriore rinvio. Come è noto, in questo momento si stanno svolgendo in Tunisia operazioni militari di grande importanza. Siamo agli inizi di una battaglia che può avere una portata decisiva per il possesso della Tunisia e fin da ora il Duce deve dedicare tutto il suo tempo a questi avvenimenti. Non è escluso inoltre che il Duce debba assentarsi da Roma per qualche giorno.

.,_

È con molto dispiacere che noi dobbiamo prospettare al Governo romeno la necessità di rinviare il viaggio del signor Antonescu. Il Signor Antonescu può certo apprezzarne le ragioni e il nostro desiderio nel dare queste spiegazioni è soprattutto quello di evitare che a tale rinYio possano essere date interpretazioni che non corrisponderebbero alla realtà.

Il viaggio del signor Antonescu non era stato ancora ufficialmente annunciato, e non è pertanto necessario dare notizia pubblica di questo rinvio. Noi manterremo su quanto precede il più assoluto riserbo e cureremo che non si abbia a verificare alcun malinteso. Contiamo che il Governo romeno voglia amichevolmente fare altrettanto.

Ho fatto pregare il signor Grigorcea di telegrafare subito quanto precede al suo Governo. Ve ne informo perchè Voi possiate esprimervi in maniera analoga con Antonescu. Vogliate aggiungere le espressioni del più vivo rincrescimento del Governo italiano per questo nuovo ritardo che è dettato da circostanze eccezionali e che non riveste alcun significato politico (1).

(l) -Minuta autografa. (2) -Vedi D. 245.
259

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. R P. 1186. Ankara, 24 aprile 1943 (2).

Oggi fa un mese da quando sono arrivato in Turchia.

Dai vari miei telegrammi e rapporti spero ti sarà risultato chiaro il mio pensiero: la Turchia non ha in realtà nessun interesse e nessun desiderio di entrare spontaneamente in guerra. Sta assistendo, senza rimetterei del suo, al progressivo indebolimento dei belligeranti che costituivano per essa le maggiori preoccupazioni, tedeschi, italiani, russi ed inglesi. Fra tutti costoro però quelli che sono più temibili, cioé i russi, non potranno cessare di costituire la più grave minaccia contro la Turchia, anche se, per ipotesi difficile ora ad ammettersi, fossero battuti completamente dai tedeschi. Partendo quindi dal punto di vista che il vero immanente pericolo per la Turchia sia la Russia, qualunque potrà essere l'esito della presente guerra, i dirigenti turchi attuali pensano che il loro Paese debba ora risparmiarsi il più possibile, in vista di essere meglio preparato a sostenere la guerra futura (secondo loro inevitabile) contro la Russia, la cui potenza in uomini e in produzione industriale non farà in ogni caso che aumentare.

Senza dubbio questo è un ragionamento che fila e la cui sincerità merita abbastanza credito.

Ci sono tuttavia molte altre cose da tener presenti: le future pressioni anglo-ameri,cane, anche se queste fossero basate su di un calcolo erroneo degli interessi inglesi e ... turchi, l'incomprensione americana della situazione europea

o l'indifferentismo americano di fronte a quest'ultima, lo slittamento automatico verso delle posizioni dalle quali non si può più tornare indietro (come accade sempre anche quando la politica non si mette deliberatamente per sfondo la guerra), l'aumento progressivo (sià pure ancora lento) dell'armamento della Turchia da parte degli anglo-americani, specie per quanto riguarda l'aviazione. Ed è questo, forse, il punto più pericoloso, giacché per esperienza sappiamo che la macchina bellica è di quelle che una volta messe in moto non si fermano che quando si rompono. D'altra parte, che cosa avverrà se gli angloamericani chiederanno in avvenire alla Turchia di far qualche cosa di contrario alla sua neutralità? Vorrà l'Asse chiudere un occhio, come fin qui fanno gli Alleati con la Svezia? E potrà farlo se la violazione della neutralità sarà tanto importante come l'utilizzazione eventuale da parte degli Alleati dei campi d'aviazione da essi costruiti ed attrezzati in Turchia?

Sono queste altrettante incognite che pur bisogna tener presenti per accettare con un po' di beneficio di inventario le previsioni ottimistiche che tanta gente fa qui e le stesse dichiarazioni dei dirigenti turchi, che sono peraltro sincere giacchè corrispondono all'interesse turco. Tali dichiarazioni non contraddicono del resto all'ipotesi anch'essa accettabilissima di un intervento della Turchia all'ultima ora, in soccorso del vincitore, per cercare di risolvere a proprio vantaggio alcune questioni importanti (isole asiatiche Chio Samo Mitilene da riprendere alla Grecia con o senza il compenso del Dodecanneso, petroli di Mossul, accrescimento territoriale in Siria, ecc.).

Ma per ora qui si fa ancora della diplomazia, e tanto più meritoriamente in quanto la situazione della Turchia è la più difficile fra quelle di tutti i Paesi neutrali, non fosse altro per le realtà geografiche che la circondano d'ogni parte. Che anzi è questo forse il Paese dove non si è mai cessato di fare della diplomazia, e ciò conferma ancora una volta la bontà di questa vituperata arte, giacchè, servendosene, la Turchia ha potuto attraversare, senza scosse e senza danni, ma con qualche vantaggio, quasi quattro anni di una guerra divampante progressivamente su tutte le sue fronti,ere.

E poichè in questi ultimissimi tempi a questa gente fina non è sfuggito il significato dell'incontro Duce-Ftihrer, come ho riferito col mio telegramma

n. 223 del 19 corr. (1), consentimi di esporti quale potrebbe essere -a parer mio -l'indirizzo che la nostra azione politica dovrebbe prendere nei riguardi della Turchia se a noi convenisse di tener conto dei suoi interessi per avvicinarli ai nostri e per cercare di impedirne una definitiva saldatura con quelli dei nostri avversari.

Faccio naturalmente astrazione dalle questioni politiche di carattere più generale (ma la cui saggia impostazione eserciterebbe pur sempre una benefica influenza sulla politica turca) come ad esempio quella della Polonia, circa la

quale sarebbe di fondamentale interesse per l'Asse di far conoscere dei precisi e giusti scopi di guerra. E mi limito alla questione balcanica, giacchè allo stato delle cose, l'Italia disgraziatamente non rappresenta più nel Mediterraneo una seria preoccupazione per la Turchia, e le stesse isole italiane del Dodecanneso costituiscono solo un pericolo militare di secondo ordine situate come sono ln faccia a regioni turche prive di vie di comunicazione, mentre le isole greche hanno invece primaria importanza strategica. Offrire quindi ai Turchi in un momento di pericolo parte del Dodecanneso non basterebbe a modificare la loro posizione politica.

In realtà ciò che ha guastato i rapporti itala-turchi, ristabiliti abbastanza bene nel 1923 a Losanna con una saggia rassegnazione della Tur·chia alla perdita definitiva della Libia e del Dodecanneso (tranne la spina di Gastelrosso), non è stata l'imprudente ripresa da parte di elementi irresponsabili italiani di aspirazioni micrasiatiche già fin troppo sfruttate ai nostri danni dall'Inghilterra, ma sostanzialmente è stata la questione albanese.

Lo stesso Mustafà Kemal, che volle riportare in Asia la nazione turca e che tutto mise in opera per distaccarla dai pericoli balcanici e da quella impura sentina di intrighi mezzo europei e mezzo orientali costituita dalla vecchia eredità di Bisanzio, aveva pur finito per comprendere che la Turchia, benchè ridotta ad uno Stato eminentemente micrasiatico, aveva bisogno per la sua difesa militare e per la sua potenza politica di rimanere sovrana degli Stretti e di quella testa di ponte europea rimastale in Tracia dopo aver perduto tutto il resto dei Balcani. Fu perciò che Mustafà Kemal, ed in suo nome l'attuale Capo della Nazione Ismet, difesero aspramente a Losanna quella testa di ponte anzi cercarono di ingrandirla il più possibile.

I Turchi ritiratisi in Asia, purificatisi, indivi:clualizzatisi con un intransigente nazionalismo da quel miscuglio di popoli che costituivano prima l'Impero Ottomano avevano tuttavia ancora strettamente bisogno tanto per ragioni geografiche che per ragioni politiche di tenere un piede saldo sulla riva europea, ed a questo scopo dovevano rimanere ancora nei Balcani, essere ancora una Potenza Balcanica per poter difendersi tanto da Oriente come da Occidente in questa pur sempre pericolosissima parte d'Europa.

L'entrata dell'Italia nei Balcani a bandiere spiegate fu veramente. quindi, quella parte della nostra azione politica degli ultimi vent'anni che preoccupò la nuova Turchia e personalmente il suo fondatore Mustafà Kemal, tanto che ancora dura la consegna di costui col non riconoscere l'unione personale fra l'Italia e l'Albania. Un'Italia forte alle sue spalle per l'alleanza tedesca, forte in Mediterraneo, forte in Africa, esuberante di gioventù ed ansiosa di sempre nuove affermazioni politiche avrebbe significato se non altro il centro d'attrazione per tutti i Paesi Balcanici, e la Turchia avrebbe dovuto rassegnarsi a mettersi fra questi pedissequamente abbandonando i vantaggi dell'equilibrismo e in ogni caso rinunziando ad essere essa stessa il pilone princi:pale della sicurezza balcanica. Ne conseguì che la Turchia credette suo interesse stipulare con l'Inghilterra un contratto di assicurazione che per il sopravvenire della guerra l'ha posta nell'attuale situazione.

Ma ora l'Asse, dopo oltre tre anni e mezzo, comincia a parlare di Europa, di nuova organizzazione europea, e cessa di invocare le ragioni dello «spazio vitale»

per sostituirvi quelle delle vitalità di tutti gli Stati e della necessità della loro efficiente sopravvivenza nell'ordine nuovo.

Questo mutamento di linguaggio piace, come ho detto, ai dirigenti turchi, ma essi attendono di sapere anzi di vedere qualche cosa di più. Ed ,intanto essi cominciano i loro primi passi, i loro primi tentativi, i loro primi sondaggi per rendersi conto del come si possa ricostituire quella Unione Balcanica che ritengono necessaria per la Turchia in funzione, come non esitò a dirmi apertamente Menemencioglu, tanto anti-russa quanto anti-tedesca. E nell'unione balcanica pensano di comprendere necessariamente l'Ungheria (vedi mio telegramma

n. 171 (l) e telegramma per corriere 033) (2).

Questi primi passi sono stati arrestati dall'Inghilterra per ragioni contingenti della guerra in corso, ma essi sono chiaramente indicativi della rinascente tendenza della politica turca. L'Italia pertanto deve tenerne conto come Potenza balcanica, e maggiormente deve farlo se intende riprendere un'attività politica concomitante collo svolgersi degli avvenimenti militari. Come farlo?

In una maniera sola, a me pare: cominciando cioè a concretare realisticamente le nostre idee sulla futura sistemazione balcanica in modo tale da assicurarci l'adesione non l'ostilità della Turchia alla nostra permanenza nei Balcani, cioè a dire sostanzialmente in Albania. Non è certo questa cosa facile, nè l'azione diplomatica potrà certo sostituirsi del tutto alla sorte delle armi, ma bisognerà pure prepararsi a rimediare con quella alle manchevolezze di questa, e quindi cominciare a pensare quali potrebbero essere le idee nostre, le idee puramente italiane di fronte ad una sistemazione balcanica ·che non potesse più essere imposta con una schiacciante vittoria militare. Allo stato delle cose le nostre occupazioni balcaniche sono infatti ridotte, occorre riconoscerlo francamente, più che altro a pegni da scambiare contro le altrui occupazioni africane.

Ora non ti sembra che le idee nostre in materia balcanica, quale che sia l'esito della guerra dovrebbero avvicinarsi di molto a quelle turche? Una federazione balcanica assolutamente indipendente assolutamente estranea ad ogni altro raggruppamento europeo, una federazione nella quale l'Italia dovrebbe partecipare, attraverso l'Albania, sullo stesso piede e per le stesse ragioni della Turchia cioè esclusivamente per la propria difesa contro tutti i più forti raggruppamenti europei?

Questo è il solo linguaggio « diplomatico » che possiamo usare con la Turchia, se vogliamo parlarle (ora o più tardi, secondo gli sviluppi degJii avvenimenti) per cercare di preparare! le vie della nuova politica europea, e non lasciare soltanto aci. nostri nemici attuali la poss~bilità e l'iniziativa di farlo con assoluta sconoscenza o con deliberato e vendicativo disprezzo dei nostri interessi.

Fino a quando però non saranno state concretate eventualmente nuove direttive della nostra politica balcanica in base alle realtà presenti e alle ragio, nevoli possibilità future, non potremo fare altro che limitarci ad osservare gli effetti che produrranno successivamente sui dirigenti turchi i vari quotidiani bollettini militari.

(l) -Bova Scoppa rispose con T. 2669/284 R. del 26 aprile 1943, ore 15, quanto segue: «Mihal Antonescu mi ha pregato ringraziare vivamente V. E. per Vostra cortese comunicazione. MI ha pregato di dirVI che si è reso perfettamente conto delle ragioni che vi hanno obbllgato a suggerire un rinvio della sua visita a Roma. Egli spera vivamente nuova data possa essere fissata più presto possibile». (2) -Manca l'indicazione della data d'arrivo.

(l) Non rinvenuto.

(1) -Vedi D. 171. (2) -Non rinvenuto.
260

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO

T. 13852/220 P.R. Roma, 25 aprile 1943, ore 1.

Vostro 035 (1).

Potete confermare al Poglavnik il desiderio del Duce di incontrarsi con lui appena possibile e che ci riserviamo di fargli conoscere la data in cui la sua visita in Italia potrà svolgersi. In considerazione degli attuali avvenimenti militari in Tunisia ai quali il Duce deve dedicare tutto il suo tempo, non è possibile precisare la data dell'incontro. Vogliate far presente che questo nuovo rinvio è unicamente determinato dai motivi, del resto ben comprensibili, sopra accennati che renderanno necessario, con nostro vivo disappunto, ritardare la visita di qualche settimana sull'epoca indicata dal Poglavnik. Vi informo che sono state contemporaneamente rinviate tutte le altre visite di capi di Governo già in programma per le prossime settimane.

Mi riservo non appena possibile precisazioni al riguardo (2).

261

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 26 aprile 1943.

Il rapporto di Bova Scappa giunto oggi (3), completa il quadro datoci da Mackensen dei rapporti romeno-tedeschi, con l'esposizione degli avvenimenti fatta dall'altro interessato e cioè da Mihail Antonescu. Da questo rapporto non risulterebbe affatto che il Maresciallo si sia impegnato senz'altro con Hitler a sostituire al suo ritorno a Bucarest il Vice Presidente del Consiglio. Risulterebbe invece: 1°) che il Conducator avrebbe dichiarato al suo primo collaboratore di essere solidale con lui e di essere disposto anche a lasciare il potere se fosse costretto a sostituir lo; 2°) che inoltre il Maresciallo avrebbe inviato a Hitler il giorno 18 corrente una lettera personale per chiarire la lealtà di Mihail Antonescu, assumendone di conseguenza le difese.

Se la situazione del Vice Presidente del Consiglio è certamente scossa, in conseguenza del passo tedesco, un atteggiamento fermo del Maresciallo potrebbe anche condurre alla permanenza al potere del Vice Presidente del Consiglio, sembrando quasi impossibile pensare che la Germania voglia arrivare colla Romania fino alle lontane conseguenze di una vera crisi politica.

Non è quindi inopportuno esaminare quale debba essere la nostra linea di condotta nella previsione di una tale eventualità.

Le ragioni da noi ad do tte per il rinvio del viaggio (l) sono soltanto una vetrina, che non serve affatto per gli interessati rumeni, perfettamente a conoscenza del vero stato delle cose. A questo aggiungasi la supposizione che i tedeschi si stiano servendo in questo momento della mancata visita a Roma per fare apparire il mancato viaggio quale una sconfessione di Antonescu anche da parte del Duce.

Credo che anche una frase detta ieri da Bismarck al Capo di Gabinetto e cioè: «era una grossa decisione da prendere da parte vostra» -sempre riferendosi al viaggio di Antonescu a Roma -confermi questa mia supposizione.

Qualora la crisi preannunziata nel Governo rumeno da parte tedesca con l'abbandono del potere di Mihail Antonescu non dovesse verificarsi o dovesse anche essere rinviata sine die, e persino se questo evento dovesse maturarsi sotto pressione tedesca, mi sembra necessario chiedersi se sia opportuno lasciare da parte nostra la situazione in sospeso col Maresciallo rimettendo quindi a tempo indeterminato al solo giudizio della Germania la natura dei mpporti che dovranno in avvenire intercorrere tra noi e Bucarest.

Un chiarimento potrebbe avvenire al più presto approfittando dell'alta decorazione concessa al Conducator e che Voi, Duce, avete già deciso di fargli pervenire al di fuori della occasione per la quale era stata predisposta e cioè del viaggio di Roma.

Il Generale Graziali potrebbe recarsi a Bucarest al più presto e consegnare, accompagnato da Bova Scappa, la decorazione al Maresciallo. Il nostro Ministro resterebbe con l'occasione a colloquio col Maresciallo e chiarirebbe ed esporrebbe francamente le circostanze che hanno condotto alla sospensione del viaggio.

In base al nuovo rapporto che il nostro Ministro non mancherebbe di inviarci subito e allo sviluppo che la crisi rumena assumerà in seguito ai passi compiuti presso Hitler da parte del Maresciallo, potremo, d'accordo coi tedeschi, concretare l'ulteriore atteggiamento anche nei confronti del Vice Presidente del Consiglio.

In ogni eventualità, anche in quella della sostituzione di Mihail Antonescu, questo nostro intervento chiarirà almeno la situazione col Capo dello Stato e determinerà la continuità della politica itala-rumena quale fino ad oggi è stata mantenuta (2).

(l) -Vedi D. 251. (2) -Per la risposta di Casertano, vedi D. 279. (3) -Vedi D. 243.
262

IL DIRETTORE DELL'AGENZIA STEFANI, SUSTER, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

APPUNTO RR. Roma, 26 aprile 1943.

Da informazioni che affluiscono da fonti diverse ed attendibilissime, risulta che in vasti strati della popolazione tedesca ed anche in qualche ambiente

estremista del Partito Nazionalsocialista, si sta formando un nuovo stato d'animo tutt'altro che favorevole all'Italia, alla quale tutti sono portati ad addebitare le maggiori responsabilità per la difficile situazione bellica, nella quale è venuta a trovarsi l'Asse.

Le colpe che si rinfacciano all'Italia sono:

l) l'essere intervenuta frettolosamente inutilmente ed inopportunamente nella guerra contro la Francia, senza ottenere cioè alcun risultato militare, ma creando invece una atmosfera di rancore e di ostilità che rese poi praticamente impossibile sia la conclusione della pace, che ogni efficace collaborazione con i francesi;

2) il non aver saputo minimamente approfittare dell'impreparazione britannica in Egitto per tentare di giungere fulmineamente fino al Canale di Suez. Ciò all'inizio del conflitto sarebbe stato possibilissimo, qualora non si fosse nutrita una incredibile ostilità all'impiego delle divisioni corazzate;

3) il non avere voluto e saputo procedere all'occupazione dell'isola di Malta che, all'inizio della guerra, costituiva soltanto un problema di coraggio, mentre poi si arenò sempre dinanzi ai troppo scrupolosi calcoli dei sacrifici e degli sforzi che avrebbe comportato;

4) il non aver mai osato impiegare in forza la flotta italiana, neppure quando, essendo le truppe dell'Asse ad El Alamein, preferimmo !asciarle senza rifornimenti, piuttosto che arrischiare uno scontro in mare aperto con le unità inglesi;

5) il non aver saputo attrezzare opportunamente ed affidare a dei comandanti capaci le nostre unità distaccate sul fronte orientale, creando così delle zone di debolezza su quel fronte, delle quali fatalmente i sovietici avrebbero approfittato;

6) il non aver provveduto in vent'anni di Regime a potenziare maggiormente la produzione bellica nazionale, cosi che per tutto quel che ci occorre per condurre il combattimento, dobbiamo far appello alla generosità germanica, incidendo sulle sue stesse necessità.

(l) -Vedi D. 258. (2) -Il presente documento reca il visto di Mussolini e la seguente annotazione: «Duce approva».
263

IL MINISTRO A BRATISLAVA, P. CORTESE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. (1). Bratislava, 27 aprile 1943 (per. il 7 maggio).

Da alcune delle principali personalità tedesche e slovacche che hanno partecipato alla recente visita del Presidente della Repubblica al Quartier Generale del Fiihrer ho potuto apprendere quanto segue sull'atmosfera in cui si è svolto l'incontro e sugli argomenti toccati nelle conversazioni.

L'impressione riportata da tutti è stata delle più favorevoli, non solo per la straordinaria cordialità dell'accoglienza quanto anche per l'assoluta sicurezza espressa dal Fiihrer e dai suoi collaboratori nell'esito favorevole della guerra. Gli slovacchi poi si sono particolarmente rallegrati del fatto che non è stata loro presentata alcuna richiesta. Non così il mio collega di Germania il quale avrebbe preferito il contrario. Devo peraltro precisare che il Fiihrer ha parlato per un'ora a quattr'occhi col Presidente Tiso, per cui non è detto che qualche richiesta non sia stata fatta e che non sia ancora nota ai principali collaboratori dei due Capi di Stato.

L'impressione è stata dunque che l'invito avesse per motivo solo considerazioni di cortesia, del resto qui apprezzatissime per la speciale posizione della Slovacchia quale Stato protetto dalla Germania. L'equiparazione completa di trattamento con gli altri Stati alleati ha piacevolmente rassicurato questi ambienti gov·ernativi.

La conversazione al Quartier Generale si è svolta particolarmente intorno agli avvenimenti bellici dello scorso inverno in Russia. Agli slovacchi si è fatto rilevare il successo raggiunto nel ristabilire un fronte che aveva vacillato su 700 chilometri della sua estensione. Si è parlato molto dell'importanza decisiva dei trasporti per la buona condotta della guerra moderna e si è spiegato anche con certe manchevolezze nel loro funzionamento all'epoca e nella regione di Stalingrado il rovescio subito in quella parte del fronte. È impressione dei militari slovacchi che i tedeschi si limiteranno quest'estate a delle azioni di rettifica dell'attuale linea e che si farà ogni sforzo per mantenere la testa di ponte nella penisola di Taman, indispensabile per la ripresa di grandi azioni offensive. E' anche loro impressione che le truppe alleate non saranno più impiegate in prima linea, eccezione fatta delle divisioni romene che combattono nel Kuban e che sarebbero state altamente lodate dal Fiihrer.

Da parte delle personalità tedesche che hanno partecipato all'incontro, mi è stato fatto il seguente riassunto di quanto esse hanno udito o compreso a Berchtesgaden:

La fiducia nella vittoria non è stata menomamente scossa dagli eventi invernali. I rifornimenti tedeschi sono assicurati in tutti e tre i campi essenziali: alimentare, umano, industriale. Da rivelazioni fatte dal generale sovietico comandante dell'esercito di riserva, testé catturato, risulterebbe che la Russia si troverebbe oggi a mal partito in quanto a complementi. Abbonderebbe invece il materiale, ma sarebbe di qualità scadente. Un armistizio con la Russia sovietica si esclude: sarebbe possibile solo con un nuovo regime. La Germania non potrà sferrare quest'anno una grande offensiva sul fronte orientale. L'arma che piegherà gli anglo-sassoni sarà quella subacquea. L'industria bellica è in continuo sviluppo. Armi nuove sono in allestimento o già pronte, come la bocca da fuoco che tira a 200 chilometri e con la quale sarà cannoneggiata Londra. Contro i bombardamenti aerei si reagirà sempre meglio con i caccia, dei quali è in costruzione un numero elevatissimo. Vengono, peraltro, approntati anche molti apparecchi da bombardamento per le future azioni sull'Inghilterra.

Per quanto riguarda la testa di ponte tunisina, si sperava potesse reggere sino a fine aprile. Questo termine è maturato, ma la resistenza continua. Vi si annette molta importanza, sopratutto dal lato strategico.

Nelle recenti conversazioni di Berchtesgaden col Reggente Horthy il Fuhrer (l) ha insistito sulla gravità del pericolo ebraico in Ungheria. E' impressione, peraltro, che il Governo ungherese non farà nulla di radicale per parvi riparo. Non è piaciuto che Horthy non fosse accompagnato da alcun membro del Governo. Ha poi causato molto disappunto al Quartiere Generale la soppressione nel comunicato ungherese sull'incontro di Berchtesgaden della parte relativa alle grandi plutocrazie. Il testo concordato e diramato in Germania parlava di Ungheria accomunata ai suoi alleati nella lotta sino alla vittoria contro il bolscevismo e le plutocrazie. Nel testo pubblicato a Budapest le plutocrazie non sono state nominate.

Infine, potrà interessarvi, Eccellenza, di apprendere come si è espresso a Berchtesgaden l'Ambasciatore von Papen circa l'atteggiamento turco. Agli slovacchi egli ha detto di aver potuto rassicurare pienamente il Fuhrer, il quale potrebbe ora dormire sonni tranquilli per quanto concerne quel settore. Il fatto che i turchi ricevano ed accettino armi ed equipaggiamenti militari dagli anglosassoni non deve preoccupare. Così facendo essi curano gli interessi delle loro forze armate, senza per questo perseguire fini ostili alle Potenze del Tripartito.

Ai tedeschi il Signor von Papen ha detto che la Turchia non intende entrare in guerra e che si può essere sicuri che almeno sino al prossimo autunno il suo territorio non sarà utilizzato dal nemico contro i Paesi del Tripartito.

Due divisioni corazzate tedesche sono state già inviate in Bulgaria.

(l) Manca il numero di protocollo perché il testo del documento è tratto da un telespressodi ritrasmissione all'Ambasciata a Berlino (12/10228 dell'8 maggio 1943).

264

IL RAPPRESENTANTE DEL MINISTERO IN TUNISIA, BOMBIERI, AL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO

L. 03437. Tunisi, 27 aprile 1943 (per. l'11 maggio).

La Tua lettera n. 13/8509/78 (2), senza data, ma che presumo scritta certo oltre un paio di settimane fa, mi è giunta solamente ieri.

Come avrai potuto desumere dai miei telegrammi per corriere e per filo, dal giorno del suo arrivo, Burghiba è stato attentamente seguito in tutti i suoi movimenti.

Purtroppo, dall'8 aprile, la situazione militare è entrata in una fase acuta che ha fatto passare nella vita tunisina in primissima ed esclusiva linea la fase bellica, influendo decisivamente sulla situazione politica.

Di fronte agli avvenimenti, i desturiani si sono divisi in due campi, quello capitanato da Thamer, per una chiara e netta collaborazione con l'Asse, basata sul presupposto che nulla c'è da sperare per il nazionalismo tunisino da una vittoria anglo-nord-americana, la quale servirebbe a dare consolidamento al

«Protettorato Francese»; e il campo opportunistico, capeggiato da Burghiba, che pensa trarre profitto dalla congiuntura, scontando la nostra sconf'itta per far proclamare la decadenza francese fin da ora e mettere i degollisti e girodisti di fronte al fatto compiuto. Perciò Burghiba pensa che egli deve giungere al potere nella qualità di Ministro dell'Istruzione, più la carica di «Primo Ministro Aggiunto», allo scopo di procurarsi una veste governativa per trattare.

Questo spiega il suo atteggiamento fino dall'arrivo, perché ha trovato l'esercito dell'Asse in ritirata dal Sud-Tunisino, serrato nelle teste di ponte di Tunisi e Biserta.

Avendo compreso questo gioco subito l'ho fatto lavorare nel senso di mettergli paura col pericolo cui si esponeva, ricordandogli che dietro le truppe nemiche giungeva anche il suo nemico, Peyrouton, dei cui sentimenti verso di lui era ben sicuro per l'esperienza fattane.

D'altra parte, mi è parso conveniente far ostacolare la sua ascesa al potere, per togliergli un'arma di mano e fargli cadere la convinzione che con questa veste egli avrebbe potuto salvarsi dalle rappresaglie francesi. In questo sono stato aiutato da Rahn, egli pure preoccupato delle conseguenze che nelle attuali circostanze la nomina di Burghiba avrebbe costituito. Rahn ha esercitato pressione sul Residente per indurlo ad un atteggiamento negativo verso la richiesta di Burghiba fatta attraverso il Bey.

E' indubitato che il disegno di Burghiba è seriamente ostacolato dalla parte più intellettuale del partito, come pure dal gruppo del vecchio Destur e dagli elementi distaccati tunisini contrari all'avanzata del partito desturiano che considerano troppo come partito popolare.

Le trattative e gli intrighi sono in una fase acuta in questi giorni di vigilia. Il capo desturiano spera ancora poter arrivare ad ottenere nel prossimo giovedi (giorno della cerimonia del sigillo) la nomina: però le opposizioni sembrano, a quanto mi si riferisce, aumentate tanto che, si dice, anche il Principe Hasin sia ora contrario.

Durante tutto questo tempo il Burghiba ha sempre vissuto a Hammam-Lif, spesso ammalato, rare volte facendo fugacissime apparizioni a Tunisi. Tuttavia attraverso i miei informatori, come pure Dadone, Ermirio e Oggiano ho avuto continui indiretti contatti, diretti sopratutto a persuaderlo della poca convenienza che egli ha di entrare nel Governo e come sia utile per la sua causa lasciare il paese, ritornando in Italia qualora le circostanze lo richiedessero.

Seguendo questa direttiva ho appoggiato incondizionatamente il desiderio di Thamer e di alcuni suoi amici di recarsi in Italia. Oggi finalmente, dopo tanti contrattempi partiranno. Cosi il dissidio prenderà un aspetto visibile, e Burghiba sarà seriamente costretto a riflettere. Non è che egli abbia categoricamente dichiarato ai miei emissari di non voler partire: egli cerca solo guadagnare tempo. Tutto il suo comportamento ad ogni modo palesa il gioco che egli conduce.

Posso assicurarTi che seguo la situazione con la massima attenzione e continuerò a tenere al corrente il Ministero dello svolgimento e che farò ogni sforzo per giungere a portare Burghiba in Italia, magari dovessi fargli balenare la promessa di !asciarlo andare anche a Berlino per incontrarsi col Gran Mufti.

(l) -Vedi DD. 241 e 246. (2) -Vedi D. 235.
265

IL SEGRETARIO GENERALE DELLA LUOGOTENENZA IN ALBANIA, BARBARICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 2727/214 R. Tirana, 28 aprile 1943, ore 17 (per. ore 13,45 del 29).

Presidente del Consiglio mi comunica che in riunione del Consiglio dei Ministri tenuta stamane, il Gabinetto ha deciso dimettersi. Decisione mantenuta per ora segreta, sarà resa ufficiale soltanto dopo arrivo Eccellenza Luogotenente.

È in compilazione lettera del Presidente contenente motivi dimissioni che sarebbero soprattutto da attribuirsi a constatazione mancanza autorità attuale Gabinetto.

266

IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 2731/188-189-190-191 R. Kabul, 28 aprile 1943, ore 17,15 (per. ore 20,50).

Un paio di settimane fa Governo Afghanistan ha colto questa Legazione tedesca in flagrante nei suoi contatti con suoi agenti afghani per informazioni militari dall'India. Non conosco ancora completi dettagli circa misure della flagranza: in data 12 gennaio scorso avevo avvertito per iscritto questo mio collega Germania che una delle persone di cui si serviva suo personale era agente provocatore. Non ha voluto prestare fede al mio avvertimento ed ora è naturalmente molto imbarazzato nei miei riguardi ed io evito di incrudelire. Come risultato afghani hanno sospeso comunicazione giornali politici ed economici nonché altre notizie dall'India a scopo <<chiarificazione dell'incidente>>.

Tesi afghana è che durante conversazioni anno scorso (mio telegramma 424 del 30 luglio scorso) (l) ci avevano avvertito -per la verità specialmente tedeschi -che data quantità di agenti provocatori che sono in giro e che noi non siamo in grado discernere nostre attività dirette a mantenere contatti con tribù o ad avere informazioni di vario genere dall'India potevano dare agli inglesi documenti in mano che giustificavano richiesta allontanamento Legazioni del Tripartito perché svolgenti azione nociva alla sicurezza dell'Impero. Questo significava mettere Afghanistan in pericolo di guerra e ciò contrariamente ai nostri stessi interessi: ci pregavano pertanto di astenerci da ogni attività del genere, Governo Afghanistan impegnandosi dal canto suo a fare il possibile per darci informazioni che gli avremmo richiesto.

Conformemente Vostre istruzioni noi non abbiamo preso verso l'Afghanistan nessun impegno preciso ma come era logico non abbiamo nemmeno detto che non avremmo continuata delicata attività: vi è cioè stato silenzio che ognuna delle due parti interpreta a modo suo. Governo Afghanistan ora dice ai tedeschi: io ho tenuto la mia parte di impegni dand·o tutte le informazioni che mi avete richiesto (il che è anche vero) voi non avete tenuto la vostra continuando attività pericolosa, nelle attuali condizioni, per la sicurezza dell'Afghanistan: non ci aspettavamo da parte Germania simile mancanza di fede e non possiamo quindi continuare collaborare con voi fino a tanto che non ci avrete spiegata e giustificata vostra condotta e non avrete dato assicurazioni per l'avvenire.

Purtroppo non si può non riconoscere che, data interpretazione afghana del silenzio, ragionamento fila.

Questione è: sono gli afghani realmente offesi per mancanza buona fede da parte tedesca, o è pretesto per cessare collaborazione con noi? Se non vi fosse coincidenza con la visita del Signor Carol (mio telegramma n. 192) (l) e sospetti che essa naturalmente mi ha fatto sorgere, non esiterei a pronunciarmi per la prima alternativa dato carattere afghani. Nelle attuali condizioni bisogna attendere sviluppo situazione prima potersi pronunciare. Credo però ancora ad una certa misura almeno di buona fede: che Afghanistan nella situazione generale attuale voglia tenere bene aperta una porta verso gli inglesi accettando con piacere politica benevola inglese è comprensibile, ma non credo che ritengano situazione sufficientemente chiara a nostro svantaggio per volere del tutto rompere i ponti con noi: però specialmente con il Primo Ministro non si sa mai.

Quando mi è stato comunicato quanto precede dagli afghani, avendo essi dichiarato, bontà loro, che la mia condotta era stata correttissima, ho chiesto perché dovevamo allora soffrire noi per una questione che riguardava. soltanto tedeschi e afghani: mi è stato risposto che purtroppo nonostante loro grande amicizia per l'Italia dato che noi eravamo alleati della Germania dovevamo per forza di cose sopportare conseguenze della condotta della Germania. Ho risposto che non potevo condividere loro punto di vista: non volevo entrare in merito fatto se Afghanistan avesse ragione o torto nel lagnarsi dell'atteggiamento della Legazione tedesca ma che Italia e Germania erano alleati ma con due amministrazioni distinte e che quindi trovavo che questo non doveva aver niente da vede~·e con le nostre relazioni con Afghanistan. E salvo ordini contrari di V. E. intenderei continuare su questo tono in forma naturalmente molto amichevole.

Se possibile però mi permetto sottomettere a V. E. opportunità che facciate presente a Berlino come stanno le cose. Ho timore che il Ministro Germania preoccupato coprire sua responsabilità abbia presentato questione a Berlino come pura e semplice canagliata afghana, proponendo sostenere tesi che la Germania come paese belligerante ha diritto di fare quello che ritiene utile a fini del suo sforzo bellico.

V. -:ijì. sa che su buona fede Afghanistan, del Governo attuale e specialmente del Primo Ministro, ho sempre fatto le più ampie riserve: ma ora non è più questione di buona fede: fintantoché inglesi facevano qui i prepotenti era opportuno che in determinate circostanze facessimo voce grossa anche noi, ma oggi inglesi sono diventati melliflui, se noi continuiamo sul tono forte facciamo giuoco inglese e rischiamo di fare precipitare in loro favore situazione che è ancora oggi, ritengo, in bilico. Si aggiunge -e ritengo questo molto importante -che per quanto vi siano qui forti simpatie per noi pure è dominante nell'opinione pubblica desiderio di essere lasciata in pace; se questo Governo mette in giro voce più o meno documentata che noi stiamo svolgendo qui attività pericolosa per la neutralità afghana potrebbe crearsi movimento opinione pubblica a nostro svantaggio tale facilitargli slittamento anche molto considerevole verso Inghilterra.

Soluzione non sarebbe difficile data situazione questa Legazione Germania dove Ministro, che sarebbe persona che capisce, non ha né energia né coraggio controllare «agente segreto». Resmuss ambizioso, divorato dalla smania di fare qualche cosa e di sbancare il Ministro, ma mancante dati essenziali per il suo mestiere cioè discernimento circa persone che gli si propongono come agenti; è questa situazione che qui conoscono... (1). Quindi se Ministro di Germania fosse autorizzato a dire che tutto ciò è stato fatto a sua insaputa, nel caso suo afghani ci crederebbero: basterebbe poi che imponesse per un mese o due tranquillità alla sua sezione segreta e la cosa andrebbe a posto in un tempo ragionevole, se afghani sono in buona fede.

Nostra mediazione potrebbe essere utile: sotto certi riguardi ai nostri fini anche opportuna.

Se invece questo per afghani non è che un pretesto, è evidente che continueranno a battere sulla impossibilità di fidarsi dei tedeschi. Anche in questo caso mi permetterei però raccomandare di evitare per ora maniera forte ossia le parole troppo dure. Se gli afghani vanno slittando verso gli inglesi ciò è, ripeto, esclusivamente a causa impressioni complessive che fanno su loro, pnvi di altre fonti di informazioni, i comunicati: basta quindi che i comunicati cambino per rovesciare situazione a nostro favore; occorrerebbe a mio avviso non togliere agli afghani possibilità ritornare sulle loro decisioni, anche perché non appena situazione generale appaia a noi più favorevole tornerebbe in prima linea triumvirato responsabile per politica più intelligente che negli ultimi mesi.

Tutto il segreto della nostra politica in Afghanistan è di riuscire imbrogliare Primo Ministro: se gli diamo impressione che ai nostri occhi è finito, per salvare sua posizione personale rischierà anche rivoluzione per gettarsi in braccio agli inglesi: se invece gli diamo impressione anche di fronte alle sue più grosse canagliate che crediamo alle sue dichiarazioni, confidiamo amicizia ed alle sue scuse, cercherà mantenere una via aperta anche con noi e fintanto che gli sarà possibile cercherà di non rompere: non è sempre cosa facile imbrogliarlo perché non è un imbecille.

27 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

Mi permetto pregarVi degnare della Vostra considerazione quanto precede; siamo in una situazione delicata che deve essere trattata in maniera delicata. Spero che non sia lontano giorno in cui potremo fare tutto in una volta... (l) vantaggio con questo signore.

Prego in ogni modo voler telegrafare vostro pensiero in proposito.

(l) Vedi serle nona, vol. IX, D. 12.

(l) -T. 2794/192 R. del 29 aprile 1943, ore l, non pubblicato.

(l) Nota dell'Ufficio Cifra: «Due gruppi errati>>.

267

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 28 aprile 1943.

Le informazioni che avevamo nei giorni scorsi raccolte sui recenti colloqui tra il Ftihrer e Horthy (2) ci avevano già indicato che una grave crisi si stava profilando nei rapporti ungaro-tedeschi.

I due documenti qui annessi -e cioè il rapporto segreto n. 540 del R. Ministro a Budapest (3), e il Promemoria rimesso ieri da questo Ministro di Ungheria (4) -dimostrano che siamo in presenza di un vero e proprio urto tra il governo tedesco e il governo del Reggente. Sembra abbastanza chiaro che il governo tedesco esige un mutamento dell'attuale gabinetto e la sostituzione del Signor de Kallay. Né è da escludere che il candidato tedesco alla successione sia il Signor Imredy capo del nazional-socialismo magiaro. Il governo tedesco non ci ha messo al corrente delle sue intenzioni e pare che non abbia finora chiesto al governo ungherese nulla di concreto. Ma il governo ungherese evidentemente si attende delle richieste del genere e nella parte conclusiva del Promemoria presentato ieri è detto:

«Il governo ungherese, né da infondate denunziazioni, né da pressione esterna che prevedibilmene aumenterà, si lascerà fuorviare dalla lineare direzione finora seguita e perfettament conosciuta dal R. governo italiano, dato che nel seguire questa direzione, esso ritiene di servire maggiormente gli interessi del paese e quelli dei suoi alleati.

Il Presidente del Consiglio di Ungheria nutre la speranza che il Capo del governo italiano vorrà dimostrare, anche questa volta, piena comprensione per l'atteggiamento dell'Ungheria, e gli accorderà il suo prezioso appoggio, come nel passato, in tempi critici, Egli ha sempre generosamente fatto:..

Tale richiesta ungherese mette noi in una situazione assai delicata. Noi non possiamo certo disinteressarci dell'Ungheria, ma non possiamo neppure intervenire nel conflitto ungaro-tedesco con un atteggiamento di aperta avversione alla politica tedesca.

Quello che possiamo fare e che sembra nostro interesse di fare è di esercitare i nostri buoni uffici presso gli uni e presso gli altri per evitare un urto tra i due Paesi e facilitare una soluzione. Un governo nazional-socialista in

(-4) Vedi allegato.

Ungheria non avrebbe alcun seguito nel Paese e non è difficile dimostrare alla Germania che non è neanche nel suo interesse gettare l'Ungheria in una crisi che potrebbe provocare un intervento armato e un'ulteriore dispersione di forze. Agli ungheresi non è difftcile dimostrare che essi non possono assumere un atteggiamento di ostilità alla Germania, e dovranno essi stessi collaborare alla ricerca di una via di uscita.

Oggi non è possibile stabilire se la situazione è già tanto grave che un nostro intervento in questo senso sia fruttuoso, ma, a mio avviso, è questo il solo tentativo che possiamo compiere.

Ove Voi, Duce, approviate queste direttive, mi propongo di agire in questo senso nel corso della mia visita a Salisburgo, presso i tedeschi, mentre il Capo di Gabinetto potrebbe informare intanto Mariassy di queste nostre intenzioni, che, anche se non dovessero portare ad alcun risultato, serviranno a dare all'Ungheria la prova del nostro interessamento nel quadro della nostra sincera e provata amicizia per l'Ungheria.

ALLEGATO

LA LEGAZIONE D'UNGHERIA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

PROMEMORIA RR. Roma, 27 aprile 1943.

Il Presidente del Consiglio ungherese ha incaricato il Ministro d'Ungheria a Roma di portare a conoscenza del Capo del Governo italiano le seguenti informazioni sulla visita che l'Altezza Serenissima il Reggente d'Ungheria ha fatto al Cancelliere Hitler.

Il Cancelliere del Reich, in occasione dell'incontro, ha rivolto gravi rimproveri all'A. S. il Reggente, ai quali Egli ha energicamente risposto, smentendo nel modo più categorico le accuse infondate.

Il Cancelliere ha anzitutto esercitato una vivace critica riguardante il comportamento sul fronte russo della «Honvéd » ungherese. Secondo lui, le truppe magiare non hanno combattuto con quella decisione e tenacia ch'egli sarebbe stato in grado di attendere. L'A. S. il Reggente ha invece fatto presente che la « Honvéd » -malgrado ch'essa abbia dovuto difendere un settore sproporzionatamente esteso e che le riserve ripetutamente richieste non siano state messe a sua disposizione dal Comando Generale germanico, -ha tenuto più a lungo le proprie posizioni, che non le truppe schierate sui due fianchi, subendo in conseguenza assai gravi perdite.

Il Cancelliere ha pure obiettato che il Governo ungherese nell'eliminazione degli ebrei non dimostra quella energia che da parte tedesca sarebbe da attendere, e che esso non adopera al riguardo provvedimenti abbastanza radicali. L'A. S. ha ricordato al Cancelliere quale parte d'avanguardia ebbe l'Ungheria nel campo dell'antisemitismo d'istituzione, ed ha dich.iarato che nella questione ebraica, nelle condizioni attuali, non si potrebbero prendere nuove radicali misure senza gravemente minacciare l'ordine sociale e la capacità di produzione del paese, ciò che sarebbe in contrasto cogli interessi della guerra condotta in comune.

Il Cancelliere del Reich ha rivolto dure parole di critica all'operato del Governo ungherese e richiamandosi a delle denunziazioni infondate, nonché in connessione a dei viaggi all'estero di persone private irresponsabili e delle loro pretese dichiarazioni, ha formulato gravi capi d'accusa contro di esso. Egli ha se.gnatamente affermato che il Governo ungherese:

l) non commette tutto nel campo economico per l'interesse del comune sforzo bellico;

2) tende continuamente a diminuire la partecipazione militare dell'Ungheria;

3) cerca di prendere contatto con gli anglosassoni a mezzo di diversi emissari stranieri;

4) non nutrendo esso stesso fiducia nella vittoria delle Potenze del Patto Tripartito, diffonde un'atmosfera di disfattismo nel paese.

L'A. S. il Reggente ha reiteratamente e marcatamente dichiarato, che il Presidente del Consiglio ungherese ha la sua piena fiducia, poi ha smentito dettagliatamente le affermazioni del Cancelliere.

ad l) L'industria ungherese eseguisce il maggiore numero di ore lavorative per i tedeschi. All'ulteriore aumento della produzione industriale ungherese mettono limiti soltanto il completamento del materiale bellico magiaro perduto in Russia, la mancanza di materie prime e di mano d'opera, nonché le spedizioni in ritardo delle macchine utensili tedesche. L'A. S. si è riferito ai cattivi raccolti, alla razione di pane più bassa d'Europa, infine al fatto che l'Ungheria finora si è incaricata di finanziare 1121 milioni di marchi tedeschi nella circolazione monetaria del paese.

ad 2) L'A. S. il Reggente ha fatto presente al Cancelliere del Reich, che sul fronte russo, la maggiore parte dell'armamento moderno della «Honvéd », realizzato in appena 5-6 anni, con enormi sacrifizi, è andata perduta, mentre i completamenti da parte germanica promessi, non sono arrivati. Il Governo ungherese deve naturalmente provvedere anche alla difesa dei confini del paese, dato che oltre ai nemici, pure i suoi vicini minacciano l'Ungheria. Finché, quindi, le frontiere non saranno dovutamente garantite, non si potrà parlare d'impiegare la « Honvéd » oltre i confini del paese.

ad 3) Il Cancelliere, per sommi capi, ha voluto tratteggiare il comportamento in Turchia dei professori universitari Szentgyorgyi e Mészàros, secondo quanto conteneva il noto radio-discorso di Benes, affermando che essi agivano per incarico del Governo. Contrariamente, il fatto è, che le suddette persone non hanno ricevuto nessun incarico. In considerazione della loro importanza scientifica, il Governo non ha impedito che il Premio Nobel Szentgyorgyi, su invito dell'Università d'Istanbul, e il noto turcologo Mészàros, già ordinario all'Università di Costantinopoli, si rechino in Turchia. L'A. s. ha richiamato l'attenzione del Cancelliere sulla circostanza, di quale enorme apparato di propaganda si servono i romeni in Svizzera e altrove.

ad 4) L'A. S. ha menzionato al Cancelliere Hitler, quali sforzi aveva compiuto l'attuale Presidente del Consiglio ungherese per rendere popolare la guerra. Egli ha rilevato che sull'opinione pubblica ungherese produce un effetto opprimente il fatto che, mentre per gli interessi delle Potenze dell'Asse, ogni mossa revisionista magiara è proibita, i vicini dell'Ungheria, che tuttora usufruiscono della sua mutilazione perpetrata nel 1919, conducono contro di essa continuamente propaganda revisionista, presentando le cose davanti agli alleati, gli stati neutrali e perfino l'opinione pubblica nemica, come se fossero stati essi mutilati dalle Potenze dell'Asse, a favore dell'Ungheria. Poichè la Germania, malgrado i ripetuti richiami ungheresi, non agisce in nessun modo contro tale atteggiamento, è comprensibile che il popolo ungherese si preoccupi per il proprio avvenire e cominci a perdere la sua fede nella tesi, che la vittoria delle Potenze dell'Asse sarebbe per esso vantaggiosa.

Dei desideri concreti, da parte tedesca, non sono stati avanzati in nessun campo e il Governo ungherese non ha assunto nuovi obblighi di nessun genere.

Il Governo ungherese, nè da infondate denunziazioni, nè da pressione esterna che prevedibilmente aumenterà, si lascerà fuorviare dalla lineare direzione finora seguita e perfettamente conosciuta dal R. Governo italiano, dato che nel seguire questa direzione, esso ritiene di servire maggiormente gli interessi del paese e quelli dei suoi alleati.

Il Presidente del Consiglio d'Ungheria nutre la speranza che il Capo del Governo italiano vorrà dimostrare, anche questa volta, piena comprensione per l'atteggiamento dell'Ungheria, e gli accorderà il suo prezioso appoggio, come nel passato, in tempi critici, Egli ha sempre generosamente fatto.

(l) -Nota dell'Ufficio Cifra: «Gruppo indecifraùlle ». (2) -Vedi DD. 241 e 246. (3) -Non rinvenuto.
268

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA, E AL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO

TELESPR. S.RR. 1/2277 (Ankara) 2278 (Budapest). Roma, 28 aprile 1~43.

È stata recentemente segnalata -da si,cura fonte confidenziale -la presenza a Stambul di tale Prof. Vali Ferenc, ungherese, avvocato e insegnante di diritto internazionale.

Il predetto avrebbe preso contatto con alcuni esponenti americani e inglesi, tra cui l'Ambasciatore Hugessen e il Capo del Servizio Informazioni britannico a Stambul.

Il Governo ungherese non sarebbe stato a conoscenza di tale iniziativa sul cui effettivo contenuto non risultano precisi elementi. Prego fornire ogni utile informazione sul conto del Prof. Vali, controllando anche possibilmente il fondamento della segnalazione di cui trattasi (1).

269

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

R. s. 1955/678. Bucarest, 28 aprile 1943 (2).

I colloqui di Berchtesgaden, che in qualche momento debbono esser stati caratterizza,ti da una tempestosa irruenza, hanno provocato violente reazioni emotive nell'animo di ambedue gli Antonescu. Certamente, per un istante, il più giovane ha pensato a dimettersi dal governo.

Il prof. Antonescu ama il potere con giovanile esuberanza, ma negli ultimi mesi egli aveva cominciato a manifestare segni di stanchezza ed anche d'impazienza per l'aspra e quotidiana fatica che deve sostenere su due fronti: dinanzi a Banche e servizi tecnici, ai quali deve strappare -sovente dopo dure resistenze -prestazioni non sempre compensate e dinanzi ad alleati che considerano queste prestazioni come inadeguate. Queste difficoltà amministrative e lo stato d'animo generale del paese avevano già logorato la resistenza nervosa del Presidente del Consiglio, quando è sopraggiunta la crisi di Berchtesgaden, qui amplificata da certi ambienti come ho segnalato nei miei telegrammi. I due Antonescu hanno vissuto ore angosciose e di intimo tormento tra venerdì 16 e sabato 17, ma le insistenze del Maresciallo hanno finito col vincere le resistenze del Primo Ministro, il quale si è deciso a non abbandonare l'amico alla vigilia del viaggio a Roma, al quale i Sovrani, il Conducator e tutti i Romeni consapevoli della gravità dell'ora annettono una speciale importanza.

Oggi la situazione appare tornata allo status quo ante; ed anche il mio collega tedesco è convinto che il Conducator non lascerà cadere MicheLe Antonescu, e ciò -a suo modo di v.edere -per due ragioni che mi ha voluto confidare: l) perché il Conducator non si lascia imporre le determinazioni da adottare; 2) perché tra i due Antonescu corrono legami personali così antichi e così intimi che è ben difficile scinderli.

A queste ragioni, a mio parere, se ne può aggiungere una terza, che cioè negli ultimi giorni la popolarità del prof. Antonescu è indubbiamente aumentata.

Non è certo il caso di sopravalutare la persona o i meriti di Michele Antonescu, ma, quali che possano essere le sue qualità o i suoi difetti, sta di fatto che il binomio Antonescu rappresenta l'estremo limite della collaborazione consenziente della Romania con l'Asse, e che ridotto ad uno solo dei suoi termini, e precisamente a quello militare, non si vede come esso potrebbe attuarsi e funzionare. Perché il Maresciallo è un valoroso soldato ed un ufficiale di stato maggiore, ricco di scienza ed esperienza, ma non un uomo di governo; ed è appunto il più giovane collaboratore quello che innesta il fattore militare nell'apparato amministrativo, e concilia il temperamento del Maresciallo con le esigenze del governo civile. Ciò avviene attraverso difficoltà ed anche urti dovuti ai diversi temperamenti ed a fattori estranei che su ambedue influiscono, ma difficoltà ed urti sempre finiscono col comporsi nella convivenza domestica ed in una calda atmosfera di fraterno affetto. Così il Maresciallo trova nell'energia, nella formidabile memoria e nella capacità di lavoro del giovane presidente il mezzo necessario per dominare la macchina governativa, mentre al presidente in definitiva mai vengono a mancare la simpatia e il sostegno del Maresciallo. In qualche ambiente si era calcolato che il grave dissenso apertosi recentemente tra il Sovrano e il Conducator a proposito del Maresciallo di Corte avesse alienato al Presidente del Consiglio, che si era schierato dalla parte del Sovrano, l'animo del suo amico, ma i postumi dei colloqui di Berchtesgaden hanno dimostrato che il calcolo era errato.

Indubbiamente non mancano personalità politiche romene più mature e

più versate nell'arte di governo di quello che possa essere Michele Antonescu.

Negli scorsi giorni, in ambienti commerciali tedeschi, si sono fatti nomi (Can

cicov, Caranfil...) che innegabilmente, qualora guadagnati all'idea della colla

borazione, rappresenterebbero un notevole apporto di forza e di capacità, ma

chi conosce bene quelle persone esclude a priori che se ne possa ottenere la

collaborazione. Per altri che da anni attendono impazientemente il ritorno al

governo, e che lo accetterebbero a qualsiasi condizione, si può dire o che non

sarebbero graditi al Maresciallo o che non riuscirebbero a convivere con lui.

Il carattere del Conducator è complesso e il suo temperamento può riservare

delle sorprese: molti sono coloro i quali credono che l'allontanamento di Michele

Antonescu sarebbe soltanto la prefazione di una ben più grave crisi imperniata

intorno alla persona del Maresciallo e nella quale la collaborazione consen

ziente della Romania potrebbe anche dar luogo alla collaborazione forzata.

Ritengo che quest'opinione sia fondata.

Quanto precede vale nel piano della situazione interna romena e della

collaborazione generale con le potenze dell'Asse. Per quanto concerne le relazioni

italo-romene, posso dire che Michele Antonescu ha seguito una politica di

amicizia e collaborazione con l'Ital1a, e con tenacia e chiarezza di propositi ha cercato l'avvicinamento a noi in tutti i campi, diplomatico, culturale ed economico. In questa ricerca nulla l'ha scoraggiato. La sua «italofilia ~ si differenzia da quella -pll!ramente verbale e letteraria -di tanti altri uomini politici romeni oggi in aspettativa, perché basata sopra un calcolo sincero dell'interesse del paese. Egli considera come ·chiuso quel capitolo di storia durante il quale la Romania, paese non slavo serrato tra Slavi e Magiari, alimentava la sua romanità nella cultura e nelle ideologie francesi. E poiché, d'altra parte, è convinto che il paese non può vivere in un'autarchia spirituale, deliberatamente egli vuole orientarlo verso Roma. Il recente accordo culturale con noi concluso, e che alla nostra lingua e alla nostra cultura offre tante possibilità, è l'espressione del pensiero e dell'indirizzo di Michele Antonescu su questo punto. Ma il Presidente si preoccupa anche dèll'equilibrio economico e politico della Romania in seno alla nuova EU!ropa, e lo persegue con una politica nella quale la collabora7lione con Roma compens-i ed equill:bri quella con Berlino. Egli vede l'avvenire del suo paese in un'intesa paritetica con le due potenze dell'Asse, ed auspica una penetrazione del capitale italiano in Romania.

Mosso da ferma fede nel genio politico del Duce, da molti mesi Antonescu considera il viaggio a Roma come una meta della sua politica e confida ch'esso possa aprire una nuova era nelle relazioni tra i due paesi. Molto lusingato dalle espressioni tanto riguardose e cortesi con le quali gli si sono volute spi·egare le ragioni del rinvio, Antonescu attende con fiduciosa impazienza la nuova data che gli verrà fissata (1).

(l) -Per la risposta di Guariglia, vedi D. 350, e per quella di Anfuso, vedi D. 336. (2) -Manca l'indicazione della data d! arrivo.
270

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 13062/283 P.R. Tokio, 29 aprile 1943, ore 7 (per. ore 18).

Nomina Tani Ambasciatore del Giappone a Nanchino era nelle generali previsioni come naturale completamento di quella di Shigemitsu a Ministro Affari Esteri. Tani, dati i suoi legami cogli ambienti militari, potrà adattarsi alle idee dì questi meglio del suo predecessore, direttive e metodi. A sua volta Shigemitsu potrà meglio coadiuvare Tojo a fronteggiare gli insoddisfatti della politica del Governo. Tuttavia nomina Tani non è avvenuta senza contrasti. Ambienti parlamentari, econom'iici e la stessa Marina gli sono stati contrari. Volontà dei militari ha prevalso. Ha messo in luce peraltro correnti che rendono sempre più difficile azione del Governo di Tojo.

Telegrafato Roma e Shanghai.

(1) Il presente documento reca Il visto di Mussolinl.

271

COLLOQUIO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI TEDESCO, RIBBENTROP

VERBALE. Castello di Klessheim, 29 aprile 1943, mattina.

Il Ministro von Ribbentrop informa che l'improvviso invito rivolto all'Eccellenza Bastianini è stato occasionato da notizie pervenute dalla Francia secondo le quali Pétain si accingerebbe a rimandare Laval. In presenza di tali notizie il Fuhrer ha deciso di chiamare Laval a conferire.

Pétain è notoriamente circondato da un gruppo di intriganti contrari a Laval e data la sua età molto avanzata deve ritenersi facilmente influenzabile. Ribbentrop, personalmente, lo ritiene una « vecchia volpe » e, per quanto non possa provarlo, è sicuro che era al corrente dei progetti di invasione dell'Africa del nord. Sembra accertato, anche in base a segnalazioni confidenziali di Laval, che, attraverso suoi intermeldiari in Svizzera, egli intratterrebbe rapporti con Giraud. Ribbentrop pertanto ritiene di non potersi fidare del Maresciallo il quale potrebbe all'improvviso decidere di licenziare Laval.

D'altra parte Laval si è dimostrato l'uomo più utile ai fini perseguiti dall'Asse. Egli è un uomo di indubbia capacità ed è convinto che solo la vittoria dell'Asse può salvaguardare la Francia dal bolscevismo. Oggi Laval si trova definitivamente impegnato e compromesso nella sua attuale politica nei riguardi del Reich. Egli si è dimostrato in grado di mantenere la Francia nell'ordine e di farle proseguire la collaborazione che attualmente essa presta nel campo delle forniture di guerra Egli è pertanto il miglior uomo che si possa desiderare e bisogna quindi fare quanto può occorrere per mantenerlo nelle sue attuali funzioni e possibilità ed evitare ad ogni costo che egli venga sostituito.

A tal fine il Fiihrer ha scritto a Pétalin una lettera che è stata rimessa

al Maresciallo stamane; in tale lettera, della quale Ribbentrop rimette copia

all'Eccellenza Bastianini (1), il Fiihrer di,chiara che allo scopo di evitare qual

siasi malinteso egli ritiene suo dovere rendere noto a Pétain che non intende

lasciare compromettere nuovamente la prosecuzione della politica di collabo

razione della Francia, con lui alleata, ed esprime la convinzione che il Mare

sciallo non vorrà prestarsi a manovre che mirano a indurlo a sostituire l'attuale

Capo del Governo.

Ribbentrop ritiene che dopo avere ricevuto tale lettera Pétain non oserà

andare oltre nell'esecuzione dei suoi progetti, e che da ora in poi si manterrà

più guardingo. Nonostante le notiz~e poco rassicuranti ri'cevute sul suo conto

egli ritiene che sia preferibile, almeno per ora, che Pétain rimanga nelle sue

funzioni. Egli infatti non crede che si debba dare eccessiva importanza ai

contatti di Pétain col nemico, e che per ora basta mantenerlo sotto sorveglianza.

Ciò permetterà anche di raccogliere frattanto elementi per giustificare even

tualmente un giorno la sua sostituzione. Se d'altra parte in futuro si il"itenesse

opportuno di renderlo del tutto inoffensivo, si potrebbe sempre metterlo al sicuro sotto il pretesto che gli inglesi intendono assassinarlo, ma ciò appare ancora prematuro. L'uni·ca preoccupazione nei suoi riguardi deve essere quella di sorvegliarlo strettamente per impedire ad ogni costo che egli possa lasciare la Francia e prestarsi all'estero a rafforzare le mene dei francesi dissidenti.

Ribbentrop afferma che ciò che ora preme è rafforzare la posizione di Laval. La posizione di Lavai è notoriamente molto delicata. Senza che egli lo sappia Ribbentrop ha disposto che egli venga mantenuto, in forma non appariscente, sotto sorveglianza della polizia germanica al fine di proteggerlo dal pericolo di un nuovo attentato. Informa che Lavai ha avuto ultimamente alcuni colloqui col Rappresentante germanico a Vicchy, e ritiene che ne avrà avuti anche col Rappresentante italiano (1). In tali colloqui Lavai ha manifestato il desiderio che si faceta qualche cosa per migliorare la sua posizione di fronte all'opinione pubblica francese, mediante alcune dichiarazioni rassicuranti sull'avvenire della Francia e la concessione di qualche agevolazione nel regime di occupazione. Ribbentrop ritiene che nell'attuale situazione non si possano accogliere siffatte richieste. Anche salvaguardando opportunamente le rivendicazioni che l'Italia avanza sulla Tunisia, sulla CorsLca e su Nizza, e che dovranno ad ogni costo essere soddisfatte, ritiene che non sia possibile né prudente fare dichiarazioni nel senso richiesto dal Laval. Quanto alle agevolazioni, ritiene, anche in base a recenti esperienze, che qualsiasi concessione avrebbe solo per conseguenza di provocare altre richieste e di aumentare le esigenze francesi e che quindi occorre andare molto cautamente.

D'altra parte l'Asse si trova di fronte alla Francia in una situazione particolarmente solida che conviene considerar·e con realismo. La Francia è vinta, occupata, strettamente controllata. Essa è governata da un uomo che ormai è compromesso definitivamente in una poliU.ca di collaborazione ad oltranza, e l'O!I"dine vi è tutelato da una polizia la quale pure si è ormai seriamente impegnata nella lotta contro il bolscevismo. Tutto ciò ha avuto, secondo lui, per conseguenza di mantenere fino ad oggi il 90% dei francesi nell'« attentismo », mentre solo il 5% sarebbe apertamente degaullista e il 5 % per Laval.

Ribbentrop è d'avviso che occorra appUcarsi alla conservazione di tale situazione che offre una base particolarmente solida, e che a tale fine deve, a rigore, bastare di accordare di tanto in tanto qualche pi'ccola agevolazione. Alle richi·este di La val si potrà rispondere che ciò che ora importa è vincere il bolscevismo, scrucciare l'invasore dalle ·colonie francesi e prevenire opportunamente ulteriori tentativi di invasione. È probabile che Lavai oggi chieda che si rinunzi alla istituzione della linea di demarcazione del Rodano e che accenni alle manifestazioni che dovrebbero aver luogo in Italia per Nizza e ad un progetto di marcia su Nizza del quale si parlerebbe in Italia. Ritiene che potrebbe prendersi in esame la possibilità di accontentarlo per quanto concerne la linea del Rodano, e di fronte alla espressione di sorpresa assunta dall'Eccellenza Bastianini riguardo alle allusioni relative a Nizza, Ribbentrop esprime l'avviso che su quest'ultimo argomento si potrebbe dire a Lavai che è cosa che non interessa né la Germania né la Francia.

{l) Si veda, in effetti, D. 231.

Ribbentrop dice infine che va tenuto presente che .Lavai ha già a suo

tempo tentato di giocare con Ciano su supposte PQssibilità di contrasto tra

le Potenze dell'Asse, e pensa che sarà opportuno dargli la precisa s·ensazione che

l'Italia ed il Reich sono pieitlamente d'accordo.

L'Ec·cellenza Bastianini riassume brevemente le comunicazioni fatte [d]a von Ribbentrop e dichiara di condividere il punto di vista manifestatogli. Egli pure ritiene che Lavai ha fatto quanto era in suo potere per mantenere l'ordine e spianare le difficoltà, e che sarebbe molto difficile trovare un'altra persona disposta a seguire tale linea e capace di dare le stesse garanzie per l'avvenire. Pensa che la lettera del Fiihrer a Pétain produrrà l'effetto desiderato, e condivide il parere che sarebbe opportuno dichiarare a Lavai che ha l'appoggio delle Potenze dell'Asse, ma che non si possano .fare per ora dkhiarazioni impegnative e dettagliate sulla situazione che sarà riservata alla Francia nell'ordine nuovo. Tutti i popoli hanno il destino che si meritano, la Francia ha avuto la sorte che si è meritata e deve ancora meritare che si pensi noi al suo avvenire, visto che essa Io intravede piuttosto dalla parte dei nostri nemici e non dà prova di comprendere la propria situazione. I francesi non ci amano, essi sono nella quasi totalità contrari alla Germania e all'Italia. Attraverso la loro condotta dimostrano di aver dimenticato di essere stç~,ti sconfitti e di non essere 'Consci di trovarsi in regime di occupazione. E non sembrano infatti convinti che l'egemonia francese è finita. Dichiara che tale è il pensiero del Duce come Ribbentrop avrà del resto già rilevato dai colloqui avuti nello scorso anno con il Ministro Ciano (l).

Quanto alla questione della linea del Rodano, egli non ha avuto occasione di approfondirla. Gli risulta tuttavia che i militari ritengono necessarie, specialmente a difesa contro lo spionaggio, quelle misure che sono state adottate, a richiesta del resto delle Autorità Germaniche in Francia.

Ribbentrop ;ritiene che non v'è linea che possa ostacolare lo spionaggio. Gli risulta che abbiamo stabilito un sistema di controllo a mezzo di carabinieri e che questi assolverebbero bene il loro compito. Non potranno tuttavia imped'ire il passaggLo di spie. Egli chiarisce che comunque non alludeva a tale nostro sistema di controllo parlando della possibilità di agevolare Lavai nella questione della linea del Rodano, bensì al progetto del comando tedesco di istituire una propria linea e di subordinare ad una speciale carta di passagg.io il transito attraverso di essa. Tale progetto non avr·ebbe a che fare con le esigenze italiane, e Ribbentrop ritiene che da parte tedesca si potrebbe in qualche modo transigere su di esse per venire incontro alle richieste di Lavai.

L'argomento non dovrebbe quindi fare oggetto di discussione con noi, potendo darsi soddisfazione a Lavai senza che da parte italiana occorra innovare .in nulla.

L'Ec·c. Bastianini, conoscendo le idee di Lavai e sapendo che la stampa francese, dopo i recenti incontri Lavai-germanici, ha insistito sulla necessità che si venga incontro alla Francia, si domanda che cosa si potrà accordare a Lavai per rafforzarne la situazione. Egli ritiene d'altra parte che la lettera del Fiihrer è destinata a recare già un valido contributo a tal fine.

Von Ribbentrop condivide il parere che poco altro possa farsi a suo favore. Un comunicato dovrebbe necessariamente essere molto vago e ~IUindi ben poco potrebbe giovare a Laval. D'altra parte non v'è dichiarazione che possa cambia~e la situazione interna della Francia. Se il 50% dei francesi fossero lealmente disposti a concludere una pace definitiva sarebbe un'altra cosa, ma nella situazione attuale ogni impegno assunto v.erso la Francia sarebbe inutile e probabilmente dannoso.

Passando all'esame di altri argomenti, von Ribbentrop informa che la recentissima conversazione del Poglavnik col Ftihrer ha avuto un carattere amichevole e promette che ne farà avere un resoconto (1).

Quanto alla Romania, egli ringrazia per le « chiare decisioni » che abbiamo adottato nei riguardi di Mihail Antonescu. Questi ha assunto un atteggiamento per noi gravemente pregiudizievole. Il Generale Mufioz Grande lo ha informato ultimamente che le ~ecenti manifestazioni dei diplomatici romeni in Spagna (2) hanno prodotto colà una «impressione catastrofica» nei riguardi delle Potenze dell'Asse, che sono state descritte come sfiduciate e desiderose di giungere ad una pace qualsiasi. È quindi indispensabile che Antonescu se ne vada..D'altra parte egli non ritiene opportuno svolgere pressioni dirette a Bucarest per la sua sostituzione e crede per ora sufficiente che si eviti che Antornescu .possa sfruttare un invito de,l Governo italiano ;per pretendere di godere ancora la fiducia delle Potenze dell'Asse.

L'Eccellenza Bastianini informa che Antonescu ha dichiarato al Ministro Bova Scoppa che intendeva smentire le accuse manife'state a suo carico dal Ftihrer al Conducator e affocmare che al contrado, egli è del tutto e ·incondiziOinatamente favorevole alle Potenze .dell'Asse. Che se qualche suo collabo·ratore aveva mancato, sarebbe stato ·richiamato all'ordine. Che av.eva potuto dimostrare che le accuse a suo carico erano infondate e che il Conducator aveva scritto al Fuhrer in tale senso.

Von Ribbentrop infocma che nulla è pervenuto da parte del Conducator e assicura che le sue notizie sugli intrighi di Antonescu s01no fondate su prove di assoluta certezza.

Ribbentrop, a richiesta dell'EcceUenza Bastianini, risponde che non sa se il Conducator abbia già deciso la sostituzione di ,A.ntones.cu, ma ritiene che

...

questi non potrà i!D. .al'cun modo rimanere al suo ,posto. Egli pensa che sarebbe comunque prudente che nei suoi confronti mantenessimo l'atteggiamento da noi ultimamente assunto (3), per evitare di complicare la situazione del Conducator cogli intrighi che Antonescu potrebbe impostare sopra una sua visita a Roma.

l

L'Eccellenza Bastianini r·iocorda di avere portato a conoscenza dell'Ambasciatore Mackensen la notizia, riferitagli dal Ministro Bova Scappa, che il Condu'Cator si era trovato neUa necessità di mettere bruscamente alla porta i parlamentari romeni che egli aveva creduto di cOIIlsultare, e ciò per le di'chia

razioni eontrarie alla sua politiea estera ed interna che essi avevano fatto e per i programmi inattuabili e inammissibili che gli avevano proposto. A seguito di tali notizie egli ritiene .che la permanenza di Antonescu possa prolungarsi ancora per pa·recchio tempo date le diffi'coltà di trovar.gli un successore.

Passando all'Ungheria l'Ec·cellenza Ba;stianini riferis'ce che il Duce lo ha incaricato di far sapere al Ftihrer che si propone di seguire con attenzione l'atteggiamento del Governo unghNese e di fare quanto gli è possibile per stimolarne la collaborazione ccm le Potenze dell'Asse. Egli sa che il Governo del Rei,ch si è espresso sfavorevolmente sulla politica di Kallay. Il Ftihr·er .conosce il pensiero del Duce sulla situazione e sugli uomini politici dell'Ungheria. Poiché non è per il ,momento possibile cambiare questi né la situazione so'cia1e del Paese di cui sono l'espressione, occorre tollerare entro certi limiti quella politica parlamentaristica alla quale si ispirano.

Horthy avrebbe molte difficoltà a sostituire utilmente Kallay in questo momento da'to che Imredy e gli altri uomini politi'Ci più vicini alla nostra concezione politi-ca e sociale non riscuoterebbero attualmente la fi:ducia del Paese ed av·rebbero s·carse possibilità di servire utilmente la causa.

Un eventuale cambiamento di Kallay dovrebbe quindi esser.e imposto al Paese col1a forza, il che nelle attuali circostanze non appare consigliabile.

Il Duce si propone di reiterare all'Ungheria delle parole ferme. Al Presidente Kallay il Duce del resto ha già detto nello scorso mese (l) che per il momento quello che più importa è di prosegui·re a fondo la guerra e il Ministro Mariassy gli ha recentemente confermato la ferma decisione dell'Ungheria di continuar·e la guerra fino alla vittoria.

Von Ribbentrop ringrazia per tali dichiaraziolni e informa che infatti nel frattempQ non ha appreso null'altro di sfavorevole sul conto degli ungheresi. I fatti da lui esposti in occasione dell'ultima visita dell'Eccellenza Bastianini sono però documentati in maniera molto seria. Horthy ha frattanto promesso al Fiihrer che verificherà quaJnto gli è stato segnalato e gli scriverà. Finora nulla è pervenuto. Appena egli saprà qualcosa di nuovo al riguardo lo farà sapere all'Eccellenza Bastianini (2).

(l) Non pubblicata. Il testo è in Akten zur Deutschen Auswartigen Politik, 1918-1945, vol. v. cit., D. 353.

(l) Vedi serie nona, vol. VII, D. 845.

(l) -Il resoconto del colloquio Hitler-Pavellé, consegnato a Bastianini, consisteva nel verbale steso da Schmidt con la soppressione di parole e periodi. È pubblicato, anche con l'indicazione di tali soppressioni, in Akten zur Deutschen Auswiirtigen Politik, 1918-1945, vol. V,· cit., D. 347. (2) -Vedi D. 148. (3) -Vedi D. 258.
272

COLLOQUIO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, CON IL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER, E CON IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO FRANCESE, LAVAL

VERBALE. Berchtesgaden, 29 aprile 1943.

Il Ftihrer ha preso la parola ed ha parlato per oltre un'ora esprimendo in forma vibrata e spesso concitata il suo vivo malcontento per ta1une manifestazioni di insofferenza e di incomprensione che continuano a verificarsi da

parte della Francia, le quali sembrano avere un riflesso assai importante nell'entourage del Maresciallo Pétain e anche nell'atteggiamento di questi. Riconosceva che da parte del Signor Lavai si fa·cevano sforzi considerevoli per fare riconosceTe .ai francesi la realtà della situazi·one e ricondurli ad una valut;azione esatta degli avvenimenti passati e presenti, ma non vi era dubbio che egli non avrebbe tollerato in nessuna maniera un atteggiamento della Francia contrario agli interessi della Germania e dell'Italia.

Il Signor Lavai poteva assicurare .che da parte sua nulla si risparmiava per condmre i francesi a considerare che era loro interesse stabilire con la Germania e con l'Italia una collaborazione effettiva. Rirconoscendo che a una tale concezione degli interessi francesi moltissimi nel suo Paese si manifestano in pratica contrari, .faceva però notare che qualche cosa i suoi sforzi avevano prodotto. Molto di più egli riteneva si sarebbe potuto raggiungere qualora da parte delle due Potenze si fosse venuti maggiormente in suo aiuto, fornendogli argomenti decisivi riguardanti l'avvenire della Francia, tali da vincere le resistenze che egli trovava, le quali erano alimentate dalla propaganda anglo-americana. Una dli:chiarazione precisa su quello che sarebbe stato il ruolo della FTancia nella nuova Europa, tale da invogliare i franèesi a contribuire alLa creazione del Nuovo Ordine, gli sembrava necessaria per stabilire una reale collaborazione tra la Francia, la Germania e l'Italia. La Francia è un grande Paese che non può rinunciare alle sue tradizioni e questo egli ritiene convenga sia dichiarato in una maniera precisa se si vuole che in Francia l'opinione pubblica si volga a comprendere e ad approvare una politica di collaborazione con la Germania e con l'Italia. La Francia non può soJJporta·re umiliazioni.

Nel prendere la parola, dopo quanto aveva detto il Fiihrer e dopo che egli aveva sottolineato la generosità della quale la GermanLa e l'Ita1ia avevano dato prova nei confronti della Francia nel momento della sua disfatta militare, ho detto che mi pareva del tutto fuori tempo 1a dichiarazione che il Signor Lavai richiedeva, con la quale già fin da ora la Germania e l'Italia si impegnassero in maniera precisa e dettagliata a riconoscere la posizione che dovrebbe avere la Francia nella nuova Europa. Questa sorgerà soltanto dagli immensi sacrifici ·che la Germania e l'Italia sopportano con la 1colla:borazione dei loro alleati, sa;crifici che la grandissima maggioranza dei francesi ignora o non vuole riconoscere e non mostra in alcun modo di apprezzare. Gli sforzi del Signor Lavai che io riconoscevo, davano scarsi risultati perché si urtavano contro la convinzione dei francesi che l'avvenire del loro Paese non debba essere assicurato daUa Germania e dall'Italia, ma dai nemici dell'A:sse con i quali i francesi, ralmeno nella loro grande maggioranza, spiritualmente collaborano. Se la Francia non si ~considera battuta milita·rme.nte, come ogni francese ama ripetere, è perché da parte del Fiihrer e dei Duce fu usata nei suoi confronti la più larga generosità. Non sapevo perciò a che cosa volesse riferirsi il Presidente Lavai adoperando la parola 'Umiliazioni e dichiarando che la Francia non ne avrebbe sopportate. La Francia non sopporta che le umiliazioni che si è inflitte essa stessa, come quella di avere mancato ad un armistizio che non le era stato imposto ma era stato invece negoziato, come quella di essersi privata rcon le sue mani della sua flotta della quale né la Germania né l'Italia

avevano preteso la consegna, come quella di aver perduto il suo impero coloniale per opera di Generali e Ammiragli francesi passati a'l nemico tradendo la loro parola. Di tali umiliazioni la Francia non può rimproverare che se stessa e il lo·ro peso non può essere alleviato da una dilchiarazione sull'avvenire della Francia, che uscisse dalla riunione alla quale prendevo parte.

Il Presidente Lavai riconferma il suo punto di vista che egli è 'dell'opinione che la politica non debba essere messa da parte nei 'confronti della Francia. Egli crede alle capacità della Germania e dell'Italia di 1!ostituire la nuova Europa e vorrebbe collaborare a questo sforzo. Non si può chiedere alla Francia di lavorare nell'ignoto del suo destino. Lavai ha b~sogno di qualche cosa di concreto per poter 'dire ai suoi connazionali che la Francia avrà 'domani una posizione corrispondente al suo passato e questo fa:ciliterà il compito che egli si è assunto in Francia, il quale gli procura molte amarezze.

Il Fiihrer ribadisce ancora una volta i concetti espressi da lui, confermando il suo pieno accordo nel punto di vista del Sottosegretario agli Affari Esteri italiano.

Von Ribbentrop aggiunge essere tanto esatto che i francesi non si considerano battuti che perfino il Signor de Brinon ebbe a dirgli recentemente che la Francia non era e non si considerava battuta militarmente perché era stata tradita dal regime parlamentare e da un gruppo di uomini rappresentativi di questo.

Il Presidente Lavai torna ad insistere per una dichia·razione esplicita, facendo presente che altrimenti il suo lavoro verrebbe a trovare ostacoli sempre più difficili. Egli si domandava per esempio con quali argomenti potrebbe convincere gli operai di Tolone a dedicarsi con energia alla ripara:z,ione delle navi francesi che venivano risollevate dal fondo della baia a 'Cura della Marina italiana, una volta che queste navi invece di ritornare alla Francia dovevano essere messe a disposizione dell'Italia. Egli chiedeva pertanto, come aveva già fatto presente alle autorità militari italiane, che gli si consentisse di ricostituire, sia· pure simbolicamente, una Marina da guerra francese composta delle navi utilizzabili a Tolone.

Il Fiihrer ritSponde ironicamente che egli avrebbe proposto al Duce, in tal caso, di ordinare una catena ·capace di incatenare queste navi appartenenti alla flotta simbolica, con la quale egli avrebbe potuto avere la sicurezza che esse non si sarebbero né autoaffondate né messe al seguito della flotta inglese nel Mediterraneo. Egli aggiungeva che del resto questa era una questione che non riguardava la Germania che non è una Potenza mediterranea e che quindi una tale richiesta doveva essere se mai indirizzata a Roma.

Ripetendo al Prestdente Lavai che egli apprezzava gli .sforzi da lui compiuti finora e che aveva creduto di aver rafforzato la sua posizione con una lettera da lui inviata quel giorno stesso al Maresciallo Pétain (1), il Fiihrer faceva presente ·che egli aveva accolto anche il desiderio espressogli di non creare una nuova linea militare sul Rodano e di rafforzare con nuovi elementi anche militari la polizia francese: più di questo non gli sembrava potesse essere fatto in questo momento.

Si sarebbe potuto fare un comunicato della riunione nel quale fosse ribadito il concetto che dinanzi agli sforzi della Germania e dell'Italia ed ai sacrifici che esse sopportano per la vittoria, anche la Francia dovesse assumersi la sua parte Cl).

Ho dato la mia approvazione alle parole conclusive del Fiihrer.

(l) -Vedi D. 176. (2) -Il presente documento reca il visto di Mussolini.

(l) Vedi D. 271, note. l.

273

COLLOQUIO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI TEDESCO, RIBBENTROP

VERBALE. Castello di Klessheim, 29 lJPtrfle 1943.

L'Eccellenza Bastianini desidera portare a conoscenza del Ministro von Ribbentrop alcuni argomenti non toccati nel colloquio di stamane.

Il nuovo Ambasciatore d'Italia a Madrid ha ultimamente riferito che nell'udienza seguita alla presentazione delle Lettere Credenziali (2), ad un accenno da lui fatto a Franco circa l'opportunità di più frequenti scambi di vedute fra il Duce e lui, il Caudillo ha reagito obiettando che la situazione internazionale rendeva per lui oltremodo delicati tali incontri personali, e non .poteva dimenticare le reazioni seguite, da parte dell'America e dell'Inghilterra, al suo viaggio a Bordighera, e che nell'attuale difficile situazione della Spagna le reazioni ad un incontro sarebbero ben più forti e pericolose. Egli ha pure riferito le dichiarazioni fatte in tale occasione dal Cal1dillo sulla situazione interna 'spagnola, sulla propaganda monarehica e sul discorso di Jordana a Barcellona e le parole di deplorazione espresse dall'Ambasciatore Paulucci in relazione alle interpretazioni cui quel discorso aveva dato occasione da parte americana (3).

L'Eccellenza Bastianini informa che a seguito di tali dichiarazioni n Duce non ritiene più opportuno incontrarsi con Franco.

L'Ec·cellenza Bastianini segnala successivamente le varie notizie in suo possesso relative allo sforzo e alle forti pressioni che americani ed inglesi esercitano attualmente sulla Spagna e sul Portogallo per indurii a cedere alcune basi (4), e informa che il Duce lo ha incaricato di richiamare particolarmente l'attenzione di von Ribbentrop su tali dati.

Von Ribbentrop dichiara di non essere sorpreso dell'atteggiamento di Franco, ma non può fare a meno di deplorarlo.

«Il Filhrer ha ricevuto 11 29 apr11e al suo Quartiere Generale, in presenza del ministro degli Affari Esteri del Reich, von Ribbentrop, e del sottosegretario di Stato agli Affari Esteri d'Italia, Bastianini, 11 Capo del Governo francese Lava!.

Il colloquio ha dato modo di constatare la piena comprensione dei problemi che esistono tra la Germania e l'Italia da una parte e la Francia dall'altra.

Durante questa conversazione sono stati obiettivamente esaminati la parte che la Francia deve prendere nello sforzo e nei sacrifici per l'organizzazione della nuova Europa -che i paesidell'Asse si sono assunti nella lotta contro il bolscevismo· e le plutocrazie anglo-americane sue alleate -e i vantaggi che, da tale contributo, deriveranno alla Francia».

L'Eccellenza Bastianini si domanda se non sarebbe forse possibile ripren· dere le conversazioni con Franco prendendo lo spunto dall'attuale campagna di stampa che si sta facendo in !spagna sulle rivendicazioni africane e marocchine in ispecie.

Von Ribbentrop ritiene che ciò ormai non avrebbe più alcun :risultato, dato che Franco attualmente non vuole a nessun costo guastarsi coll'Inghilterra e con l'America. Del resto egli aveva già te:Q.tato anteriormente di allettarlo con Gibilterra ma senza alcun risultato. Egli aveva invece pensato che il Duce avrebbe potuto prospettare opportunamente a Franco le seguenti due considerazioni:

l) la Spagna prima o poi verrà suo malgrado coinvolta nella guerra dall'America e dall'Inghilterra;

2) se occuperanno la Spagna, l'America e l'Inghilterra ci riporteranno rossi: quindi per Franco sarebbe finita.

Egli pensava che se il Duce avesse potuto prospettare in mani-era efficace le due suddette ,considerazioni sarebbe forse riuscito a persuadere per tempo il Caudillo, il quale non può ragionevolmente farsi illusioni sulle proprie possi.bilità di sopravvivere ad una eventuale vittoria degli americani e degli inglesi. Le stesse garanzie inglesi per tale eventualità garantirebbero ben poco dato che in definitiva chi deciderebbe sarebbe l'America. Ma se Franco si manifesta così contrario, ritiene lui pure che vi siano ben scarse probabilità di riuscire.

Von Ribbentrop ringrazia per le notizie comunicategli circa le pressioni esercitate dall'Inghilterra e dall'America per ottenere basi, prega. di tenerlo ulteriormente al ·corrente e domanda come Franco reagirebbe ad un eventuale colpo di forza.

L'Eccellenza Bastianini esprime l'avvilso che Franco si limiterebbe a dichiarare di trova:rsi di fronte ad un caso di forza maggiore e di non avere la possibilità di opporsi.

L'Eccellenza Bastianini informa che il Duce lo ha incaricato di dire a von Ribbentrop che egli conferma il punto di vista da lui già espresso sulla guerra colla Russia; .specialmente a seguito delle nuove segnalazioni pervenute da fonte giapponese sull'attuale consistenza delle forze russe. Le segnalazioni in parola sono già state portate a ~conoscenza dell'Ambasciatore von Mackensen. Il Duce Titiene più ·che mai che sarà enormemente difficile dare alla potenza militare russa un colpo veramente decisivo.

Von Ribbentrop pensa che il Reich deve annientare l'esercito russo ed è persuaso ·che tale scopo verrà raggiunto.

L'Eccellenza Bastianini informa von Ribbentrop che il Duce, come già gli ha fatto presente nella lettera invia tagli il 21 aprile u.s. (l), è sempre convin~o della opportunità di sfruttare efficacemente i concetti espressi nel comunicato dell'ultimo convegno di Klessheim e di addivenire in un prossimo futuro alla formulazione di una «Carta di Europa» (2). Il Duce ritiene infatti che

tali idee siano suscettibili di favorevoli sviluppi a beneficio dell'Asse lnquantoché la politica è in {!erte ·condizioni strumento efHcacLssimo per aiutare a raggiungere gli scopi della guerra. Egli è inoltre stcuro che il Reich saprà sfruttare in pieno le attuali •complicazioni tra la Polonia e gli Alleati.

Von Ribbentrop assicura che non si mancherà di fare il possibile per sfruttare nel miglior modo tali fatti, ma pensa che questi non vanno sopravalutati. Essi infatti per ora provano solo l'esistenza di profonde divergenze nel campo nemico.

Circa la proposta f-ormulazione di una «Carta di Europa», egli ne ha già riparlato e ne riparlerà col Ftihrer; si richiama però alle considerazioni già espresse in occasione dell'ulti:mo convegno, e spe·cialmente che l'attuale situazione militare non si presti a siffatte iniziative che verrebbero interpretate come un segno di debolezza. In un momento più opportuno si potrà addivenire a questo.

L'Eccellenza Bastianini condivide il parere che convenga attendere un miglioramento della situazione militare, ma raccomanda di tenere presente l'idea e di prepararsi fin d'ora a darle svolgimento per il momento che si riterrà opportuno.

(l) Il comunicato sull'incontro, diramato 11 30 aprile, diceva:

(2) -Vedi D. 249. (3) -Vedi DD. 249 e 250. (4) -Vedi D. 293. (l) -Vedi D. 252. (2) -Vedi D. 203.
274

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 29 aprile 1943.

Dalle note intercettazioni risulta essere recentemente cir·colate voci d'l negoziati russo-tedeschi svoltisi in Svizzera. La notizia sarebbe pervenuta al Governo di Ankara dal Servizio Informazioni turco operante a Bucarest.

Il Governo turco ne avrebbe inf.ormato i propri Ambasciatori a Mosca e a Berlino, che a loro volta hanno entrambi riferito ·esprimendosi in senso negativo circa la veridicità di tali voci.

L'Ambasciatore turco a Mosca, A:cikalln, dopo av.er es,pUcitamente detto di ritenere infondata la notizia, ha poi a.ggiunto di spiegarsene l'origine con l'informazione inviata tempo addietro da un giornalista americano ·residente in Svizzera, al suo giornale, secondo cui trattative di pace russo-tedesche si sarebbero colà svolte con l'aiuto giapponese.

L'Amba•sciatore turco a Berlino, Arikan, ha a sua volta riferito di aver domandato a von Papen, che recentemente si trovava nella capitale del Reich, che cosa pensasse di tali voci e di avere avuto al riguardo una chiara smentita. Von Papen avrebbe aggiunto che da quando i russi si sono rifiutati di entrare nel Tripartito una intesa con loro era divenuta per sempre impossibile.

28 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. X

Interessanti le seguenti considerazioni dell'Amboociatore turco a Mosca circa le possibilità di una pace russo-tedesca, da lui svolte nel riferire al suo Governo in merito alle voci di cui sopra:

a) Oggi come oggi né russi né tedeschi vogliono una pace. Non la vogliono

russi, perché sperano di sconfiggere la Germania con una grande offensiva da scatenarsi non appena gli anglo-americani saranno sbarcati in Europa. Non la vogliono i tedeschi, perché -sempre secondo l'A:mbasciatore turco una pa:ce separata tra Russia e Germania in questo momento riuscirebbe tutta a vantaggio della Russia. Infatti, se dopo di essa gli anglo-americani si lanciassero contro l'Europa, la Germania, pur riuscendo -probabilmente -· a non farsi sopraffare, uscirebbe dalla nuova lotta tanto indebolita da non essere più in grado di tenere testa al pericolo russo.

b) Presentemente la situazione della guerra tra i russi e i tedeschi è in uno stato di equilibrio; e pertanto i primi considerano l'apertura del secondo fronte in Europa come la condizione «sine qua non :11 per scdnfiggere la Germania.

c) La Russia è oggi preoccupata di far presto, perché si sarebbe convinta che, mentre, col prolungarsi della guerra, le sue energie si logorano, l'Inghilterra e l'Ameri•ca diventano invece sempre più forti. D'altra part·e i sovietici sanno che dopo la sconfitta della Germania sarà necessario che essi siano forti se vorranno imporre la loro volontà agli anglo-americani.

d) I sovietici sperano molto nella prossima estate. Però, se durante di essa l'apertura del secondo fronte non dovesse verificarsi, le sorti delle armi sul fronte orientale potrebbero volgere a sfavore della Russia, che in tal caso potrebbe allora decidersi ad abbandonare gli alleati per accordarsi con la Germania.

Non è da ·escludersi che le voci di negoziati di pace russo-tedeschi siano dovute ad una delle solite manovre sovietiche per impressionare gli inglesi, e sopratutto gli americani, e spingerli ad aprire presto il secondo fronte europeo (1).

275

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. s. 1219. Ankara, 29 aprile 1943 (2).

Ti accludo il resaconto di un'interessante conversazione avuta qui da Relli con un diplomatico tedesco reduce dal fronte russo, dove ha prestato servizio militare.

Due punti mi sembrano ~ecialmente meritare la nostra attenzione:

l) la sfiducia subentrata in Germania di poter giungere ora o poi ad una soluzione militare in Russia. Questa sfiducia affiora distintamente anche negli ambienti germanici di Ankara, specie militari, e non mi è nascosta nelle conversazioni a tu per tu coi colleghi tedeschi, eccetto naturalmente quelli legati a Ribbentrop che gli altri designano, del resto, come il maggior responsabile degli errori commessi dalla Germania;

2) il desiderio di un a·ccordo politico con la Russia, alla quale si vorrebbe offrire un « disinteressamento dell'Asse per gli Stretti~

Quando Relli mi riferì questa straordinaria tdea del suo interloeutore tedesco, gli detti istruzioni di rappresentare efficacemente a quest'ultimo le conseguenze che sarebbero derivate non all'Italia sola ma alla stessa Germania dall'entrata della Russia nel Mediterraneo e nei Bal'cani.

La minaccia, infatti, che la Russia avrebbe allora costituito per il nostro Paese, come Potenza mediterranea e balcanica, si sarebbe rivolta allo stesso tempo contro la Germania non solo come alleata dell'Italia, ma come passibile a sua volta di accerchiamento nei suoi confini ·centro-europei.

Il diplomatico tedesco a tali osservazioni rispose che si trattava di semplice «mossa~ politica e che ad arrestare la Russia ci avrebbero pensato la Turchia, gli Stati Balcanici e ... l'Inghilterra!

Queste sono proprio idee da... diplomatici tedeschi, e sistemi uso Ribbentrop: quelli stessi che hanno portato la Germania ai guai attuali!

Una volta consolidata sugli Stretti la grande potenza militare russa, né gli Stati Balcanici né la Turchia potrebbero apporvi un serio baluardo, mentre la Russia ·con la chiusura degli Stretti non sarebbe più vulnerabile dalla potenza navale britannica. Resterebbe l'America, ma per quanto la penetrazione nordamericana si svolga a ritmo accelerato nel Mediterraneo, nel Medio Oriente e nell'Iran, si tratta per ora o si tratterà forse per molti anni ancora di una penetrazione sopratutto eeonomi·ca, profittatrice delle attuali contingenze politiche e militari e del tutto indifferente di fronte ad una eventuale egemonia russa a patto che màntenesse le porte aperte ai traffici americani.

Bisognerebbe che i tedeschi comprendessero una buona volta che sbagliano impostando la propaganda di guerra solo sul pericolo bolscevico, e che occorrerebbe additar·e a tutti gli europei ·ed anche agli inglesi, il pericolo russo-slavo, di cui il bolscevismo non è ehe il travestimento ideolog~co.

Togliendogli questa maschera, il pericolo russo-slavo non troverebbe più,

o almeno troverebbe in minor grado, tutte quelle simpatie e quegli aiuti che attualmente gli offrono gratuitamente i comunisti di tutti i paesi europei.

ALLEGATO

IL COMMISSARIO TECNICO PER L'ORIENTE, RELLI, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA

APPUNTO. Ankara, 28 aprile 1943.

Mi permetto riassumerVi qui appresso la conversazione avuta con un ufficiale germanico reduce dal fronte russo, dove trascorse quasi due anni presso diversi Comandi.

Detto ufficiale è un funzionario della carriera diplomatica tedesca che ebbi occasione di conoscere nel 1929 a Mosca. Sembra che attualmente egli si occupi di questioni russe e sia in attesa di smobilitazione. Secondo quanto mi ha detto, è giunto ad Ankara « per rendere visita ai colleghi » ma prima di rientrare a Berlino attenderà ad Istanbul il ritorno dell'Ambasciatore von Papen.

Ho scambiato con il mio interlocutore alcune idee generali sulla Russia e sulle sue possibilità militari future, in relazione alle vicende della guerra ad oriente. Dopo avere premesso che esprimeva sue opinioni personali e parlava a titolo puramente confidenziale ed amichevole, egli mi ha detto:

« La mia permanenza al fronte, lo studio dei problemi sovietici nonché le vicende della guerra mi hanno convinto già nell'inverno scorso che una soluzione militare nella Russia sovietica è impossibile. La produzione bellica dell'URSS è in efficienza e forse in aumento rispetto al periodo prebellico; le difficoltà di vettovagliamento e quelle relative alla popolazione civile non sono tali da preoccupare il governo sovietico; le risorse umane sono state notevolmente provate, ma possono alimentare tuttora l'armata rossa e sono comunque superiori a quelle germaniche. Le possibilità di difesa dell'URSS sono inesauribili e qualora l'esercito tedesco volesse intraprendere un'altra campagna estiva gli eserciti rossi ripeterebbero la tattica della ritirata ad oriente rendendo ad un certo punto difficile e pericolosa l'avanzata tedesca. Anche quando i russi fossero cacciati sugli Urali, le loro possibilità di difesa attiva non sarebbero stroncate ed un fronte di parecchie migliaia di chilometri rimarrebbe aperto per la Germania. Per mantenere un fronte simile occorre un numero di uomini che sorpassa il potenziale umano tedesco. Ciò che si userebbe nella difesa attiva di tale fronte sarebbe numericamente maggiore di quanto affluisca annualmente alle armi in Germania.

In tali condizioni bisogna porsi chiaramente il problema di trovare una soluzione diversa da quella militare. È possibile accordarsi con la Russia? Esistono le premesse politiche per farlo e cosa si dovrebbe o potrebbe offrire ai sovietici per giungere ad un accordo? Io penso -ha continuato il mio interlocutore -che Stalin si accontenterebbe delle vecchie frontiere, ossia della linea di demarcazione fissata con la Germania prima del conflitto, dell'incameramento delle repubbliche baltiche e di un eventuale disinteressamento dell'Asse per gli Stretti. Si potrebbe inoltre spingere l'URSS verso l'Iran e trovare in un programma per la ricostruzione industriale dell'Ucraina quei reciproci compensi che dovrebbero apparire alla base dell'accordo. Si tratterebbe di sapere se, su queste basi, Mosca sia disposta a trattare, poiché bisognerebbe assumersi una ben grave responsabilità prospettando ai circoli dirigenti germanici tale eventualità. Io credo però che bisogna farlo e penso che non si dovrebbe tardare oltre l'autunno per saggiare gli umori dei dirigenti sovietici».

Ho interrotto a questo punto il mio interlocutore per esprimergli alcune mie considerazioni personali. Ho detto che conoscendo la mentalità politica degli uomini del Cremlino e particolarmente dci Stalin non ho escluso che nel corso di questa guerra subentrasse la possibilità di giungere ad un accordo con Mosca in determinate circostanze. Già da tempo l'atteggiamento sovietico verso gli alleati anglo-sassoni aveva rafforzato questa mia supposizione. A mio avviso occorre però che tali circostanze matu-rino ancora e che i sovietici abbiano la sensazione materiale dell'impossibilità di stroncare la potenza militare germanica. Allora, forse, Stalin sarebbe disposto a trattare. Per quanto concerne le pretese territoriali sovietiche condividevo il suo avviso; Stalin sognava di terminare la sua carriera politica dando alla Russia la posizione di potenza dominante sul continente euro-asiatico. Per quanto riguarda gli Stretti dovevo però osservargli che l'affacciarsi della Russia ai Dardanelli avrebbe significato la sua predominanza più o meno vicina nel Mediterraneo, cioè nei Balcani ed in tutte le regioni bagnate da quel mare. Poiché l'Italia vive -letteralmente parlando -in Mediterraneo una simile soluzione avrebbe per essa vitale importanza. Del resto, l'entrata russa in quel mare significherebbe, in un secondo tempo, l'accerchiamento dell'Europa occidentale e quindi un pericolo anche per la Germania.

Il mio interlocutore ha cercato allora di spiegare come l'offerta degli Stretti alla Russia non sarebbe che una posta nel gioco politico. L'URSS, a suo avviso, non potrebbe realizzare quel suo sogno perché automaticamente vedrebbe schierarsi contro di essa non solo la Turchia ma gli stessi stati balcanici che ora guardano alla Russia come alla sorella maggiore. Gli anglo-sassoni si troverebbero inoltre nella necessità di impedire un'avanzata sovietica verso il Medio Oriente. La Germania deve ormai considerare se il suo dissanguamento non sia a vantaggio di terzi. Pensino gli altri ad arginare il pericolo bolscevico nei loro settori.

Senza entrare in merito alle previsioni politiche del mio interlocutore, desidero esprimere in chiusa alcune impressioni personali che potranno servire a Voi Eccellenza per giudicare il valore della conversazione. Dal modo di esprimersi del mio interlocutore e dalle sue reiterate raccomandazioni di mantenere riservato lo scambio di idee, ho tratto la convinzione che egli non esprimesse soltanto il suo pensiero, ma volesse concretare idee generali sull'argomento già discusso in sede responsabile. Mi sembra notevole la sua ripetuta allusione alla necessità di ricorrere ad un certo momento della guerra all'azione politica, necessità che, a suo dire, sarebbe ora compresa e richiesta dagli stessi ambienti militari tedeschi. Egli ha inoltre negato con me ogni eventualità di sfaldare la compagine nazionale sovietica, giudicando inutili persino i tentativi svolti a tale scopo a Berlino con elementi caucasici. Avendogli chiesto infine quali fossero le possibilità di convincere determinati ambienti germanici dell'opportunità di quanto mi aveva esposto, il mio interlocutore osservava che «soltanto ristretti circoli del partito respingevano ora tali concetti, ma essi sarebbero già compresi ed ammessi nella maggioranza dagli uomini dirigenti tedeschi ».

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Manca l'indicazione della data d'arrivo.
276

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER (l)

T. P. Roma, 30 aprile 1943 (2).

Se non si risolve, come più volte già rappresentato, il problema aetreo in Mediterraneo inviando immediatamente forze aeree tali da controbilanciare la schiacciante superiorità aerea nemi,ca, non è più possibile far arrivare in Tunisia né una nave, sia da guerra sia da trasporto, né un aereo. Il che signiUca perdere subito la Tunisia senza poter nulla salvare.

Anche i tentativi di trasporto con i cacciatorpediniere sono destinati a fallire.

Oggi sono stati perduti tre cacciatorpediniere dei quali due carichi di truppe germaniche ,e uno carico di munizioni in seguito a continui attacchi di grosse formazioni aeree nemiche, scortate da 70-120 aerei da cac'Cia.

Fuhrer, la questione è di una urgenza assoluta. Le truppe in Tunisia si battono splendidamente, come lo stesso nemico è costretto ad ammettere, ma se non ci sarà possibile rifornirle, il loro destino è segnato (3).

(l) Archivio Centrale dello Stato, «Carte della valigia di Benito Mussol!nl >>. Ed. in Hitler e Mussolini: Lettere e documenti, clt., p. 154.

(2) -Non risultano gli estremi di trasmissione del telegramma, che giunse ad Hitler il 1o maggio: vedi D. 283. (3) -Per la risposta di Hitler, vedi D. 283.
277

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. ..., 30 aprile 1943 (1).

Ha sempre rappres,mtato uno dei cavalli di battaglia dell'armamentario propagandistico nazionalso·cialista la pretesa che non solo l'esercito tedesco nel 1918 non era stato battuto e non poteva essere battuto, ma che anzi la Germania avrebbe ancora avuto modo di vincere la guerra se il Paese non avesse ·ceduto 'i: all'interno~ come conseguenza predpua di una serie di errori materiali e psicologici commessi dai governanti di allora.

La tesi è forse contestabile, non solo storicamente, ma anche in quanto si basa su di una distinzione, in gran parte superata dalle esigenze .e caratteristiche delle guerre moderne, tra il fronte bellico e il cosìd!detto fronte interno, tra lo stato di efficienza della macchina militare e quello dell'organizzazione del Paese, f:a l'animo del soldato e quello del cittadino. Certo è tuttavia che le logiche conseguenze di questa proposizione sono state replicate con una metodicità tipicamente tedesca, mediante l'apposita creazione di una poderosa e ponderosa organizzazione propagandistica che non si è limitata ad operare sulla immaginazione mediante la diffusione di certune notizie a preferenza di altre, nella loro presentazione in una determinata manieTa, bensì si è prefissa di :ompenetrare con una azione molto più larga e molto più profonda ogni aspetto della vita giornalieTa, anche privata, del cittadino nell'intento di potenziarne ai fini della guerra la forza combattiva e la capacità di resistenza. Assi:;tiamo in questo ca:mpo ad una cura del dettaglio così spinta da apparire alla nostra mentalità quasi incomprensibile; sotto certi aspetti addirittura clinica nell'alterno uso di stimolanti e calmanti, nel dosaggio accurato di ogni possibile reagente. Basterà ricordare la pedante censura esercitata sulle pellicole con un criterio non solo politico quanto sopratutto psicologico e cioè di evitare ogni argomento o scena suscettibili di influire in_ maniera negativa sulla immruginazione popolare come la rappresentazione di bombardamenti, di rifugi, perfino di scene troppo passionali. La «propaganda~ ha assunto il compito di medico curante in perenne Mcoltazione per correggere, eccitare, moderare, in una parola regolare la vita psicologica del paese a seconda che le esigenze politiche superiori lo necessitano o anche semplicemente lo consigliano e delle quali per ciò stesso è divenuta indice prezioso.

In relazione agli svilu1)pi della situazione g·enerale, e sopratutto di quella strategico-militare, l'a:~gomento riveste un particolare interesse. Mi propongo quindi di considerare retrospettivamente le evoluzioni della propaganda tedesca durante questi tre anni e mezzo di guerra rievocandone brevemente le fasi essenziali, cercando di individuarne le particolari tendenze e di valutarne l'efficacia.

Ritengo non inutile una premessa.

Dal primo giorno del conflitto attuale, il popolo tedesco ha vissuto sotto l'incubo del ricordo di quello precedente del 1914-18. Quattro anni di vittorie militari: ma anche quattro anni di assedio, di crescenti privazioni, culminate in un crollo subitaneo e nella conseguente capitolazione. I fatti sono troppo recenti, i lineamenti del conflitto troppo analoghi perché un raffronto non venga spontaneo tra gli avvenimenti di allora e quelli che oggi vanno via via susseguendosi.

Consapevole di questo, la propaganda ufficiale, sopratutto quella interna, si è ispirata sino a tempi recentissimi ad una formula semplicissima ma efficace: dimostrare all'opinione pubblica, in ogni momento e ad ogni proposito, che nonostante qualche possibile somiglianza esteriore, gli elementi delle due situazioni, quella del conflitto anteriore e quella dell'attuale, si presentano in termini sostanzialmente diversi. Ergo che diverse ne debbano essere le conclusioni.

Sotto questo aspetto i primi due anni non hanno invero imposto ai registi della propaganda ufficiale particolari difficoltà. La grandiosità dei successi militari offriva da sola il miglior tonico agli scettici ed il miglior correttivo ai contrari. La propaganda germanica ha avuto quindi precipuamente il compito, e ciò tanto per l'estero che per l'interno, di sottolineare la perfezione raggiunta dalla macchina militare tedesca, genialmente diretta secondo nuove, sconcertanti formule, che ne rendevano infallibile l'azione. Era provato oramai che niente e nessuno potesse resistervi. Si trattava al massimo di ricaricarla e rimetterla di volta in volta a punto, dirigerla contro l'obiettivo e attendere che il suo arbitro supremo decidesse, colle sua mirabile sicurezza di giudizio, il momento preciso nel quale doveva scattare. La vittoria germanica non si sarebbe trovata impigliata nuovamente nei reticolati delle trincee, a morire dissanguata e strozzata dal lento ma inesorabile chiudersi del cerchio dell'avversario. Le campagne di Polonia, di Norvegia, di Francia, di Jugoslavia e Grecia, gli stessi avvenimenti militari dei primi tre mesi di campagna contro la Russia avevano rappresentato una serie successiva e crescente di controprove della superiorità incontrastabile ed inesorabile della forza a disposizione della Germania nazionalsoclalista. A vevano rappresentato altresì e sopratutto la consacrazione della quasi sovrumana intuizione ed infallibile guida del capo che con tanta sicurezza aveva già pilotato la Germania di Versaglia attraverso gli scogli del riarmo, della remilitarizzazione della Renania, dell'Anschluss, della crisi cecoclovacca, della occupazione definitiva della Boemia e Moravia. E forse lo sbarco aereo navale su Creta non aveva offerto l'esempio del destino che sarebbe toccato all'Inghilterra non appena che, liquidata definitivamente la minaccia sovietica ad oriente, fosse maturato il momento per vibrare questo colpo finale?

La luce sfolgorante delle apparentemente facili e sopratutto rapide e pingui vittorie aveva messo in fuga gli spettri della guerra del '14-'18. Aspetto fra i più caratteristici di questo periodo non solo l'autorizzazione ai locali notturni di mantenere i vecchi orari di apertura ma anche, negli intervalli tra una campagna e l'altra, il permesso concesso alle pubbliche danze: quasi a simboleggiare il carattere di ordinaria amministrazione delle varie campagne intraprese e brillantemente portate a termine.

Nel quadro generale della guerra, l'ottobre del 1941, con la mancata caduta di Mosca, si identifica per la Germania con la chiusura della prima fase, puramente offensiva, del conflitto. Non che questo potesse essere esattamente percepito allora, ché solo i fatti evidentemente lo dovevano dimostrare. Una circostanza ebbe tuttavia sin da quel momento una profonda ripercussione: il Ftihrer aveva annunziato se non esplicitamente certo in chiare parole la imminente conquisa della Capitale sovietica; ed invece Mosca aveva resistito. Per la prima volta l'idolo aveva sbagliato ed era con questo crollato il mito della sua infallibilità. Per la prima volta dall'inizio del conflitto l'esercito tedesco aveva inoltre trovato un avversario militarmente in grado di tenergli testa. La campagna di Russia si era già rivelata non essere quella facile marcia trionfale che molti si erano raffigurata tra due ali di Kulaks acclamanti i liberatori dal giogo dei commissari del popolo, ma rappresentare l'apertura di un fronte attivo permanente che cominciava a richiedere gravosi e sempre nuovi sacrifici.

Per buona fortuna sopravvenivano nel dicembre 1941 gli strabilianti successi del Giappone che dirigevano gli occhi della opinione pubblica verso nuovi teatri di guerra e di vittorie. Il popolo tedesco solo più tardi, e cioè a pericolo sorpassato, verso fine gennaio, ebbe la precisa sensazione della gravità degli sviluppi militari che si erano susseguiti sul fronte russo nel novembre e dicembre 1941. Già la macchina della propaganda aveva avuto tempo di aggiustarsi alla nuova situazione: ed i discorsi di gennaio di Goering e del Ftihrer, nel sollevare per un istante il velo che aveva coperto quegli eventi, pur suonando qualche nota di allarme ed anzi forse volutamente esagerando la portata delle difficoltà superate per magnificare la forza che ne aveva avuto ragione, si erano conclusi su di un tono di assoluto e ragionato ottimismo che aveva offerto il «la» alla nuova impostazione della stampa. In fondo la formula non cambiava. Si, vi erano state delle sorprese, ma non tali da poter influire sulle sorti del conflitto: e ciò perché la situazione, per le mille ragioni che venivano offerte e sottolineate, non era assolutamente quella della guerra antecedente. Anche i riferimenti a quelle che sarebbero state le conseguenze di una nuova sconfitta, l'avvertimento che «perdere avrebbe significato morire» venivano piuttosto propinati come sprone a nuovi sforzi che non suonati come vere e proprie campane di allarme. Qualche invito verso un più austero tenore di vita, qualche ulteriore restrizione nei consumi e nei divertimenti -il ballo veniva definitivamente proibito, l'orario di chiusura dei locali anticipato -ma piuttosto come gesto di rispetto per i sacrifici altrui. Si lasciava d'altronde intravedere che la ripresa della campagna in primavera avrebbe offerto la migliore risposta ai dubbi nutriti ed aperto la strada verso la soluzione vittoriosa. La riconquista di Tobruck e l'avanzata itala-tedesca verso Alessandria, l'occupazione di Sebastopoli e della Crimea, la marcia vittoriosa nel Caucaso, rappresentarono infatti nei mesi successivi i migliori argomenti per ritemprare la fiducia interna e confermare le promesse della propaganda ufficiale.

Come l'autunno 1941 aveva segnato la chiusura della fase puramente offensiva, così l'autunno del 1942, dopo dodici mesi di alterne vicende culminate nella mancata conquista di Stalingrado e nei successi positivi degli angloamericani alle due estremità del Nord Africa, inizia per la Germania una nuova

fase di guerra, questa volta precipuamente difensiva. È la fase che si apre sotto il cartello dalla nuova formula della cosiddetta «Fortezza Europea », prontamente raccolta e magnificata dalla propaganda tedesca. Suo concetto fondamentale era quello che 1a Germania fosse riuscita a creare sul Continente una unità economico-politico-militare abbastanza vasta ed abbastanza forte da permetterle di resistere indefinitamente. Veniva esclusa, con ciò stesso, la possibilità per l'Asse di trovarsi costretto ad una capitolazione. Anzi questa «Fortezza», di una certa assonanza con il progettato futuro «Ordine nuovo», avrebbe dovuto essere in grado di assicurare all'Europa in genere ed alla Germania ed ai suoi alleati in particolare un progressivo miglioramento delle condizioni generali di vita.

Ancora, adattata alle nuove esigenze era in fondo la solita formula: dimostrare che la situazione di oggi non è per la Germania quella del 1914-18. E con questa prescrizione la macchina della propaganda si è rimessa a massaggiare l'opinione pubblica. Non a caso essa ha coinciso con qualche sia pur lieve concessione: ad esempio un piccolo aumento nel razionamento alimentare ed un rallentamento nelle disposizioni relative all'oscuramento cittadino; concessioni non importanti ma dirette a dar la sensazione di una fase ascendente, quasi di progressiva normalizzazione sia pure nel quadro della anormalità generale; a rinfrancare in altre parole le forze di resistenza del Paese offrendo loro il balsamo di una prospettiva tollerabile, forse addirittura suscettibile di miglioramento.

Gli inattesi successi della pur attesa nuova offensiva invernale sovietica, e la portata vastissima da essa assunta, hanno ulteriormente modificato i termini della situazione generale. La teoria della «Fortezza Europea >> lasciava ancora nel nebuloso l'esito del conflitto, rimettendo ad un indefinito avvenire il compito di ritrovare la via della vittoria; entro i suoi bastioni prometteva tuttavia alla Germania una relativamente comoda e comunque ermetica sicurezza. I fatti hanno invece ricordato che la «Fortezza » ha tuttora un fianco aperto e che il nemico, il quale secondo tutti i calcoli fatti avrebbe dovuto essere o già liquidato o in fin di vita, è viceversa in piena vitalità e in grado di minacciarlo pericolosamente. Per la seconda volta in questa guerra le invincibili truppe tedesche si sono trovate in ritirata. In poche settimane ecco compromessi, in gran parte perdu~i. i frutti di sei mesi di aspri combattimenti; Stalingrado da predellino donde spiccare il salto verso nuovi obiettivi, divenuta una rocca arretrata ed isolata, lentamente inghiottita dai flutti della marea che nel frattempo aveva girato. La guerra iniziata per la conquista della supremazia mondiale trasformata in una lotta disperata per salvaguardare la propria esistenza.

Ed ecco che la cosiddetta propaganda ha corrispondentemente subito una nuova profondissima evoluzione. Per la prima volta suo obiettivo non è più quello di rassicurare e, cullando il paese nella illusione di una sicura se non anche comoda vittoria, rinsaldare i nervi con nuove iniezioni di conforto e di fiducia; al contrario, spogliatasi temporaneamente di ogni pretesa di ottimismo, essa vuole attraverso il terrore elettrizzare il Paese in un ulteriore supremo sforzo; non offre più il miraggio di un progressivo miglioramento ma richiede ed impone nuovi e più severi sacrifici; non sventola il vessillo della vittoria,

ma addita lo spettro della sconfitta. Il precedente della guerra del '14-'18 !ungi dall'essere respinto «ad absurdum », è evocato di proposito come ammonimento ai pavidi ed agli incerti. «Noi dobbiamo fare oggi ed in ogni cosa -scriveva il Volkischer Beobachter -esattamente il contrario di quello che facemmo allora >>.

Perché questo repentino e così drammatico e soprattutto radicale mutamento? Dopo averlo allevato sino a ieri nella bambagia, perché esporre questo delicato bambino dell'opinione pubblica a tutti i pericoli delle intemperie?

La ragione fondamentale è evidentemente da ricercare nell'effettivo sfavorevole sviluppo della situazione, quale la propaganda poteva interpretare ma non modificare e, ammesso che lo volesse, indefinitamente nascondere. Dal punto di vista psicologico il Governo peraltro si è proposto con l'occasione una serie di altri scopi. Il primo, più importante, è quello di preparare l'opinione pubblica ad accogliere le nuove restrizioni e i nuovi sacrifici che la necessità ha imposto. La guerra con la Russia ha assunto aspetti di tale gravità che la Germania solo mobilitando ogni sua più latente energia può ormai superare. Sono i concetti sintetizzati in un sintomatico articolo dello Schwarzes Korps: «Soltanto i bolscevichi sino ad ora hanno condotto una guerra veramente totalitaria. Dobbiamo perciò divenire più forti e condurre anche noi la guerra, anche se in maniera diversa, non meno totalitariamente dei bolscevichi».

Il secondo scopo, a funzione più specificatamente contingente, è stato quello di magnetizzare il paese in un nuovo poderoso sforzo. Si impone così ad un'armata di morire sul posto a Stalingrado con il solo o quasi esclusivo intento di additare alla nazione l'esempio al quale essa deve ormai attenersi, e di creare quel mito, quel «fanatismo psicologico», come lo ha definito il Fii.hrer, che permetta alla Germania di trovare i mezzi di reazione sufficienti per superare la nuova e forse suprema prova.

Il terzo scopo, evidente soprattutto nei noti provvedimenti di chiusura di tutti i cosidetti « locali di lusso » e di un grandissimo numero di negozi non di prima necessità, è stato quello di accentuare l'eguaglianza di tutte le classi di fronte alle restrizioni ed alle privazioni causate dalla guerra, sopprimendo

o evitando motivi di raffronti atti ad esasperare il latente malcontento della popolazione minuta.

Si tratta, occorre constatarlo, di una azione basata quasi esclusivamente su elementi negativi e in gran parte di pretto carattere demagogico. A proposito dei quali è lecito fare alcune considerazioni:

l) la disperazione può anche moltiplicare la resistenza dell'uomo permettendogli di attingere ad ignote riserve di forza (1). Se non accompagnata tuttavia da qualche elemento positivo la speranza non può, da sola, reggere lo sforzo per un periodo indeterminato. Essa appare quindi la formula meno adatta per consolidare l'opinione pubblica in una guerra le cui possibilità di esito favorevole sembrano oramai subordinate ad una sua lunga durata. Vi è anzi il pericolo che traducendosi -ed il passo è breve -in convinzione di una sconfitta, essa possa accelerare un cedimento, conducendo logicamente

l'immaginazione popolare a desiderare allora una concluswne sollecita sia per abbreviare le proprie sofferenze, sia nella speranza di non giungere assolutamente esausti e senza difesa al tragico epilogo.

2) Gli stimolanti quando troppo forti possono facilmente avere pericolose conseguenze: l'una di spezzare definitivamente la resistenza dell'ammalato; l'altra di provocare pericolosi stati di collasso; l'altra ancora di assuefare il paziente, rendendolo immune a qualsiasi altro trattamento più blando e solo suscettibile a dosi sempre più forti. Alla lunga essi sono poi sempre dannosi. È poi vero che i popoli traggono la loro vera forza non dalla materia ma dallo spirito che a sua volta solo si alimenta alla dura scuola dell'abnegazione; ma è anche vero che il sacrificio altrui per stimolare l'emulazione deve avere avuto uno scopo. Quello inutile o ritenuto tale agisce al contrario da deprimente. Né mancano segni che tale sia sato, su di una larga parte della popolazione, l'effetto dell'ultima fase di Stalingrado.

3) La formula di irrigidire la resistenza esclusivamente rappresentando le gravi conseguenze di un cedimento ha anch'essa le sue limitazioni. Sino ad oggi la migliore collaboratrice della propaganda germanica è stata quella nemica con i suoi professati propositi vendicativi nei confronti del popolo tedesco. È forse questa oltre che l'estrinsecazione di un unico stato d'animo e di un preciso divisamento, anche una necessità di politica interna o per così dire «interalleata ». Ma in una eventuale situazione delicata, un mutamento di tono da parte degli avversari potrebbe trovare terreno favorevole. È strano anzi che essi i quali tanto calcolavano su di un cedimento del fronte interno tedesco apparentemente non vi abbiano già pensato. Sempre in questo ordine di idee vi è un altro elemento che merita essere tenuto presente e cioè l'impressione che si va diffondendo fra le masse che la resistenza accanita del popolo russo, costantemente rappresentato in istato di abbrutita demoraliz:>:azione, attesta invece che esso ha o ritiene di avere qualche cosa che valga la pena di difendere. Talché potrebbero ad un certo momento le sofferenze immediate e lo scoraggiamento, sopratutto in alcuni strati della popolazione, superare il timore che tuttavia incute la minaccia di una bolscevizzazione della Germania.

A conclusione delle predette considerazioni e riservando a più oltre le conseguenze che possono trarsene, rilevo sin d'ora come lo stesso Governo germanico abbia mostrato di rendersi conto dell'importanza di questi fattori, di preoccuparsene e di volersi adoperare per attenuare l'impressione provocata dall'eccessivo allarmismo dello scorso febbraio, e per correggere alcune reazioni negative provocate dalla situazione e dai provvedimenti adottati.

Il popolo tedesco ha dato fino ad oggi una impressione di granitica saldezza. Scarsamente entusiasta, se vogliamo, pure nei giorni delle sue più fulgide vittorie, cupo, silenzioso, anche preoccupato, ma con la profonda consapevolezza della lotta che sta combattendo e con l'assoluta determinazione di condurla fino in fondo.

Vi è motivo per modificare oggi tale giudizio? Anche i metalli più saldi hanno il loro punto di rottura; né a queste leggi naturali possono evidentemente sottrarsi i popoli. Più giusta sarebbe quindi la domanda: si notano forse già

1telle crepe? Sarebbe almeno possibile stimare in quali condizioni, in che punto ed in quanto tempo la frattura potrebbe aver luogo? Prima di tentare una risposta a tali quesiti, è utile completare le considerazioni già svolte con le seguenti constatazioni:

l) anzitutto, poiché siamo precipuamente in tema di «propaganda~ e di «opinione pubblica», si impone una osservazione di carattere fondamentale. E cioè che da un lato la propaganda non può prescindere dalla realtà delle cose, dall'altro che non di essa sola si plasma quella imponderabile cosa che è l'opinione pubblica. La propaganda potrà rappresentare un ausilio prezioso nel convogliare l'opinione pubblica verso determinati obbiettivi, per temprarla ad una maggiore resistenza, come pure per metterla in grado di superare determinati momenti di crisi. Non può tuttavia modificare i fatti e neppure neutralizzarne indefinitamente la gravitazione con il solo ausilio dei palloni giapponesi delle sue argomentazioni. Così come non può cambiare il cuore e la mente degli individui e sostituirsi completamente al normale svolgimento logico del loro raziocinio. In fondo essa si palesa uno strumento a rendimento decrescente: facile ed efficace quando tutto va bene, disagevole a manovrare ed inefficiente via via che aumentano le difficoltà in funzione delle quali essa si avvicina progressivamente alla sua utilità marginale. Come il medico nei confronti del paziente il quale oramai, al di là dell'azione di ogni medicina, deve contare sulla propria resistenza fisica e sul normale decorso del male per superare o soccombere alla crisi.

In altre parole occorre non dimenticare che oltre un certo punto l'opinione delle masse si forma attraverso un processo autonomo, incontrollato ed incontrollabile, direttamente dipendente dalle impressioni, giuste o non, che su di essa provocano le circostanze di fatto, le quali del resto sono, in ultima analisi, le vere arbitre dell'avvenire.

2) Tutto ciò è tanto vero che da gente scientificamente logica, metodica e pratica, i dirigenti tedeschi, traendo ammaestramento dall'ultima guerra, accanto agli strumenti polemici e psicologici dell'armamentario propagandistico hanno creato una perfetta e ferrea organizzazione destinata ad impedire ogni pericolo o tentativo di cedimento. Al popolo tedesco non sarà permesso questa volta di arrendersi. Lo ha dichiarato in non ambigue parole lo stesso Hitler. Quando a sorreggerlo non dovesse essere più sufficiente un Goebbels, è già pronto a subentrare un Himmler. Né questa organizzazione si è limitata a predisporre misure di sorveglianza poliziesca o di sicurezza di piazza, bensì si è preoccupata da tempo di impossessarsi di tutti i gangli nervosi dello Stato e di controllare le principali leve di comando, è padrona assoluta del Paese e non è dubbio sulla sua capacità di imporgli la propria volontà.

3) Non vi può parimenti essere dubbio sulla volontà assoluta di resistenza ad oltranza da parte degli attuali arbitri della Germania. Se, come la logica porta inesorabilmente a concludere e gli eventi ogni giorno di più confermano, non è pensabile o materialmente possibile una pace di compromesso fra le « Nazioni Unite » e la Germania nazionalsocialista, è lapalissiana conseguenza che un cedimento rappresenterebbe per il terzo Reich la completa rovina e per i suoi dirigenti un autentico suicidio. «Cedere -ha detto recentemente Goebbels, esprimendo più garbatamente appunto questo concetto -sarebbe una rinuncia a noi stessi». Una manifestazione della precisa consapevolezza di questa verità è data dal senso quasi inebriante di sfida con cui gli organi responsabili della politica tedesca continuano non solo a tagliarsi una dopo l'altra ogni possibile via di ritirata (ammesso che ce ne fossero di praticabili), ma anche a sdegnare ogni accorgimento, ogni precauzione, ogni correttivo per attenuare le conseguenze di una possibile sconfitta. Basterà citare le misure e gli atteggiamenti ogni giorno più intransigenti nei confronti delle popolazioni dei paesi occupati e in particolar modo dei polacchi, dei cechi, nonché le recenti nuove misure contro gli ebrei. Quasi a fortificare la propria determinazione contro la possibilità di vacillare «in articulo mortis ». Da questi loro propositi irremovibili di resistenza i dirigenti tedeschi anzi, con un sofisma a loro stessi forse impercettibile, sono pervenuti a un semplicistico sillogismo che troviamo ricorrentemente propinato, con qualche lieve variante, dalla stessa propaganda ufficiale: «Vincerà delle due parti quella. che resisterà più dell'avversario; e poiché la Germania non cederà per prima, ecco che essa non potrà a meno di vincere la guerra ».

In relazione alle considerazioni finora svolte, è possibile trarre alcune conclusioni che offrono una risposta, almeno parziale, ai quesiti formulati:

-non vi è dubbio che il popolo tedesco soffre oggi di una profonda e oramai cronica crisi di fiducia. È diffuso in tutti un grande disorientamento, un senso di accoramento anche se rassegnato, soprattutto di grande stanchezza che si traduce sovente in una ansiosa domanda, tacita ma trasparente anche in una serie di ostentatamente disinvolti atteggiamenti, se cioè dopotutto non vi sia una «onorevole via di uscita», una «soluzione di compromesso».

-Si tratta evidentemente di un fenomeno funzionale che riflette direttamente gli ondeggiamenti della situazione generale. Se da un lato però gli eventi favorevoli possono rapidamente alleviarlo è anche da considerare che un semplice perdurare della situazione attuale, e peggio un suo appesantimento, incidendo su di un organismo già intaccato, sarebbe destinato ogni volta di più a far sentire il proprio effetto cumulativo attraverso un progressivo sgretolamento degli elementi di resistenza.

-Codesto sgretolamento è tuttora !ungi dall'aver intaccato gli attuali centri volitivi del Paese, i quali rimangono perfettamente intatti nella loro determinazione di lottare sino alle più estreme conseguenze.

-Poiché sino a quando i predetti centri manterranno il loro controllo sul Paese non è da ritenere che i fattori negativi in gioco possano trasformarsi all'interno in forze attive di opposizione delle masse al proseguimento della guerra, ne risulta che ave una frattura mai dovesse aver luogo essa si verificherebbe logicamente come conseguenza di un fenomeno di forza, indipendente dalla volontà degli attuali dirigenti o a essa superiore.

Un simile fenomeno appare oggi concepibile solo in termini di un cedimento sul fronte militare o comunque per ragioni precipuamente militari: e cioè sia per una autentica consumata sconfitta sia piuttosto, secondo le linee del precedente del 1918, prima ancora del crollo visibile, per la convinzione maturata nella mente degli organi responsabili, di una ulteriore materiale impossibilità di offesa o, peggio, di utile resistenza. (In questa seconda alternativa è da includere l'ipotesi di una presa di posizione da parte di elementi che disponessero di sufficiente autorità e potere per contrapporsi alla volontà centrale e che non è escluso potrebbero un giorno, di fronte alla pressione disperata delle cose, polarizzarsi attorno qualche nome o qualche simbolo per cercare di salvaguardare attraverso un negoziato, anche condotto in condizioni di assoluta inferiorità, almeno una parte di quanto si fosse sicuri di compromettere irreparabilmente attraverso una ulteriore resistenza, ad esempio una vestigia dell'attuale ordinamento sociale).

Ciò non vuole significare evidentemente che il «fronte interno ~ che oltre tutto, occorre ricordarlo, non si compone dei soli elementi psicologici della cosidetta «opinione pubblica» ma anche di fattori materiali di potenza -in primo luogo della capacità di produzione -sia elemento indifferente agli effetti dell'esito dell'attuale conflitto, affermarlo significherebbe contraddire alle stesse premesse da cui il presente esposto ha preso le mosse. Vuol dire tuttavia che mentre sarebbe arbitrario il tentativo di tracciare un netto confine tra «fronte interno» e «fronte militare», l'uno confondendosi ad un certo punto nell'altro e rappresentando semplicemente i due estremi di una stessa realtà, è da ritenere però che l'eventuale frattura, ancorché probabilmente destinata a propagarsi con rapidità, trovereòbe inizio al secondo dei due estremi e precisamente quello bellico. Di converso vuol dire che sino a quando le armate germaniche sono in grado di dominare i campi di battaglia, il «fronte interno» potrà offrire all'osservatore sintomi interessanti di valutazione generale ma non, come tale ed esclusivamente come tale, dare motivo di preoccupazione.

(l) La data è scritta a matita e mancano gli estremi della trasmissione. Probabilmente, questo appunto fu consegm.to a mano da Alfieri a Bastianini il 29 aprile 1943 a Salisburgo.

(l) Le ultime quattro parole sono di incerta lettura, essendo il documento deteriorato.

278

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2770/S.N. R. Zagabria, 1° maggio 1943, ore 13,20 (per. ore 18).

Mio telegramma 459 (l). Poglavnik mi ha convocato stamane per informarmi circa colloquio avuto al Quartier Generale del Ftihrer nella giornata 27 aprile:

l0 ) Argomento principale condotta della guerra e situazione sui diversi fronti, particolarmente quello orientale: Ftihrer ha confermato sua assoluta certezza vincere esercito sovietico, del quale conosce ormai le forze e le possibilità. Maresciallo Keitel ha illustrato sulle carte militari schieramento avversario sul fronte orientale e attuale fase battaglia africana nella quale sono impegnate le truppe itala-tedesche. Ftihrer dichiarò esplicitamente che ogni tentativo di sbarco sarebbe destinato all'insuccesso.

2°) Il Poglavnik ha fatto una esposizione della situazione interna e militare in Croazia. Hitler ha riaffermato interesse tedesco per le linee comunica

zione croate e per la produzione bauxitifera. Si è anche parlato delle recenti operazioni in Bosnia e in Erzegovina e di quelle in corso nella Lika. Fiihrer si è interessato alle interruzioni ferroviarie causate dai ribelli tra Sarajevo e Mostar e sul tratto Ogulin-Knin. Pavelic fatta presente urgenza distogliere almeno una brigata croata che trovasi sotto Comando tedesco perché affluisca sulla Lika, il Fiihrer avrebbe impartito ordini al riguardo.

3°) Con von Ribbentrop Pavelic si è intrattenuto in serata circa rapporti tedesco-croati in genere. Mi riservo tornare su quest'ultimo argomento (1).

4°) Incontro ha avuto carattere normale (così mi ha detto Pavelic) come le altre visite che periodicamente Capi di Stato dei Paesi alleati della Germania compiono al Quartier Generale.

Sono rimasti al Quartier Generale per perfezionare intese di carattere militare il Generale Glaise e il Sottosegretario croato alla Guerra Generale Begic.

(l) T. 12987/459 P.R. del 28 aprile 1943, ore 16, non pubblicato, con cul Casertano aveva riferito che Pavellé era tornato il 28 aprile dalla sua visita al Quartier Generale tedesco.

279

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2771/470 R. Zagabria, 1° maggio 1943, ore 15,15 (per. ore 22,30).

Ho fatto al Poglavnik la comunicazione di cui al telegramma di V. E. n. 220 del 25 aprile (2). Egli mi ha detto che si rendeva conto delle ragioni superiori per le quali sua visita al Duce viene rinviata di qualche settimana; ciò gli consentirà, dopo il cambio della guardia che ha disposto in alcuni ministeri e gerarchie, di farsi accompagnare dal nuovo Ministro degli Affari Esteri e da qualche altro dei nuovi collaboratori.

280

IL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2795/193 R. Belgrado, 1° maggio 1943, ore 21 {per. ore 12 del 2).

Miei telegrammi 174 (3) e 186 (4). Governatorato militare Montenegro ha telegrafato a questo capo nucleo militare collegamento CC.RR. che esponenti del movimento nazionalista mon

(-4) Si tratta del T. 12848/186 P.R. del 26 aprile, ore 20,20, non pubblicato, con cui Mam'ell aveva riferito circa la sostituzione di alcuni presidi italiani nel Sangiaccato con reparti tedeschi.

tenegrino, dopo aver chiesto concorso formazioni armate serbe generale Nedic a ciclo operativo Sangiaccato, manifestano ora desiderio poter inviare loro rappresentante a stesso generale Nedic per affermargli loro adesione a sue vedute politiche futura sistemazione Serbia e richiesta ancora intervento predette formazioni cui presenza nella zona confinaria Serbia Montenegro serve sollevare spirito popolazione. Stesso Governatorato militare riferendosi parere già espresso al riguardo conferma non (dico non) ravvisare opportunità intervento formazioni serbe e non (ripeto non) ha deciso se aderire alla richiesta invio delegazione presso Nedic.

Non (dico non) è stato possibile chiarire e precisare ragione che induce nazionalisti montenegrini compiere tale atto del quale sino ad ora non era stato fatto alcun cenno. Telegramma conclude domandando a capo nucleo collegamento se risulti notizia circa quanto precede e suo parere circa richiesta sentire anche ambienti germanici.

Reputando trattarsi di questione prevalentemente politica R. Addetto Militare ha ritenuto sottopormi telegramma di risposta al Governatorato Generale Militare Montenegro.

È pertanto confermato a Addetto Militare che questione appare infatti di carattere e portata prettamente politici che coinvolgono anche nostri precisi interessi presenti e futuri. Tale carattere appare tar.to più delicato in quanto coinvolge anche nostri rapporti con autorità germaniche e quelli particolari con Governo Nedic. Ho espresso tuttavia a Addetto Militare parere che domanda nazionalisti montenegrini non debba aver seguito di sorta senza che sia sottoposta per esame e decisioni a superiori autorità politiche italiane competenti. Sino a tali decisioni anche qualsiasi sondaggio presso autorità germaniche locali deve a mio avviso esser escluso. Sino ad ora non (ripeto non) risulta che sia trapelata in Belgrado alcuna notizia circa domanda nazionalisti montenegrini.

(l) -Vedi D. 289. (2) -Vedi D. 260. (3) -Vedi D. 240.
281

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

APPUNTO S. Roma, 1° maggio 1943.

Con il precedente appunto in data 23 marzo (l) -qui unito -si è riferito su due colloqui avuti dal Ministro di Romania a MadrJd con quel Rappresentante turco, circa la possibilità di un eventuale accordo fra l'Asse e le Potenze Alleate, Russia esclusa, destinato ad arginare la minaccia del neoimperialismo sovietico.

Il Ministro di Romania ha avuto successivamente lunghe conversazioni al riguardo, oltre che con i Rappresentanti dell'Asse,. anche con Jordana, col

Nunzio a Madrid e con i Rappresentanti diplomatici di Portogallo, Argentina, Francia, Finlandia e Turchia, ai quali -specialmente ai neutrali -avrebbe esposto «la situazione così come appare vista da Bucarest».

Il contenuto delle conversazioni avute da Dimitrescu è stato da lui ulteriormente precisato a Bucarest come segue:

l) il solo pericolo presente e futuro è il neo-imperialismo bolscevico;

2) sola difesa contro tale pericolo è una Germania forte militarmente e politicamente;

3) in nessuna ipotesi (impressione personale di Dimitrescu) la Germania si separerebbe dagli attuali dirigenti;

4) un cambiamento in tal senso non sarebbe del resto vantaggioso per alcuno; Hitler desidera realizzare una collaborazione fra i popoli europei, che la Germania non intende soggiogare;

5) di fronte alla minaccia di bolscevizzazione dell'Europa occorrerebbe fin d'ora cercare una formula di collaborazione europea.

Il Ministro di Romania ha contemporaneamente smentito in modo formale di avere nelle sue conversazioni accennato ad intenzioni di pace della Germania,

o a condizioni di pace separata per la Romania.

Le sue considerazioni sul pericolo bolscevico avevano suscitato forte impressione, e la necessità che la Romania continui nella lotta intrapresa veniva sottolineata negli ambienti diplomatici di Madrid.

Le precisazioni inviate al suo Governo da Dimitrescu avvalorano l'ipotesi che a Bucarest siano pervenute richieste di chiarimenti, probabilmente da parte tedesca, circa l'effettivo contenuto e portata delle conversazioni avvenute a Madrid. A tale riguardo il Dimitrescu affaccia l'ipotesi che si sia verificato, oltre ad un intrigo ungherese tendente ad intorbidare i rapporti fra Bucarest e Berlino, anche una manovra delle Potenze anglo-sassoni, interessate a compromettere e praticamente eliminare un rappresentante a Madrid in condizioni di svolgere azione più ascoltata ed efficace di quella dei numerosi agenti della propaganda tedesca.

In relazione alle prese di contatto avvenute a Madrid (ovviamente su istruzioni, o quanto meno a preventiva conoscenza del Governo di Bucarest), e a possibili iniziative romene intese a facilitare una via d'uscita dal conflitto, va notato il recente arrivo in Turchia di una personalità romena -non altrimenti identificata -, sulla quale si sono avute le seguenti informazioni:

-si tratta di personalità di non grande rilievo politico;

-essa ha sottolineato le perdite subite dalla Romania, la crescente sfiducia nella vittoria finale della Germania, l'agitazione e il panico esistenti nel Paese sia per il maggior pericolo russo, sia anche nei riguardi dell'Ungheria e della Bulgaria. Da parte turca si sarebbe detto all'emissario romeno che nel momento attuale la Romania avrebbe dovuto fare «un gesto» che le permettesse di uscire quanto prima dal conflitto.

29 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

(l) Vedi D. 148.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BALDONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 6417/1066. Berlino, 1° maggio 1943 (per. il 5J.

Telespresso ministeriale 13/6479/188 del 26 marzo u.s. (1).

In una recente conversazione avuta con un funzionario di questa AmbasCiata, il Ministro Gailani ha fatto capire che le assicurazioni che egli desidererebbe avere dal Governo italiano concernono sopratutto la salvaguardia della sua posizione nei confronti del Gran Mufti.

Il Primo Ministro iracheno ha dichiarato infatti che se il Mufti ha una posizione preminente per quello che riguarda la Palestina, egìi ne ha una eguale se non superiore per quello che riguarda l'Iraq. Gli sarebbe quindi gradito se da parte italiana si volesse mettere lui ed il Mufti assolutamente sullo stesso piano, e non cercare, egli ha specificato, «come è successo parecchie volte», di anteporre la personalità del Gran Mufti di Gerusalemme alla sua.

Un altro punto sul quale assicurazioni da parte italiana gli sarebbero gradite è quello riguardante il «Comitato segreto arabo ». Gai:ani afferma che ogni ingerenza italiana o tedesca in questo Comitato potrebbe avere nocive influenze nei rapporti tra i Paesi Arabi e l'Asse (vedi in proposito anche il punto 4o della sua lettera del 26 gennaio 1943 diretta al Comandante Simen) (2).

EgH desidera che il Presidente del Comitato stesso venga liberamente scelto tra gli arabi e non designato da Potenze straniere anche se amiche.

E ciò in relazione al progetto di riconoscere ufficialmente all'Eminenza Amin el Husseini la qualità del Presidente del Comitato arabo, riconoscimento che avrebbe posto Gailani su di un piano inferiore a quello del Gran Mufti.

In sostanza, le assicurazioni chieste dal Primo Ministro iracheno possono essere così precisate:

l) riconoscimento della sua pos1z10ne di «completa ed assoluta eguaglianza » nei confronti del Gran Mufti;

2) riconoscimento che tutto ciò che riguarda l'Iraq è di sua competenza, limitandosi invece la competenza del Mufti alla Palestina ed alla Siria;

3) assicurazione che non si cercherà di dare al Gran Mufti una posizione di preminenza, riconoscendolo ufficialmente, senza l'assenso di Gailani, a Presidente del Comitato segreto arabo (3).

(l) -Con tale telespr. venivano richieste informazioni circa le assicurazioni desiderate da Gai!ani. (2) -Lettera di Gailani a Simen, allegata al telespr. da Roma 13/03999/126 del 23 febbraio, non pubblicato, il cui punto 4° diceva: «As to the question of appointing chiefs and presidents of committees it is always to be the right of the Arabs in the countries. I do not wish to see our allies !ntcrfer in such matters because I believe that the interference in our interior affairs will have bad effects on our good ~:elations which we like to strengthen it and have it continua!. Then accordingly H.E. the Mufti for Jerusalem works only w!th the Palestinian affairs ». (3) -Per la risposta, vedi D. 319.
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IL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI (l)

T. P. [Quartier Generale del Filhrer], 2 maggio 1943, ore 16,30 (2).

Ho avuto il Vostro telegramma del 1° maggio 1943 (3).

Duce, la seconda armata aerea, il 1° marzo, aveva una consistenza di 1.012 apparecchi di prima linea. Durante il mese di marzo sono stati inviati altri 574 apparecchi. Questi invii ho fatto potenziare ancora nel mese di aprile. Soltanto nel mese scorso sono stati inviati 669 apparecchi di prima linea. In questo numero sono compresi soltanto gli apparecchi di normale invio senza contare quelli dei reparti trasferiti in Italia e gli apparecchi da trasporto.

Sto facendo esaminare in questo momento quanto posso fare ancora per potenziare le nostre forze aeree. Oggi, per questo, il Maresciallo Kesselring si presenterà a Voi.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI

T. 67/120 R. Roma, 4 maggio 1943, ore 2.

Vostro 193 (4).

Sono pienamente d'accordo opportunità non sia dato alcun seguito a iniziativa esponenti del movimento nazionalista montenegrino per ragioni da voi precedentemente indicate nel vostro 174 (5).

Evidentemente fra formazioni nazionaliste serbe e formazioni musulmane albanesi del Kossovo irredento vi è oggi gara affermare proprio predominio nel Sangiaccato. Occorre evitare nuove cause disordini facili a scoppiare ove venissero incoraggiate o le une o le altre. Dato quanto è stato già concordato fra il Governatorato Militare del Montenegro e il Comando Superiore tedesco di Salonicco giusta Vostro telegramma 186 (6) rimane fermo che nulla deve essere innovato a tale linea di condotta.

(-4) Vedi D. 280. (-6) Vedi D. 280, nota 4.

(l) In Archivio Centrale dello Stato, «Carte della vallgla dl Benito Mussollnl ». Ed. In Hitler e Mussolini: Lettere e documenti, cit., p. 155.

(2) -Questo telegramma fu inviato a Kesselring, con le lstruzlonl dl provvedere alla sua «immediata consegna» a Mussolinl. Ciò che Kesselring fece nel colloquio che ebbe con Mussolini il 4 maggio. (3) -Vedi D. 276. (5) -Vedi D. 240.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL GOVERNATORE MILITARE DEL MONTENEGRO, PIRZIO BIROLI

T. PER CORRIERE 69 R. Roma, 4 maggio 1943, ore 10,3&.

R. Ministro a Belgrado mi ha informato (l) richiesta esponenti movimento nazionalista montenegrino ottenere concorso formazioni armate serbe generale Nedic a ciclo operativo nel Sangiaccato e nello stesso tempo loro desiderio inviare rappresentante a stesso generale Nedic per confermargli loro adesione a sue vedute politiche futura sistemazione serba.

Tale iniziativa è in evidente contrasto con impegno codesti Capi nazionalisti rinviare a dopo guerra ogni decisione circa sistemazione Montenegro giacché tale passo pregiudicherebbe decisione predetta. Inoltre concorso elementi serbi nel Sangiaccato non potrebbe che accentuare conflitto esistente tra ortodossi e musulmani colà, dati i tentativi analoghi a voi ben noti di formazioni musulmane albanesi del Kossovo irredento di intervenire nel Sangiaccato.

A seguito accordi da voi conclusi con Comando tedesco Salonicco su quf'stione presidi nel Sangiaccato, non conviene far intervenire elementi irregolari cui presenza non può che aggravare situazione.

Per tutte questioni di tale genere che hanno evidente profilo politico mi riuscirà particolarmente gradito di essere da voi direttamente tenuto al corrente.

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L'INCARICATO D'AF'FARI A BERLINO, BALDONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER TELESCR. 2824/762 R. Berlino, 4 maggio 1943, ore 13,50.

Seguito al telegramma n. 751 del 1° corrente (2).

Questo Sottosegretario Affari Politici ha testé comunicato quanto segue: «Il Ministro Rahn ha istruzione di osservare un atteggiamento dal quale risulti che noi non pensiamo assolutamente ad una ritirata dalla Tunisia.

Questa istruzione gli è stata impartita perché farebbe una cattiva impressione sulle nostre truppe se il Rappresentante Auswaertiges Amt entrasse ora in conversazioni o facesse preparativi in vista di quanto avverrebbe nel caso di una ritirata dalla Tunisia.

Proponiamo perciò al Governo Italiano che siano impartite istruzioni sia al Signor Bombieri sia al Signor Rahn di non prendere in considerazione assolutamente un abbandono della Tunisia e di rimanere invece ai loro posti come esempio per le truppe combattenti.

Saremmo grati per una comunicazione circa n modo in cui il Governo Italiano considera la questione. Diverse appaiono naturalmente le cose circa le personalità dirigenti francesi in Tunisia.

Per ciò che concerne il Residente Generale Ammiraglio Esteva, consideriamo giusto !asciarlo per ora al suo posto, ma in caso di necessità allontanarlo all'ultimo momento dalla Tundsia, coattivamente seppure in forma amichevole.

Per quanto concerne la personalità del Bey di Tunisi, preghiamo il Governo Italiano -in vista del determinante interesse italiano in Tunisia -di comunicarci il suo pensiero al riguardo: cioè se esso intende trasferirlo in Italia, per esercitare da là una influenza sullo sviluppo delle cose in Tunisia, ovvero se esso ritiene opportuno che rimanga nel Paese».

Sottosegretario ha aggiunto aver ordine dal Ministro Ribbentrop di trasmettergli la nostra risposta non appena pervenuta a Berlino (1).

(l) -Vedi D. 280. (2) -T. 13194/751 P.R. del lo maggio 1943 ore 12, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2877/075 R. Madrid, 4 maggio 1943 (per. il 6).

In questi giorni ho avuto cordiali prese di contatto con il nuovo Ambasciatore di Germania, prima e dopo la presentazione delle sue credenziali.

Dieckhoff è persona molto ben dotata e parla correntemente varie lingue. Professa la religione cattolica, cosa che riuscirà gradita agli spagnoli. Ho avuto l'impressione di trattare con un diplomatico fine, colto, di mentalità aperta. Mi ha manifestato il suo vivo desiderio di mantenere con me frequenti contatti ed abbiamo convenuto di intensificare la collaborazione tra le due Ambasciate.

Dieckhoff mi ha parlato del colloquio accordatogli dal Caudillo alla presenza del Ministro degli Affari Esteri dopo la presentazione delle credenziali. La conversazione, giudicando da quanto egli mi ha detto, si è svolta all'incirca sulle stesse linee di quella da me avuta con il Capo dello Stato, che ha toccato molti degli argomenti su cui mi aveva intrattenuto esprimendosi in senso analogo.

Il Caudillo ha lasciato comprendere all'Ambasciatore la sua preoccupazione per la crescente potenza degli armamenti e dell'apporto degli S.U.A. al conflitto. Dieckhoff ha rilevato a questo proposito che la situazione era ben differente da quella del 1917, data l'intensificazione della guerra sottomarina e sopratutto l'esistenza di un fronte nel Pacifico che assorbe una notevolissima parte del potenziale bellico nordamericano.

Ad un accenno dell'Ambasciatore all'eventualità che gli anglo-americani tentassero di occupare territori spagnoli il Generalissimo ha risposto, come già a me, che riteneva di poter escludere che gli alleati nutrissero tale intenzione e che in ogni caso la Spagna si sarebbe opposta con tutte le sue forze. Il Caudillo ha aggiunto di non essere altrettanto sicuro che gli americani non esercitino pressioni sul Portogallo per ottenere di occupare le Azzorre, nel qual caso però il Portogallo farebbe opposizione. Ha poi confidato a Dieckhoff che nel corso del viaggio che avrebbe compiuto nella Spagna meridionale -iniziatosi effettivamente il giorno 1° corrente -si proponeva di esaminare gli apprestamenti difensivi sulle coste e nell'interno per accertarsi dell'efficienza delle forze dei mezzi dislocati in quei settori.

Nessun accenno nel corso del colloquio al teatro di guerra in Tunisia né ai rapporti tra U.S.A. ed U.R.S.S., argomenti toccati dal Capo dello Stato con me. Il Caudillo ha anche taciuto sull'incontro Fiihrer-Laval (l) dei cui particolari probabilmente non era ancora al corrente: Dieckhoff mi ha detto peraltro di ritenere che il Governo spagnolo non veda con grande favore un'intima collaborazione dell'Asse con la Francia, in ragione forse delle note aspirazioni spagnole nel Marocco francese.

L'Ambasciatore mi ha infine detto che il Caudillo non ha accennato al recente discorso di Jordana (2), forse avendo già avuto la sensazione che esso non sia giunto molto gradito all'Asse. È mia impressione -ha aggiunto -che le parole di Jordana siano state dettate oltre che dalla speranza di poter allontanare il pericolo che la Spagna venga trascinata nel conflitto, anche da un movente di politica interna, dal desiderio cioè di dare al Paese l'impressione che il Governo aveva fatto tutto il possitile per la pace.

(l) Per le Istruzioni di Bastian!n!, vedi D. 292.

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L'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 13675/079 P.R. Madrid, 4 maggio 1943 (per. il 6).

Telegramma per corriere di questa R. Ambasciata n. 029 del 2 marzo u.s. (3).

Secondo notizie qui giunte e di fonte americana il Colonnello Beigbeder avrebbe avuto dei colloqui con Roosevelt, Sumner Welles, Stimson e Morgenthau e starebbe visitando le maggiori fabbriche di produzione bellica degli Stati Uniti.

Secondo le stesse notizie egli farebbe ritorno poi a Madrid per riferire le sue impressioni, ciò che comporterebbe un mutamento di itinerario al suo viaggio nel Sud America annunziato tempo fa a Washington.

Alcuni miei colleghi, nelle loro conversazioni ufficiali al Ministero Affari Esteri, hanno fatto esplicite domande sugli scopi della missione e ne hanno avuto due generi di risposte: ad alcuni è stato detto che in essa era da vedersi esclusivamente il desiderio del Caudillo di allontanare dalla Spagna per qualche tempo un elemento fastidioso; ad altri che a Beigbeder era stata data soltanto una missione di studio del genere di quella a suo tempo affidata a Queipo de Llano in Italia.

Ho ritenuto opportuno di intrattenere Jordana sull'argomento ed egli mi ha risposto che sulla missione affidata a Beigbeder sono corse le voci più assurde.

«Beigbeder -ha detto Jordana -è stato mandato in America esclusivamente con !',incarico di compiere degli studi di carattere militare; ma in via confidenziale posso dirvi che la vera ragione del suo invio in America è stata quella di allontanare una persona incomoda ed agitata. Purtroppo -ha soggiunto Jordana -Beigbeder ha fatto uno sbalzo in avanti troppo rapido; da semplice colonnello è divenuto Alto Commissario in Marocco e subito dopo Ministro degli Affari Esteri, cosicché oggi, tenuto conto delle alte cariche da lui ricoperte, riesce difficile utilizzarlo nel Paese. Dato il suo temperamento impulsivo ho ritenuto opportuno raccomandargli prima della partenza di non andare oltre in nessun caso ai compiti affidatigli, compiti che vi assicuro -ha marcato Jordana -sono privi di qualsiasi incombenza di carattere politico, ciò che del resto sarebbe contrario a tutte le regole della buona amministrazione, poiché non potrebbero essere affidati che ad un Ambasciatore, tanto più che il nostro Rappresentante negli Stati Uniti, Cardenas, è ottimo. Data poi la mia formazione militare, mi guarderei bene dall'agire in senso diverso nei riguardi del nostro Ambasciatore che tanto degnamente rappresenta il Paese all'estero».

Ho domandato allora a Jordana come mai il Colonnello Beigbeder avesse avuto dei contatti con Roosevelt, Sumner Welles, Morgenthau ed altri uomini di Stato americani. Egli mi ha risposto che tali contatti erano stati la conseguenza di iniziative personali di Beigbeder e che egli aveva telegrafato a Cardenas per rinnovare a Beigbeder le raccomandazioni fattegli prima della partenza.

Ho altresì chiesto a Jordana se gli erano giunte voci di trattative intavolate da Beigbeder col Governo messicano, tramite quello degli Stati Uniti, per ottenere il risarcimento dei danni per i beni spagnoli sequestrati dal Messico durante la guerra civile o per consentire ai rossi spagnoli rifugiati in Africa settentrionale di andare al Messico. Jordana, nel rinnovarmi l'assicurazione che Beigbeder non ha avuto alcuna missione politica, mi ha risposto che tali voci erano senza fondamento.

Ritengo che Jordana sia stato sincero nelle sue ripetute assicurazioni tanto più che avendo avuto recentemente occasione di parlare con l'Alcalde di Siviglia, questi, incidentalmente e spontaneamente mi ha confermato che il vero motivo della missione Beigbeder in America stava nel fatto che la sua persona creava difficoltà ed imbarazzo al Governo spagnolo.

(l) -Vedi D. 272. (2) -Vedi D. 233. (3) -Con T. 6927/029 P.R. del 2 marzo 1943, non pubbllcato, Fracassi aveva riferito che Beigbeder, in partenza per gll Stati Uniti, aveva avuto a Lisbona un colloquio con Nicolas Franco e che a Washington era stato ricevuto da Roosevelt.
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IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 2973/037 R. Zagabria, 4 maggio 1943 (per. il 10).

Ho avuto modo di riparlare col Poglavnik in merito agli argomenti trattati nei colloqui avuti al Quartiere Generale del Flihrer (1). Egli mi ha detto:

1°) «Rimane chiaro, attraverso la riaffermazione fattami dal Flihrer, anche questa volta, che i maggiori interessi tedeschi in Croazia sono da ravvisare nelle vie di comunicazione, la cui sicurezza si vuoi garantire, e nella produzione della bauxite, che si desidera intensificare per le esigenze di guerra, sottraendo alla ribellione le regioni dove devono svolgersi i lavori estrattivi e i trasporti stradali per avviare il prodotto in Germania».

2°) Nel colloquio con Ribbentrop, Pavelic ha potuto rendersi conto «che la stessa linea viene seguita dal Ministro degli Esteri del Reich ». Rispondendo a una mia domanda relativa agli interessi italiani e alla preminenza di essi per i noti motivi geografici e politici, ha detto che «implicitamente può considerarsi confermato il riconoscimento di tale punto di vista anche da parte tedesca». «Altri personaggi -ha aggiunto -la pensano forse diversamente, ma devo dire che il Flihrer e Ribbentrop mostrano di vedere le cose cosi, e si pronunciano con rispetto nei riguardi dei vostri interessi>>.

3°) « Ci sono poi le ragioni di guerra -ha continuato -e, quindi, anche i militari hanno la loro parte nella politica. Ma debbo credere che questo sia provvisorio. Come già vi dissi, abbiamo avuto anche conversazioni militari al Quartiere Generale, conversazioni che sono state condotte più diffusamente dal mio Sottosegretario alla guerra e dal Capo di Stato Maggiore. Abbiamo parlato del potenziamento dell'Esercito croato, dei problemi inerenti ai trasporti di materie prime necessarie alla produzione bellica tedesca, e infine delle misure militari e dell'aiuto della Germania per predisporre in Croazia i mezzi di difesa per fronteggiare nuove eventuali minacce da parte dei nemici dell'Asse».

290

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

T. 2867/292 R. Tokio, 5 maggio 1943, ore 11 (per. ore 18,30).

Nuovo Ministro degli Affari Esteri ha cominciato oggi soltanto a ricevere Rappresentanti Diplomatici. Shigemitsu mi ha anzitutto vivamente pregato far giungere a V. E., col suo più cordiale saluto, sentimenti della viva simpatia con la quale ricorda

relazioni personali avute a Londra. Mi ha detto che tali speciali relazioni lo incoraggiano a sperare nella cooperazione anche personale di V. E. per quanto concerne importante contributo italiano alla politica che il Giappone persegue in Cina. Egli stima indispensabile un completamento di tale politica, nel senso del maggiore consolidamento del Governo di Nanchino, prima di poter « andare oltre» nella collaborazione con l'Asse nei riguardi Russia.

Nel corso di una lunga conversazione molto generica sulla situazione, egli mi ha accennato fra l'altro alla sorpresa che ha destato qui l'atteggiamento di resistenza del Governo di Madrid nella questione dell'abbandono dei suoi speciali diritti in Cina, atteggiamento che può riguardarsi soltanto con forti pressioni anglo-americane a Madrid. Non gli risulta esistano altri motivi di difficoltà nippo-spagnole, neppure nelle Filippine. Shigemitsu sarebbe gratissimo se da V. E., data nostra speciale posizione a Madrid, gli giungesse qualche precisa indicazione al riguardo (l).

(l) Vedi D. 278.

291

L'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2880/367 R. Buenos Aires, 5 maggio 1943, ore 15,59 (per. ore 24). Mio 364 (2).

Discorso del Ministro Esteri viene giudicato netta conferma noto atteggiamento questo Governo di fronte S.U.A. che può ri.assumersi con formula «collaborazione ma indipendenza».

Manifestazione assume notevole rilievo politico dato che in questi ultimi tempi Washington ha cercato accentuare isolamento Argentina fra l'altro mediante sua esclusione conferenza monetaria e alimentazione dopoguerra. Mi permetto pertanto suggerire che da parte nostra si colga questa o qualsiasi altra occasione (ad esempio messaggio Presidente apertura del Parlamento 25 corr.) per sottolineare atteggiamento Argentina con qualche discreto dettaglio stampa di tono ufficioso rilevando specialmente:

1°) attuale sforzo Argentina per mantenere sua posizione e potenziare sue possibilità;

2°) contributo Argentina a risoluzione problemi continentali ed extra continentali dopoguerra;

3°) possibilità futura collaborazione itala-argentina specie campo economico.

Faccio presente ad ogni buon fine che brevissimo accenno antitotalitario Ministro degli Affari Esteri dettato anche da circostanze viene giudicato prezzo formale che oratore dovuto pagare per pronunciare parte sostanziale suo discorso (l).

(l) -Per la risposta di Bastianini, vedi D. 303. (2) -Con T. 2852/364 R. del 4 maggio 1943, non pubblicato, Garbacelo aveva riassunto il testo del discorso pronunziato dal Ministro Ruiz in occasione del novantesimo anniversario della Costituzione argentina.
292

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BALDONI

T. 71/569 R. Roma, 5 maggio 1943, ore 24.

Vostro 762 (2).

Vogliate fare le seguenti comunicazioni all'Auswaertiges Amt:

Il Ministro Bombieri ha Ticevuto da tempo nostre istruzioni di rimanere fino all'ultimo momento in Tunisia. In nessuna maniera noi vogliamo dare impressione che si pensi ad un abbandono del paese. Non vogliamo tuttavia che nostri funzionari cadano in mano del nemico ed in caso di estrema necessità provvederemo in conseguenza.

Per quanto riguarda Ammiraglio Esteva concordiamo opportunità allontanarlo dalla Tunisia appena constatato che la situazione divenga delicata, anche coattivamente, se pure in forma amichevole.

Per quanto concerne il Bey pensiamo che la sua venuta in Italia potrebbe avere un notevole interesse per l'Asse. Siamo perciò pronti ad accoglierlo con gli onori dovutigli sul territorio italiano. Riteniamo che andare al di là di amichevoli pressioni e consigli per indurlo a partire porterebbe a dannose ripercussioni per noi in tutto il mondo arabo.

293

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI

L. s. 1/2397 (3). Roma, 5 maggio 1943.

Siamo venuti recentemente a conoscenza -tramite i nostri servizi informativi all'estero -di alcuni precisi elementi relativi a pressioni esercitate su

Lisbona e Madrid dalle potenze anglo-sassoni per giungere alla cessione di basi sia marittime che metropolitane in territorio portoghese e spagnolo, e alle trattative che sono state condotte in proposito sia a Lisbona che a Londra.

Ho voluto informartene sollecitamente, mentre ti prego -per ovvie ragioni -di considerare le informazioni in proposito come strettamente segrete e riservate alla tua persona: ti sarò anzi grato di voler distruggere -dopo presane visione -la presente lettera.

La prima fase delle trattative è stata costituita dall'arrivo in Portogallo, nel marzo scorso, di una missione militare britannica, che ha cercato, appoggiando la propria richiesta alle clausole segrete del Trattato di Alleanza angloportoghese, di ottenere l'uso di basi e punti di appoggio non soltanto nelle isole dell'Atlantico, ma anche nel territorio metropolitano del Portogallo.

Tali richieste non furono considerate giustificabili dal Governo di Lisbona, che diede incarico ad una propria missione, mandata a Londra nei primi giorni di aprile, di limitare le possibili concessioni a quanto previsto dal Trattato (e cioè nell'eventualità di una aggressione, ed escludendo il territorio metropolitano), e di precisare anche che sarebbe stato permesso l'eventuale sbarco soltanto a truppe britanniche.

A Londra tale presa di posizione determinò una più ampia richiesta inglese, che comportava un accordo a quattro tra le due potenze anglo-sassoni e quelle iberiche, per la cessione di basi nelle Azzorre, a Lagos, Vigo e Bilbao. Tale offerta di collaborazione militare incontrò il rifiuto spagnolo, confermato -a seguito di ulteriori insistenze britanniche -dalla partenza di Alba per Madrid: mentre analogamente, basandosi sui vigenti «Patti Iberici», anche Lisbona rifiutava il suo consenso.

Nella trattativa è intervenuto a questo punto anche l'Ambasciatore degli Stati Uniti, il quale ha avanzato la possibilità di una occupazione di forza delle Isole Azzorre.

Allo stato delle cose risulterebbe che la missione portoghese, rientrata a Lisbona per riferire, ritiene prevedibile una occupazione delle Azzorre, a breve scadenza, da parte degli Stati Uniti.

v,i sono stati a Lisbona dei contatt;i tra il Governo portoghese e quell'Ambasciatore del Brasile, che fanno pensare anche alla eventualità che a truppe brasiliane sia riservato il compito -costì ritenuto più agevole -di sbarcare nelle Azzorre. Il comando militare di queste Isole, e quello delle Isole del Capo Verde avrebbero comunque ricevuto l'ordine di opporre resistenza ad eventuali tentativi.

Mi riservo di comunicarti quegli ulteriori elementi che potessero risultare in merito a tale questione, mentre ti prego di volerne seguire con tutte le necessarie cautele le possibili ripercussdoni e gli sviluppi che potrà avere costì (1).

(l) -Non sono state rinvenute risposte a questo telegramma. (2) -Vedi D. 286. (3) -Le notizie contenute in questo documento furono da Bastianini trasmesse a Ribbentrop con lettera personale n. l/:>.393 del 5 maggio 1943, in riferimento alle segnalazioni già fattegli a Klessheim «circa alcuni recenti atteggiamenti della politica anglo-sassone verso i paesi Iberici>>.

(l) Paulucci rispose, con lettera n. 3746 del 17 maggio 1943, assicurando che seguiva la questione e facendo riferimento ai telegrammi già inviati sull'argomento (nn. 617, 618, 621 e 632, quest'ultimo pubblicato al D. 329).

294

IL LUOGOTENENTE DEL RE IN ALBANIA, PARIANI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. P. 367. Tirana, 5 maggio 1943 (per. il 10).

In relazione alla crisi di Governo in atto (1), sintetizzo il lavoro compiuta in questi giorni.

Appena ricevute le dimissioni del Governo Bushati chiamai l'Ecc. Verlaci e gli chiesi se si sentisse di costituire il nuovo Governo. Egli mi rispose subito che in realtà era fisicamente scosso, ma mi chiedeva qualche giorno di tempo per consultare suoi amici e concretare come risolvere la crisi, col pieno appoggio suo e dei suoi aderenti.

Consultai in seguito le personalità più in vista, attenendone i soliti nomi: Verlaci, con grande maggioranza; Ekrem Libohova, subito dopo; Kemal V rioni, a qualche distanza; Mustafà Merlika Kruja, con pochissimi voti; Terenzio Toçi, da qualche voce ortodossa.

Ebbi con Verlaci quattro successive riunioni. Egli mi propose in primo tempo di nominare Presidente Kemal Vrioni mettendo, quasi come condizione, che fosse accordata la costituzione del Ministero degli Affari Esteri Albanese (con sole rappresentanze consolari, lasciando cioè completamente al Ministero degli Esteri Italiano la rappresentanza politica, non potendosi ammettere che una Corona possa svolgere due politiche diverse). Gli risposi subito: 1° -che io chiedevo la sua diretta ,partecipazione; 2° -che non potevo accettare condizioni, sia perché consideravo fuori luogo una richiesta di concessioni nella situazione attuale, sia perché non mi sembrava opportuno iniziare (come è stato fatto col Governo dimissionario) con un fuoco di paglia politico di poca importanza pratica, mentre invece abbiamo grossi problemi da risolvere, sui quali è volta l'aspettativa del popolo albanese.

Successivamente Verlaci abbandonò il nome di Vrioni per segnalarmi la candidatura di Ekrem Libohova, da lui considerato l'unico uomo che potrebbe fare sicuramente bene. Insistetti perché volevo invece lui stesso, anche per dargli la soddisfazione di essere lui a risolvere il grave problema attuale, ottenendo il nostro apprezzamento ed eventuali successive soddisfazioni nazionali, per aver lavorato in questo grave momento, conducendo il Paese ad una reale collaborazione. Nelle lunghe conversazioni avute con lui ho notato un sempre maggior senso di stanchezza.

Oggi, giorno fissato per la risposta definitiva, si è presentato alquanto abbattuto e mi ha dichiarato che -in coscienza -non poteva accettare il mandato perché non si sentiva le forze necessarie per adempierlo. Ha insistito sul nome di Ekrem Libohova, assicurando il suo incondizionato appoggio ad un Governo da questi presieduto. Siccome a mia volta ho insistito perché volevo il suo nome, proponendogli Libohova come Vice Presidentle (per consentirgli di allontanarsi per cure etc.) egli ha finito col dichiararmi: «In questo momento

è assolutamente impossibile che io acce::ti, perché non sono in grado di lavorare; Libohova può assumere la Presidenza in pieno accordo con me e, se non si sentirà di continuare o non risponderà bene, io prenderò il suo posto senza più guardare a salute o ad altro, perché capisco anch'io che si sta svolgendo una battaglia decisiva». Ho allora invitato Ekrem Libohova a venire a Tirana, segnalandogli l'opportunità che arrivi al più presto

Dalla crisi in atto sono emersi sempre più chiari i mali che oramai sono radicati in Albania e che rendono difficile e penosa l'azione di comando:

a) comunismo: assai più diffuso di quanto si creda. Da rompere nelle varie tendenze, per battere le più avverse;

b) malessere generale, dovuto alle difficoltà di vita e alla sperequazione economica (pochi ricchissimi, la massa povera e quasi indigente). Da lenire con opportuni provvedimenti, già iniziati od in istudio;

c) apatia quasi completa, dovuta alla sensazione di andare incontro all'irreparabile; sfiducia generale nell'andamento della guerra e nella potenza morale, economica, materiale e politica dell'Italia.

Tutto ciò culmina nell'accusa all'Italia -nonostante tutto ciò che di bene ha 'qui fatto -di aver portato il Paese a questa situazione caotica, senza via di uscita.

Unica magra soddisfazione in tutto questo: un benevolo senso di attesa per quanto potrò fare, basato sul buon ricordo lasciato e sulla certezza che il Duce mi darà il suo pieno appoggio.

In questa attesa noto una certa tendenza di avvicinamento, che conto di accelerare con miei sopralluoghi non appena avrò risolto la crisi di Governo (1).

(l) Vedi D. 265.

295

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A KABUL, QUARONI

T. S.N.D. 15082/42 P.R. Roma, 6 maggio 1943, ore 24.

Vostro 188 e seguenti (2). D'accordo. Continuate a sostenere assurdità di far sopportare anche a noi conseguenze incidenti attribuiti ad altri. Ho prospettato ai tedeschi opportunità agire cautamente, e, in generale, secondo linee da Voi suggerite. Ne attendo risposta, che vi telegraferò appena possibile (3).

(l) -Con T. 2985/233 R. del 10 maggio 1943, ore 13,20, non pubblicato, Parìanì informava che il nuovo governo era stato composto sotto la presidenza dì Ekrem Libohova e chiedeva la «conferma » dì esso al Ministro onde poter procedere al suo insediamento il 12 maggio. Tale telegramma è vìstato «Sì. M[ussollnì] ». (2) -Vedi D. 266. (3) -Vedi D. 307.
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IL MINISTRO A BERNA, TAMARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

H. 1648/487. Berna, 6 maggio 1943 (per. il 10).

Si può dire ancora che la Svizzera non sente la minaccia bolscevica e, salvo una minoranza, la stima uno spauracchio sfoderato dalla propaganda dell'Asse in un momento per esso pericoloso. Un giornale cattolico di Ginevra ha scritto: «incontestablement la campagne de l'Est et l' Alliance des Soviets avec les Anglo-Américains ont puissamment contribué à rendre le bolchevisme sympathique b. Ed è una verità così sensibile, che un altro giornale ha potuto scrivere: «un vent de folie souffle à travers le pays ». Esiste un movimento comunista molto intenso a Ginevra e importante a Basilea: non altrettanto nel resto del Paese, dove tuttavia si agita più dell'anno scorso lavorando sotterraneamente. I socialdemocratici menano la loro propaganda con molte conferenze sulla Russia e con la incondizionata simpatia della loro stampa ai bolscevichi combattenti. A Zurigo, nei comizi del l o maggio, la folla a capo scoperto ha ascoltato una marcia russa e ha osservato minuti di silenzio in onore dei caduti russi. A Berna << Stalingrad >> è stata la parola d'ordine nella stessa occasione. Ma più grave di questa azione -alla quale si può contrapporre un costante regresso dei socialdemocratici a Zurigo -è il sentimento diffuso in tutte le classi dalla guerra e dalle offensive russe: i bolscevichi hanno «épaté les bourgeois », hanno susci'.;ato nei vastissimi ambienti dell'antigermanesimo e dell'antinazismo una vera simpatia irriflessiva per il bolscevismo. Si sono potute udire persone del patriziato bernese esclamare: meglio il bolscevismo che il nazismo.

Questo insensato invaghimento per quelli che -si dice -hanno infranto il mito dell'invincibilità dei tedeschi è penetrato così profondamente che la Confederazione dei sindacati operai, e con un manifesto e coi discorsi dei suoi rappresentanti il 1° maggio, ha avvertito il proletariato svizzero che non ha nulla da sperare da una rivoluzione. Favoriscono questi sentimenti russofili alcuni fatti particolari. Intanto si è diffusa la convinzione che una falsa propaganda ha ingannato l'Europa sul conto dell'U.R.S.S. e del suo sistema di Governo: gli Svizzeri, anche per ragioni inerenti al loro materialismo, sono ora profondamente impressionati dalla produzione industriale della Russia, dai risultati economici raggiunti da quel regime e da tutte le «rivelazioni» della guerra russa: sono altrettanto impressionati da quella che credono la fedeltà dei popoli soggetti al regime moscovita. Sotto l'influsso di ques'.;o sentimento e della propaganda inglese gli Svizzeri stimano che l'U.R.S.S. abbia subito una profonda evoluzione verso forme politiche «borghesi», sia divenuta uno stato nazionalista e imperia1ista, abbia rimesso in piedi la proprietà, restaurato la religione, rinunziato al collettivismo integrale. Stimano con ciò che il comunismo abbia perduto la sua natura perniciosa e comunque non possa più

dilagare all'estero se non è più reali;:zato nell'interno. Quanto viene detto da noi o dai Tedeschi è giudicato mera propaganda di gente che grida perché le cose le vanno male: ci si attiene più volentieri, per naturale inclinazione dell'animo, a quanto dicono e fanno gli Anglosassoni e, se questi non temono il bolscevismo, non si vede qui perché lo debbano temere gli Svizzeri che hanno tanto meno da perdere. I pochi che reagiscono -tra gli alemanni e i ticinesi -o sono denunziati quali agenti dell'Asse o non sono nemmeno ascoltati. L'allarme è dato più vivamente nella Svizzera romanda, dove la presenza della «quarta colonna» ginevrina suscita preoccupa~ione e rende più direttamente sensibile il pericolo comunista. Ma anche in quella parte la maggioranza non ci crede. Si deve riconoscere che la situazione generale della Svizzera favorisce quelle tendenze in quanto le masse di lavoratori e degli impiegati, non essendovi quì altra civiltà né altre idee, si trovano tra il bolscevismo e il capitalismo e dovrebbero combattere contro il promettente bolscevismo a favore del vecchio capitalismo: è ovvio che poste tra due sistemi di classe o di organizzazione economico-sociale quelle masse non possano schierarsi dalla parte anti-bolscevica, anche se non accettano i principii del comunismo. In realtà, si può dire che le masse lavoratrici svizzere (non i contadini, che hanno altri principii e sono fermi sulle idee tradizionali) sono messe tra due sistemi a cui per il loro radicato individualismo sono egualmente avverse, attenendosi ancora al socialismo riformista non poco sconquassato dagli avvenimenti: ma è logico che, se sono chiamate a giudicare e devono tendere da una parte, preferiscano quella dell'anticapitalismo radicale in un paese a regime strettamente capitalistico. Prova di ciò è anche la radicalizzazione a tipo rivoluzionario di una vasta ala della socialdemocrazia. Nelle classi borghesi invece produce inclinazione oscura e pericolosa verso la Russia bolscevica l'ammirazione per la Potenza che ha arrestato -credono -la formazione di quell'egemonia tedesca in Europa che avrebbe assorbito anche la Svizzera. E poiché dette classi bevono volentieri quanto propina loro la propaganda della cosidetta democrazia, si cullano nella convinzione che, se la Russia volesse bolscevizzare l'Europa, gli Angloamericani interverrebbero certamente a proteggere la Svizzera. Una stampa in gran parte irresponsabile alimenta questa e altre chimere, mentre un'altra parte affetta dinanzi alla politica russa una rigorosa oggettività, che non ha mai osservato dinanzi a quella dell'Asse. Va rilevato anche l'atteggliamento dei cattolici che, riferendosi ai messaggi del Papa, sostengono che bisogna distinguere regime bolscevico e popoli russi e, pur respingendo quello, pregare per la salvezza di questi. Il che, largamente frainteso, non favorisce certo lo snebbiamento delle menti. Il Governo rimane fuori di questi movimenti politici e ideologici e conosce la realtà del pericolo, vede chiaramente quale disastro sarebbe per tutta

l'Europa la vittoria della Russia bolscevica. Celio ha ammonito il paese a ricordare che i Russi arrivarono in Svizzera quando non avevano né ferrovie né automobili e potrebbero arrivarci di nuovo più facilmente. Ma il chiaro monito non ha avuto l'effetto desiderato. Non si ammette in generale non solo l'esistenza del pe11icolo bolscevico, ma nemmeno che possa costituire un problema per la Svizzera.

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IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO

L. P. R. 1/2442. Roma, 7 maggio 1943.

Ti sarai probabilmente reso conto costà della crisi sopravvenuta nei rapporti fra la Germania e il Governo ungherese. Per tua notizia ti informo che il 27 aprile scorso Mariassy ha consegnato al Sottosegretario il promemoria del quale ti unisco copia (1).

Il contenuto di questo promemoria risponde alle informazioni che tu hai inviato e rivela, sopratutto nella frase conclusiva, le preoccupazioni del signor Kallay.

Queste preoccupazioni non erano infondate perché successivamente e cwe al principio di questa settimana, l'Ambasciatore Mackensen ha richiesto l'adesione nostra alle proposte contenute in un appunto del quale pure ti allego copia (2) e che consistono nella procìamazione di una specie di «sciopero bianco >> nei confronti dei Governi di Bucarest e di Budapest.

Il nostro atteggiamento può riassumersi come segue:

1°) nell'ultimo incontro di Salisburgo (3), che ha avuto luogo quando già eravamo in possesso del promemoria presentato da Mariassy, il Sottosegretario non ha mancato di aderire alla richiesta di Kallay ed è intervenuto presso Ribbentrop in favore dell'Ungheria.

Egli ha fatto presente al Ministro germanico che il Duce lo aveva incaricato di far sapere al Fiihrer che si proponeva seguire con attenzione l'atteggiamento del Governo ungherese e di fare quanto gli era possibile per stimolarne la piena collaborazione con le Potenze dell'Asse. Ha aggiunto: «Il Fiihrer conosce il pensiero del Duce sulla situazione e sugli uomini politici dell'Ungheria. Poiché non è per il momento possibile cambiare questi né la situazione sociale del paese di cui sono l'espressione, occorre tollerare entro certi limiti quella politica parlamentaristica alla quale si ispirano».

Il Sottosegretario non ha mancato poi di prospettare i pericoli di una politica forte nei confronti dell'Ungheria che potrebbe portare a conseguenze la cui gravità è bene non sottovalutare. Il Duce si proponeva d'altro canto di rinnovare agli ungheresi il Suo avviso più fermo sulla condotta della guerra. Al Presidente Kallay il DEce del resto ha già detto nello scorso mese (4) che per il momento quello che più importa è di proseguire a fondo la guerra e il Ministro Mariassy gli ha recentemente confermato la ferma decisione dell'Ungheria di continuare la guerra fino alla vittoria.

La risposta di von Ribbentrop a questo passo fu che egli non aveva nel frattempo appreso null'altro di sfavorevole sul conto degli ungheresi. Tuttavia i fatti esposti a Horthy -che si ritrovano nel promemoria allegato -erano

( 2) Vedi allegato.

( 4) Vedi D. 176.

documentati in maniera molto seria. Horthy aveva promesso di accertare ed inviare spiegazioni ma che nulla gli era ancora pervenuto.

2°) Nel mentre la situazione ungaro-tedesca, dopo questo colloquio, sembrava acquietata, il 4 c.m. Mackensen ha presentato a Bastianini il promemoria allegato.

La risposta del Sottosegretario è stata immediata e piuttosto netta.

Egli ha detto a Mackensen che non potevamo associarci ad una iniziativa del genere che tra l'altro non risolveva assolutamente nulla. Se i tedeschi avevano delle prove di trattative condotte col nemico da parte di agenti ungheresi farebbero bene ad affrontare decisamente la questionee con il Governo Kallay:

o le trattative sono frutto di personale iniziativa di qualche personalità ed il Governo ungherese dovrebbe fare tutto il necessartio per sconfessarle ed eventualmente applicare sanzioni; o Kallay ne assume la responsabilità ed in questo caso, evidentemente, anche le conseguenze. Nella stessa occasione l'Eccellenza Bastianini ha ripetuto a Mackensen gli argomenti già portati a Ribbentrop nella visita fatta qualche giorno prima. Gli ha ripetuto che Kallay era reduce da poco tempo da Roma dove aveva riaffermato personalmente al Duce di condurre la guerra senza esitazioni fino alla vittoria e che di questo il Duce aveva preso atto.

Che inoltre riteneva sconsigliabile e anche pericoloso adottare una politica forte nei confronti ungheresi perché la situazione interna del paese non lascia va prevedere quali potessero essere le conseguenze di un nuovo Governo imposto con la forza.

Noi siamo alla vigilia di dover richiedere un apporto di forze da tutti i nostri alleati e non dovevamo arrischiare invece, attraverso situazioni imprevedibili, una dispersione di tali forze.

Non abbiamo più ricevuto alcuna comunicazione a questo riguardo.

Come vedi tutto questo non tocca il tuo atteggiamento costà. Ho ritenuto però, d'accordo con il Sottosegretario, di non !asciarti ignorare queste fasi importanti dello stato delle cose anche per i suoi possibili sviluppi avvenire (1).

ALLEGATO

L'AMBASCIATA DI GERMANIA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

APPUNTO. Roma, 4 maggio 1943.

I Ministri di Germania a Budapest ed a Bucarest hanno, in quanto al contegno da osservare d'ora innanzi nei confronti del Presidente dei Ministri von Kallay e del Vice Presidente dei Ministri Mihai Antonescu, ricevuto ora istruzioni nel senso che essi debbono limitare le loro relazioni, sia quelle di servizio che quelle di società, con le due

30 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

personalità al m1mmo assolutamente inevitabile, e in tutte le questioni, che da parte nostra vogliamo portare davanti ai due Governi, i Ministri debbono interessare direttamente e in Ungheria il Reggente e in Romania il Maresciallo, oppure debbono limitarsi ad avvicinare i Capi-sostituti dei due Ministeri degli Affari Esteri.

Qualora il Sig. von Kallay od il Sig. Mihai Antonescu pregassero il nostro Ministro di venire da loro, il Ministro dovrà mantenersi del tutto e soltanto ricettivo e non dovrà entrare in conversazione alcuna.

Del resto ai nostri Ministri a Budapest e Bucarest è stato comunicato che viaggi di personalità ufficiali germaniche per l'Ungheria e la Romania non avranno luogo fintanto che colà la situazione non sarà chiarita.

(l) Vedi D. 267, allegato.

(3) Vedi D. 271.

(l) Anfuso rispose, con L. p.r. 1191 del 15 maggio 1943, non pubblicata, che la documentazione inviatagli coincideva con quanto egli aveva riferito sulla crisi dei rapporti ungarotedeschi e sottolineò l'importanza della nota inviata dalla Legazione di Ungheria, che conteneva, per la prima volta, una precisa esposizione delle divergenze esistenti con il Governo di Berlino.

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l

IL MINISTRO A BERNA, TAMARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 1654/492. Berna, 7 maggio 1943 (per. il10).

Le notizie del massacro di Katyn hanno prodotto grande impressione in Svizzera, ma senza che se ne potesse avvantaggiare la politica dell'Asse. Dopo la prima sorpresa la stampa, che è determinante assoluto dell'opinione pubblica, ha assunto o un atteggiamento russofilo o una pretesa oggettività o lo stesso punto di vista del governo polacco, in nessun caso, neanche in via subordinata, una posizione favorevole alla Germania. Il primo atteggiamento, manifestato nel dire che una affermazione tedesca e una russa stavano di fronte senza che si potesse dimostrare quale fosse la verità e chi avesse commesso il massacro, è stato ed è tenuto non soltanto dai socialisti, ma anche da una parte della stampa borghese e persino dal giornale cattolico di Friburgo. Di una falsa oggettività si è fatta mostra pubblicando tutti i comunicati e discutendo le tre tesi con l'aria di non dar ragione a nessuno, ma col risultato di sva·.utare le affermazioni tedesche, oppure di condannare il massacro in se stesso lasciando indeciso chi ne fosse l'autore. I più hanno seguito il governo polacco, qualcuno dicendo che non avrebbe potuto fare altrimenti, qualcuno che aveva sbagliato nel ricorrere alla Croce Rossa, ma che il comportamento della Russia nei riguardi degli ufficiali e degli internati giustificava il suo sospetto che il massacro fosse stato perpetrato dai bolscev-ichi. Ma quelli che hanno ammesso la possibilità o la probabilità di una responsabilità russa, hanno poi subito affermato che questa scoperta gettava luce unicamente su un lato della tragedia polacca, che il massacro era un'indiretta conseguenza dell'accordo russo-tedesco del 1939 e che la Germania aveva commesso non minori atrocità contro polacchi e contro giudei e perciò non aveva diritto di accusare. Si è approfittato per scDivere molti articoli sul martirio della Polonia, sul durissimo giogo impostale dai vincitori e s'è fatto largo accenno a un memoriale mandato dai sindacati polacchi a Attlee, contenente infamie e miserie d'ogni genere. S'è visto ancora una volta che le condizioni della Polonia sono un grave carico per la politica dell'Asse, costituiscono la pietra di paragone per giudicare le nostre idee e le nostre intenzioni o l'ombra con cui avvolgere la nostra politica se accenna a voler fare luce. L'atteggiamento dell'opinione pubblica svizzera è dovuto specialmente all'inguaribile germanofobia, ma anche a un desiderio di cogliere l'occasione per far pressione sull'Asse in favore della Polonia e per dirci che resteranno sempre scettici dinanzi alle nostre vaghe promesse finché le condizioni di quel paese non saranno migliorate.

Tutti hanno ammesso qui che la denuncia del massacro di Katyn, portando la disunione e l'imbarazzo nel campo dei nemici, ha procurato un vero successo alla politica germanica. S'è anche rilevata la posizione ambigua dell'Inghilterra, che non può abbandonare la Polonia senza tradire i suoi principii e la Carta Atlantica, e non può proteggerla senza arrischiare di perdere l'alleato russo. E' apparso evidente che il disaccordo tra gli Alleati circa le questioni territoriali è profondo, che la Russia tende alla creazione di una Polonia sovietica e che le prospettive per l'avvenire, se gli Alleati dovessero vincere, sarebbero molto tristi. Però si è affermato, sulla base delle informazioni londinesi, che la collaborazione tra la Russia e l'Inghilterra resta salda. E si è constatato che questa collaborazione, nei rlguardi della politica dell'Asse, conta meno presso i popoli dell'Europa Orientale del fatto che col prolungarsi della guerra essi sentono sempre più insopportabile il peso del dominio tedesco.

Un solo e unico giornale, il settimanale Die Front, ha accettato la tesi tedesca, ragione per cui altri giornali hanno invitato il governo a procedere contro di lui per atteggiamento contrario alla neutralità del paese. La Censura ha ammonito la Tribune de Lausanne per avere usato parole ingiuriose per la Russia nel parlare del martirio della Polonia (1).

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L'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTEHI, BASTIANINI

L. s..P. Madrid, 7 maggio 1943 (2).

Appena giunto in sede è stata mia particolare cura quella di procurare di fissare l'esatta posizione di questo Paese nel quadro dell'attuale situazione politico-militare.

La cosa mi sembrava tanto più importante, in quanto alcuni atteggiamenti di questo Governo davano la sensazione di un ulteriore slittamento verso le Nazioni alleate, dopo il passaggio di fatto dalla non-belligeranza alla neutralità, avvenuto in seguito allo sbarco anglo-americano in Marocco.

Ho pensato che il miglior modo di giungere allo scopo sarebbe stato, tra l'altro, quello di sondare il Caudillo e principalmente di stabilire, per quanto possibile, rapporti di amichevole fiducia con Jordana, col quale ho già avuto vari colloqui. Ho potuto così ottenere ieri da lui, in via strettamente segreta e personale, il testo di un accordo segreto fatto con la Germania, il 10 febbraio u.s., che, qui di seguito, ti trascrivo:

«Acta secreta. En el momento de dar efect1vidad al proposito del Gobierno Aleman de proporcionar al ejército espafiol, en el plazo mas breve posible, armas, pertrecos y elementos de guerra modernos y suficientes, el Gobierno espafiol a petici6n del Gobierno del Reich declara, que esta decidido a resistir a toda acci6n de las fuerzas armadas anglo-americanas para poner pie en la Peninsula Iberica y territorios espafioles fuera de la Peninsula, es decir, en el Mediterraneo, Océano Atlantico y Africa, asi como en el Protectorado espafiol de Marruecos, y de defenderse contra tal acci6n con todos los recursos de que disponga. Ambas partes se comprometen a que esta declaraci6n redactada en espafiol y aleman permanezia completamente secreta ».

È utile tener presente che, né l'Incaricato di Affari, né il nuovo Ambasciatore di Germania, mi hanno dato notizia di tale accordo, pur avendo io toccato l'argomento della necessità per la Spagna di rifornirsi di armi.

D'altra parte il Ministro Jordana mi ha vivamente raccomandato, facendo assegnamento sulla mia lealtà di gentiluomo, di mantenere il più assoluto segreto circa il documento verso chiunque e persino verso i miei collaboratori, autorizzandomi a comunicarlo soltanto al Duce.

Mi sembra che questo documento possa rappresentare una 'interessante chiarificazione dell'atteggiamento di questo Governo, tanto più in quanto Jordana si è mostrato disposto a darci oggi analoga dichiarazione nel caso fornissimo anche noi delle armi.

P. S. In occasione di un pranzo che darò in suo onore dopo domani sera, mi riservo di dare a Jordana una lista di aeroplani e di armi che attualmente il Ministero dell'Aeronautica sarebbe disposto ad alienare, nonché delle mitragliatrici che sembra possa fornire il Ministero della Guerra.

È inutile dirti che qualora le Amministrazioni Militari potessero disporre di armi non assolutamente indispensabili per noi, potremmo utilmente valorizzarle in questo Paese, pel mio personale tramite.

Ti mando questa lettera per corriere terrestre, per maggior sicurezza e riservatezza, non sembrandomi prudente telegrafare o servirmi del corriere aereo, per simile delicato argomento (1).

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolinl. (2) -Manca l'indicazione della data d"arrivo.
300

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA

L. P. R. 1/2470. Roma, 8 maggio 1943

L'atteggiamento, a te noto, di questo Ambasciatore di Turchia, secondo le informazioni di cui siamo in possesso, è diventato ad un tal punto contr:uio al nostro Paese ed attraverso affermazioni così calunniose e menzognere, da provocare lo sdegno del Capo.

Il Sottosegretario m'incarica perciò di scriverti affinché tu trovi il modo di far sapere costà in via strettamente confidenziale che il signor Huseyin Ragip Baydur non è persona che il Governo italiamo gradisce ancora di avere presso di sé.

Giudica tu se sia il caso di interessare ancora la persona che già aveva ricevuto istruzioni in questo senso o se vuoi tu stesso cercare l'occasione opportuna per fare la comunicazione che ti viene richiesta.

Sarà intanto opportuno che la tua azione in Turchia continui ad esplicarsi nel senso di smentire ogni affermazione proveniente da questo Ambasciatore di Turchia il quale dipinge l'Italia come alla vigilia del suo crollo militare e politico e non esita ad affermare che ci troviamo ormai a poche settimane forse dalla capitolazione! Naturalmente, tutto quello che potrai fare sotto questo aspetto verso codesto Ministero degli Esteri è evidente non deve in alcun modo avere connessione con l'attività a Roma del Baydur.

Ti sarò grato di una risposta non appena possibile e ti ringrazio vivamente (1).

(l) Per la risposta, vedi D. 345.

301

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 1558/554. Zagabria, 8 maggio 1943 (per. l'11).

Mio telegramma n. 484 del 5 corrente (2).

Mi onoro rimettere a V. E. copia del verbale redatto a conclusione del convegno tra i generali Robotti e Lohr e che mi è stato dato in visione da questa

R. Missione Militare Italiana all'indomani del convegno stesso.

ALLEGATO

COLLOQUIO DEL GENERALE Lè>HR CON IL GENERALE ROBOTTI

VERBALE (3). Zagabria, 5 maggio 1943.

l. -La Divisione SS essendo destinata ad altri compiti verrà sostituita nel corso del mese dalla Divisione legionaria 373a e dal reggimento fanteria motorizzata 92°. Queste due unità avranno il compito di mantenere la sicurezza nel noto bacino minerario e sulla direttrice Livno-Bos Grahovo-Drvar.

2. --Oltre i presidi tedeschi occorrenti sulla via di comunicazione suddetta non verranno costituiti nel territorio della seconda zona altri presidi tedeschi. La richiesta italiana di due battaglioni croati per rinforzare i presidi di Signa e di Knin sarà benevolmente riesaminata nel mese di agosto. 3. --Alla richiesta dell'Ecc. Robotti per un'eventuale cessione dei presidi interni del territorio del VI Corpo d'Armata italiano in seguito ad eventuale ulteriore riduzione di forze italiane viene dichiarato da parte tedesca che verso preavviso solo Mostar potrebbe venir occupata da truppe tedesche. In questo caso del campo di aviazione di Mostar verrebbe fatto uso promiscuo da ambo le parti. 4. --Viene di comune accordo stabilita una più intima e diretta collaborazione fra unità italiane ed unità tedesche viciniori a fini tattici per eventuali azioni da intraprendere contro formazioni partigiane attive nel territorio interposto senza attendere benestare dei comandi superiori. 5. --Viene riconosciuta la necessità di una soluzione radicale della situazione nella Lika mediante operazioni in forze da concordare in comune. Il Gen. Lohr ha promesso di prospettare all'O.K.W. i suggerimenti avanzatigli da parte italiana, cercando di renderne possibile al più presto l'effettuazione, e precisamente:

a) -lasciare temporaneamente la divisione SS nella zona in cui si trova per ottenere la disponibilità di forze;

b) -porre la condotta unitaria delle operazioni sotto il comando italiano.

6. -La richiesta avanzata dallo Stato Maggiore croato ed appoggiata dall'Ecc. Robotti d'impiegare prontamente per lo sbloccamento di Gospic la brigata croata alpina trovantesi nella zona di Bos Krupa e Grmec-Planina, che presentemente è a disposizione del Comando tedesco, verrà sottoposta ad esame; però la possibilità della sua esecuzione viene messa fortemente in dubbio da parte tedesca.

(l) -Per la risposta vedi D. 346. (2) -Non rinvenuto. (3) -Traduzione dal tedesco.
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IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANlNI

L. 1113/597. Budapest, 8 maggio 1943 (1).

Come avrai rilevato dai miei telegrammi e rapporti, l'attuale crisi ungherese, la cui ultima fase è distinta dall'aggiornamento del Parlamento, ha un certo carattere di gravità in quanto pone per la prima volta sul tappeto in termini troppo chiari il dissidio «morale» fra una larga parte della Nazione magiara e il Reich germanico. Ho a varie riprese illustrato i motivi di tale dissidio per doverci tornare sopra: desidero però in quest'occasione ripetere che l'antagonismo ungherese verso la Germania non è sostanziale, cioè a dire non è rivolto verso lo spirito germanico di cui l'Ungheria è profondamente ed eternamente permeata, ma piuttosto verso la lettera della politica hitleriana. In una parola se si vuole distintamente individuare l'odierno stato d'animo del Kallay

bisogna pensare al suicida conte Teleki ed in una certa maniera ai Cancellieri Federali della piccola Austria, Dollfuss e Schuschnigg, che parlavano tedesco ma pensavano austriaco. Ora, a meno che non si sostituisca Kallay con Imredy, il quale promette due milioni di soldati alla Germania, la situazione ungherese continuerà a rimanere tale e quale in quanto Kallay è il classico 1Jipo dell'uomo politico ungherese, grande o piccolo proprietario, discretamente intelligente, il quale crede che l'Europa non possa vivere senza una Ungheria ,indipendente. Nella fattispecie, aggiungo che il Kallay consigliato da uno scultoreo cretino, che è il capo del suo Ufficio Stampa, tale Ullein-Reviczky, ha fatto tutta una politica di stampa e di ripicchi che non poteva fare a meno di urtare la Germania e che ha condotto al burrascoso colloquio di Salisburgo fra Hitler ed il Reggente. Ma, ripeto, nessuno potrà mai cambiare la testa di Kallay o degli ungheresi: è mille anni che fanno così, facevano così con gli Asburgo, urlavano, si facevano fucilare e poi tornavano con gli Asburgo.

Vengo a quello che è l'interesse itali'lno in questa faccenda: Kallay è stato il mese scorso in Italia, è tornato entusiasta, la stampa, la sua stampa, i suoi amici, anche per far dispetto ai tedeschi, han detto che non c'è al mondo un Paese che il nostro, una politica, la nostra. Dirò dà. più: ieri il bravo Presidente mi ha detto: «I tedeschi non possono perdonarmi il viaggio e le accoglienze che ho avuto in Italia. Non capisco la ragione perché è una tradizione dei Presidenti del Consiglio ungheresi fare il viaggio a Roma». Non ho raccolto la cosa ma nel corso della conversazione gli ho ripetuto che l'Italia fa tanti e sanguinosi sacrifici per la causa dell'Asse e che in questo momento non pensa che a v,incere, al di sopra di tutti gli i:nteressi politici contingenti. In una parola, non ho creduto opportuno di incoraggiare la fronda di Kallay, non solo ma ho giudicato per quello che valgono le ghirlande che quotidianamente il bravo predetto Ullein appende nella stampa locale sull'Italia al solo scopo di non nominare la Germania. È evidente che l'omaggio al nostro Paese resta ma tra le righe ci si legge l'eterna polemica magiara contro l'<< impolitischer Sinn » tedesco di cui parlava Bismarck. Mi sembra però che dopo tutto quello che è avvenuto a noi non convenga che il Kallay se ne vada. Ripeto: egli ha agito con scarso acume politico ma a meno che i tedeschi non si mettano a governare in Ungheria, gli altri faranno tutti più o meno come lui. Nel mio ultimo colloquio mi sono permesso di consigliargli un gesto che plachi la Germania. Naturalmente, come ho riferito a parte, egli continua a fare una politica di resistenza che qualche volta è anche priva di duttilità in quanto prima di attuarla la annunzia sul giornale. Ma se i tedeschi si contentano di una sua modesta Canossa è meglio !asciarlo. È questo che mi permetto di consigliare, per quanto, personalmente in quest'occasione, non ho fatto che sentire una parte e l'altra: d'accordo coi tedeschi, d'accordo coi magiari. Naturalmente, io potrei dire al Reggente -che mi sembra totalmente dalla parte di Kallay -u a Kallay stesso qualcosa da parte del Duce e del Governo Fascista che H induca ad un atteggiamento più conciliante. Ma sulla eventualità, l'opportunità e la natura di un tale passo mi rimetto alle tue decisioni (l).

(l) Manca l'indicazione della data d'arrivo.

(l) Il presente documento reca il visto di Mussolini. Per la risposta di Bastianini vedi D. 321.

303

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. 72/377 R. Roma, 9 maggio 1943, ore 12.

Vostro 292 (1).

Ricambiate al Ministro Shigemitzu saluto cordiale che ha voluto rivolgermi e di cui gli sono grato. Ditegli che ricordo anch'io con viva simpatia il nostro comune periodo di attività a Londra.

Concordo con quanto telegrafato con Vostro 301 (2). Come Shigemitzu sa, abbiamo sempre dato alla politica giapponese in Cina ogni nostra possibile collaborazione. Continueremo anche per l'avvenire su questa strada. Ciò non può peraltro evidentemente significare che siamo disposti ad assistere passivamente alla liquidazione totale di tutte le nostre posizioni e interessi in Oriente, comunque motivata. Ciò non è, a nostro avviso, né interesse del Giappone né della Cina, né della causa per cui combattiamo. È chiaro d'altra parte che nessuna potenza che si rispetti può agire in modo siffatto.

Sembra comunque necessario che il Governo nipponico si convinca dell'opportunità di procedere -e soprattutto nei confronti di amici e alleati su cui grava il maggiore peso bellico -con intelligente moderazione.

Questo ho voluto subito accennare anche all'Ambasciatore Hidaka, nella prima visita fattami prima della presentazione delle credenziali. E ciò avrò occasione di ripetergli e di riconfermargli in seguito.

Sembra in sostanza soprattutto necessario che a un programma, nei nostri confronti, puramente e invariabilmente negativo, corrisponda da parte nipponica anche qualche cos adi positivamente concreto, che, pur superando le vecchie posizioni, ci consenta tuttavia un qualche positivo vantaggio. Non soltanto a compenso di nostri eventuali sacrifici, ma, soprattutto, per dare corpo e sostanza effettivi a quella collaborazione italo-nipponica in Oriente che sarebbe altrimenti destinata a restare in perpetuo lettera morta.

Approvo per questo -ripeto -Vostri sondaggi in tal senso. Potrete alla prima propizia occasione farne esplicito -accenno verbale con Shigemitzu. È nostro interesse porre sul tappeto nella sua integrità questione sistemazione nostri interessi presenti e futuri in tutte le zone controllate dal Giappone, in Cina come in Insulindia e nelle Filippine.

Desidererei, ad esempio, conoscere Vostro avviso sulla possibilità di un accordo economico dtalo-cinese su linee e direttive da determinarsi. Ciò non soltanto varrebbe a facilitare sostituzione nuove posizioni alle attuali, ma, anche, si inquadrerebbe perfettamente con la nuova politica nippo

nica in Cina, se questa tende effettivamente a dare a Nanchino maggiore autonoma e non soltanto maggiore, ma puramente verbale prestigio (1). Per quanto riguarda Spagna Vi ho comunicato a parte (2) quanto ha telegrafato il R. Ambasciatore a Madrid in proposito.

(l) -Vedi D. 290. (2) -Con T. 2899/301 R. del 6 maggio 1943, ore 8, non pubblicato, Indelli aveva riferito circa la sistemazione degli interessi italiani nelle zone occupate del Pacifico sudoccidentale.
304

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, E AL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI

T. S.N.D. 15382/584 (Berlino) 257 (Parigi) P.R. Roma, 9 maggio 1943, ore 23,45.

(Solo per Berlino) Trascrivo seguente telegramma inviato oggi a Parigi:

(Per tutti) Questa Ambasciata di Germania a nome dell'Eccellenza von Ribbentrop mi ha comunicato che il signor Lavai ha chiesto l'autorizzazione di trattare i seguenti punti in un discorso che egli si proporrebbe di tenere alla radio:

l) modificamoni nella linea del Rodano;

2) ricostituzione di una marina militare simbolica;

3) costituzione di un reggimento dell'esercito francese.

Il signor von Ribbentrop ha fatto rispondere a Lavai di essere d'accordo sul primo e terzo punto; che per quanto riguardava invece il punto secondo Lavai avrebbe dovuto rivolgersi al Governo italiano rientrando esclusivamente nella competenza di questo ultimo il decidere su quanto riguardava la marina militare francese.

Fino a questo momento nulla abbiamo ricevuto al riguardo né da codesta Ambasciata né dall'autorità militare.

Pregovi intervenire subito per far conoscere al signor Lavai che il Governo italiano non può variare in alcun modo l'atteggiamento assunto a Berchtesgaden nell'ultimo incontro durante il quale il Presidente del Consiglio francese accennò, è vero, alla ricostituzione di una marina militare simbolica, ricevendone però risposta negativa anche dal Fiihrer il quale aggiunse che in ogni modo tale richiesta avrebbe dovuto essere indirizzata a Roma non essendo la Germania Potenza Mediterranea.

Per Vostra notizia Vi trasmetto anche copia del verbale che ho redatto al riguardo (3) e dal quale risulta che alla domanda del signor Lavai lo stesso Fiihrer rispose testualmente «una simile marina occorrerebbe circondarla di catene».

Circa il punto primo (linea Rodano) tenete presente che, a richiesta di Lavai, Ribbentrop accettò di non creare una nuova linea militare tedesca al Rodano che era stata già progettata. Riconobbe invece con me l'utilità del mantenimento dei posti di Reali Carabinieri Italiani istituiti dalla IV Armata nel versante di nostra occupazione, posti di controllo che non sono da considerare una nuova linea.

PregoVi assicurare (l).

(l) -Per la risposta di Indell!, vedi D. 369. (2) -Con T. 15247/375 P.R. dell'B maggio 1943, ore 19, non pubblicato, Prunas aveva informato della notizia ricevuta da Madrid secondo cui Jordana aveva opposto un rifiuto alla richiesta giapponese di retrocessione dei diritti spagnoli in Cina. (3) -Vedi D. 272.
305

IL CAPO DELL'UFFICIO DISTACCATO A VICHY DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA A PARIGI, ZOPPI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S N.D. PER TELEFONO 2964/233 R. Parigi, 10 maggio 1943, ore 0,30.

Presidente Lavai si propone tenere giovedì prossimo 13 corrente discorso radio diffuso per spiegare ai francesi sua azione uomo di Governo.

Accennerà naturalmente anche recente incontro di Berchtesgaden.

Lavai mi ha detto che nel suo discorso desidererebbe fare menzione (senza

entrare in dettagli) dell'autorizzazione da accordarsi dall'Italia (e da lui richiesta tramite Generale Avarna) di poter mantenere bandiera francese su qualche piccola unità Tolone.

Lavai mi ha pregato di fargli sapere con cortese urgenza se nulla osta da parte del R. Governo. Pregherei telegrafarmi (2).

306

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DELL'UFFICIO DISTACCATO A VICHY DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA A PARIGI, ZOPPI

T. S.N.D. PER TELEFONO 73/259 R. Roma, 10 maggio 1943, ore 23,30.

Vostro 233 (3).

Dato corso ultimi avvenimenti non possiamo accogliere richiesta Lavai issare bandiera francese su qualcuna delle unità ricuperate o in costruzione a Tolone. Lavai è autorizzato a dire che in altro momento l'Italia è disposta nel campo che particolarmente la riguarda e sempre in accordo con l'alleato, a quelle concessioni che possono giovare rendere popolare e proficua la politica di collaborazione coll'Asse perseguita dal Signor Lavai (4).

(l) -Per la risposta vedi D. 311. (2) -Vedi D. 306. (3) -Vedi D. 305. (4) -Con T. s.n.d. 3004/235 R. del 10 maggio 1943, ore 23,30, non pubblicato, Zoppi comunicò di aver eseguito queste istruzioni.
307

lL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A KABUL, QUARONI

T. s N.D. 15502/47 P.R. Roma, 10 maggio 1943, ore 24.

Vostro 188 e seguenti (1). Governo tedesco ha dato al suo Rappresentante costì istruzioni che riassumo:

l) informare il Governo afghano che la Legazione di Germania a Kabul si asterrà dall'esplicare qualunque attività che possa comunque incidere sfavorevolmente su relazioni fra due Governi;

2) far presente che l'attività svolta costì da inglesi e sovietici è molto notevole e supera certamente quella eventualmente esplicata dai tedeschi; 3) pregare il Governo afghano di voler fornire più ampie informazioni e notizie maggiori; 4) attirare attenzione del Governo afghano sull'opportunità di invitare inglesi e sovietici astenersi da attività informativa.

Istruzioni personali sono state date inoltre a vostro collega germanico di volere per il momento interrompere ogni attività informativa. TaH istruzioni valgono naturalmente per tutto il personale della Legazione.

Per quanto vi concerne, continuerete ad insistere su opportunità scindere responsabilità nostra da quella attribuita a codesta Legazione di Germania, di cui vi prego di fiancheggiare possibilmente azione intesa raggiungere soddisfacente soluzione controversia.

308

IL MINISTRO A STOCCOLMA, RENZETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3104/032 R. Stoccolma, 10 maggio 1943 (per. il 17).

Il 7 corrente, il giorno stesso dell'annunzio al pubbHco della ripresa del traffico marittimo in salvacondotto con le Americhe, il Ministro degli Affari Esteri, Gunther, ha tenuto un discorso nel centro industriale metallurgico di Eskilstuna, diretto ad illustrare le difficoltà e i vantaggi della politica di neutralità seguita dal Governo.

Gunther ha esordito facendo presente che le convenzioni dell'Aja che regolano i diritti e i doveri degli Stati neutrali durante la guerra sono incerte, elastiche e non hanno confini precisi. Nondimeno al pr,inC'ipio della guerra non vi furono difficoltà per la Svezia, ma l'improvvisa azione tedesca in Danimarca ed in Norvegia nell'aprile del 1940 cambiò di colpo la sua situazione, poiché

essa venne a trovarst chiusa all'interno della linea di blocco di una delle parti belligeranti, mentre buona parte della sua flotta mercantile venne a trovarsi fuori della linea di blocco, alla mercé dell'altra parte belligerante.

Quando la resistenza in Norvegia cessò e le Potenze occidentali ritirarono le loro truppe, la Svezia concluse due nuovi trattati: uno con la Germania ed uno con l'Inghilterra. Il primo stabiliva il transito di materiale bellico tedesco verso la Norvegia e di soldati in permesso tedeschi disarmati dalla Norvegia alla Germania. Questo trattato comunque non fissa alcuna data precisa di scadenza e pertanto lascia la possibilità alla Svezia di sospenderlo ~enza preavviso. Il Governo ritenne di potere in coscienza firmare il trattato dal momento che i soldati tedeschi non venivano portati o tolti ad un fronte di guerra attivo e la situazione della Norvegia era già stata decisa.

L'accordo con l'Inghilterra stabiliva che circa seicentomila tonnellate di naviglio mercantile svedese venivano noleggiate all'Inghilterra a patto che esse non fossero usate per il trasporto di truppe o di materiale bellico. Di queste seicentomila tonnellate ne restano ora meno di una terza parte.

Dopo aver affermato che non esiste nessuna connessione diretta fra i due trattati, Giinther ha ricordato come, allo scoppio della guerra tedesco-russa e finno-russa nel giugno 1941, la Svezia si sia trovata ancora una volta di fronte ad una situazione nuova e abbia concluso con la Germania un accordo per i sorvoli di aeroplani civili, i così detti «aeroplani-corrieri», mentre si è sempre mantenuto con l'immediata reazione delle armi il prdncipio di impedire i sorvoli militari.

Il Ministro degli Esteri ha concluso dichiarando che non esiste e non è mai esistita né una linea né una dottrina di neutralità universalmente riconosciuta nei paragrafi delle leggi o nelle convenzioni internazionali: la neutralità non è una bussola che indichi un punto fisso e dia una rotta precisa a tutti gli Stati neutrali. Nella realtà ogni Stato neutrale deve elaborare la propria politica, la quale deve adeguarsi alle mutevoli circostanze. Una politica che non tenga conto della situazione del momento, ma si proponga di seguire una determinata dottrina, non è politica ma pura pazzia. La politica di neutralità della Svezia è stata determinata dagli eventi mondiali in questi anni fatali.

Il discorso non contiene in sostanza nulla di nuovo, ma è semplicemente una riaffermazione della decisa volontà del governo di mantenere la Svezia al difuori della guerra. Giinther stesso mi ha confermato che si tratta di un discorso «da maestro di scuola» che egli ha ritenuto di dover fare avendo constatato che l'opinione pubblica era stata alquanto disorientata dalla stampa.

Giinther evidentemente ha scelto l'attuale momento, per fare queste dichiarazioni in risposta ag1i attacchi mossigli dall'opposizione, che vorrebbe una politica filo-alleata,

l) per la soddisfazione di potersi presentare all'opinione pubblica de1 proprio paese forte del successo conseguito ottenendo la ripresa del traffico marittimo in salvacondotto;

2) per la contemporanea presenza in !svezia di numerosi osservatori stranieri, tra cui una missione di giornalisti americani, il Ministro del commercio del Governo polacco londinese, un esponente del Segretariato francese

degli Esteri di Algeri, uno scrittore americano, un accademico rumeno, nuovi rappresentanti diplomatici finlandesi ed altri. Ha scelto la località di Eskilstuna perché vi ha sede un giornale Eskilstuna Kurinen che più si è accanito negli attacchi contro la sua politica.

La stampa commenta ,in genere favorevolmente il discorso e gli unici accenni critici sono la richiesta di una minor segretezza al Ministero degli Esteri e l'affermazione, fatta dallo Stockholms-Tidningen, che Gtinther sarà un buon diplomatico ma appunto per tale segretezza non è altrettanto buon politico nei riguardi dell'opinione pubblica svedese, affermazione temperata tuttavia dalla constatazione che tale rilievo si può fare anche agli altri membri del Governo.

Gunther e il Governo sono però ben decisi a non darla vinta a queste pretese della stampa e a far conoscere ad essa solo quello che ritengono opporturno e al momento che giudicano migliore.

Con telespresso a parte (l) trasmetto il testo del discorso.

(l) Vedi D. 266.

309

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA PRESSO LA SANTA SEDE, LANZA D'AJETA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

APPUNTO R. Roma, 10 maggio 1943.

Si allega, per conoscenza ed a corredo degli atti di codesto R. Ministero, copia di un appunto che il R. Ambasciatore ha sottoposto al Duce per illustrarGli la reazione vaticana ai recenti sondaggi compiuti da questa R. Ambasciata presso la Segreteria di Stato al fine di attenerne la collaborazione per un più efficace controllo delle attività e dei contatti dei diplomatici di paesi nemici od in stato di rottura accreditati presso la Santa Sede.

Tali sondaggi sono stati compiuti di recente, nel corso di varie conversazioni, in relazione ai telespressi di codesto Regio Ministero n. 14/000320/106 e

n. 14/000329/110 in data, rispettivamente, del 22 e del 28 aprile u.s. (2).

ALLEGATO

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 8 maggio 1943.

Anche di recente, in seguito alle premure svolte dalle competenti Autorità del Regno presso il Ministero degli Affari Esteri, questa R. Ambasciata ha richiamato ancora una volta la più seria attenzione della Segreteria di Stato sulla necessità per la Santa Sede,

nell'interesse stesso della posizione morale della Chiesa di Roma in Italia, di collaborare vieppiù strettamente per ridurre al minimo le possibilità di contatti illeciti dei diplomatici nemici, od in stato di rottura di rapporti, ospitati nella Città del Vaticano.

È stato fatto presente come dovesse essere salvata non solo la sostanza ma anche la forma della tutela dei nostri legittimi interessi di paese in guerra e come non tornasse di giovamento alla Santa Sede che in un momento in cui le città italiane vengono martoriate si potesse affermare, come si afferma in qualche ambiente, che il Vaticano è «un covo di spie» e come pertanto la Santa Sede non dovesse adontarsi se i controlli posti ai movimenti da e per la Città del Vaticano divenissero ancora più restrittivi.

Mons. Montini, Sostituto del Segretario di Stato, ha riconosciuto con accoramento come tali apprezzamenti negativi circolino in Italia e trovino credito in qualche ambiente non informato delle misure cautelari (quale ad esempio quella del divieto di comunicazioni radio in cifra) imposte ai diplomatici ospitati in Vaticano che rendono praticamente impossibile ogni spionaggio di carattere militare di una qualche reale utilità al nemico.

Circa poi la nostra decisione di isolare vieppiù dal mondo estern0 i diplomatici stessi Mons. Montini ha osservato che la Santa Sede si rendeva perfettamente conto del nostro punto di vista, ma che nuove restrizioni soprattutto se dirette nei confronti dei rappresentanti dell'America Latina, avrebbero reso ancor più imbarazzante la posizione di paese ospitante della Città del Vaticano.

Allo stato di esasperazione per le condizioni di vero e proprio confino in cui tali diplomatici vivono nella ristretta cerchia delle mura vaticane si sarebbe ora infatti aggiunta, secondo Mons. Montini, la sensazione, naturale effetto della claustrofobia, che essi avrebbero di essere insidiati nella loro vita privata dai nostri servizi informativi.

Parlando a titolo strettamente personale il Sostituto Segretario di Stato ha aggiunto che egli nutre la persuasione che tale stato d'animo dei diplomatici dimoranti in Vaticano avrebbe al termine del conflitto contribuito a rafforzare la tendenza diretta all'internazionalizzazione in senso ultramontano della Chiesa cattolica, tendenza questa che si presentò all'indomani della guerra mondiale e che si ripresenterà in forma tanto più acuta all'indomani di questa quanto maggiore sarà il prestigio che la Cattedra di Roma acquisterà nel campo internazionale e quanto maggiore sarà l'impressione che di tale prestigio l'Italia si sia valsa per i propri fini nazionali senza riconoscere l'interesse degli altri popoli cattolici alla piena libertà di contatti con la Santa Sede.

Mons. Montini ha detto che egli parlava con cuore di italiano oltre che di sacerdote per concludere che tale internazionalizzazione non sarebbe augurabile né nell'interesse della Chiesa né di quello dell'Italia auspicando che da parte nostra nulla si faccia di non strettamente necessario che possa dare la sensazione di una nostra indebita pressione o di un nostro eccessivo controllo delle attività della Santa Sede.

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicati: il primo (106 del 22 aprile) conteneva le Istruzioni di Bastianinl circa il problema della sorveglianza sul personale di servizio dei diplomatici residenti nella Città del Vaticano; il secondo (110 del 28 aprile) riguardava le autorizzazioni ad estranei in visita a diplomatici di Stati nemici accreditati presso la Santa Sede.
310

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 12 maggio 1943, ore 13.

Sunto delle dichiarazioni fatte a nome del Santo Padre dal Cardinale Maglione al Conte Ciano. l) Il Papa si richiama alla lettera che indirizzò al Duce nel 1940 (1). Considera giunto il momento di rivolgersi ancora a lui e a lui solo personal

410 mente, pregando che tale passo venga portato a conoscenza del Duce e di nessun'altra persona.

2) II Santo Padre -quale Capo della Cattolicità -partecipa con profonda amarezza ai molti patimenti che il conflitto ha causato è causa al popolo italiano.

3) Ancora più gravi però sono le sue preoccupazioni per il futuro che minaccia al nostro popolo maggiori lutti e rovine.

4) Date così tristi previsioni il Papa -quale Vescovo di Roma e quale Primate d'Italia -vuole dcichiarare all'On. Mussolini che è disposto a fare il possibile per venire in aiuto del popolo che soffre (l).

(l) Vedi serie nona, vol. IV, D. 189.

311

IL CAPO DELL'UFFICIO DISTACCATO A VICHY DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA A PARIGI, ZOPPI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER TELEFONO 3009/237-238 R. Parigi, 12 maggio 1943, ore 16.

Mio 235 (2).

R. Ufficio Vichy comunica quanto segue: <<Presidente Lavai ha convocato oggi (informandomene tramite Rochad) Generale Avarna al quale ha detto di essere stato colpito dalla comunicazione da me fatta ieri circa marina simbolica e lo ha pregato insistere presso il Comando Supremo per essere autorizzato fare un accenno alla flotta nel suo prossimo discorso. Lavai ha spiegato ad Avarna di non poter parlare della creazione Reggimento francese come nucleo futuro esercito, senza dar notizia analoga concessione per marina. A chiarimento di quanto precede informo che alcuni giorni fa Comando Supremo (Sezione Marina), rispondendo ad una richiesta di Avarna circa linguaggio che avrebbe dovuto tenere con Lavai se interpellato su tale questione, gli aveva comunicato che dn massima d'accordo per concessione di cui sopra salvo esame dettaglio ed eventuale richiesta contropartita; in tale senso Avarna si era vagamente espresso con Laval evitando per altro dare qualsiasi preciso affidamento. Ciò spiega perché Lavai si sia rivolto oggi a rappresentare Comando Supremo».

A quanto comunicato da Vichy aggiungo che Ministro Schleier (Reggente questa Ambasciata di Germania) si è ieri espresso con me, circa questione di cui si tratta, nello stesso_senso in cui Lavai si è espresso con Avarna precisando che «concessione richiesta potrebbe facilitare compito Laval nei riguardi elementi militari senza influire menomamente su situazione navale Mediterraneo».

Quanto precede per doverosa informazione (3).

(l) -Per la risposta di Mussollni, vedi D. 312. (2) -Vedi D. 306, nota 4. (3) -Per la risposta di Bastianini, vedi D. 313.
312

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, CIANO, AL SEGRETARIO DI STATO DI SUA SANTITA, MAGLIONE

APPUNTO (l). Roma, 12 maggio 1943, ore 17,30.

Il Duce ringrazia il Santo Padre del ricordo e delle premure che Gli ha dimostrato per le sofferenze che sono inflitte al popolo italiano specialmente in alcune zone (2). Si rende conto che il Papa, come Capo della Cattolicità, abbia una particolare sensibilità a queste sofferenze.

È molto probabile che nell'intento di piegare il popolo italiano ai fini che gli Alleati si propongono, cioè la resa a discrezione, gl'i attacchi continuino forse su più vasta scala, e con ciò la mole delle rovine e il numero dei lutti.

Il Duce pure soffre personalmente di questa situazione, dato anche che tra l'agosto ed il settembre del 1939 fece tutti i possibili tentativi per evitare il conflitto.

Il Duce ringrazia il Papa degli intendimenti dimostraM, ma allo stato degli atti non vi sono alternative e quindi l'Italia continuerà a combattere.

313

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DELL'UFFICIO DISTACCATO A VICHY DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA A PARIGI, ZOPPI

T. 15732/262 P.R. Roma, 12 maggio 1943, ore 23.

In risposta vostro telegramma n. 237 (3) vi confermo che noi non (dico non) crediamo di poter modificare nostra decisione circa richiesta di Lavai per flotta simbolica. Vi atterrete pertanto alle istruzioni che vi sono state precedentemente impartite ripetendo in pari tempo a Lavai che, in altro momento, l'Italia è disposta a fare nel campo che particolarmente la riguarda quelle concessioni che possano g~iovare alla politica di collaborazione perseguita dal signor Lavai.

314

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

L. 1/2558. Roma, 12 maggio 1943.

Stamane Albini mi ha rimesso il pro-memoria che ti accludo (4). Dopo le precise assicurazioni avute da parte tedesca, mi sembra molto strano che

non si sia fatto ancora nulla. Sono ormai due mesi che questa questione si trascina, e mentre noi abbiamo soppresso il nostro Alto Commissariato quello tedesco resta ancora in funzione!... Con tutti i suoi collaboratori.

Ti prego di volertene occupare con cortese urgenza e di ottenere che il Governo tedesco provveda in conformità agli impegni assunti (1).

(l) -In testa al documento è scritto: «Dettato dal Duce al Conte Ciano il 12 maggio 1943 alle ore 17,30 ». (2) -Vedi D. 310. (3) -Vedi D. 311. (4) -Non pubblicato: riassumeva il contenuto del DD. 86 e 127.
315

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

PROMEMORIA S. (2). Roma, 12 maggio 1943.

RIFLESSIONI SUGLI SVILUPPI DELLA GUERRA

Le sorti sfavorevoli delle armi dell'Asse in Africa ed i preparativ'i avversari che fanno ritenere imminente il tentativo di aprire un secondo fronte in Europa, hanno posto l'Italia di fronte a gravi interrogativi.

Rispondere ad essi non è certo agevole. Se è infatti arduo prevedere il risultato di un'azione di guerra, o determinare gli obiettivi del nemico, pure avendo a disposizione dati di fatto concreti sulle potenzialità dell'avversario, il volersi inoltrare sul terreno dell'indagine politica per cercare ili prevedere quale svolgimento la guerra potrà assumere in avvenire e tentare inoltre di identificare fin da ora il punto di massima tensione ed il limite di estrema resistenza delle Potenze in conflitto, è certamente non solo arduo ma estremamente azzardato.

È per questo che la premessa di queste considerazioni è il suo titolo, il solo proposito cioè di ridurre gli elementi politici che noi possediamo alle loro linee più semplici ed essenziali, in modo da potere su di esse operare quelle deduzioni logiche che ci servano a dirimere almeno alcuni aspetti degli interrogativi che si presentano al nostro Paese.

Se la guerra è la continuazione della politica, le verità permanenti di questa, con i suoi fattori immutabili, il concetto etnico e la geografia, possono forse gettare qualche luce anche sullo SV'iluppo ulteriore della vicenda bellica.

Gli interrogativi che oggi si pone l'Italia possono riassumersi come segue:

l) Di carattere immediato: in quale settore i nostri avversari si accingono a tentare l'apertura del secondo fronte? ed in quale ~potesi è da prevedersi un attacco contro l'Italia continentale?

2) Posizione dell'Italia qualora essa non sia investita direttamente sul continente o sia stata in grado di respingere ogni tentativo di invasione.

31 -Doeumenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

3) Possibile identificazione del punto cruciale della guerra: del momento cioè in cui -se si dovesse disgraziatamente constatare l'impossibilità per le armi dell'Asse di risolvere favorevolmente la guerra -sia ancora possibile all'Italia di rivedere la propria posizione nell'interesse forse anche dell'alleata, senza attendere che l'apporto di forze avversar,ie raggiunga il suo massimo potenziale.

4) Circostanze che, nell'ipotesi pm sfavorevole, possono contribuire a porre l'Italia in migliori condizioni politiche.

5) Avevo previsto la trattazione di un quinto punto: quello c10e concernente la situazione dei contendenti alla fine della guerra, l'esame dei conflitti profondi e insanabili di varia natura che minano la compagine degli «alleati», l'evoluzione dei principi sociali e ideologici già in atto in vari paesi. Questo esame porterebbe a non escludere che la crisi mondiale possa precipitare successivamente in una nuova guerra.

Non ho ritenuto opportuno inserire qui una simile disamina poiché mi sembra che essa non gioverebbe in nulla allo studio del momento attuale del nostro Paese, alla presenza di avversari in forze soverchianti. Il miraggio invece di situazioni politiche nuove potrebbe, al contrario, turbare forse quello che deve essere necessariamente un giudizio estremamente obiettivo dello stato delle cose, comunque sfavorevoli e dure possano esserne le conclusioni.

Tratterò perciò successivamente solt::mto i primi quattro dei punti sopra esposti.

A 1). Il primo interrogativo di carattere immanente per chiunque sia a conoscenza del concentramento di forze avversarie nel Mediterraneo è rappresentato dal settore predisposto per l'impiego di queste forze ed in particolare di conoscere se esse verranno impiegate contro di noi.

Naturalmente tutte le considerazioni di questo studio sono soggette a mille incognite.

Mi permetto tuttavia di esporre alcune di tali considerazioni, viste sotto l'angolo visuale dei nostri avversari, dalle quali mi pare di poter dedurre quale sia la sola ipotesi che renderebbe logico un attacco a fondo alla penisola, privo altrimenti, sotto ogni altro punto di vista, di valore strategico definitivo.

Gli anglo-americani sono stati costretti ad affrettare i tempi per la preparazione dell'attacco contro l'Europa dalla minaccia di un accordo tedescosovietico. Essi devono essere però riusciti a rassicurare Stalin, poiché l'atteggiamento esteriore del dittatore rosso ha subito nelle ultime settimane un profondo mutamento in senso favorevole ed anche le trattative per un incontro Stalin-Roosevelt sono state riprese.

Noi non sappiamo attraverso quali intese questo mutamento nei rapporti anglo-americano-sovietici sia avvenuto.

Non è da escludere che la concentrazione delle forze in Mediterraneo ed il favorevole corso della campagna d'Africa abbiano dato ai russi la sicurezza dell'apertura del secondo fronte.

A questo punto occorre chiedersi quale settore del fronte europeo convenga meglio ai nostri avversari, e se il territorio dell'Italia sia minacciato.

Occorre premettere che sarebbe interesse estremo degli anglo-americani a che la preannunciata offensiva tedesca ad oriente abbia luogo, qualunque ne sia l'esito. Infatti tanto di fronte ad una Germania vittoriosa, che ad una Russia vittoriosa, ma a forze stremate, la potenza anglo-americana in continuo accrescimento ne uscirebbe rafforzata, e forse a tal punto da potersi imporre a vincitori e vinti.

Gli anglo-americani quindi non avrebbero interesse oggi a distogliere dal fronte orientale una massa di forze germaniche tali da rendere possibile una più o meno facile vittoria sovietica. L'esercito russo resterebbe in tal caso una tale potenza militare da far temere un volgersi della guerra pericoloso anche per essi.

Una ulteriore attesa alla creazione del secondo fronte potrebbe d'altra parte essere fatale per gli anglo-americani: ed è proprio in questo svHuppo logico di cose che potrebbe profilarsi la minaccia di una offensiva contro l'Italia continentale.

Essa rappresenterebbe agli occhi dei russi U « secondo fronte ~ e non porterebbe ad un vero indebolimento della Germania sul fronte orientale. Con ogni altro ragionamento un attacco massiccio contro di noi dovrebbe essere escluso.

A 2). Una offensiva su altri settori tanto ad oriente -Balcani, Bacino danubiano -tanto ad occidente -coste nordiche ed atlantiche, Francia mediterranea -potrà invece far pensare che gli anglo-americani pur di cercare la soluzione di una guerra, che deve terribilmente pesare su di essi, hanno abbandonato ogni riserva nei riguardi dello Stato sovietico e metteranno ogni loro sforzo per impegnare i tedeschi sul continente.

In questa ipotesi e, naturalmente, a maggior ragione anche in caso di fallimento di tentativi di sbarchi nemici sul territorio continentale, l'Italia non ha che un dovere: andare f<ino in fondo a questa guerra «in piedi~. qualunque sia l'intensità degli attacchi nemici ed il martellamento delle proprie città, e qualunque sia « il fondo ~ di questa guerra.

Il vaciLlare del fronte interno sarebbe la peggiore sciagura per il Paese e per il Regime.

Solo il Re e il Duce dovranno decidere un giorno l'atteggiamento dell'Italia, se questo dovrà essere riveduto; l'Imperativo per gli altri non può essere che uno: resistere, non dubitare, a pericoli maggiori rispondere con ubbidienza maggiore.

Dovrà però essere l'atteggiamento dell'Italia riveduto? Solo l'andamento della guerra nei prossimi mesi potrà dirlo. Mi permetto di esaminare quali possano essere questi punti con l'esame dei dati essenziali che sono in nostro possesso.

L'andamento generale della guerra è influenzato in modo predominante dalla situazione del fronte orientale e quindi dai mutamenti che possono verificarsi nel potenziale militare germanico.

Se la Germania rinunciasse all'offensiva in Russia, e si limitasse a stabilire un vallo difensivo, le prospettive della guerra permarrebbero indecise e l'Italia

non avrebbe bisogno di pensare ad un riesame, in determinate circostanze, della propria posizione. Le notizie però che giungono dalla Germania insistentemente fanno pensare invece al prossimo inizio di una offensiva tedesca ad oriente.

L'offensiva tedesca per essere decisiva non ha che una alternativa, che è quella d'altra parte che i nostri alleati si propongono: agganciare l'esercito sovietico per distruggerne il potenziale militare. Un simile risultato, che è l'ipotesi più favorevole, porrebbe certamente gLi anglo-americani di fronte alla necessità di arrivare a trattative, poiché, nonostante l'indebolimento delle forze tedesche, la coesione interna germanica ed il suo prestigio militare ne sarebbero talmente rafforzati da far pensare quasi impossibile una vittoria decisiva avversaria sul continente.

Non è quindi questa l'ipotesi che può far pensare ad una revisione della nostra situazione.

A 3). Questo esame invece sarà forse necessario non tanto in caso di fallimento completo della offensiva germanica, non prevedibile, quanto invece in quello di risultati incerti, analoghi ad esempio a quelli dello scorso anno.

Una nuova campagna di Russia con esito 'indeciso avrà portato la Germania ad un tale indebolimento del proprio potenziale militare, da dover far pensare impossibile, con un fronte russo ancora attivo, il fronteggiare insieme anche l'assalto continentale probabilmente già in pieno sviluppo.

Ci troviamo infatti già oggi di fronte ad un nemico in continuo stato di accrescimento. L'esistenza del fronte russo ancora per pochi mesi, se altri fattori più gravi non saranno intervenuti, renderà impossibile la continuazione della lotta.

È questo il punto cruciale della guerra, quello cioè nel quale l'Italia sarà costretta a riesaminare la sua posizione, se non vi sarà già stata costretta da altri fattori esterni (esclusa l'invasione) quale potrebbe essere una offesa aerea continuata, diretta a scardinare metodicamente i centri fondamentali della vita nazionale.

Se l'Italia avrà la possibilità, pur in mezzo ai più duri sacrifici, di arrivare fino al momento in cui, per il definitivo indebolimento della potenza militare germanica, nessuna luce si mostri più al nostro orizzonte, essa dovrà senz'altro decidere della propria sorte, senza attendere che il proseguimento della guerra porti la Germania alle estreme conseguenze della disfatta e del crollo del fronte interno.

Quali sono le circostanze suscettibili di determinare il crollo tedesco? Mi pare necessario ai nostri fini di esaminare piuttosto quali siano i limiti di resistenza, anche senza speranza, della Germania; perché l'Italia dovrà trovare la soluzione della propria guerra prima che la Germania ceda le armi, o sarà troppo tardi per evitare di essere travolta dalla furia comunista che si abbatterà sull'Europa.

Un non deciso successo al fronte orientale sarà l'inizio del declino germanico il cui moto non è prevedibile. Fino a quando però vi è un fronte saldo e in movimento, pur con alterna vicenda, la Germania non crollerà. La stessa voce del nemico, che ha posto

sulla testa dei nostri alleati la distruzione del paese, lo smembramento del territorio, la profilassi attraverso mille progetti dello spirito bellico tedesco, favorisce l'unione dei tedeschi fino all'estremo limite della resistenza.

L'Italia perciò, a mio avviso, può attendere «in piedi~. attraverso ogni sacrificio, lo sviluppo della situazione militare dei prossimi mesi.

Il fallimento dell'offensiva tedesca ad oriente determinerà però con il definitivo ,indebolimento militare della Germania, il pericolo di un crollo ~interno della Germania alla fine della campagna estiva o al momento di affrontare l'inverno. Fino a quel momento è anche probabile che l'Europa non si muoverà.

L'altro elemento negativo per noi è infatti la situazione interna degli Stati occupati dalla Germania.

Dai sintomi che traspaiono nei vari paesi, dall'Olanda alla Francia ed ai Balcani, è chiaro che ci troviamo in presenza di una vera e propria organizzazione costituita all'interno dei paesi stessi e diretta dal nemico. Essa però, a mio avviso, è destinata ad entrare in azione non per moto spontaneo, ma su ordini dei nostri avversari che certamente tenteranno di serv,irsene per provocare insurrezioni e disordini al momento in cui essi lo riterranno· più utile ai loro fini di guerra.

Essi potranno per questa via impegnare potenti contingenti militari tedeschi e provocare disorganizzazione all'interno con atti di sabotaggio, interruzioni stradali, ferroviarie, ecc. E' però da supporsi che i nostri avversari non si serviranno di questi mezzi (che avrebbero terrdbili conseguenze per le popolazioni attraverso le repressioni) se non quando iniziassero il decisivo attacco all'Europa, predisposto cioè per ottenere risultati definitivi.

Non sembra che ciò possa rientrare nei piani anglo-americani per questo anno. Lo schieramento delle forze non è ancora tale da far pensare giunto questo momento. La ribelHone dei popoli europei soggiogati, il cui movimento potrebbe tra l'altro anche favorire il caos bolscevico, non dovrebbe dunque prevedersi per quest'anno.

La situazione della guerra e dell'Europa perciò, nell'autunno del 1943, allo stato delle cose, e senza prevedere mutamenti sostanziali nell'atteggiamento politico-militare di potenze neutrali ed anche alleate, potrà ancora permettere all'Italia, sempre nella ipotesi di una offensiva in Russia non conclusiva, ma avente invece il risultato di un definitivo indebolimento della macchina di guerra tedesca, di esaminare quali provvedimenti debbano da essa essere adottati per la conservazione del Regime e per una conclusione della nostra guerra.

A 4). L'esame del quarto punto da me indicato, e cioè quello delle circostanze che più favorevolmente potrebbero accompagnare un'azione dell'Italia nel caso di uno sfavorevole corso della guerra nei prossimi mesi, porta logicamente a pensare ad un rafforzamento Hn da ora della nostra posizione politica verso i Paesi che per tradizione politica, per affinità di interessi, per fiducia verso la sempre lungimirante politica mussoliniana, sono più che altri portati ad accompagnarsi a noi e a scegliere a Roma la guida per i propri destini.

La crisi in atto tra la Germania e l'Ungheria e la Romania è il primo grave problema da affrontare. Questi due paesi si volgono, e sempre più ansio

samente, verso di noi per avere una guida nelle sempre più gravi vicende della loro vita nazionale. Qualunque possa essere l'avvenire, sembra chiaro l'interesse dell'Italia di mantenere legati a sé questi due Stati.

E' indubbio che ogni mutamento che avvenisse nei due Governi ad opera della Germania sarebbe contrario ai nostri interessi. Solo il Duce potrà esaminare questo problema alla luce dei rapporti itala-tedeschi per arrivare al consolidamento, verso la nostra alleata, di Kallay e di Mihai Antonescu. Una azione bilaterale, di persuasione cioè anche verso i nostri amici romeni e ungheresi, potrebbe forse risolvere senza scosse una crisi che, se portata alle estreme conseguenze, minaccia di creare nel bacino danubiano una situazione di tale gravità per la Germania da dover forse rendere necessario in quelle regioni un dispendio di forze invece di attenerne un apporto come è avvenuto finora.

In altri termini l'Italia, per 11 momento in cui r<itenesse necessario rivedere la propria posizione nella guerra, non dovrebbe presentarsi di fronte ad una nuova soluzione sola: questo asse longitudinale balcanico potrebbe essere di reale consistenza, tale da determinare perfino un interesse avversario, qualora si presentassero sintomi di scardinamento della compagine tedesca.

E la situazione di Re Boris può considerarsi analoga. Le aperture che pare siano state fatte dal Sovrano bulgaro alla Russia non sono certo state coronate da successo.

Perfino i tentativi turchi di ricostituzione di una intesa balcanica andrebbero riesaminati e non solo da noi.

La politica turca di assicurazione e contrassicurazione non può durare in eterno: al momento cruciale della guerra, forse in quello stesso che noi abbiamo -nella situazione prevedibile -cercato di identificare, la Turchia dovrà pure scegliere la propria via.

Uno strapotere russo è l'incubo di Ankara; non è escluso che un giorno l'interesse politico turco possa identificarsi proprio con una adesione a questo asse trasversale balcanico iniziato da noi e che essa stessa ha già cercato, d'altro canto, di costituire.

D'altro canto la stessa Spagna falangista non potrebbe a un certo momento che affiancare politicamente e con tutte le sue forze un tale movimento. Se il corso della guerra quindi ci sarà contrario non è detto che fra qualche mese non possano presentarsi circostanze politiche meno sfavorevoli.

In questi mesi di lotta inoltre, ove le armi dovessero veramente esserci avverse, affioreranno sempre maggiormente, col più vicino miraggio della vittoria, le profonde divergenze dei nostri avversari.

Ma di questo, e dei possibili sviluppi, mi permetterò di trattare brevemente a parte, se necessario.

Essi non rientrano direttamente in questa considerazione tendente soltanto a ricercare, e possibilmente a identificare, astrazion fatta dell'imprevedibile e dell'imponderabile bellico-politico, 11 solo e forse ultimo momento nel quale l'Italia possa, nel corso del conflitto, se le armi si dimostreranno incapaci a risolverlo, ricercare altrimenti la soluzione della propria guerra..

Queste considerazioni -mi sia lecito ripetermi -possono riassumersi nella necessità di evitare ad ogni costo ogni flessione del fronte interno; in quella di procedere al rafforzamento delle proprie amicizie politiche oltre che direttamente anche indirettamente attraverso la sempre più precisa enunciazione degli scopi di guerra che già recano agli occhi dei piccoli Stati l'impronta mussoliniana; in quella infine di seguire con la più vigile attenzione il prossimo andamento della guerra per identificare tempestivamente il momento -se questo momento verrà -in cui il potenziale militare tedesco e quindi quello interno tedesco, presentassero alla luce di quanto ho detto i chiari segni del declino e di una impossibile rinascita.

(l) -Per la risposta di Alfieri, vedi D. 330. (2) -Da E. ORTONA, Il 1943 da Palazzo Chigi: Note di diario, cit., p. 1109 risulta che questo promemoria fu consegnato il 13 maggio da Bastlanini a Mussolini in partenza per la Rocca delle Caminate e che di qui Mussolini telefonò il giorno dopo per dire, tra l'altro, di aver letto il promemoria e di averlo trovato interessante.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 6972. Berlino, 12 maggio 1943 (per. il 17).

Nelle sfere dirigenti tedesche gli eventi tunisini sono stati fortemente risentiti, secondo le impressioni che ho potute raccogliere nei colloqui avuti dopo il mio ritorno. Mentre si è avuta alla Wilhelmstrasse la netta sensazione che il discorso del Duce (1), schiettamente ammirato non solo per il suo contenuto ma per la sua perfetta tempestività, abbia preparato e insieme temprato l'opinione pubblica italiana, qui si riconosce che quella tedesca è stata colta invece all'improvviso dal ripiegamento africano. Ci si è quindi preoccupati di questo, e negli ultimi giorni la stampa ha molto insistito nell'esaltare il valore dei soldati dell'Asse in Africa, i quali hanno assolto al loro compito vincolando per sei mesi in Tunisia le preponderanti forze nemiche.

Devo aggiungere che, mentre la nostra propaganda era stata sempre su una linea di sobrio realismo, circa andamento e prospettive dei combattimenti in Africa settentrionale, ne-i mesi scorsi quella germanica aveva esagerato, rispondendo forse alla convinzione superiore che la Tunisia si sarebbe potuta a lungo tenere. Articoli, fotografie, lunghe sequenze del cinegiornale (anche in quello che si rappresenta attualmente vi è un ampio scorcio tunisino) avevano sottolineato le battaglie africane accrescendone quindi l'importanza di fronte all'opinione pubblica certo anche nell'intento di bilanciare lo sfavorevole sviluppo bellico sul fronte orientale.

Si è verificato dunque nella propaganda un brusco trapasso: mentre, in un momento nel quale non si possono ancora segnalare successi offensivi tedeschi sul fronte orientale e anche la guerra subacquea ha subito un rallentamento, si presenta tanto più la necessità di sostenere la fiducia popolare, in vista anche della possibilità di tentativi nemici d'invasione sul continente.

Gli eventi tunisini, va anche notato, sono stati immediatamente seguiti in Germania dalla riduzione delle razioni di carne, prova anche questa della mancanza di elasticità degli organi preposti alla propaganda, i quali avrebbero pur potuto aspettare qualche giorno per dare l'annuncio della riduzione stessa.

ComUill!Ue, ciò che più preme alla propaganda tedesca in questo momento, è evitare che il popolo possa credere a un indebolimento militare, nel morale e nel comportamento delle truppe. Poiché la propaganda nemica fa perno anche su tali elementi, e insiste molto sulla resa di generali tedeschi in Tunisia, si è montata in grande stile l'esaltazione di Rommel attraverso la concessione della fronda di quercia con brillantli fattagli dal Fiihrer, secondo il comunicato, due mesi fa. L'impostazione data dai giornali al comunicato stesso e i relativi commenti confermano tutto ciò. Si punta sulla precedente popolarità di Rommel per assicurare l'opinione pubblica che, se dopo strenua e lunga resistenza si è dovuto cedere in Tunisia alla preponderanza avversaria, ciò non inficia le qualità del soldato tedesco, mentre altrettanto larghi sono i riconoscimenti del valore italiano.

Al tempo stesso è notevole la quantità di corrispondenze e di articoli sull'Italia che appaiono in questi giorni. Si tende con ciò da una parte a dimostrare al popolo tedesco la forza d'animo e di resistenza del popolo italiano anche in momenti avversi, dall'altra a disperdere ogni eventuale dubbio su depressioni o defezioni italiane dalla guerra comune, riaffermando l'indefettibile volontà bellica e solidarietà dell'Italia nell'Asse (l).

(l) Si riferisce al breve discorso pronunziato da Mussollni dal balcone di Palazzo Venezia nel pomeriggio del 5 maggio.

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IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. s. 2140/742. Bucarest, 12 maggio 1943 (per. il 17).

Dopo avermi vivamente pregato di non rivelare la fonte dell'informazione e ciò in dipendenza alla delicatezza della sua posizione politica nei confronti tedeschi, il Signor Mihai Antonescu mi ha oggi detto che è stato in questi giorni a Bucarest l'addetto militare romeno a Berlino, Generale Ghiorghiu il quale, essendo reduce dal Gran Quartiere Generale del Fiihrer, gli ha dato le seguenti informazioni che trasmetto con le riserve del caso:

«l) I tedeschi non hanno intenzione di iniziare quest'anno un'offensiva in grande stile contro la Russia. Essi si limiteranno ad operazioni di carattere locale. Una operazione di maggiore stile sarà fatta nel settore di Leningrado e forse in quello di Mosca per migliorare l'andamento di quel fronte.

2) Al Gran Quartiere Generale tedesco si sostiene che la Germania non potrà essere pronta a sferrare un'offensiva decisiva contro l'esercito russo che nel 1944, quando cioè la mobilitazione totale di tutte le forze della nazione avrà dato i suoi frutti. Un'offensiva, quest'anno, sarebbe destinata alla con

quista d'una zona di territorio anche vasta ma non riuscirebbe nel suo intento principale che è quello di schiacciare l'esercito sovietico.

3) Il Fiihrer ed i suoi collaboratori parlano di "nuova guerra dei sette anni" affermando che dopo distrutto l'esercito sovietico accorreranno altri due anni per far fronte alle offensive anglo-sassoni sul suolo europeo e annientarle. Il ricorso storico piace al Fiihrer anche perché Federico II ebbe durante quella guerra una stasi analoga all'attuale, per poi riprendersi».

Commentando le informazioni fornitegli dal Generale Ghiorghiu, che egli si propone di nominare Ministro a Berlino in sostituzione del Ministro Bossy, il Presidente Antonescu mi ha detto:

«Se queste notizie rispondono a verità voi vedete tutta la gravità della cosa. Il Generale Ghiorghiu sostiene che effettivamente il potenziale bellico tedesco è molto scaduto. Le industrie di guerra hanno subito danni assai gravi causati dai bombardamenti aerei. Ma sopratutto quello che conta è il fatto che la Germania è costretta a mantenere la metà dei suoi effettivi d'aviazione e un terzo almeno dell'esercito in occidente per far fronte alla minaccia anglosassone. Lo stesso Maresciallo Antonescu vi ha detto l'altro giorno che nel settore sud del fronte russo dinnanzi a dieci divisioni tedesche e a cinque romene sono schierate ben settantuno divisioni sovietiche. Ora se lo Stato Maggiore germanico si propone di attendere ancora un anno per iniziare un'offensiva decisiva contro i russi dobbiamo tener presente che quest'anno sarà utilizzato anche dai nostri avversari e che il fattore tempo non è certo un alleato nostro.

Il mistero continua a persistere su quelle che sono le possibi1ità belliche della Russia, ma a Berlino non si dovrebbe ormai più ignorare: l) che fin dal 1938 (prima crisi internazionale) la Russia ha cominciato a spostare le sue industrie pesanti e di guerra tra Volga e Urali e alcune addirittura ad Est degli Urali, come risulta da un rapporto del 1939 che abbiamo riesumato di un nostro Addetto Commerciale a Mosca; 2) che fin da quell'epoca erano progettate cinque strade ferrate strategiche che dovevano unire questa nuova grande regione industriale al fronte del Volga. È evidente che tali ferrovie non sono state costruite tutte, ma non v'ha dubbio che il nuovo bacino industriale sovietico è servito da vie di comunicazione che consentono il trasporto dei materiali e degli uomini. Ora le nostre informazioni ci dicono che i russi hanno ancora grandi risorse; essi attaccano con larghezza di mezzi e di truppe. Non v'ha dubbio che la Germania in quest'anno farà uno sforzo gigantesco: ma perché dobbiamo escludere che uno sforzo altrettanto gigantesco facciano anche i nostri nemici? E se questo inverno i russi inizieranno un'altra offensiva come quella di quest'anno cosa succederà dei nostri eserciti, se contemporaneamente dovremo far fronte alla minaccia anglo-sassone all'ovest?

Il problema comincia a porsi in termini drammatici ed anche il Conducatar ne è molto preoccupato. Io credo che di fronte a questi aspetti gravissimi della situazione generale sarebbe più che urgente che Italia e Romania si consultassero per stabilire una :identità d'azione che potrà essere d'importanza decisiva per l'avvenire dei nostri Paesi» (1).

(l) Il presente documento reca il visto di Mussolinl.

(l) Il presente documento reca il visto di Mussol!nl.

318

IL LUOGOTENENTE DEL RE IN ALBANIA, PARIANI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. P. 418. Tirana, 12 maggio 1943 O).

Faccio seguito al telegramma n. 233, data 10 corrente (2).

La soluzione della crisi di Governo è stata alquanto laboriosa, data la situazione in atto. Le consultazioni effettuate hanno confermato, ancora più intimamente, il triste stato al quale siamo giunti. Domina la sfiducia generale, che trova sistematico sfogo nel lamentare quanto è stato fatto dopo il 1939 e che ha portato ad un vero caos. In questa lamentela sono tutti d'accordo: VerIaci, Kruja, Markagjoni, Vrioni, etc. e c'è quasi una corsa a chi «più n'ha, più ne metta». E quasi tutti vedono la situazione come disperata. Sopra tutti è il sen. Markagjoni, che ha sostenuto che le cose sono giunte ad un punto tale che egli non vede che il passaggio ai poteri militari, se non vogliamo a vere la rivoluzione entro un mese. L'unico uomo che potrebbe salvare la situazione, secondo lui, sarebbe il sen. Kruja. Ma Kruja -che non ha alcun seguito (solo cinque persone l'hanno portato mentre tutte le altre, compresi suoi amici, lo hanno sconsigliato) -mi ha onestamente dichiarato che egli non avrebbe potuto accettare l'incarico, dato che conosce la situazione in cui si trova.

Gli unici con qualche speranza si sono mostrati: Verlaci, Libohova, Maliq Bushati.

Dei nuovi ministri: il Kosmaci (Giustizia e Istruzione Pubblica) è stimato da tutti; l'Agushi (Lavori Pubblici) ha dato buona prova per ristabilire rapidamente l'ordine nel Kossovo; il Beça (Finanze) è rappresentante di Verlaci; Basha (Industria e Commercio, interim Agricoltura e Foreste) è un tecnico onesto; Hilmi Leka (Cultura Popolare) è l'italofilo direttore del «Tomori :.. Il più discusso ed avversato è il ministro degli Interni -Kol Bib Mirakaj -già segretario del Partito fascista albanese. Montanaro, energico, deciso, è visto un po' di malocchio perché di umili natali: temuto perché •impetuoso, viene accusato di partigianeria, mentre è uomo di fede che agisce in buona fede.

Ho fatto comprendere a tutti che: 1° -il governo è stato scelto con l'idea che debba durare; il presidente del Consiglio avrà cioè pieno appoggio e, se qualche ministro non andrà, verrà sostituito senza con ciò creare nuove crisi; 2° -questo governo non deve fare politica di persone ma risolvere problemi pratici, assicurare cioè l'ordine, garantire l'equa distribuzione dei viveri, ridurre il costo della vita degli impiegati, riordinare la giustizia, riorganizzare l'istruzione; 3° -tutti debbono collaborare col governo perché l'Albania sta attraversando un momento assai grave, che potrà superare solo se tutti concorreranno a trarla dal caos in cui si trova attualmente; 4° -se l'esper.imento in atto dovesse fallire, si passerà senz'altro ai poteri militari.

Comunicherò al popolo la nomina del nuovo Governo con l'accluso proclama (1).

P. S. In sostanza mi occorreva un nome stimato e sicuro ed è E. Libohova, ed una energia coraggiosamente operante ed è K. B. Mirakaj. Naturalmente abbiamo contro Markagjoni.

(l) -Manca l'indicazione della data d'arrivo. (2) -Vedi D. 294, nota 1.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

TELESPR. 13/10573/274. Roma, 13 maggio 1943.

Vostro telespresso n. 6417/1066 del 1° corrente (2).

Il Governo italiano non ha mai inteso fare e non fa alcuna discriminazione a favore del Primo Ministro Gailani o del Gran Mufti di Palestina e li ha sempre considerati e li considera assolutamente sullo stesso piano.

Riconosciuto nel Signor Gailani il legittimo Primo Ministro d'Iraq ed il patriota che ha rifiutato di rompere le relazioni diplomatiche con l'Italia ed ha aperto le ostilità con l'Inghilterra, accrescendo così le sue benemerenze ed il suo prestigio quale altissima personalità che ha dato -alla testa del suo Paese -una spinta decisiva al movimento d'indipendenza di tutti i Paesi arabi del Vicino Oriente; riconosciuto nel Gran Mufti di Palestina un'altra altissima e benemerita personalità del mondo arabo che ha largo prestigio e seguito in tutti i Paesi arabi per aver da tempo incoraggiato il movimento nazionale per l'indipendenza e l'unità di detti Paesi e la loro lotta contro l'Inghilterra, abbiamo sempre dimostrato di avere uguale considerazione per l'uno e per l'altro.

In base a tale atteggiamento abbiamo proceduto, d'accordo ed insieme con il Governo tedesco, all'invio delle note lettere in data 28 aprile 1942, di uguale tenore, all'uno ed all'altro circa l'indipendenza e l'unità di tutti i Paesi arabi del Vicino Oriente, attualmente sotto la dominazione del nemico (3).

Nessun'altra lettera o documento o dichiarazione è stata richiesta o rilasciata al Gran Mufti, mentre, con il Primo Ministro Gailani, siamo entrati in accordi relativi alle future relazioni tra l'Italia e l'Iraq, accordi che confermano il nostro riconoscimento della posizione personale del Primo Ministro Gailani e il nostro riconoscimento che le relazioni future tra l'Italia e l'Iraq sono di sua competenza, per il fatto stesso che egli è per noi il rappresentante del governo legittimo dell'Iraq.

Del resto nelle conversazioni avute a Roma nell'agosto u.s. a proposito della questione sollevata dal Gran Mufti a Berlino circa I'« unicità di comando», fu detto da parte nostra chiaramente, sia al Primo Ministro Gailani che

al Gran Mufti dl Palestina, che non potevamo riconoscere né all'uno né all'altro l'unicità di comando nelle questioni relative all'insieme dei Paesi arabi, a meno che ciò non fosse deciso di comune accordo fra loro con il consenso dei più importanti capi arabi residenti in Europa (1).

Lo stesso può dirsi per quanto è accennato circa il cosiddetto Comitato segreto. Se per Comitato segreto il Primo Ministro Gailani intende un Comitato costituito o da costituire in Europa, possiamo ripetere che siamo sempre disposti a riconoscere un Comitato arabo, segreto o non, che i Capi arabi volessero costituire di loro iniziativa, nella formula da essi prescelta e sotto il Capo da essi spontaneamente designato, senza alcuna ingerenza da parte nostra.

Se per Comitato segreto il Primo Ministro Gailani intende l'associazione segreta «La Nazione Araba», noi non abbiamo fatto che prendere atto delle dichiarazioni fatteci dal Gran Mufti, senza che ciò abbia avuto od abbia influenza sul nostro atteggiamento verso il Primo Ministro Gailani e verso il Gran Mufti stesso, atteggiamento che resta quello da noi assunto sin dall'inizio e sopra illustrato.

Abbiamo sempre infatti ritenuto le questioni riguardanti il futuro dei Paesi arabi come di competenza dei popoli interessati, in base all'accordo che su di esse venga dagli arabi stessi raggiunto. Per parte nostra ci siamo limitati a riconoscere le loro aspirazioni all'indipendenza ed all'unità, come dalle note lettere, nell'intenzione che le decisioni in materia siano lasciate ai popoli arabi ed a quei rappresentanti che essi vorranno designare.

Quanto sopra potete comunicare verbalmente al Primo Ministro Gailani nella forma più amichevole e rassicurante (2).

(l) -Non pubblicato. Su questo documento Bastianlni ha scritto la seguente annotazione: «Affidare a questo governo Il compito di colpire i ladri e non permettere oltre né ad Italiani né ad Albanesi lo sfruttamento sistematico dell'Italia e della povera gente». (2) -Vedi D. 282. (3) -Vedi serie nona, vol. VIII, D. 488.
320

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

TELESPR. S. 13/10574/275. Roma, 13 maggio 1943.

Pregasi comunicare al Gran Mufti di Palestina che la sua nota in data 20 aprile u.s. (3) è pervenuta a destinazione ed è stata esaminata con la massima attenzione e con il massimo interessamento.

Come l'Eminenza ben sa, soltanto circostanze di carattere generale, al di fuori della nostra buona volontà, hanno sinora impedito di dare pubblicità alle intenzioni dell'Asse verso le aspirazioni dei Paesi Arabi del Vicino Oriente, quali sono consacrate nei noti scambi di note segrete con lui e con l'Eccellenza Gailani a suo tempo avvenuti.

«Con riferimento agli accenni fatti dal Primo Ministro Gailani al Comm. Dafer per lamentare la mancata pubblicazione di una dichiarazione delle Potenze dell'Asse circa le aspirazioni dei Paesi arabi del Vicino Oriente, pregasi comunicare al Primo Ministro Gailani che stiamo studiando questa possibilità e che lo preghiamo di farci conoscere le sue idee». Vedi

D. 320.

È in corso uno scambio di vedute al riguardo con il Governo germanico circa gli argomenti avanzati dal Gran Mufti, dei quali si riconosce la grande importanza.

Per vostra norma si aggiunge che, da parte nostra, siamo favorevoli a rendere pubbliche le assicurazioni rilasciate al Gran Mufti ed al Primo Ministro Gailani. Ma non sembra opportuno informare esplicitamente di tale nostro atteggiamento il Gran Mufti, per riguardo verso la Germania.

Nell'intrattenere il Gran Mufti sulla questione gli potrete lasciar comprendere che, in occasione della sua venuta in Italia da lui giorni or sono preannunciata, può essere sicuro di trovare qui un'atmosfera favorevole e le migliori disposizioni per cercare di arrivare, d'accordo con la Germania, alla realizzazione del suo desiderio (l).

(l) -Vedi serie nona, vol. IX, DD. 70 e 118. (2) -Con successivo telespresso 10991/286 del 18 maggio 1943 si aggiungeva quanto segue:

(3) Con tale nota, il Gran Mufti di Palestina chiedeva che si desse un contenuto sostanziale alle intenzioni dell'Asse nel confronti dei Paesi Arabi nella forma di una pubblica dlchla razione ufficiale di indipendenza.

321

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO

L. P. s. 1/2574. Roma, 13 maggio 1943.

In relazione alla tua lettera n. 1113/597 dell'8 corrente (2), ti comunico di averla sottoposta al Duce.

Con Ribbentrop e èon Mackensen avevo già ripetutamente insistito sulla necessità, in quest'ora, di non «tendere la corda» nei riguardi dell'Ungheria anche per non gravare, in caso di reazioni, sulle comuni disponibilità di controllo. Questa è la nostra idea e questa idea sosterremo nuovamente, all'occasione, presso il Governo del Reich. Ad ogni modo è senz'altro opportuna la tua azione di cui al penultimo capoverso della tua lettera.

322

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 7155. Berlino, 13 maggio 1943 (per. il 17).

Un colloquio fissato per stamane con von Ribbentrop non ha più avuto luogo per l'improvviso mancato arrivo di quest'ultimo.

Poiché non sono riuscito a sapere quando il Ministro degli Esteri passerà da Berlino per .recarsi al Quartier Generale verso il fronte russo (dove già si trova il Fiihrer), ho ritenuto opportuno di confer·ire con il Sottosegretario von Steengracht. Il colloquio ha avuto pertanto una minore importanza solamente da un punto di vista formale, perché sono sicuro che tutto quanto ho

detto al Barone von Steengracht in modo chiaro, preciso e senza nessuna reticenza, sarà fedelmente trasmesso al Ministro von Ribbentrop.

Croazia. Ho attaccato in pieno la questione dichiarando non essere assolutamente ammissibile il prolungarsi dell'attuale situazione che è molto equivoca, delicata e grave, a creare la quale contribuisce l'atteggiamento tedesco, se non quello formale del Governo, certamente quello di coloro che agiscono in suo nome.

Ho aggiunto che se alcuni esponenti croati fanno un doppio gioco, il torto è dei tedeschi che a questo gioco si prestano. Che se invece i croati si trovassero di fronte ad un atteggiamento molto fermo e leale tedesco, ciò li indurrebbe, in breve tempo, a prendere un indirizzo chiaro e non subdolo come l'attuale, così gravemente contrastante con gli interessi italiani.

Steengracht ha prontamente risposto che il Ministro von Ribbentrop è precisamente su questa inequivocabile linea di condotta, come d'altronde egli stesso ha avuto occasione di assicurare personalmente l'Ecc. Bastianini.

Per incarico anzi di von Ribbentrop, il mio interlocutore mi ha comunicato che in relazione alle nostre lamentele circa una propaganda irredentista svolta durante una conferenza del Contrammiraglio Godow indetta dall'Associazione croato-tedesca di Zagabria ed alla quale sarebbe stato presente il Generale von Glaise-Horstenau, questi ha esplicitamente dichiarato di non saperne nulla e di essere comunque completamente estraneo alla cosa.

Ho replicato che la risposta negativa del Gen. von Glaise-Horstenau, anche se rispondente nel caso specifico alla realtà, non esclude affatto che il Generale stesso dietro le quinte alimenti e forse anche fomenti una propaganda a favore della Germania e a danno dell'Italia.

Ho anche aggiunto che alla nomina del nuovo Ministro degli Affari Esteri dott. Budak non deve ritenersi estranea una influenza tedesca su Pavelic, essendo risaputo che il dott. Budak è conosciuto -ed il suo atteggiamento durante la sua permanenza di un anno a Berlino lo ha confermato -come amico molto più della Germania che dell'Italia.

Steengracht ha tenuto poi a precisare che circa la venuta del Gen. von Glaise-Horstenau in Italia esiste un equivoco, in quanto il predetto generale tempo addietro ebbe a limitarsi a manifestare il suo desiderio di fare una breve corsa, del tutto privata, in Italia, lieto se in tale occasione avrebbe potuto incontrarsi privatamente con l'Ecc. Ambrosia.

Poiché io ho ancora una volta dichiarato essere inderogabile una chiarificazione dei rapporti, perché il Governo italiano non può assolutamente ammettere una situazione così equivoca in una sfera di azione e di influenza esclusivamente italiana, Steengracht ha ripetuto che il Governo tedesco è desideroso di addivenire a tale chiarimento ma sulla base di precise e specifiche indicazioni.

Non a scopo polemico, ma a conclusione della discussione su questo argomento, ho dichiarato che non si tratta di indicazione di singoli episodi. ma sopratutto di decidersi a rinnovare radicalmente l'ambiente e l'atmosfera che oggi i rappresentanti del Reich contribuiscono a mantenere nei termini sopra lamentati.

Mihai Antonescu e de Kallay. Seguendo una norma di linguaggio datami dall'Ecc. Bastianini ho illustrato come, a parte la circostanza che von Ribbentrop non aveva fatto di ciò parola alcuna al Sottosegretario agli Esteri italiano durante il recente incontro di Salisburgo (1), la proposta del Governo del Reich di dare istruzioni al rappresentante italiano e tedesco a Budapest e Bucarest di evitare i rapporti coi due Capi di Governo per comunicare direttamente con i Capi dello Stato (2), avrebbe messo in una situazione molto imbarazzante il Governo italiano, che ha sempre mantenuto con quello ungherese e con quello romeno una linea di condotta molto chiara e conseguente.

Se il Governo germanico ha fondate ragioni per fare delle riserve nei confronti dell'attitudine politica di Mihai Antonescu e di Kallay, spetta a Horthy ed al Maresciallo Antonescu di chiarire la situazione nei confronti dei loro due rispettivi Capi di Governo; anche perché il seguire un diverso metodo, quale quello proposto dai tedeschi, metterebbe l'Asse, e particolarmente l'Italia, in condizione delicata e potrebbe avere in Romania ed in Ungheria conseguenze e sviluppi impreveduti.

Trattando di questo argomento, ho fatto presente come il sistema della forza e della coercizione -così largamente applicato dalla Germania nei confronti dei paesi europei -possa portare a delle sgradite sorprese. Ne è una prova il fatto che in questi giorni sono riuniti a Berlino i capi delle SS che hanno giurisdizione di polizia nei paesi occupati, dove, come ho facilmente previsto e come da lungo tempo ho segnalato, la situazione seguita a diventare sempre più delicata.

Il mio interlocutore, pur manifestando di aderire alle mie osservazioni, mi ha detto di non essere particolarmente al corrente della questione (cosa che mi sentirò fatalmente ripetere per qualche tempo, fino a quando cioè egli non sarà completamente ingranato nel suo lavoro) ed ha aggiunto che comunque spetta al Duce di dire al riguardo il suo pensiero che il Fiihrer terrà nella massima considerazione.

Alto Adige. Anche su questo argomento von Steengracht mi ha dichiarato constargli in modo preciso e personale -dati i rapporti che egli spesso ha avuto col Fiihrer -che Hitler e quindi anche von Ribbentrop sono perfettamente decisi a dar prova della massima lealtà.

Ha inoltre aggiunto constargli che a suo tempo ordini precisi erano stati dati affinché l'organizzazione dell'Alto Commissariato fosse gradualmente smobilitata e che gli uffici fossero chiusi a partire dal l o aprile .

.È stato facile per me opporre che è perfettamente inutile parlare di lealtà e di buona fede quando praticamente gli ordini non vengono eseguiti e quando, nel caso specifico (secondo quanto riferisce Palazzo Chigi) (3), l'Alto Commissariato tedesco a Bolzano continua a funzionare regolarmente come se nulla fosse avvenuto. Ho aggiunto che ciò costituisce una grave mancanza di riguardo verso il Governo italiano che ha dimostrato correttezza nell'aderire alla richiesta di proroga per il trasferimento degli alto-atesini, sottolineando come la non esecuzione degli ordini ufficialmente comunicati alimenti la propagan

da irredentista; e concludendo che in relazione a questo problema, come g1a a quello della Croazia, non si tratta più di prendere questo o quello specifico provvedimento, ma si tratta di mutare finalmente l'atmosfera generale.

Non ho mancato di far presente come da un po' di tempo a questa parte alle richieste del Governo italiano o si risponde negativamente o si aderisce con la promessa di provvedimenti che o non sono presi, o, se presi, non vengono attuati. Ciò che giustificatamente dà l'impressione di un menomato spirito di solidarietà.

Steengracht è rimasto molto scosso dalle mie parole e mi ha promesso di rendersene subito portavoce presso il suo Ministro, assicurandomi che mi avrebbe dato una pronta esauriente risposta.

(Ciò detto devo aggiungere che -a mio avviso -gran parte delle nostre giustificate lamentele dipendono anche dal fatto che l'Auswartiges Amt funziona con quella lentezza e sfasatura che sono conseguenza diretta del frazionamento del Ministero.

A Berlino vi è la sede centrale che -per volontà del Ministro -allarga sempre più la sua competenza e le sue complesse ramificazioni in tutti i settori: come il vaso di un imbuto che sempre più si ingrandisce; ma -e qui è il difetto del funzionamento -la canna dell'imbuto rimane sempre la stessa. Attraverso la strozzatura deve quindi passare tutto il lavoro che von Ribbentrop -il quale travasi sempre al Quartier Generale, molto lontano da Berlino -vuole personalmente controllare con l'aiuto di pochissimi fidati collaboratori. E poiché nessuno all'Auswartiges Amt di Berlino osa prendere decisioni, deriva quindi un fortissimo ritardo nella soluzione dei problemi e la mancanza di controllo sulla esecuzione degli ordini impartiti).

Tunisia. Ho dichiarato che l'opinione pubblica italiana sopporterà con la consueta fermezza anche questo nuovo duro colpo, che è per noi tutti causa di grave e profondo dolore.

Ma ho espresso chiaramente il rammarico di dover constatare che nonostante le precise assicurazioni date da parte tedesca circa l'invio di tutto il necessario per prolungare al massimo la resistenza col proposito che essa fosse definitiva, praticamente gli aiuti tedeschi inviati in Italia sono stati quasi nulli e comunque non tempestivi. Sopratutto non sono stati inviati in Italia quegli aeroplani che erano stati richiesti con tanta pressante urgenza dal Duce, che il Fiihrer aveva promessi e sull'invio dei quali si è determinato quel tale equivoco che la coraggiosa insistenza dell'Ecc. Bastianini riuscì a chiarire a Salisburgo senza che peraltro seguisse una pratica attuazione degli affidamenti dati.

Il mio interlocutore ha risposto che non era mancanza di buona volontà; ma che ciò era dipeso da difficoltà di carattere materiale, da mancanza di aerodromi, ma~canza di benzina, mancanza sopratutto delle necessarie riserve sul posto.

Ho replicato che queste difficoltà dovevano essere certamente note al Comando tedesco; che pertanto sarebbe stato molto meglio di non fare delle promesse che già si sapeva non sarebbero state mantenute; ed ho aggiunto che se quel tale comunicato dell'annientamento dei nemici non fosse stato fermato dal buon senso italiano, oggi il mondo che rende omaggio all'eroismo dei combattenti in Tunisia avrebbe ragione di irridere all'Asse.

Collaborazion:J europea. Ho chiesto a Steengracht se l'idea dì una carta europea avesse per avventura fatto qualche passo nello spirito dei dirigenti tedeschi, perché -ho aggiunto -avevo l'impressione, confermata nell'ultimo incontro di Salisburgo, che da parte tedesca si fosse con estrema difficoltà aderito in piccola parte alla tesi italiana unicamente per far cosa gradita al Duce. Nel senso cì1e le rispettive posizioni mentali rimanevano invariate.

Steengracht ha ammesso lealmente e confidenzialmente che la mia impressione corrispondeva a realtà.

Ho allora replicato che non si vede, assolutamente non sì vede la ragione per cui, contemporaneamente all'auspicato e ritenuto per certo successo delle armi tedesche, non sì possa creare uno spirito dì solidarietà europea, formulando un programma la cui attuazione si verificherebbe a guerra ultimata e a vittoria conseguita. Ciò avrebbe il risultato di interessare maggiormente i paesi alleati e quelli che ancora non lo sono ad adoperarsi più attivamente per la vittoria dell'Asse, nella quale vedrebbero così identificarsi i loro stessi interessi. La creazione dì un fronte europeo antibolscevico (che potrebbe estendere le sue ramificazioni anche in alcune correnti politiche dell'America e della stessa Inghilterra) avrebbe inoltre il vantaggio dì dare un contenuto ideale contingente alla guerra senza peraltro compromettere in modo alcuno i disegni e i propositi del Duce e del Fi.ihrer sulla sistemazione definitiva dell'Europa. Ed ho richiamato il recente discorso dì Franco che qui è molto spiacìuto.

Steengracht, che mi ha dimostrato di sentire l'importanza e la fondatezza di queste argomentazioni, ha detto a titolo personale (ma evidentemente egli riferiva idee dei suoi superiori) che non si crede da parte tedesca addivenire per adesso ad una sia pure generica formulazione di una carta europea per due ragioni:

l) perché la Germania intende a vere completamente mano libera per chiedere ed imporre con la forza -qualora ciò si renda necessario -dei contributi di materiale produttivo industriale o di materiale alimentare a danno dei paesi occupati; ciò che non potrebbe fare se attraverso la creazione di un'atmosfera di collaborazione europea i paesi attualmente occupati ritenessero dì potersi considerare già un poco sul piano di alleati;

2) perché una dichiarazione, sia pure generica, dell'Asse in questo senso sarebbe certamente interpretata come segno di debolezza dagli avversari.

Offensiva al fronte orientale. Ho chiesto se e quali elementi il Comando tedesco abbia circa la capacità di resistenza russa, circa l'efficienza delle armate sovietiche. Ho chiesto che cosa succederebbe se, dopo i primi successi militari tedeschi, le armate russe potessero lentamente ritirarsi evitando quel tale accerchiamento su cui molto qui si conta, riproducendosi così la tragica situazione già due volte verìficatasi. Ho chiesto se sì rendono conto in Germania che, dopo questo sforzo formidabile che il popolo sta facendo, nell'anno prossimo non vi saranno più riserve tedesche per fronteggiare una probabile controffensiva invernale sovietica.

32 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

Ho avuto delle risposte evasive, delle dichiarazioni basate su informazioni e indizi, i quali confermano che al terzo anno di guerra la Russia è in condizioni di inferiorità e di debolezza tali da non poter resistere ai colpi tedeschi.

Ho creduto di dover osservare che queste dichiarazioni e queste assicurazioni mi erano state date già due volte; che purtroppo per due volte esse erano state smentite dai fatti; e che pertanto fra la iiducla tedesca e le registrazioni cronologiche, queste ultime avrebbero dovuto ispirare una linea di condotta.

Allora Steengracht mi ha dichiarato che il Filhrer è intimamente e profondamente convinto di avere mezzi, armi, uomini e possibilità sufficienti per infliggere un durissimo colpo alla Russia.

Forse è questa la ragione per cui nessuno dei diretti collaboratori di Hitler (Goering, Ribbentrop, Himmler, Bormann, Goebbels), i quali potrebbero esercitare una qualche influenza su di lui, osa parlargli di un tale problema e delle possibilità negative che sono fatali a tutti gli avvenimenti umani.

Mi sono pertanto confermato nella convinzione che a questo punto, dopo gli interventi italiani -alcuni particolarmente autorevoli -affinché la decisione di una nuova offensiva tedesca contro la Russia fosse esaminata al vaglio della esperienza fatta e sulla base di precisi indispensabm elementi, sia inutile insistere.

Non rimane che attendere i risultati dei primi successi militari tedeschi per cogliere il momento di sfruttare la favorevole situazione e cercare di fare allora un altro passo avanti verso la formulazione di una carta europea (1).

(l) -Per la risposta, vedi D. 335. (2) -Vedi D. 302. (l) -Vedi D. 271. (2) -Vedi D. 297, allegato. (3) -Vedi D. 314.
323

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AI MINISTRI A BUCAREST, BOVA SCOPPA, E A BUDAPEST, ANFUSO

T. s. N. D. 15918/297 (Bucarest) 139 (Budapest) P. R. Roma, 14 maggio 1943, ore 24.

(Per Budapest) Mio telegramma n. 138 (2).

(Per Bucarest) Mio telegramma n. 296 (2).

Codesto Ministro di Germania riceverà istruzioni dal proprio Governo di fare un nuovo passo per ottenere che codesto Governo rompa senza ulteriore indugio le sue relazioni diplomatiche con il Cile. Vi prego di volervi intendere con codesto Ministro di Germania e di fare un passo analogo a quello che egli farà.

Rottura delle relazioni diplomatiche con il Cile costituisce una affermazione di solidarietà delle Potenze firmatarie del Patto Tripartito, e noi non ci rendiamo conto delle ragioni per le quali codesto Governo non ha finora preso una decisione in materia.

In occasione di questo passo, che f~ rete d'accordo con il Ministro di Germania, Vi prego di dire personalmente a (per Budapest) Kallay (per Bucarest) Antonescu che noi vediamo con preoccupazione come questo episodio abbia assunto un carattere che va molto al di là della importanza sostanziale della cosa. È evidente che la Germania considera la mancata rottura delle relazioni con il Cile come un chiaro segno di malvolere da parte di codesto Governo. E noi non vediamo quale utilità vi sia da parte di codesto Governo ad aggravare i rapporti in questo momento così delicati con il Governo tedesco, e ad acuire quei sospetti che codesto Governo considera infondati e intende dissipare.

Aggiungete a mio nome che riteniamo interesse reciproco dell'Italia e (per Budapest) dell'Ungheria (per Bucarest) della Romania di risolvere entro breve termine questa questione facendo un gesto che non soltanto sarà apprezzato dalla Germania, ma faciliterà l'opera che noi svolgiamo e intendiamo svolgere per risolvere nell'interesse di tutti la delicata situazione che si è creata in questi ultimi tempi.

È nello stesso interesse dei vincoli di fiduciosa amicizia che ci legano con (per Budapest) l'Ungheria (per Bucarest) la Romania, che noi facciamo appello a codesto Governo perché esso voglia rendersi conto delle ragioni alle quali è particolarmente ispirato il nostro passo (1).

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Non pubblicato. Il T. s.n.d. 15917/296 (Bucarest) 138 (Budapest) P.R., del 14 maggio 1943. ore 24, dava notizia delle istruzioni impartite dal governo tedesco ai Ministri di Germania a Budapest e a Bucarest di sottolineare la necessità di una immediata rottura delle relazioni diplomatiche dei due paesi con il Cile.
324

IL MINISTRO A SOF'IA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. PER CORRIERE 3107/0289 R. Sofia, 14 maggio 1943 (per. il 17).

Re Boris, nel parlarmi stamane degli attentati terroristici dei qu~li Sofia è stata teatro in queste ultime settimane, mi ha detto che essi rivelano un piano accorto e bene definito che deve risalire a persone che conoscono bene la situazione bulgara e particolarmente quella della città di Sofia. Se infatti si osserva quali siano state le persone vittime di tali misfatti, si nota come quella apparente incoerenza, costituita dal fatto che la serie degli assassinati comprende figure di importanza e di rilievo del tutto diyerso, non esista e come invece si sia voluto sempre colpire elementi appartenenti ad ambienti e piani differenti ma tutti, per un motivo o per un altro, ritenuti atti a contribuire alla resistenza bulgara contro le trame ordite dall'estero.

Aggiungo a tale proposito che dalle parole del Sovrano mi è sembrato comprendere che egli ritenga essere questa organizzazione terroristica di origini comuniste e moscovite. Essa, per i metodi seguiti -mi ha infatti egli detto non appare «classicamente balcanica o slava»: si direbbe invece che abbia adottato sistemi caratteristici dei gangster d'oltre oceano e delle associazioni

segrete americane. Sembra inoltre verosimile che essa trovi qualche punto di contatto con i gruppi di fuorusciti bulgari residenti a Londra che da tempo, anche nelle trasmissioni propagandistiche radiofoniche, andavano predicendo attentati e rivolte in Bulgaria. Comunque -ha concluso il Sovrano -questi attentati hanno toccato profondamente l'opinione pubblica bulgara la quale, impressionata ed attoni<ta in un primo momento, comincia ora a reagire, come hanno dimostrato gli episodi di questi giorni nei quali il pubblico ha efficacemente collaborato con gli agenti dell'ordine per la cattura dei delinquenti. E ciò forse perché questo pubblico, allorché ha visto che le vittime degli attentati erano non solamente uomini politici di primo piano (questo è il riconoscimento del nostro mestiere, ha aggiunto Re Boris) ma anche piccoli professionisti e modesti impiegati si è sentito spinto da un sentimento di effettiva solidarietà e di diretta difesa.

(l) Per la risposta di Anfuso, vedi D. 342 e per quella di Bova Scappa, vedi D. 334.

325

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, MACKENSEN

L. s. 1/2597. Roma, 14 maggio 1943.

A seguito della nostra ultima conversazione, Vi trasmetto un elenco dal quale risulta l'entità delle forze aeree nemiche che, dopo l'ultima loro offensiva africana con relative perdite, si trovano oggi schierate contro l'Italia.

Come appare dal predetto elenco, solo nel settore direttamente prospiciente all'Italia, e cioè fra il Marocco e l'Egitto (escluso quindi il Medio Oriente) vi sono complessivamente 4.310 aerei.

ALLEGATO

CONSISTENZA NUMERICA DELL'AVIAZIONE NEMICA IN MEDITERRANEO

Gibilterra

160 apparecchi 80 caccia 60 bombardieri 20 vari

Marocco

400 apparecchi 200 caccia 150 bombardieri 50 vari

Algeria-Tunisia

2000 apparecchi 1100 caccia 700 bombardieri 200 vari Malta 250 apparecchi 150 caccia 100 bombardieri e vari Libia 700 apparecchi 350 caccia 175 bombardieri 175 vari Egitto 800 apparecchi 350 caccia 300 bombardieri 150 vari
326

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 14 maggio 1943.

L'unito promemoria è stato rimesso oggi dal Ministro di Ungheria il quale verbalmente ha aggiunto che, secondo il Presidente Kallay, uno dei motivi più importanti dell'atteggiamento poco benevolo della Germania verso l'Ungheria va ricercato nella politica ungherese nei riguardi degli ebrei.

Il Governo Kallay infatti sta procedendo nei confronti degli ebrei solo gradualmente, evitando i provvedimenti drastici e in massa preferiti dai tedeschi.

Con l'occasione ho ripetuto al Ministro Mariassy -secondo le Vostre istruzioni -di far presente a Kallay la opportunità di eliminare l'attuale stato di tensione con la Germania non drammatizzando e non creando nuovi motivi di attrito (1).

.ALLEGATO

LA LEGAZIONE D'UNGHERIA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

PROMEMORIA. Roma, 14 maggio 1943.

Il Ministro d'Ungheria a Roma ha ricevuto l'incarico di portare a conoscenza del Capo del Governo italiano, quanto segue:

Il Presidente del Consiglio d'Ungheria desidera far giungere nuovamente i suoi più calorosi ringraziamenti al Duce per il suo atteggiamento pieno di comprensione e per i suoi preziosi consigli, ch'Egli ha voluto rivolgergli in connessione al malinteso ungarotedesco. Il Presidente del Consiglio ungherese ha preso atto con profondo senso di gratitudine di questo nuovo manifestarsi dell'amicizia e della fiducia sempre testimoniate del Duce, e tiene ad assicurarlo che -come egli ha sottolineato con insistenza nel suo discorso pronunciato di recente alla riunione del Partito Governativo -intende seguire invariabilmente quella direttiva politica che, malgrado numerose difficoltà, segue da quando assunse la Presidenza del Consiglio, e ch'egli ebbe a fissare, con assoluta franchezza e sincerità, davanti al Capo del Governo italiano, a Roma. Il Presidente del Consiglio ciò ritiene anche in seguito normativa per sé e non ha intenzione di scostarsi da esso neppure minimamente.

Il Presidente del Consiglio ungherese ebbe l'onore d'informare il Capo del Governo italiano riguardante anche quegli sforzi, per la maggior parte di tendenza propagandistica, che il Governo ungherese ha compiuto in Paesi neutrali, allo scopo di parare gli attacchi dei rumeni e, in parte minore, quei degli slovacchi.

Il Presidente del Consiglio ebbe ugualmente ad informare il Capo del Governo italiano riguardante quelle conversazioni che vennero svolte ad iniziativa turca e delle quali i Governi italiano e tedesco furono informati. Da allora quest'affare perdette tutta la sua attualità e al Presidente del Consiglio rincresce che questa iniziativa turca non abbia potuto essere sviluppata nell'interesse delle finalità antibolsceviche.

Per quanto concerne l'asserito tentativo che un diplomatico ungherese avrebbe fatto, mediante un ambasciatore di uno Stato sudamericano, verso il Governo degli Stati

Uniti d'America, il Presidente del Consiglio d'Ungheria ignora chi potrebbe essere quel diplomatico magiaro che, all'insaputa e senza l'incarico del suo Governo, compie tali tentativi, e gli sembra appena necessario di sottolineare, che mai, nessuna comunicazione del Governo degli Stati Uniti gli è pervenuta, quindi neanche il « fin de non recevoir » in questione.

Certi contatti ebbero luogo a Lisbona pel tramite del deputato ungherese Gustavo Kiivér, residente in modo fisso a Ginevra, il quale possiede delle vecchie relazioni personali con certi ambienti inglesi. Il suddetto deputato si recò a Lisbona dietro invito dei suoi conoscenti inglesi, con la previa conoscenza e col consenso dei Governi tedesco e ungherese, nonché con l'incarico di osservarvi un atteggiamento ricettivo. I funzionari tedeschi informati del viaggio del Sig. Kiivér, erano il Console Generale tedesco a Ginevra, Sig. Krauel e il Consigliere di Ambasciata germanico a Berna, Sig. Kordt, i quali ebbero anche posteriormente dettagliate informazioni. Il viaggio del deputato Kiivér, per quanto riguarda i visti ecc., venne da loro pienamente facilitato. I contatti del deputato Kiivér non hanno però fruttato nessun esito concreto.

Il Presidente del Consiglio ungherese non può nascondere la propria impressione, che dietro l'increscioso incidente ungaro-tedesco, stiano motivi di tutt'altro genere che, però, non sono da ricercarsi nella parte ungherese. Essi possono riassumersi nel modo seguente:

l. I tedeschi non possono concepire che l'Ungheria, malgrado la più antica e pm ampia fede di alleato, sia un Paese autonomo ed indipendente, si confessi tale e soltanto come tale possa svolgere la propria politica. Rincresce al Presidente del Consiglio ungherese di dover constatare che ogni manifestarsi di tale fatto fondamentale irriti i tedeschi.

2. Le informazioni riguardanti l'Ungheria e il Governo ungherese vengono quasi esclusivamente raccolte dai tedeschi negli ambienti di opposizione magiara, i quali sono gli avversari non soltanto del Governo, ma anche del regime costituzionale ungherese, e non hanno neppure verso la persona dell'A.S. il Reggente quella lealtà, che ogni ungherese doverosamente deve osservare. Egli potrebbe accennare alla libertà di. movimento e di agitazione di cui i crocefrecciati ungheresi emigrati usufruiscono in Germania e ch'essi adoperano nel modo più ampio, perfino contro la persona dell'A.S. il Reggente. Tale fatto, da parte ungherese, potrebbe giustamente essere obbiettato.

Il Presidente del Consiglio ungherese tiene a rilevare con insistenza il fatto, che i tedeschi nemmeno una volta hanno cercato di sorreggere con prove le loro asserzioni, rimanendo invece sempre nelle generalità.

3. -Nell'ultimo relativo «Promemoria», da parte ungherese si ebbe già l'onore d'illustrare con alcuni dati la misura dell'appoggio economico fornito dall'Ungheria alla Germania, il che più precisamente potrebbe chiamarsi la misura dei sacrifizi portati dall'Ungheria. Da essi risulta che il pericolo dell'inflazione, stando al centro dei problemi del Paese, insieme alle sue gravi conseguenze sociali ed economiche, è da attribuirsi in primo luogo ai debiti della Germania. Si può ugualmente accennare al fatto, che le spedizioni ungheresi di petrolio e di bauxite, che sono da ritenersi materie prime primordiali, vengono messe in conto nel clearing, cioè rappresentano crediti per l'Ungheria soltanto in marchi, mentre indirettamente ess1 originano i grandi debiti della Germania e quindi il pericolo dell'inflazione. Di fronte a ciò, la Romania viene compensata in parte in oro e in parte in macchine e armi, di valore aureo, per le sue spedizioni di petrolio. 4. -Il Presidente del Consiglio d'Ungheria deve ritornare un'altra volta anche sulla questione della « Honvéd », nella quale il Capo del Governo italiano ha voluto dimostrare una particolare comprensione. L'esercito ungherese era la retroguardia delle truppe germaniche, quindi si era ritirato per ultimo dal fronte del Don. Le sue perdite in conseguenza stanno al disopra del 50%. L'Armata ungherese ha perduto complessivamente 120 mila uomini in morti, feriti e prigionieri. La proporzione di questi ultimi però non oltrepassa il 10%, e anche questo è composto di soldati appartenenti alle minoranze nazionali.

Il Presidente del Consiglio d'Ungheria intende dichiarare col massimo rilievo, che con la Germania non esiste nessuna divergenza concreta. L'Ungheria, nel campo economico, come in qualsiasi altro rapporto, adempie ad ogni desiderio che si dimostri nccessario nell'interesse della comune condotta della guerra. Il Governo ungherese ha, p. es., recentemente dato il suo consenso acché fra i tedeschi -cittadini ungheresi -del Paese si reclutino per le ss. Anzi venne pure concesso che i soldati di nazionalità tedesca sotto le armi nella «Honvéd », siano arruolati nelle ss.

Il Governo ungherese considera del resto, le relazioni ungaro-tedesche, da punti di vista tanto elevati, che naturalmente non ha nessuna intenzione di trarre qualsiasi conseguenza dall'incontro di Salisburgo.

È comprensibile che nel Governo ungherese abbia pure suscitato stupore anche il fatto, che poco dopo l'incontro, gli ambienti tedeschi di Budapest, -anzitutto giornalistici e agenzie d'informazioni -fecero circolare, con evidente tendenza, notizie di crisi di Governo. Uguali manovre ebbero luoro anche a Bucarest. Un partito politico ungherese vide l'incoraggiamento in tale vociferazione per aumentare i propri attacchi contro il Governo ungherese. L'aggiornamento del parlamento ha tagliato corto ad ogni simile manovra sovversiva, di modo che è da sperare lo stabilirsi della calma anche in questo campo.

Il Presidente del Consiglio d'Ungheria non ha mancato di riferire sull'atteggiamento del Capo del Governo italiano all'A.S. il Reggente, il quale, anche da parte sua, desidera esprimergli il suo vivo ringraziamento per il gesto amichevole.

Infine il Presidente del Consiglio si pregia di assicurare nuovamente il Capo del Governo italiano che egli persevererà su quella direttiva che in occasione delle loro conversazioni a Roma, ha determinato e ch'egli vigilerà attentamente acché, da parte ungherese, nulla possa turbare le relazioni ungaro-tedesche. D'altro canto è naturale, che il Presidente del Consiglio ungherese non può lasciare offuscare il principio e il fatto dell'Ungheria autonoma.

(l) Il prese n te documento reca Il visto di Musso lini.

327

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

R. S. P. 2220/785. Bucarest, 14 maggio 1943 (l).

Ho avuto una lunga conversazione con questo Ambasciatore di Turchia che ho riassunto molto fedelmente nel qui unito appunto. Te lo invio per Tua personale riservata conoscenza.

ALLEGATO

CONVERSAZIONE CON L'AMBASCIATORE DI TURCHIA (2)

APPUNTO. Bucarest, 12 maggio 1943.

Ho avuto un lunghissimo colloquio con questo Ambasciatore di Turchia Suphi Tanrièiver. Dopo avermi chiesto il permesso di esprimermi il suo pensiero con ogni franchezza, il Signor Tanritiver ha detto quasi testualmente quanto segue:

Da vari giorni avevo in animo di venirvi a vedere per dirvi qualche cosa che mi sembra d'una importanza che potrei definire storica, ma ho esitato perché comprendo la delicatezza del problema. Oggi però mi son deciso e mi perdonerete in anticipo se non avrò esitazioni.

Parlo da neutro, da osservatore imparziale e sovratutto da amico del vostro Paese. Non pensate menomamente che io voglia dare dei consigli in un argomento così grave, decisivo e impegnativo quale è la guerra. So benissimo che voi avete adottato la formula della guerra totale: che il dilemma che vi siete imposti è lotta per la vita o per la morte. Ma ad uno che è estraneo a questa tragica alternativa, che è al di fuori di questa bruciante passionalità che anima il conflitto, deve essere consentito di poter esprimere una opinione e credo che voi possiate essere indulgente nei miei confronti poiché ciò che mi spinge ad esprimerla è il mio amore pel vostro Paese e la mia coscienza di storico e di europeo.

A un osservatore attento il conflitto tra il blocco anglosassone-sovietico che ha a sua disposizione risorse immense materiali ed umane, e direi quasi l'intero mondo, e l'Europa tormentata, inquieta, rivoltosa, che si esaurisce progressivamente, non può fare l'ombra d'un dubbio. Ogni giorno che passa gli alleati salgono di quota dal punto di vista morale mentre le popolazioni d'Europa scadono di tono. La Germania crede di poter vincere la guerra con la lotta sottomarina ma questa è, ad avviso di molti, una pericolosa illusione. Gli alleati si sentono in condizione di far fronte alla grave minaccia della battaglia atlantica. Gli esperti navali inglesi ce lo hanno dimostrato e bisogna riconoscere che, malgrado le gravi perdite che subiscono, i convogli alleati continuano a navigare e a trasportare truppe e materiali su tutti i mari del mondo. Resta un'altra pericolosa illusione: la Russia. Su questo paese io ho delle informazioni preziose che mi sono state date da un turco originario del Caucaso che è reduce in questi giorni da Kuibiscev. Egli mi ha detto che i Soviet dispongono ancora di risorse immense, che sono in condizioni di svolgere nuove e potenti offensive e che ormai la guerra in quel fronte si è trasformata da lotta di spazio in lotta di tempo. È quasi certo che i sovietici si metteranno in moto contro i tedeschi non appena potrà essere creato un secondo fronte in Europa. L'ipotesi d'un crollo russo è pertanto da escludersi -mi ha detto il mio informatore -e, a me pare, anche quella d'una pace separata tra Germania e Russia.

In tali condizioni -.ha proseguito l'Ambasciatore -la lotta nel Mediterraneo acquista carattere ed importanza decisiva. Voi non ignorate che il programma degli alleati è di mettere l'Italia fuori causa come primo atto della battaglia risolutiva contro la Germania. Ora che avete perso la Tunisia si scatenerà contro il vostro paese un'offensiva aerea violenta: le vostre città saranno distrutte, e il mio cuore di europeo non può pensare a questa ipotesi senza fremere. D'altra parte le città italiane rappresentano il vostro capitale più grande; le materie prime perdute possono essere sostituite, ma se voi perdete questa vostra esclusiva ricchezza con che cosa mai più la sostituirete? So che i vostri soldati si batteranno, come sempre, magnificamente ma alla lunga saranno costretti a cedere. Anche qui è sempre il tempo che comanda l'esito delle operazioni. Questo è un calcolo matematico di forze che non può sfuggire alla vostra attenzione. Io non mi lascio impressionare dalle cifre iperboliche della produzione americana: centinaia di migliaia di apparecchi e di carri armati; guardo ai fatti: dopo aver dato formidabili colpi d'ariete in tutte le direzioni quasi allo scadere del quarto anno di guerra la Germania è alla difensiva un po' dovunque; si prepara febbrilmente -essa che ha attaccato l'Europa in tutte le direzioni -a difendere l'Europa, che però le è nemica, in quasi tutti i settori. Situazione quanto mai paradossale. L'esercito germanico è chiamato a difendere la Norvegia, il Belgio, l'Olanda, la Danimarca, la Francia, la Grecia, la Jugoslavia, la Polonia, tutti paesi che detestano il loro difensore e attendono con ansia lo sbarco dell'attaccante. Situazione artificiosa, storicamente e psicologicamente assurda.

È probabile ora che gli alleati tenteranno rapidamente di sbarcare in Sicilia o in Sardegna e cercheranno di obbligare la vostra flotta ad impegnarsi. Qualora dovessero impadronirsi delle vostre isole -gigantesche basi aeree -l'Italia si trasformerebbe in un mare di rovine. Pensate anche all'eventualità che l'Italia stessa possa divenire campo di battaglia tra gli eserciti alleati e quelli dell'Asse. Ciò significherebbe la fine d'un patrimonio spirituale che è caro a tutti gli uomini civili della terra. Dovete proprio arrivare fino a questo deprecabile estremo con la prospettiva di non vincere la guerra? Poiché a mio avviso l'idea che voi e i tedeschi possiate imporre la pace all'Inghilterra e all'America -anche con l'aiuto del Giappone -mi sembra da escludere.

E allora?

-E allora? -ho risposto. -Ecco -ha proseguito il Signor Tanriover -penso che bisogna evitare la distruzione deLl'Italia e una vostra irreparabile sconfitta. -In che maniera? -Trattando con gli Alleati.

Ho subito precisato: Io non mi sento, caro Ambasciatore, di dividere il vostro pessimismo. Noi abbiamo un formidabile strumento di guerra che è tutt'altro che esaurito, una volontà di vincere che è esasperata e la convinzione profonda che le guerre non si vincono solo con la superiorità dei mezzi. Tuttavia voglio procedere per assurdo e ammettere come vere al cento per cento le vostre previsioni che in molti casi ammettono come fondato anche il contrario. Come potete pensare che se gli Alleati hanno la sensazione di aver già vinto la guerra l'Italia possa ora ritirarsi dal conflitto, tradire i suoi impegni e la sua alleanza ed ottenere condizioni di pace onorevoli?

-Qui non si tratta di tradire -ha risposto l'Ambasciatore. Ogni uomo di stato responsabile ha il dovere di pensare all'avvenire del proprio paese senza troppi sentimentalismi. E se voi avete la possibilità di salvare l'Italia dalla rovina e dalla sconfitta avete il dovere di farlo, prima che sia troppo tardi.

-Ci sono sconfitte che sono meno dure di certe vergogne.

-Ma non vi fate alcuna illusione. La sconfitta che può cadere su di voi, vi ripeto, può incenerirvi. Non sarebbe sul tipo delle sconfitte del '49 o anche di quella subita dalla Germania nel '14. Oggi una sconfitta significherebbe l'epilogo d'una distruzione e sconvolgimento totale e la premessa d'una rivoluzione interna che completerebbe la rovina. Ecco perchè di fronte a queste ipotesi terribili non si possono avere eccessivi sentimentalismi. La distruzione delle vostre città e forse la distruzione stessa di Roma valgono qualsiasi scrupolo morale e qualsiasi perplessità. Gli americani saranno senza pietà.

-Non ci facciamo alcuna illusione, ho replicato. Ma in sostanza, Voi parlate a nome di chi e con quale scopo?

-Io non ho nessuna veste e nessun mandato da nessuno, ha precisato l'Ambasciatore. Parlo a titolo personale, e vi dico: sono certo che l'Inghilterra, se voi foste pronti a trattare la pace, vi farebbe condizioni onorevoli. La ragione è semplicissima. L'Inghilterra non ignora che l'Italia è un elemento essenziale di equilibrio e di stabilizzazione per l'Europa di domani. Si può mai immaginare che inglesi e americani vincendo la guerra resteranno a far la guardia all'Europa per impedire allo slavismo di soffocarla e al germanesimo di rinascere? Certamente no. E allora l'Italia deve avere il suo posto in Europa e nel Mediterraneo e terra per la sua espansione. Anche noi turchi desideriamo che sia così e non lo abbiamo nascosto agli inglesi. Io sono certo di quel che dico e cioè che se voi accettaste di trattare la pace, con quel coraggio storico che bisogna avere davanti a certe situazioni insostenibili, e lo faceste mettendo in risalto le funzioni essenziali che può avere l'Italia per l'ordine europeo di domani e trovando con l'Inghilterra una solidarietà antibolscevica, l'Italia potrebbe salvare il suo destino e forse anche il suo regime.

-Anche il suo regime? ho chiesto. -Io credo di si. Gli anglo-americani non tratteranno mai con Hitler e i nazisti. Ma è molto probabile che trattino col Duce e i fascisti. -Ma voi non vi rendete conto -ho obiettato -che il Duce ha bisogno della vittoria per trattare perchè il Suo nome è legato a tutte le nostre vittorie?

-Errore -ha gridato l'Ambasciatore -errore gravissimo: non vi lasciate guidare da questioni di prestigio personale. Quello che conta sono gli aspetti della storia e i vostri governanti devono agire a tempo per salvare l'Italia e il popolo italiano. La posta del giuoco ormai si è spostata: voi non vi battete più per un'ideologia politica ma per l'esistenza del popolo italiano e per la sua possibilità d'avvenire. Se perdete la guerra avrete perduto tutto. Voi siete ancora in tempo per salvare le vostre città, salvare buona parte del vostro dominio coloniale, conservare il vostro posto nel Mediterraneo. Ma per tutto questo dovete agire ora e non più tardi. Vi ripeto, non si tratta di tradire: si tratta di vivere o di morire: è questo il dramma di fronte al quale si trovano i vostri uomini di stato ed essi hanno il dovere di optare per la vita e non per la morte.

Ho detto all'Ambasciatore che lo ringraziavo per la sua franchezza ma che per il Duce le leggi dell'onore valevano più che le ragioni della vita. Che comunque poiché egli mi aveva parlato come storico e amico dell'Italia io non avrei mancato di prender nota di quanto mi diceva. Tuttavia, siccome non dividevo il suo pessimismo non potevo arrivare alle sue stesse conclusioni. Dovevo anzi avvertirlo che nell'ultimo colloquio tra il Duce e il Ftihrer i due uomini di stato avevano riconfermato la loro piena fiducia nella vittoria.

L'Ambasciatore mi ha obiettato che bisognava guardare in faccia la realtà e non nutrirsi di illusioni; che egli aveva parlato senza « faux detours » e che un grande realista come il Duce doveva certamente valutare i fatti e non le intenzioni, calcolare gli avvenimenti e non le speranze.

Accennandomi poi alla posizione della Romania e del sig. Mihai Antonescu il sig. Tanriiiver mi ha detto che Antonescu era un uomo di stato « cosciente e responsabile », che la Germania non approvava «certe sue iniziative» perché ormai a Berchtesgaden la « realtà non la si vedeva più che attraverso l'iperbole e la speculazione filosofica », ma che quella grande dispensatrice di giustizia ch'era la storia umana avrebbe posto al suo reale valore e nella sua giusta luce gli uomini di stato che sapevano discernere a tempo i pericoli mortali per i loro popoli e che prendevano le misure necessarie per schivarli.

L'Ambasciatore mi ha infine detto che il suo Governo è più che mai deciso a restare estraneo al conflitto. Esso sapeva che la Germania inviava truppe verso la Tracia ma tali misure militari avevano carattere difensivo e precauzionale non offensivo contro la Turchia.

Il presidente Ismet -egli ha concluso -non prenderà mai le armi per aiutare la Russia ciò che significherebbe agire ai danni della Turchia (1).

(l) -Manca l'indicazione della data di arrivo. (2) -Ed., con l'omissione degli ultimi cinque capoversi, in R. BovA ScaPPA, Colloqui con due dittatori, cit., pp. 90-92.
328

L'ADDETTO ALL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, PIERANTONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. 3083/766/94 R. Sussak (via Trieste), 15 maggio 1943, ore 17,30 (per. ore 8 del 16).

Questa notte Comando settore Mostar è stato informato da Autorità militari germaniche che Divisione tedesca SS Principe Eugenio (dislocata come è noto ad ovest della città) avrebbe iniziato marcia verso Nevesinje «come previsto da recenti accordi » intervenuti tra Autorità militari italiane e tedesche, per procedere a disarmo cetnici e chiedendo nostra collaborazione.

Comandante 6° Corpo d'Armata ha cercato opporsi avanzata truppe germaniche, ma da parte tedesca è stato risposto che non si poteva fermare movimento già iniziato. Eccellenza Piazzoni ha fatto allora inviare protesta scritta.

Ricognizione aerea ha accertato che altre truppe tedesche avanzano da Serajevo verso Kalinovik.

Iniziativa tedesca contrasta singolarmente con accordi presi solo dieci giorni fa a Zagabria da Eccellenza Robotti con Generale Loehr (2) e più ancora col fatto che proprio in questi giorni Eccellenza Pirzio Biroli avrebbe avuto incontro

con Autorità militari tedesche dell'O.B.S.O. di Salonicco per esame proprio questione disarmo cetnici unitamente rappresentante Comando II Armata. Evidentemente da parte tedesca si è voluto troncare questione con un ge~ sto di forza. Stato Maggiore R. Esercito informato da Comando II Armata è rimasto sorpreso iniziativa tedesca, circa la quale ha interessato Comando Supremo.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Vedi D. 301.
329

L'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3084/632 R. Madrid, 16 maggio 1943, ore 0,20 (per. ore 8).

Sono ·tornato con questo Ministro Affari Esteri sull'argomento della minaccia di un'azione anglo-sassone diretta all'occupazione delle Azzorre. Jordana mi ha detto che questo Ambasciatore Portogallo gli ha ultimamente affermato di aver ragione di ritenere che i possedimenti ed il territorio metropolitano portoghese non corrono pericolo, ma che egli non condivide tale sicurezza per le Azzorre.. Evidentemente il Ministro dà ora maggior credito alle voci di allarme ed alle informazioni 'pessimistiche raccolte a questo proposito. Ho colto occasione per chiedergli se in caso occupazione Azzorre Spagna sarebbe tenuta a intervenire in base al protocollo addi21ionale al patto di amicizia e non aggressione ispano-portoghese. Jordana ha risposto negativamente; ha aggiunto che però Spagna reagirebbe in caso di sbarchi in territorio metropolitano della potenza amica. Gli [ho] allora domandato se in questo caso intervento sarebbe automatico. Ministro mi ha detto che questione era trattata tra Stati Maggiori dei rispettivi eserciti e che da parte degli spagnoli vi era tendenza in tal senso.

330

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

T. PER CORRIERE 3118/0121 R. Berlino, 16 maggio 1943 (per. il 17 ).

Il Sottosegretario von Steengracht mi comunica che per incarico di von Ribbentrop entro la settimana ventura (22 maggio) l'organizzazione dell'Alto Commissariato tedesco sarà materialmente chiusa ed il Dottor Mayr abbandonerà Bolzano (l).

Ho preso atto della Comunicazione non senza dichiarare che attendevo conoscere le rag-ioni del lamentato ritardo all'esecuzione degli ordini che, a suo tempo, mi si assicurò erano stati impartiti aggiungendo che se, su richiesta

di Palazzo Chigi, non fossi nuovamente intervenuto, la situazione attuale si sarebbe con tutta probabilità prolungata.

Steengracht si è scusato dichiarando che il ritardo non era assolutamente causato da cattiva volontà ma lentezze burocratiche interne e si è riservato di farmi tenere precisi elementi di risposta (l).

(l) Vedi D. 322.

331

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

L. P. 8/02838. Roma, 17 maggio 1943.

Ti ricorderai che in un mio recente incontro con Ribbentrop, io lo intrattenni circa la situazione in Croazia e sulla necessità di procedere a un franco e completo chiarimento da parte delle nostre due Rappresentanze a Zagabria (2). Fu allora convenuto che il Ministro Kasche avrebbe ricevuto istruzioni di concordare con Casertano una comune linea di condotta da tenere nei confronti del Governo croato ispirata al criterio della prevalenza degli interessi italiani in Croazia. Dei rapporti, con cui Casertano ha successivamente riferito circa i suoi colloqui con le Autorità tedesche di Zagabria, tu hai man mano ricevuto comunicazione. Avrai così potuto notare che i risultati di dette conversazioni non sono stati molto conclusivi né si è sostanzialmente modificata la situazione da me segnalata a Ribbentrop. Occorre perciò insistere nell'opera di chiarimento, riprendendo le conversazioni fuoi'i dell'ambiente di Zagabria.

Ho fatto a tal fine preparare un promemoria circa lo stato dei nostri rapporti con la Germania per quanto riguarda la Croazia, in cui sono elencate le questioni rimaste aperte. Ne accludo copia a questa lettera (3), per tua conoscenza strettamente riservata.

È indispensabile, al punto in cui siamo, che tutte queste questioni siano risolte in modo rispondente ai nostri interessi, in conformità agli affidamenti più volte confermatici, per evitare che, mentre verbalmente ci si dà ragione, di fatto si crei e si consolidi una situazione che è la negazione dei nostri diritti.

Occorre a tal fine che H negoziato su tutti i problemi prospettati venga trasferito a Berlino e avviato verso le soluzioni indicate per ognuno di essi mediante tuoi diretti contatti con codesto Governo. Ti prego quindi di voler intrattenere espressamente von Ribbentrop al riguardo insistendo sul vitale interesse che annettiamo all'attuazione di quanto ci è stato riconosciuto. Il nostro diritto preminente in Croazia è uno dei principali risultati della guerra che da tre anni stiamo conducendo a prezzo di sacrifici gravissimi e in stretta solidarietà con l'Alleato. Non possiamo lasciar disperdere tale risultato. Insisto

perciò perché le soluzioni prospettate siano al più presto tradotte in pratica con istruzioni precise e irrefutabili. Questo Ministero si tiene a tua disposizione per tutti i chiarimenti ulteriori che ti possano occorrere. Per parte mia, mi riservo di affiancarè convenientemente la tua azione presso von Mackensen sulla base di quanto man mano mi riferirai (1).

(l) -Tali elementi furono forniti con una nota trasmessa da Alfieri con T. per corriere 3194/0122 R. del 19 maggio 1943, non pubblicato. Vedi D. 513. (2) -Vedi D. 237. (3) -Non pubblicato.
332

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

R. 2241/791. Bucarest, 17 maggio 1943 (per. il 24).

Il Signor Tanriover, Ambasciatore di Turchia, prima della sua partenza per Angora è tornato a vedermi. Ho riassunto quanto egli mi ha detto nell'unito appunto che mi permetto di trasmettere a V. E. per Sua personale conoscenza.

ALLEGATO

CONVERSAZIONE CON L'AMBASCIATORE DI TURCHIA

APPUNTO. Bucarest, 17 maggio 1943.

Prima di pal'tire per Angora questo Ambasci!lltore di Turchia Suphi Tanriover è venuto nuovamente a vedermi (2). Parlandomi dellà situazione generale egli mi ha detto in forma esplicita come mai come in questo momento l'Inghilterra sia preoccupata del fattore russo.

«Noi abbiamo numerose prove di tale preoccupazione, ha precisato l'Ambasciatore. La Russia non mostra i segni d'un indebolimento: anzi nel campo aereo rivela sintomi d'una inattesa potenza. In tali condizioni gli uomini di Londra guardano con ansietà a quello che accadrà se le armate tedesche non saranno in grado di distruggere l'esercito sovietico. Gli inglesi si dimostrano generosissimi con noi in materia di forniture di armamento. E quando abbiamo chiesto perché ci si offrivano tanti mezzi ci è stato risposto: "perché noi vogliamo una Turchia forte in condizioni da impedire che a un certo momento l'anarchia dilaghi nel sud-est europeo". Tradotto in parole più precise questo significa: vogliamo impedire che il bolscevismo dilaghi nel sud-est europeo. È chiaro quindi che l'Inghilterra considera noi, la nostra potenza, le nostre possibilità molto più in funzione antisovietica che in funzione antitedesca. Del resto il fatto che l'Inghilterra ci abbia incoraggiato vivamente (l'Ambasciatore non ha detto "suggerito", ma mi è parso che volesse dirlo!) a prendere l'iniziativa d'una possibile solidarietà balcanica è un'altra prova evidente di quel che vi dico. Non dovete dimenticare che quell'iniziativa fu presa nel momento in cui le armate sovietiche avanzavano verso il Nipro e minacciavano di dilagare al di qua. I tedeschi non hanno capito il valore della nostra iniziativa. Anzi se ne sono irritati. Io spiegai al Ministro di Germania chiaramente quale era la situazione. Se l'Asse vinceva la guerra questa solidarietà balcanica non aveva senso né scopo: ma se avesse corso rischio di perderla essa avrebbe potuto rappresentare un motivo di salvezza per l'Europa.

Io resto fermo nella mia idea che le preoccupazioni britanniche possano essere l'elemento base per possibili prese di contatto tra voi e gli inglesi.

Qui intanto si continua a parlare dei progetti alleati e di nuovo la neutralità della Turchia torna ad essere messa in dubbio.

Il Ministro di Germania mi ha chiesto che cosa gli inglesi ci abbiano promesso. Ho risposto che non ci avevano promesso nulla perché: 1°) innanzi tutto noi non abbiamo rivendicazioni territoriali che possano indurci a mutare la nostra politica in vista di bottini più o meno pingui; 2°) l'Inghilterra potrebbe darci il Caucaso, che però appartiene alla Russia tutt'altro che battuta; la Tracia occidentale, ma noi non la vogliamo perché non desideriamo più nuove guerre balcaniche; l'Iraq, ma è un prezioso mandato britannico di cui l'Inghilterra non si disfarrà mai; la Siria, ma la Francia non è ancora morta e crediamo anzi che non morirà affatto. Allora che cosa poteva mai prometterei l'Inghilterra per indurci a violare la nostra neutralità? (Nota Bene: l'Ambasciatore non ha fatto alcuna allusione al Dodecanneso!).

La realtà è, caro Ministro, che il nemico tradizionale del turco non è il greco, né il bulgaro, né il persiano. Il nostro nemico vero è il russo che ci siamo trovati sempre di fronte nel corso di tutta la nostra storia. Fino a pochi secoli fa si andava da Costantinopoli a Pechino parlando il turco. Milioni di turchi popolavano l'Asia, il Turchestan, il Caucaso e alcune zone della Russia. Ebbene i russi hanno tutto distrutto, tutto assimilato, tutto trasformato. Essi aspirano anche alle nostre terre d'Europa. Se voi entrate nei casolari dell'Anatolia e domandate al contadino turco chi è il suo nemico, egli vi risponderà che è il russo. Ismet pascià non condurrà mai il popolo turco contro i nemici della Russia e nessun altro uomo politico turco che ami veramente il suo paese e ne interpreti i sentimenti potrà fare diversamente.

Questa nostra chiara posizione politica beninteso non significa che se saremo attaccati anche dai nemici dei russi non ci difenderemo. Noi abbiamo un esercito ottimo ma piccolo che in una guerra moderna, con l'usura spaventosa dei mezzi, verrebbe rapidamente consunto nella gigantesca fornace. Noi non abbiamo industrie e dobbiamo quindi tenere le nostre forze in riserva fino all'estremo pel caso che ne potessimo aver bisogno. Ma non correremo avventure. Vi assicuro che questo è il pensiero anche di Ismet e di Numan Menemengioglu ».

Ho detto all'Ambasciatore che le preoccupazioni romene erano che a un certo momento gli anglosassoni facendo forti pressioni sulla Turchia potessero ottenere il consenso al passaggio di flotte e convogli attraverso gli Stretti destinati ad uno sbarco sulla costa romena. La posta capitale di Ploesti poteva anche suggerire questa azione. Il Signor Tanriover mi ha risposto che il passaggio di flotte e armati attraverso gli Stretti era vietato dalla Convenzione di Montreux ed egli era convinto che gli anglosassoni non avrebbero messo la Turchia in condizioni di dover difendere la propria neutralità.

Parlandomi infine della Germania il Signor Tanriover mi ha detto: «Io passo per essere antitedesco e invece ho una profondissima ammirazione per la Germania. Come storico sono convinto che i grandi eserciti come quello tedesco non possono costituirsi che in seno a grandissime civiltà. Ammiro sinceramente le conquiste del pensiero tedesco. I miei figli li ho educati a cultura germanica. Ma questa ammirazione non mi impedisce di constatare che i tedeschi hanno una fondamentale incapacità psicologica a capire gli altri popoli e questo spiega perché a differenza di voi italiani non riescano a farsi amare da nessuno. Illudersi di costruire un impero in Europa basato sulla violenza e la costrizione, illudersi che popoli che per secoli hanno lottato per l'indipendenza e la libertà vi rinunzino e si adattino a servire solo perché così desidera il Signor Hitler, a profitto esclusivo del suo paese, questo significa cecità. Ecco perché una costruzione europea che prescinda da certi elementi psicologici che sono alla base della civiltà contemporanea e sono frutto di pensiero e di opere d'intere generazioni è destinata a crollare. Sono convinto di non ingannarmi e questo mio pensiero non l'ho nascosto agli stessi tedeschi.

Quanto al Giappone esso conduce una guerra di " puro egoismo " e il fatto che non abbia attaccato la Russia quando sarebbe stato di importanza vitale per voi prova che sarebbe un grave errore se faceste eccessivo affidamento sulla sua azione politica e militare nel quadro dei vostri interessi europei » ( 1).

(l) -Per la risposta di Alfieri, vedi D. 343. (2) -Per Il precedente colloquio, vedi D. 327.

(l) Il presente documento reca il visto di Mussolini.

333

IL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, CASTELLANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. 3153/799/95 R. Sussak, 18 maggio 1943, ore 21 (per. ore 18,45 del 19).

In risposta comunicazione di questo Comando 16 corrente n. 7949 (allegato

«-F » al mio appunto di ieri n. 785) (l) generale Lohr ha segnalato: l. --non era previsto impiego truppe tedesche a sud linea descritta, fatta eccezione per Bileca; 2. --delimitazione territoriale presidi italiani non poteva essere riconosciuta perché poteva ostacolare necessità tattiche ed operative, e pregava quindi dare istruzioni Comandi dipendenti affinché misure tattiche truppe tedesche non fossero disturbate; 3. --Comando truppe tedesche aveva ricevuto ordine prendere accordi con autorità militari italiane, ... (2) in genere necessità effettuare passaggio con le forze armate.

Generale Robotti ha immediatamente replicato che:

l. -aveva comunicato contenuto suddetto telegramma alle autorità militari superiori;

2. --pur non avendo alcuna intenzione ostacolare operazioni camerati tedeschi zona neutra manteneva ferma ogni sua competenza nei presidi occupati truppe italiane; 3. --semplice transito attraverso nostri presidi poteva essere di volta in volta concordato tra Comando italiano e tedesco interessati; 4. --pensava che prima di far procedere con la forza contro presidi italiani (cosa di cui non intuiva necessità perché dovevasi e potevasi sempre intendere)

O.B.S.O. avrebbe dovuto attendere istruzioni che sarebbero pervenute II Armata dalle proprie superiori autorità (3).

334

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. 3155/333 P. R. Bucarest, 18 maggio 1943, ore 22 (per. ore 12,45 del 19).

Telegramma di V. E. n. 297 (4).

Michele Antonescu mi ha pregato esprimervi la sua gratitudine per quanto avete fatto e vi proponete di fare in relazione ai noti avvenimenti.

Mi ha incaricato dirvi: l) che soltanto tre settimane dopo iniziativa cilena gli era stato chiesto

di rompere le relazioni col Cile (l) ; 2) che, proprio la vigilia del primo passo fatto dal Barone von Killinger, Incaricato d'Affari cileno gli a v eva chiesto precisazioni circa atteggiamento romeno nei confronti del suo paese e che egli lo aveva assicurato non esservi nulla di mutato; 3) che per ovvie ragioni di dignità egli aveva voluto lasciare passare qualche tempo prima di prendere una iniziativa nei confronti di un altro paese latino; 4) che nel suo modo d'agire non (dico non) si doveva scorgere alcuno spirito di fronda e che otto giorni or sono aveva informato il barone Killinger che le relazioni romeno-cilene erano rotte. Quest'ultima informazione mi è stata confermata dal mio collega tedesco.

(l) -Non pubblicato, ma vedi D. 328. (2) -Nota dell'Ufficio Cifra: «Gruppo errato». (3) -Con successivo T.s.n.d. 3151/802/96 R. del 18 maggio, ore 21,15, non pubbllcato, Castellani riferiva ancora che truppe tedesche dirette in Montenegro avevano forzato !l nodo stradale di Blleca, presidiato dal 6° Corpo d'Armata, senza attendere l'autorizzazione. (4) -Vedi D. 323.
335

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. S. 7384/1215. Berlino, 18 maggio 1943 (per. il 20).

Telespresso ministeriale n. 13/10574/275 del 13 maggio u.s. (2). È stato comunicato al Gran Mufti il contenuto del telespresso di cui al riferimento.

Egli ha preso atto con molta soddisfazione delle dichiarazioni fattegli ed ha aggiunto che spera vivamente di poter addivenire ad un risultato conclusivo in proposito, durante il suo prossimo soggiorno a Roma.

Nella giornata di ieri, in una conversazione avuta con uno dei funzionari di questa Ambasciata, il Consigliere di Legazione Melchers che sostituisce l'Ambasciatore Priifer ammalato, ha fatto sapere che ha avuto l'incarico dai suoi superiori di stendere un rapporto da presentarsi a Ribbentrop, circa l'opportunità o meno di rendere pubbliche le lettere date a suo tempo al Gran MuHi ed al Gailani circa la libertà e l'indipendenza dei Paesi Arabi del Medio Oriente. Melchers ha aggiunto che egli avrebbe nel suo rapporto dato parere favorevole alla pubblicazione delle lettere stesse sopratutto in considerazione della necessità che le due personalità arabe possano di fronte ai loro Paesi, dimostrare di aver ottenuto qualcosa di positivo dai Governi dell'Asse, onde non correre il pericolo di perdere a poco a poco il loro prestigio, già intaccato dai recenti avvenimenti militari nell'Africa del Nord.

Circa la data della pubblicazione delle lettere, il Melchers sarebbe dell'opinione di attendere qualche settimana onde non dare l'impressione che la pubblicazione stessa possa essere stata influenzata dallo sfavorevole esito delle operazioni in Tunisia ( 3).

(l) -Vedi D. 6. (2) -Vedi D. 320. (3) -Per la risposta, vedi D. 358.
336

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. s. l HJS/639. Budapest, 18 maggio 1943 (per. il 20).

Telespresso ministeriale n. 1/2278 del 28 corrente (1).

Ho fatto assumere discrete informazioni sul conto del Vali Ferenc, oggetto della comunicazione sopracitata, sulla sua missione e su gli eventuali risultati di essa. Da buona fonte, solitamente attendibile, mi sono state fornite le seguenti notizie che riassumo qui di seguito avvertendo che non mi è stato possibile, per ovvii motivi, contmllarle.

Il Vali è un ebreo, avvocato e libero docente di Diritto internazionale. Egli è stato mandato ad Istambul dalla Lega del Revisionismo (su cui vedasi mio telespresso 1173/625 del 13 corrente) (2), col preciso incarico di mettersi in contatto con quegli ambienti polacchi ed inglesi, di sondare le intenzioni angloamericane nei riguardi dell'Ungheria e di fare una propaganda discreta a favore della causa magiara.

In verità la missione del Vali sarebbe pregiudicata dal fatto che già precedentemente gli inglesi, che giudicano simili iniziative in ritardo sugli a vvenimenti, avrebbero risposto in merito ad altri agenti ungheresi: «se perdiamo perché trattare, se vinciamo non abbiamo bisogno di trattare con gli ungheresi». Dinanzi ai nuovi insistenti passi del Vali, da parte anglo-sassone si sarebbe ostentato disinteresse adducendo l'inutilità di avere contatti con persone poco rappresentative o eomunque con personalità di secondo piano. L'Inghilterra -si aggiungeva -quale alleata del Governo cecoslovacco, si vedeva messa in imbarazzo da questi ed altri analoghi approcci ragion per cui, per lealtà, qualora passi del genere venissero reiterati, non avrebbe mancato di informare di ogni cosa il signor Benes. (Vedasi in proposito mio telecorriere 050 del 20 marzo (2) in merito ad una trasmissione radiofonica da Londra). Tuttavia, avrebbero poi insinuato gli inglesi, i contatti potevano essere mantenuti, ma su un altro piano: scambio di notizie militari ed organizzazione di sabotaggi.

Dati questi risultati la posizione del Vali è molto scossa e sembra assai difficile che egli possa restare ancora a lungo ad Istambul anche perché la Lega del Revisionismo oltre a non aver fondi sufficienti, non intenderebbe lanciarsi, senza l'approvazione governativa, su di una via così pericolosa. D'altra parte il Vali, che è persona non priva di ingegno ed allo stesso tempo non aliena dal vendere fumo, starebbe cercando di protrarre la sua missione millantando crediti, che in effetti non avrebbe, nel campo anglo-sassone e facendo intravvedere possibilità di futuri più proficui scambi di vedute.

33 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. X

(l) -Vedi D. 268. (2) -Non rinvenuto.
337

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI

T. 16239/269 P. R. Roma, 19 maggio 1943, ore 3,30.

Questo Ambasciatore di Germania ci ha stamane informati che Lavai ha fatto conoscere al Governo tedesco che egli ha deciso di tenere il suo preannunciato discorso (1).

In tale discorso egli si ripromette di esporre la politica estera della Francia, ma, in considerazione del fatto che il Comando Supremo Italiano gli aveva dato affidamenti di massima circa la cosiddetta flotta simbolica (2), mentre il Governo italiano aveva rifiutato questa richiesta francese (3), egli, nel suo discorso, non avrebbe mai nominato l'Italia.

Vogliate far presente immediatamente a Laval quanto segue:

l) La richiesta di issare la bandiera francese su alcune unità della flotta era stata accennata da Lavai al Convegno di Berchtesgaden e non aveva trovato accoglimento. Il signor Laval sapeva dunque benissimo quale era l'atteggiamento dell'Italia e della Germania in tale questione (v. telegramma n. 257 in data 9 corrente mese).

2) Nel confermare tale decisione noi abbiamo voluto formalmente assicurare il signor Lavai che in altro settore l'Italia è disposta, nel campo che particolarmente la riguarda, e sempre in accordo con l'alleato, a quelle concessioni che possono giovare rendere popolare e proficua la politica di collaborazione coll'Asse perseguita dal signor Lavai e lo abbiamo autorizzato ad esprimersi pubblicamente in questo senso.

3) Con queste assicurazioni noi abbiamo voluto dare sostanza e valore alla politica di collaborazione riconfermata d'accordo a Berchtesgaden.

4) Nessuna forma di collaborazione ci è venuta dal Governo francese nella questione della mano d'opera per il recupero delle navi di Tolone, anzi, mentre gli operai di quei cantieri navali lavorano per la Germania, il Direttore di essi, signor Mélon, ha varie volte dichiarato che se non avrà ordini da Vichy non accederà a nessuna richiesta italiana.

5) L'Italia era presente a Berchtesgaden e le linee della politica di collaborazione sono state definite in quel Convegno con la nostra partecipazione.

6) Noi non possiamo considerare quindi l'atteggiamento del Signor Laval che come un ingiustificabile ed inammissibile tentativo di pressione su di noi.

Dite dunque al signor Lavai che ove egli perseveri nella sua intenzione di non nominare nel suo discorso l'Italia noi dovremmo ritenere che egli intende compiere un atto di scortesia nei nostri confronti (4).

(l) -Vedi D. 304. (2) -Vedi D. 311. (3) -Vedi D. 313. (4) -Per la risposta di Buti, vedi D. 347.
338

L'AMBASCIATORE A TOKIO. INDELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. 3167/331 R. Tokio, 19 maggio 1943, ore 12,25 (per. ore 21).

Credo utile riassumere punti salienti lunga conversazione Direttore Generale Affari Politici su attuale situazione europea e esporre immediato futuro secondo informazioni in possesso questo Ministero Esteri.

l) Nuovo Ambasciatore Roma nelle sue prime comunicazioni dopo l'intervista col Duce (l) e Sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri ha calmato preoccupazioni che qui si nutrivano dando quadro favorevole morale popolo italiano e determinazione continuare lotta con ogni mezzo ed energia. Hidaka ha per altro rilevato apprensione personalità responsabili su evoluzione strategia tedesca che continuerebbe a concentrarsi esclusivamente sul fronte russo a scapito altri fronti. Che intenzioni tedesche siano quelle di lanciare potente offensiva su fronte orientale risulta qui confermato da telegramma di Oshima dopo colloqui con Ftihrer. Da par,te Giappone non solo si comprende e si giustifica ma si condivide apprensione italiana, in quanto ambienti politici e militari continuano attribuire Russia alto potenziale bellico e non prevedono risultati decisivi da una offensiva che, anche se riuscisse eliminare Russia dal campo dei belligeranti -ciò che qui si esclude -impegnerebbe per quest'anno quasi totalità forze tedesche, le quali non potrebbero essere di nuovo disponibili per altri settori che quando avversari avrebbero avuto tempo di consolidarsi e migliorare loro situazione e stabilire altri fronti.

2) Quanto situazione in Spagna, le informazioni di questo Ministero Affari Esteri fanno pensare ad una graduale ma radicale evoluzione di direttive politiche, che, senza giungere fino eventuale acquiescenza o passività Spagna ad una violazione del suo territorio da parte alleati per lo stabilimento di un secondo fronte, indicano desiderio sempre più manifesto di precostituirsi un alibi politico per il caso di una vittoria anglo-americana che a Madrid si comincia considerare possibile. Giustificazione ufficiale mutamento atteggiamento spagnolo è che la Spagna possiede benzina solo per i bisogni di due mesi della sua circolazione automobilistica e solo per bisogni di quindici giorni della sua aviazione e che otto divisioni americane sono concentrate alla frontiera del Marocco Spagnolo. In realtà qui si pensa che i rapporti ispano-americani oltre che da pressioni militari siano influenzati anche dai negoziati concreti cui non sarebbe estranea recente Missione ex Ministro Esteri Beigbeder in seguito alla quale fra l'altro sarebbe stato deciso da parte Messico restituzione oro colà a suo tempo mandato dal Governo rosso.

3) Sulla Turchia informazioni sono qui per il momento scarse e in parte contradittorie. Si persiste a credere che Turchia voglia mantenere neutralità

fino al momento in cui conflitto non appaia in modo evidente deciso a favore anglo-americani, nel qual caso intervento turco potrebbe essere determinato dal desiderio di meglio salvaguardare interessi nei riguardi Russia. Si presume qui che a Ankara si considera ancora questo momento come non ancora arrivato.

(l) Hldaka era giunto a Roma il 27 aprile.

339

IL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

TELESCRITTO (TRADUZIONE) (l). Quartier Generale del Filhrer, 19 maggio 1943, ore 21,05.

Il telescritto del Comando Supremo, nel quale questo riassume il suo punto di vista sopra gli attuali combattimenti (2), mi è stato rimesso or ora. Io ritengo le sue vedute oggettivamente fuori strada e militarmente insostenibili per la Germania.

Per tale ragione, Duce, invio sollecitamente a Voi queste righe, dato che non si tratta già di problemi del Comando Supremo o della II Armata o del Governatore del Montenegro, ma si tratta invece della comune lotta per il nostro destino.

l) Il Comando Supremo ha coniato ora una nuova espressione per poter nuovamente coprire o prendere sotto protezione i Comitagi che combattono per l'Inghilterra, col designarli ora come « formazioni montenegrine nazionali combattenti sotto comando italiano».

Io Vi ho fatto rimettere, Duce, una gran quantità di radiomessaggi dai quali risulta in maniera incontrovertibile che tutte indifferentemente quelle formazioni collaborano con l'Inghilterra. Il Comando Supremo dichiara che, qualora ciò fosse esatto, ed alcune di quelle formazioni stessero in collegamento con Mihailovic, ciò che da parte del gen. Pirzio Biroli dovrebbe essere accertato con sicurezza, esse verrebbero disarmate dopo l'annientamento dei partigiani.

Duce, il Comando Supremo mi ha assicurato ora è poco, -quando non era più possibile dubitare sul fatto di tale vincolazione -che il disarmo dei cetnici e degli aderenti di Mihailovic non potrebbe aver luogo subito solo perché si spera di arrivare più facilmente a dominarli dopo che essi si saranno logorati nella lotta contro i comunisti.

Duce, mi richiamo ai seguenti fatti: nella primavera del 1941 è riuscito ai nostri comuni sforzi, nei quali alla Germania deve assegnarsi una partecipazione cospicua, di impadronirsi dopo combattimenti in par,te assai sanguinosi

degli interi Balcani compresa la Grecia. La II Armata italiana, invece di mantenere l'ordine con ferrea energia nella sua condizione di unica detentrice di armi nei territori da essa amministrati, ha ormai creato una situazione non solo pericolosa per i comuni interessi, ma che ai miei occhi deve inoltre essere insistenibile per le stesse truppe italiane anche dal punto di vista della loro autorità e del loro prestigio. Le disposizioni che già esistevano in quelle regioni per la formazione e l'attività di bande, invece di essere state soffocate nel loro primo germe sono state pazientemente contemplate ed in parte perfino favorite. Di ciò posso darVi prove illimitate. L'agitazione di tali bande ha avuto per conseguenza non solo di compromettere il prestigio, la forza e l'efficienza dei corpi di occupazione italiani e tedeschi, ma anche di mettere gravemente a repentaglio la pace e la sicurezza in un territorio che per entrambi noi è indispensabile economicamente come fornitore di materie prime e militarmente come fonte di riserve. Qualunque tentativo delle truppe tedesche di farla finita con tali bande venne difficoltato dal fatto che queste in territorio italiano non sono state inseguite bensì sempre piuttosto favorite ed in tal modo conservate. Cosi che alla fine lo stesso Governatore del Montenegro non ha potuto impedire che bande comuniste penetrassero nel Montenegro, avendo lo sbarramento che era stato convenuto fallito completamente, cosicché le formazioni italiane in certe località sono state in parte addirittura bloccate ed hanno dovuto chiedere di essere sbloccate.

Tentativi seri da parte delle truppe italiane contro la progressiva balcanizzazione di quel territorio non hanno avuto luogo. Invece in numerosi casi che Vi posso segnalare, Duce, sono state consegnate, a rivoltosi di tutte le gradazioni, armi talvolta sottraendole senza esitazione ai posti italiani.

È ormai impossibile, Duce, di parlare comunque di una comune soddisfazione se una parte persegue una meta che è contraria all'altra parte. Ed è mio fermissimo proposito di distruggere tali bande, mentre il proposito del gen. Pirzio Biro li è di preservare le bande stesse dalla distruzione. Se verranno raggiunti i propositi del gen. Pirzio Biroli, fra poco tempo in quei territori non comanderà più il Comando Supremo bensì un generale britannico con i suoi popoli alleati, mentre, se vengono raggiunti i miei propositi, dopo la completa disinfestazione di quei territori, l'esercito italiano può senz'altro ridiventare l'unico detentore di armi, e con ciò in definitiva anche dell'autorità.

2) Il Comando Supremo misconosce però completamente la situazione anche attualmente. Le nostre osservazioni dall'aria non lasciano alcun dubbio sul fatto che nel bacino Mediterraneo si preparano grossi sbarchi degli alleati. Risulta inoltre ormai accertato da documenti trovati che tali sbarchi dovranno aver luogo anche nel Peloponneso, ed essi vi avranno anche effettivamente luogo. Né il Comando Supremo né il Governatore del Montenegro saranno da soli in condizioni di impedire siffatti sbarchi. La II Armata italiana non è neppm:e essa in grado -già dal punto di vista del suo armamento ed

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equipaggiamento come pure per il grado della sua istruzione -di proteggere il Peloponneso e comunque la Grecia da simili sbarchi. Se i tentativi degli inglesi debbono essere ostacolati -ed essi devono esserlo ad ogni costo -ciò può essere garantito soltanto da parte delle divisioni tedesche. Lasciar com

battere queste divisioni in una regione che è esposta al pericolo di perdere le sue linee di rifornimento sarebbe però un delitto contro i soldati che espongono la loro vita in prima linea, e ciò così contro i soldati italiani come contro i soldati tedeschi. Finché peraltro colà hanno da combattere e debbono combattere soldati tedeschi, non mi interessano minimamente le vedute del generale Pirzio Biroli, qualora queste siano suscettibili di portarci in una situazione identica a quella che abbiamo visto chiudersi proprio nel Mediterraneo con una così terribile catastrofe. Poiché, Duce, la circostanza che non ci è riuscito, nonostante ogni sforzo compiuto, di assicurare i rifornimenti per l'Africa del Nord, è stata non solo la causa della nostra sventura, ma ha anche avuto per conseguenza di rendere alla fine senza scopo l'universalmente (letteralmente: 10 mila volte) provato eroismo dei soldati italiani e tedeschi. Lasciare semplicemente che le truppe dei nostri due Paesi combattenti -,in Creta, nel Dodecanneso, nel Peloponneso e nella Grecia meridionale -vengano dalla cecità e dalla incapacità di capi militari portate nella stessa situazione, sarebbe un delitto contro le vite umane colà impegnate. Qualora però il banditismo e comunque tutta questa «atmosfera di Comitagi » non venga subito eliminata senza riguardo, dovrà verificarsi inevitabilmente tale situazione. A tale riguardo, Duce, non vi è del resto più da perder tempo.

3) Non appena nei prossimi giorni o settimane si profili il pericolo di sbarchi, debbono senz'altro trasferirsi nel Peloponneso un gran numero di divisioni tedesche. È quindi assolutamente necessario che nel frattempo venga compiuta la disinfestazione dei retrostanti territori di transito in misura da consentire alle nostre formazioni di trasferirsi nelle zone in cui dovranno impegnarsi. Non è quindi oramai più il tempo di partecipare all'interminabile discussione o alla tattica temporeggiatrice del generale Pirzio Biro li, col pericolo di rimanerne vittima, bensì è l'ultimo momento utile per restaurare con la maggiore urgenza l'ordine in tutto quel territorio. Poiché, qualora l'attuale crisi si potraesse ancora a lungo e le formazioni tedesche non potessero essere disimpegnate oppure il rifornimento delle nostre truppe rimanesse sospeso, il generale Pirzio Biroli non assumerebbe certamente alcuna responsabilità per le conseguenze che ne deriverebbero, perché egli non è in grado di risponderne. Anche il Comando Supremo e l'Oberkommando dell'esercito tedesco non potranno farlo, mentre la responsabilità, Duce, incombe invece sopra di Voi e sopra di me. Io vedo quindi due sole possibilità: o noi abbandoniamo nuovamente tutto ciò che abbiamo conquistato con tanto sangue, oppure assicuriamo tutte le premesse necessarie per poter conservare quei territori ed impedire che il nemico possa effettuare sbarchi con forti probabilità di successo.

4) E pertanto l'azione da noi avviata non ha scompigliato lo stato delle operazioni, al contrario, essa si verifica ancora precisamente all'ultimo momento per evitare più tardi una catastrofe. Finalmente, Duce, non vorrei parlare affatto della misura di ciò che le truppe italiane tollerano da parte dei rJbelli. Ciò è cosa che le concerne. Tuttavia quando si tratti di formazioni tedesche, provocazioni come quelle che hanno avuto luogo nelle ultime settimane sono insopportabili e contro di esse verrà reagito adeguatamente. Della sicurezza e dell'onore delle nostre formazioni non è responsabile il generale Pirzio Biroli quale Governatore del Montenegro, poiché noi stessi ne assumiamo la relativa tutela. D'altra parte io ho frequentemente e ripetutamente procurato, con una vera pazienza angelica, di giungere ad una vera collaborazione nella condotta della guerra in quel territorio. I miei sforzi tuttavia sono falliti di fronte ai ripetuti -debbo usare questa dura parola -sabotaggi, al venir meno agli accordi relativi alle operazioni, ed alla scarsa volontà di stabilire l'ordine in un territorio che per entrambi noi è di importanza vitale. Senza la partecipazione tedesca non si parlerebbe più di forniture di bauxite, e tuttavia il Comando Supremo ha egli pure urgente bisogno di aeroplani tedeschi. Le forniture economiche, Duce, che Voi stesso potreste senz'altro ottenere da questo territorio, sono divenute impossibili unicamente per il comportamento dei posti militari italiani perché, invece di provvedere con prontezza ad assicurare quella tranquillità e quell'ordine che sono indispensabili alla vita economica, hanno lasciato degenerare progressivamente il territorio nella agitazione dei banditi. e ciò senza che ve ne fosse bisogno, poiché quel relativamente così piccolo paese non può essere paragonato con gli immensamente vasti spazi dell'Oriente.

Per quanto concerne il capitano Cuirisic, non lo abbiamo preso dall'esercito italiano, bensì egli è stato preso prigioniero come ribelle e cioè come un uomo che collabora con Mihailovic. Le ricerche a tale riguardo non ha bisogno di svolgerll il generale Pirzio Biroli, poiché esse sono già svolte e sono univoche nei loro risultati e cioè positivamente probanti. Esse sono confermate dalle sue stesse dichiarazioni. È però impossibile di aspettarsi da soldati tedeschi che essi versino durevolmente il loro sangue per la pacificazione d iquel territorio se poi si ordina semplicemente ad essi di consegnare senza indugio prigionieri che essi fanno in siffatte operazioni. Sopra i prigionieri che fa l'esercito tedesco non decide il Comando Supremo bensì io, allo stesso modo come non l'Oberkommando dell'esercito tedesco bensì, Voi, Duce, disponete sopra i prigionieri fatti dall'esercito italiano.

Qualora il Comando Supremo voglia però tirare da ciò la conseguenza che la Germania non intenda collaborare con l'Italia, respingo colla più profonda indignazione una siffatta imputazione. Prima ancora che il generale Ambrosio abbia fatto storicamente la sua stessa apparizione, io da molto tempo non lasciavo più alcun dubbio sopra la mia volontà di collaborare con l'Italia fascista. Il generale Ambrosio ed il Governatore del Montenegro erano persone a me sconosciute quando l'Italia si trovava in guerra di Abissinia. La Germania venne però già allora condotta da me dalla parte dell'Italia. Da allora questa collaborazione -incominciando dai campi di battaglia di Spagna fino ai tempi più recenti -è stata suggellata così da parte italiana che da parte tedesca dal sangue di diecine di migliaia di uomini e l'azione, Duce, che attualmente sì svolge nel territorio balcanico, non ha alcun altro significato che quello di creare la premessa necessaria per rendere possibile alle formazioni tedesche di poter accorrere subito in aiuto nel caso di uno sbarco alleato, e quindi nuovamente per versare il loro sangue per la nostra causa comune. La mia preoccupazione di mantenere libere le linee di rifornimento a queste armate -tra le quali si troveranno certamente in maggioranza divlsloni tedesche -che forse

già domani o posdomani si troveranno in combattimento con inglesi od americani sbarcati, non è tuttavia una prova di deficiente disposizione alla collaborazione con l'Italia, bensì la prova della tutela cosciente e fedele delle premesse necessarie per l'azione dei soldati che debbono nuovamente sacrificarsi, e si sacrificheranno, per questa collaborazione.

Compreso quindi della chiara visione che, se in quel settore non viene subito creato l'ordine, e ciò senza ambiguità, si può verifiCare, anzi dovrà verificarsi, una crisi di non minore gravità che nell'Africa del Nord, Vi prego, Duce. di tutto cuore, di dare ormai al Comando Supremo ordini univoci di conformarsi non solo secondo la lettera, ma anche secondo lo spirito, agli accordi che sono stati pur fissati per iscritto. Io Vi prego anzitutto, Duce, specialmente di questo: evitate col Vostro personale intervento che nuovamente, e cioè questa volta solo per nostra propria colpa, nel nostro rifornimento si verifichi una situazione della quale non potremmo rispondere per la seconda volta. Del resto ho dato or ora l'ordine di trasferire nel Peloponneso una «Panzerdivision ».

Lasciatemi, Duce, esprimerVi ancora una volta nella mia qualità di Vostro forse più sincero amico: che prima non tutti i Generali in Italia e in Germania si siano tenuti dietro a noi, lo so, Duce, e questo lo sapete anche Voi. Se in avvenire ciò si verificherà ancora, non posso giudicarlo, ma bensì posso e debbo assicurarVi che qualunque cosa possa accadere, Duce, io starò sempre egualmente accanto a Voi, al Vostro fianco e dietro a Voi. Sono abbastanza fiero per non voler sopportare, sotto nessuna condizione, un giudizio della posterità, di cui forse il mio stesso popolo avrebbe a vergognarsi dinanzi alla Germania.

Io non ho il menomo dubbio che avverrebbero delle disastrose sconfitte per gli inglesi ed americani se tentassero degli sbarchi, ma questo soltanto sotto una premessa: che vengano spazzate via tutte le cose fatte a metà, che vengano poste chiare premesse al combattimento e che, prima di tutto, i generali -invece di seguire strade secondarie di carattere politico -vedano il loro unico compito di vita nella distruzione dei nostri avversari come è il caso per i miei comandanti militari.

A questi avversari appartengono però, senza alcun dubbio, tutti gli insorti ed è, al riguardo, uguale con quale colore siano camuffati. Poiché il loro odio, Duce, contro l'Italia e contro la Germania, è, in linea di principio, ugualmente fanatico.

Sarà però ancora più grande contro l'Italia che contro la Germania, perché e>si sanno, nei riguardi della Germania, che essa sparirà dopo la fine della guerra da questi territori, mentre invece ritengono che l'Italia abbia l'intenzione di rimanervi.

Accogliete, Duce, in questi duri tempi, i miei saluti più cordiali e credete al sincero attaccamento di un uomo, il quale non separerà mai la sua battaglia ed il destino della sua Rivoluzione dal Vostro e da quelli del Fascismo.

Del resto la mia fede nella vittoria definitiva è più forte che mai (l).

(l) -L'originale tedesco, In parte deteriorato, non si pubbllca. (2) -Non rinvenuto, ma, per la questione, vedi. da ultimo, D. 333.

(l) Per la risposta di Mussolini, vedi D. 354.

340

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N. 3218/207 R. Budapest, 20 maggio 1943, ore 14 (per. ore 21).

Lettera dell'Eccellenza il Sottosegretario di Stato 1/2574 del 13 corrente (l).

Richiamandomi al consenso da Voi espressomi ho fatto presente a Kallay le opportune riserve sul suo contegno verso la Germania pur dicendogli dell'atteggiamento di comprensione che il Governo Fascista aveva assunto verso la sua persona e come da parte italiana si fosse sempre rappresentata a Berlino necessità di adottare un atteggiamento di moderazione nei di lui confronti. Mi sono espresso con il Presidente nei termini che già ho prospettato a codesto Ministero degli Affari Esteri e gli ho dimostrato l'interesse dell'Ungheria a trovare una soluzione che faciliti il superamento dell'attuale crisi dei suoi rapporti con la Germania. Kallay mi ha rifatto cronaca di tutti i malintesi. Mi ha detto che ostacolo principale è rappresentato dalle pretese che il Governo tedesco pone questione ebraica in quanto esso domanda fra le altre misure anche l'istituzione di campl di concentramento per gli ebrei cosa del resto tecnicamente impossibile. Ho replicato a Kallay che egli doveva in ogni modo trovare un gesto che contentasse Germania e ponesse fine allo screzio che non giovava all'Asse. Il Duce che lo aveva accolto con tanta simpatia durante suo recente soggiorno a Roma avrebbe visto con soddisfazione la compos1zione del dissidio. Ad un accenno di Kallay ho aggiunto per esempio si potrebbe intanto contentare Berlino allontanando il Ministro della Guerra causa non [ultima] e causa probabile dell'attuale crisi. Kallay mi ha risposto che si studiava di trovare qualche cosa di simile che avesse potuto significare una adesione alle richieste germaniche per altro eccessive. Gli ho chiesto allora se avrai potuto farVi sapere, perché Voi ne faceste cenno discreto a Berlino, che il Ministro della Guerra sarebbe stato prossimamente allontanato. Egli mi ha pregato di non dire che mi aveva esplicitamente comunicato la cosa, ma mi ha autorizzato ad informarVi di aver appreso da fonte a lui vicina che il recente aggiornamento era dovuto non al proposito di imbavagliare opposizione estrema destra, ma appunto liberarsi senza ostacoli del Ministro della Guerra, cosa che verrà fatta in un tempo non lontano.

In definitiva Presidente del Consiglio sembra disposto arrivare ad una piccola Canossa i cui punti principali sarebbero i seguenti:

0 ) allontanamento del filosemita Ministro della Guerra;

2°) rottura delle relazioni diplomatiche col Cile (argomento su cui riferisco con telegramma n. 208 odierno) (2);

3°) discorso che pronuncierà 29 maggio prossimo nel quale cercherà

dissipare tutti i dubbi che sono sorti circa sua fedeltà verso l'Asse;

4°) serie misure antisemite tali da poter contentare in qualche modo tedeschi.

Nel manifestargli che quanto precede sarebbe stato visto a Roma con interesse, ho confermato a Kallay l'apprezzamento che il Governo Fascista aveva sempre avuto della sua azione politica. Kallay mi ha incaricato di dire quanto conto egli tenga della benevolenza del Duce ed ha aggiunto che sua posizione continua ad essere forse più stabile e forte che nel passato e che Reggente Horthy gli dimostra pienamente sua fiducia. Egli spera che la sua fedeltà all'Asse non venga più smentita.

Tenendo presente i fattori interni a varie riprese illustrati, situazione non è sostanzialmente mutata ma inconsapevolmente Kallay evita chiarire spiacevoli sviluppi crisi: riservomi comunque riferire più dettagliatamente per corriere.

(l) -Vedi D. 321. (2) -Vedi D. 342.
341

IL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, CASTELLANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 3201/809/98 R. Sussak, 20 maggio 1943, ore 14,25 (per. ore 22,30!.

Mio telegramma 807/97 (l).

Stato Maggiore comunica che Comando Supremo ha fatto rilevare quanto segue: ... (2) agire incomprensibile poco riguardoso nei nostri riguardi di O.B.S.O. e sua evidente intenzione di iniziare operazioni contro formazioni cetnici tenendo Comando II Armata all'oscuro di tale progetto, ha confermato che truppe italiane non collaboreranno alle operazioni tedesche contro cetnici essendo essi in contrasto con accordi Roma che prevedevano graduale disarmo formazione cetnici solo dopo eliminazione pericolo partigiani.

Viceversa Stato Maggiore ha dato ordine a questo Comando Armata affinché sia impedito mediante adeguato sbarramento linea Stolac-Bileca, che formazioni cetnici armati cerchino protezione entro nostra linea contro truppe germaniche; quelli che si presentassero a nostra linea dovranno essere disarmati ed internati.

(l) -Con T. s.n.d. 3196/807/97 del 19 maggio 1943 ore 20,30, non pubblicato, Castellani Informava che, in attesa delle direttive del Comando Supremo, Super Esercito reputava indispensabile evitare incidenti con i tedeschi, fermo restando il principio della competenza italiana sulla seconda zona. (2) -Nota dell'Ufficio Cifra: «Mancano due gruppi».
342

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 15262/208 P.R. Budapest, io maggio 1943, ore 14,50 (per. ore 22,30).

Vostri 138 e 139 (1).

D'accordo con questo Incaricato d'Affari Germania ho eseguito passi prescritti: Signor Werkmeister presso Vice Ministro degli Affari Esteri io presso Presidente del Consiglio dei Ministri.

Ho fatto a Kallay vostre osservazioni e quando egli sulla base di un appunto preparatogli dai suoi uffici ha voluto paragonare il caso attuale a quello della Bulgaria e del Giappone che non avevano ancora rotto con Unione Repubbliche Sovietiche gli ho obiettato ripetendo vostre parole che non si vede quale utilità avesse Governo ungherese aggravare in questo momento suoi rapporti con Germania ingrandendo una questione di secondaria importanza. Aggiungevo poi che da odierne notizie sembra che Cile avesse di sua iniziativa rotto rapporti diplomatici con Ungheria. Kallay mi ha detto non esserne al corrente: comunque mi ha assicurato che di fronte nostre osservazioni Governo ungherese sarebbe venuto nella determinazione di rompere relazioni diplomatiche col Cile.

343

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 15354/0124 P.R. Berlino, 20 maggio 1943 (per. il 21).

Mentre accuso ricezione della lettera del 17 maggio 43 n. 8/02838 relativa alla situazione in Croazia (2), comunico che, avendo avuto occasione di conferire oggi (3) con von Steengracht per la ragione su cui riferisco con telecorriere a parte ( 4), gli ho fatto una anticipazione della richiesta di trasferire a Berlino il negoziato su tutti i problemi in corso.

Fortunatamente aveva costituito un'opportuna introduzione a tale richiesta la mia chiara e precisa esposizione fatta allo stesso Steengracht alcuni giorni addietro, esposizione che non è rimasta senza conseguenze. Infatti Steengracht, che evidentemente aveva nel frattempo ricevuto norma di linguaggio dal suo Ministero, dichiarando che nei confronti della Croazia il Fuehrer ha sempre esplicitamente riconosciuto l'assoluta preminenza dei diritti italiani,

mi ha chiesto se nelle lamentele da me avanzate non si possa eventualmente riscontrare l'effetto di qualche subdola manovra o di doppio giuoco che non bisognerebbe prestarsi a sopravalutare.

Gli ho potuto prontamente rispondere che avevo elementi precisi e specifici, che mi riservavo di portare a sua conoscenza; ed ho aggiunto che comunque il fatto di trasferire le discussioni da Zagabria a Berlino avrebbe, oltre a tutto, avuto il grandissimo vantaggio di rinnovare l'atmosfera e di opporsi a manovre equivoche provenienti da terzi; e comunque avrebbe dato finalmente al Governo tedesco il modo di dimostrare la sua ferma volontà di riconoscere l'inconfutabile predominio dell'Italia in Croazia.

Von Steengracht, riservandosi naturalmente una risposta, davanti a queste mie argomentazioni ha lasciato capire che certamente la richiesta italiana sarà accolta.

(l) -Vedi D. 323. (2) -Vedi D. 331. (3) -Il telecorriere è stato redatto il 19 maggio. (4) -Non rinvenuto.
344

COLLOQUIO DEL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, CON IL MARESCIALLO DEL REICH, KESSELRING

VERBALE (l). Palazzo Venezia, 20 maggio 1943.

Kesselring: Rientrato dalla mia visita all'O.K.W. ho l'incarico di porgere a Voi il più cordiale saluto da parte del Fiihrer. Dovrei ora riferire su due argomenti: l) -Sarebbe vivo desiderio del Fuehrer di incontrarsi con Voi, per discutere diversi problemi relativi alla situazione creatasi dopo la conclusione della battaglia in Tunisia.

Duce: Già, c'è sempre un sacco di problemi che merita di essere trattato.

Kesselring: Posso confermare al Fi.ihrer il Vostro accordo?

Duce: Sì E quale sarebbe la località?

Kesselring: Eventualmente come la volta scorsa.

Duce: Va bene! Anche la distanza del viaggio non è eccessiva. Sono venti ore di viaggio. Kesselring: 2) -Si tratta poi di un invito al Quartiere Generale che il

Fuehrer rivolgerebbe all'A.R. il Principe di Piemonte.

Duce: E quando sarebbe questo, prima o dopo della mia visita?

Kesselring: Quanto prima. Forse dopo. (Accenno ad una lettera che sarà inviata). Duce: Voi ora vi fermate a Roma? Kesselring: Per qualche giorno, poi proseguo per la Sicilia. Duce: Che cosa si dice al Quartiere Generale circa la possibllità di un'a

zione di sbarco da parte degli alleati?

Kesselring: Si considera questa possibilità, in Sicilia, in Sardegna ed in Corsica. Duce: Anche in Corsica? K esselring: Si!

Duce: Al riguardo si hanno degli indizi oppure si tratta unicamente di un'ipotesi? Kesselring: Si tratta unicamente di un'ipotesi.

Duce: È anche il mio pensiero che questa possibilità ci sia, specialmente nel caso di un'offensiva al fronte Est. In tale caso gli anglo-americani non possono rimanere inerti, dovranno agire. Stalin insiste per l'apertura di un nuovo fronte, ma questa volta di uno vero e proprio, non di un fronte secondario.

Il Duce s'intrattiene quindi ancora qualche minuto col Feldmaresciallo, informandosi sulla recente azione di bombardamento sulle dighe in Germania.

Non vi è stata la possibilità di avvertire tempestivamente la popolazione. Per la mancanza assoluta di una difesa gli aerei incursori hanno avuto la possibilità di sorvolare a lungo la zona degli obiettivi da bassa quota (circa 300 metri), sganciando mine del peso di 4 mila chilogrammi. Fin dal 1939 una commissione tecnica aveva escluso la possibilità di un'azione aerea contro questi obiettivi.

(l) Al colloquio erano anche presenti Ambrosio e Rlntelen.

345

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI

L. 1/2694. Roma, 20 maggio 1943.

Ti accuso ricevuta della tua lettera (1). Avevo nozione, benché imprecisa, di quanto tu dici in essa.

Se riesci a far la vendita alla quale accenni si potrebbe poi procedere anche da parte nostra a stringere un accordo analogo a quello che hai trascritto.

Ti ringrazio molto e ti esprimo i più caldi auguri per il tuo lavoro.

346

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA, AL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO

L. P. Ankara, 20 maggio 1943 (2).

Stamane soltanto sono tornato qui da Stambul, ove ho passato due settimane per prendere contatto con la nostra collettività e con gli ambienti turchi nonché visitare tutte le nostre istituzioni.

Rispondo oggi perciò alla Tua dell'8 maggio corr. n. 1/2470 (3).

Tutto ben considerato, credo opportuno cominciare, come faccio subito, coll'interessare la persona che aveva già ricevuto istruzioni nel noto senso, per potere poi, in base alle reazioni che si verificheranno, giudicare all'opportunità di fare o meno io stesso un passo formale.

È superfluo infatti osservare da parte mia che, pur essendo sacrosantamente giusti i motivi che ci inducono a non desiderare la permanenza a Roma di un diplomatico turco tanto ingiusto ed offensivo nel giudicare la situazione politica italiana e gli eroici sforzi del nostro popolo e dei nostri soldati, converrebbe evitare di urtare l'estrema suscettibilità di questo Governo. E ciò specialmente in questo difficilissimo momento politico in cui i nostri nemici sono pronti ad afferrare ogni propizia occasione per recarci danno.

Se infatti il nostro passo avesse per effetto, come già accadde negli anni scorsi col Governo spagnolo e col Governo brasiliano, che l'attuale Ambasciatore turco non fosse sostituito, non mi sembra che ciò potrebbe giovare al mantenimento di quella cordialità di rapporti con la Turchia, che è per noi molto desiderabile.

Mi propongo pertanto di agire con la massima prudenza e col maggior tatto, anche se la mia azione cosi condotta non dovesse portare a rapidi risultati pratici.

Nel caso però che costì si desiderasse un mio pronto ed energico intervento non avrai che a farmene cenno per telegramma.

Ti assicuro ad ogni modo che la mia attività in Turchia si esplica appunto nel senso di affermare l'assoluta volontà e possibilità di resistenza dell'Italia: prima di partire per Stambul ebbi in questo senso una conversazione con l'Ambasciatore Berker, segretario generale di questo Ministero degli Affari Esteri, al quale erano giunte voci (forse dall'Ambasciatore turco a Roma) di una possibilità di uscita dell'Italia dalla guerra in base ad una ripresa di « neutralità» decisa quasi in tacito accordo con gli anglo-americani e con i tedeschi (! ?) .

I turchi non chiedono di meglio che l'Italia, in caso di attacco, resista, giacché è loro evidente interesse che la tempesta sfoghi dalla parte nostra e non dalla parte loro.

Non bisogna però dimenticare che tutto il chiasso sulla «resistenza» o « non resistenza » dell'Italia fa parte della propaganda anglo-americana e della guerra di nervi che questa vuole esercitare non solo su di noi ma sulla Turchia.

Mi è stato riferito d'altra parte, che a proposito di ciò, l'Ambasciatore di Germania si sarebbe lagnato con Menemencioglu dell'atteggiamento di parte della stampa turca (quella naturalmente al servizio degli anglo-americani) che spingeva l'Italia a tradire (sic) la Germania. Menemencioglu avrebbe, in seguito a ciò, dato suggerimenti in senso contrario ad alcuni giornalisti, e sarebbero quindi apparsi alcuni articoli ispirati a fiducia nella resistenza italiana come quelli della République (al servizio dei tedeschi) e del Tasviri Efkar

(indipendente).

Ad ogni modo, ripeto, tutte le false notizie su questo tema provengono da Londra e da Nuova York. Le nostre smentite sono scarse e blande. A mio parere occorrerebbe che fossero numerose, rapide e secche. Se i nostri organi competenti, prendendo giornalmente conoscenza delle invenzioni anglo-americane, le smentissero giornalmente e specificamente una per una si finirebbe pure dopo qualche tempo per stancare i bugiardi. Ci sarebbe poi anche il sistema del « a bugiardo bugiardo e mezzo».

(l) -Vedi D. 299. (2) -Manca l'Indicazione della data d'arrivo. (3) -Vedi D. 300.
347

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3301/072 R. Parigi, 21 maggio 1943 (per. il 24).

Vostro telegramma n. 269 del 19 corrente (1). Lavai prolungando il suo soggiorno a Vichy, ho fatto fare la prescritta comunicazione da Fracassi, il quale riferisce quanto segue:

«Alla mia comunicazione Laval ha risposto che, come aveva già avuto occasione dire a Zoppi, egli non credeva utile di ritornare su quanto era stato detto al Gran Quartiere Generale; dal colloquio avuto il 13 corrente col Rappresentante del Comando Supremo, egli aveva comunque tratto l'impressione che la questione fosse in linea di massima favorevolmente risolta, ed aveva quindi deciso di pronunciare il discorso. Si trova ora in difficoltà in quanto, nell'illustrare al pubblico francese la necessità della collaborazione con l'Italia e la Germania, avrebbe potuto parlare soltanto delle concessioni ottenute da parte germanica, tra cui quella della creazione di un reggimento francese, senza poter annunciare una analoga concessione per la Marina da parte dell'Italia.

La sua posizione era tanto più imbarazzante in quanto negli ambienti dell'Ammiragliato francese, come pure in quelli tedeschi di Vichy, si era diffusa l'impressione di un probabile accoglimento della sua richiesta.

Alla mia domanda se e quando egli intendesse fare il discorso, Lavai ha risposto che in vista di quanto precede egli non aveva ancora preso una decisione, benché da parte tedesca gli fosse stato lasciato intendere che una pubblica dichiarazione sarebbe utile dopo l'incontro di Berchtesgaden. Ha tenuto a precisarmi, che ove decidesse di parlare alla radio, nessun accenno od omissione egli avrebbe mai fatto che potesse comunque riuscire sgradito all'Italia. Si rammaricava al contrario che il rifiuto opposto alla sua richiesta relativa alla ricostruzione della flotta simbolica gli impedisse, dopo aver enumerato le concessioni concrete ottenute da parte tedesca, di porre in evidenza anche una concessione da parte italiana.

Gli ho allora ricordato ancora una volta che egli era già stato autorizzato a esprimersi pubblicamente nel senso che, in altro momento, l'Italia è disposta, nel caso che particolarmente la riguarda e sempre in accordo con la Germania, a quelle concessioni che possono giovare a rendere proficua la politica di collaborazione da lui perseguita.

Per quanto riguarda la mancata collaborazione francese da noi rilevata nella questione della mano d'opera per il ricupero delle navi di Tolone, Laval mi ha detto di aver dato istruzioni all'Ammiraglio Danbé, comandante di quella piazza, di intensificare al massimo i lavori ormai in stadio avanzato per l'allestimento del «Bison » in modo che esso possa quanto prima essere impiegato dall'Asse per i fini di guerra.

Concludendo, Lavai ha confermato essere egli sempre pronto a fare quanto in suo potere per contribuire alla vittoria delle armi italiane e germaniche,

che considera come una condizione indispensabile per la salvezza dell'Europa e quindi della stessa Francia».

2. -Alla prima occasione mi riservo di dire a Lavai che le concessioni fattegli (reggimento ecc.) non sono solo tedesche, ma anche italiane. 3. -Per quanto riguarda il « Bison » come gli altri due cacciatorpediniere «Intrepide» e « Téméraire », pregherei una risposta al mio telegramma numero 240 (l) del 13 corrente, col quale, riferendomi alle istruzioni impartitemi al momento della mia partenza a proposito dei tre cacciatorpediniere anzidetti, ho comunicato le informazioni fornitemi dal Rappresentante del Comando Supremo a Vichy. In particolare, gradirei conoscere se e quali ulteriori comunicazioni fossero da fare qui (2).

(l) Vedi D. 337.

348

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

PROMEMORIA. Roma, 21 maggio 1943.

Al telescritto direttoVi dal Ftihrer in data 19 corr. (3) sui contrasti intervenuti tra i Comandi nostri e quelli germanici relativi alle operazioni in corso da parte di unità tedesche nell'Erzegovina per il disarmo dei cetnici, sono da farsi, Duce, due rilievi preliminari:

l) L'affermazione che le organizzazioni cetniche costituiscono una minaccia alla sicurezza delle grandi linee di comunicazione balcaniche, appare nella situazione odierna assai discutibile e può anzi dar luogo ad equivoci assai pericolosi. La verità è che le comunicazioni balcaniche sono oggi minacciate, non tanto dalle superstiti formazioni cetniche, confinate in settori eccentrici quali l'Erzegovina e il Montenegro, lontani dalle grandi vie dal traffico internazionale, quanto dalle unità partigiane bene armate e inquadrate agli ordini di Mosca. Queste organizzazioni comuniste, riplasmate secondo una tecnica già esperimentata nella Spagna rossa, sono passate dalle formazioni eterogenee delle bande alla costituzione di vere unità organiche che vanno dal battaglione alla divisione. Tali unità hanno tenuto testa validamente alle cinque divisioni tedesche che, durante le operazioni della prima fase Weiss, hanno invano cercato di distruggerle. È anzi avvenuto che, nonostante le perdite subite, queste unità partigiane si sono ingrossate di effettivi, reclutati nei territori nei quali sono state sospinte dalle divisioni germaniche ed esse perseguono ora l'ardito tentativo di aprirsi una strada verso l'Albania e forse fino in Grecia. I partigiani esercitano oggi in tutti i Balcani, dalla Slovenia alla Croazia, dalla Bulgaria alla Grecia, la più forte attrazione, anche perché, a differenza dei cetnici, essi si erigono a difensori dei territori nazionali e hanno schivato ogni compromissione con le Potenze occupanti contro le quali combattono a viso aperto.

Concorre alla fortuna del movimento la sensibilità dei popoli balcanici all'idea panslava, riaffermata nel recente Congresso panslavo in Russia, esaltata dai successi delle truppe sovietiche e incoraggiata colla più vistosa abbondanza di mezzi dalla Russia. Tutte, o quasi tutte, le interruzioni ferroviarie, i sabotaggi, gli attentati alle linee di comunicazione sono opera di queste unità partigiane. È pertanto contro questo pericolo che converrebbe concentrare tutte le forze. Il nostro Comando ha ritenuto che non fosse da escludere da tale lotta il concorso delle forze cetniche che hanno sempre combattuto con la massima intransigenza il comunismo ed hanno subito in tale lotta un manifesto logoramento. Una volta che le forze cetniche si fossero del tutto esaurite contro i loro avversari, non sarebbe stato difficile disarmare e controllare quanto fosse rimasto delle loro formazioni.

2) Era questo il criterio che il gen. Pirzio Biroli si preparava a far valere nel Convegno che doveva aver luogo a Salonicco per discutere con l'O.B.S.O. le modalità del disarmo dei cetnici. Ma il Comando tedesco non ha atteso tale Convegno e ha preferito agire a nostra piena insaputa col deliberato proposito di metterei davanti al fatto compiuto. Evidentemente il Comando tedesco diffidava del nostro intendimento di collaborare a tale disarmo.

È da notare altresì che nel Convegno tenutosi a Zagabria il 5 corrente tra il gen. Robotti, il gen. Loehr e il gen. Glaise von Horstenau non si è fatto alcun cenno alle operazioni che stavano per aver luogo (1). Ora è evidente che già a quella data erano state, non solo decise, ma già iniziate, le misure preliminari del movimento delle truppe tedesche in Erzegovina. Tale movimento e in particolare il passaggio della Divisione « SS » sulla sinistra del fiume Narenta, nel territorio cioè occupato dal nostro VI Corpo d'Armata, è avvenuto in violazione degli accordi conclusi a Mostar dai nostri Comandi col gen. Liiters.

Un tale modo di procedere è evidentemente inconcepibile tra alleati e costituisce un precedente estremamente pericoloso perché suscettibile di infirmare quella assoluta fiducia e quella leale applicazione degli accordi pattuiti che devono essere alla base della solidarietà e fratellanza d'armi.

Non può non rilevarsi a tale riguardo che nella comunicazione fatta al Comando della II Armata in data 18 corrente dal nucleo tedesco di collegamento era detto: « I Comandanti tedeschi hanno l'ordine di prendere i necessari accordi con le autorità militari italiane con le quali sono in stretto contatto, però in caso di necessità effettuare il passaggio con la forza». In realtà neanche questi accordi preliminari con i nostri Comandi locali sono stati presi perché, mentre gli ufficiali tedeschi informavano i nostri a Bileca degli ordini ricevuti, le truppe motorizzate tedesche forzavano la consegna delle nostre truppe e passavano oltre.

È chiaro che con procedimenti del genere il nostro prestigio non può che essere profondamente menomato. Le autorità militari tedesche hanno dichiarato a loro giustificazione che non intendevano subire le provocazioni degli elementi cetnici. Ora ai nostri Comandi nulla risulta di tali provocazioni. Essi

34 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

opinano che gli incidenti lamentati o sono stati esageratamente ingranditi o addirittura del tutto inventati.

A parte questi rilievi, che hanno comunque il loro peso, non può non riconoscersi che la lettera del Fuhrer tocca alcuni punti fondamentali meritevoli di essere presi nella più attenta considerazione per un riesame della intera situazione balcanica.

Il Fuhrer afferma che dalle ricognizioni aeree risulta ormai evidente che <1 si preparano grossi sbarchi nel bacino mediterraneo e che da documenti trovati è ormai accertato che tali sbarchi dovranno aver luogo anche nel Peloponneso ». Contro tale minaccia l'Oberkommando intende far fronte trasferendo nel Peloponneso un gran numero di divisioni tedesche. Esso si assume cioè la piena responsabilità della difesa balcanica contro la minaccia di sbarchi perché le nostre forze non sono in condizioni di impedire siffatti sbarchi dato il loro stato di armamento e di equipaggiamento.

È evidente che le preoccupazioni del nostro Comando Supremo sono oggi rivolte sopratutto e logicamente alla difesa del territorio nazionale. Esso ha perciò ritirato dai Balcani considerevoli forze. Le divisioni che vi sono rimaste, sopratutto quelle della Dalmazia e del Montenegro, logorate da due anni di un'implacabile guerriglia, prive dei necessari complementi, isolate tra loro e perciò nella impossibilità di sostenersi a vicenda, possono trovarsi da un momento all'altro nella più pericolosa situazione. Quanto è avvenuto nella Lika, nell'Erzegovina e nel Montenegro mostra la tendenza delle formazioni partigiane di far massa con forze prevalenti su un punto determinato e di gravitare verso la costa. Non ho perciò nascosto al gen. Ambrosio la preoccupazione che le forze rimaste in Dalmazia e che ammontano a due sole striminzite divisioni possano essere soverchiate e buttate a mare. Questo sottile velo di truppe non costituisce più una forza per sé stante ma, per la sua stessa sicurezza, deve appoggiarsi al.le forze tedesche retrostanti e collaborare strettamente con esse.

Se, d'altro canto, come asserisce il Fuhrer nella sua lettera, la minaccia di uno sbarco nei Balcani è grave e imminente, è da chiedersi se non convenga considerllire la necessità di addivenire a un comando unico nei Balcani che disponga, senza compartimenti stagni e nella maniera più redditizia, dl tutte le forze disponibili. Noi potremmo chiedere che le nostre .truppe fossero adibite di preferenza alla difesa delle coste anche per provvedere, in coordinamento di mezzi e di misure con la R. Marina, alla sicurezza della navigazione nell'Adriatico (1).

Una soluzione di tal genere non solo avrebbe il vantaggio di non lasciare le nostre truppe in disparte mentre quelle germaniche opererebbero in caso di invasione, ma riaffermerebbe la piena collaborazione delle nostre armi con quelle germaniche in quei territori balcanici nei quali non possiamo far valere con le sole nostre truppe il nostro controllo data la necessità di provvedere alla sicurezza del territorio nazionale.

(lJ A fianco di questo e del seguente capoverso è annotato da mano non identificata «questo non va bene ».

Sulla base dei criteri ora esposti potrebbero venire riesaminate tutte le questioni concernenti la situazione militare dei Balcani e chiariti tutti i malintesi intercorsi.

Ove Voi, Duce, riteniate che le idee che Vi ho esposte siano meritevoli di essere approfondite, potremmo procedere alla Vostra presenza ad uno scambio di vedute in tal senso con il Comando Supremo (1).

(l) -T. 14473/240 P.R. del 13 maggio 1943, ore 18,30, non pubblicato. (2) -Per la risposta, vedi D. 362. (3) -Vedi D. 339.

(l) Vedi D. 301.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 7618/1276. Berlino, 21 maggio 1943 (per. il 26).

Il discorso dell'Ecc. il Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri (2) ha avuto in Germania vastissima eco, e ha sus~itato nei circoli politici e sulla stampa commenti di vivo interesse. Bisogna anzi dire che, eccettuati i discorsi del Duce, ben poche dichiarazioni italiane erano state nel tempo trascorso segnalate con cosi schietto rilievo dai giornali tedeschi, e avevano raccolto negli ambienti politici della capitale del Reich approvazioni talmente calde. In colloqui che si sono avuti ieri e oggi con il Segretario di Stato dell'Auswartiges Amt von Steengracht e con il Sottosegretario Henke, con il ministro Funk, con il capo dell'Ufficio stampa ministro Schmidt, queste persone responsabili hanno tenuto a esprimere il loro compiacimento per le ferme parole venute da Roma in un'ora particolarmente significativa, e hanno insistito su ciò con tale calore che non si può dubitare della loro sincerità. D'altra parte, si è abbastanza abituati alle acrobazie della stampa germanica quando essa deve, per ragioni di convenienza, dare risalto a una certa manifestazione, ma non ne è rimasta convinta, e nell'impostazione o fra le righe traspare qualche riserbo. Stavolta invece vi è una franca e aperta volontà di marcare la manifestazione italiana, e insieme al riassunto diramato dall'agenzia ufficiosa si pubblicano in grande evidenza colonne e colonne di commenti propri o tratti dalla stampa italiana.

Vi è un'altra osservazione da fare subito. Non vi è dubbio che, nel riassunto elaborato per il DNB dagli uffici dell'Auswartiges Amt, alcune frasi del Sottosegretario circa i piccoli popoli non conservano la robusta efficacia dell'enunciazione testuale. Siamo sempre sul terreno delle esitazioni tedesche di fronte alle formule chiare e impegnative di un programma futuro per l'ordinamento europeo. Ma esso che il più diffuso organo nazionalsocialista, il Voelkischer Beobachter, dopo il riassunto DNB trova modo di riferire tra virgolette, in una corrispondenza da Roma, il periodo sulla non oppressione dei piccoli Stati da parte delle grandi potenze, ed ecco che il Lokal Anzeiger parla nel suo commento di « libero sviluppo e spontanea collaborazione dei popoli » e che la Boersen Zeitung afferma «riconoscere i Tedeschi nei motivi e negli scopi della condotta bellica italiana gli stessi elementi che li hanno obbligati a ricorrere alle armi e che animano la loro volontà di vincere a ogni costo».

{2) Si riferisce al discorso pronunciato in Senato da Bastianini il 19 maggio 1943.

Non è in ciò un'ammissione del primato politico italiano nello svolgimento della guerra di cui la Germania sopporta, d'altra parte, il maggior peso militare? Io considero oltremodo interessante questo atteggiamento della stampa poiché nei giornalisti politici è evidente la volontà di rafforzare con le parole autentiche del Sottosegretario la presentazione del suo discorso: e questo dimostra come siano fecondi i nostri sforzi per far maturare nella coscienza politica tedesca i concetti italiani dell'ordine nuovo. Non si è ancora abbastanza avanti? Certamente. Ma alcuni mesi fa, soltanto alcuni mesi fa, prima del viaggio a Roma di Ribbentrop e dell'incontro fra il Duce e il Fiihrer, non si sarebbe davvero potuto immaginare di trovare sulla stampa tedesca accenni a non oppressione dei piccoli popoli, a libero sviluppo, a spontanea collaborazione. Si tratta di un lavoro lento e anche difficile ma in cui vale la pena di perseverare dal momento che la svolta nella propaganda si incomincia chiaramente a scorgere.

Ciò vale anche per il nostro prestigio. Discorsi come quello attuale non servono soltanto a tener alto il principio generoso della giustizia romana presso gli altri popoli, ma anche presso lo stesso alleato tedesco. Ho inoltre la sensazione netta che il discorso del Sottosegretario abbia qui recato vivo sollievo. Esso è la prima manifestazione politica dell'Asse dopo l'abbandono dell'Africa e dinanzi ai propositi nemici di portare la guerra sul continente europeo, e segue a un periodo di depressione dell'opinione pubblica tedesca: periodo nel quale si è lasciata piuttosto la parola all'Italia, riempiendo le colonne dei giornali di corrispondenze da Roma, e segnalando al popolo tedesco l'esempio di compattezza risoluta e di spirito sereno dato da quello italiano in un momento cosi grave di dure avversità e di immediato pericolo.

Ora, dopo Salisburgo e i colloqui di Hitler con alcuni Capi di Stato e di Governo stranieri, la politica germanica di fronte alla sua opinione pubblica sembrava nuovamente intorpidirsi. Il Fiihrer lontano, Ribbentrop lontano, altri dirigenti responsabili pure lontani: tornava a formarsi questo distacco che ho tante volte segnalato e che i gerarchi tedeschi sbagliano se credono di poter colmare con i perfetti servizi dei telefoni e dei telescrittori. È un distacco spaziale che spesso può degenerare in altri campi, e che in ogni modo stabilisce un procedere a scatti, non sempre rettilinei, della vita politica interna: voglio dire che il discorso di Bastianini, ricollegandosi al comunicato di Salisburgo e a quello precedente di Roma, ha benefici riflessi non solo nei rapporti esteri della Germania, ma anche nei suoi momenti psicologici interni, riaffermando tale discorso una linea chiara e onesta che gli ultimi eventi non hanno fatto deviare di un pollice.

Appunto per la fermezza ma anche per la moderatezza e la sobrietà, il discorso qui viene apprezzato:· come un intelligente uomo politico con cui mi sono intrattenuto mi ha detto: «perché bisogna evitare la demagogia non solo nella politica interna, ma anche nella politica estera, evitando le sproporzioni, e gli eccessi anche nelle reazioni. Ora è proprio più che mai il momento di tenersi sul terreno della realtà,,

Vi sono singoli punti del discorso che sono oggetto di particolari commenti, come l'accenno a un'equa ripartizione dei beni del mondo. Altri, come il regolamento dei rapporti con la Francia, che non sono commentati, ma che non sfuggono certo all'attenzione del lettore. Il perno consiste tuttavia nell'affermazione costruttiva per il nuovo ordine. E poiché nonostante accordi e promesse da parte germanica non si era sviluppato come dovevasi questo tema, ecco che è stata un'altra volta l'Italia a tirarlo fuori « e a ricondurci su questa strada», per usare l'espressione d'un mio interlocutore, «in modo che torniamo a farvi alcuni passi avanti».

Non occorre soffermarsi sulla volontà di resistenza italiana riconfermata

da tutte le nostre manifestazioni: in Germania tale atteggiamento desta pres

so le autorità e il popolo fiduciosa ammirazione.

Qui si rileva infine la singolare tempestività del discorso, quasi contemporaneo a quello di Churchill ma precedente. Il Ministro Schmidt, Capo dell'Ufficio Stampa del Ministero degli Esteri del Reich, ricorda molto bene quanto ebbe a osservargli l'Ecc. Bastianini: «Noi dobbiamo fare in modo che gli avversari parlino di noi più di quanto noi non parliamo degli avversari», a proposito della nostra propaganda, ed ecco che finalmente sulla stampa tedesca un discorso di Churchill passa quasi inosservato, senza dargli un'importanza neppure polemica, e, in primo piano, il discorso programmatico del primo collaboratore del Duce per la politica estera dà alla propaganda dell'Asse un indirizzo positivo.

Mentre trasmetto qui uniti i principali giornali tedeschi, ne segnalo di seguito alcuni commenti.

Il Lokal Anzeiger (n. 121) rileva come il Sottosegretario di Stato Bastianini abbia reso «una dichiarazione breve e pregnante, coraggiosa ed intelligente, franca ed irrefragabile sugli scopi e il contegno dell'Italia fascista.

Bastianini delinea la politica della sua patria con la sicura visione di un uomo che ha presente la situazione mondiale in questo momento della guerra e che, fedele ai principi dell'Asse, attua la grande politica del Duce. Bastianini muove dal profondo riconoscimento, secondo il quale si è sempre agito nel mondo, che la guerra costituisca la continuazione con le armi della politica di uno Stato. Tutto il contrasto con la falsa e decrepita mentalità delle democrazie occidentali ha significativa espressione nel discorso del Sottosegretario italiano davanti alla commissione del Senato.

Gli inglesi e gli americani hanno tradito e venduto i piccoli popoli in misura sempre crescente. Delle idee di libertà strombazzate un tempo nel mondo non è rimasto più altro se non la libertà per l'Europa di darsi in mano ai Soviet. Bastianini chiede per le nazioni giustizia e libertà, sopratutto per ciò che riguarda la possibilità materiale di vivere e di lavorare; egli chiarisce i due problemi sui quali, sotto queste premesse, si basa la politica italiana: libertà economica sul terreno internazionale e libertà politica, vale a dire giusta ripartizione dei beni della terra e quindi libero sviluppo e spontanea collaborazione dei popoli.

Il principio al quale l'Italia e la Germania, conformemente alla linea generale della loro politica, aderiscono, poggia su tali premesse. In contrapposto con un terribile inschiavimento di tutti i popoli, sia nel senso capitalistico di Washington e Londra, sia in quello bolscevico di Mosca, Bastianini ha ricordato il convegno di aprile fra il Duce ed il Ftihrer, nel quale è stato proclamato il decisivo principio fondamentale che agli Stati minori debba esser garantita la sicurezza di un libero sviluppo. In coerenza con i principi dell'Asse, Bastianini guarda ad un'Europa nella quale le individualità dei singoli popoli possano pienamente affermarsi. Gli americani che poco sanno della civiltà europea e nulla dell'evoluzione, dei legami e delle leggi onde tale civiltà è stata governata, si sono arrogati di intervenire in modo decisivo in questa stretta compagine sussistente da centinaia di generazioni. Mosca intende annientare l'Europa. l'America vuole ridurla a schiavitù per i suoi affari, e l'Inghilterra desidera trarre il maggior beneficio da ogni situazione, completamente indifferente al destino d'Europa.

Certezza di vittoria e risoluzione di combattere formano lo sfondo di tale maschio discorso. Un popolo risoluto a vincere e che sa per che cosa combatte è invincibile sia con i mezzi materiali che con le agitazioni a base di menzogne. Il discorso di Bastianini, atto di fede nell'Asse, si erge al di sopra della " guerra di nervi " degli inglesi e degli americani. L'Italia sa ciò che essa ha sofferto per diventare una nazione che ha estirpato il bolscevismo dal suo proprio suolo e che vuole essere un popolo libero e prospero in una nuova Europa».

La Boersen Zeitung (n. 235) scrive: «Il Sottosegretario di Stato Bastianini ha esposto la necessità di questa guerra e l'assolutezza degli scopi di guerra italiani nell'alta visione dell'uomo di Stato che riconosce chiaramente nell'ieri e nell'oggi le leggi determinanti e che, -lontano da ogni gretta considerazione di opportunità, -tali leggi seconda senza deviazioni nel domani. Nel dire, in analogia alla nota massima di Clausewitz, che la guerra è soltanto una continuazione della politica con mezzi militari, egli ha reso manifesto che questo conflitto armato non può essere mai considerato come una cosa a sé che possa esser condotto a fine a piacere in un modo o nell'altro, ma che deve invece esser portato inevitabilmente a termine vittorioso ove l'Italia voglia aver vita e avvenire. L'Italia, dice Bastianini, ha il dovere della resistenza. Essa, allo stesso modo del suo compagno d'armi germanico, fa una guerra santa per il suo diritto allo spazio vitale, alle libere possibilità di sviluppo, alla sicurezza della sua esistenza e del suo lavoro. A coloro i quali credono che l'Italia possa far gettito di tali diritti per un piatto di lenticchie o che essa possa essere indotta alla rinuncia mediante minaccie e briganteschi atti di terrore, il Sottosegretario di Stato italiano ha dato una risposta annientante. Con sovrana superiorità egli ha liquidato gli ipocriti che cianciano di libertà e diritto promettendo al mondo ogni felicità, ma che in verità hanno messo l'intero mondo a soqquadro fin dal 1918 e che oggi come alleati di Mosca vendono servizi di sicario al bolscevismo. Mostrando che l'Europa deve condurre senza compromessi la lotta contro il triumvirato dei suoi nemici mortali, ove essa voglia conservare la sua missione la sua vita e conquistare definitivamente la liberazione dalla tutela straniera, Bastianini inquadra gli scopi di guerra italiani in quelli che sono gli obbiettivi generali europei. Come Italiano e come europeo, Bastianini richiede libero sviluppo e sicurezza mediante la collaborazione di tutti. Il riconoscimento che soltanto per questa via di un giusto riordinamento potranno essere raggiunti anche la giustizia e la sicurezza per ogni singolo membro della famiglia del popolo europeo è comune alle due Potenze dell'Asse e ai loro camerati. Consistono in questo le più pro

fonde ragioni della loro solidarietà di pensiero e di azione, solidarietà tanto ·vivamente posta in rilievo da Bastianini e che lo stesso premier britannico ha dovuto nel suo ultimo discorso riconoscere come indissolubile. Nelle cause e negli scopi della condotta di guerra italiana noi Tedeschi riconosciamo gli stessi elementi che ci hanno imposto di impugnare le armi e che ci animano nella volontà della vittoria a ogni costo. II cameratismo dell'Asse è un comandamento della natura. Per questo l'Italia continuerà a stare saldamente al nostro fianco e per questo la lotta dell'Italia continuerà ad essere fino alla vittoria finale anche la lotta del soldato tedesco~ (1).

(l) Il presente documento reca il visto di Mussolini.

350

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. S. 1494/644. Ankara, 21 maggio 1943 (per. il 2 giugno).

Mio telegramma per corriere n. 022 del 29 marzo u.s. (2) e telespresso di codesto R. Ministero n. 1/2277 del 28 aprile u.s. (3).

II R. Addetto Militare mi comunica che il professore ungherese [SzentGyorgyi (4) di] Szeged ha tenuto a Stambul alla fine dello scorso marzo e al principio di aprile un ciclo di conferenze sulla vitamina D. Era corsa voce che la sua venuta in Turchia avesse scopi politici ma ciò venne smentito dagli ambienti interessati.

È stato inoltre segnalato al R. Addetto Militare che trovasi attualmente ad Istambul con copertura di corrispondente del gio:tmale Pester Lloyd di Budapest il Signor Aladar Shimonfy. Dalle informazioni ottenute dal R. Addetto Militare sembra che sia un ufficiale di Stato Maggiore incaricato di prendere e mantenere contatti con i circoli vicini agli anglo-sassoni senza scoprirsi specie con gli ambienti dell'Asse. II Shimonfy è in ottimi rappor~i con i rappresentanti ufficiali ungheresi in Turchia.

In merito al Prof. Vali Ferenc, sul cui conto nulla mi risulta per ora, ho disposto discrete indagini (5).

351

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. P. Berlino, 21 maggio 1943 (6).

Durante la mia lunga conversazione con Steengracht di mercoledì scorso (7), fra le molte questioni trattate, ho accennato -con molta discrezione

all'opportunità che non dovrebbe trascorrere, come è già avvenuto per l'ultima occasione, un così lungo periodo di tempo -un anno -senza che i due Capi si incontrassero. (Steengracht mi ha detto che gli constava come i due Capi, lasciandosi, si erano già ripromessi di nuovamente vedersi entro sei settimane). Ha poi fatto presente come questa prossima volta il Fiihrer -per molte intuitive ragioni -dovrebbe recarsi in Italia, sia pure per breve tratto di là dalla frontiera. Ed ha accennato alla possibilità dello stazionamento dei treni sul percorso Belluno-Feltre.

Si è trattato di un semplice accenno, secondo quanto eravamo intesi.

Due giorni dopo Steengracht mi ha chiamato al telefono -di sera tardi per farmi capire con parole coperte che uno degli argomenti accennati nella nostra conversazione prendeva sviluppo. Ho finto di capire; ma non mi sono reso conto a che cosa egli si riferisse. Più tardi, me ne sono reso conto. Ciò vuoi dire che il Fiihrer -cosa che risponde sempre a verità -ha gran desiderio di parlare con il Duce. Mi rendo perfettamente conto dell'attuale situazione e delle ragioni che hanno indotto il Duce a rimandare la proposta dell'incontro che spero, comunque, sia stata accolta in principio con espressioni di gradimento (d'altronde, me lo hai già accennato al telefono) per evitare equivoci di interpretazione; ma vorrei permettermi di richiamare, a tuo mezzo, l'attenzione del Duce sulla opportunità che il rinvio non sia troppo lungo.

Da qualche tempo (e cioè con la gestione tua e con quella di Steengracht) qui si è molto desiderosi di venire incontro ai desideri italiani: e mi si raccomanda (da autorevole parte tedesca) di battere il ferro finché è caldo.

E sicuramente, vi sono nuovi aspetti di problemi che il Fiihrer vuole trattare con il Duce. Ti sarò grato se mi darai notizie.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Non rinvenuto. (3) -Vedi D. 268. (4) -Nome scritto a mano da un funzionario dell'Ufficio ricevente. (5) -Con successivo telespresso 1967 del 24 giugno 1943, non pubblicato, Guariglia rlferl solo particolari di limitata importanza. (6) -Manca l'indicazione della data d'arrivo. (7) -19 maggio: n telecorriere con cui Alfieri riferl questa conversazione non è stato rinvenuto (vedi D. 343); l'appunto di Steengracht è Invece in Akten zur Deutschen Auswiirtigen Poltttk, 1918-1945, Serie E: 1941-1945, vol. VI, Gottingen, Vandenhoeck und Ruprecht, 1979, D. 46.
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IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. 3316/222-223 R. Kabul, 22 maggio 1943, ore 16,30 (per. ore 19,10 del 23).

Ministro degli Affari Esteri con cui conforme istruzioni di cui al telegramma di V. E. 47 (l) ero tornato sull'argomento della assurdità di prendersela anche con noi per questione concernente soltanto loro e Germania mi ha fatto chiamare e mi ha detto di aver ricevuto istruzioni dal Primo Ministro di mettermi al corrente di quanto accade.

Ometto dettagli che potrei telegrafare se interessa. Si tratterebbe di questo: tedeschi si sono messi qui in rapporto con un gruppo di emigrati del Bokharino promettendo di organizzare in territorio Afghanistan bande armate che avrebbero poi dovuto passare frontiera e sollevare rivolta nel Bokharino.

A parte pochissime probabilità concludere qualche cosa di serio con i Bo

kharini, tramite fra congiurati e agente tedesco era persona qui ben nota come spia della ambasciata di Russia. Fra i documenti sequestrati agli arrestati sono stati trovati resoconti dettagliati conversazione con agenti tedeschi in cui si facevano precisi riferimenti a corrispondenza telegrafica con Berlino sull'argomento.

Ministro Affari Esteri mi ha riferito sue conversazioni al riguardo con questo Ministro di Germania e confermando che il Governo afghano considera incidente dichiarato chiuso mi ha chiesto, sempre per ordine di S. E. il Primo Ministro, quale conto Governo afghano poteva fare delle assicurazioni date dal Ministro di Germania: lo considerava personalmente come bravissima persona ma esperienza di parecchi anni aveva dimostrato che per ragioni non bene chiare egli non era in grado controllare azione suo personale. Fatto che Governo afghano si rivolgeva a me con domanda così delicata doveva dimostrare come esso non solo non considerasse relazione con l'Italia come secondaria di fronte a quella con la Germania ma come desiderasse anzi che le nostre relazioni fossero particolarmente strette; ha soggiunto che dopo conversazione dell'agosto u.s. (l) Governo afghano aveva potuto rendersi conto estrema correttezza Governo italiano, sua franchezza ed apprezzamento difficile situazione Governo afghano: ho risposto che appena informato incidente Governo italiano si era messo immediatamente in contatto con Governo tedesco con cui usiamo discutere tutte le questioni militari e politiche concernenti guerra e specialmente tutto quanto concerne situazione musulmana [che], come egli sapeva, particolarmente interessa Governo italiano; Governo tedesco aveva prontamente ceduto punto di vista italiano e miglior prova ne era assicurazioni che gli erano state date da questo Ministro di Germania. Da comunicazione fatta da V. E. mi constava che assicurazioni date da Ministro di Germania corrispondevano esattamente istruzioni ricevute da Berlino.

Ministro degli Affari Esteri mi ha pregato di ringraziarvi particolarmente per azione svolta a Berlino aggiungendo che quanto gli avevo detto gli permetteva di considerare situazione con maggiore tranquillità.

Ha soggiunto che ammirava tedeschi come soldati ma che per quanto concerne servizio segreto era meravigliato semplicità con cui si fidavano per questioni delicatissime della prima persona che venisse a proporre qualche cosa senza preoccuparsi di assodare se quanto proposto fosse realizzabile né se proponente era persona onesta o agente provocatore.

Gli ho risposto che su questo argomento non bisognava esagerare importanza di un errore in cui tutti possono cadere: inoltre non bisogna giudicare una nazione dalle poche persone che può tenere in un posto che in tempi normali non ha particolari esigenze.

Mi ha poi chiesto se qualora personale Legazione di Germania tornasse di nuovo ad agire ad insaputa del suo Ministro, poteva continuare contare su appoggio Governo italiano a Berlino. Gli ho risposto che il nostro Governo non si poteva certamente prestare a riportare chiacchiere o sospetti campati in aria ma che se si fosse, ciò che non credevo, presentato caso serio e seri documenti non avrei mancato di avvertire in tempo V. E.; ritenevo che come questa volta,

qualora si trattasse di questione concernente comuni interessi non avreste avuto difficoltà usare Vostra influenza a Berlino. Ministro degli Affari Esteri mi ha di nuovo ringraziato ripetendo che dopo quanto gli avevo detto si sentiva molto più tranquillo.

Di questa conversazione non ho (ripeto non) informato mio collega Germania: qualora riteniate invece informarne Berlino pregherei farmelo sapere tempestivamente perché io possa avvertirlo per non aver l'aria di fargli le scarpe. Del mio telegramma 188 (l) lo avevo progressivamente informato.

(l) Vedi D. 307.

(l) Vedi serle nona, vol. IX, DD. 42, 72, 82 e 93.

353

IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3309/224-225 R. Kabul, 22 maggio 1943, ore 16,30 (per. ore 12,30 del 24).

Come potete rilevare dal mio 222 (2) noto incidente è servito a mostrare con i fatti al Governo afghano che il nostro Governo sa far sentire la sua voce a Berlino: ne sono stati un poco sorpresi ma fatto resta e ne deve scaturire come conseguenza naturale di mettere nostri rapporti con l'Afghanistan su una base per quanto è possibile indipendente da suoi rapporti con Germania.

Potete essere sicuro che conformamente vostre istruzioni continuerò agire in questo senso: questione va però trattata con delicatezza per evitare di cadere nell'eccesso opposto, far credere cioè agli afghani che vi siano nel nostro campo antagonismi come essi vedono nel campo nemico.

Governo afghano è come sapete molto male informato dai suoi rappresentanti diplomatici ed è ansioso di avere informazioni attendibili. Dalla sua offerta di collaborazione dell'anno scorso si attendeva in cambio da parte Asse una certa quantità di informazioni sull'andamento generale delle cose. Da parte mia ho cercato di fare qualche cosa sia rimaneggiando informazioni radio nostre e tedesche sia facendo passare come informazioni inviate dal R. Governo considerazioni mie personali. Ma comprendete che questa Legazione priva come è noto di giornali riviste e qualsiasi altro mezzo supplementare di informazione si trova per un lavoro del genere in condizioni particolarmente sfavorevoli. Se da parte vostra si potesse fare qualche cosa per aiutarmi ciò servirebbe moltissimo sia per scopi immediati che desiderate sia in previsione di un avvenire più lontano.

Afghani sono sufficientemente intelligenti per non aspettare da noi rivelazione sui nostri piani militari; sarebbero contenti di aver qualche informazione attendibile o anche soltanto nostre impressioni su quello che succede nel campo dei nostri nemici che in un certo senso sono anche i loro.

Per dar esempi concreti, in questo momento interesserebbe loro conoscere cosa sappiamo o supponiamo degli scopi e decisioni conversazioni di Washing

ton, riunione al Cairo dei rappresentanti politici e militari anglo-sassoni del Vicino Oriente, sui rapporti anglo-americani, sulle relazioni dei due Paesi con l'U.R.S.S., sull'atteggiamento della Turchia, sulla situazione paesi arabi.

Si tratta evidentemente di questioni delicate poiché su onestà del Governo Afghanistan nei riguardi nostri è sempre necessario fare riserve. Debbo d'altronde aggiungere che se ritenete di poter far qualche cosa in questo senso per aiutarmi ciò sarebbe molto utile particolarmente per i nostri rapporti, approfittando della situazione con questo Governo anche per controbilanciare offensiva amicizia da parte inglese e potrebbe entro certi limiti permetterei col tempo di influire su politica ed orientamento Governo Afghanistan.

Sarebbe necessario però dar soltanto informazioni attendibili: nell'ottobre 1941 Governo tedesco inviato a questa Legazione germanica telegramma circolare in cui si diceva tra l'altro che erano stati distrutti sette decimi dell'esercito russo; potete immaginare effetto retrospettivo avuto qui da informazioni del genere. Si tratterebbe in altre parole di trasferire rappresentanza di ultimo grado, entro certi limiti, nel giro informativo di rappresentanza di importanza superiore.

Comprendo perfettamente difficoltà di vario genere che si oppongono ad accogliere questa mia richiesta; aggiungo soltanto che se fosse possibile accoglierla anche nei limiti ristretti ciò risulterebbe molto utile ai fini sia im-' mediati sia più lontani della nostra politica in Afghanistan.

(l) -Vedi D. 266. (2) -Vedi D. 352.
354

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER (l)

L. P. Roma, 22 maggio 1943 (2).

Rispondo al Vostro telescritto in data 19 maggio (3). Permettetemi anzitutto di ricordare i precedenti della questione.

l. -Nelle conversazioni che si sono svolte a Roma col Ministro von Ribbentrop e con il Generale Warlimont negli ultimi giorni dello scorso febbraio. la parte italiana ha concordato pienamente con la parte tedesca nel ritenere che i cetnici, pur combattendo per il momento contro le formazioni partigiane, costituivano un pericolo potenziale per l'Asse in previsione di uno sbarco anglo-americano in Balcania. Il Comando Supremo riteneva però che convenisse per il momento sfruttare l'antagonismo sorto fra cetnici e partigiani per logorarli a vicenda e scavare fra essi un solco incolmabile di odio e di sangue.

Negli accordi conclusi venne stabilito:

a) che i cetnici della Croazia, da noi impiegati nella lotta contro i comunisti, sarebbero stati disarmati non appena eliminato il pericolo partigiano; b) che le formazioni armate di Mihailovic sarebbero state affrontate ed

annientate gecondo piani operativi e contributi di forze da stabilire di comune

accordo fra il rappresentante dell'O.K.W. generale Lohr e il rappresentante del Comando Supremo generale Pirzio Biroli.

Con la circostanza il Comando Supremo tenne a far rilevare che le formazioni nazionaliste montenegrine dipendenti dai nostri Comandi non dovevano identificarsi con le formazioni armate del Mihailovic, bensì con le analoghe formazioni della guardia statale serba.

Ciò non escludeva naturalmente che, se elementi di tali formazioni eventualmente fossero risultati affiliati alla organizzazione del Mihailovic, sarebbero stati trattati decisamente come nemici.

2. --In seguito a tali accordi, come primo provvedimento fu sospesa da parte italiana ogni ulteriore distribuzione di armi; vennero ridotti al minimo i rifornimenti di munizioni ed epurati gli elementi delle formazioni per ridurne gradualmente la consistenza. Furono adottati cioè senza indugio i procedimenti più opportuni per indebolire e ridurre le formazioni in parola in modo da agevolarne il successivo disarmo. - 3. --Come è noto, le operazioni Weiss che si prefiggevano lo scopo di annientare i partigiani in Croazia, non condussero a risultati definitivi, in quanto la massa dei comunisti, sottraendosi alla morsa delle truppe itala-tedesche, riuscì a fuggire in Montenegro. La premessa -considerata necessaria nell'accordo di Roma -per passare al disarmo delle formazioni cetniche è venuta quindi a mancare.

Per quanto concerne la prevista azione contro il Mihailovic (che avrebbe portato anche ad una chiarificazione nei riguardi delle formazioni nazionaliste montenegrine) era stata fissata la data del 18 maggio dal generale Lohr per incontrarsi col generale Pirzio Biroli e stabilire la linea di azione da seguire.

4. -Il giorno 5 corrente il generale Robotti e il generale Lohr si incontravano a Zagabria per trattare le questioni relative ai presidi in Croazia: nessun accenno ad imminenti operazioni venne fatto dal generale Lohr.

L'azione tedesca contro cetnici e nazionalisti montenegrini veniva invece improvvisamente iniziata senza che il menomo preavviso fosse dato alla parte italiana.

Evidentemente nel Comando Supremo germanico era intervenuta una nuova visione della situazione, che faceva ritenere indispensabile di accelerare i tempi per la eliminazione del pericolo cetnico. Ma di ciò non venne affatto informato il Comando Supremo italiano che si trovò così posto repentinamente di fronte al fatto compiuto.

Truppe tedesche ed italiane si sono così trovate ad agire con ordini diversi. Di tale situazione la responsabilità non risale al Comando Supremo italiano, né ai generali italiani, che hanno sempre fedelmente operato secondo i miei ordini e dato alla guerra comune, in piena lealtà, la più generosa collaborazione.

5. -Allo stato degli atti, conviene, a mio parere, rapidamente accordarci sull'ulteriore proseguimento dell'azione comune.

La dislocazione attuale delle truppe germaniche ed italiane è ora tale che consente possibilità di un'azione concentrica contro l'avversario, che ben difficilmente potrebbe uscire dalla morsa.

Per quest'azione è superfluo dire che sarebbe necessario un comando unico, ma poiché è intendimento di fare agire le truppe tedesche sotto comando tedesco, e per conseguenza le truppe italiane debbono agire sotto comando italiano, bisogna che siano stabilite d'accordo le modalità di azione e il contegno generale da tenersi dalle truppe alleate, in modo da evitare il ripetersi di equivoci e malintesi.

Ormai le bande legate a Mihailovic conoscono perfettamente gli scopi perseguiti dalle truppe alleate, e non vi è oramai che proseguire in tale azione.

La massa dei nazionalisti e cetnici assiste inerte o quasi alla lotta, e sarà certamente cosa facile attuarne il disarmo non appena stabilita di comune accordo la più opportuna linea di condotta da seguire.

6. -Nel Vostro telescritto, Fiihrer, sono contenuti anche accenni ad altre questioni, non strettamente connesse con l'attuale situazione in Montenegro, sulle quali ritengo però non vi possano essere fra di noi differenze di valutazione in quanto:

-circa la campagna di Balcania e Grecia è ben noto il risolutivo apporto delle forze germaniche, ma è anche ugualmente noto che l'esercito greco era stato logorato dalle forze italiane durante una lunga lotta invernale;

-circa l'Africa del Nord è ben vero che abbiamo dovuto cessarvi la lotta, malgrado il valore dei soldati dell'Asse e nonostante il sacrificio della flotta italiana, per difetto di rifornimenti, ma è noto che questi sono stati resi impossibili dal dominio aereo dell'avversario insufficientemente contrastato.

7. -Quanto in sostanza importa, Fiihrer, in questi duri momenti è di tenere alto il prestigio delle nostre forze armate e di concentrare gli sforzi dell'Asse per abbattere i comuni nemici a dare ai nostri popoli la Vittoria.

È per raggiungere questo obiettivo che ho mandato il seguente telegramma al generale Pirzio Biro li:

«Al Generale d'Armata Pirzio Biroli.

Dei vostri telegrammi risulta che battaglioni italiani e battaglioni tedeschi operano e combattono da molti giorni insieme nel Montenegro per liquidare i partigiani e le bande di Mihailovic. Prendete e date ordine che si prendano localmente tutti gli accordi necessari per chiarire in modo radicale la situazione nei confronti di tutti che furono, sono e sarebbero nostri nemici. Non possiamo correre il pericolo di avere alle spalle delle zone ribelli, mentre la eventualità di uno sbarco nemico in Grecia può essere imminente. MussoLINI ».

Vi ringrazio per i sentimenti di amicizia che mi esprimete e che io ricambio sinceramente con fedele cameratismo e in perfetta unità di intenti e di fiducia nell'avvenire delle nostre due Nazioni.

(l) In Archivio Centrale dello Stato, «Carte della valigia di Benito Mussollni ». Ed. in Hitler e Mussoltnt: Lettere e documenti, cit., pp. 156-158.

(2) -Non risultano gli estremi di trasmissione di questa lettera. (3) -Vedi D. 339.
355

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. P. Berlino, 23 maggio 1943 (1).

Quando ho saputo che il Fiihrer -sulla base delle cose dettegli dal maresciallo Kesserling (2) -aveva proposto incontrarsi a cosi breve scadenza col Duce a Salisburgo, non ho mancato di far sapere a Von Ribbentrop -con garbo e discrezione, ma con fermezza -che non potevo fare a meno di osservare come io mi aspettassi che questa volta il Ftihrer si recasse in Italia, sia pure a breve distanza dalla frontiera: e ciò per molte intuitive ragioni per esempio, che se il Fiihrer ha i suoi impegni, anche il Duce, che segue personalmente tutti i problemi della vita nazionale, [ne] ha in questo momento di particolarmente importanti, delicati e gravi. Von Ribbentrop mi ha fatto sollecitamente sapere che il Ftihrer sarebbe -come è -desideroso e prontissimo di recarsi in Italia, dove riesca più comodo e gradito al Duce, nonostante le note difficoltà (che io, e con me molti tedeschi, non riconosco) di comunicazioni telefoniche con i comandi militari: ma che aveva proposto Salisburgo in considerazione del fatto gli incontri in treno -<<con l'orologio alla mano» -non sono in genere molto conclusivi perché manca l'atmosfera adatta, e sopratutto in considerazione della circostanza che a Salisburgo vi sono ricoveri a prova di bomba.

Aggiungeva von Ribbentrop che se in Italia, dovunque sia, vi è qualcosa di presso a poco corrispondente (sopratutto per la sicurezza personale dei due Capi) il Ftihrer è prontissimo e desideroso a recarsi al di là della frontiera.

Ciò detto (e lasciando naturalmente al Duce di decidere) ed osservato che a mio parere -il Duce ha fatto benissimo, indipendentemente dalle ragioni esistenti, a riservarsi la data dell'incontro, devo confermare che il Ftihrer ha effettivamente vivo desiderio di parlare col Duce.

Comunque, sono convinto che un incontro dei Capi costituirebbe un ulteriore passo avanti nella faticosa realizzazione della politica italiana nei confronti dell'Europa per la quale si è perduto -non per colpa nostra -molto tempo e di fronte alla quale anche la Germania ufficiale oggi comincia a dimostrare la necessaria comprensione (3).

356

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA, AL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO

T. RR. 15805/283 P. R. Ankara, 24 maggio 1943, ore 20,48 (per. ore 18,30 del 25).

Mi riferisco alla lettera in data del 20 corr. senza numero (4). Ho fatto fare oggi noto passo a mezzo persona che ne aveva avuto istruzioni prima della

mia partenza. Da quanto detta persona mi riferisce ho ragione di ritenere questione possa essere risolta favorevolmente. Ad ogni modo prego vivamente astenersi costì per qualche tempo da qualsiasi altro eventuale intervento data delicata situazione (1).

(l) -Manca l'indicazione della data d'arrivo. (2) -Vedi D. 344. (3) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (4) -Vedi D. 346.
357

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 3334/358 R. Tokio, 25 maggio 1943, ore 6 (per. ore 18).

È giunto con mezzo germanico ed è oggi venuto a farmi visita Chandra Bose. Si cerca qui di circondare sua permanenza in Giappone, che durerà prevedibilmente qualche tempo, di tutto il maggiore segreto ottenibile per preparare al momento opportuno, forse nella prossima estate, un colpo di scena pubblicitario rivelante sua presenza in Birmania. Conversazione è stata molto generica, anche perché visitatore era scortato da un funzionario Ministero Affari Esteri e da un ufficiale giapponese. Opinione espressa da Bose è che l'Inghilterra sarà costretta dalle pressioni americane, nell'intento di concentrare lotta in Pacifico, ad attaccare in forza alla frontiera birmana per riaprire comunicazioni Ciungking. Egli ritiene che il Governo britannico potrà essere indotto ciò stante ad un compromesso coll'India. Bose mi ha ripetutamente pregato di far giungere al Duce e al R. Governo espressioni sua particolare gratitudine per l'accoglienza avuta in Italia e aiuto accordatogli.

Questa Ambasciata di Germania ha avuto da Berlino istruzioni mantenere con lui contatti compatibili con opportunità non urtare suscettibilità giapponesi.

358

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. 17208/646 P.R. Roma, 25 maggio 1943, ore 19,30.

In relazione al Vostro telespresso n. 1215 (2) del 18 corrente vi prego di voler far presente a codesto Ministero degli Affari Esteri:

1o -che lo stato d'animo delle popolazioni siriana e libanese anche in vista prossime elezioni, le reazioni del mondo arabo alla politica americana filo-ebraica, le manovre inglesi per controbilanciare invadenza americana nei Paesi arabi e per favorire anche a tal fine una unione panaraba sotto gli

auspici dell'Egitto, consigliano, oltre alle preesistenti ragioni, di rendere pubbliche le intenzioni dell'Asse verso le aspirazioni dei popoli arabi del Vicino Oriente all'indipendenza ed all'unità;

2° -che per non dare l'impressione che nostra dichiarazione pubblica sia collegata con recenti avvenimenti in Tunisia abbiamo proposto che gli impegni da noi assunti risultino alla data dello scambio di lettere avvénuto con il Mufti e Gailani nella primavera del 1942;

3° -che riterremmo pregiudizievole per la politica dell'Asse in tutti i Paesi arabi ogni ulteriore ritardo.

(l) Il presente documento reca 11 visto di Mussolini. Con successivo T. 4101/340 R. del 27 giugno 1943, ore 14,55, Guariglia riferiva: «Codesto Ambasciatore Turchia destinato Mosca verrebbe sostituito dall'attuale Ministro Turchia Budapest. Noto personaggio turco raccomanda mantenere assoluto riserbo circa quanto ha formato oggetto nostra corrispondenza~.

(2) Vedi D. 335.

359

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. S.N.D. PER TELESCR. 17225/648 P.R. Roma, 25 maggio 1943, ore 20.

Riferendosi a precedenti nostre conversazioni ed all'azione tanto opportuna che stai svolgendo, per tua norma informati che già da tempo fu detto a Ribbentrop, ed anche ultimamente i giorni scorsi fu ripetuto all'Ammiraglio Doenitz, essere la situazione in Mediterraneo la seguente: tutti i porti dell'Algeria e Marocco (ed ora incomincia anche in quelli della Tunisia) rigurgitano di navi nemiche le quali vi sono concentrate evidentemente in preparazione di uno sbarco su qualche località mediterranea. Qualora fosse possibile disporre magari solo per due o tre settimane di una adeguata flotta aerea e si potesse procedere a bombardamenti di massa di quei concentramenti di mezzi navali è opinione nostri Comandi che sbarco potrebbe essere o addirittura reso impossibile o almeno rinviato a lunghissima scadenza. Trovo che varrebbe veramente la pena di fare ad ogni costo un tale sforzo.

360

L'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3359/093 R. Madrid, 25 maggio 1943 (per. il 27).

Questo Ministro Ungheria reduce da Roma mi ha detto che Pontefice durante udienza concessagli gli ha manifestato sua sorpresa circa recenti pubblici accenni ufficiali spagnoli a possibilità pace (l) e gli ha dichiarato ritenere che tale procedura non poteva facilitare il raggiungimento dello scopo.

Predetto ministro mi ha pure segnalato voci che mettono in relazione frequenti riunioni Consiglio Ministri, presenza Cardenas a Madrid, invito ad Ambasciatore Barcenas per conferire, continui accenni questa stampa a inutilità

bombardamenti, al pericolo bolscevico, al punto morto in cui troverebbesi conflitto, con l'intenzione del Governo spagnolo di preparare progetto che possa servire base futuri negoziati pace.

Al riguardo segnalo che questo Ministro degli Affari Esteri Generale Jordana, mi ha oggi stesso dichiarato che provvedimenti presi in esame in questi giorni nelle varie riunioni del Consiglio Ministri hanno unicamente carattere di ordinaria amministrazione.

(l) Vedi D. 233.

361

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

T. S.N.D. PER TELESCR. 15874/899 P.R. Berlino, 26 maggio 1943, ore 15,45.

Ho subito comunicato a von Ribbentrop il contenuto del tuo telegramma ricevuto stamane (l) illustrando necessità urgente di utilmente intervenire sui porti da te indicati e dove vi è così forte concentramento di forze navali avversarie.

Qui si riconosce perfettamente l'urgente necessità di intervento. Si fa unicamente riserva di carattere tecnico in quanto invio di adeguata flotta aerea presuppone spostamento di ingente materiale difficilmente trasportabile per aereo e che richiederebbe lungo tempo se trasportato con mezzo ferrovia.

Ciò indipendentemente dalla qui dichiarata esistente difficoltà di collocare gli aerei in aerodromi che si trovino ad utile distanza dal luogo di azione. La questione sarà subito sottoposta al Fiihrer.

Gradirei molto sapere per mia conoscenza personale se risponde a verità la notizia che alcune delle richieste trasmesse da Maresciallo Kesselring sulle quali interessai a suo tempo von Ribbentrop, sono in parte state accolte Secondo tale notizia tre divisioni corazzate si starebbero trasferendo in Italia.

362

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI

T. S.N.D 17368/286 P.R. Roma, 26 maggio 1943, ore 18.

Vostro telegramma n. 072 (2).

Per vostra norma, nonostante assicurazioni di Lavai ripetute anche a Fracassi, non risulterebbe affatto che fino dal 3 corrente le autorità francesi di Tolone abbiano ricevuto o eseguito istruzioni nel senso indicato nel vostro

35 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

telegramma n. 240/13 del 13 corrente (1). Al contrario dal testo del telegramma spedito da Avarna al Comando Supremo il 4 maggio, e di cui prendo visione in questo momento, risulta evidente che Sottosegretario Marina francese condizionava ordine ripresa lavori a ricostituire flotta simbolica. Stiamo dunque facendo giri viziosi intorno al fatto che costì si vorrebbe lavorare sui cacciatorpediniere solo quando questi fossero dichiarati, come Lavai ha richiesto, la flotta simbolica francese. Invece nostro punto di vista è il seguente: indipendentemente da ogni condizione il signor Lavai deve ottenere che ai Cantieri di Tolone si eseguano i lavori già richiesti sulle unità indicate dalle nostre autorità e quando tale prova dl collaborazione sarà stata finalmente data potrà essere esaminata da parte nostra forse anche opportunità di un gesto del Duce di retrocessione di qualche unità (2).

(l) -Vedi D. 359. (2) -Vedi D. 347.
363

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI, PRUNAS, AL MINISTRO A KABUL, QUARONI

T. 17399/54 P.R. Roma, 27 maggio 1943, ore 16.

Per Vostra opportuna conoscenza comunicaVi alcune notizie circa politica tedesca nei riguardi Lega Musulmana secondo informazioni ufficiali provenienti Berlino.

Governo germanico:

l) -è tuttora nettamente ostile ad ogni propaganda per il Pakistan, pur intendendo evitare ogni attacco a sentimenti religiosi masse musulmane dell'India ora nettamente anti-britanniche.

2) -Ritiene che idea Panislamica non debba essere incoraggiata in quanto, come il Pakistan, essa incontra ostilità maggioranza indù ed è suscettibile aumentare discordia interna ad esclusivo vantaggio situazione britannica nel Paese.

3) -Afferma che Stato Panislamico incontrerebbe gravi difficoltà data inconciliabilità interessi differenti popoli e razze musulmane.

4) -Pensa che qualunque propaganda per l'India debba essere rivolta a musulmani come facenti parte organizzazioni nazionaliste rivoluzionarie e non eventuale futuro blocco Panislamico.

5) -Cercherà sottolineare nel futuro, collegamento fra movimenti nazionalisti per la libertà dell'Oriente, unica speranza dei quali risiede in una vittoria dell'Asse.

(.2) Con T. 16248/264 P.R. del 28 maggio 1943 ore 15,45, non pubblicato, Buti rispose ringraziando per le direttive impartitegli e assicurando il suo interessamento.

(l) Vedi D. 347, nota 2.

364

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3457/0330 R. Sofia, 27 maggio 1943 (per. il 31).

Le relazioni tra Sofia e Mosca continuano ad essere circondate da riserbo e silenzio.

Questo Presidente del Consiglio, nel confermarmi che il Governo di Sofia ha finito per negare il gradimento per la nomina di un nuovo Addetto Militare sovietico nella capitale bulgara, mi ha detto che le visite a lui fatte in questi ultimi giorni dal mio collega russo Lavricheff hanno continuato ad avere per oggetto e tema principali il preteso controllo della polizia bulgara sull'attività di questa Legazione sovietica. Qualche soddisfazione formale è stata concessa e, ad esempio, gli agenti di polizia destinati al servizio di vigilanza della Legazione sono stati cambiati, ma il Signor Lavricheff non si contenta e continua a protestare.

Quanto all'attività della Legazione bulgara a Kujbishev, essa continua ad essere estremamente limitata a causa della sorveglianza alla quale, a sua volta, essa è assoggettata.

365

L'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, ALESSANDRINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 3404/463 R. Berna, 28 maggio 1943, ore 17,40 (per. ore 22).

Burckardt mi ha intrattenuto a Ginevra sulla questione dei prigionieri di guerra in Russia narrandomi tutti i tentativi compiuti dalla Croce Rossa Internazionale presso il Governo sovietico onde giungere almeno ad ottenere la lista dei nomi dei catturati. Riferisco, a parte, con telespresso in data odierna (1), sull'esposto fattomi da Burckardt. Ritengo tuttavia opportuno segnalare subito la conclusione cui egli è giunto: che malgrado i successivi fallimenti dei tentativi compiuti dalla Croce Rossa, si è delineata in questi ultimi tempi una possibilità, dirò meglio una speranza, rappresentata dal consenso russo all'invio a Teheran di un inviato della Croce Rossa Internazionale che dovrebbe trattare la questione con i militari sovietici. Questi ultimi sono, più dei civi'li, propensi ad un accordo perché ansiosi di ottenere notizie dei loro camerati caduti prigionieri in mano tedesca. Per quanto riguarda l'Italia, Burckardt desidera attirare confidenzialmente l'attenzione del R. Governo sul fatto che i russi non giungeranno mai ad alcuna concessione in favore dei prigionieri italiani da essi detenuti se non sarà dato loro un corrispettivo rappresentato da concessioni analoghe in favore di altrettanti... (2) sono quelli dei prigionieri di guerra italiani in Russia. Il fatto che tali prigionieri non siano materialmente in Italia potrebbe, secondo Burckardt, essere superato se il Governo

germanico dichiarasse che tali prigionieri russi, benché impiegati in Germania... (1).

E poiché Burckardt crede che noi non ne abbiamo attualmente in mano nostra, consiglia di chiedere ai tedeschi, e poi di tener pronti a disposizione di eventuali trattative con i russi, altrettanti nominativi di prigionieri sovietici, quanti sono di pertinenza italiana.

Burckardt gradirebbe conoscere al più presto possibile il pensiero del R. Governo al riguardo (2).

(l) -Non rinvenuto. (2) -Nota dell'Ufficio Cifra: «Manca».
366

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Sofia, 28 maggio 1943 (per. il 31).

Questo Presidente del Consiglio, nell'accennarmi alle buone relazioni che, particolarmente in questo momento, la Bulgaria mantiene tanto con Bucarest quanto con Budapest, non ha mancato di porre in rilievo come Sofia, nell'intensificare tali rapporti di amicizia con gli altri due Stati dell'Europa orientale, concorra a creare in questa zona una atmosfera di maggiore collaborazione che deve incontrare l'approvazione di Roma e di Berlino. Circa la Romania egli ha aggiunto che i due Stati, uniti anziché separati dal Danubio, devono oggi, dopo l'esaurimento delle questioni territoriali tra loro precedentemente esistenti, appoggiarsi in certo modo l'uno all'altro. E circa l'Ungheria ha messo in risalto gli antichi legami di amicizia e la circostanza che i due Paesi, già uniti anche nel corso della precedente guerra, non hanno alcuna ragione di dissenso e di antipatia.

Circa la situazione magiaro-rumena il Sig. Filoff pensa che essa segni attualmente una battuta di lieve miglioramento.

367

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3461/0335 R. Sofia, 28 maggio 1943 (per. il 31).

Mio telegramma per corriere n. 0322 del 25 corrente (3).

Confermo che fino a questo momento nessun Israelita italiano di Sofia appare essere stato colpito dalla misura, presa dal Governo bulgaro, dell'allontanamento immediato dalla città della numerosa collettività ebraica qui residente.

Le autorità bulgare asseriscono che il provvedimento di concentramento, in stato di libertà personale, degli ebrei di Sofia in alcune località della provincia non è nuovo ed è solamente la pratica applicazione di provvedimenti

anterlori che «consigliavano» agli Ebrei stessi di abbandonare Sofia per stabilirsi altrove. Sta di fatto che in questi ultimi tre giorni sono già partiti parecchi treni con all'incirca dodicimila ebrei ai quali erano stati dati tre giorni di tempo per prepararsi alla partenza. Nei prossimi giorni è previsto l'allontanamento di altri ottomila individui fino cioè al raggiungimento della cifra di ventimila. Dalle località di internamento è esclusa la fascia costiera del Mar Nero.

Questo Presidente del Consiglio, nel parlarmi di tali misure che hanno qui causato, anche per motivi di carattere pratico, un certo disagio, mi ha confermato che nessun ebreo bulgaro, appartenente alle antiche provincie del Regno, verrà deportato in Polonia. Ha aggiunto inoltre che dalle misure di allontanamento vengono esclusi gli ebrei che abbiano abbracciato, prima del 1941, altra religione.

(l) -Nota dell'Ufficio Cifra «Altri gruppi errati>>. (2) -La risposta non è stata rinvenuta. (3) -Con T. per corriere 3387/0322 R. del 25 maggio 1943, non pubblicato, Magistrati aveva riferito sulla decisione del governo bulgaro di adottare nei giorni seguenti nuove misure ant!ebraiche.
368

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 8199/1374. Berlino, 28 maggio 1943 (per. il 2 giugno).

Telecorriere di questa R. Ambasciata n. 0110 del 3 maggio (1).

l. Il consegnatario della R. Sede Demaniale di Varsavia, che è stato qui testé per conferire, mi ha fatto la seguente relazione sulle condizioni del Governatorato Generale e particolarmente sugli ultimi avvenimenti di Varsavia:

«La situazione politica nel Governatorato Generale, che era andata man mano aggravandosi negli ultimi mesi, si è acuita nella seconda metà di aprile e nel mese di. maggio, specialmente a Varsavia. Questo aggravamento della situazione sta in una certa relazione con l'azione di liquidazione del ghetto di Varsavia, anche se non è direttamente connesso con questa. Gli elementi antitedeschi sia sovversivi che nazionalisti hanno approfittato del fatto che la polizia si trovava impegnata nel ghetto per intensificare le loro attività terroristiche. Anche il banditismo, che prima infestava sopratutto la campagna, si è recentemente sviluppato moltissimo e pericolosamente nella stessa città di Varsavia.

La soppressione del ghetto era prevista per la fine del 1942: si calcola che in quell'epoca vivessero nel ghetto circa 50 mila ebrei. Il programma di liquidazione non venne per varie ragioni svolto nel termine previsto; in primo luogo perché le ditte tedesche che lavoravano nel ghetto per forniture all'esercito, impiegando operai ebrei, non volevano rinunciare tanto facilmente ad una mano d'opera così a buon prezzo e impossibile a sostituirsi. D'altronde risulta che parte della SS, la quale aveva il controllo del ghetto, era contraria alla soppressione perché il ghetto rappresentava per essa una fonte non indifferente di introiti. Gli ebrei rimasti, che erano i più facoltosi, pagavano somme cospicue pur di poter entrare a far parte delle liste degli operai impiegati in aziende tedesche del ghetto, avendo così assicurata la vita ed ottenendo una

certa garanzia di non essere trasferiti altrove. Tuttavia per ordine, sembra, delle autorità di Berlino venne imposta la liquidazione. L'azione ebbe inizio verso la metà di aprile; però un primo gruppo di circa tremila ebrei che doveva essere trasportato a Lublino tentò la fuga. Di qui ebbe origine l'azione armata contro il ghetto, che dapprima fu limitata solo ad una parte. Subito molti degli operai e degli ebrei si dichiararono disposti ad abbandonare il ghetto e vennero trasportati altrove. Le aziende tedesche continuavano a lavorare, ma il centro di resistenza si andava man mano allargando nonostante l'impiego di carri armati e di artiglieria. Più tardi è risultato che la difesa armata era stata organizzata militarmente da elementi non ebrei che si erano rifugiati nel ghetto e fra questi partigiani russi, disertori tedeschi e altri elementi in prevalenza operai comunisti sia polacchi che esteri. Poiché l'azione armata era costata molte vittime alla polizia tedesca e dato che dal ghetto alcune persone riuscirono a fuggire o attraverso ai muri di cinta diroccati o attraverso comunicazioni sotterranee che si spingevano oltre il ghetto, venne adottato il metodo di por fuoco alle case in modo sistematico. Gli incendi hanno durato varie settimane ininterrottamente. Molte case furono fatte saltare con mine. Anche la sinagoga che si trovava adiacente al ghetto, ma non compresa in esso, venne fatta saltare senza che gli abitanti delle case vicine ne fossero avvertiti. Molti ebrei che si trovavano rinchiusi tentarono la fuga attraverso le fognature, ma vennero in massima parte presi in città o nei dintorni. La resistenza benché ridotta al minimo non è stata ancora del tutto soffocata.

Gli assassini politici hanno segnato una recrudescenza impressionante. Già prima vi erano stati dei casi che però erano ritenuti sporadici e come conseguenza si ebbe l'imposizione da parte delle autorità tedesche del coprifuoco alle ore 18 e di multe alla città di Varsavia che variarono secondo i casi da uno a dieci milioni di zloty. Negli ultimi tempi vennero assassinati due membri dell'Ufficio Propaganda, Zimmermann e Menzel, il Direttore dell'Arbeitsamt dott. Hoffman, il Direttore delle Assicurazioni Sociali, il sostituto del Direttore dell'Arbeitsamt ed un capo reparto dello stesso Ufficio. Quasi quotidiane sono le uccisioni di membri della Sicherheitspolizei. Tutti questi delitti vengono commessi in pieno giorno e finora non risulta che gli autori siano stati arrestati o comunque ostacolati nella loro azione. Il sistema è dei più semplici: gli autori si avvicinano alla vittima e le sparano addosso dandosi poi alla fuga. Nessuno reagisce perché per lo più si tratta di passanti polacchi che non hanno armi e che non intendono avere seccature. Nessuno poi può subito rendersi conto se si tratti di un assassinio politico o di un atto di banditismo, se la vittima sia un tedesco o un polacco, un agente o un poliziotto. Di questa situazione approfittano i terroristi. Infatti gli atti di banditismo sono quasi quotidiani e la reazione contro di essi è minima. Solo recentemente nel tentativo di svaligiamento di una banca, che ha gli uffici al primo piano, è stato possibile ad un impiegato dare l'allarme dalla finestra. Ne seguì un conflitto con la polizia che si trova proprio di fronte all'immobile dove è situata la banca e in tale occasione vennero uccisi cinque banditi, fra cui tre ebrei. Parecchi passanti rimasero feriti.

La scoperta dell'assassinio di dodicimila ufficiali polacchi a Katyn in un primo tempo fece un'enorme impressione sulla popolazione di Varsavia. Immediatamente però la propaganda comunista, che è straordinariamente sviluppata e sa sfruttare a proprio vantaggio ogni situazione, reagì facendo passare la cosa come un trucco della propaganda tedesca. Se anche ciò non venne creduto da gran parte della popolazione, tuttavia si cominciò a manifestare una specie di apatia e indifferenza verso la questione. Anche dalle persone meglio pensanti si andava dicendo che in fondo i tedeschi stavano facendo la stessa cosa e forse anche peggio.

Continua la stampa dei giornali clandestini che tuttavia non presentano un'unità di tendenza e una comune finalità, ma anzi una certa tendenza alla polemica fra i vari elementi che li diffondono. Tutti però sono concordi nell'incitare la popolazione alla resistenza ed alla lotta contro i tedeschi. Uno di questi giornali, intitolato Die Zukuntt, è dedicato esclusivamente ai Volksdeutsche e porta disegnato accanto alla testata un nodo scorsoio. Esso viene spedito a quei polacchi che si sono dichiarati Volksdeutsche.

La campagna, già a pochi chilom-Jtri dalla città, è infestata da bande armate di grassatori e di partigiani. Non vi è tenuta gestita da polacchi, che sono tutti disarmati, che non sia stata visitata da queste bande, le quali se non trovano resistenza non usano le armi, ma si limitano a farsi consegnare capi di besti~me, indumenti, viveri e denaro. In cambio rilasciano ai proprietari delle ricevute di ciò che hanno asportato, affinché possano giustificare l'ammanco di fronte alle autorità tedesche.

Un'altra piaga di cui va fatto cenno è la corruzione che si riscontra in un grado allarmante sia negli uffici polacchi che in quelli tedeschi. Qualsiasi licenza, concessione, fornitura, assegnazione di locali d'abitazione o di negozi, insomma la benché minima pratica da sbrigare negli uffici sia tedeschi che polacchi richiede una adeguata mancia, altrimenti si arena per sempre. Da questa corruzione non è immune nemmeno la polizia che fra l'altro -si parla di quella polacca -sembra essere in gran parte connivente con i banditi che operano in città.

Da tutto quanto esposto risulta che la situazione è più che mai caotica. Si ha la chiara impressione che le autorità sia amministrative che di polizia non riescano a dominare la situazione e si trovino impotenti di fronte al dilagare degli atti di banditismo e degli assassini di natura politica. Malgrado questi fatti, nessun provvedimento di carattere generale è stato preso, per le recenti uccisioni, verso la popolazione di Varsavia. Solamente nella notte del 18 corrente vennero eseguiti numerosi arresti in base a liste già preparate, che comprendono molti artisti, gestori di locali pubblici e in special modo di piccole trattorie e professionisti.

La situazione nel Governatorato Generale è rispecchiata dalla denominazione che recentemente hanno adottato gli stessi tedeschi per caratterizzare il Governatorato Generale: esso viene chiamato "Gangster Gau".

2. Un alto funzionario germanico, rientrato da Cracovia ieri mattina, ha per sua parte confidato, in via di comunicazione personale, ad un funzionario della R. Ambasciata che la situazione politica del Governatorato Generale continua ad essere critica.

Il senso di disagio -eglt ha detto -si fa sempre più forte; la vita è enormemente rincarata e la penuria si estende anche a generi che prima si trovavano con relativa facilità anche se a prezzi proibitivi. L'assassinio politico è diventato comune: in un locale di divertimento, l' "Adria", un ebreo ha ammazzato a revolverate quattro soldati germanici e, appena compiuto il misfatto, è stato a sua volta ucciso. Il senso di insicurezza che si manifesta in tante forme, sarebbe specialmente da ricondurre -a suo avviso -alla sproporzione numerica fra i polacchi, che sono circa diciotto milioni, e i tedeschi, che in tutto il territorio del Governatorato Generale non supererebbero i duecentomila. Egli citava a mò di esempio che su centomila ferrovieri del Governatorato Generale i polacchi sarebbero 92-94 mila e si domandava che cosa succederebbe se ad un certo momento questi incrociassero le braccia od intensificassero l'opera di sabotaggio. Naturalmente l'elemento tedesco tiene tutte le posizioni chiave e controlla l'organismo statale, ma può ben difficilmente arrivare in profondità.

La recente costituzione di reparti ucraini a cui è stato affidato il compito di lottare contro i partigiani e di collaborare colla polizia per il mantenimento dell'ordine, è ritenuta una buona misura ma presa -sempre secondo l'informatore -troppo tardi.

.

Egli ha aggiunto che recentemente vi sarebbe stata presso il Fiihrer una riunione alla quale avrebbero partecipato il Governatore Generale Frank, il Reichsfiihrer SS Himmler, il Reichsminister Lammers e il Reichsleiter Bormann, le cui funzioni -come è noto -corrispondono più o meno a quelle di Segretario del partito nazionalsocialista.

Il Governatore Generale Frank avrebbe nuovamente esposto al Capo dello Stato come la sua posizione e la sua azione divengano ognor più difficili per gli estesi poteri affidati alla polizia segreta la quale sfugge praticamente al suo controllo, mentre i provvedimenti di essa vengono applicati in nome del Governatore Generale. Frank avrebbe in sostanza proposto il dilemma: o Frank o Himmler, ma il Fiihrer si sarebbe limitato ad esortarli a mettersi d'accordo.

Così la situazione continua ad essere equivoca e confusa fin nelle sfere più alte delle gerarchie del Governatorato Generale; l'opposizione fra Frank e i suoi aderenti contro la Gestapo è più sorda che mai e a complicare anche più le cose si aggiungono i sentimenti del signor von Ribbentrop, notoriamente contrario a Frank.

Quest'ultimo divide il suo soggiorno fra Cracovia e Monaco di Baviera; ma sembra che le permanenze in quest'ultima città siano più lunghe che no~ nella capitale del Governatorato Generale, quasi a sottolineare esteriormente il dissenso di Frank per gli accennati conflitti di competenza e per le difficoltà da lui incontrate ad avere mano completamente libera nell'azione che si era proposto di svolgere nel Governatorato Generale: azione che egli avrebbe voluto improntare a uno spirito che consentisse una certa collaborazione di quei circoli polacchi i quali non fossero, e certamente non erano un tempo, del tutto ostili alla Germania » (l).

(l) Non rinvenuto.

(l) Il presente documento reca il visto di Mussolinl.

369

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3451/367-370 R. Tokto, '29 maggio 1943, ore 3 (per. ore 17 del 30).

Ho parlato a Shigemitsu e poi a questo Vice Ministro Esteri, nei termini di cui al telegramma di V. E. n. 377 (l), chiedendo sollecito accoglimento nostra richiesta di inviare al più presto, come sembra si stia pensando di accordare ai tedeschi, persona di fiducia di questa Ambasciata nelle zone occupate per apprestare e provvedere quarnto possa occorrere. Ho nettamente [chiarito] che i nostri interessi in quella zona, nella nuova situazione venutasi a creare e specialmente colla trasformazione dell'organizzazione economica straniera in Cina, richiedevano, previ accertamenti sul luogo, una sistemazione in vista del futuro, per la quale dovevamo poter contare sulla piena collaborazione nipponica come naturale complemento di quella che il Giappone ci va chiedendo per la sua politica in Cina. Avuto generiche risposte rassicuranti e sono in attesa di averne delle concrete.

Circa opportunità di negoziare un accordo economico col Governo di Nanchino, a mio avviso e per [quanto] si possa giudicare da qui, tale opportunità sembra doversi presentare in occasione delle trattative per la retrocessione effettiva del complesso dei nostri diritti speciali in Cina. E ciò, se non fosse altro, implicitamente, coll'indispensabile aggiornamento del trattato itala-cinese del 27 novembre 1928 e del suo annesso terzo. Date intenzioni manifestate in materia al R. Ambasciatore a Shanghai, tanto da parte cinese che [giapponese] (vostri telegrammi 179 e 180) (2), occasione e terreno dovrebbero essere propizi ad un accordo del genere -anche tenendo conto della situazione di minorata indipendenza del Governo di Nanchino e dell'incertezza sulla sistemazione definitiva della situazione cinese -e potrebbero sempre costituire per noi un utile precedente.

Sarebbe desiderabile peraltro, in linea generale, che da parte nostra si salvaguardassero fino agli estremi limiti del possibile le poche posizioni, che sono quelle cinesi, che possiamo negoziare per giungere con Governo giapponese ad un accordo economico più vasto e completo, il quale tenga conto dell'avvenire dei nostri rapporti economici non con la sola Cina ma con tutta la zona nipponica d'Estremo Oriente, che sarà per il nostro futuro di molta importanza.

Per quanto concerne convenienza di porre fin da ora sul tappeto argomento di un tale accordo -a prescindere dall'opportunità di procedere previamente all'accertamento coatto dell'entità attuale e delle possibilità di sviluppo dei nostri interessi nelle zone del sud -per potermi pronunciare in proposito mi accorrerebbero maggiori elementi di quelli fornitimi col telegramma ministeriale 34 del 9 gennaio scorso (3), concernente negoziati costà svolti per l'accordo economico italo-nipponico (4).

(-4) Per la risposta di Bastianlnl, vedi D. 419.
(l) -Vedi D. 303. (2) -Si riferisce ai telegrammi 3305/179 R. e 3289/180 R., ambedue del 23 maggio 1943, ore 6, non pubblicati, relativi alle insistenze da parte cinese per una sollecita soluzione della questione delle concessioni Italiane In Cina. (3) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 477.
370

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

T. S. N. D. PER TELESCR. 3414/920 R. Berlino, 29 maggio 1943, ore 19.

Seguito mio telegramma per corriere n. 0124 del 20 corrente (1).

D'ordine di Ribbentrop, tuttora assente, Steengracht mi ha comunicato che Governo germanico concorda nell'opportunità che il negoziato sui vari problemi relativi alla Croazia venga trasferito a Berlino.

Ritengo di poter iniziare in settimana trattazione singoli punti prospettati, valendomi per la parte più strettamente economica della collaborazione dei competenti servizi tecnici di questa Ambasciata.

Non mancherò di tenerti informato circa gli sviluppi e ti sarò grato di ogni eventuale elemento utile.

371

IL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, CASTELLANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. N.!?. 16392/987/102 P. R. Sussak, 29 maggio 1943, ore 20 (per. ore 11 del 30).

Nella mia visita Cettigne ho potuto accertare che, in seguito personali ordini ricevuti dal Duce, Governatore Montenegro si è finalmente deciso reprimere movimento cetnici aderenti Mihailovich e collaborare lealmente anche in questo campo con forze ... (2). Sono in atto infatti disposizioni per capi e disarmo bande. Pur tenendoli d'occhio, non era stata adottata invece alcuna misura nei riguardi dei montanari montenegrini (bande verdi), che sarebbero stati lasciati armati e talvolta impiegati anche dalle truppe tedesche in loro recentissime operazioni Montenegro. Anche comando seconda armata, dopo aver avuto la prova che cetnici avevano ricevuto ordine tenersi pronti per attaccarci, ha deciso procedere al loro disarmo ed arresto capi (tra i quali Jevdevic). Sono stati presi diretti accordi al riguardo con comandi tedescri interessati.

Forze dei cetnici attualmente in Erzegovina, secondo quanto risulta a questo Comando, si ridurrebbero a: circa 4 mila uomini con maggiore Cacevic nella zona di Gacko (completamente fuori dalla portata delle nostre forze), circa 3 mila nella zona di Bileca e mille ad est di Stolac, oltre a varie bande presidiarie fisse. È probabile che buona parte di queste forze riesca sfuggirei riparando in Bosnia, mentre non è escluso che maggioranza preiòtdi fissi si lasci da noi disarmare.

(l) -Vedi D. 343. (2) -Nota dell'Ufficio Cifra: <<Mancano due gruppi».
372

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER TELEFONO 3427/228 P.R. Budapest, 29 maggio 1943, ore 20,20.

Riassumo qui di seguito punti principali discorso pronunciato oggi dal Presidente Kallay allo Stadio Nazionale alla presenza tutti Gerarchi nazionali e provinciali del Partito Vita Ungherese su politica interna ed estera dell'Ungheria:

0 ) Nazione magiara ricorda con fierezza suoi figli caduti combattendo sul fronte russo e cui sacrificio non verrà dimenticato. Seconda Armata distrutta verrà quanto prima ricostituita.

2°) Governo resta fedele sistema parlamentare: sospensione sessione Camere è misura costituzionale, che non significa allontanamento dalle consuetudini parlamentari né è sintomo premonitore prossimo scioglimento Camera Deputati dato che Reggente non intende indire nuove elezioni.

3°) Ungheria conduce una lotta e non ha altro interesse all'infuori di quello di vivere in pace entro propri confini come nazione indipendente ed autonoma. Politica estera ungherese ha per meta sicurezza ed indipendenza nazionale. Secondo sue antiche tradizioni anche oggi Ungheria resta fedele propri alleati.

4°) Ungheria aderisce pienamente alle idee proclamate dagli uomini politici dell'Asse ed in modo speciale da Sottosegretario di Stato Bastianini per quel che concerne diritti insopprimibili piccole Nazioni ad avere una vita propria. « Come ogni diritto anche questo è connesso ai doveri che il nostro Paese accetta volentieri. Base questi doveri è comprensione per diritti altrui. A questo proposito abbiamo già dato ripetute prove. Abbiamo riconosciuto per primi Nazione croata che è sempre anche storicamente esistita e quella slovacca costituitasi dopo il Primo Arbitrato di Vienna, ed è nostro unico obiettivo quello di vivere in pace ed in buona comprensione con esse, operando insieme per gli interessi e le condizioni di vita comuni. Siamo convinti che il lungo passato comune ha creato non soltanto dei rapporti, ma anche dei contrasti: di conseguenza dobbiamo cercare di approfondire quanto ci unisce e, con reciproca buona volontà, di eliminare quanto ci divide. Analogamente cerchiamo eliminare tutti gli ostacoli che si oppongono al buon vicinato con gli altri nostri vicini. Una collaborazione durevole fra Nazioni è soltanto possibile se le caratteristiche nazionali vengono reciprocamente rispettate e si attua una cooperazione di nazioni coscienti. Ma anche se poniamo sul duro piano pratico, vale a dire nel piano degli interessi, il che in politica è inevitabile, possiamo pure constatare che coi nostri vicini sono molto più numerosi gli interessi che non quelli contrastanti. Non è per caso che ci siamo incontrati tutti nel quadro degli Stati del Tripartito. Gli stessi pericoli mina~ciano la nostra individualità nazionale, la vita dei nostri Stati».

5°) Governo ungherese sconfessa azione dei fuorusciti magiari e quella dei Governi in esilio della Piccola Intesa. «Tali persone hanno perduto il diritto di parlare in nome degli ungheresi; essi sanno di non trovare più ascolto nella loro Patria e perciò si accodano all'uomo che ha le maggiori responsabilità per le ingiustizie compiute nel 1919 al Trianon: Benes. Dietro codesti eroi non c'è alcuno. Tutto ciò che i fuorusciti della Piccola Intesa affermano è falso. L'Ungheria non ha mai portato via a nessuno un palmo di terreno. Un possesso millenario sta di fronte ad una usurpazione di venti anni. Un rimprovero egualmente ingiusto è quello della presunta oppressione delle minoranze che invece si sviluppano in Ungheria liberamente da secoli. Noi sosteniamo una politica diretta ad ottenere la collaborazione e una pacifica convivenza nel Bacino Carpatico e riteniamo che questa sia l'unica soluzione possibile per il bene delle nazionalità qui conviventi».

6°) Lotta intrapresa dalla Germania e dall'Italia per trionfo idea europea e civiltà cristiana dovrà essere coronata dalla vittoria e questa vittoria europea sarà anche una vittoria dell'Ungheria. Consapevole di tale verità Ungheria si è unita all'Italia e alla Germania che sono le sole Nazioni capaci di salvare l'Europa dal bolscevismo. L'Ungheria condurrà questa guerra fino alla fine, perché essa vuole sopravvivere alla guerra, perché essa vuole affidare intatta alle generazioni venture la sua eredità di Stato indipendente cristiano.

7°) Governo ha grandi forze per risolvere molti problemi sociali. Se Ungheria non ha raggiunto alcuni Stati occidentali sulla via del progresso sociale ciò è dovuto soltanto alle conseguenze della Prima Guerra Mondiale per cui il Paese ha tanto sofferto. Grandi misure sono state prese ed altre ne verranno adottate.

8°) Il razionamento sia alimentare che industriale verrà migliorato e controllo prezzi reso più rigoroso.

9°) Governo è deciso risolvere questione ebraica, trasferimento completo ebrei verrà effettuato non appena situazione lo consentirà: «fino a che tuttavia le condizioni fondamentali per un tale trasferimento non sussisteranno, il Governo non è disposto di porre all'ordine del giorno la questione». L'Ungheria non intraprenderà alcun tentativo che sia in contrasto con la sua cultura cristiana e col suo atteggiamento spirituale e non si allontanerà dalla via umanitaria che ha sempre seguito durante la sua storia sia nel senso razziale che convenzionale.

10°) Misure finanziarie saranno adottate contro speculatori sia ebrei che cristiani che hanno approfittato della congiuntura per accumulare illeciti guadagni.

373

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A KABUL, QUARONI

T. 17781/55 P.R. Roma, 29 maggio 1943, ore 23.

Vostri telegrammi 224 e 225 (l).

Aderendo vostra richiesta, con telegramma a parte (2) vi sono Inviati un primo riassunto di elementi a suo tempo comunicati a nostre maggiori Rappresentanze dopo i recenti incontri dell'Asse, ed altri elementi desunti da nostre informazioni su talune questioni da Voi segnalate (1).

Ho impartito istruzioni a competenti uffici del Ministero perché si continui tenervi informato su questioni di interesse generale per nostra politica, in modo da dare appoggio e ulteriori possibilità a Vostro lavoro, qui seguito con interesse e piena comprensione particolari condizioni in cui si svolge.

374

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI

L. P. s. 1/2905. Roma, 29 maggio 1943.

Una segnalazione di fonte fiduciaria recentemente pervenuta concerne il Ministro di Bulgaria a Madrid, Signor Draganov. Questa personalità bulgara, che ebbe già a coprire cariche alla Corte di Sofia e che godrebbe della particolare fiducia del Governo, sarebbe stata incaricata da quest'ultimo di met'Lersi discretamente a contatto con i rappresentanti delle Potenze anglosassoni.

Tanto ti comunico per tua riservatissima conoscenza, e anche perché tu possa eventualmente cercar di seguire e controllare l'attività del predetto Ministro.

Ti sarò grato di voler a suo tempo riferire ogni utile elemento in merito, di cui fossi venuto in possesso (3).

375

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. s. 1828/652. Zagabria, 29 maggio 1943 (per. il 4 giugno).

È venuto a trovarmi il Ministro degli Esteri Budak (4), e mi ha intrattenuto sull'attività che si accinge a svolgere.

Riassumo le dichiarazioni da lui fattemi:

l) confermando il discorso tenuto il 18 maggio scorso, Budak mi ha detto che « bisogna tornare alla impostazione dei Patti di Roma, che, per circostanze diverse, e anche per l'influenza di una corrente di esecutori dissenzienti, non hanno potuto avere l'applicazione e gli sviluppi voluti dal Poglavnik ».

Egli è, come il Poglavnik, convinto che «soltanto alle condizioni stabilite dagli accordi politici e confinari è stato possibile realizzare l'indipendenza della Croazia e comporre in un giusto equilibrio gli interessi italiani con quelli croati».

2) Ha riconosciuto che la garanzia concessa dall'Italia alla Croazia ha una grande importanza per il suo Paese.

3) Si rende conto che «tanto in Italia che in Croazia vi sono ambienti che considerano non del tutto soddisfacenti gli accordi territoriali, ma con l'intransigenza non è possibile creare e coltivare amicizie, sopratutto nel campo internazionale; è pure necessario sacrificare qualche cosa delle vaghe aspirazioni». Considera quindi «condannabile ogni tendenza irredentistica croata, sopratutto nell'attuale momento».

4) «La questione adriatica deve essere considerata risolta in nome di una alleanza voluta dai due Capi, necessaria alla vita della Croazia, alleanza che segue storicamente e politicamente alle negative e tristi esperienze fatte sotto le dominazioni austro-ungarica e jugoslava». «L'Adriatico non deve dividere i due popoli vicini, ma congiungerli, ed è compito nostro di sviluppare praticamente le relazioni fra i due Paesi con opportune iniziative, anche di carattere economico ».

5) La sua azione diplomatica «sarà improntata al massimo di chiarezza e di sincerità »; ha chiesto perciò che anche da parte nostra « si dica apertamente quanto costituisce nostro punto di vista e nostro interesse, in modo da poter procedere senza formalità e con immediatezza, evitando ogni malinteso».

6) Mi ha annunciato che sulle direttive del Poglavnik egli procederà a mutamenti di personale nell'amministrazione centrale degli Esteri, allontanando quegli elementi che risultano aver svolto opera negativa per lo sviluppo della collaborazione italo-croata. Perché gli sia facilitato tale compito, ha chiesto come fossero considerati, non soltanto da me ma dagli organi informativi italiani, i funzionari che attualmente prestano servizio al Ministero degli Esteri. Gli ho fornito elementi in proposito.

7) Sulla sua permanenza a Berlino, Budak ha detto: a) che la sua franchezza nel trattare le questioni, non disgiunta «dal necessario rispetto, ha spesso trovato in definitiva comprensione, in particolare quando venivano esercitate su di lui pressioni per concessioni di carattere politico-economico». Ha sorvolato, stando nell'argomento, sulle concessioni e sui vincoli di carattere militare. A commento delle sue stesse parole ha tenuto a dirmi che minor comprensione, anzi vera e propria intransigenza, ha trovato nei fattori minori della politica tedesca, o per meglio dire, in certi funzionari e uomini politici incaricati dell'ottenimento e della pratica esecuzione;

b) che le maggiori difficoltà incontrate nella sua missione sono derivate dall'azione diretta di alcuni Ministri croati condotta coi rappresentanti tedeschi a Zagabria;

c) che «i suoi rapporti, non soltanto personali, con Lorkovic, suo Ministro degli Esteri, erano pressoché rotti da oltre due mesi, prima che egli lasciasse la Legazione di Berlino »;

d) che « Kosak ha intrigato ai suoi danni facendolo apparire come incapace diplomaticamente e presso il Poglavnik come fiacco e arrendevole, presso i tedeschi come sottomesso al volere dell'Italia, presso gli italiani come sottomesso al volere della Germania».

Budak, per dar forza a quanto di positivo mi aveva dichiarato circa le sue intenzioni, ha detto che egli «cercherà di mostrare coi fatti le sue leali disposizioni di animo per una concreta collaborazione con noi» (1).

(l) -Vedi D. 353. (2) -Con T. 17782/56 P.R. del 30 maggio 1943, ore 14, non pubblicato, Il capo di gabinetto Babuscio Rizzo forniva a Quaroni ragguagli sul colloqui di Mussollnl con Hitler a Sallsburgo, sulla visita di Kallay a Roma e sull'incontro Hitler-Laval-Bastlanlni del 29 aprile. (3) -Non si è rinvenuta la risposta di Paulucci. (4) -Budak aveva assunto l'incarico di Ministro degli esteri Il 16 maggio.
376

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3506/077 R. Parigi, 30 maggio 1943 (per. il 2 giugno).

Il Gauleiter Sauckel, Delegato del F'iihrer per il reclutamento della mano d'opera straniera nei territori occupati, è stato nei giorni scorsi a Parigi. È venuto per stabilire, d'accordo con Lavai, come il III piano Sauckel pel reclutamento di 220 mila operai francesi (mio telegramma per corriere n. 052 del 12 aprile) (2), potesse trovare pratica attuazione. Il piano doveva iniziarsi col 1o maggio e deve aver termine il lo luglio, ma finora i risultati sono stati pressoché nulli.

Sauckel e Lavai si sono visti lungamente e a conclusione dei loro scambi di vedute, hanno ricevuto il 25 corr. la stampa all'Ambasciata di Germania e hanno fatto delle dichiarazioni, svolgendo entrambi il noto tema che, al sacrificio di sangue della Germania, òBve corrispondere il contributo di lavoro della Francia. Lavai ha concluso le sue dichiarazioni, dicendo che col suo atteggiamento e colla sua volontà, la Francia poteva diventare un paese liberamente associato.

Si vuole anche che Sauckel abbia chiesto un ulteriore e più vasto lotto di mano d'opera francese nel prossimo futuro, ad applicazione avvenuta cioè del III piano Sauckel. Le voci in proposito sono discordi, e l'Ambasciata nega che vi sia stata una vera e propria richiesta del genere. È certo però che il proposito esiste. Comunque la quistione non è d'immediata attualità.

2. Il I e il II piano Sauckel (in tutto mezzo milione di uomini dal giugno 1942 al marzo 1943) non sono stati un'impresa facile a condurre in porto. Si

vedano le mie comunicazioni del tempo. Il III piano, Io sarà evidentemente ancora meno.

La richiesta tedesca di mano d'opera (risulta confidenzialmente) risponde d'altra parte, non solo a necessità d'ordine industriale, ma anche alla preoccupazione di allontanare quanti più uomini giovani possibile dalla Francia. Si pensa infatti che, nel caso di difficoltà politiche e militari in paese, essi rappresenterebbero l'elemento meno fidato. Per queste ragioni e per altre d'ordine tecnico, i 220 mila operai del III piano Sauckel saranno pertanto reclutati anzitutto tra i giovani della classe 1922. I giornali di stamani pubblicano così che è stato deciso che tutti gli appartenenti alla classe del 1922, senza eccezioni di sorta, partiranno per la Germania. (Si calcola che l'apporto effettivo della classe del 1922 sia di 160 mila unità. II rimanente sarà fornito prelevandolo dalle classi del 20 e del 21).

3. I giornali sono pieni della quistione. Si annunzia inoltre che Lavai pronunzierebbe prossimamente un discorso. Pare il 3 corr., salvo nuovi rinvii. II discorso è sempre quello che Laval deve tenere dal suo ritorno da Salisburgo in poi, con in più ora la quistione Sauckel.

L'idea del discorso dopo Salisburgo, è tedesca e, credo, dei tedeschi di qua. Laval ha invece esitato. Se il «collaborazionismo» rende molto ai tedeschi (produzione industriale bellica francese a favore delle forze armate tedesche; mezzo miliardo di franchi al giorno a titolo di spese di occupazione; emigrazione operaia, etc. etc.), la contropartita tedesca è scarsa, e sopratutto appare scarsa agli occhi dei «non collaborazionisti», che sono la grande massa. Donde le incertezze del Capo del Governo francese.

Ora la cosa è diversa. Non si tratta solo d'illustrare l'incontro di Salisburgo e le «concessioni» ottenute, ma di affrontare [argomento] che non si presenta per nulla facile. Così finalmente il discorso si farebbe. Già nel mese di giugno 1942, quando si trattò di varare la prima grossa richiesta di mano d'opera francese, Laval ricorse allo stesso espediente di fare appello al Paese.

In più delle «concessioni» di Salisburgo, e inquadrata nel comunicato allora pubblicato (« normalizzazione dei rapporti tra Asse e Francia, etc.»), l'imminente discorso di Lavai tratterà quindi della nuova domanda tedesca e dei mezzi per farvi fronte (partenza per la Germania della classe del 1922, come testé indicato, etc.).

4. -Parlando in argomento con Schleier e con riferimento in particolare alle « concessioni » di Salisburgo, ne ho approfittato per chiarire anche con lui, trovandolo pienamente consenziente, che il << reggimento simbolico » non era stato una concessione unilaterale germanica, ma dell'Italia e della Germania assieme. A sua volta, Schleier ha tenuto a dirmi che la quistione della « Marina simbolica>> avrebbe effettivamente creato degli imbarazzi a Laval. La prima comunicazione favorevole fattagli a Vichy e ripetuta a Neubronn, era stata risaputa largamente e il successivo rifiuto aveva messo Lavai in difficoltà dinanzi a amici e nemici. 5. -Nel suo discorso, Lavai tratterà anche di a,ltre quistioni politiche. La partecipazione della Francia « collaborazionista» alla lotta contro il comunismo fa

cendo parte dell'impostazione formale del «collaborazionismo» franco-tedesco, Laval parlerà cosi anche dello «scioglimento>> del Komintern. Come ho segnalato coi fonobollettini stampa di questi giorni, i giornali lo hanno commentato più o meno sulla falsariga della stampa dell'Asse, ma il pubblico ha accolto con scarso interesse la notizia e i commenti che l'hanno seguita.

(l) -Il presente documento reca "fr visto di Mussolini. (2) -T. per corriere 2397/052 R. del 12 aprile 1943, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 8187/1372. Berlino, 30 maggio 1943 (1).

Riassumo gli argomenti trattati in una conversazione che ho avuta con il Ministro Speer e con Steengracht.

Produzione bellica. Speer, che è consdderato forse il solo uomo di piena fiducia del Flihrer dal quale ha avuto pieni poteri in tutto l'importante settore delle armi, munizioni, fortificazioni ecc., si è mostrato convinto che la Germania può affrontare con assoluta tranquillità il futuro sviluppo degli avvenimenti. Egli ha dichiarato che anche il mese di maggio segna un netto aumento della produzione bellica, aumento che è certamente destinato ad un miglioramento nei mesi successivi, man mano che verranno coordinati i risultati della mobilitazione civile totale.

Ritiro operai italiani. A questo proposito Speer ha fatto presente che il rientro dei lavoratol1i italiani causerà una proporzionalmente sensibile diminuzione nella produzione tedesca.

Ho osservato che l'Italia in questo momento ha inderogabile necessità di chiamare a raccolta, in ogni settore, tutte le sue forze. Speer ha replicato che -pur riconoscendo una tale necessità -il ritorno degli operai italiani pregiudicava, comunque, gli urgenti bisogni dell'Asse: perché, mentre gli operai italiani -di cui ha esplicitamente riconosciute le qualità -qui lavorano e producono al cento per cento, rientrando in Italia perderanno -a causa dei bombardamenti, del non completo funzionamento delle fabbriche, della mancanza di materiale -un periodo di tempo pre:ilioso prima di immettersi nel pieno ciclo produttivo. Mi ha citato inoltre alcuni esempi: l'invio di materiale in Italia per fabbricare una produzione destinata, in parte, alla Germania, mentre sarebbe stato molto più semplice, meno dispendioso e, soprattutto, meno complicato -a causa dei trasporti -che gli operai italiani lavorassero in Germania, creando cosi un vantaggioso scambio.

Steengracht è intervenuto per dichiarare che tale precisamente è anche l'opinione del Fiihrer; il quale, avendo saputo che il ritiro dei lavoratori era personalmente desiderato dal Duce, non ha naturalmente fatto la minima obiezione, desideroso, come egli è, di esaudire le richieste del suo grande amico.

36 -Dooumenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

Aiuto militare all'Italia. L'occasione presentandosi opportuna, ho ritenuto di illustrare la necessità per l'Italia di avere armi in vista di possibilità di sbarco avversario. L'Italia, ho detto precisamente, ha dimostrato e dimostra la sua fermissima volontà di resistere e di combattere a fianco dell'alleata.

Ho ancora una volta elencato la perdita delle colonie, i sacrifici sostenuti, gli intensi bombardamenti delle città, le dure privazioni a cui è soggetto il popolo. Ed ho concluso che la volontà di combattimento e di resistenza deve essere integrata dalla indispensabile disponibilità di armi: perché, a un certo momento, più di lasciarsi eroicamente ammazzare, gli italiani non potranno fare. Ed ho insistito: aeroplani, aeroplani, aeroplani. Anche perché -ho aggiunto ancora una volta -in Italia si è sentito talmente parlare del numero e della potenza dell'aviazione tedesca, che il popolo si domanda perché l'amica ed alleata Germania non ;interviene tempestivamente in aiuto dell'Italia. Ho rilevato che ciò dovrebbe essere fatto, e subito.

E poiché Steengracht ha assicurato che ciò sarebbe avvenuto, se non altro in ricambio dei sacrifici che per la causa comune l'Italia ha sostenuto e sostiene, ho prontamente replicato che il richiesto invio di uomini, di armi e di munizioni non solo deve essere fatto nell'interesse -sacrosanto -dell'Italia, ma anche a vantaggio della Germania, perché la più accanita volontà di combattimento e di resistenza ha un limite umano; ed il più eroico sacrifico serve a ben poco quando è passivo. Anche la Germania verrebbe per molte intuitive ragioni a trovarsi in situazione difficile, sopratutto di fronte agli altri alleati, il giorno in cui l'Italia non potesse fare altro che attendere la sua lenta e tragica, se pur eroica agonia.

Ho concluso che, particolarmente in tempo di guerra, la fedeltà deve essere viva ed operante; e che quindi la Germania deve mettere l'Italia in tali condizioni.

Steengracht mi ha dichiarato -ancora una volta -constargli in modo preciso essere questa la volontà del Ftihrer; ma che ostacolano a ciò difficoltà tecniche. Ho replicato che se anche ciò fosse vero, bisognerebbe subito mettersi all'opera in modo che, con l'impiego del tempo strettamente necessario, qualcosa di concreto sia prontamente effettuato. Se subito dopo l'incontro dei due Capi a Salisburgo -ho detto -si fosse dato corso ai provvedimenti necessari per l'invio dei 500 aeroplani richiesti e promessi per la difesa di Tunisi, adesso essi potrebbero servire per difendere le isole, e quindi l'Italia; e non ci sentiremmo ora rispondere che non è possibile nel giro di due o tre settimane corrispondere alle nostre richieste. A parte il fatto -ho aggiunto -che se, come si pretende, è vero che in Sicilia, Sardegna e Corsica non vi sono aeroporti ed installazioni capaci di accogliere gli aeroplani tedeschi, nell'Italia centrale esistono numerosi aerodromi nei quali l'aviazione germanica potrebbe dislocare molti apparecchi per costituire (già al di là delle Alpi) una massa aerea pronta ad intervenire in tutte le direzioni (i vi compresa la direzione dei Balcani).

Mentre Steengracht ha detto che la questione era stata sottoposta al Fiihrer, Speer ha osservato che sono cose di stretta competenza militare. Al che ho, non senza vivacità, replicato che, se il Fiihrer vuole, basta un suo ordine per inviare in Italia grano, carbone, acciaio ed aeroplani, e quanto è necessario per corrispondere alle impellenti necessità del momento.

Nuove armi tedesche. Ho cercato di avere da Speer qualche notizia sulle nuove armi tedesche di cui dagli stessi ambienti competenti germanici è trapelata qualche indicazione.

Speer è stato riservato, dichiarando peraltro esplicitamente che vi sarà qualche buona sorpresa.

(A questo proposito qui si parla di una importante invenzione italiana consistente nell'istallazione di grossi cannoni a bordo di aeroplani che permetterebbe di colpire quelli avversari a lunga distanza).

Circa l'impiego dei gas, Speer è stato ancora piuttosto riservato, affermando constargli che gli avversari -i russi specialmente -stanno facendo intensi preparativi. Ed ha concluso: Vedremo chi comincerà per primo... (1).

(l) Manca l'indicazione della data d'arrivo.

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IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 31 maggio 1943.

I nostri rapporti con la Bulgaria sono stati per oltre venti anni -dalla conclusione della pace fino alla dissoluzione della Jugoslavia -improntati a una marcata cordiaLità. Come tutti i Paesi vinti la Bulgaria guardò, nel corso di quegli anni all'Italia come al Paese che apertamente sosteneva la causa revisionista, e, nell'isolamento nel quale la Bulgaria venne a trovarsi dopo il Trattato di Neuilly, i bulgari considerano l'Italia come l'unico Stato sul quale essi potessero contare per essere difesi dalla prepotenza jugoslava e greca. Effettivamente noi abbiamo, durante tutto quel periodo, aiutato in ogni occasione e con ogni mezzo la Bulgaria, la quale deve a noi, ed esclusivamente a noi, quel tanto di libertà internazionale che essa poté allora preservare, e la possibilità che essa allora ebbe di non essere forzata a sottomettersi a quell'intesa balcanica, che esigeva il sacrificio delle sue rivendicazioni territoriali. E sarebbe stato forse possibile in quel periodo sistemare in una forma più concreta i rapporti itala-bulgari, se la Bulgaria, uscita vinta, mutilata e depressa dalla guerra, non avesse adottato una politica estera della più estrema timidezza, e non si fosse sopratutto preoccupata di evitare qualunque posizione che la potesse mettere in contrasto con qualunque grande Potenza. Né noi del resto, consci della intrinseca debolezza della Bulgaria, cercammo mai di spingerla a uscire dal suo riserbo, trovando noi sufficiente compenso all'appoggio che le davamo nella resistenza che la Bulgaria opponeva alla pressione jugoslava.

Questo è stato per vent'anni l'essenziale fondamento dei rapporti italabulgari. La costituzione dell'unione itala-albanese, e soprattutto la dissoluzione della Jugoslavia hanno modificato evidentemente questo fondamento. Il comune in

teresse anti-jugoslavo dei due Paesi si è esaurito, le aspirazioni revisionistiche bulgare sono state soddisfatte, si è indebolito l'interesse bulgaro all'appoggio dell'Italia, l'Italia e la Bulgaria sono diventati Paesi confinanti, con i maggiori e più concreti legami che questa nuova situazione importa, ma anche con i contrasti inerenti al fatto che Buigaria e Italia si sono trovate di fronte al problema della ripartizione degli ex-territori jugoslavi, contesi tra bulgari ed albanesi.

L'atteggiamento dei bulgari di fronte a questo problema è stato quello tipico di tutti i popoli balcanici, che alle ambizioni territoriali sono sempre pronti a sacrificare qualunque più alta considerazione e qualunque visione più vasta e lontana dei loro interessi. E il risultato è stato che la politica bulgara si è andata, per così dire, concentrando nella difesa dell'integrità macedone, e i rapporti italo-bulgari hanno finito con l'essere influenzati più da questo problema, che da quelli che sono gli interessi generali dei due Paesi.

L'accordo che noi abbiamo di recente raggiunto con la Bulgaria per la linea militare di demarcazione rappresenta ora, se non la soluzione stabile e definitiva del problema territoriale, certo un elemento favorevole per un miglioramento della situazione, che permette di prospettarsi la possibilità di allargare il quadro dei rapporti italo-bulgari per superare la fase puramente locale di questi rapporti e definire quelli che sono gli interessi comuni dei due Paesi, nel sistema generale della politica danubiano-balcanica.

Noi non abbiamo nessun interesse a un contrasto con la Bulgaria. Abbiamo difeso e intendiamo difendere gli interessi albanesi, ma la nostra politica non si può imperniare e tanto meno esaurire in questa difesa. Lo scopo ultimo della nostra politica è più vasto: è quello di esercitare un'influenza preponderante nel settore danubiano-balcanico ed evitare che si costituiscano comunque dei sistemi che abbiano direttamente o indirettamente una destinazione anti-italiana. E questo scopo noi possiamo raggiungere solo legando a noi i tre Paesi -Ungheria, Romania e Bulgaria -che costituiscono oggi le tre forze effettive di azione nell'Europa sud-orientale. I nostri rapporti con la Bulgaria devono essere perciò visti in connessione con i rapporti italo-ungheresi e italo-romeni.

Ritengo che vi siano sufficienti elementi per considerare la possibilità di un'intesa con la Bulgaria che non sia in contrasto con la nostra politica ungherese e romena.

I rapporti bulgaro-ungheresi non presentano alcuna difficoltà. I due Paesi non hanno fra loro contrasti territoriali, che in Balcania sono sempre i più ardui a superare. Un interesse anzi evidentemente li lega: quello di impedire la ricostituzione della Jugoslavia. Un collegamento italo-magiaro-bulgaro su questo terreno è dunque del tutto possibile.

Più delicati forse i rapporti bulgaro-romeni a causa della Dobrugia meridionale. Ma, dopo gli accordi del '41, i romeni sembrano rassegnati a questa perdita. Ansiosi poi come essi sono di rafforzare la loro posizione per garantire l'indipendenza della loro politica, non potrebbero vedere in un ravvicinamento con la Bulgaria che un elemento favorevole allo sviluppo della loro azione.

Qualora dunque noi volessimo riesaminare i nostri rapporti con la Bulgaria sopra un piano più vasto, non è prevedibile che incontreremmo delle difficoltà a

rlcollegare la nostra politica bulgara con quella che svolgiamo in Ungheria e ln Romania. Posto in chiaro questo, noi dobbiamo esaminare quali sono gli interessi che la Bulgaria potrebbe voler tutelare in un eventuale accordo con l'Italia.

La Bulgaria non ha davanti a sé che un problema di conservazione. Essa si preoccupa soprattutto di poter mantenere gli acquisti territoriali che ha, con tanto poco sforzo e in così larga misura, ottenuti. Per quanto avidi siano i bulgari di territorio macedone, è da presumersi che un'assicurazione da parte nostra di esaminare con spirito di amicizia le questioni di confine, implicando essa la garanzia dei territori acquistati. sarebbe un vantaggio assai apprezzabile per la Bulgaria.

Altro interesse bulgaro è quello di evitare un conflitto con la Turchia. Ora in questo campo una politica concorde con l'Ungheria e la Romania sotto la nostra egida, risponderebbe al nostro interesse di tenere la Turchia fuori del conflitto, e all'identico interesse che ha la Bulgaria di evitarlo.

Un accordo con noi, basato su quei principi di scrupoloso rispetto dell'autonomia politica degli Stati che sono stati posti dal Duce a fondamento delle nostre direttive politiche, potrebbe indurre la Bulgaria a identificare l'esistenza di un comune interesse nostro e suo a preservare la libertà internazionale dei tre maggiori Stati danubiani e balcanici. Questo accordo potrebbe prendere la forma di una clausola di consultazione per i problemi balcanici, clausola perfettamente giustificata dal fatto che l'Italia, in vista dell'unione itala-albanese è Potenza balcanica, e la Germania non lo è.

Allo stato attuale dei rapporti itala-bulgari non è possibile avvicinare senz'altro il Governo bulgaro con una proposta concreta di accordi da stipularsi formalmente.

Ma qualora l'idea di rivedere e consolidare i nostri rapporti con la Bulgaria fosse accettata, noi potremmo aprire col Governo bulgaro delle conversazioni che, prendendo lo spunto dal regolamento della linea di demarcazione, dagli interessi che i due Paesi hanno a un regime di buon vicinato, ci permetterebbe di risal.ire a un'intesa di collaborazione generale, portando così la Bulgaria sopra un piano analogo a quello sul quale si svolgono i nostri rapporti con l'Ungheria e la Romania.

(l) Il presente documento reca il visto di Mussolini.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. PER CORRIERE 17999 P.R. Roma, 1° giugno 1943

La R. Rappresentanza in Atene col telegramma 588/1-2 in data 16 corrente (l) ci ha comunicato quanto segue circa la situazione degli ebrei:

«R. Console Generale Salonicco informa Autorità germaniche avrebbero inviato nella zona occupata da truppe italiane Capo della Polizia ebraica di Salo

nicco, accompagnato da tre israeliti, allo scopo di rintracciare ebrei fuggiti clandestinamente da zona occupazione tedesca. Essi sarebbero stati prescelti per tale compito conoscendo personalmente tutti gli ebrei qui rifugiati.

Predetto Capo della Polizia si sarebbe diretto verso Castria e Janina per poi scendere Atene: secondo le notizie pervenute a Zamboni, ma qui non confermate. sarebbero stati già fermati Atene tre ebrei.

Poiché è da prevedersi che, accertata esistenza nostra zona ebrei qui illegalmente trasferiti, autorità tedesche chiedano loro estradizione, se non addirittura loro arresto, prego volermi impartire istruzioni circa linea di condotta da tenere al riguardo ed in particolare farmi conoscere a partire da quale data potrebbero essere considerati " illegalmente entrati " in nostra zona ebrei stranieri. Come data potrebbe esser indicata 15 febbraio scorso giorno nel quale tedeschi hanno iniziato esecuzione provvedimenti razziali a Salonicco.

Ho pregato intanto Comando 11° Armata prendere opportuni contatti con Autorità affinché eventuale arresto ebrei da parte Autorità non avvenga nostra zona senza preventivo benestare nostri organi competenti ciò in base agli accordi da tempo qui vigenti circa arresti da parte Polizia tedesca».

A questa richiesta abbiamo risposto con un telegramma (l) che qui di seguito si trascrive:

«Vostro 588/1-2.

Non riteniamo opportuno che la Polizia tedesca sia autorizzata a svolgere un'azione nella zona occupata dalle nostre truppe per effettuare accertamenti circa la situazione degli ebrei, siano essi non italiani da tempo residenti in tale zona, siano essi ebrei trasferitisi di recente nella zona nostra. Tanto meno riteniamo conveniente di poter permettere degli arresti.

Da molto tempo le nostre direttive e la nostra linea politica si svolgono sul concetto che tutto quanto concerne il problema degli ebrei nelle zone di nostra occupazione deve essere considerato materia di ordine pubblico connessa con le esigenze del nostro prestigio e quindi legata a nostri criteri di applicazione ed alla esclusiva responsabilità delle Autorità italiane.

Tale linea politica è ormai da noi con intransigenza applicata in ogni località dove trovansi truppe di occupazione italiane. Così nella nostra zona di occupazione in Francia le richieste di diretti interventi da parte delle Autorità tedesche non sono state accolte.

In relazione a quanto precede è necessario quindi che con il dovuto tatto ma con fermezza venga fatto intendere che l'intervento della Polizia tedesca non ci è gradito. Essa pertanto dovrà sospendere ogni attività rientrando nella sua zona. Gli arresti eventualmente effettuati non possono essere mantenuti.

Per quanto concerne le richieste di estradizione da parte delle autorità tedesche di ebrei . stranieri, o di coloro egualmente ebrei la cui nazionalità è contestata, non per altra ragione che per questioni razziali, non è il caso per il momento di darvi corso.

Ci riserviamo altresì di fissare la data alla quale si dovrebbe considerare illegale l'entrata di detti israeliti nel territorio italiano. Evidentemente non

e affatto nostra intenzione di facilitare tale trasferimento. Ma per coloro il cui trasferimento è già stato compiuto facciamo riserva di ogni decisione».

Sarà opportuno che sulla linea di questa risposta Voi facciate presente all'Auswartiges Amt che urge che Polizia tedesca sospenda qualsiasi azione nei confronti degli ebrei nella zona occupata dalle nostre truppe, e che quindi gradiremo che nessuna decisione in tale materia possa essere presa se non concordemente con questo Ministero.

Nel telegramma 655 sono chiaramente indicate le ragioni per le quali non possiamo facilitare l'azione che le fi utorità tedesche intenderebbero iniziare nella zona di nostra occupazione.

Quanto precede è anche in relazione ai telegrammi indirizzati a codesta Ambasciata sulla stessa questione e part:colarmente a quello in data 12 corrente

n. 590 (1).

(l) T. 3121/588/1-2 R. del 16 maggio 1943, ore 14.

(l) T. 17418/655 P.R. del 27 maggio 1943, ore 10,30.

380

L'ADDETTO ALL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, PIERANTONI AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. PER CORRIERE 3522/018 R. [Sussak], to giugno 1943 (per. il 3).

Telegramma questo Ufficio n. 987/102 del 29 maggio u.s. (2).

Come prestabilito, avranno oggi inizio operazioni disarmo bande cetniche.

Comando II Armata si atterrà in proposito a seguenti direttive:

l) per territori annessi, questione è di stretta competenza autorità militari italiane e non può essere oggetto di interferenze da parte tedesca. Bande cetniche della Slovenia saranno pertanto per il momento mantenute ed impiegate nella lotta contro i partigiani ed in lavori di carattere militare.

2) Lo stesso dicasi per i territori occupati dal V Corpo d'Armata, ove peraltro i cetnici ammontano a poche centinaia di uomini. Il loro capo Mihic, che trovasi attualmente confinato ad Abbazia, è stato sostituito da certo Santoni, del quale vi è motivo di fidarsi maggiormente.

3) Nel Dinara, bande cetniche agli ordini del pope Djuic continuano svolgere attività antipartigiana. Isolati come sono e trovandosi tra truppe italiane e tedesche, non possono destare grandi preoccupazioni.

4) In Erzegovina, bande che si trovano entro zona occupata da nostre truppe verranno disarmate, ma da parte nostre autorità militari si provvederà per il momento ancora al loro vettovagliamento. Il loro capo, il noto voivoda Jevdevic, è stato oggi fatto venire in aereo ad Abbazia, ave verrà tenuto sotto stretta sorveglianza. Nostre autorità militari si disinteresseranno, come noto,

delle bande rimaste in Erzegovina, fuori della zona ancora occupata dalle nostre truppe.

In sostanza il Comando della II Armata continua nella linea di condotta prefissasi già da tempo per la liquidazione graduale dei cetnici, cercando di evitare reazioni spiacevoli sia dal punto di vista militare che da quello politico.

(l) -Si riferisce al T. 15608/590 P.R. del 12 maggio 1943, ore l, non pubblicato. (2) -Vedi D. 371.
381

IL VICE DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, A. ROSSI-LONGHI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

TELESPR. 13/12209/315. Roma, 1° giugno 1943.

Telegramma n. 646 in data 25 maggio u.s. di questo R. Ministero (l).

Per vostra conoscenza e per opportuna azione parallela si trasmette copia di un appunto inviato il 28 maggio u.s. a questa Ambasciata di Germania da questo Ministero circa la questione di cui in oggetto (2).

ALLEGATO

IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALL'AMBASCIATA DI GERMANIA A ROMA

APPUNTO. Rorna, 28 maggio 1943.

Con riferimento a quanto comunicato dall'Ambasciata germanica circa un'informazione pervenuta dal Ministero degli Affari Esteri tedesco secondo la quale sembrerebbe opportuno ritardare ancora a rendere pubblico l'atteggiamento delle Potenze dell'Asse verso le aspirazioni dei popoli arabi del Vicino Oriente all'indipendenza ed all'unità, si fa presente quanto segue:

Il R. Ministero degli Affari Esteri non aveva mancato di preoccuparsi per il fatto che un tale gesto avrebbe potuto essere sconsigliabile a poca distanza dai recenti avvenimenti in Tunisia. È perciò che si è fatto conoscere sia all'Ambasciata tedesca a Roma che al Governo tedesco, per il tramite della R. Ambasciata a Berlino, che si riteneva opportuno non addivenire ad una dichiarazione «ex novo » ma di prendere occasione per annunziare che fin dalla primavera del 1942 i Governi dell'Asse hanno dato assicurazioni -il cui testo, nella parte essenziale, potrebbe essere riprodotto -al Gran Mufti di Palestina ed al Primo Ministro d'Iraq circa l'avvenire dei Paesi arabi del Vicino Oriente.

Il far risalire l'assunzione di tali impegni alla primavera del 1942 -data alla quale furono effettivamente presi -oltre dimostrare che i Governi dell'Asse avevano riconosciuto le aspirazioni di detti Paesi in un momento nel quale le operazioni militari si svolgevano favorevolmente in Egitto e in Russia, rafforzerebbe anche la posizione morale del Gran Mufti e del Primo Ministro Gailani, venendosi a dimostrare che essi ave

vano sposato la causa dell'Asse e si erano prestati a fare per esso propaganda solo dopo che avevano ricevuto in loro mani impegni segreti circa i Paesi delle cui aspirazioni si sono fatti portavoce.

La propaganda rimane oggi la sola arma a nostra disposizione per mantenere accesa la resistenza morale dei popoli arabi contro la manomissione anglo-americana.

I nostri nemici, nell'intento di fiaccare tale resistenza e di procurarsi volontari sia per il servizio militare che per il lavoro, non hanno mancato in varie occasioni anche recenti, di dare assicurazioni e lusinghe agli arabi del Vicino Oriente circa la loro futura indipendenza. Gli inglesi anzi, anche per controbilanciare la politica filo-ebraica degli Stati Uniti, hanno incoraggiato ed incoraggiano un movimento panarabo sotto l'egida dell'Egitto.

Il prolungaxsi del silenzio dell'Asse -che ha dichiarato finora soltanto le sue intenzioni circa l'indipendenza dell'Egitto ed il cui ultimo documento ufficiale circa i Paesi arabi è costituito dalla dichiarazione radio italo-tedesca del dicembre 1940, volutamente vaga e generica -priva la nostra propaganda e le parole dei capi arabi che risiedono in Europa dell'argomento più efficace, anzi del solo argomento che potrebbe renderla veramente efficace.

Poiché anche le preoccupazioni in passato affiorate circa probabili sfavorevoli reazioni della Turchia e della Francia non sembrano avere più ragione oggi di sussistere, dopo le dichiarazioni anche ufficiali fatte sullo stesso argomento dai nostri nemici, il Governo italiano, per i motivi sopraesposti, ritiene che sarebbe pregiudizievole per le Potenze dell'Asse, in vista delle manovre in corso del nemico, di ritardare oltre una dichiarazione relativa agli impegni assunti dalle Potenze dell'Asse nella primavera del 1942.

Comunque, qualora il Governo tedesco non ritenesse opportuno di procedere da parte nostra alla progettata pubblicazione, si potrebbe interessare il Gran Mufti ed il Primo Ministro Gailani a dare essi stessi pubblicità al contenuto delle nostre lettere, evitando così una nuova attuale iniziativa da parte nostra.

(1) -Vedi D. 358. (2) -Per la risposta da Berlino, vedi D. 393.
382

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 1° giugno 1943.

A chiarimento dell'unita nota verbale inviata il 22 maggio u.s. il Sostituto Segretario di Stato ha tenuto a far conoscere oggi le ulteriori ragioni che dovrebbero indurre il R. Governo a prendere nella più seria considerazione le raccomandazioni della nota stessa con la quale si torna a far presente la necessità, da parte italiana, di aderire integralmente ai noti accordi per evitare l'eventuale bombardamento di Roma.

La Santa Sede ha infatti la sensazione che si profili di nuovo minacciosa l'intenzione anglo-americana di bombardare la Capitale nel quadro di un acceleramento di tempi nell'offesa contro l'Italia.

<<Da tutti i nostri contatti» -ha detto Monsignor Tardini -«ci convinciamo sempre di più che dobbiamo trattare con gente che ha l'intenzione di colpire nella Capitale, il cuore dell'Italia». «Se si può ancora sperare che venga risparmiato il centro della città non si è più in grado di essere sicuri

per la periferia dell'Urbe, data la probabile intenzione di paralizzare in tutti i modi possibili la vita cittadina>>.

Il Sostituto Segretario di Stato non ha al riguardo escluso la possibilità che si possa mirare all'affamamento della popolazione di Roma con l'attuazione di un martellamento delle linee di comunicazione.

Monsignor Tardini ha concluso che la Santa Sede continua e continuerà nella sua azione -resa sempre più difficile dalla pervicace intenzione nemica di colpire subito e duramente l'Italia per metterla di fatto, se non di diritto, fuori della guerra -diretta ad ottenere che venga risparmiata Roma ed a tale fine ha bisogno di poter dimostrare che l'Urbe non è il centro propulsivo dell'azione bellica italiana.

Al riguardo ha segnalato come anche notizie del genere di quella data oggi dalla stampa italiana sullo spostamento al centro "di Roma del Segretario del Partito avrebbero dovuto, per ragioni di opportunità, essere passate sotto silenzio.

Nel tornare agli «obiettivi militari» di Roma il Sostituto Segretario di Stato ha giudicato inoltre probabile un bombardamento degli aeroporti romani in relazione anche all'intensificato traffico aereo itala-germanico ed all'espansione dei campi, che non possono a lungo sfuggire al nemtco.

ALLEGATO

LA SEGRETERIA DI STATO DI SUA SANTITA' ALL'AMBASCIATA D'ITALIA PRESSO LA SANTA SEDE

NOTA VERBALE 3083/43. Dal Vaticano, 22 maggio 1943.

La Segreteria di Stato di Sua Santità, riferendosi alle comunicazioni dell'Eccellentissima R. Ambasciata d'Italia in data 20 e 21 dicembre 1942 (1), non dubita che il R. Governo Italiano -animato com'è dal medesimo desiderio della Santa Sede di risparmiare alla Città Eterna le conseguenze di un bombardamento aereo, che per Roma sarebbero di incalcolabile danno -avrà oramai in gran parte effettuati quei provvedimenti, già in corso di attuazione, i quali permettano di affermare -senza tema di smentita -che di fatto in Roma e negli immediati suoi dintorni non vi sono obbiettivi militari di rilievo.

Siccome, però, il pericolo di un bombardamento aereo dell'Alma Città non solo sussiste, ma in questi ultimi tempi può dirsi aumentato, la Segreteria di Stato ritiene suo dovere di nuovamente richiamare d'urgenza la benevola attenzione della R. Ambasciata sul contenuto delle sue Note n. 8812/42 (2) e 1219/43 (3), in data, rispettivamente, del 20 dicembre 1942 e del 28 febbraio u. s., confidando, nello stesso tempo, che la medesima R. Ambasciata quanto prima sarà in grado di fornire alla Santa Sede formali assicurazioni sia circa l'avvenuto trasferimento dei Comandi militari italiani e tedeschi, sia circa l'effettiva rimozione da Roma e immediati dintorni di tutti gli obbiettivi militari di qualche entità.

(l) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 426, allegato II e D. 431. (2) -Vedi serle nona, vol. IX, D. 425, allegato I (3) -Vedi D. 63.
383

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, SPALAZZI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 1101/516. Belgrado, 1° giugno 1943 (per. Z'11).

Con la caratteristica facilità offerta dai servizi di informazione clandestini qui funzionanti mediante i più vari e rapidi sistemi di propagazione, si è diffusa nei giorni scorsi la notizia dell'arrivo -presso il cosiddetto «Quartier Generale » di Draza Mihajlovic -del Comandante Knezevitch, atterrato con un velivolo inglese oppure calatosi con un paracadute.

Negli ambienti ufficiali germanici la notizia non è stata smentita; e mi è stato fatto intendere che al riguardo si avevano particolari informativi concreti. Del Knezevitch, già Capitano della Guardia Reale, si ricorda la parte attiva che ebbe nel colpo di Stato del 27 marzo 1941. La compagnia che egli comandava fu la prima a schierarsi per Simovic e riuscì rapidamente a guadagnare alla sommossa gli altri reparti della Guardia, i quali sul principio non avevano dato adesione.

È naturale la supposizione che il Knezevitch -il quale, per quanto si conosce, aveva a Londra funzioni di un certo rilievo presso il Governo fuggiasco, e sembra fosse aiutante di Re Pietro -sia giunto latore di importanti istruzioni per Draza Mihajlovic. Non sembra infondata l'ipotesi di direttive volte a risolvere la nota crisi verificatasi nei rapporti fra il movimento nazionalista mihajloviciano e l'attività delle bande comuniste di cui è a capo il nominato «Tito».

Senza dare immediato credito alle voci per cui il Knezevitch dovrebbe mettersi a lato di Mihajlovic con pari autorità, o addirittura sostituirsi a lui nel comando, pare meritevole di accoglimento la versione secondo la quale da Londra si cercherebbe ora di ottenere da parte del Mihajlovic, a mezzo di uno strumento di vigilanza postogli accanto, una linea d'azione più ligia agli ordini impartitigli, nel senso di un atteggiamento più conciliante nei confronti dei comunisti. Non da escludersi, quindi, nuovi tentativi di accordo per la realizzazione più o meno concreta di quel fronte unico contro l'occupatore, cui Mihajlovic finora si era mostrato irriducibilmente contrario.

Alla recente manovra moscovita tendente, sotto la maschera dello scioglimento del Komintern, a dare una diversa e meno paurosa parvenza alle agitazioni di carattere bolscevico nelle ex regioni jugoslave, potrebbe fare riscontro un'iniziativa partita da Londra ed ispirata dalla preoccupazione che il comunismo guadagni troppo terreno in queste contrade. Effettivamente nell'ultimo periodo il prestigio di Draza Mihajlovic aveva subito sensibili diminuzioni, data la tattica temporeggiatrice di «attesa del momento» da lui mantenuta, mentre i sistemi di Tito e dei suoi partigiani, fautori della ribellione senza indugio e spronanti alla lotta, trovavano ben più accessibile presa negli animi e raccoglievano ben più facilmente seguaci fra le masse della popolazione agricola.

Il Comando Germanico, ed anche i membri di questa Rappresentanza del Ministero degli Affari Esteri del Reich, ostentano un grande ottimismo di fronte alle forze dell'insurrezione, quali che siano le loro differenti etichette. Si tende a dare risalto ai successi delle operazioni repressive svolte nelle regioni dell'Erzegovina, del Montenegro e del Sangiaccato ed a presentare Draza Mihajlovic come oramai incalzato da tutti i lati e ridotto in condizioni precarie. I giornali di Belgrado in queste scorse settimane, seguendo la parola d'ordine della «Propaganda Abteilung », sono stati pieni di annunzi di operazioni vittoriose e di commenti in tono soddisfatto sui colpi inferti alle formazioni ribelli snidate, che in prevalenza sarebbero state composte di elementi mihajloviciani. I bollettini stampa di questa ~. Legazione ne hanno ampiamente riferito.

Resta però a mettere in chiaro la sostanziale portata di queste operazioni di rastrellamento, quando si consideri che nell'ingente numero di prigionieri figurano in realtà le migliaia di armati nazionalisti montenegrini che operavano ai nostri ordini, ed ai quali i comandanti di truppe tedesche -entrati in quei territori in seguito alla nostra richiesta di collaborazione -hanno voluto imporre la resa, con assoluto procedimento arbitrario, incuranti delle proteste delle nostre locali Autorità Militari, sotto l'imputazione di legami col movimento di Draza Mihajlovic.

Sono stati tipici, e per noi da deplorarsi, i casi dei due nostri elementi ausiliari nel Montenegro -Pavel Djuridchich e Popovic -catturati con tutti i loro cetnici e mostrati poi sotto la veste di ribelli di cui si era potuto aver ragione. Sembra che essi siano stati trasferiti in Germania. I loro uomini, sommariamente definiti « seguaci di Draza Mihajlovic (D.M. leuten) » si trovano concentrati a Zemun in numero di oltre 2500. Fra essi si sta effettuando l'inoltro ai campi di prigionieri di guerra di tutti gli ex militari dell'esercito jugoslavo; gli altri verranno destinati ai campi di lavoro obbligatorio. Assai vivaci sono stati gli echi ed i fermenti derivatine fra i gruppi di montenegrini residenti qui in Belgrado. Non è mancato, per tali fatti, anche un intervento di questa R. Legazione presso il Plenipotenziario del Ministero degli Affari Esteri germanico. Mi è stato risposto allegando superiori esigenze di criteri operativi, e sostenendo che la questione doveva essere regolata fra organi militari competenti.

Frattanto, mentre perdura in questo Paese l'atmosfera di sorda tensione di animi -inasprita dalle difficoltà del sostentamento quotidiano, fra la rarefazione dei generi alimentari ed il rincaro del costo della vita il cui movimento ascendente non ha freni -mentre si moltiplicano le misure repressive contro gli ascoltatori delle trasmissioni radio nemiche (e questi organi direttivi germanici rimangono tuttora dell'avviso che, anziché imporre il ritiro degli apparecchi radio privati, come è stato fatto in altri territori occupati, convenga intensificare la reazione di propaganda attraverso la radio ufficiale) vi è da registrare il recente episodio di politica interna costituito dalle dimissioni di Jakov Ljotic da direttore del dipartimento politico alla Presidenza del Consiglio dei ministri serbo.

Già apparentemente al servizio diplomatico jugoslavo, il Ljotic rappresentava presso il gen. Nedic il tramite di collegamento con il partito nazionalista « ZBOR » a tinta integrale nazisteggiante, capeggiato da suo fratello Dimitrije I.jotic. È ancora di poco tempo addietro la crisi del Gabinetto Nedic provo

cata -oltre a varie ragioni di contrasto con le Autorità di occupazione -al tresi dalle critiche mosse da Dimìtrìje Ljotìc che taccìava il Governo di insufficiente energia e chiarezza dì attitudine dinanzi alle forze disgregatrici del Paese. E la crisi si era risolta con un rimpasto che aveva portato, fra l'altro, alla sostituzione del Ministro dell'Interno Acìmovic, una delle principali figure su cui per l'appunto convergevano le accuse.

Dopo il defenestramento, Acìmovìc ha voluto esercitare la sua vendetta con una campagna incessante di attacchi e di intrighi, tollerata e talvolta incoraggiata dalle Autorità tedesche in base all'antico criterio, troppo semplicisticamente attuato, del «dividere per dominare». Ciò ha finito col rendere insostenibile la situazione di Jakov Ljotic e l'ha indotto a ritirarsi dall'attività politica, -dove portava un innegabile rettitudine di propositi -imitando l'atteggiamento di secessione in cui da molti mesi si è rinchiuso suo fratello. Con la sua uscita, il gen. Nedic perde indubbiamente un valido cooperatore.

Si delineano pure imminenti le dimissioni di Giorgio Ferie, capo del dlpartimento propaganda alla Presidenza del Consiglio. Egli si considera esautorato in seguito alla recente nomina, come sottosegretario alla Presidenza, di Zvetko Gjorgijevic suo antico e sistematico avversario, che ora dovrebbe controllare la sua attività.

Sono piccoli avvenimenti a carattere personale, ma che hanno valore in quanto palesano, come sintomi significativi, il travaglio intimo in cui si dibatte il Governo di Nedic, e le difficoltà sempre aggravantisi sulla sua opera di collaborazione con l'occupatore, dalla quale, scoraggiati, cercano di allontanarsi con vari motivi coloro che dovrebbero essere i fautori più attivi.

384

L'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. P. 4277. Madrid, 1° giugno 1943 (per. il 3).

Credo ti interesserà il contenuto di un volantino diffuso in Ungua spagnola da questa Ambasciata inglese sotto il titolo «Chiacchiere italiane per bambini>>. In detto volantino si dice che dopo la loro recente intervista a Berchtesgaden, Hitler e Mussolini annunciarono, non per la prima volta, « la loro completa identità di criteri. Però appare oscuro quello che si voleva dire con questa frase poiché da quando ebbe luogo l'incontro, la Germania continua a ripetere le sue antiche bravate sulle vittorie future mentre l'Italia sta effettuando disperati sondaggi di pace in tutte le direzioni. Forse la vera soluzione è che siccome né la Germania né l'Italia confidano nella vittoria né in una probabile pace, comprendono che i loro criteri sono, in effetti, identici.

Però ciò che è veramente straordinario di tutto questo affare è il carattere dei sondaggi, delle manovre, o di come si vogliano chiamare, degli italiani. Il Signor Bastianini, sottosegretario agli Affari Esteri, ha ripetuto il tentativo attenendone molta pubblicità (1). Forse per la loro stravaganza, le sue dichia

razioni la meritano. Perché é sicuramente la prima volta nella storia che su un problema mondiale un Governo si diri2:e soltanto ai bambini che ancora non abbiano l'uso della ragione; poiché questi bambini costituiscono gli unici ascoltatori possibili delle elocubrazioni del signor Bastianini. Quello che suggerisce nel suo discorso è che i fini dei paesi dell'Asse, cristallizzati nella riunione di Berchtesgaden sono tanto ragionevoli. ta,nto coerenti e tanto vicini ai fini alleati che, realmente, non c'è motivo per continuare la lotta. Ha compilato questa versione dei fini della guerra dell'Asse, plagiando, come uno scolaro, alcuni punti della Carta dell'Atlantico e di altre manifestazioni alleate, dichiarando, poi, che questi punti sono stati sempre il programma di Hitler e di Mussolini. I principi fondamentali dell'Asse -ha osato affermare il signor Bastianini son sempre stati "i piccoli Stati non devono essere oppressi dalle grandi Potenze", "la loro individualità nazionale non deve essere ristretta o soppressa". .. La politica itala-tedesca -annunciò -non ha mai proposto l'asservimento

o la oppressione di altri popoli europei ... "L'Italia -gridò -è stata sempre la prima ad alzare la sua voce in Europa contro un regime coercitivo". A che grado d'intelligenza o a che genere di memoria, che non siano quelle del bavagliolino o della carrozzella da bebè, era diretta questa ciarla? Tenendo in conto che nel momento attuale la metà dell'Europa è schiacciata dall'Asse, è burlarsi della gente dire che un piede sulla gola non ha mai significato restringere la personalità nazionale. Questa settimana. in uno dei giornali di Madrid nella colonna seguente a quella che conteneva il discorso di Bastianini sulla " non coercizione ", vi era una notizia da Parigi sulla requisizione di 300 mila francesi destinati a lavorare in Germania.

Per quello, poi, che riguarda il fatto che l'Italia alza la sua voce contro ogni regime coercitivo, sarebbe meglio che il signor Bastianini lo dicesse ai greci. Come esempio unico, tra i tanti, in giugno del 1941 -parecchio tempo prima che cadesse la Tunisia e che la Sicilia e la Sardegna tremassero sotto il tuono del castigo -la voce ufficiale d'Italia avvertiva: "La Grecia deve ricordare che solo ha obblighi e nessun diritto. Il suo dovere è di restare in silenzio".

Gli anni 1940, 41 e 42 si distaccarono per le riunioni al Brennero, ognuna delle quali più teatrale di un "ballet ", che terminavano in completa identità di criteri con l'Asse. Erano quelli i giorni in cui si diceva ai polacchi: "È finito il tempo in cui i piccoli Stati possono trattare alla pari con i più forti "; " è necessario, per i tedeschi, pensare non solo come Stato nazionale. ma come Impero del mondo. La posizione dei polacchi o dei negri delle colonie, deve essere considerata in base alla legge della criminologia, dal punto di vista della supremazia del popolo tedesco ".

Quelli erano i giorni in cui non vi erano le legioni della R.A.F. nei cieli, quando si diceva ai norvegesi che il loro " standard " di vita era superiore del 20 % a quello dei paesi dell'Asse e che questa era "una situazione che non si poteva tollerare ". Quelli erano i giorni in cui si diceva ai francesi che un Capo miiitare tedesco aveva stabilito il suo Quartier Generale nell'Hotel Majestic di Parigi e che il suo dipartimento "vigilava e dirigeva tutta l'economia francese ed era il responsabile del suo funzionamento futuro e della sua cooperazione a favore degli interessi del Reich ". A tutta l'Europa si diceva che "le economie europee dovevano essere dirette all'unico fine di facilitare al più grande Reich tedesco la maggiore sicurezza economica possibile, e al popolo tedesco il maggior consumo di tutti quegli elementi che potevano favorire il suo confort ". Noi stessi fummo informati che "l'Inghilterra doveva essere distrutta e doveva ritornare ad essere l'isola verde sconosciuta che fu nei secoli passati".

Tale era la voce dell'Asse: quella dei Funk, dei Frank e dei Ley i quali erano immediatamente imitati dai Ciano e dai Farinacci e rafforzati dalla stampa di Berlino e di Roma. Tutto ciò è stato registrato da noi; e se il Signor Bastianini pretende ora affermare che l'Asse mai parlò in altro modo questo diplomatico non è soltanto bugiardo ma anche stupido.

In quanto ai sondaggi di pace, dovrebbe sapere, come italiano, che prima dell'assoluzione ha luogo la confessione dei peccati mortali. La posizione è quella in ginocchio, e si deve dire tutta la verità».

La forte reazione al tuo discorso dimostra quanto esso abbia colpito nel segno.

(l) Si riferisce al discorso pronunciato in Senato da Bastlanlnl il 19 maggio 1943.

385

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI

T. 18187/243 P. R. Roma, 2 giugno 1943, ore 24.

Vostro telegramma n. 0331 (1).

Abbiamo preso atto con viva soddisfazione dello spirito di amichevole collaborazione che anima Governo bulgaro nei suoi rapporti con Budapest e Bucarest. Non possiamo infatti che auspicare il migliore ac,cordo fra gli alleati in ogni settore e particolarmente in quello balcanico, tanto sensibile e delicato, al quale l'Italia porta particolare interesse convinta della necessità che i rapporti reciproci divengano sempre più intimi ed amichevoli nel comune interesse. Prego di voler trovare occasione di esprimervi in questo senso con codesto Presidente del Consiglio.

Vorrete inoltre tenerci al corrente dello sviluppo dell'azione politica bulgara che da parte nostra quando fosse utile non mancheremo di facilitare nel modo migliore (2).

386

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AI MINISTRI A BUCAREST, BOVA SCOPPA, A BUDAPEST, ANFUSO, E AL MINISTRO ROGERI DI VILLANOVA, A VIENNA

T. 18188/c. P. R. Roma, 2 giugno 1943, ore 24.

R. Ambasciata in Berlino ha riferito in data 1° corrente (3) quanto segue:

«l) Questo Incaricato d'Affari di Romania ha rimesso ieri all'Auswartiges

Amt ben tre note denunzianti ripetute persecuzioni ungheresi in Transilvania; ed ha rilevato verbalmente come, in conseguenza dell'atteggiamento del Governo e delle Autorità periferiche magiare, i rapporti ungaro-rumeni, anziché migliorare, vadano peggiorando. La prima nota elenca in particolare numerosi casi di deportazione, che sarebbero avvenuti in contrasto con le assicurazioni già fornite da,J Governo ungherese, e minaccia rappresaglie. La seconda enumera confische, bastonature, arresti, ed altre persecuzioni. La terza lamenta soprattutto discriminazioni cui gli oriundi romeni sarebbero sottoposti in materia di esoneri militari. Da parte germanica sarebbe stato fatto intendere all'incaricato d'affari di Romania che, secondo quanto qui constava, neanche tutte le autorità rumene osservavano un contegno "angelico" nei riguardi delle minoranze ungheresi.

2) Ministro di Germania a Budapest ha intanto qui preannunziato invio lunga nota rimessagli da quel Segretario Generale Ministero Affari Esteri e costituente risposta Governo magiaro a raccomandazione minoranze. A quanto mi risulta, Auswartiges Amt informerà suoi rappresentanti a Budapest e Bucarest per l'opportuno seguito da concordare con i locali rappresentanti italiani del passo romeno di cui al punto l) che esso presume sia stato contemporaneamente effettuato anche a Roma; ne informerà altresì la Commissione Mista di Vienna e la dipendente Commissione Militare; si proporrebbe infine, una volta esaminato anche il rapporto ungherese di cui al punto 2), di considerare la convenienza di sopralluoghi delle commissioni stesse in Transilvania ».

Mentre questa Legazione di Romania non ha finora qui trasmesso note denunzianti persecuzioni ungheresi in Transilvania, R. Ministro in Budapest ha testé trasmesso nota ungherese relativa a rapporto Rogeri-Hencke che ci riserviamo esaminare.

Telegrafato Bucarest Budapest Rogeri.

(l) -Vedi D. 366. (2) -Per la risposta vedi D. 414. (3) -Con T. 3483/929 R. del 1° giugno 1943, per. ore 17,30.
387

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI

T. S.N.D. 18282/302 P.R. Roma, 3 giugno 1943, ore 23.

Vostro telegramma 077 (1).

Pregavi telegrafare urgentemente se abbiate comunicato a Lavai nostro punto di vista circa «Marina simbolica» nel senso indicatovi con il telegramma ministeriale n. 286 (2) e se egli si sia finalmente deciso a prestare! collaborazione richiestagli (3).

(l) -Vedi D. 376. (2) -Vedi D. 362. (3) -Per la risposta di Buti, vedi D. 398.
388

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3540/342 R. Roma, 3 giugno 1943 (per. stesso giorno).

Il Consigliere di questa Ambasciata di Germania presso la Santa Sede, nel corso di una conversazione confidenziale, ha confermato la costernazione

• causata negli ambienti cattolici tedeschi dalla trasmissione della radio di Parigi del 23 maggio u.s. nella quale il propagandista nazionalsocialista Dr. Friedrich ha asserito che Pio XII doveva essere considerato come uno dei maggiori responsabili della guerra per il suo atteggiamento antinazista assunto sin dall'ascesa di Hitler al potere.

Tale trasmissione (di cui radio-Parigi ha successivamente negato al Friedrich la paternità) è stata, come è noto, rilevata dalla propaganda inglese ed ha suscitato una misurata ma ferma reazione della Radio Vaticana (Bollettino radiofonico n. 144 e bollettino radiotelegrafico n. 149 del Micup in data del 24 e del 29 maggio u.s.).

La Santa Sede si preoccupa infatti che non si diffonda nel mondo tedesco la diceria della «germanofobia» del Papa fatta circolare a cura di alcuno ambienti estremisti nazionalsocialisti. Tale preoccupazione può avere indotto la Radio Vaticana a dare pubblicità (all'indomani della fredda messa a punto opposta al Dr. Friedrich) alla lettera indirizzata dal Pontefice nell'ottobre scorso all'Episcopato tedesco in occasione della riunione di Fulda nella quale il Papa, dopo aver elogiato l'atteggiamento dei cattolici tedeschi nella lotta contro gli avversari della loro fede, ha ricordato di amare particolarmente la Germania dove ha trascorso la metà della sua vita di Vescovo «così da essere in condizione di ben conoscere la Germania e di apprezzare le grandi doti del suo popolo » (l).

389

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

f. R. PER CORRIERE 3632/0345 R. Sofia, 3 giugno 1943 (per. il 7).

Mio telegramma per corriere n. 0343 (2).

Le mie prime impressioni circa la perplessità del Governo di Sofia dinanzi

al discorso pronunciato domenica scorsa dal Presidente del Consiglio di Un

gheria, de Kallay, hanno trovato piena conferma in una conversazione avuta

oggi con questo Presidente del Consiglio, Filoff.

37 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

!n essa, infatti, ho potuto constatare co!ne le dichiarazioni di Kallay siano state qui considerate, dagli ambienti di Governo, quali capaci di dare l'impressione, negli attuali delicati momenti, di una presa di posizione magiara alquanto personale e distinta e non si sa fino a che punto gradita a Berlino. A ciò si aggiunge che quanto egli ha detto nei confronti della questione ebraica è venuto, come ho precedentemente accennato, alquanto sui piedi del Governo bulgaro in questo momento intento a deportare nella provincia la collettività israelita della città di Sofia.

l

Il Signor Filoff inoltre ha messo in certo modo in rapporto, anche se indi.l.... retto, il discorso di de Kallay con quello pronunciato, a quanto sembra, una decina di giorni fa, alla radio, dal figlio del Reggente Horthy e diretto agli ungheresi residenti in Brasile. In esso il giovane Horthy avrebbe affermato che talvolta i Governi sono obbligati a seguire la politica della necessità e del momento anziché quella del cuore ed avrebbe invitato quegli ungheresi ad avere fiducia e speranza in tempi migliori.

Confermo che i principali quotidiani di Sofia hanno ignorato il discorso di de Kallay il cui testo però è qui. circolato, in numerosissimi ambienti.

(l) Vedi Actes et documents du Saint Siège relatifs d la seconde guerre mondiale, vol. II, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1966, D. 93.

(2) Con T. per corriere 3557/0343 R. del 10 giugno 1943, non pubblicato, Magistrati aveva riferito le prime impressioni del governo bulgaro sul discorso del Presidente del Consiglio ungherese, Kallay.

390

L'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. N. D. UU. 3579/463 R. Buenos Aires, 4 giugno 1943, ore 14,37 (per. ore 22,30).

Stamane avuto luogo improvvisa sollevazione guarnigione capitale. Presidente della Repubblica con altri membri del Governo lasciata città imbarcandosi nave da guerra. Marina sarebbegli rimasta fedele. Ignorasi atteggiamento guarnigioni province. Costituitasi Buenos Aires giunta militare composta Generale Ramirez (Ministro della Guerra) Giovanelli e Arann (1).

391

L'ADDETTO ALL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, PIERANTONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 3586/937/107 R. Sussak, 4 giugno 1943, ore 23 (per. ore 6,30 del 5).

Mio 905/104 (2).

Nell'incontro di Salonicco gen. Loehr ha convenuto circa disarmo cetnici quasi integralmente su direttive adottate d'urgenza Comando 2a Armata e da me già riferite con telegramma per corriere n. 018 del 1° corr. (3).

In particolare è stato concordato:

1° -per territori annessi, questioni restano insindacabilmente esclusiva competenza autorità militari italiane;

2° -per quanto riguarda la Lika, si è mostrato insistentemente incredulo su fedeltà bande armate agli ordini del Santoni. Genericamente Loehr ha detto di non poter aderire a richiesta di soprassedere a loro disarmo senza aver prima interpellato in proposito O.K.W.;

3° -disarmo graduale bande Pope Djuic ne'l Dembra è stato convenuto venga effettuato da noi entro due mesi, salvo sbarco anglosassone sulle coste della Dalmazia, nel qual caso esse dovranno naturalmente essere disarmate immediatamente; restano confermate note direttive per disarmo cetnici in Erzegovina ed in Montenegro compresa distinzione per questo ultimo territorio, tra seguaci di Draza Mihajlovic, che saranno senz'altro combattuti, e bande nazionaliste, che saranno invece almeno per ora mantenute ed utilizzate.

(l) -Vedi D. 396. (2) -T. s.n.d. 3486/905/104 R. del 10 giugno 1943, ore 12,30, non pubblicato, con cui si Informava dell'Invito rivolto al generale Pirzio Biroli di incontrarsi con il generale Lohr. (3) -Vedi D. 380.
392

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3571/343 R. Roma, 4 giugno 1943 (per. stesso giorno).

Le impressioni raccolte negli ambienti della Segreteria di Stato sulla allocuzione del Papa di ieri l'altro, concordano nel giudicare la parola pontificia come dettata soprattutto dalla necessità per la Santa Sede di rompere il silenzio in un momento in cui da tanta parte del mondo cattolico s'invoca dalla Chiesa di Roma un'azione diretta a lenire le sofferenze della guerra e a facilitar,e un ritorno della pace nel mondo.

Si ritiene infatti in Vaticano che il contrasto tra il clamore delle invocazioni per un tale intervento ed il silenzio della Santa Sede avrebbe servito solo ad accreditare l'accusa (diffusa non soltanto dai nemici della Chiesa cattolica) della carenza della Chiesa di Roma nell'attuale grave momento della storia dell'umanità.

In altri termini Pio XII avrebbe creduto di dover parlare, anche se solo per presentare un bilancio negativo della sua azione umanitaria, al fine di dissipare l'impressione, che si è andata diffondendo negli ambienti cattolici, di passività politica della Santa Sede.

È innegabile infatti la preoccupazione del Vaticano di presentarsi al giudizio politico di oggi come a quello storico di domani con le «carte in regola » per quanto concerne l'assolvimento dei propri compiti umanitari e al tempo stesso quella di non ripetere l'errore commesso sotto il pontificato di Benedetto XV di un intervento politico destinato al fallimento per la sua intempestività.

Il Pontefice si è pertanto limitato a toccare nel discorso al Sacro Collegio due punti particolarmente delicati: quello del trattamento delle popolazioni dei paesi occupati e quello della guerra aerea quasi a distribuire equamente oneri e responsabilità ai due gruppi belligeranti e sottolineare così quell'universalità e imparzialità dell'azione della Santa Sede che Egii aveva posto a premessa del suo dire.

Con l'accenno alle popolazioni occupate Pio XII si è rivolto chiaramente all'Asse, ma nominando dei tre paesi cattolici in regime di occupazione soltanto la Polonia. Egli ha voluto evidentemente scegliere un paese che, dopo le rivelazioni dell'eccidio di Katyn, non può dirsi se abbia più sofferto della durezza dell'occupazione germanica che della nefandezza di quella dell'U.R.S.S.

Con il richiamo ai principi di umanità nella guerra aerea il Pontefice si è rivolto implicitamente agli anglo-americani per neutralizzare la propaganda di morfinizzazione, attualmente in atto, dei sentimenti umanitari del mondo anglo-sassone e non è improbabile che egli abbia voluto rimettere in linea la stampa cattolica inglese che cominciava ad aderire all'assoluzione concessa dalla Chiesa anglicana all'uso indiscriminato dell'arma aerea.

Questa R. Ambasciata non aveva mancato infatti di segnalare alla Santa Sede !',equivoco atteggiamento usato al riguardo da organi cattolici inglesi quali il Tablet e il Catholic Herald.

393

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 6990/0135 P.R. Berlino, 4 giugno 1943 (per. il 6).

Telespresso di codesto Ministero n. 13/12209/315 del 1° corrente (1).

Auswartiges Amt attende conoscere pensiero Ministro von Ribbentrop, tuttora al Quartiere Generale, circa elementi da esso a lui forniti in relazione alla proposta italiana.

A quanto mi risulta, Auswiirtiges Amt propenderebbe piuttosto per una dichiarazione delle Potenze dell'Asse che non per una pubblicazione, da parte del Gran Mufti di Gerusalemme e del Primo Ministro Gailani, delle lettere loro dirette nella primavera del 1942: e ciò perché, a norma del Patto di amicizia turco-germanico, allora e ancora in vigore, il Governo di Berlino sarebbe stato tenuto ad informare quello di Ankara del contenuto delle lettere stesse.

Auswartiges Amt penserebbe di concordare con codesto Ministero i termini nei quali -in una eventuale dichiarazione delle Potenze dell'Asse -potrehbe

(l} Vedi D. 381.

essere fatto «opportuno riferimento» alle lettere medesime, oltreché ai differenti punti di comune interesse. Esso fa comunque riserva delle decisioni superiori, che ho pregato di sollecitare.

394

IL MINISTRO ROGERI DI VILLANOVA AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 17039/34/23 P.R. Vienna, 5 giugno 1943 (per. il 7 ).

Telegramma di V. E. n. 18188/C. del 3 corrente (1).

Lagnanze contenute nelle note romene ad Auswartiges Amt sono note già da qualche tempo a questa Commissione Ufficiali Itala-Tedeschi in Transilvania, che stanno tuttora investigando vari casi del genere di quelli addotti nelle note in questione, e che verranno 8 corrente Vienna conferire con Incaricati Speciali circa attuale situazione Transilvania.

Passo romeno segnalato da Berlino sembra ad ogni modo voler significare fine tregua ungaro-romena in questo campo, iniziatasi durante viaggio inchiesta Incaricati Speciali in Transilvania, ed indicare che recenti pretese buone disposizioni giungere ad un accomodamento a mezzo trattative dirette non rispondessero (come era da dubitare) che a calcoli di effimera congiuntura. Si annuncerebbe così ripresa del solito metodo di sfruttamento diplomatico sia da parte romena che ungherese di lagnanze circa trattamento dei rispettivi minoritari, indipendentemente o addirittura prima che Commissioni italatedesche abbiano avuto possibilità o modo di controllarne fondamento reale. Tale riprovevole sistema cessò effettivamente solo durante periodo in cui Incaricati Speciali si trovarono in costante contemporaneo contatto diretto con Autorità competenti e responsabili Budapest e Bucarest, riuscendo allora malagevole di carpire buona fede di chi aveva possibilità di. controllare sul posto, comparare e riscontrare immediatamente denuncie di ambe le parti.

Ciò mi induce a prospettare a v. E. remissivo parere circa opportunità che Commissione Incaricati Speciali non abbia a ritardare più oltre inizio sua azione diretta presso Autorità ungheresi e romene, per la quale è stata costituita in permanenza come organo comune delle due Potenze Garanti, allo scopo sia di far cessare tempestivamente sistematica ripresa di procedimenti intesi nel passato a stabilire di fronte al R. Governo ed al Governo Tedesco ragioni o pretesti arbitrari delle due parti in contesa per interminabili serie di ritorsioni e rappresaglie, che di prevenire pericolose crisi, ponendo almeno un certo freno alla pratica attuazione del notorio proposito di entrambe le parti di non rispettare gli impegni assunti col Lodo Arbitrale.

A facilitare azione Incaricati Speciali in tale senso sarebbe inoltre opportuno venisse senz'altro revocata sospensiva delle note raccomandazioni italatedesche fatta all'atto loro presentazione a Bucarest e Budapest.

(l) Vedi D. 386.

395

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI (l)

PROMEMORIA S. Roma, 5 giugno 1943.

In base alla richiesta fattami ieri da V. E. e nell'eventualità che la progettata visita del Signor Mihai Antonescu a Roma non abbia ad aver luogo, mi onoro riassumerVi qui di seguito quali sono il pensiero e l'opinione del Primo Ministro Romeno sulla situazione generale militare e politica del momento. Quanto riferisco è frutto d'una lunghissima serie di conversazioni nel corso delle quali il Signor Antonescu si è aperto con me, con la massima fiducia e la più completa franchezza.

Dato che molte delle confidenze dell'uomo di stato romeno sono state fatte sotto il segno della confessione amichevole e della personale riservatezza, sarei grato se ad esse venisse conservato il più assoluto segreto.

Il Signor Antonescu pensa dunque che la guerra [per] la Germania presupponeva, date le condizioni geopolitiche dell'Europa del 1939, il Blitzkrieg -la guerra folgorante -di cui lo Stato Maggiore tedesco sosteneva, a giusto titolo, la necessità assoluta come condizione esclusiva per la vittoria.

Mancata nelle sue premesse, la guerra si è trasformata dopo quattro anni di Blitzkrieg in una lunga lotta di resistenza e di logoramento.

Senza attenersi alle cifre della produzione di guerra anglo-americana, cifre che segue attentamente sui bollettini di intercettazione radio, e che anche se inflazionate dagli artifici della propaganda non possono che impressionare profondamente, il Signor Antonescu così riftssume la situazione militare generale:

1°) La Germania è ridotta, dopo aver vinto innumerevoli battaglie, a difendere la cittadella europea; situazione analoga, a parte le proporzioni della difesa, a quella del 1918.

2°) La Germania, avendo attaccato la Russia mentre doveva ancora battere l'Inghilterra, è impotente a distruggere l'esercito sovietico: la Gran Bretagna e l'America sono difese dal mare; la Russia dalla terra. A meno di una rivoluzione interna, che sembra da escludersi, la Russia allo stato attuale dei fatti, grazie ai rifornimenti americani, allo scaglionamento delle sue industrie, alle sue risorse materiali ed umane e grazie alla resistenza vittoriosa delle sue truppe, che ha tonificato il morale dell'esercito e del paese, è praticamente imbattibile. Le informazioni che si hanno a Bucarest su tale aspetto del problema sono concordi, ed a quanto gli risulta concordano anche interamente con quelle dì cui si dispone in Turchia e nello stesso Giappone.

3°) La Germania subisce una crisi profonda dovuta alla deficienza di riserve umane, alla crisi della produzione bellica sia per mancanza di alcune materie prime essenziali sia per errori di costruzioni aeronautiche, ed alle condizioni generali delle masse profondamente provate dai crescenti bombardamenti aerei.

4°) La supremazia aerea dei tedeschi è cessata su tutti i fronti. Non si può impunemente tenere un fronte di 10 mila chilometri dal Capo Nord a Salonicco -afferma Antonescu -senza rendere esigui i mezzi di difesa, né si può tenere a rispetto una massa di 90 milioni di uomini, quanti sono quelli dei paesi occupati, senza rendere filiformi i fronti di battaglia, com'è accaduto l'inverno scorso sul teatro dell'Est.

5°) La speranza tedesca di vincere la guerra attraverso la lotta sottomarina è smentita dai risultati della battaglia atlantica di questi ultimi mesi. Forse le nuove armi, di cui si vantano gli anglosassoni, hanno effettivamente un'influenza decisiva sugli aspetti di tale lotta.

6°) Con le industrie bombardate senza tregua, con le città colpite implacabilmente, con un fronte russo che non dà segni di prossima risoluzione e su cui i tedeschi subiscono attacchi in continuazione, con le popolazioni dei territori occupati in fermento e pronte alla ribellione, con delle opinioni pubbliche stanche e sfiducia te che hanno perso la fede nella vittoria, la «Festung Europa», non tutta d'accordo nei suoi propositi e nella sua concezione difensiva, offre -secondo Antonescu -un tentante spettacolo agli uomini di guerra anglo-americani.

7°) I risultati della campagna tunisina, dove la superiorità dei mezzi aerei e corazzati ha avuto carattere risolutivo, non gli lascia dubbi che gli Stati Maggiori nemici si considerano in misura di poter dettare la loro volontà attraverso una gigantesca concentrazione di mezzi e di uomini su determinati punti della costa europea. Anche se un primo ed un secondo tentativo di invasione della «Festung Europa» non dovesse riuscire, i successi dell'Asse sarebbero temporanei e comunque il nostro atteggiamento sarebbe sempre negativo e cioè di chi si difende ma non di chi vince e impone la pace. Tuttavia, siccome i nostri nemici solo ora hanno messo in carburazione il loro potenziale industriale e bellico, che è destinato ad aumentare ogni giorno di mole, egli pensa che essi non desisteranno dal loro proposito -positivo questo -di sbarcare in Europa per ..dettarci la pace.

Sì tratta -secondo lui -dì un calcolo matematico: la sublimazìone degli uomini e dello spirito -egli afferma -non può nulla contro la fredda progressiva potenza dell'acciaio. È una questione di tempo e il tempo è contro di noi. Il Giappone per suo conto conduce una guerra perfettamente egoistica ma è già in crisi per difetto crescente di macchine per la produzione industriale. È chiaro che se vi fosse la minima speranza che col guadagnar tempo la situazione potesse migliorare a nostro favore o se noi avessimo armi speciali o se un evento inatteso a noi propizio dovesse prodursi, allora il ragionamento esposto non avrebbe senso. Ma purtroppo -secondo Antonescu -la nostra situazione con il passare dei giorni è destinata inevitabilmente a peggiorare sia dal punto di vista materiale che morale. Militarmente quindi la guerra non gli pare più possibile possa essere vinta. .È l'ultima ora -egli afferma -per ritornare al metodo politico. È perciò l'ora del Duce, che potrebbe immortalarsi ancora una volta attraverso una «Monaco della guerra». Anche i frequenti contatti, che ha avuto e che ha con ambienti militari e diplomatici tedeschi in Romania, lo hanno convinto che questa idea è ormai largamente diffusa anche in Germania e nel seno stesso del partito nazista. Gli elementi delle S.S. -in alcuni paesi occupati -ritengono indispensabile ed urgente un cambiamento di tattica politica. Antonescu perciò ritiene che il Duce, prendendo l'iniziativa per un'accorta, prudentissima azione diplomatica, non solo salverebbe i paesi dell'Asse da una situazione drammatica, ma renderebbe un segnalato servizio alla stessa Germania.

Il 15 gennaio scorso mi permisi di presentare al Conte Ciano un promemoria (l) col quale riferivo che il Signor Mihai Antonescu, sentendo che la posizione delle Potenze dell'Asse e quella della Romania diventava sempre più precaria, proponeva che si coordinasse un'azione fra noi per «aprire gli occhi » alla Germania allucinata dalla guerra all'Est. Quel tentativo del Signor Antonescu non ebbe seguito, ma egli ritiene che le sue idee si ripongano nuovamente sul piano della realtà attuale, con un senso storico della necessità. Il Signor Antonescu si è fatta la convinzione che noi marciamo verso la disfatta per una serie di ragioni morali, militari, politiche e chiede di nuovo al Duce di coordinare un'azione diplomatica per uscire da questa situazione. Il Ftihrer si è opposto ad ogni tentativo che potesse dare ai nostri nemici l'impressione che noi abbiamo bisogno della pace. La realtà è però -secondo Antonescu questa: che se noi tardiamo a negoziare, se noi continuiamo nel progressivo indebolimento del nostro sistema militare e politico, noi non potremo ottenere che condizioni sempre più dure dai nostri nemici fino al giorno in cui la «resa senza condizioni» sarebbe purtroppo una necessità a cui dovremo sottometterei.

Il Primo Ministro romeno ritiene che noi possiamo non vincere la guerra, ma dovremmo tentare di vincere almeno la pace. Questo è solo possibile se noi non perdiamo un giorno di più.

Ungheria e Romania hanno dimostrato in varie maniere e con tormentata intensità nelle ultime settimane la convinzione che la situazione attuale è intenibile. Convincere la Germania è stato ed è al di sopra delle loro forze. Solo di concerto con l'Italia esse vedono la possibilità di trovare una soluzione nel quadro dell'Asse. Ed esse ritengono che sia solo nelle mani del Duce la possibilità di coordinare tale azione. Mi permetto aggiungere che codesto sarebbe il solo modo per evitare che questi due paesi al primo grave urto -che è purtroppo da prevedersi -abbiano da staccarsi e gravitare verso i nostri nemici. Anche sotto questo aspetto il Duce renderebbe un segnalato servizio alla Germania e salverebbe dal caos i Balcani e l'Est europeo.

Il Signor Mihai Antonescu mi ha ricordato proprio in questi giorni i suoi tentativi fatti già da un anno con il Signor Salazar e con la Turchia per trovare delle formule che potessero servire la causa di tutti, e mi ripeteva che in armonia con quella funzione di equilibrio che la storia e, si direbbe quasi, la natura hanno affidato all'Italia, debba venire dal Duce la formula d'una onorevole soluzione e che il Duce, armonizzando l'azione di un gruppo di Stati, possa essere l'interprete di tutti e avere funzioni di contrappeso e di equilibrio tra gli anglosassoni e la Germania e trovare in questa funzione i motivi

O) Vedi serie nona, vol. IX, D. 503.

stessi della salvezza. In fondo anche per gli anglosassoni si tratta di salvare la civiltà europea e di evitare che si allarghi in Europa •il caos che faciliterebbe l'espansione russa. Che gli inglesi siano particolarmente interessati ad una funzione mediterranea dell'Italia è notorio.

Stabilito che esistono dei punti di interesse comune sovratutto fra noi e gli inglesi i quali hanno sempre basato la loro politica sul principio dell'equilibrio continentale, si tratterebbe di identificare tali punti, di isolarli e puntare l'azione diplomatica su certe necessità storiche che valgono e sono essenziali per noi come per i nostri nemici.

È chiaro che se la risposta a qualsiasi sondaggio dovesse essere quella di resa senza condizioni, i popoli dell'Asse dovrebbero continuare la guerra fino all'ultimo uomo e all'ultima pietra. Ma Antonescu pensa che se una simile risposta sarebbe inevitabile per Hitler, non lo sarebbe per il Duce.

Se da un punto di vista psicologico e propagandistico la clausola «resa senza condizioni » è destinata a tonificare il morale dei popoli anglosassoni e alleati dando l'impressione di una sicura potenza e a deprimere il morale dei popoli dell'Asse, da un punto di vista militare il problema si pone sotto altri aspetti e cioè: una possibile pace negoziata significherebbe per i nostri nemici il risparmio di qualche milione di uomini e di flotte aeree e navali quanti sono necessari consumare nella ardente fornace che si creerà in Europa nei tentativi di sbarco. Significherebbe infine per l'Inghilterra: salvare dal caos l'Europa, arrestare la Russia che arriverà inevitabilmente nell'ipotesi di una nostra sconfitta sul Mediterraneo. Nessuno immagina che in caso di vittoria Inghilterra e America resteranno per qualche generazione a montare la guardia in Europa contro lo slavismo. D'altra parte una pace negoziata in Europa permetterebbe agli anglo-americani di regolare la situazione col Giappone nel Pacifico.

Ecco i vantaggi concreti che potrebbero indurre i nostri nemici ad ascoltare un nostro sondaggio, una nostra richiesta di condizioni. Naturalmente se gli alleati mettessero come condizione d'una qualsiasi discussione di non trattare con Hitler, Antonescu pensa che il Ftihrer il quale, secondo la sua precisa espressione, « non deve scrivere la biografia della sua vita ma la storia del suo popolo» saprebbe trovare la formula per la salvezza della Germania.

In sostanza Antonescu ritiene che noi non avremmo nulla da perdere a tentare un sondaggio con la circospezione e le forme dovute. Ed egli aggiunge che, data la gravità della situazione, tale sondaggio diviene, per gli uomini che hanno una formidabile responsabilità di fronte ai loro popoli e alla storia, una vera necessità morale e che essi possano essere compresi e giustificati se forze ed elementi imponderabili non facciano vincere la guerra ma non sarebbero né compresi né giustificati né assolti dalla storia se trascurassero quell'azione politica destinata ad offrire delle possibilità di soluzioni onorevoli e di salvezza, quando ve ne è ancora il tempo.

Antonescu infine ritiene che se il Duce intendesse coordinare l'azione di cui è cenno, Egli sarebbe l'interprete di tutti i piccoli popoli belligeranti dalla Finlandia alla Romania e le idee da V. E. espresse al Senato sul destino delle piccole nazioni europee gli fornirebbero altri cospicui elementi di identità politica e di possibili intese coi nostri nemici.

In sostanza il Signor Antonescu, che è falsamente accusato di anglofilia, fa un solenne distirtguo tra l'assurda accusa di secessione e l'obbligo morale dell'azione diplomatica che a un dato punto della evoluzione della guerra deve essere concomitante all'azione militare, se non si vuoi correre il rischio di renderla assolutamente inoperante col ritardarla.

Nei numerosi rapporti da Lisbona dal 1940 al 1941 ho ripetutamente riferito su alcune idee del Signor Salazar nei confronti del conflitto, che esprimono identità di concetti (1). Per la conoscenza che io ho dell'uomo e per le confidenze da lui fattemi ripetutamente, e fattemi anche indirettamente pervenire recentemente, sono convinto che il Duce e l'Italia fascista potrebbero avere nell'uomo di Stato portoghese un sicuro amico di provata discrezione, al quale rivolgersi e da interessare eventualmente in modo opportuno per una indicazione circa la possibilità e l'attuabilità di un'azione diplomatica intesa a scrutare l'orizzonte per trovare una onorevole via d'uscita.

Ai fini della valutazione di questa idea, prego voler tener presente che il Signor Salazar considera la presenza nel Mediterraneo di una grande potenza italiana come un interesse essenziale delle nazioni iberiche.

La grande ·onestà morale dell'uomo costituisce una garanzia che mai egli si presterebbe ad una manovra intesa a ripetere quello che avvenne nel 1918 ai danni della Germania.

È possibile che il Signor Antonescu pecchi per un errato apprezzamento dei fatti. Prego tuttavia tener presente che egli parla in buona fede con un sentimento di sconfinata fiducia e sincero amore pel Duce che del resto ha provato nei suoi scritti. Aggiungo che l'uomo di Stato romeno in questi ultimi due anni ha previsto con un'eccezionale intuizione tutto quello che è accaduto in Europa e che il suo giudizio e le sue idee mi sembra perciò vadano considerati con particolare attenzione ed interesse (2).

(l) Ed. in R. BovA ScoPPA, Colloqui con due dittatori, cit., pp. 102-108, con qualche variante di forma e l'omissione di alcune frasi.

396

L'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. UU. 3618/468 R. Buenos Aires, 6 giuçno 1943, ore 7,40 (per. ore 17).

Governo militare padrone situazione si propone effettivamente seguire più decisa politica panamericanista. È tuttavia dubbio se ciò implichi necessariamente rottura e comunque in ambienti autorevoli non si ritiene imminente tale eventualità. In attesa di ricevere comunicazione nuovo Governo e prendere contatto con esso prego telegrafarmi d'urgenza istruzioni circa riconoscimento (3).

Incaricato d'Affari tedesco avvertito Berlino.

Suggerirei riserbo stampa radio.

D. -190.
(l) -Vedi serie nona, vol. V, D. 449; vol. VI, DD. 108, 128 e vol. VII, D. 190 (2) -Vedi D. 420. (3) -Vedi D. 411.
397

L'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3613 (1)/472 R. Buenos Aires, 6 giugno 1943, ore 7,42 (per. ore 16,30).

Miei telegrammi n. 468 (2) e 07717 (3). Attraverso pletora informazioni contraddittorie circolanti tutti questi ambienti credo poter precisare:

1°) Ultimi tempi Governo Castillo erano in gestazione fra militari due movimenti appoggiati uno da nazionalisti e altro da radicali. Ultimo momento fattasi strada terza tendenza puramente militare capeggiata da Rawson cui aderito generali altre due tendenze.

2°) Ragioni principali addotte dai militari: a) in campo internazionale, necessità uscire pericolosa situazione Argentina per isolamento in continente e sopratutto inferiorità militare rispetto ai paesi confinanti data impossibilità rifornimenti bellici; contribuito anche valutazione avvenimenti Europa sistematicamente svisati da propaganda nemica; b) in politica interna, falliti tutti i tentativi indurre Castillo politica autoritaria al di fuori dei partiti, necessità di normalizzare vita paese e porre termine corruzione politica e amministrativa eliminando alcuni Ministri Castillo e candidatura Costas.

3°) S.U.A. sebbene estranei sollevamento cercato approfittare situazione: rappresentanti diplomatici paesi americani agito in blocco base direttive nordamericane e esercitato pressioni per applicazione integrale accordo interamericano in connessione questione riconoscimento. Inghilterra avrebbe seguito con zelo Nord America.

4°) Rinunzia Rawson dovuta divergenze sorte seno Gabinetto in relazione predette pressioni. Attuale Governo Ramirez rappresenterebbe soluzione compromesso: da un lato confermatasi politica indipendenza dall'altro cercato dare soddisfazione S.U.A. eliminando Ministri troppo apertamente neutralisti, assicurando paesi americani neutralità benevola e lasciando aperta via maggiori concessioni.

5°) Eventuali nuove divergenze fra militari, esclusione partiti da Governo e lotta tendenze dietro quinte lasciano prevedere ulteriori sviluppi situazione interna e internazionale.

(l) -In R. ha Il n. 3670, che è però quello della ripetizione essendo risultata la primatrasmissione incompleta. (2) -Vedi D. 396. (3) -Riferimento errato: si tratta del T. 3590/04654 R. del 5 giugno 1943, ore 9,50, non pubblicato. con il quale Garbacelo riferiva sugli sviluppi della sollevazione militare e trasmetteva il testo dei proclami degli insorti.
398

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. PER TELEFONO 3617/284-285 R. Parigi, 6 giugno 1943, ore 16.

Vostri telegrammi nn. 286 e 302 (l) circa «marina simbolica» e miei telegrammi nn. 264 del 28 maggio (2) e 283 del 4 giugno (3).

Nel dare istruzioni a Fracassi di fare comunicazione colà di cui ai vostri telegrammi sopracitati, ho aggiunto quanto segue: « Ove, come è supponibile, Lavai riconfermerà assicurazioni già fornite, sarà bene che gli suggeriate di accertare a che punto si trovi esecuzione assicurazioni stesse».

2. -Fracassi telegrafa ora quanto segue:

«Laval mi ha confermato che a seguito di sue istruzioni, Segretario di Stato Marina Ammiraglio Blehaut aveva a suo tempo impartito ordini all'Ammiraglio Danbè, comandante marina francese Tolone, di effettuare e accelerare lavori sui tre cacciatorpediniere «Bisonte», «Intrepido», «Temerario». Ha aggiunto che non aveva mai inteso subordinare esecuzione dei lavori alla ricostituzione marina simbolica; nel suo colloquio con Avarna egli si era limitato manifestare speranza che, ove fosse stata fatta qualche concessione in merito marina simbolica, uno o due dei predetti cacciatorpediniere, che richiedono ancora un lungo periodo di lavori, potesse essere compreso fra quelle unità per le quali è stata richiesta autorizzazione issare bandiera francese. Aveva però espressamente chiarito che non (dico non) intendeva in alcun modo abbinare le due questioni, di ciò teneva ora a darmi nuovamente formale assicurazione. Per di più egli, Lavai, aveva raccomandato di accelerare particolarmente lavori «Bisonte», ormai in stadio assai avanzato, affinché predetta unità potesse essere al più presto utilizzata dall'Italia nella condotta della guerra.

Ottenute da Lavai tali precise dichiarazioni in merito proseguimento lavori, gli ho detto che, quando sarà stata data tale prova di collaborazione, Governo fascista potrà forse anche esaminare opportunità di un gesto del Duce circa retrocessione di qualche unità. L'ho altresì pregato, come da istruzioni ricevute dalla Regia Ambasciata di accertare a quale punto si trovi esecuzione degli ordini impartiti.

Ammiraglio Blehaut, richiesto da Lavai di precisazioni in merito, ha risposto che a quanto gli risultava i lavori procedevano normalmente, tanto che nessun rilievo gli era stato mosso al riguardo dalle autorità navali italiane a Tolone, che ne seguono giornalmente l'andamento.

A questo riguardo assicuro avermi Avarna informato che, in occasione visita da lui fatta 30 maggio a Tolone, aveva ricevuto dal Capo dello Stato Maggiore di quel Comando R. Marina conferma che gli ordini di Vichy erano pervenuti all'Ammiraglio Danbè e che nella stessa occasione Ammiraglio Matteucci gli aveva detto che lavori sui tre cacciatorpediniere procedevano regolarmente».

3. -Quanto precede confermerebbe informazioni di cui ai miei telegrammi

n. -060 del 5 maggio (1), n. 240 del 13 maggio (2) e n. 0723 del 21 maggio (3). R. -Ambasciata non ha altre fonti di informazioni o di controllo che quella interessata del Governo francese, e quella del rappresentante del Comando Italiano a Vichy, a cui ha fatto ricorso fin da principio. Permettomi pertanto suggerire che il R. Ministero mi telegrafi quanto risulti in proposito Ministero della Marina. Pregherei telegrafarmi quanto più dettagli possibili (fra l'altro ritmo a cui procederebbero lavori ecc.) perché io possa continuare ad intervenire utilmente nell'interesse della questione, di cui è superfluo confermi che apprezzo tutta l'importanza.
(l) -Vedi DD. 362 e 387. (2) -Vedi D. 362, nota 2, p. 478. (3) -Con T. per telefono 16831/283 P.R. del 4 giugno, ore 14,30, non pubblicato, Buti riferiva che, essendo Lavai assente da Parigi, le comunicazioni relative alla «marina simbolica» sarebbero state effettuate da Fracassi a Vichy.
399

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

TELESPR. S. 13/12587/325. Roma, 7 giugno 1943.

Da seria fonte confidenziale è riferito che, tra i capi arabi residenti in Europa, si avvalora la seguente tesi:

La Federazione islamica tra gli Stati arabi del Vicino Oriente e l'Egitto, patrocinata dal Governo di Londra, non può essere ben vista dall'Italia e dalla Germania perché di marca britannica. Ma i capi arabi hanno soltanto il dovere di tutelare gli interessi dei loro Paesi. Essi sono accusati dagli arabi anglofili di essere venduti all'Asse. Le Potenze dell'Asse sono oggi praticamente escluse dal Mediterraneo orientale e dall'Africa musulmana e manca qualsiasi loro assicurazione ufficiale circa le loro intenzioni verso l'avvenire dei Paesi arabi. assicurazione ufficiale circa le loro intenzioni verso l'avvenire dei Paesi arabi. allo stato attuale delle cose, cominciano a pensare che sia difficile da parte loro di prestarsi alla propaganda dell'Asse per ostacolare il progetto inglese: la Federazione sarebbe, intanto ed in ogni caso, l'unione di tutti gli arabi tra il Golfo Persico, il Nilo ed il confine turco e questo costituirebbe già un vantaggio per la causa araba.

Quanto sopra si comunica per opportuna informazione di codesta Ambasciata ed anche per norma di linguaggio quale argomento da far valere, tra gli altri, presso codesto Ministero Esteri per confermare l'opportunità di addivenire al più presto alla pubblicazione del contenuto delle note lettere scambiate nella primavera del 1942 con il Gran Mufti e con Gailani.

Quando il contenuto di tali lettere sarà stato reso di pubblica ragione i due Capi arabi e le altre personalità arabe residenti in Europa potranno, senza preoccupazioni per la loro posizione personale, dichiararsi apertamente contro la manovra inglese per una unione araba sotto l'egida dell'Egitto, progetto che presenta notevoli pericoli presenti e futuri per le Potenze dell'Asse (4).

(l) -T. per corriere 2914/060 R. del 5 maggio 1943, non pubblicato. (2) -Vedi D. 347, punto 3. (3) -Vedi D. 347. (4) -Con T. 17340/975 P.R. del 10 giugno 1943, ore 13,45, non pubblicato, Alfieri rispondeva: «Ho tratto motivo dalle informazioni fornitemi per sollecitare nuovamente risposta questo Ministero Affari Esteri circa note dichiarazioni. Riferirò seguito quanto prima>> (vedi D. 435).
400

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 2411/988. Parigi, 7 giugno 1943 (per. il 9).

Il discorso di Lavai di sabato scorso (l) è riprodotto per intero in grande evidenza dai giornali di oggi. Finora nessun commento di speciale importanza.

Nella presentazione del discorso (titoli, sottotitoli, grassetto nel testo etc.

etc.) vengono messi tra l'altro in rilievo: a) il proposito del Governo francese di fare della Francia un paese liberamente associato in luogo di continuare a subire le condizioni di un paese vinto;

b) le «concessioni» fatte a Berchtesgaden dall'Asse di un «reggimento simbolico» e della «non applicazione della Linea del Rodano». (Il «reggimento simbolico» è così presentato, com'è, quale concessione dell'Asse);

c) l'appello fatto ai giovani, oggetto degli ultimi accordi Laval-Sauckel (220 mila entro la fine del mese), perché partano per la Germania; e -come contropartita per le partenze avvenute fin dal giugno scorso e di quelle da avvenire -la liberazione, in parte effettuata e in parte da effettuare, di 100 mila prigionieri (in realtà finora i liberati sono poco più di 50 mila) e la trasformazione di altri 250 mila in lavoratori civili;

d) gli accordi presi dalle Autorità francesi con le Autorità tedesche d'occupazione su quistioni interessanti la vita economica della Francia e per cercare di migliorare le condizioni esistenti: mercato nero, aumento dei salari, prezzi etc., e il proposito di Laval di applicare questi accordi.

2. L'appello ai giovani di partire per la Germania (lettera c) costituisce anzi e palesemente lo scopo immediato del discorso stesso, come ho precedentE;mente indicato e come ne danno già conferma anche i primi commenti editoriali, che insistono infatti soprattutto sulla necessità della partecipazione del lavoro francese alla lotta per la nuova Europa.

A proposito del mercato nero e dei prezzi (lettera d), il discorso contiene, e i giornali mettono largamente in evidenza, una serie di cifre relative alle requisizioni delle Autorità tedesche (carni, grano, vino etc.) per smentire la voce diffusa dalla propaganda nemica, e largamente creduta, che sono i tedeschi che «prendono tutto», e che dalle requisizioni tedesche dipendono le difficoltà alimentari e l'aumento dei prezzi. Il discorso si appesantisce per la lunga e dettagliata esposizione fatta a questo proposito.

3. L'Italia è ricordata nel discorso insieme con la Germania: « ...che si tratti della Germania o che si tratti dell'Italia, la mia condotta è stata sempre la stessa: siamo e saremo sempre i vicini di questi due grandi Paesi. È con essi anzitutto che dobbiamo vivere in pace... »;

« ...nel 1931 io sono andato a Berlino con Briand. Nel 1935 ho fatto un ac· cordo col signor Musso lini... »;

" ...a Berchtesgaden insieme con Hitler e colla partecipazione del Signor Bastianini, Sottosegretario di Stato italiano agli Affari Esteri, abbiamo esaminato con piena obiettività i problemi che interessano l'Europa... ».

4. L'impostazione del discorso è quella stessa della politica «collaborazionista». « ...,le Potenze dell'Asse, e quelle che le assistono, versano il loro sangue per sbarrare la strada al bolscevismo e spezzare la potenza militare dei Sovieti. La Francia col suo lavoro deve partecipare allo sforzo e ai sacrifici comuni...».

Da notare che Lavai parla qui di «sbarrare la strada al bolscevismo e di spezzare la potenza militare dei Sovieti ». Dell'Inghilterra e degli Stati Uniti parla invece in altra parte del discorso a proposito piuttosto dei bombardamenti aerei sulle città e sulle popolazioni civili francesi.

5. Nel suo discorso, Lavai ricorda ai francesi che dei vari paesi vinti, la Francia è il solo che, invece di un'amministrazione militare diretta, abbia un proprio Governo.

Innegabilmente quest'affermazione è vera, come è vera la controparte, e cioè che mancando un Governo francese sorgerebbero, per ovvie ragioni, una serie di grossi problemi per la Germania e anzitutto l'impiego di notevoli forze che oggi sono così risparmiate; e questa, a prescindere da altre considerazioni, è già una buona spiegazione dell'appoggio che la Germania dà a Lavai.

6. Nel suo assieme, il discorso rappresenta una manifestazione dirò così obbligata della politica «collaborazionista», e nel quadro di tale politica non fa cattiva figura. Per le note ragioni tante volte indicate non è men vero però che esso lascia e lascerà di fatto le cose al punto di prima, sia per quanto riguarda il sentimento della grande massa, sia in particolare nei rispetti del problema della « relève », che costituisce, come già indicato, il suo scopo immediato (1).

(l) Vedi, da ultimo, D. 398.

401

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. R. Berlino, 7 giugno 1943 (per. l'B).

Dai due discorsi risultano due osservazioni che non ho ritenuto di includere in questo breve rapporto (2).

l) Perché nonostante le precise dichiarazioni di Speer sulla produzione bellica, attuale e futura, non si decidono ad inviare in Italia i mezzi indispensabili, sopratutto aerei, per portare un efficace contributo tempestivo?

Si può oramai rispondere che non ne hanno la possibilità; e si può aggiungere che secondo la caratteristica orgogliosa mentalità tedesca preferiscono passare da egoisti piuttosto che da deboli.

2) Goebbels ha confermato solennemente la volontà di resistenza nella fortezza europea a tempo indeterminato. Ma qui non si vuol tener conto della profonda differenza tra la situazione e le possibilità materiali dei nostri due Paesi.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Si riferisce al T. s.n.d. per corriere 0127 del 7 giugno 1943, non registrato nel protocollo d'arrivo, con il quale commentava i discorsi pronunciati da Speer e Giibbels al Palazzo dello Sport Il 5 giugno, non pubblicato perché molto deteriorato. Tale telegramma era accompagnato dalla lettera manoscritta di Alfieri qui pubblicata.
402

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. P. Wannsee, 7 giugno 1943 (1).

Von Steengracht -col quale tengo uno stretto collegamento -che era a pranzo stasera all'Ambasciata mi ha detto che von Ribbentrop avrebbe desiderato di vedermi al Quartier Generale, accogliendo una mia generica richiesta fatta tempo addietro.

Poiché in coincidenza della venuta di Mazzolini -che è giunto oggi avevo predisposto una serie di riunioni fra cui quella dei consoli, ho detto che sarei andato da Ribbentrop fra tre o quattro giorni. Ma Steengracht ha precisato che il Ministro avrebbe molto gradito io fossi presso di lui il giorno 10, anniversario dell'entrata in guerra dell'Italia. Di fronte all'insistenza di von Steengracht che pur si era reso conto delle difficoltà in cui mi metteva la sua improvvisa richiesta, ho senz'altro aderito, facendo peraltro presente che se nel pensiero di von Ribbentrop la mia visita avesse dovuto assumere un qualche significato e rilievo -al di fuori delle visite normali -avrei dovuto naturalmente avvertire di ciò il mio Governo. Von Steengracht assicurandomi che a ciò si sarebbe attenuto, mi ha detto di ricordare che quasi certamente l'anno scorso alla stessa data Mackensen era presso Ciano e forse anche presso il Duce.

403

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. PER CORRIERE 3744/0364 R. Sofia, 8 giugno 1943 (per. l'll).

Mio telegramma n. 265 del 7 corrente (2). La nuova visita di Re Boris al Fuhrer ha qui sollevato, nelle persone, tuttora non numerose, che ne sono al corrente, non pochi interrogativi. Vi è chi

crede alle possibilità immediate di una attiva collaborazione bulgara alla guerra, con conseguente pressione militare sulla Turchia, chi ad una richiesta germanica intesa ad ottenere mutamenti nella politica interna della Bulgaria in senso maggiormente autoritario e tali da salvaguardare interamente le spalle, in caso di necessità, dell'Esercito tedesco operante nel settore ellenico e chi, perfino, pensa, secondo i vecchi sogni della politica bulgara, a possibilità di mediazioni bulgare tra Russia e Germania.

Da informazioni assunte ed impressioni riportate dovrei concludere che lo scopo principale, per il quale Hitler ha sentito la necessità di convocare nuovamente presso di sé il Sovrano dei Bulgari, del quale è troppo nota l'influenza decisiva esercitata sugli atteggiamenti e le decisioni del Paese, deve ricercarsi nel suo desiderio, ed in quello dello Stato Maggiore germanico, di conoscere ancora più profondamente la situazione e le possibilità della Bulgaria nel momento stesso che, per la seconda volta in due anni, il Reich si pone il problema di operazione militari, probabilmente a carattere difensivo nei Balcani.

È evidente inoltre che domani, nel caso di uno sbarco anglosassone nella zona egeo-ellenica, l'aviazione britannica ed americana, chiamata a sostenere con grandi mezzi, ed in momenti di crisi, le proprie truppe sbarcate, cercherà di usufruire di campi di atterraggio del grande promontorio anatolico. In quel momento la pressione bulgara dovrebbe fare comprendere alla Turchia che il gioco sarebbe troppo pericoloso.

Un interrogativo resta sui motivi che hanno consigliato tedeschi e bulgari a non dare notizia dell'avvenuta visita e a circondarla anzi, almeno fino ad oggi, di assoluto segreto; evidentemente, nello stato di ipersensibilità di questa popolazione non si è voluto gettare olio sul fuoco. E vi è perfino chi afferma che il silenzio viene ma:ntenuto su richiesta di Re Boris preoccupato di evitare eventuali reazioni aeree anglosassoni ai danni di Sofia e della Bulgaria.

(l) -Manca l'indicazione della data d'arrivo. (2) -T. s.n.d. 3652/265 R. del 7 giugno 1943, ore 14, non pubblicato, relativo alla visita di Re Boris a Hitler.
404

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, CIANO

L. 1/3132. Roma, 8 giugno 1943.

Nel restituire l'originale della Nota n. 8083/43 in data 22 maggio u.s. (l) diretta a codesta Ambasciata dalla Segreteria di Stato si ha il pregio di comunicare che, presi gli ordini dal Duce, potrà essere data risposta scritta alla nota anzidetta della Segreteria di Stato.

Codesta Ambasciata potrà confermare che il Governo italiano, secondo le assicurazioni fornite con lettera diretta da codesta Ambasciata stessa al Cardinal Maglione il 18 dicembre scorso anno (2), non ha mancato di adottare

38 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

tutte le possibili misure per allontanare da Roma i Comandi Militari ivi compresi i Comandi di Marina, e ciò, oltre che per le considerazioni già esposte precedentemente, anche nell'intento di eliminare ogni inconveniente e ogni pericolo che, in conseguenza di attacchi aerei, potessero verificarsi a danno della Santa Sede.

Vi trasmetto copia di un appunto consegnato al Duce dal Comando Supremo (l) nel quale sono indicati tutti i provvedimenti attuati a questo riguardo. Da tale appunto, del quale codesta Ambasciata potrà servirsi opportunamente presso la Segreteria di Stato, appare che la grande maggioranza dei. provvedimenti promessi nella lettera sopra citata diretta al Cardinale Segretario di Stato sono stati già da tempo attuati oppure in imminente via di attuazione. Potrà essere confermato alla Santa Sede che il Governo italiano non può prendere in considerazione le obiezioni mosse a suo tempo circa la stazione di Roma e circa le truppe dislocate nella Capitale, le quali vi risiedono, oltre che per la sicurezza cittadina, anche per costituire il naturale presidio della Capitale.

Circa l'effettiva rimozione da Roma e immediati dintorni di tutti gli obiettivi militari di qualche entità occorre considerare che lo spostamento di essi in località decentrate fa parte dello stesso interesse della difesa nazionale del paese e va messo, nello stesso tempo, in relazione con l'efficienza del presidio, che, come si è detto, non è possibile allontanare dalla Capitale.

Il Governo italiano con i provvedimenti adottati è convinto di aver messo in opera, fino al limite possibile, ogni mezzo per venire incontro alla umanitaria azione che la Santa Sede ha compiuto e compie tuttora, nei limiti naturalmente consentiti e tali da non recare pregiudizio alla efficienza della difesa della Capitale ed in genere dello stesso territorio nazionale.

(l) -Vedi D. 382, allegato. (2) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 425, allegato II, che però è del 20 dicembre.
405

L'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3684/476 R. Buenos Aires, 9 giugno 1943, ore 2,04 (per. ore 11,30 del 10).

Mio 475 (2).

In riunione questa Ambasciata colleghi Tripartito e Paesi aderenti abbiamo concordato accusare ricevuta nota Ministero Affari Esteri assicurando averne telegrafato contenuto rispettivi Governi.

Riterremmo consigliabile immediato riconoscimento indipendentemente atteggiamento paesi americani cui rappresentanti qui d'altra parte -a quanto ci consta-faranno propri Governi analogo suggerimento (3).

(l) -Non pubblicato. (2) -Non rinvenuto. (3) -Per la risposta vedi D. 411.
406

COLLOQUIO DEL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, VITETTI, CON IL MINISTRO DELLA REAL CASA, ACQUARONE (l)

RESOCONTO (2). Roma, 9 giugno 1943.

A casa Acquarone alle ore 8 del mattino.

A[cquarone] ha cominciato col dirmi che doveva farmi un discorso molto serio, e chiedermi perciò la mia parola d'onore che di questo discorso non avrei fatto cenno con alcuno, neanche col Gen. Ambrosio o col Gen. Castellano, con i quali mi sapeva in rapporto. «Del resto -ha aggiunto -dopo la nostra conversazione [del]l'aprile scorso tu sai già di che cosa si tratta, e ti rendi conto che qualunque, anche piccola, indiscrezione sarebbe fatale non solo per te ma per il nostro paese». Datagli una piena assicurazione egli ha voluto chiarirmi o(!he quanto mi avrebbe detto rappresentava il suo pensiero personale, e non quello del Re. «Nel Re bisogna aver fiducia, perché egli sa quello che fa, ma la sua persona deve essere tenuta estranea agli avvenimenti, almeno per ora. Al momento buono agirà. Quello che ti dirò sono cose delle quali siamo al corrente io e Ambrosio, e Ambrosio è devotissimo al Re, come lo sono io. Qui si tratta di mettere fine alla guerra e uscire dalla situazione disastrosa nella quale Mussolini ci ha cacciati. In questo Ambrosio ed io siamo d'accordo, e il Re è entrato in questo ordine d'idee, anzi è stato lui che per primo, mesi fa, me ne ha parlato. Io, come capisci, devo farmi un'idea di come si può agire, perché il Re non può mica mettersi a discutere di queste cose. Raccolgo e riferisco. Il Re poi prenderà le sue decisioni, che io neppure conosco, come non le conosce nessuno. Non ti posso dire altro, ma ti posso dire che egli ragiona molto bene e che bisogna avere fiducia in lui».

[Vitetti:] Mi rendo conto di questo, ma sinceramente non mi rendo conto della tua insistenza su questa necessità di aver fiducia nel Re, come se io non ne avessi.

[Acquarone: J Te lo dico, perché quando giorni fa ci siamo visti da Cini, tu mi sei sembrato molto esitante sulla persona del Re e sulla sua funzione.

[Vitetti: J Non credo che tu abbia compreso bene quello che volevo dire e che ho detto in forma probabilmente poco chiara. Io non credo affatto che la funzione della Monarchia sia finita, e che il Re non possa o non voglia far nulla. Credo che il suo prestigio nel paese sia molto indebolito, e che la sua autorità abbia subito dei colpi, dai quali non potrà facilmente riprendersi. Meglio tardi che mai, ma tardi è. Comunque il mio scatto non era diretto contro il Re, ma contro quella che mi è sembrata una frase diremo così troppo ottimista di Cini, sulla fedeltà del paese alla Monarchia. Agendo coraggiosamente la Mo

narchia può certo riprendere quota, ma io non ritengo che potrà riprendere quota se resterà in qualunque maniera legata al fascismo. Il taglio deve essere netto, ed è per questo che tempo fa, in casa Colonna, ti ho espresso la mia preoccupazione per tutti questi intrighi con i capi fascisti.

[Acquarone:J Ti posso assicurare che non c'è nessun intrigo. Nessuno di loso sa come stanno veramente le cose.

[Vitetti:] Ma sanno assolutamente tutto! Ciano è tenuto perfettamente al corrente da Ambrosio e da Castellano, Grandi non so da chi, ma so positivamente che è al corrente dei propositi di Ambrosio. Ora questo mi preoccupa, perché questa gente cercherà di aggrapparsi alla barca della Monarchia, ora che quella del fascismo affonda, e la rovescierà col suo peso.

[Acquarone: J Che ,cosa ti ho detto in casa Colonna? lascia fare. Ora il problema è di isolare Mussolini in maniera che non trovi aiuti e appoggi, e poi vedJemo, e tra le altre cose che vedremo saranno i capi fascisti a Regina Coeli. Ma tu credi veramente che il Re si confidi con Grandi o con Federzoni? Il Re vede anche altra gente, che tu non sai, e io non ti posso dire. Ti ripeto, bisogna avere fiducia in Lui. Lui sa quello che farà e, quando sarà il momento di agire, agirà nell'interesse del paese. Il problema ora è solo come e quando. Tu credi veramente che Mussolini possa staccarsi da Hitler? Questa sarebbe la soluzione ideale, ma io non ci credo. Sarebbe troppo bello che Mussolini si staccasse da Hitler, perché questo eviterebbe qualunque misura contro di lui, e si potrebbe poi liquidarlo tranquillamente. Il tuo capo (Bastianini) mi pare che sia di questa opinione.

[Vitetti: J Bastianini è un brav'uomo, ma è in politica un bambino, e le sue idee sono tanto oneste quanto puerili: l'Italia si stacca dall'alleanza, dichiarando che non è più in condizioni di fare la guerra, Hitler accetta, gli Alleati sono felici, e noi torniamo neutrali. Questa è una fiaba.

[Acquarone: ] Ma Bastianini ha l'~dea che potremmo metterei segretamente d'accordo con i Romeni e con gli Ungheresi, e agire in comune sui Tedeschi.

[Vitetti:] Sarebbe una pazzia. Gli Ungheresi e i Romeni sono stretti tra la Germania 'e la Russia, e per uscire dalla guerra devono fare i conti con Mosca. Noi li dobbiamo fare con gl!i Inglesi e con gli Americani. Se prendiamo l'impegno di non agire ,che di comune accordo, facciamo in realtà dipendere la nostra uscita dalla guerra da Mosca, mentre gli anglo-americani [sono] padroni detl'Africa e alla vigilia del ,loro sbarco in Italia! Tutto questo può avere senso solo nelle oneste intenzioni di un brav'uomo come Bastianini o... (l) del suo capo di Gabinetto.

[Acquarone:J Sono anche le idee di una persona molto intelligente come Bova Scoppa che è a Roma e ha delle cose molto interessanti da dire (2). Lo hai visto? È un uomo di prim'ordine.

[Vitetti:] Lo ho visto appena un momento. Mi ha detto quattro stupidaggini e lo [ho] abbandonato alle sue fantasticherie. Lui vorrebbe svolgere un'azione diplomatica per premere sulla Germania, e per «sondare» gli angloamericani, persuadendoli che è nel loro interesse negoziare una pace ragionevole e impedire che la Russia travolga l'Europa Orientale.

[Acquarone:] E non ti pare giusto? [Vitetti:] Giustissimo, ma irreale. Da un mese gli Alleati hanno conquistato la Tunisia, e tra qualche settimana o forse qualche giorno sbarcheranno in Italia. E noi che facciamo? Ci mettiamo a tessere una tela di ragno con Rumeni e Ungheresi, nella speranza che Hitler si persuada a fare la pace, e che noi riusciamo a persuadere gli Inglesi e gli Americani ad accordarsi con noi. Quooto significa non avere coscienza alcuna né della gravità e urgenza della nostra situazione né del carattere del conflitto. Mai e poi mai gli Inglesi e gli Americani tratteranno con Hitler e con Mussolini. E più si convincono di aver vinto la guerra, e ne sono già convinti, meno tratterarnno. E se decidessero di trattare, non tratteranno mai senza il consenso di Stalin. Non vogliono mica che si ripeta il '39. Vuoi proprio credere che Churchill e Roosevelt corrano il. rischio di accettare delle conversazioni, e dare a Hitler la possibilità di farlo sapere a

Stalin, il quale si affretterebbe a concludere di nuovo un accordo con lui? [Acquarone:] Tu escludi dunque qualunque azione diplomatica? [Vitetti:] Assolutamente. Noi dobbiamo agire da soli, e quando dico noi,

escludo Mussolini. Mussolini non può far niente, e guai se volesse far qualche cosa. Se Mussolini si mettesse in mente di fare qualche sondaggio a Londra o a Washington, gli risponderebbero: resa incondizionata, se non proprio anche consegna dei colpevoli, e cioé di lui Mussolini, agli Alleati. Dopo di che Mussolini si recherebbe al Quartier Generale del Flihrer per chiedergli nuove forze tedesche, e per mettersi alla sua mercé. Mussolini, e con Mussolini i capi del fascismo, devono essere eliminati, o tirarsi indietro e prendere la via dell'esilio,

o essere messi fuori, sia pure con le debite forme. Il Re lo licenzi e lo releghi a Capri, metta fuori tutti i ministri e tutti i capi del fascismo; nomini un nuovo Governo, col quale gli Alleati accettino di trattare. Questa è la sola soluzione.

[Acquarone:] È la mia soluzione, tu lo sai. Ma ti ho fatto quelle domande per tranquillità di coscienza. E ora te ne faccio un'altra: non credi che qualche personalità fascista potrebbe essere utdlizzata? Ve ne sono che hanno un certo prestigio, come Federzoni, e che sono gente sicura, altri come Grandi che godono la fiducia degli Inglesi. Mi è parso di capire che Grandi è anzi in rapporto con l'Ambasciatore inglese a Madrid, e credo anche con Churchill. Tutta questa gente dovrà poi tutta essere eliminata, ma intanto servirsi di loro potrebbe essere utile, per tenere buoni i fascisti, per non dare al paese una scossa troppo forte, e per non allarmare troppo i Tedeschi.

[Vitetti:] I Tedeschi non hanno fiducia, se pure ne hanno, che in Mussolini

o in gentaglia tipo Farinacci. Ciano lo odiano ... [Acquarone:] Ma Ciano è fuori questione. Io gli sono molto affezionato

perché ha visto giusto e ha avuto coraggio, ma nel paese è detestato, e i fascisti sono quelli che lo detestano di più.

[Vitetti:] Per me sono fuori questione tutti, e sono tutti inservibili. Il giorno che Mussolini sarà messo fuori, i Tedeschi ci saranno addosso, e non c'è Grandi o Federzoni che ci possano fare scudo. L'opinione pubblica vuole che il paese sia liberato dal fascismo, dal regime fascista e da tutti i suoi annessi e connessi. Gli Alleati possono accettare di negoziare con un Governo che rigetti il fascismo non con un Governo che abbia tutte le apparenze di volerlo salvare. Questi capi fascisti non contano nulla. Sono un peso morto nel paese e fuori; e bisogna sbarazzarsene. Se essi hanno un minimo di intelligenza lo capiranno da loro stessi, se no, lo capiranno per forza; se hanno un minimo di patriottismo si leveranno dai piedi, se no, bisognerà prenderli a calci. Sono stati per vent'anni degli sfruttatori, e hanno sfruttato la buona fede proprio dei fascisti, tra i quali vi sono migliaia e migliaia di bravissime e oscure persone, che attraverseranno tempi difficili proprio per colpa di una piccola oligarchia di profit~atori, che si è impinguata alle loro spalle, e per assicurarsi prebende e privilegi ha trasformato il fascismo in un regime di servitù.

[Acquarone:] Secondo te il Re dovrebbe dunque fare un Governo antifascista e denunciare l'alleanza con la Germania. Questo ti renderai conto che è un passo molto lungo e potrebbe essere anche un salto nel buio.

[Vitetti:] A me è stato parlato esplicitamente di un'a'ltra soluzione: un Governo Badoglio, di carattere amministrativo e militare, che dovrebbe concludere un accordo con gli Alleati, e poi ritirarsi per dar luogo a un Governo politico il quale non potrebbe essere che un Governo costituito dai resti dell'Italia liberale.

[Acquarone:] Queste informazioni te le ha date persona degna di fede?

[Vitetti:] Me le ha date il generale Castellano.

[Acquarone:] Infatti è una delle soluzioni. Ma non so se è quella che sarà

adottata. Lo stesso Badoglio, che non ti nascondo sarà il probabile successore di Mussolini, non so se e quanto sia d'accordo. E poi con Badoglio bisogna andar piano, perché se gli si dà troppa corda, nessuno lo tiene più.

[Vitetti:] Badoglio, se prenderà il posto di Mussolini, avrà bisogno di esercitare il potere con molta energia, e sarà necessario dargli corda. Vuol dire che sarà anche necessario guidarlo, perché dubito molto che abbia la capacità di tirare in salvo il nostro paese. Non voglio dar giudizi, ma al tempo della guerra di Grecia ha mostrato di essere del tutto privo di senso di responsabilità, e quando Mussolini ha deciso di attaccare quel povero paese, non ha fatto la minima resistenza e non ha neppure studiato il problema. Basta poi leggere i verbali delle riunioni dello Stato Maggiore nella primavera del '40 per rendersi conto della inettitudine e del servilismo di Badoglio. Tu ti preoccupi delle sue ambizioni, io mi preoccupo della sua incapacità.

[Acquarone:] Badoglio farà quello che il Re gli dirà di fare, e del resto chi altro si potrebbe scegliere al suo posto? Caviglia?

[Vitetti:] Non vorrei essere frainteso. Badoglio è l'unico generale al quale si possa affidare il Governo, perché ha nell'esercito legami e prestigio, e il fatto di essere stato messo fuori nel '40, gli dà una aureola politica, che, per quanto immeritata, davanti al paese, ignaro di tante cose, ha il suo valore. Ma bisognerà.

ripeto, guidarlo, perché o per inettitudine o per la abitudine a considerare sempre il suo personale vantaggio, non lo credo capace di dominare una situazione cosl intricata e così pericolosa.

[Acquarone:] Vuoi dire la situazione interna o quella internazionale?

[Vitetti:J L'una e l'altra.

[Acquarone:] Quella interna no. Abbiamo lavorato i gerarchi, che sono pronti a mollare Mussolini, e gli antifascisti sono quattro gatti. Quando il Re avrà messo fuori Mussolini il paese si raccoglierà intorno alla Monarchia.

[Vitetti:] A me la cosa non sembra tanto semplice, non per i gerarchi, che sono pronti a vendere Mussolini per molto meno di trenta denari, e comunque non contano nulla. Il solo che può contare è Albini...

[Acquarone: J Albini è già stato lavorato, piuttosto Galbiati ...

[Vitetti:] Galbiati è l'uomo più mite della terra, non farà mai nulla contro Mussolini, perché è uno dei pochi gerarchi, che crede nel fascismo, e che non lo ha sfruttato. Ma non ha la forza e la decisione di sollevarsi o di organizzare una resistenza. Comunque sarebbe inutile tentare un qualunque approccio.

[Acquarone:] Noi dobbiamo a tutti i costi evitare che la caduta di Mussolini sia seguita da conflitti tra fascisti e anti-fascisti, perché abbiamo bisogno dell'ordine più assoluto. Il regime deve esser liquidato senza incidenti, per poter fronteggiare la situazione internazionale.

[Vitetti:] Credo difficile evitare incidenti, non perché i fascisti resistano, ma perché la caduta di Mussolini sarà seguita da una tale esplosione popolare contro il fascismo e contro la guerra, che mi domando come sarà possibile mantenere l'ordine, quando si dovrà poi fronteggiare la Germania.

[Acquarone:] I Tedeschi non hanno molte forze in Italia, e devono andar cauti.

[Vitetti:] Non hanno molte forze, ma ne possono fare affluire molte. La caduta di Mussolini sarà un tale colpo per Hitler, che è da attendersi una immediata e violenta reazione. Per me questo è il vero problema. Una reazione fascista la escludo, perché fascisti in Italia non ce ne sono più, l'organizzazione del Partito è cosa ridicola e i suoi capi non pensano che a salvare se stessi. Ma una reazione tedesca è inevitabile, e non so con quali forze la potremo contenere.

[Acquarone: J Ambrosia sta studiando questo problema, e provvederà a raccogliere tutte le forze possibili. Del resto se non si corre alcun rischio non si può far niente. Tu come valuti il rischio che i Tedeschi ristabiliscano con la forza il regime fascista?

[Vitetti: J Questo dipenderà dalla rapidità e dalle proporzioni nelle quali gli Inglesi e gli Americani potranno far affluire le loro forze in Italia. Se ci lasciano soli a tu per tu con i Tedeschi saremo schiacciati, e la restaurazione di Mussolini al potere sarà questione di poche settimane se non di pochi giorni. Per questo la caduta di Mussolini deve avvenire contemporaneamente allo sbarco alleato. Questo è un male, perché svaluterà di fronte agli Alleati la decisione del Re. e noi non ci potremo presentare a loro che come vinti, ma è un male minore di quello che cadrebbe sul nostro paese, ove il Re licenziasse Mussolini e le armi tedesche lo restaurassero al Governo. Vi è una via di mezzo, ed è quella di prendere subito contatto con gli Alleati, metterli al corrente della situazione, e affrettare se è possibile la loro azione.

[Acquarone:] Questo è molto difficile, perché se una cosa del genere trapelasse, comprometteremmo tutto. E poi a chi si potrebbe dare un tale incarico? Ciano mi parlò molto bene di Rosso, che doveva andare ad Ankara.

[Vitetti:] Non vi sarebbe persona più adatta di Rosso, che ha tutte le qualità per una missione del genere, e del resto Ciano lo voleva mandare ad Ankara con questo incarico, e ci sarebbe andato se Bastianini non avesse cambiato tutto. Ma la partenza di Rosso per una capitale europea e la sua presenza a Madrid o a Lisbona sarebbe subito notata. È troppo conosciuto, e si sa troppo che è stato sempre ostile al fascismo. Rosso potrebbe essere un eccellente ministro degli Esteri nel govemo Badoglio, ma è troppo in vista per fare l'agente segreto. Sarebbe più semplice dare un segreto incarico a qualcuno dei nostri rappresentanti in paese neutrale.

[Acquarone:] Per esempio?

[Vitetti:] L'esempio solo è Guariglia, perché egli è l'unico dei nostri rappresentanti sul quale si possa veramente contare, ma Anka._ è una città molto pettegola, e poi i Tedeschi possiedono i cifrari turchi. Da noi il SIM potrebbe sopprimere qualche telegramma pericoloso, e impedire che Mussolini ne venisse a conoscenza. E tuttavia ne verrebbe a conoscenza almeno l'ufficio crittografico del SIM. Ma a Berlino scoprirebbero tutto.

[Acquarone:] Poi Guariglia avrà un altro incarico, e non conviene fargli correre dei rischi. Degli altri non è il caso di fidarsi, per quanto credo che Bastianini abbia dato loro qualche istruzione o incarico.

[Vitetti:] Si, certo, lo ha dato. Paulucci, Prunas e Magistrati sono statd scelti perché Bastianini, e forse lo stesso Mussolini, pensano di potersene servire per dei sondaggi con gli Alleati. Il viaggio di Fransoni a Lisbona è stato puerilmente truccato con la scusa di questioni amministrative ma, come ebbi a informarti, ha avuto lo scopo di tentare o almeno predisporre un contatto. Io considero questo il maggior pericolo. Paulucci prima di partire per Madrid mi ba fatto un discorso significativo: voleva sapere da me se non c'era proprio niente da fare per uscire dalla situazione. Se Paulucci a Madrid o Prunas a Lisbona prendono qualche iniziativa, noi corriamo un grave rischio. Magistrati è troppo furbo per farsi portavoce di Mussolini, ma gli altri due non lo sono.

[Acquarone:] Ma tu credi che Bastianini abbia agito d'accordo con Mussolini o che non stia invece facendo qualche cosa per suo conto?

[Vitetti:] Non lo so. Ma i mutamenti diplomatici dei mesi scorsi sono stati fatti in vista di qualche cosa; e le persone che sono state scelte danno la sensazione precisa che Mussolini abbia voluto avere nelle capitali neutrali persone sicure. A che scopo? Allo scopo di evitare che i nostri rappresentanti potessero servire a qualche iniziativa che venisse da altri, o per servirsene lui? Per rispondere a questa domanda noi dovremmo cominciare col sapere per quale ragione specifica Mussolini ha messo fuori Ciano dal Ministero degli Esteri. La bega col fratello della Petacci non è abbastanza. Io ho la sensazione che Mussolini abbia avuto sentore di qualche cosa, e la sua frase «Ciano vede troppi generali » non mi sembra molto tranquillante. Mussolini non è mica uno sciocco che non si renda conto della situazione; e secondo me, mettendo fuori Ciano e mandando nelle capitali neutrali gente che egli considera sicura, ha voluto premunirsi contro la possibilità che il Ministero degli Esteri svolgesse una qualunque azione alle sue spalle, e avere eventualmente lui la possibilità di agire. Ora, ti ripeto, questo è un grave pericolo: perché se Paulucci o Prunas fanno qualche passo e gli Alleati rispondono in malo modo, Mussolini si irrigidirà, e invece di prendere la strada della rottura dell'alleanza con la Germania prenderà la strada della completa dedizione ad Hitler. Non escludo neppure che gli Alleati attirino Mussolini in qualche conversazione, e poi diano pubblicità alla cosa. Il giorno dopo Mussolini si farà in quattro per dimostrare ad Hitler la sua fedeltà.

[Acquarone:] Tu escludi che Bastianini possa lavorare alle spalle di Mussolini; io personalmente non lo escluderei.

[Vitetti:] Ma ricordati le istruzioni di Bastianini a Guariglia quando lasciò il Vaticano! Guariglia avrebbe dovuto persuadere il cardinale Maglione che solo Mussolini poteva porre fine alla guerra e salvare il paese. «Guai se il regime fascista fosse travolto daUa sconfitta, l'Italia sarebbe diventata comunista~. Questo è lo slogan di Bastianini: « Mussolini deve salvare, e solo lui può salvare l'Italia». In tutto questo Bastianini è onesto e sincero, ma non si rende conto che gli Alleati non accetteranno mai di salvare Mussolini o il regime fascista. Io non vedo la possibilità di far passare attraverso la diplomazia di Bastianini un sondaggio con gli Alleati. Vedo un'altra possibilità. Voi potreste cercare nel campo anti-fascista una persona di sicura fedeltà al Re, e tra loro certo ve ne sono. Questa persona con l'aiuto del SIM, può lasciare clandestina l'Italia. Nessuno se ne accorgerà e se la sua presenza a Madrid o a Lisbona venisse segnalata si potrà sempre dire che è scappata. Questa persona avrà più prestigio con gli Alleati, che presteranno più fede a un anti-fascista che a un diplomatico che serve il regime fascista; potrà mettere bene in chiaro che il Re intende operare un taglio netto col regime fascista e con ·la Germania; e tra l'altro. mentre un sondaggio. fatto da un diplomatico italiano, potrebbe essere utilizzato dagli Alleati per provocare uno scandalo, non potrebbero certo provoca,re uno scandalo se il sondaggio lo facesse un anti-fascista militante, perché non potrebbero mai far credere che egli agisse per conto di Mussolini.

[Acquarone:] Non è facile. Si potrebbe trovare la persona adatta, ma bisognerebbe dargli molte spiegazioni e istruzioni, e questo è pericoloso, perché non si sa fino a che punto il segreto potrebbe essere mantenuto. Con questa gente bisogna restar sempre sulle generali, per non compromettere il Re. Quindi, se mai, a una tale missione si potrebbe pensare solo quando vi sarà una decisione definitiva e imminente.

[Vitetti:] Ma una tale decisione il Re non la potrà prendere che quando gli Alleati saranno in grado di affrontare i Tedeschi, e quindi dopo, o almeno alla vigilia del loro sbarco in Italia, e allora una tale missione non avrà più scopo.

[Acquarone:] Caro mio, qui il segreto è la cosa più importante, perché se salta il segreto salta tutto, e bisogna dire e non dire, far capire che un mutamento vi sarà ma non entrare in particolari. Che cosa ne penseresti del Vaticano?

[ViteUi:] Il Vaticano non credo che possa fare molto. Intanto ti dirò che esso è informato perché Ciano ha detto molte cose al cardinale Salotti e d'Ajeta al cardinale Maglione. Ma il Vaticano ha una tradizione di prudenza, dalla quale è difficile che si stacchi. E comunque non so come si possa dire al Papa «compromettetevi voi per non compromettere il Re ». Se il Re, come mi pare di aver capito, pensa a rovesciare il regime fascista, e a richiamare al Governo i vecchi uomini del regime liberale, e questa è l'unica soluzione logica, bisogna che li chiami a dividere l'opera che egli ha in mente di svolgere. Non vedo niente di male a illustrare loro la vera situazione e le gravi difficoltà che bisogna affrontare.

[Acquarone:] Tiene presente che sono gente inacerbita, e sospettosa, e non si può parlare con loro a cuore aperto. Poi non bisogna neppure esagerare le difficoltà, e io non vedo le cose così scure come le vedi tu.

[Vitetti:] Io le vedo scurissime, ma sono d'avviso che, se bisogna agire assumendosi tutti i rischi, bisogna avere una chiara nozione di questi rischi, e il maggiore è la reazione tedesca. Per questo bisogna conoscere che cosa faranno gli Alleati. Il problema non è mettere fuori Mussolini e rovesciare il regime fascista. Niente di più facile, tanto dal punto di vista costituzionale, perché il Re può quando vuole licenziare Mussolini e nominare un successore, e tra l"altro è il successore che deve controfirmare il decreto del Re, tanto dal punto di vista politico perché Mussolini e il fascismo sono già morti e sepolti. Quello che è difficile è evitare che i Tedeschi rimettano Mussolini al suo posto, e restaurino il regime fascista con le loro armi. Io sono certo che tenteranno di farlo. So benissimo che non tutti sono della mia opinione, e che, tra i nostri stessi militari, ti cito proprio il gen. Castellano, si pensa che i Tedeschi abbandoneranno l'Italia. Io lo escludo: Hitler non può lasciare impunito il rovesciamento di Mussolini, perché tra l'altro non può dare incoraggiamento agli Ungheresi e ai Romeni, e a quegli stessi Tedeschi, che sarebbero felici di rovesciare il regime nazista. Possiamo noi resistere a una Stratexpedition tedesca con le sole nostre forze? Io ti rispondo chiaramente di no. Rovesciare Mussolini significa entrare in guerra con la Germania, e per entrare in guerra con la Germania abbiamo bisogno che gli Alleati sbarchino in Italia, e che ci diano man forte, se non fosse altro per assicurarci i rifornimenti. Coloro che fantasticano di rompere l'alleanza d'accordo con i Tedeschi, e di tornare neut.rali o di negoziare contemporaneamente con i Tedeschi e con gli Alleati sono dei visionari, e non solo non conoscono i Tedeschi, ma non si rendono neppure conto dello stato d'animo degli Alleati, i quali, qualora noi dicessimo che vogliamo tornar neutrali, si metterebbero per lo meno a ridere.

[Acquarone:] Sono d'accordo con te, ma qui si tratta di uscire al più presto da questa situazione, e, ragionando come ragioni tu, si tira invece per le lunghe.

[Vitetti:] Militarmente non si può non tirare per le lunghe, perché . il nostro esercito, piccolo, disarmato e senza rifornimenti non può affrontare da solo la Stratexpedition tedesca, ed è illusione credere che Hitler resti a guardare. Politicamente bisogna agire subito, e far conoscere subito agli Alleati le intenzioni del Re, le difficoltà che si devono affrontare, i pericoli ai quali l'Italia è esposta. Ma questo non lo può fare né Bastianini né nessun emissario che provenga dal regime fascista, lo può fare solo un uomo politico antifascista.

[Acquarone:] Mi pare molto difficile. Tu questi antifascisti non li conosci: sono dei rammolliti, e non hanno che un solo desiderio, quello di prendere il Governo, dopo di che il paese verrà gettato nel caos. Io ne ho visto qualcuno e mi ha fatto un'impressione disastrosa. Bisogna uscire dalla guerra, ma non bisogna fare la fine della Russia, e questi vecchi parlamentari sono debolissimi.

[Vitetti:] Caro mio, ti potrei rispondere che non si distrugge una classe politica, e poi si può volere che essa sia in grado di salvare il paese. Sono dei vecchi, ma delle persone per bene, come Bonomi e Casati. E comunque che altro volete fare A chi altri può rivolgersi il Re? Qui ti ripeto bisogna aver ben chiaro in mente che il fascismo è finito, gli uomini del fascismo sono liquidati, e bisogna metterli fuori. Essi non possono essere di alcuna utilità né al paese né alla Monarchia, e all'uno e all'altra hanno già fatto gravissimi e forse irreparabili danni. Se il Re cerca ora di tirarli a salvamento rovesceranno col loro peso morto la barca della Monarchia.

[Acquarone:J Tu sottovaluti, secondo me, l'influenza dei capi fascisti o almeno di alcuni di loro, che, in un primo momento, potrebbero servire a evitare un troppo brusco passaggio.

[Vitetti:J In questo non sono affatto d'accordo con te. Il passaggio sarà brusco, appena Mussoìini sarà scomparso. Nel paese vi sarà un'esplosione di gioia, perché la gente capirà che la scomparsa di Mussolini significa la fine della guerra, ma vi sarà anche una esplosione di rancori, di vendette, di odi. I capi fascisti saranno travolti. Essi non se ne rendono conto perché sono degli stupidi, e anzi sono tanto stupidi che pensano di succedere a Mussolini,

o di inserirsi in una situazione nuova. È utile in questo momento che siano stupidi, perché faciliteranno la liquidazione del fascismo, ma sarebbe molto dannoso poi affidare a degli imbecilli simili le sorti dello stato. Non credo che bisogna avere alcuno scrupolo nell'ingannarli. È gente che è vissuta per vent'anni fuori di ogni legge morale, prepotentando e rubando, e che ora si appresta a compiere degnamente la propria carr·iera con il tradimento. Tradiscono Mussolini perché la guerra è perduta, avrebbero tradito il Re se la guerra fosse stata vittoriosa. Ingannali pure, ma non ingannare te stesso circa la loro sia pur provvisoria utilità. Tu mi dici che poi tutti finiranno a Regina Coeli, io ti dico che non sono sicuro che farai a tempo a mandarli a Regina Coeli, se si scatenerà, come si scatenerà contro di loro, l'indignazione popolare. Tu temi

che il passaggio sia brusco, io temo che, per renderlo meno brusco, lo si renda meno chiaro; e, tanto dal punto di vista interno quanto dal punto di vista internazionale, questo è un pericolo.

[Acquarone:] Va bene. Lasciamo queste cose. In pratica quello che è importante è come uscire dalla guerra. Il resto sono chiacchiere. Il Re manda via Mussolini, e nomina, supponiamo, Badoglio. Badoglio che fa?

[Vitetti:] Badoglio si deve preoccupare di una sola cosa: come fronteggiare la reazione tedesca. Il problema è quello di sapere se gli Alleati sono in grado di sbarcare subito in Italia o no. Se le forze italiane dovranno impegnarsi da sole contro i Tedeschi saranno schiacciate e il rovesciamento di Mussolini finirà in un'avventura romantica e sanguinosa. Se e quando le forze alleate saranno in condizione di sbarcare in Italia, e affrontare con noi la Germania, 11 Re potrà metter fuori Mussolini e Badoglio potrà spazzar via il regime fascista. Intanto, ti ripeto, la sola cosa che si può fare è di mettere al corrente gli Inglesi e gli Americani di questa situazione e delle intenzioni del Re. Se agiamo troppo presto saremo invasi e sopraffatti dai Tedeschi, che restaureranno il regime fascista e ci trascineranno al disastro. Se non prendiamo subito contatto con gli Alleati la nostra uscita dalla guerra perderà tutto o quasi tutto il suo valore. Bisogna che diplomaticamente agiamo al più presto, militarmente al più tardi possibile, e voglio dire avendo il più di tempo che si ha a disposizione per preparare le nostre misure di difesa contro i Tedeschi e per avvicinare il più possibile il rovesciamento di Mussolini allo sbarco alleato.

[Acquarone:] Questo discorso dovresti farlo a quei vecchi antifascisti nei quali tu hai tanta fiducia e che sono tanto imparziali. In ogni modo sta tranquillo, non essere, come al tuo solito, così pessimista, e vedrai che tutto andrà a posto. Quello che mi raccomando è il segreto, e di non nominare mai il Re. Il Re interverrà quando crederà di intervenire. Io sono qua per riferirgli le cose che sento. Il Re deciderà e siccome ha molta testa deciderà bene.

(l) -In Carte Vitetti. (2) -Questo resoconto è stato scritto a matita da Vitetti su un blocco per appunti. (l) -Due parole non decifrate. (2) -Vedi D. 395.
407

IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3770/260-261-262-263-264-265 R. Kabul, 9 giugno 1943, ore 15,30 (per. ore 23,15 dell'11).

Ringrazio l'E. V. per le comunicazioni di cui al telegramma di V. E. n. 54 (1). Politica tedesca non tiene conto mutamenti verificatisi in India in questi quattro anni.

Azione Congresso diretta a riunire comunità indiane al di sopra differenze religiose per mezzo della razza e tradizioni comuni contro l'Inghilterra è fallita. Esperimento Governo congressista in varie provincie ha contribuito senza dub

bio, ma principale ragione fallimento è secondo me che esso sotto influenza ideologie democratico-comuniste ha voluto ignorare elementi religiosi che nella vita indiana specialmente per quanto concerne massa hanno ancora risalto. Per le masse indù conseguenze politiche sono state in parte neutralizzate da atteggiamento da «guru l> assunto da Gandhi; ma fra le masse musulmane essa ha invece provocato reazione religiosa cui risultato è appunto Pakistan.

Che inglesi possano aver avuto loro parte nel lanciare Pakistan è possibile ma non si deve confondere Pakistan con vecchia storia della coda di vacca

o di porco gettata rispettivamente nel tempio o nella moschea. Pakistan si è sviluppato ed ha preso [piede] perché ha trovato nelle masse musulmane eco sincera e profonda: è nuova forma antica questione se l'India debba essere considerata Darulislam o Darulharb.

Ancora nel 1939 si poteva a ragione considerare Lega Musulmana come partito rumoroso senza base, di capitalisti e di grossi proprietari, partito di generali senza soldati come partito liberale e indù Mahasabha. Se oggi Lega Musulmana è diventata indiscutibilmente partito di massa ciò è dovuto a risposta che ha trovato idea Pakistan. Se a Berlino potessero materialmente vedere qualche giornale della Lega non avrebbero più dubbio circa base religiosa Pakistan: ancora due anni addietro se si domandava a qualcuno delle tribù della frontiera chi erano Jinnah e la Lega Musulmana nessuno lo sapeva: oggi tutti sanno che sono quelli che lottano perché musulmani possano continuare vivere in India secondo la loro legge religiosa.

Nel corso di pochi mesi Jtnnah è riuscito sfasciare movimento camicie rosse e coalizione Fazlulhuq. Congresso cerca ancora agitare partito Momin, ma nem· meno stampa congressista ha aria di cr,ederci quando afferma che esso rappresenta 85 milioni musulmani. Può darsi che inglesi abbiano aiutato ma non sarebbero riusciti se Lega Musulmana con Pakistan non avesse avuto dietro di sé appoggio delle masse.

Piaccia o non piaccia bisogna oggi considerare il Pakistan non come teoria che si può combattere ma come fatto di cui chi deve occuparsi dell'India deve tener conto. Musulmani saranno meno intelligenti, attivi, civilizzati degli Indù ma sono più vtrili ed hanno dietro di sé tradizioni religiose e di dominio vecchie ormai in India di mille anni; sarebbe forse ancora possibile unirli agli Indù nella lotta contro dominio inglese ma a condizione che Indù accettino in principio idea Pakistan. Volerli obbligare a lottare oggi per la creazione in India di uno stato a maggior~nza indù sotto la cui legge sarebbero obbligati a vivere è la stessa cosa che volesse obbligare magiari a lottare per la Romania o i tedeschi per la Cecoslovacchia. Se si dovesse fare domani plebiscito sulla questione del Uakistan risultato sarebbe altrettanto dubbio quanto quello del plebiscito della Sarre.

Quanto ho detto si riferisce naturalmente alle Provincie della frontiera, Belucistan, Sinde, Punjab e qualche zona limitrofa dove musulmani sono in stragrande maggioranza: per altre zone musulmane separate come Bengala questione è più complessa.

Che da parte tedesca si voglia con la propaganda fare il possibile per condurre ad una unificazione del movimento anglofono è giustissimo: nelle attuali condizioni però unica direzione in cui si potrebbe lavorare a questo proposito sarebbe di cercare di persuadere Congresso accettare in principio Pakistan se confermato da plebiscito.

Sulla onestà politica di Jinnah ho sempre fatto necessariamente molte riserve: ammettiamo anche che sia esatto quello che pensano molti capi congressisti che egli sia cioè agente inglese, migliore politica per il Congresso sarebbe in questo caso quella di smascherarlo mettendolo alla prova. Accettino Pakistan in principio: se dopo questo egli si rifiuterà di collaborare col Congresso contro l'Inghilterra, Congresso avrà pieno diritto di accusarlo di lavorare per gli inglesi. Poiché masse indiane sia Indù sia Musulmane sono antiinglesi questo atteggiamento obbligherebbe Jinnah a seguire le masse oppure porterebbe rapido sgonfiamento Lega Musulmana con nuove possibilità per il Congresso riprendere suo lavoro unificazione su nuove basi; ma fino a che Congresso mantiene suo atteggiamento negativo nei riguardi Pakistan esso non fa altro che rinforzare Jinnah e suo partito.

Del resto ho l'impressione che questa sia anche opinione Gandhi. Sua lettera a Jinnah intercettata dagli inglesi colle stesse parole può essere abile principio di politica diretta a mettere Jinnah colle spalle al muro: purtroppo anche Gandhi ha le sue difficoltà con le teste accese del Congresso. In ogni modo ripeto per quanto concerne nostra propaganda credo che può utilmente servire la causa della unificazione anti-inglese dell'India consigliando Congresso a mostrarsi ragionevole ed a riconoscere realtà.

Solo fatto che propaganda inglese radio e stampa lavori su linea sostanzialmente identica a quella proposta da Berlino dovrebbe far pensare simile linea propaganda non corrisponde ai nostri interessi.

Il merito al punto terzo del Vostro telegramma osservo poi che Lega Musulmana non ha mai parlato di stato panislamico: ha parlato di solidarietà del mondo musulmano il che è tutt'altro: è probabile che Jinnah nel suo programma politico pensi che Pakistan dovrebbe comprendere attuale Afghanistan. Ho del resto i miei dubbi qualora sl stabilisse nell'India del Nord forte Stato musulmano se sua naturale forza di attrazione non sarebbe tale rendere impossibile continuare Afghanistan attuale: ma più in là, non ha mai pensato di andare.

Ciò premesso converrebbe anche che tedeschi non si facciano eccessive illusioni sull'effetto della loro propaganda: non pensino cioè che predicare ai musulmani l'unità ciò possa aver molto effetto: lo stanno facendo da tre anni e mezzo ed il risultato fino a questo momento è stato formidabile rafforzamento della Lega. In genere occorre tenere presente che nostra propaganda può avere effetto soltanto quando va secondo esigenze dell'opinione pubblica indiana. Per il resto essa serve soltanto a fare indovinare quali sono nostre possibili intenzioni: e come ho ripetutamente detto propaganda sia di Tokio che di Berlino in questo momento tende a dare impressione a musulmani che noi appoggiamo precisamente quello che tutto al più non vogliono: costituzione di un'India in cui essi siano minoranza.

Altro punto su cui converrebbe che Berlino avesse idee chiare è che anche se si dovesse in qualche modo realizzare unità Indù-musulmana questo non

vuol dire affatto che come conseguenza vi sarà indipendenza dell'India o una rivoluzione indiana. Quando anche si arrivasse ad un accordo completo fra Gandhi e Jinnah inglesi potranno sempre ricordare che c'è indù Mahasabha, dottor Ambed Kar o qualche principe per poter dire che non c'è unanimità fra i vari partiti indiani ed anche in questo caso Congresso e Lega continueranno a strillare ed a lasciar fare.

Base durante il suo passaggio per Kabul mi ha detto che il giorno in cui un esercito straniero fosse entrato nell'India questa si sarebbe sollevata. Ho i miei dubbi e molto forti anche su questo; quello che è certo è che fino a quando inglesi e americani avranno in India truppe e materiale che hanno, una rivoluzione indiana è fuori questione. Rivolta dell'anno scorso è stata massimo che India può dare. Una rivolta soffocata nel sangue e negli arresti porta per qualche tempo aumento dell'odio ma anche diminuzione parte migliore forze rivoluzionarie: purtroppo persone che in India sono convinte che per aver libertà occorre lottare anche con altri mezzi che non i discorsi ed i bollettini di voti sono poche ed ora assai ridotte di numero.

Massimo che noi possiamo attendere dall'India è: l) -che in caso di invasione essa non faccia causa comune con i nostri nemici ma assista da spettatore passivo non sfavorevole alla guerra degli altri; 2) -che perduri in India volontà liberazione dal giogo inglese in attesa che nell'immancabile crisi del dopo guerra, quando inglesi non potranno tenere in India truppe che vi tengono oggi, essi non saranno in grado resistere alla pressione indiana e saranno costretti in una forma o in un'altra a concedere indipendenza dell'India e per conseguenza a perderla.

E' fuori dubbio che inglesi in India fino ad ora hanno fatto possibile per facilitare nostro giuoco: scopo della nostra propaganda per ora almeno dovrebbe essere quindi sopratutto negativo: mettere in luce desiderio Inglesi restare in India ed in tutto l'Oriente, mettere in luce sfruttamento economico India, loro desiderio mantenere India in stato di inferiorità politica ed economica e cercare di convincere che inglesi non vinceranno la guerra.

Mi sono del resto molte volte domandato se è veramente nel nostro interesse una unione dei principali partiti India: per quanto poco probabile, se gli inglesi dovessero davvero decidersi a fare a India concessioni sostanziali, risultato potrebbe anche essere quello di trasformare attuale guerra in guerra nazionalista almeno contro il Giappone.

Atteggiamento verso musulmani India dovrebbe essere secondo me dettato dal nostro atteggiamento verso musulmani vicino Oriente. Mondo musulmano, in Afghanistan ed in India è seriamente preoccupato di quella che possa essere sorte musulmani di fronte imperialismo anglo-americano ed a politica ebraica da una parte e da minaccia indù, che essi suppongono in qualche maniera collegata anche essa con imperialismo anglo-sassone. Se ritengasi che giocare sulla molla nazionale religiosa per gli arabi può essere utile per noi ai fini della nostra guerra, occorre adottare attitudine favorevole anche nei riguardi musulmani India e loro Pakistan almeno nella forma di consigliare Congresso a cedere. Eccitare sentimento nazionale religioso degli arabi contro gli anglosassoni ed ebrei da una parte e dall'altra consigliare musulmani India di restare a far parte di uno Stato a maggioranza indù ed a unirsi ad un partito sostanzialmente anti-religioso è impossibile. C'è troppa gente qui ed in India che paragona quello che noi diciamo agli arabi ed agli indiani: ne verrebbe di conseguenza che noi non siamo logici o peggio ancora che non siamo onesti. Una volta radicata qui questa opinione farebbe presto a passare anche nei paesi arabi: sarebbero i primi inglesi a modo loro a pensarci. Se invece questo non ci interessa allora possiamo dire in India quello che più ci piace: tenere presente sempre però che è ritenuto nel nostro interesse avvenire di non mostrarci favorevoli ed ostili a nessuno dei vari partiti indiani.

In questo senso per esempio ritengo impolitici attacchi violenti e personali che ogni tanto propaganda tedesca fa contro Jinnah: noi non lo facciamo e facciamo bene.

(l) Vedi D. 363.

408

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. 3722/242 R. Budapest, 9 giugno 1943, ore 23 (per. ore 19 del10).

Come avevo annunciato, Eccellenza, con mia lettera n. 1350/713 del 4 corrente (1), il presidente del Consiglio è venuto oggi in Legazione ed ho avuto cosi modo di esprimermi in conformità delle istruzioni di V. E. (2). Kallay mi ha assicurato che egli ispira strettamente la sua azione politica alle direttive italiane e che continua a vedere nell'Italia l'unico Paese che può servire di guida all'Ungheria in questo grave periodo della sua vita nazionale. «Gli orientamenti della politica italiana mi serviranno sempre di norma, ha detto il Presidente del Consiglio. Sono soddisfatto che il mio discorso abbia trovato eco favorevole in Italia, come ho potuto rilevare dall'articolo di Gayda che lo commenta giustamente. Tengo presenti le raccomandazioni italiane per quanto si riferisce al mio atteggiamento verso la Germania: tanto il Ministro Guerra Nagy che Capo Ufficio Stampa andranno via e mi rincresce di separarmi da quest'ultimo che mi aveva reso eccellenti servizi. Probabilmente, ed anche inspirandomi alle ragioni generali che hanno determinato questo cambiamento, Ghyczy diventerà Ministro degli Affari Esteri. La cosa non è ancora decisa ma questo non altererà evidentemente il corso della politica estera magiara. In una parola, farò di tutto perché si raggiunga un equilibrio fra quello che è lo spirito della opinione pubblica ungherese, e che quindi cerco sempre di interpretare, ed il chiaro consiglio italiano inspirato al vero interesse dell'Ungheria e lealtà verso l'Asse. Occorrerà che io sappia sempre tempestivamente quale è il punto di vista dell'Italia, ma posso garantirvi che non demorderò da tale atteggiamento. So che anche nel

Paese il mio discorso ha avuto una buona accoglienza in quanto che con esso ho cercato di far opera pacificazione ma esaltando soprattutto un concetto a noi caro, quello della civiltà cristiana e latina. Qualcuno mi ha rimproverato di aver messo l'Italia innanzi tutto e che il mio discorso è di ispirazione italiana: non me ne dolgo. L'ispirazione è magiara lo spirito amicizia italiano e spero di essere sorretto in questo intento».

Queste le attuali dichiarazioni Presidente del Consiglio che mi sembra coincidano con i nostri propositi.

Per quanto concerne la situazione interna, mi riferisco a quanto ho a varie riprese segnalato sull'argomento nel senso che il discorso di Kallay, nonostante i suoi abili accenni all'Asse, non ne muta l'atteggiamento sostanziale.

Il contegno di Kallay, specie dopo promesse fatte di procedere alle note sostituzioni, viene seguito con riserva, ma senza ostilità, da questo Ministro di Germania che anche di recente mi ha confermato tali suoi sentimenti.

(l) -Non rinvenuta. (2) -Non rinvenute, ma si vedano i DD. 321, 340 e 372.
409

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. PER CORRIERE 3742/0139 R. Berlino, 9 giugno 1943

(per. Z'11).

Mio telegramma 920 del 29 maggio u.s. (l). Ho iniziato con Steengracht l'annunziato esame dei singoli problemi relativi alla Croazia.

Rimandando alla settimana prossima la trattazione delle questioni economiche, con la partecipazione dei collaboratori tecnici della R. Ambasciata e dei corrispondenti Funzionari dello Auswli.Ttiges Amt, ho prospettato oggi -punto per punto e valendomi di tutti i dati e di tutte le argomentazioni fornitemi le singole questioni politiche indicate nell'appunto di cui alla lettera di V. E.

n. 8/2838 del 17 maggio (2), e cioè: irredentismo, clientele politiche, stampa e propaganda, marina da guerra.

Come Auswli.rtiges Amt segnalerà a codesta Ambasciata di Germania e alla Legazione di Germania a Zagabria, Segretario di Stato ha riaffermato in termini categorici che gli accordi esistenti, i quali riconoscono essere la Croazia spazio vitale italiano, rappresentano dati di fatto fermi ed incontrovertibili, che possono e debbono trovare nei vari campi concreta applicazione.

39 -Documenti diplomatici • Serle IX • Vol X

In merito ai singoli rilievi da noi mossi Steengracht ha espresso n desiderio di ottenere ove possibile ulteriori particolari, allo scopo di poter prendere provvedimenti e statuire eventuali esempi. Ho osservato per parte mia come non fosse sempre facile in tali materie addurre minute documentazioni in appoggio a quanto esposto: e come -per le peculiari caratteristiche dell'ambiente e del momento -non si trattasse tanto di denunziare e reprimere particolad attività di singoli organi, quanto e più di ottenere che tutti gli organi germanici collaborassero attivamente con i nostri, allo scopo di evitare ogni equivoco ed il prodursi di situazioni pericolose. Ed ho insistito affinché nuove precise istruzioni in tal senso fossero da parte tedesca impartite a Zagabria.

A conclusione della discussione, svoltasi in termini di cordiale franchezza, siamo rimasti d'accordo nel considerare che la nomina del nuovo Ministro italiano a Zagabria potrebbe offrire occasione propizia per impostare -fin dai suoi primi contatti -i rapporti reciproci dei due Rappresentanti diplomatici e l'opera di tutti gli organi italiani e tedeschi in Croazia, su un piano di collaborazione veramente fiduciosa e attiva: e che, al tempo stesso, converrebbe riconfermare da una parte e dall'altra la direttiva che ogni segnalazione di carattere politico ai rispettivi governi debba essere inoltrata per l'esclusivo tramite dei due Capi Missione.

Sarò grato a V. E. di farmi conoscere se quanto precede incontri la Vostra approvazione; e di ogni indicazione che fosse stimata utile per lo sviluppo del negoziato in corso (l).

(l) -Vedi D. 370. (2) -Vedi D. 331.
410

L'AMBASCIATA D'ITALIA PRESSO LA SANTA SEDE ALLA SEGRETERIA DI STATO DI SUA SANTITA

NOTA VERBALE. Roma, 9 giugno 1943.

La R. Ambasciata d'Italia ha l'onore di riscontrare J.e Note dell'Eccellentissima Segreteria di Stato n. 1219/43 e n. 3083/43 in data, rispettivamente, del 28 febbraio e del 22 maggio u.s. (2), il cui contenuto, come verbalmente comunicato, non ha mancato di sottoporre prontamente all'attenzione del R. Governo.

La R. Ambasciata d'Italia, d'ordine del suo Governo (3), ha l'onore di comunicare al riguardo quanto appresso:

Il R. Governo, giusta le assicurazioni fornite il 20 dicembre dello scorso anno dall'Ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede all'Eminenza Reverendissima il Segretario di Stato (4), è venuto gradualmente attuando la rimozione da Roma dei Comandi militari trasferendo dalla Capitale sia il Comando

Supremo che gli Stati Maggiori del R. Esercito, della R. Marina e della R. Aeronautica.

Sia il predetto Comando Supremo che i predetti Stati Maggiori sono oggi infatti in sede di campagna e gli unici uffici dei dicasteri militari che continuano ad essere ospitati negli edifizi cittadini sono, oltre agli uff1ci dei reparti militari territoriali, gli uffici storici e gli uffici di carattere contabile o tecnicoamministrativo, anch'essi in corso di trasferimento o di liquidazione.

Analoghe misure sono state adottate per il trasferimento degli organi militari germanici di collegamento. Essi hanno seguito o si accingono a seguire, fuori Roma, i rispettivi Comandi militari italiani.

Circa, poi, la rimozione degli obiettivi militari da Roma e immediate vicinanze, questa fa parte di un processo di decentramento che viene attuato per le esigenze stesse della difesa nazionale, ma che non può peraltro estendersi, come è ovvio, fino ad includere l'allontanamento dalla Capitale delle forze di presidio necessarie alla protezione e alla sicurezza cittadina.

Il R. Governo, è venuto adott81ndo i suesposti provvedimenti, oltre che per le sopraccennate esigenze di decentramento, anche e soprattutto per venire incontro, fino al limite del possibile, al desiderio della Santa Sede di eliminare ogni inconveniente ed ogni pericolo che, in conseguenza di attacchi aerei, potesse,ro verificarsi a danno della Città del Vaticano, degli edifici extraterritoriali pontifici e dei monumenti religiosi dell'Urbe, come per aderire alla umanitaria azione che la Santa Sede ha compiuto e compie tuttora per risparmiare al massimo centro della Cristianità l'oltraggio dell'indiscriminato bombardamento aereo inflitto alle altre città italiane.

(l) -Per la risposta di Bastianini, vedi D. 429. (2) -Vedi D. 63 e D. 382, allegato. (3) -Vedi D. 404. (4) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 425, allegato II.
411

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO

T. U. 18924/398 P. R. Roma, 10 giugno 1943, ore 13,30.

Vostri n. 475 e 476 (1).

Vogliate far seguito a comunicazione già fatta a codesto Ministero Esteri (Vostro 475) partecipando da parte nostra, con nota ufficiale, riconoscimento nuovo Governo Repubblica Argentina di cui apprezziamo propositi, che sono parimenti nelle nostre intenzioni, di continuare buone tradizionali relazioni tra due Paesi.

Per Vostra norma analoga decisione è stata presa dal Governo del Reich (2).

(l) -Vedi D. 405. (2) -Con T. 3781/14892 R. del 12 giugno 1943, ore 20,30, non pubblicato, Garbacelo comunicava di aver eseguito le istruzioni e trasmetteva i ringraziamenti del generale Ramirez.
412

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI

T. 83/258 R. Roma, 10 giugno 1943, ore 24.

Vostri 0322 e 0335 (l).

Nel prendere atto delle informazioni comunicate con i telegrammi per corriere suindicati, si prega codesta R. Legazione di voler seguire attentamente gli ulteriori sviluppi della politica razziale seguita da codesto Governo, tenendo presente la necessità di intervenire tempestivamente presso le competenti autorità bulgare qualora i connazionali di razza ebraica dovessero essere colpiti da provvedimenti di rigore per il solo fatto di appartenere a tale razza.

Inoltre codesta R. Legazione potrà prestare ogni assistenza a originarie cittadine italiMle ebree o ariane coniugate con ebrei cittadine bulgare per matrimonio o in altro modo [che] siano oggetto di misure di possibile deportazione

o di internamento in campi di concentramento.

Lo stesso intervento è stato attuato con esito favorevole presso le autorità tedesche di Salonicco dove i connazionali di razza ebraica e le donne origi~ narie italiane sono state esentate dalla deportazione.

413

L'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. u. 3753/14830 R. Buenos Aires, 11 giugno 1943, ore 14,55 (per. ore 22,45).

È stato pubblicato stamane comunicato circa decreto che sospende uso linguaggio in codice (convenuto o cifrato) in comunicazioni radiotelefoniche e radiotelegrafiche internazionali. Provvedimento, di cui fino a questo momento ignorasi testo ufficiale, viene giustificato con adesione Argentina a 40a Risoluzione Conferenza Rio de Janeiro.

Decreto è già entrato in vigore. Ne trasmetterò appena possibile testo mtegrale (2).

(l) -Vedl D. 367. (2) -Vedl D. 421.
414

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 17645/0374 P. R. Sofia, 11 giugno 1943 (per. il 14).

Telegramma di V. E. n. 243 del 3 giugno (1).

Non ho mancato di portare a conoscenza di questo Presidente del Consiglio le parole con le quali l'E. V. ha voluto comunicarmi che il R. Governo approva ed apprezza lo spirito di amichevole collaborazione che anima il Governo di Sofia nei suoi rapporti, paralleli e cordiali, con Budapest e con Bucarest.

Il Presidente Filoff ringrazia vivamente per le cortesi espressioni e dà conferma che il Governo bulga.ro continuerà nella via prescelta allo scopo di contribuire alla creazione di una migliore atmosfera ~ra gli Stati dell'Europa orientale che sono schierati a fianco dell'Asse.

Circa i rapporti bulgaro-ungheresi, informo che il viaggio in Bulgaria del gruppo dei giornalisti magiari si è svolto tra manifestazioni di viva cordialità tanto in questa capitale quanto nelle provincie. Gli ospiti tra l'altro sono stati da Re Boris insigniti di decorazioni bulgare.

415

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3801/0377 R. Sofia, 11 giugno 1943 (per. il 14).

Il discorso pronunciato martedì scorso dal Capo dello Stato turco, Ismet Inonu, dinanzi al sesto Congresso del partito repubblicano, ha, nel complesso, avuto un effetto tranquillizzante in Bulgaria.

Me ne ha parlato questo Presidente del Consiglio per porre in rilievo come, dalle parole di Ismet, venga confermato, per quanto anche questa volta egli non abbia fatto uso della parola «neutralità», il desiderio turco di seguire, fino ai limiti del possibile, la linea ad oggi prescelta ed attuata.

L'accenno anzi alle difficoltà che si verificheranno anche dopo la fine delle ostilità viene qui interpretato come una conferma della volontà !}ella Turchia di esercitare una importante funzione, con n mantenere intatte attualmente le sue forze, soprattutto nel dopoguerra; e ciò forse anche, in certo modo, interpretando i programmi dell'Inghilterra che evidentemente non può non contare sulla pedina turca per affrontare, nel caso di una sua vittoria, i complessi problemi politici dell'Europa sud-orientale e del vicino Oriente.

(l) Vedl D. 385.

416

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 8831/1496. Berlino, 11 giugno 1943 (1).

Rientro in questo momento da Fuschl, dove mi sono recato a visitare von Ribbentrop che, come è noto, aveva vivamente sollecitato di vedermi in occasione del terzo anniversario della entrata in guerra dell'Italia (2).

La conversazione che ne è seguita -durata circa cinque ore -è stata questa volta particolarmente esauriente e dettagliata; e, contrariamente a quanto è avvenuto in tutti gli altri precedenti colloqui, durante i quali veniva fatta una esaltazione della Germania e una ricorrente affermazione della sicura vittoria e dell'annientamento del nemico, la conversazione questa volta ha avuto il tono di una misurata discrezione e di un comprensibile riserbo .

Durante il colloquio, che è stato intonato a schiettezza e cameratismo, si è finalmente parlato con molta sincerità, sostenendo ciascuno il suo punto di vista, alcune voite anche vivamente, senza che peraltro ciò alterasse la cordialità dell'atmosfera.

l. Situazione generale nei confronti degli alleati, dei neutrali e dei paesi occupati. Ribbentrop ha rilevato che, se tra gli avvenimenti verificatisi dal 10 giugno 1940 v'è da registrare qualche insuccesso, le vittorie raggiunte sono tali da permettere un bilancio chiaramente attivo, creante la sicura base per il successo finale. Successo indubbio, qualora tutte le potenze del Tripartito conservino ferma volontà di vittoria e ai tentativi nemici di sbarco oppongano la più tenace resistenza, mostrando agli anglo-americani il ve,ro, duro aspetto della guerra.

Tra le poste attive di bilancio, Ribbentrop ha citato la sconfitta della Francia e dei piccoli paesi suoi alleati, la cacciata degli inglesi dal continente, l'entrata in guerra del Giappone, l'attacco preventivo contro la Russia e il salasso di uomini e di materiali ad essa inflitto; tra le poste passive invece la perdita delle posizioni africane, la mancata eliminazione dell'URSS dal conflitto ed i danni arrecati dai bombardamenti aerei.

Il Ministro considera fortissima la posizione del Giappone in estremo oriente,

e non esclude -anche se senza farvi troppo conto -che i giapponesi aumen

tino in avvenire la loro attività; mentre d'altra parte Roosevelt non potrebbe

trascurare troppo il teatro della lotta nel Pacifico.

Pieno affidamento potrebbe sempre farsi sulla fedeltà degli alleati finlandesi, ungheresi e romeni, anche se essi (e qui Ribbentrop ha accennato a Kallay ed a Mihai Antonescu) hanno ultimamente manifestato certe esitazioni non molto gradite alla Germania. Ma la sorte dell'Ungheria e della Romania è ormai strettamente legata a quella della Germania, e, distaccandosene, esse andrebbero incontro a sicura fine.

Al momento di uno sbarco anglo-americano nei Balcani, la Bulgaria scenderebbe immediatamente in linea con 28 divisioni di prim'ordine.

La Turchia non avrebbe alcun interesse di abbandonare la su·a politica di neutralità e si potrebbe essere sicuri dell'atteggiamento del Portogallo e della Spagna, pur dovendo constatarsi con amarezza nei riguardi di quest'ultimo paese, che se Franco avesse ascoltato i suggerimenti a suo tempo datigli, oggi le truppe dell'Asse si troverebbero a Casablanca ed a Dakar.

Le truppe tedesche in Norvegia servirebbero infine a garantire il mantenimento della neutralità della Svezia.

Passando a trattare dei paesi occupati, Ribbentrop si è detto soddisfatto dei risultati raggiunti dalle operazioni dirette contro Mihailovic, rilevando come invece meno soddisfacenti siano state quelle condotte contro le bande di Tito.

Non bisognerebbe ad ogni modo contare sull'eliminazione totale della « guerrilla » nella penisola balcanica, tenendo presente che anche in Russia i partigiani non sono in fondo mai riusciti ad impedire il regolare rifornimento delle truppe tedesche al fronte. Basterebbe far sì che le bande non siano troppo numerose o troppo attive al momento di un eventuale tentativo di sbarco.

Il Ministro ha quindi accennato a «misure preventive» da prendersi in Francia a seguito della fuga del Generale Georges e al fine di evitare altri passaggi al nemico, nonché a quelle già prese in Olanda con la revoca del provvedimento di liberazione dei prigionieri e ad altre analoghe relative alla Norvegia.

Nei vari paesi occupati il controllo sarebbe tuttavia saldissimo in mani tedesche e dal Golfo di Biscaglia al Caro Nord la Germania avrebbe tutto predisposto per trasformare in catastrofe pel nemico qualsiasi tentativo di sbarco.

2. Russia. Il fronte orientale germanico -ha detto il Ministro -è ora saldo e pronto ad ogni evenienza, come ha recentemente dimostrato il fallimento dei ripetuti tentativi sovietici di eliminare la testa di ponte del Kuban.

Ribbentrop si è mostrato particolarmente riservato nei riguardi di eventuali, future iniziative germaniche in oriente, limitandosi a rilevare che, forse, fra cinque o sei settimane la situazione sarà più chiara.· Il Fiihrer si riserverebbe tuttora qualsiasi decisione al riguardo. (Ciò mi conferma nella convinzione, già espressa in precedenti rapporti, che le parole del Duce volte a dissuadere da iniziative su larga scala in questo settore si siano fatte strada nell'animo del Ftihrer, ad onta dell'opposizione da questi in un primo tempo mostrata).

Il Ministro ha poi insistito sulla gravità dei colpi inferti all'URSS, di cui già si noterebbe la conseguenza nella deficienza di carbone della quale soffre il nemico bolscevico -specie dopo la conquista del bacino del Donez -nella grave crisi dei trasporti e nella carestia dei generi alimentari che lo travaguano, e in ultimo nel peggioramento di qualità delle sue truppe.

D'altra parte lo scioglimento del Comintern da parte di Stalin, inchinatosi così di fronte al desiderio anglo-americano, non potrebbe essere interpretato che come un segno di debolezza, tale forse -come l'avere accettato le spalline di Maresciallo -da portare a complicazioni interne con la vecchia guardia comunista.

«Ad ogni modo -ha concluso Ribbentrop su questo argomento -oggi un accordo con i russi è impossibile, perché sia da nostra che da loro parte si ritiene di aver bisogno vitale dell'Ucraina. Tra sei mesi forse la situazione sarà a tal riguardo mutata'>.

(Aggiungo in proposito come anche conversazioni avute con collaboratori del Ministro mi abbiano confermato da un lato massimo riserbo circa l'eventualità di una prossima offensiva germanica e dall'altro vaga aspirazione ad un compromesso con i russi, che si saluterebbe con gioia, senza peraltro ben sapere su che cosa fondarlo).

3. -Situazione interna della Germania. Ribbentrop si è dichiarato soddisfatto della situazione interna germanica. Il popolo si mostra disciplinato come di consueto e continua a manifestare salda volontà di sopportare i sacrifici impostigli per necessità di guerra. La mobilitazione delle forze lavoratrici ha dato buoni risultati, iJ raccolto si prospetta soddisfacente e l'alimentazione sarebbe assicurata, talché la Germania potrebbe pensare senza preoccupazioni ad un prolungarsi anche notevole del conflitto. 4. -Produzione bellica tedesca. La produzione bellica è, secondo Ribbentrop, tale da soddisfare, ad onta dei bombardamenti nemici, che hanno in fondo raggiunto scarsi risultati, soprattutto grazie al decentramento delle varie industrie già realizzato in Germania. La preparazione del normale rifornimento in armi sarebbe notevolissima, ma si starebbe attraversando un «periodo di sete" per quanto concerne la disponibilità di aeroplani e di sottomarini.

Nei riguardi degli aeroplani la crisi sarebbe motivata dall'attuale necessità di preparare la fabbricazione in gran serie di nuovi tipi, cosicché per il momento la Germania si troverebbe in condizioni di inferiorità di fronte agli anglo-americani e dovrebbe incassare colpi duri come quello di Essen, senza poter condurre adeguate rappresaglie. (La difesa contraerea sarebbe tuttavia stata notevolmente intensificata, con il raggiungimento di buoni risultati concretantisi in perdite del nemico pari al 25-30% degli apparecchi impiegati).

La crisi nella condotta della guerra sottomarina -ha ammesso il Ministro -è da parte sua dovuta all'invenzione da parte nemica di un apparecchio rivelatore della presenza di sommergibili. Di conseguenza debbono essere ora trasformati gli impianti elettrici di tutti gli U-Boote e, come per l'aviazione, occorrerà attendere alcuni mesi, forse sei, per la ripresa di un'intensa attività bellica in tal campo.

Ribbentrop ha infine chiaramente accennato alla preparazione in corso di un'arma nuovissima e segreta che darà per lungo periodo un vantaggio tecnico della Germania sopra i suoi avversari.

Riassumendo, von Ribbentrop ha detto che la Germania si trova malauguratamente in questo momento nella situazione caratteristica di chi sta ricercando e costruendo i mezzi ed i perfezionamenti per rispondere alle offese nemiche e per dare alle proprie armi un potenziale maggiore.

5. Aiuti all'Italia. Prendendo occasione dalla cosi chiaramente espressa volontà di tutto il popolo italiano di combattere e di resistere, ho ancora una volta, seguendo le precise istruzioni dei Sottosegretario di Stato Bastianini, fatto presente la necessità per l'Italia di avere dalla Germania adeguati tempestivi aiuti. Ho illustrato come sia per il Duce ragione di profondo rammarico il non poter dare al popolo italiano tutte le materiali possibilità per adeguatamente reagire alle offese nemiche e per poter ulteriormente esprimere l'indomabile volontà di resistenza che già riempie di ammirazione il mondo intero.

Ho insistito· sul motivo che la più eroica volontà di resistenza e di sacrificio del popolo italiano ha un limite umano; ho aggiunto che il popolo italiano si farà ammazzare fino all'ultimo uomo, ma ho concluso che in guerra quello che serve non è l'inutile sacrificio, bensì un combattimento attivo e gagliardo che porti offesa al nemico.

Perciò, richiamandomi alla richiesta italiana dei 500 aeroplani -di cui si trattò nell'ultimo convegno dei due Capi a Salisburgo -ho insistentemente domandato l'invio di una forte massa di bombardieri, in modo da poter efficacemente danneggiare i grandi contingenti avversari concentrati su tutte le coste d'Africa e nell'Egeo.

Ho ritenuto di ulteriormente illustrare l'aspetto psicologico di questa situazione; nel senso che il popolo italiano, pur riconoscendo il contrib!!-to che nei vari settori la Germania ha dato all'Italia -in cambio peraltro degli interventi e dei sacrifici sostenuti dall'Italia per la causa comune -si domanda come possa avvenire che in un momento cosi grave per l'Italia, in cui essa si vede tanto gravemente minacciata da bombardamenti in massa e da impellenti possibilità di sbarco, la potente aviazione tedesca non invii un adeguato aiuto.

Ribbentrop, che è rimasto evidentemente impressionato dalla mia esposizione, mi ha dichiarato che da parte della Germania, e del Fiihrer personalmente, c'è tutta la buona volontà di venire incontro alla necessità dell'Italia, ciò che d'altronde è stato largamente dimostrato dal recente passato (a questo proposito il Ministro ha specificato che per l'impresa d'Africa la Germania ha inviato attraverso l'Italia e attraverso la Grecia precisamente 8700 aeroplani); si è richiamato a quanto aveva detto precedentemente circa la crisi che l'aviazione tedesca oggi attraversa (alcuni giorni addietro ciò mi era stato apertamente ammesso dall'Ammiraglio Donitz e dal Ministro Goebbels); e mi ha assicurato che sarebbe nuovamente intervenuto presso il Fiihrer per ved,ere se dall'attuale complesso della flotta aerea tedesca impegnata sui vari fronti e pronta per le varie eventualità di guerra, sia possibile distaccare un certo numero di apparecchi per inviarli subito in Italia.

Ho ritenuto di dover ripetere al Ministro von Ribbentrop ciò che già avevo fatto rilevare a von Steengracht, e cioè che è nello stesso interesse della Germania la costituzione di un'ingente massa di manovra negli aeroporti dell'Italia centrale e settentrionale onde poter avere gli apparecchi a disposizione per lanciarli in quella qualunque direzi'one che potesse essere consigliata dalle esigenze di guerra.

6. Collaborazione europea. Allacciandomi a quella parte dell'esposizione del mio interlocutore che si riferiva ai piccoli paesi neutrali od occupati, sono ritornato, seguendo le precise indicazioni del Sottosegretario di Stato, sulla questione della cooperazione europea, richiamandomi al comunicato di Salisburgo, all'accoglienza che esso aveva avuto in Europa, e facendo un preciso riferimento alla ,lettera che il Sottosegretario Bastianini ebbe a suo tempo a scrivere al Ministro von Ribbentrop {1).

Questi ha risposto, confermando d'altronde un suo noto punto di vista, che nell'attuale situazione l'unica via da seguire e il solo terreno su cui utilmente operare è quello militare; aggiungendo che, una volta ottenuto il successo militare, una sistemazione europea può essere attuata «con un rapido colpo di penna~.

Ho replicato che, se ciò può essere vero nel caso di un successo militare importante e C:eterminante, tale da decidere le sorti del conflitto assicurando all'Asse la vittoria, ben diversa è la situazione nel caso che si verifichino successi militari notevoli ma non decisivi. E che pertanto sarebbe psicologicamente necessario sfruttare la portata di minori successi, formulando una dichiarazione di carattere generale che costituirebbe la risposta dell'Asse alla Carta atlantica.

Von Ribbentrop ha mantenuto il suo punto di vista. Ed ha voluto aggiungere che un'iniziativa di questo genere sarebbe interpretata come un segno di debolezza. In proposito ha anzi osservato che il discorso di Bastianini, che è sceso in pronfondità più di quanto egli non avesse pensato, è stato interpretato nei paesi avV'ersari ed anche in quelli neutrali come un mutamento di rotta dell'Asse e comunque come u~ indice di debolezza. Ribbentrop ha creduto di 1riscontrare la conferma di ciò nell'atteggiamento assunto dalla Romania e dall'Ungheria, dove Mihai Antonescu e Kallay rimangono al loro posto nonostante le precise riserve della Germania.

Ulteriormente illustrando il suo punto di vista, ha poi rilevato che una dichiarazione circa l'avvenire europeo sarebbe inutile se mantenuta nel vago e diventerebbe pericolosa se entrasse in dettagli. A tal riguardo ha citato come esempio che, qualora si proclamasse come definitiva l'attuale sistemazione della Transilvania, si provocherebbero reazioni catastrofiche sia a Bucarest che a Budapest; mentre analoghe compllcazioni verrebbero causate se fin d'ora si dovesse provvedere ad una definizione di confini tra Serbia e Bulgaria e mentre, infir:.e, verrebbe esclusa qualsiasi minima possibilità di cooperazione da parte francese se le rivendicazioni italiane circa Tunisia, Nizza e Corsica -in potenza pienamente riconosciute dalla Germania -fossero fin d'ora fissate su una Carta europea.

Ribbentrop ha chiesto da ultimo quale specifico contenuto concreto si penserebbe da parte italiana di dare alla progettata dichiarazione. E facendo un riferimento, a mo' d'esempio, alla Francia, ha sostenuto che il giorno in cui la Francia si sentisse soltanto un poco più libera di quel che non sia adesso, approfitterebbe subito di tale libertà per combattere l'Asse, cosicché, per tenerla tranquilla, la Germania dovrebbe impiegare un numero di divisioni doppio dell'attuale. Ha ricordato anzi in proposito che nell'ultimo incontro di Sali

sburgo (l) lo stesso Sottosegretario Bastianini ha dovuto intervenire con molto giusta fermezza nei confronti di Lavai per alcune sue affermazioni.

Analogamente alla Francia si comporterebbero i vari altri paesi occupati, le cui energie «attive» sono senza eccezione dirette contro i paesi dell'Asse e quindi la forza, soltanto la forza, è -secondo Ribbentrop -il metodo da impiegare per 'imporsi all'Europa. Nella scorsa guerra mondiale la Germania ha voluto provare un altro sistema, creando una Polonia indipendente nella speranza di ottenere da essa alcune divisioni; ma la speranza andò in fumo e la collaborazione militar.e di quel paese fu allora nulla.

Ho qui replicato che il metodo germanico della forza e del tenere in soggezione tanti paesi può valere per un certo periodo di tempo, ma che alla lunga, come già sta avvenendo, questo sistema porta delle gravi complicazioni e non può perdurare. Ho aggiunto che è facilmente riconoscibile come da qualche tempo a questa parte i paesi occupati ed anche quelli neutrali abbiano assunto nei confronti dell'Asse e specificatamente della Germania un atteggiamento dal quale risulta che essi sottostanno all'attuale regime di forza unicamente perché ancora non possono reagire, ed ho sostenuto come sarebbe molto più efficace per l'Asse creare una nuova atmosfera· per cercare di aver da parte dei sopradetti una cooperazione molto più attiva e molto più convinta di quella che ora essi non diano, in modo che, mentre le operazioni militari si svolgono sui campi di battaglia, la politica abbia ad accompagnare quell'opera per la costruzione della nuova Europa che è lo scopo principale deUa guerra dell'Asse. Ho ancora aggiunto che ai popoli che da quattro anni sopportano sacrifici, privazioni, persecuzioni, è necessario dare uno spiraglio di luce, dire una parola che venga dallo spirito e vada allo spirito, per gettare le basi di una effettiva civile coesistenza, creare cioè una coincidenza tra gli interessi dell'Asse e quelli dei singoli altri paesi.

Insistendo Ribbentrop sul suo punto di vista, gli ho chiesto se in Germania si sia così sicuri e tranquilli sulla situazione nei paesi occupati anche in vista del prolungarsi della guerra; ed ho osservato che non era comunque ancora stabilito se fosse più giusto il punto di vista tedesco piuttosto che quello italiano, concludendo infine col manifestare l'opinione che si sarebbe potuto trovare un punto di incontro delle due tesi.

.n Ministro von Ribbentrop, che aveva nel frattempo osservato essere questo un argomento su cui aveva lungamente portato il suo esame e che anzi aveva pensato ad una conferenza dei Capi dei var~ Stati per trattarlo (vedasi mio precedente rapporto) (2), mi ha assicurato che comunque avrebbe ancora esaminato a fondo questo problema.

7. Incontro dei Capi. A titolo puramente e strettamente personale, von Ribbentrop mi ha lasciato capire che il Fiihrer gradirebbe molto incontrarsi col Duce. Ha aggiunto essere ormai noto a tutti il desiderio vivissimo del Fuhrer di recarsi in Italia, anche e sopratutto per contraccambiare la visita del Duce. Ma mi ha fatto presente che nelle sopravvenute attuali circostanze è per lui

impossibile allontanarsi dal suo Quartier Generale, dove convengono tutte le nu

merose e dirette comunicazioni telefoniche anche coi più piccoli Comandi, che

egli ha in quest'ultima fase accentrato sotto il suo personale controllo.

Mi ha lasciato pertanto comprendere che il Fuhrer sarà particolarmente grato al Duce se -quando questi lo riterrà opportuno -vorrà avere l'estrema cortesia di portarsi fino a Salisburgo al Castello di Klessheim, da dove lo stesso Ftihrer, in aeroplano, può sempre spostarsi verso quella qualunque zona di operazioni dove fosse reclamata la sua presenza.

<Ribbentrop, sempre in via strettamente riservata, mi ha detto -evidentemente ricordando le osservazioni che gli avevo fatto al riguardo tempo addietro in relazione alla circostanza che già per quattro volte il Duce si è recato in Germania -che nei confronti dell'opinione pubblica italiana, tedesca e mondiale, nel comunicato concernente l'incontro si potrebbe dire che esso è avvenuto in una delle stazioni di frontiera).

Ha tenuto però ad insistere ed a sottolineare che il viaggio non dovrebbe in modo alcuno -e questa è condizione assoluta ed essenziale -riuscire di minimo disturbo al Duce, la cui salute è particolarmente cara al Ftihrer e preziosa per l'Asse (l).

(l) -Manca l'indicazione della data d'arrivo. (2) -Vedi D. 402.

(l) Vedi D. 252.

(l) -Vedi D. 272. (2) -Non rinvenuto.
417

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

R. RR. 1418/744. Budapest, 11 giugno 1943 (2).

Vi ho riferito, Eccellenza, col mio telegramma n. 242 del 9 corrente (3), la pronta e completa adesione che le dichiarazioni da me fatte a Kallay conformemente alle Vostre istruzioni hanno incontrato presso il Presidente del Consiglio. Queste dichiarazioni sono giunte particolarmente gradite all'indomani delle decisioni prese -non senza forte riluttanza -dal Governo ungherese per ristabilire la compromessa situazione dei rapporti ungaro-tedeschi. Il linguaggio italiano ha risuonato ancora una volta -mi ha detto Kallay come quello di un saggio e sicuro amico ed è in questa loro particolare natura che i nostri buoni uffici hanno giovato -nell'attuale circostanza -a far sentire ancora più fortemente all'Ungheria la necessità della sua solidarietà morale e politica ,con l'Italia. Sotto questo aspetto potrei dire che i recenti avvenimenti hanno finito con l'avere delle ripercussioni favorevoli sulla chiarezza e sulla linearità dei nostri rapporti con l'Ungheria, poiché hanno proiettato sull'atteggiamento ungherese e su queUo ,italiano una luce che è va,lsa a chiarire alcuni aspetti non secondari dell'attuale situazione.

Superata in tal modo la prima e più critica fase della recente divergenza tra i Governi di Budapest e di Berlino mi sembra opportuno definire brevemente

i lineamenti essenziali della situazione quale mi -risulta da pubblici e privati discorsi nonché dall'orientamento dell'opinione ungherese.

Va detto anzitutto che se diffuso è il convincimento della opportunità di un «modus vivendi » con la Germania, ancor più generale è la persuasione che Kallay abbia lodevolmente agito resistendo alle pressioni tedesche e mantenendo intatto il principio dell'assoluta autonomia della politica ungherese. Su questo terreno il Presidente del Consiglio è sicuro di avere dietro di sé il consenso della grande maggioranza dell'opinione, che i recenti episodi ormai largamente noti anche al grosso pubblico, hanno naturalmente confermato nel suo connaturato istinto di difesa verso il grande Reich. Le soddisfazioni formali che il Governo di Berlino finirà con l'ottenere da quello di Budapest, non devono far quindi credere ad un intrinseco mutamento dello stato d'animo ungherese verso il grande alleato. Questo stato d'animo rimane caratterizzato da una gelosa difesa di quelli che sono considerati i più vitali interessi nazionali e dal proposito di mantenere immutata, checché avvenga sul teatro militare e su quello politico, la particolare ed esclusiva fisionomia che si è qui data alla guerra dell'Ungheria: difesa dell'Ungheria e dell'Europa cristiana contro il bolscevismo nonché preparazione di un ordine europeo basato su una maggiore libertà e sicurezza per le piccole nazioni.

Un recente episodio conferma che in questo campo l'atteggiamento dell'Ungheria è diventato ancora più fermo e che solo in questa direzione essa intende ormai mantenere la sua condotta militare e sviluppare la sua azione politica. La F·ederazione della Gioventù Ungherese ha pubblicato in questi giorni in memoria del Conte Paolo Teleki un opuscolo di suoi pensieri intitolato: « Osiamo essere ungheresi! ». In relazione a questa pubblicazione, il Presidente del Consiglio ha inviato una lettera alla Federazione in cui esalta con vibrate parole la vita e l'opera del defunto uomo di Stato additfundolo come eterno esempio alla gioventù ungherese. Nel romantico patrimonio dei miti ungheresi si consolida così per designazione ufficiale il mito di Paolo Teleki, l'uomo che oso risolvere col sacrificio della vita il contrasto sorto tra gli interessi immediati del paese e le sue profonde convinzioni. I giornali hanno fatto coro alle parole di Kallay celebrando la figura di Teleki in termini che non sarebbero stati impiegati un anno fa e che sono sintomatici dell'attua·le orientamento dell'opinione. «L'animo di Teleki -scrive ad esempio il cattolico Uj Nemzedek non avrà pace finché saremo disposti ad adattarci a qualunque soluzione. Ascoltiamo l'insegnamento di colui che ha sacrificato la vita per noi. Egli dice: non esistono piccole nazioni, ma solo nazioni di pusillanimi. Il morto che rivive esige che noi sentiamo la responsabilità storica di fronte a noi stessi e di fronte all'Europa».

In quest'ordine di idee, può dirsi che l'opinione ungherese vada sempre più distinguendo -ormai -fra due diverse necessità. Una necessità di carattere pratico e contingente che impone all'Ungheria di rimanere con le armi in pugno fino a quella che sarà la soluzione del conflitto ed una necessità di ordine storico e permanente che proietta gli sguardi e le preoccupazioni ungheresi al di là dell'attuale vicenda bellica e dei presenti contrasti politici. Tale è il

senso di molte dichiarazioni ufficiali di questi ultimi tempi e dello stesso recente discorso del Presidente del Consiglio, in cui la lealtà verso l'Asse è stata inquadrata nella corrente della politica tradizionale magiara ed a questa subordinata nella valutazione dei permanenti obiettivi della nazione.

Può ancora dirsi che mentre la prima delle anzidette necessità -quella di ordine pratico e contingente -ribadisce una determinata concomitanza di interessi ungaro-tedeschi, quella di carattere storico e permanente conferma la profonda e non transeunte solidarietà dell'Ungheria verso il nostro Paese. Così avviene che guardando all'oggi e alle sue immediate esigenze gli ungheresi siano convinti di non poter prescindere dal fattore tedesco mentre guardando all'avvenire ed ai problemi che già da questo momento esso impone, l'Ungheria avverta sempre più nettamente la preminenza della solidarietà italiana.

Di qui, l'importanza del nostro atteggiamento verso questo Paese, di qui la fiducia che in quest'atteggiamento si ripone in momenti ritenuti, come questo, di decisiva importanza. L'aspettativa che in Ungheria si ha dell'Italia non si esaurisce solo nella condotta della guerra e nella resistenza di un paese che desta -occorre. dire -la più viva ammirazione in questa nazione di soldati, ma si estende anche a quel settore politico e morale in cui una nazione di profonda civiltà elabora permanentemente i motivi della pace e della guerra, della distruzione e della ricostruzione. Ricorderete, Eccellenza, la pronta, direi, quasi impaziente adesione che l'Ungheria dette all'idea di un blocco balcanico adombrata dai rappresentanti turchi in alcune capitali balcaniche. Prima ancora di identificarvi una manovra inglese o un tentativo di dissociamento dall'Asse essa vi scorse la possibilità di rafforzare la sua posizione nei Balcani premunendosi, in senso anti-sovietico, contro possdbili rovesci militari dell'Asse. Questa posizione dell'Ungheria non è sostanzialmente cambiata ed il bisogno che essa sente di un'assicurazione sull'avvenire non ha fatto che aumentare e consolidarsi. Gli alti e bassi delle sue relazioni con la Germania non sono, sotto questo aspetto, che degli episodi e se il Governo ungherese si è oggi deciso a determinate concessioni ciò è al solo scopo di non compromettere con impulsive e intempestive determinazioni i più vitali interessi di un prossimo avvenire. È per questo che l'Ungheria ha ascoltato i consigli dell'amica Italia, ma è per la stessa Tag.ione che rimane in attesa di quelle direttive che si dichiara sin da questo momento pronta a seguire.

Ieri, all'inaugurazione della bella Mostra degli Artisti Italiani in armi, svoltasi alla presenza dell'Arciduca Francesco Giuseppe, del Presidente del Consiglio e del Ministro dell'Istruzione Nazionale, un mio breve accenno a Kallay « grande amico dell'Italia Fascista » ha provocato una lunga e calorosa manifestazione di omaggio che ha vivamente commosso H Capo del Governo ungherese. Egli sarà di nuovo in Legazione tra pochi giorni per una proiezione privata del film «Alfa Tau » ed assisterà il 21 corrente, insieme col Reggente e le più alte personalità ungheresi, all'inauguTazione della nuova Sede dell'Istituto Italiano di Cultura. Oltre quelle private, anche queste pubbliche manifestazioni di simpatia da e per l'Italia giovano a· rafforzarne la situazione politica e a dare al Paese la sensazione della sempre operante amicizia italiana. Da parte mia proseguo in quella riservata, amichevole azione di consiglio e di fiancheggiamento che mi avete, Eccellenza, anche recentemente prescritto e che nei suoi fini conciliativi e moderatori è senza dubbio la più adatta nelle presenti circostanze.

Intanto, l'atteggiamento di questi ambienti politici e giornalistici continua ad essere ispirato alla più viva simpatia per l'Italia. Ricorrendo ieri il terzo anniversario della guerra italiana, la stampa ungherese ha celebrato l'avvenimento con numerosi e fervidi articoli di solidarietà e di ammirazione per il nostro paese ricordando sopratutto che, in guerra o in pace, la missione della nazione italiana è sempre e dovunque una superiore missione di civiltà (1).

(l) -Questo documento reca l'indicazione «visto dal Duce». Sull'ultimo punto del rapporto rispose Babuscio Rizzo: vedi D. 437. (2) -Manca l'indicazione della c!ata d'arrivo. (3) -Vedi D. 408.
418

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3787 bis/315 R. Ankara, 13 giugno 1943, ore 14,50 (per. ore 21).

Calmate le preoccupazioni sorte in questa opinione pubblica immediatamente dopo la fine campagna tunisina, riaffermata dal Presidente della Repubblica nel suo disinvolto discorso volontà della Turchia di rimanere al di fuori conflitto armato «nella sua fase attuale:. si considera qui generalmente che nei mesi estivi non (dico non) si verificheranno avvenimenti militari tali da poter influire profondamente sulle direttive politiche turche.

Ambienti politici più autorizzati prevedono:

1° -che attacchi alleati si dirigeranno durante estate principalmente contro le isole italiane la cui eventuale occupazione servirebbe oltre tutto chiudere nell'Adriatico flotta itallana;

2° -che si verificherà limitata offensiva tedesca diretta prevalentemente contro Mosca essendo giunte informazioni relative forte concentramento truppe germaniche in tale direzione;

3° -che non vi sarà importante concentramento forze militari alleate nel Medio Oriente diretto movimento offensivo contro i Balcani o contro le isole, e tanto meno in Siria per esercitar:e poi eventuale pressione sulla Turchia. Voci giunte circa movimento ottava armata britannica verso Egitto per eventuale... (2) sono state riscontrate almeno per ora infondate. Solo elementi nona armata sarebbero stati spostati.

In altri termini qui si ritiene generalmente, e lo stesso Ministro degli Affari Esteri mi ha espresso questa opinione, che l'apertura di un vero e proprio secondo fronte non potrà avvenire durante estate salvo operazioni contro l'Italia.

(l) -Vedi D. 420. (2) -Nota dell'Ufficio Cifra: «Parola indecl!rablle ».
419

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI COMMERCIALI, GIANNINI, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. 9289/492 P. R. Roma. 14 giugno 1943, ore 2.

Vostro 367 UJ.

Preso atto delle Vostre considerazioni circa opportunità di negoziare un accordo economico col Governo di Nanchino, si assicura che esse saranno tenute presenti al momento opportuno, in sede di trattative coi giapponesi. In tale circostanza sarà parimenti tenuto presente Vostro desiderio di disporre di elementi più completi di quelli forniti col telegramma ministeriale n. 34 (2), elementi parzialmente peraltro noti a V. E. in quanto desunti dal comunicato apparso su codesta stampa dopo la firma della convenzione del 20 gennaio la quale ha carattere generico, mentre gli accordi concreti e di dettaglio formeranno oggetto di prossimi negoziati.

420

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO S. Roma, 14 giugno 1943.

Ho l'onore di trasmetterVl. Duce, l'unito rapporto pervenuto dal nostro Ministro a Budapest (3) dal quale appare chiaramente la decisione irrevocabile del Governo ungherese di tenersi stretto all'Italia per ogni evento futuro.

Sulla fedeltà della nostra amlclzla il Governo ungherese -ed in particolare lo stesso Kallay -ranno ormai p1eno e definitivo affidamento. Di essa abbiamo d'altra parte dato prove anche recenti. Se è stato infatti possibile superare felicemente la recente crisi ungaro-tedesca che presentava caratteri di gravità tali da far temere addirittura una rottura dell'equilibrio politico fra i due Paesi, ciò é dovuto unicamente all'alto Vostro intervento presso il Governo germanico, ed ai consigli dl moderazione -immediatamente ascoltati -fatti giungere contemporaneamente ai nostri amici magiari.

Le grandi linee direttive che ho avuto tempo fa l'onore di sottoporVi sulla condotta politica da seguire per il futuro e che hanno ricevuto la Vostra alta approvazione, consistenti soprattutto nel rafforzamento delle amicizie già esistenti con i Paesi danubiani, Ungheria e Romania, e nella ricerca di più stretti legami con la Bulgaria ricevono, col rapporto del Ministro Anfuso, qui allegato, il loro primo consolidamento.

Sarà poi opportuno precisare meglio il nostro pensiero al Presidente Kallay sopra questa politica che coincide anche con il più preciso interesse della nostra alleata.

Si tratta ora di consolidare ugualmente, ed in maniera più ptecisa i nostri amichevoli rapporti ·con la Romania.

Sono già noti al Governo di Bucarest gli sforzi incessanti che l'Italia ha compiuto e compie per eliminare, con fatica quasi quotidiana, i continui malintesi che sorgono tra Budapest e Bucarest e per mantenere intatto l'equilibrio politico romeno-tedesco, la cui rottura comporterebbe per la Germania un grave dispendio di forze oltre al danno di un minore contributo romeno alla guerra.

Era mia intenzione, Duce, di chiederVi di ricevere il Ministro Bova Scoppa venuto a Roma per conferire. Egli mi ha riferito verbalmente drca le opinioni di Antonescu sull'avvenire della guerra ed ha redatto su ciò, a mia richiesta, un rapporto che mi onoro pure di accludervi (1).

Da esso appare che Antonescu in molti punti ha una visione politica uguale a quella da Voi approvata. Ad ogni modo quello che appare indispensabile è di mantenere Antonescu nella linea di condotta che egli si prefigge e cioè di stretta adesione all'Italia, in modo che la Romania non compia nessun gesto compromettente neanche per reazione a certe eccessive pressioni ed asprezze germaniche.

È necessario per questo definire finalmente qualche cosa sul viaggio di Antonescu in Italia tante volte rinviato, ed ho perciò trattenuto ancora Bova Scoppa a Roma ritenendo che egli non possa ritornare a Bucarest senza avere una risposta al riguardo.

Questo colloquio potrebbe essere definitivo per un ampio scambio di vedute sulla situazione attuale e su quella futura e per lo stabilimento del secondo anello, di quella stretta colleganza politica della Romania all'Italia, per il consolidamento cioè di questo asse trasversale danubiano-balcanico che dovrebbe far capo a Voi e seguirne le direttive non solo nel nostro interesse, ma per le ragioni stesse della guerra che impongono la più stretta solidarietà fra gli aderenti al Tripartito.

Il viaggio di Antonescu in Italia se è estremamente importante per il consolidamento di intese politiche, non lo è meno per alcuni interessi contingenti dell'Italia. Se infatti oggi con i recenti accordi, i nostri rapporti eèonomici con la Romania possono dichiararsi soddisfacenti, si profila a breve scadenza una situazione di indubbia gravità concernente specialmente le forn!iture di petrolio il cui prezzo, con l'approvazione già acquisita dei tedeschi, pot.rà subire fortissimi aumenti e determinarci serie difficoltà.

Nell'eventualità che Voi non possiate ricevere direttamente Antonescu qui prossimamente, Vi proporrei di andarlo ad incontrare io a Venezia e di accompagnarlo a Roma in stretto incognito per avere un colloquio finale con Voi.

Mi permetto di chiederVi istruzioni su questo progetto che, se da Voi approvato, potrebbe avere attuazione a breve scadenza, ed i cui particolari potrebbero essere concertati fin d'ora con Bova Scoppa prima del suo rientro a Bucarest.

Mi riserverei poi di chiederVi, a suo tempo, più dettagliate istruzioni sia dal punto di vista politico che nei riflessi più immediati dei nostri interessi economici (2).

40 -Documenti dip_lomatici -Serie IX -Vol. X

(l) -Vedi D. 369. (2) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 477. (3) -Vedi D. 417. (l) -Vedi D. 395. (2) -Il presente documento reca il visto di Mussolini.
421

L'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBAGCIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3817/497 R. Buenos Aires, 15 giugno 1943, ore 3,43 (per. ore 17,30).

Miei telegrammi 14882 e 14934 (1).

Si ritiene improbabile revoca noto decreto ma si prevede che Governo cercherà ritardare massimo possibile concessione a probabili ulterio.ri esigenze Nord America.

Credo utile da parte nostra atteggiamento fermo ma cprtese in vista anche riconoscimento nostra speciale posizione in questo paese. Vedrò oggi Ministro Esterd e d'accordo colleghi Tripartito chiederò udienza Presidente della Repubblica cui, salvo contrarie urgenti istruzioni di V. E., presenterei memorandum, iliustrando anche politica amicizia e comprensione da noi seguita finora ed attirando l'attenzione su grave pericolo attuale atteggiamento Argentina che rischia compromettere neutralità (2).

422

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO

T. U. 84/412 R. Roma, 15 giugno 1943, ore 22,30.

Vostri 14830 e 497 (3).

Decreto emanato dal nuovo Governo argentino che sospende uso linguaggio in codice nelle comunicazioni internazionali è stato da noi appreso con senso di vivo rammarico. R. Governo, animato pur sempre dai sentimenti della tradizionale amicizia fra i due Stati e le due Nazioni, vuole con larga comprensione intendere provvedimento in relazione particolari circostanze che nel momento attuale pensiamo devono essersi prospettate a codesto Governo sia dal punto di vista politico che economico.

Vi informiamo pertanto che non è nostra intenzione nell'attuale stato delle cose di adottare alcuna contromisura.

Per qua.nto concerne udienza che vi proponete di chiedere al Presidente della Repubblica tenete presente che non intendiamo formulare alcuna protesta per misure adottate sino ad oggi da Governo argentino e non dovrete quindi associarvi a passi di questo genere anche se dovessero essere compiuti da vostri colleghi del Tripartito.

Potrete invece esporre nei termini che riterrete più opportuni politica amicizia seguita costantemente da Governo italiano verso codesta Repubblica e sottolineare portata nostra comprensione anche in questo delicato momento. Auspichiamo che Governo argentino saprà evitare nuove eventuali misure suscettibili comprometterne neutralità.

(l) -Con T. 17554/14882 P.R. del 12 giugno 1943, ore 17, non pubblicato. Garbacelo trasmetteva il testo del decreto sospensivo delle comunicazioni cifrate: vedi D. 413; e con T. 17677/14934 P.R. del 14 giugno 1943, ore 22,40, non pubblicato, dava notizia di un breve rinvio nell'appHcazione del provvedimento. (2) -Per la risposta vedi D. 422. (3) -Vedi DD. 413 e 421.
423

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3556/057 R. Ankara, 15 giugno 1943 (per. il 21).

Mi sembra poter constatare da alcune settimane una certa distensione nei riguardi della stampa turca di Istambul.

Vi ho riferito circa i miei vari colloqui con Menemencioglu su questo argomento e circa le istruzioni da lui date e quelle impartite spontaneamente da Saracoglu (1).

Certamente non bisogna attendersi a trovare sui giornali turchi degli inni di gloria e di onore per l'Italia, giacché, come già vi ho scritto, la Turchia deve pagare in parte l'Inghilterra con moneta di stampa, allo stesso modo che la Spagna paga noi con la stessa moneta. Ma, anche se non fosse vero, è senza dubbio significativo ciò che mi ha detto Menemencioglu l'altro giorno, quando gli ho messo sul tavolo un fascio di cari(~ature turche malevole per l'Italia, che cioè egli «aveva fatto sapere alle autorità competenti essere questo indirizzo giornalistico contrario all'interesse della Turchia».

Oltre a ciò sta infatti che l'Agenzia d'Anatolia da qualche tempo a questa parte accoglie in maggior misura i nostri telegrammi Stefani.

Ho infine l'impressione che nei rapporti personali si é anche un po' accentuato lo spirito amichevole del resto sempre preesistente. Il Ministro degli Affari Esteri ha tenuto ad offrirei un banchetto di quarantadue coperti prima di accettare -come mi ha dichiarato -un qualsiasi mio invito alla Ambasciata, ed ha fatto diramare uno speciale comunicato ·stampa in proposito che è stato riprodotto da tutti i giornali, anche da quelli a noi ostili.

Aggiungo a tutto ciò il fatto più sostanziale, che cioè i turchi si sono finalmente indotti ad iniziare con noi contatti preliminari per esaminare la possibilità di negoziazioni e di un accordo commerciale sulla base delle compensazioni Menemencioglu mi ha detto di avere voluto lui personalmente eliminare le resistenze prima manifestate dai funzionari competenti, e con ciò mi ha fatto intendere che qualche considerazione politica non è stata estranea al suo intervento.

Questa ben manovrata e ben dosata diplomazia turca, diretta da un vecchio funzionario come Menemencioglu, il quale alla perfetta conoscenza del

mestiere accoppia una fine intelligenza ed una antica tradizione signorile, sta ora mettendo qualche peso in più sul piatto della bilancia intitolato aLl'Italia, salvo a toglierlo di nuovo più tardi se le circostanze politiche cambiassero.

Non pretendo certo affermarvi che ciò sia effetto dell'azione di questa Ambasciata, purtroppo la causa principale di questo riavvicinamento di posizioni è data invece da due fattori negativi: da una parte la diminuita nostra efficienza militare nel Mediterraneo ed i pericoli che minacciano lo stesso nostro territorio nazionale, dall'altra la finora non avvernuta offensiva tedesca in Russia. È evidente infatti l'interesse della Turchia a che siano bensì accorciate le ali dell'Italia, ma a che il nostro Paese resti però abbastanza forte per potere continuare a costituire un saldo elemento dell'equilibrio mediterraneo (mi richiamo al mio telegramma per corriere n. 029 del 10 aprile u.s.) (1). Al Times non è piaciuto quanto ho detto in un mio recente discorso a Istambul che cioè vi è una identità di interessi fra l'Italia e la Turchia in Mediterraneo, ma qui tale dichiarazione è stata accolta con favore, e questa è in sostanza la pura verità per ciò che concerne la situazione dei due Paesi nei riguardi dell'Inghilterra.

La Turchia non ha quindi più interesse ad un ulteriore indebolimento dell'Italia, salvo per quanto riguardasse eventualmente il Dodecanneso, che forma una questione a parte da considerarsi con diversi criteri. .

D'altro lato la finora non avvenuta offensiva tedesca in Russia lascia perplessi questi dirigenti, i quali, come ho riferito all'inizio della mia missione qui, vi speravano e vi contavano molto. Una clamorosa sconfitta russa avrebbe alleviato a buon mercato l'incubo russo che pesa sempTe su questo Paese e prodotto qui una vera soddisfazione, ma nello stesso tempo avrebbe resi i turchi più indipendenti verso l'Asse, determinando anzi una qualche accentuazione di rapporti con gli anglo-americani, appunto per controbilanciare il successo tedesco. Ora la stasi del fronte russo-tedesco lascia in realtà supporre che se i tedeschi non sì muovono è perché non sono sicuri, come gli altri anni, di ottenere un sostanziale successo, e, quantunque la loro prudenza dovrà essere, se così stanno le cose, apprezzata certo è che essa costituisce però un indizio di debolezza piuttosto che dì forza: ragione per cui la politica turca è portata ad aumentare le sue dosi di benevolenza verso la Germania, che desidera rafforzata in confronto della Russia, e non verso gli alleati affiancati ad una Russia troppo forte e troppo pericolosa.

Così si spiega anche il ditirambo verso la Romania intonato giorni or sono dal Ministro turco a Bucarest, tanto più che la Romania dovrebbe costituire in futuro (nel pensiero di quel Ministro e del suo Governo, chiaramente manifestato) uno dei più saldi pilastri di quella confederazione balcanica che Menemencioglu apertamente mi disse di auspicare «tanto in funzione antirussa che antitedesca » (mio telegramma n. 171) (2).

Tale è la coloritura che in questo speciale momento politico la diplomazia turca crede utile dare alla sua azione. Col cambiare degli avvenimenti le tinte potranno cambiare, ma è certo interessante constatare ora il fatto che col dimi

nuire dell'efficienza militare dell'Asse si rafforza, invece di indebolirsi, la politica di neutralità della Turchia. Questo fenomeno, del resto rispondente ad una stretta Jogica, potrebbe però essere modificato da future più radicali svolte del conflitto mondiale.

(l) Vedi DD. 245 e 257.

(l) -Non rinvenuto. (2) -Vedi D. 171.
424

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BALDONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 8977/1518. Berlino, 15 giugno 1943 (per. il 18).

Telespresso 13/12435/324 del 5 giugno (1).

È stato portato a conoscenza del Ministro Gailani lo svolgimento della riunione organizzata dall'E.I.A.R. in occasione del secondo anniversario della dichiarazione di guerra dell'Iraq alla Gran Bretagna e gli sono state consegnate le fotografie unite al telespresso di cui al riferimento.

Il Primo Ministro ha preso atto della comunicazione ed ha incaricato di far pervenire i suoi ringraziamenti a codesto Ministero.

Ne'l corso della conversazione Gailani ha riferito di essere stato ricevuto recentemente dal nuovo Segretario di Stato agli Affari Esteri barone von Steengracht, al quale ha fatto di nuovo presente la necessità di una dichiarazione ufficiale e pubblica delle Potenze dell'Asse a favore deH'unità e dell'indipendenza dei Paesi arabi.

Von Steengracht gli ha risposto che avrebbe comunicato a von Ribbentrop tale suo desiderio, ma che in ogni modo poteva fin d'ora assicurarlo che il Governo tedesco stava occupandosi in questi giorni onde dare alla questione la desiderata soluzione.

Gailani, riferendo tale colloquio, ha insistito sulla parola «unità» dichiarando che una dichiarazione comprendente soltanto l'indipendenza dei Paesi Arabi del Medio Oriente avrebbe un effetto completamente negativo.

Pare egli abbia avuto l'impressione «che da parte tedesca si temano troppo forti reazioni turche», promettendo l'unità oltre che l'indipendenza al mondo arabo <vedi telecorriere 0135 del 4 giugno) (2).

Gailani stesso infatti ammette che all'epoca del suo passaggio per Ankara, nel suo viaggio per venire in Europa, Saragioglu lo ha intrattenuto lungamente su tale questione e gli ha esplicitamente detto che se da parte turca non si ha nulla in contrario alla formazione di Stati Arabi indipendenti, ci si opporrebbe invece ad una politica tendente a creare alle frontiere meridionali della Turchia un solo Stato Arabo abbastanza forte da dare un giorno delle noie al suo Vicino di settentrione. Queste dichiarazioni di Saragioglu sono state ripetute al Gailani dall'ex Ambasciatore turco in questa Capitale, Eccellenza Gerede, prima della sua partenza.

Nonostante questo però il Gailani ha insistito di nuovo sulla parola «unità» dichiarando che meglio sarebbe rimandare le pubbliche dichiarazioni piuttosto che in esse si dovesse promettere solamente l'indipendenza.

Portato il discorso sul Gran Mufti Gailani ha espresso il timore che questi stia «brigando» a Roma contro di lui. Disse di avere avuto in questi ultimi ~empi parecchie prove del comportamento, che egli definisce poco sincero, dell'Eminenza nei suoi riguardi. Egli ha citato ad esempio i casi di Giabr Ornar e di Ali Safi che, essendo stati da lui allontanati perché malfidi, sono stati subito assunti dal Gran Mufti. A proposito di Ali Safi egli ha aggiunto di averlo licenziato perché si era accorto che faceva conoscere alle Autorità tedesche tutto quello che succedeva nella sua casa e nel suo ufficio.

Continuando il suo dire il Primo Ministro iracheno ha affermato che non vedeva l'interesse dell'Asse in generale e dell'Italia in particolare di appoggiare la politica araba sul gran Mufti. Questi, secondo il Gailani, è una personalità più religiosa che politica e la sua opera deve essere necessariamente panislamica, ossia intesa alla creazione di un blocco arabo comprendente non solo il medio oriente e l'Egitto ma anche i paesi ad occidente fino all'Oceano Atlantico.

Questa politica non dovrebbe essere vista di buon occhio specialmente dal t'Italia, per gli imbarazzi che essa potrebbe crearle sia in Libia che in Tunisia.

Una politica araba invece appoggiata su Gailani, che deriva il suo prestigio dalla sua posizione di nazionalista e non da quella di capo religioso, potrebbe benissimo trovare i suoi limiti nei paesi del Medio Oriente, senza accendere speranze o fomentare intrighi al di là del Canale di Suez, o al massimo della frontiera libico-egiziana.

GaUani che era di ottimo umore e molto loquace finiva il suo dire con delle dichiarazioni di grande simpatia e di amicizia per l'Italia, e pregando di mettere in guardia le autorità del Regno contro Mussa el Husseini e Munier el Raies che, secondo lui, si sarebbero spesso espressi in termini poco simpatici verso il nostro Paese.

(l) -Non rinvenuto. (2) -Vedi D. 393.
425

L'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3830/503 R. Buenos Aires, 16 giugno 1943, ore 3,10 (per. ore 11).

In udienza fissatami stasera ho svolto concetti che coincidono istruzioni di cui al telegramma V. E. 412 (l) pervenuto stanotte.

Mi riservo tuttavia precisare punto di vista di V. E. con Ministro Esteri o Presidente della Repubblica.

Ministro Esteri dichiaratomi: !D) -situazione Governo argentino molto difficile dato peso continentale e maggior attrazione popolo verso panamericanismo;

2°) -opinione pubblica, nonostante sereno giudizio forze armate, impressionata da corso avvenimenti bellici specie in conseguenza supremazia nemica: 3°) -necessità aiuto nord-americano non solo per armamenti ma anche

industrie in generale; 4°) -governo si rende conto vantaggi neutralità e fa di tutto per mantenerla cercando però allo stesso tempo con negoziati in corso ottenere forniture nord-americane; 5°) -impossibile revocare provvedimento, dichiarato però riferire Presidente Repubblica e studiare qualche soluzione pratica; 6°) -proposito governo argentino considerare il provvedimento « pun'"o arrivo >> su strada concessioni ma difficile fare previsioni.

La conclusione decreto rappresenterebbe prezzo neutralità al momento attuale. Sottopongo comunque subordinatamente V. E. opportunità avvicinare Santa Sede, Spagna e Svezia, quest'ultima specialmente interessata neutralità per il mantenimento suo traffico marittimo.

Ministro Esteri congedatomi con generiche espressioni simpatia nostro Paese e mi ha pregato far presente V. E. ragioni determinanti attuale provvedimento. Colleghi Tripartito pregano comunicare Berlino Tokio dichiarazioni Ministro degli Esteri.

(l) Vedi D. 422.

426

IL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZI E TERRITORI OCCUPATI, PIETRO MARCHI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

APPUNTO. Roma, 16 giugno 1943.

Con il Ministro Petrucci mi sono recato ieri nel pomeriggio dal Generale Ambrosia che ci ha trattenuti per oltre un'ora. Gli ho presentato un appunto riassuntivo sulla situazione militare nella fascia costiera Adriatica Orientale e sulla preoccupazione che le nostre truppe, lvi stanziate, possano essere messe in pericolo da un attacco dei partigiani. Ho insistito perciò perché si addivenga ad una stretta collaborazione con le truppe germaniche al fine di eliminare le forze partigiane che premono a tergo delle nostre linee.

Il Generale Ambrosia mi ha risposto che condivide pienamente il nostro punto di vista; mi ha assicurato che non verranno tolte altre truppe alla 2a Armata e che anzi la divisione «Marche», che doveva essere ritirata, rimarrà in Erzegovina. Inoltre in seguito ad accordi fra il Generale Robotti ed il Generale Ltihr, si procederà ad un'azione combinata fra le truppe tedesche e italiane neLla Lika per ricuperare le posizioni perdute dal nostro V Corpo d'Armata e liberare la ferrovia Ogulin-Knin. Detta azione avrà luogo non appena saranno terminate le operazioni nel Montenegro. In tal modo il nostro punto di vista è stato pienamente accolto.

Per quanto riguarda il Montenegro il Generale Ambrosio mi ha detto che prima della fine del mese le operazioni in corso sarebbero terminate. Purtroppo una forza di 5-6 mila partigiani si è già sottratta all'accerchiamento ritirandosi su Focia e Kalinovic per colpa dei comandi tedeschi che non hanno sufficientemente rafforzato lo sbarramento nelle vie di ritirata verso l'Erzegovina. Comunque anche contro le forze che sono riuscite a sfuggire alla morsa i tedeschi si propongono di condurre ulteriori operazioni.

Ho chiesto al Generale Ambrosio se non riteneva opportuno che le forze del Montenegro, anziché venire raggruppate con quelle dell'Albania e della Grecia, fossero unite con queile della Croazia, dato che il Montenegro ha sempre risentito i contraccolpi dei movimenti dei ribelli in Croazia e viceversa. Nello stesso modo che i ribelli si spostano liberamente dalla Croazia in Montenegro, altrettanto dovrebbero fare le nostre truppe. Il Generale Ambrosio mi ha risposto che prenderà in considerazione tale proposta.

Abbiamo poi parlato della situazione del Generale Pirzio Biroli. Non si sa ancora se il Duce intenderà mantenerlo o no al posto di Governatore Generale del Montenegro sia pure con funzioni esclusivamente civili. Gli atteggiamenti del Generale Pirzio Biroli, prima di eccessiva fiducia nelle forze cetniche e poi di eccessiva preoccupazione, l'improvvisa chiamata delle forze tedesche ed ora l'insistenza per mantenere delle truppe tedesche in Montenegro, hanno suscitato una sfavorevole impressione.

Ho osservato al Generale Ambrosio che, resti o no il Generale Pirzio Biroli, fino a che durano le attuali circostanze, il posto di Governatore Civile del Montenegro non potrà essere tenuto che da un militare.

Ho infine messo genericamente al corrente il Generale Ambrosio delle trattative che hanno corso a Berlino per assicurare il nostro prevalente diritto in Croazia ed ho insistito perché si dia corso a tutte le proposte della nostra Missione Militare a Zagabria per l'inquadramento da parte nostra di reparti croati. Il Generale Ambrosia mi ha assicurato che non mancherà di farlo.

In conclusione ho trovato il Generale Ambrosio disposto ad accogliere il nostro punto di vista su tutte le questioni che gli ho prospettate (l).

427

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA, AL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO

L. P. s. 1837. Ankara, 16 giugno 1943 (2).

Ricevo le Tue lettere personali nn. 2991, 3065, 3066, 3067, 3068 (3) e Te ne ringrazio vivamente, giacché le notizie che mi dai sono per me assai utili come controllo.

Mi auguro che continuerai in tale ottimo sistema: è superfluo che io ti assicuri la massima riservatezza. Da parte mia desidererei però, volta per volta, comunicarti le mie osservazioni con eventuali richiami ai miei rapporti. Ecco:

l) Sono lieto che le idee espresse da Menemencioglu circa le operazioni militari estive (Tua n. 2991) nonché la sua resistenza alle pressioni anglojugoslave per il cambio dei rappresentanti dei governi alloggiati a Londra (Tua n. 3065) corrispondano a quanto ho riferito circa la volontà turca di non lasciarsi per ora andare ad atti che potrebbero trascinare la Turchia a partecipare alla guerra «neHa sua fase attuale » come ha detto recentemente Ismet.

2) Quanto ha detto Menemencioglu circa le future relazioni russo-americane-cinesi-giapponesi (Tua n. 3067) fa parte di quelle conversazioni generiche ed ipotetiche che egli si compiace di fare spesso col suo fine spirito di ottimo diplomatico. Anche a me egli ha detto tempo fa le stesse cose, ma naturalmente j_o mi sono astenuto dal riferirle, perché queste ipotesi sono puramente dialettiche e non si basano su dati positivi.

3) Per ciò che concerne l'atteggiamento della Turchia nei riguardi della Grecia in vista di una futura Confederazione balcanica, Ti rico,rdo anzitutto che, come risulta dal mio telegramma n. 171 del 30 marzo u.s. (1), Menemencioglu, fin dal principio della mia missione qui, mi dichiarò senza ambagi che egli considerava impossibile realizzare tale Confederazione fin quando la Grecia e la Jugoslavia «non fossero state in grado di esprimere la loro volontà, perché da noi occupate». Con ciò egli intendeva chiaramente far comprendere tanto l'interesse che annette la Turchia alla realizzazione della Confederazione «in senso anti-germanico come in senso anti-russo » (parole dello stesso Menemencioglu) quanto il desiderio turco che Jugoslavia e Grecia siano un bel giorno liberate e sottratte all'influenza itala-germanica; ciò per poter utilmente far parte della detta Confederazione. Non si tratta quindi di «avances » che la Turchia fa alla Grecia, ma di un fondamentale interesse turco ad una futura collaborazione greco-turco-jugoslava, interesse ben comprensibile, del quale Menemencioglu non mi ha fatto mai né poteva farmi mistero e che trova una nuova conferma nella recente decisione di inviare l'Ambasciatore turco presso il Governo greco al Cairo (mio telegramma per corriere n. 052 del 1° giugno u.s.) (2).

È appunto questa basilare direttiva turca nei Balcani (in senso anti-tedesco ed anti-russo, come, di conseguenza, anti-bulgaro) che mj_ indusse ad esporre a Bastianini con la mia lettera del 24 aprile u.s. n. 1186 (3) il mio pensiero circa la necessità di chiarire una volta o l'altra le nostre idee sulla politica balcanica e discor,rerne coi turchi, giacché se rimarremo una potenza balcanica, come spero con tutto il cuore, bisognerà pure affrontare certe discussioni con mode

razione e senso di realtà per cercare di entrare in un modo o in un altro nella eventuale futura federazione ed evitare possibilmente che questa sia costituita anche «in senso anti-italiano ».

4) Quanto infine alle conversazioni turco-russe circa il Dodecanneso ed il territorio bulgaro (Tua n. 3066) mi riservo di indagare nei limiti del possibile pur esprimendo tuttavia un certo scetticismo circa il reale fondamento delle informazioni costì pervenute (l).

Per concludere Ti rinnovo i miei ringraziamenti e Ti prego di dirmi se in generale costì si desideri da me un più ampio servizio informativo, oltre che di commenti e considerazioni politiche. Io, Tu lo sai, sono in genere restio a scrivere troppo per evitare di fare dell'alchimia politica col solo risultato di accrescere il lavoro delle dattilografe, ma se costì si volesse diversamente, sono prontissimo a conformarmi ai sistemi che per Tuo mezzo mi fossero indicati.

Qui in Turchia c'è la mania dell'informazione. I nostri uffici militari non fanno altro che andare a caccia di notizie e, senza troppo vagliarle, compilare dei zibaldoni che mi rimettono settimanalmente e che io invio a codesto Ministero senza nemmeno tentare di farvi delle osservazioni inutili; li vedi?

Io credo che, specie nelle attuali condizioni valutarie nostre, tali zibaldoni non servano a nulla, mentre costano migliaia e migliaia di franchi svizzeri.

Bisognerebbe un poco «smobilitare» (a mio avviso) invece che aumentare questo lussuoso servizio che i tre ministeri militari e i tre relativi uffici di informazioni fanno ognuno per conto suo, senza reciproco controllo, senza coordinazione e senza... scopi pratici. Il SIM marina agdsce poi addirittura al di fuori dell'addetto navale e ne esce così fuori la proposta dei Kurdi (mio telespresso n. 1673/714 del 31 maggio u.s.) (2).

(l) -Il Sottosegretario Bast!anini ha apposto su questo documento l'annotazione: «va bene». (2) -Manca l'indicazione della data d'arrivo. (3) -Con tal! lettere, non pubblicate, inviate fra il 3 e il 7 giugno, Babuscio Rizzo aveva comunicato a Guarlgl!a notizie fornite dal servizi d! informazione sugli argomenti che Guarigliamenziona. (l) -Vedi D. 171. (2) -T. 3645/052 R., non pubblicato. (3) -Vedi D. 259.
428

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3855/419 R. Tokio, 17 giugno 1943, ore 12,30 (per. ore 18).

Merita particolare attenzione discorso del Presidente del Consiglio dei Ministri pronunciato ieri all'apertura della sessione straordinaria della Dieta, del qurule Agenzia Domei ha telegrafato costì testo integrale. Tojo ha infatti esposto per la prima volta un concreto programma della politica nipponica in Est Asia nei limiti del continente [e nell'] Insulindia. Questo Ministro Affari Esteri nel darmene anticipata comunicazione mi aveva accennato all'importanza delle dichiarazioni che Tojo si preparava a fare allo scopo chiarire ad ogni utile

fine direttive e rapporti del Governo di Tokio nei riguardi dei vari stati della «sfera di cooprosperità ». Speciali accenni ad una molto prossima proclamazione indipendenza Filippine, revisione trattato basico Cino-Giapponese, partecipazione indigeni al Governo dell'Insulindia, antica aspirazione Siam, sono notevoli. Si può pensare che di fronte agli avvenimenti in corso in Europa, Governo giapponese si preoccupi di precisare meglio il piano di quella Federazione di Stati est asiatici che dovrebbero essere interessati ad opporsi solidalmente alle pretese americane, per quanto riguarda coste occidentali Pacifico, in caso di pace negoziata.

(l) -Vedi D. 430. (2) -Non pubblicato.
429

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

TELESPR. S. 8/03544. Roma, 17 giugno 1943.

Vostro telecorriere n. 0139 del 9 corrente (1).

Ho preso atto di quanto da Voi comunicatomi col telecorriere in riferimento sul primo chiarimento da Voi avuto con l'Auswartiges Amt sui desideri del Governo Fascista di vedere salvaguardata la pienezza dei suoi diritti ed interessi nella Croazia, spazio vitale italiano.

Ad evitare che le trattative si svolgano in termini vaghi e diano luogo a nuove generiche assicurazioni, Je quali non potrebbero che lasciare immutata la situazione attuale, occorrerà che le conversazioni attualmente in corso costì (le quali, è bene ricordarlo, seguono a quelle scarsamente conclusive svoltesi a Zagabria tra i rappresentanti diplomatici dei due Paesi), si concretino parte in assicurazioni scritte, parte in assicurazioni verbali, da fornirsi dal Governo del Reich a codesta R. Ambasciata.

Sarà opportuno che tali assicurazioni, che ver,ranno certo da Berlino comunicate al Governo croato, non prestino il fianco a manovre da parte dei rappresentanti tedeschi in Croazia; cioè che esse siano formulate in modo da non urtare la suscettibilità croata, anzi da poter essere presentate come un appoggio da noi dato alla causa dell'indipendenza e della sovranità croata, sempre nell'ambito dell'influenza italiana.

l. Le assicurazioni scritte dovrebbero riconfermare: a> il disinteresse della Germania circa la sistemazione politica e territoriale della Croazia, che è garantita dai patti di Roma (richiamo alle assicu

razioni Ribbentrop del 1939 e 1941, nonché al non intervento, a suo tempo concretamente manifestato dai Tedeschi a Zagabria -vedi fonogramma codesta

R. Ambasciata del 24 aprHe 1941 (2) -a proposito della sistemazione confinaria con l'Italia);

b) la provvisorietà dell'occupazione militare germanica, destinata a cessare non appena la situazione militare Io consentirà;

c) la provvisorietà dei controlli militari, di polizia, ecc. stabiliti da parte tedesca in relazione alla presente contingente situazione militare e in dipendenza dell'occupazione in corso;

d) che il Governo del Reich è a conoscenza dell'impegno preso da parte croata di non militarizzare la fascia costiera sul versante orientale dell'Adriatico in conformità all'art. l dell'Accordo italo-croato su questioni di carattere militare del 19 maggio 1941;

e) che il Governo del Re,ich è a conoscenza dell'impegno preso dal Governo croato di non costituire una marina da guerra (articolo 2 del predetto accordo).

Verbalmente potrete richiedere che i marittimi croati arruolati dalla Marina da guerra del Reich non siano costituiti in unità organiche, ma possibilmente destinati a far parte di equipaggi misti, dato che la costituzione di equipaggi interamente croati alimenta la speranza di quel Governo di eludere gli impegni assunti con noi.

2. Il Governo tedesco dovrebbe fornire assicurazioni verbali:

a) che impartirà istruzioni ai propri rappresentanti diplomatici a Zagabria di concertare previamente con la R. Rappresentanza italiana ogni azione politica da svolgere col Governo croato;

b) che le autorità militari tedesche daranno previa notizia alle Autorità militari italiane di ogni provvedimento che intendessero prendere per l'organizzazione dell'esercito croato; e ciò in considerazione dell'art. 3 del Trattato di Garanzia del 18 maggio 1941 (1). Si allega a chiarimento di tali direttive il telespresso n. 2014/724 del 9 corrente (2) della R. Legazione a Zagabria nel quale si segnala l'attività svolta dalle Autorità germaniche per l'organizzazione delle Forze Armate croate;

c) che il Governo del Reich è d'accordo con quello italiano circa l'opportunità di addivenire a una moratoria, per tutta la durata della guerra, nella gara per ottenere concessioni economiche, fiscali, doganali ecc. dal Governo croato. Giova a questo riguardo tener presente che nelle attuali circostanze la maggior parte delle iniziative assunte da gruppi tedeschi non hanno potuto avere pratica attuazione. Si tratta perciò di impegni destinati a precludere iniziative concorrenti di gruppi italiani, senza alcun vantaggio per l'economia croata. In questa corsa agli accaparramenti si finisce col creare situazioni assurde e contrarie a sani criteri economici. Si perseguono evidentemente dei criteri di opportunità politica, con la conseguenza di svuotare di ogni effettiva consistenza lo spazio economico a noi riservato. Il Ministro Funk, al quale il Conte Volpi ebbe in passato occasione di far cenno della situazione predetta, mostrò piena comprensione del nostro punto di vista e si dichiarò pronto ad interve

nire perché venissero salvaguardati i nos,tr·i interessi. Da parte sua il Governo croato, nel Convegno di Venezia dell'agosto 1942, si dichiarò pronto a sospendere fino alla fine della guerra ogni concessione esclusiva all'una o all'altra parte;

d) che gli organi di stampa e di propaganda germanici in Croazia faranno la giusta parte alle notizie sull'Italia e dall'Italia, e si terranno nella più stretta collaborazione con gli organi di stampa italiani onde seguire una comune linea direttrice nella propaganda.

3. -Vi verranno fornite in prosieguo di tempo ulteriori istruzioni per concrete richieste da avanzare al Governo del Reich circa determinate questioni economiche. 4. -Poiché i risultati effettivi di questa politica di intesa e di collaborazione da noi patrocinata, sino a che non sia possibile accentuare il nostro preminente interesse, dipendono dall'atteggiamento degli organi e delle personalità germaniche incaricate di tenere i rapporti col Governo croato, converrà insistere per ottenere il richiamo del Generale Glaise con Horstenau nel quale, come da precedenti segnalazioni, è stato identificato il maggiore responsabile di una politica contraria alle assicurazioni e alle direttive del Governo del Reich, tendente all'attrazione della Croazia nella sfera tedesca e più precisamente «austriaca», secondo la tradizione asburgica.
(l) -Vedi D. 409. (2) -Non pubblicato, ma vedi serie nona, vol. VI, D. 967. (l) -Vedi serie nona, vol. VII, D. 134, nota 2. (2) -Non rinvenuto.
430

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA, AL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO

L. 1922. Ankara, 17 giugno 1943 (1).

Mi riferisco alla mia lettera del 16 corrente n. 1837 (2) e precisamente al paragrafo 4 della lettera stessa, per att1rare la tua attenzione sul mio telegramma odierno n. 323 (3), il quale appunto tratta indirettamente la questione prospettata nella tua n. 3066 (4).

Dalle prime indagini da me fatte debbo dedurre che le informazioni giunte costà non sono esatte. Esse non lo sono neanche se le si esamina con criterio logico, giacché tutto l'indirizzo della politica turca verso la Russia dovrebbe far escludere che questi dirigenti così fini ed abili si siano indotti allo sta~o attuale delle cose a mettere così brutalmente i punti sugli i con la Russia relativamente a due questioni che interessano tanto Mosca, specialmente quella della frontiera bulgara!

Ad ogni modo continuo le indagini.

(l) -Manca l'indicazione della data d'arrivo. (2) -Vedi D. 427. (3) -T. 3864/323 R. del 16 giugno 1943, non pubblicato: con esso Guariglia riferiva le smentite turche circa l'esistenza di un negoziato turco-sovietico. (4) -Non pubblicata.
431

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3908/423-425-426 R. Tokio, 18 giugno 1943, ore 8 (per. ore 7 del 19).

Mio telegramma n. 419 (1).

Interpretazioni autentiche e commenti raccolti in questi ambienti ufficiali confermano prime impressioni già telegrafate a V. E. di eccezionale importanza discorso Presidente del Consiglio, vasto scopo che esso persegue e diversi e sostanziali effetti che se ne ripromettono.

Venuto a conclusione di un movimentato periodo della politica giapponese in Asia, dopo i viaggi del Presidente del Consiglio dei Ministri a Nanchino, Hsing-King e Manila e del Ministro dell'Asia Orientale nei vari paesi della «sfera di coprosperità » dopo la nomina Ministro Affari Esteri di Shigemitsu, assertore principale della « nuova politica » in Cina e la visita delle varie missioni cinesi, siamesi, birmane e filippine a Tokio, il discorso di ieri l'altro costituisce certamente la manifestazione politica più importante dall'inizio della guerra nel Pacifico e, se non costituisce proprio un sondaggio di pace, mira indubbiamente a gettare le basi politiche e dialettiche per qualsiasi futura eventualità di una pacifica sistemazione in questa zona.

Si mette qui in luce che il discorso vuole riaffermare disinteresse politica asiatica del Giappone, esclusione ogni ambizione territoriale, carattere volontario e unanimità della solidarietà dei vari popoli asiatici intorno alla potenza che si è assunto compito di guidarli apertamente aiutarli a riconquistare indipendenza menomata o ad usufruire per la prima volta di una larga autonomia morale e politica. Poiché non si può evidentemente ignorare che fattore essenziale e punto debole della costruzione politica giapponese è la Cina, [parte] centrale della costruzione stessa e del discorso che la delinea è la nuova sistemazione da dare ai rapporti fra Tokio e Nanchino. Trattato base del Giappone sarebbe sostituito da un nuovo accordo, da cui sparirebbero clausole «ineguali». Da quel formidabile strumento liberamente negoziato da una Cina completamente indipendente, autorità Governo di Nanchino sarebbe rafforzata moralmente e materialmente anche nel Nord Cina e sarebbero contemplate altre misure che dovrebbero, nel pensiero dì Shigemitsu, aver ripercussioni non superficiali e non lontane anche nella Cina di Chang Kai Shek. Si insiste ancora più nell'affermare volontà del Giappone di non costituire dell'Asia Orientale un campo chiuso, ma di aprirne territorio e ricchezza all'attività delle potenze europee alleate e di tutte le altre. Significativo a tale proposito accenno che mi è stato fatto, in una conversazione confidenziale a questo Ministero degli Affari Esteri, alla circostanza che il ristabilimento normali rapporti fra Asia Orientale ed America è cosa piuttosto facile mentre più

difficile riesce vedere -e «si sta studiando problema » -come praticamente potrebbe avvenire inserzione impero br<itannico nei nuovi rapporti politici, economici e commerciali nascenti dalla sperata sistemazione. Ad illustrare movente della manifestazione ed i fini cui essa tende è interessante anche la connessione che qui si stabilisce ed il rapporto che si fa con i differenti metodi tedeschi in Europa -cui non si risparmiò più o meno aperte critiche -nei riguardi piccoli Stati europei, che l'assenza di ogni affidamento per l'esistenza e la libertà future rendono restii e ribelli. Si è notato [con] interesse che nel recente incontro ufficiale, su iniziativa italiana, si è affrontato problema e che esso è stato anche posato efficacemente nel discorso Eccellenza Bastianini al Senato, che qui ha incontrato generale favore. Si è rimasti per altro delusi della nessuna applicazione pratica che la Germania ha dato ai suoi propositi nei paesi occupati e si esprime dubbio che una iniziativa attuale sarebbe ormai tardiva per opinione pubblica piccoli Stati.

Dalle conversazioni avute in questi giorni sembra che si possa concludere pertanto che, oltre a considerazioni strettamente asiatiche, concetti e propositi espressi nel discorso del Presidente del Consiglio sono stati anche ispirati da una valutazione non certo ottimistica delle vicende della guerra in Europa. Comunicato anche a Shanghai.

(l) Vedi D. 428.

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IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 3936/,267-268-269-270-271-272 R. Kabul, 18 giugno 1943, ore 17 (per. ore 18,30 del 20).

Sono stato convocato ieri da questo Ministro degli Affari Esteri il quale mi ha comunicato che Ministro Inghilterra e Ambasciatore dell'U.R.S.S. hanno protestato presso Governo Afganistan contro attività Legazioni Tripartito.

Essi hanno ripetuto storia nostre malefatte; per quanto riguarda noi hanno citato viaggio Anzilotti, invio di una radio al Fachiro d'Ipi, invio di denaro, contatti con altre tribù, questione Bose ecc. Passo, sebbene separato, è stato fatto in termini identici; soltanto Ambasciatore dell'U.R.S.S. si è astenuto dal menzionare Giappone: è interessante a questo riguardo che il Ministro inglese fra le sue accuse contro [Tripartito] ha menzionato particolarmente invio di spie in territorio sovietico.

Ministro di Inghilterra ha aggiunto per suo conto che il Governo Afganistan non poteva esimersi dalla sua parte di responsabilità: ha ricordato che, mentre Governo Afganistan aveva chiesto e ottenuto richiamo primo segretario Fletcher, segretario orientale Sikandar Khau e console britannico a Kandhar per attività politica svolta in territorio Afganistan (ciò che è esatto), funzionari Legazioni Tripartito che si erano resi responsabili simili attività erano stati lasciati qui indisturbati: inoltre che Legazioni Italia e Germania ricevevano

denaro necessario loro attività per mezzo Banca Nazionale Afgana e Governo Afgano non poteva ignorarlo. Egli ha annunziato essere in attesa ulteriori istruzioni dal suo Governo per proposte da sottoporre al Governo Afganistan.

Passo inglese è stato più forte che passo russo.

Questo Ministro degli Affari Esteri ha risposto energicamente dicendo che il Governo Afganistan aveva fatto quanto era suo dovere per impedire che Legazioni paesi belligeranti potesEe~·o svolgere attività incompatibili neutralità Afganistan; le altre erano questioni interne Afganistan in cui non riconosceva a stranieri diritto di intervenire: Afganistan voleva mantenere politica neutralità ma era egualmente deciso difendere sua indipendenza da qualsiasi ingerenza. Primo Ministro ha convocato rappresentanti inglese e russo e si riserva parlare loro molto energicamente sullo stesso tono.

Questo Ministro Affari Esteri mi ha detto poi ritenere che specialmente da parte inglese cosa avrà ulteriore seguito. Governo Afganistan, pur sapendo difficoltà sua posizione e insufficienza sue forze militari, è deciso affrontare qualsiasi sacrificio per mantenere indipendenza: mantenimento relazioni diplomatiche con noi, conformemente decisioni grande Assemblea Nazionale, è considerato da Afganistan parte integrante sua indipendenza: è d'avviso però che prima rischiare tutto per tutto è necessario trattare. Se inglesi non avessero fatto ulteriori passi tutto sarebbe continuato come prima. Se invece inglesi avessero insistito, avendo essi citato nomi di persone delle Legazioni Tripartito che essi considerano principalmente dannose attività diretta contro loro, Ministro degli Affari Esteri ritiene che se potesse dire agli inglesi e russi che Governi italiano germanico e giapponese per evitare difficoltà ad Afganistan consentono richiamo persone indiziate, dietro concessione salvacondotto per rientrare in Patria per la via più breve, probabilmente potrebbe su questa base giungere ad un accomodamento. Per quanto riguarda noi persona di cui dovremmo consentire richiamo è naturalmente Anzilotti.

Ministro degli Affari Esteri ha detto questo non aveva nulla da vedere con precedente passo circa Anzilotti: Governo Afganistan si rivolgeva al Governo .italiano come ad un Governo particolarmente amico con preghiera voler tener conto difficile situazione Afganistan e voler aiutarlo con una concessione fatta a tempo opportuno superando difficoltà peggiori; egli tiene particolarmente a che sua richiesta sia compresa con lo spirito con cui è stata fatta; altrimenti preferirebbe ritirarla e affrontare conseguenze. Comunicazione fatta al Ministro di Germania è stata sostanzialmente identica: a me è stato aggiunto che, date prove di amicizia date dal Governo italiano, osava sperare che il

R. Governo avrebbe fatto quanto possibile, per far comprendere al Governo germanico come, data sua parte di responsabilità nel mettere Governo Afganistan in questa situazione, sia necessario tener conto difficile e delicata posizione Afganistan.

Che vi sia stato effettivamente passo anglo-russo non dubito. Ogni volta da parte nostra o tedesca è stato fatto qualche cosa più grosso c'è stata sempre reazione del genere: del resto vari sintomi lasc~avano prevedere questo passo. Quale sia stato tono e portata passo anglo-russo, se realmente inglesi e russi abbiano chiesto richiamo di alcune determinate persone, e se risposta Afganistan sia stata realmente quella che mi è stato detto, tutto ciò trovo naturalmente meno sicuro. Spero fra qualche tempo poter sapere qualche cosa al riguardo.

Per quanto riguarda noi, data maniera con cui richiesta ci è stata fatta, non vedo altra possibilità che accettarla mostrando di credere alla parola del Governo Afganistan.

Ammettiamo anche ipotesi più pessimista cioè che passo anglo-russo risulti commedia predisposta d'accordo fra Primo Ministro e Ministro d'Inghilterra; noi rifiutiamo, inglesi insistono e chiedono partenza Legazioni Asse: Primo Ministro può domani giustificarsi entro certi limiti di fronte al popolo dicendo che ci aveva proposto soluzione ragionevole e che nostro rifiuto ha messo Afganistan in una situazione impossibile.

Se si deve giungere ad una crisi fra Inghilterra e Afganistan, credo che di fronte popolo Afganistan e mondo musulmano in generale ci convenga evitare anche apparenza di essere stati noi col nostro atteggiamento a precipitare paese in guerra.

Si potrebbe forse tentare [influenzare] opinione pubblica; gruppo del noto amico che ha funzionato così bene in occasione grande Assemblea Nazionale si è ripetutamente rivolto a noi dopo Assemblea per avere fondii per lavorare opinione pubblica: mie richieste a codesto Ministero in proposito sono tutte rimaste senza risposta e conseguenze sono state quelle che prevedevo. Aggiungo però che comunque, in questo momento in cui impressioni generali su andamento guerra sono nettamente sfavorevoli a noi, qualsiasi azione su opinione pubblica avrebbe poca probabilità ottenere altro risultato che benevola quanto platonica simpatia.

A questo proposito ricordo che il Primo Ministro quando si è difeso da accusa Grande Assemblea Nazionale ha detto che egli era impressionato quanto loro ma che suo atteggiamento era dettato da convinzione che nonostante apparenza Asse non avrebbe vinto guerra; purtroppo oggi maggioranza opinione pubblica afgana, con suo sincero rincrescimento, è convinta che Primo Ministro aveva ragione.

Se realmente Governo Afganistan ci ha detto verità, date circostanze attuali, ci sarebbe soltanto da meravigliarsi che sia stato chiesto relativamente poco. Ciò vorrebbe dire che gli inglesi, dopo esperienza fatta in o·ccasione espulsione nostre colonie, sono convinti che espulsione in blocco Legazioni Tripartito non è possibile senza creare imbarazzi interni.

D'altronde, questione delle rappresentanze diplomatiche straniere è in Afganistan altrettanto delicata quanto questione capitolazioni in Turchia; inglesi [non] vogliono rischiare disordini interni di cui russi sarebbero forse in grado profittare più di loro. Loro politica tende quindi, secondo me, a ridurre gradatamente Legazioni Tripartito a pura funzione di rappresentanza, salvando così apparenza e amor proprio Afganistan e ottenere in sostanza ciò che li interessa. Essi cominciano quindi col chiedere allontanamento coloro che si occupano affari speciali: praticamente risulta che sqno bene informati. Ciò crea indiscutibilmente serie difficoltà per noi: per esempio, per quanto mi riguarda, se eventualmente dovesse esservi da fare qualche cosa di segreto dovrò tentare

41 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. X

di farlo personalmente perché personale che mi resta, ottimo sotto altro riguardo, non è certamente adatto per lavoro di questo genere.

È da supporre anche che gli anglo-russi chiederanno agli Afgani esercitare più stretto controllo sui fondi che ci pervengono; questo è ostacolo assai grave perché qui senza danaro si può fare ben poco. Poi fra qualche tempo chiederanno forse allontanamento di qualche altro e così di seguito fino ridurre Legazioni ai minimi termini: è probabile chiederanno a suo tempo anche riduzione nostra possibilità servirsi della cifra. Questa richiesta, specialmente se combinata con facilitazioni nel campo economico, sarebbe dal punto di vista inglese assai più abile di una azione diretta che giungerebbe più presto allo stesso risultato ma potrebbe avere ripercussioni nel mondo musulmano. Se inglesi vogliono agire in questo senso Governo Afganistan, salvato principio, negozierà ma non resisterà: può darsi anche che Primo Ministro sia d'accordo su questo piano e intenda negoziare ogni concessione contro concessioni inglesi per coto~e, lana e pelli Karakul.

Noi qui sul luogo poco possiamo fare; possono soltanto aiutarci gli inglesi se nel corso loro azione offendono seriamente amore proprio afgano. Unica cosa

· che può mutare corso avvenimenti sono i comunicati: se impressione generale su andamento guerra cambierà opposizione riprenderà fiato e in breve tempo opinione pubblica riprenderà giuoco attivo in nostro favore.

Quindi, opporsi adesso alla richiesta che ci è stata fatta avrebbe solo risultato dare al Primo Ministro, se egli ha veramente cattive intenzioni, pretesto per sollevare opinione pubblica contro di noi: se invece egli è in buona fede penserà che dopo averlo messo (i tedeschi, non noi) nei guai rifiutiamo di fare qualsiasi cosa per aiutarlo.

Unica altra alternativa sarebbe rispondere Afganistan che noi spingiamo nostro amore per loro fino a voler togliere loro ogni fastidio andando via tutti. Per quanto questa sia soluzione che personalmente preferirei ritengo che non spetta a me decidere se sia giunto momento prendere simile decisione. Però è una decisione che bisogna prendere seriamente in considerazione per l'avvenire. Per quanto a Roma e a Berlino possa platonicamente interessare continuare avere Legazioni Kabul, verrà momento in cui, specialmente in considerazione [situazione] continuare restare qui sotto infinite limitazioni non sarà più possibile senza perdere la faccia.

Per quanto concerne attuale richiesta, infondata, date circostanze ritengo che convenga accettarla: in ogni modo è meglio accettarla oggi sotto l'aspetto di un favore che noi facciamo agli Afgani piuttosto che dover subirla domani come imposizione. Si potrebbe però profittare occasione per dire agli Afgani, nella stessa forma amichevole in cui essi si sono rivolti a noi, che probabilmente questa non sarà ultima richiesta che gli inglesi ed i russi presenteranno per ottenere ulteriori riduzioni personale e libertà d'azione Legazioni Tripartito: noi avvertiamo quindi Governo Afganistan che noi non desideriamo che essi abbiano difficoltà con gli inglesi per nostra causa ma che vi sono limiti oltre i quali per ragioni di dignità non siamo disposti andare. Pertanto se ci venissero imposte ulteriori riduzioni (sarebbe forse il caso specificare riduzione personale oltre certi limiti e specialmente diritto di corrispondere in cifra) noi preferiremmo andare via senz'altro. Per considerazione del nostro prestigio locale ritengo opportuno se non necessario un passo simile. Questo Ministro Germania è d'accordo me circa opportunità accettare presente richiesta.

Governo Afganistan prega mantenere per ora segreto su quanto precede (1).

433

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. PER CORRIERE 3944/0391 R. Sofia, 18 giugno 1943 (per. il 21).

Ho altra volta accennato a talune voci qui sorte negli ambienti bulgari, che avrebbero voluto possibile un'azione del Governo di Sofia, intesa a compiere, se possibile, opera di collegamento, se non addilìittura di mediazione tra Germania e Russia.

Aggiungo ora che tali voci sono divenute maggiormente frequenti in questi giorni, mentre alcuni insistono addirittura nell'affermare che tra gli scopi principali della seconda visita di Re Boris a Hitler (2), rimasta tuttora avvolta nel massimo segreto, doveva trovarsi la necessità di un nuovo contatto tra il Sovrano bulgaro ed il Fiihrer appunto al fine di fissare i punti per una eventuale «trattativa» che, sempre secondo quelle voci, verrebbe svolta a mezzo di uno dei segretari di fiducia dello stesso Re Boris.

Tali voci, che riferisco sotto ogni riserva, finiscono per incontrare un certo compiacimento, non soltanto in quegli ambienti bulgari che sono sempre convinti che la salvezza e l'importanza del loro Paese dipenda soprattutto da una intesa pacifica tra la Germania e la Russia, ma persino in taluni ambienti tedeschi, il cui problema capitale resta sempre, e specie dopo gli avvenimenti dello scorso inverno sul fronte orientale, quello della guerra contro l'Unione Sovietica. Esse invece mi sono state smentite e ironizzate tanto da questo Presidente del Consiglio, quanto dall'Ammiraglio germanico Fricke, il quale ultimo è tra quei tedeschi che tengono a valorizzare, negli attuali momenti, il movimento nazionale russo del Generale Vlassov.

Aggiungo, comunque, che, a quanto mi risulta, questo mio collega sovietico Lavricheff ha avuto stamane una lunga conversazione con questo Presidente del Consiglio.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI

L. R. 1/3348. Roma, 18 giugno 1943.

Secondo informazioni giuntemi da fonte molto 8.ttendibile Don Juan ritiene che si avvicini ormai rapidamente per lui il momento di prendere una decisione e che questa dovrà essere presa senz'altro entro i prossimi mesi.

Egli ritiene infatti che un ulteriore ritardo possa portare ad un rafforzamento della corrente estremista fino al punto di rendere possibile ai rossi di riprendere il controllo della Spagna.

Questa preoccupazione è stata rafforzata dagli ultimi avvenimenti argentini nei quali è stata vista un'attività sempre crescente degli americani nella vita politica interna degli Stati neutrali.

Mi è stato aggiunto che Don Juan riceve numerosi messaggi da Hoare, il quale gli invia in media due o tre volte la settimana anche appunti scritti a matita su un blocco notes.

Sarà bene che, avendone occasione, tu faccia g,iungere al Caudillo queste informazioni.

Ricevo oggi il tuo rapporto segreto in data 15 corrente (l) sulla questione monarchica nel quale alcuni elementi mi sembra coincidano con quanto è stato riferito a me.

Mi pare molto interessante soprattutto l'osservazione che gli ambienti monarchici si stiano agitando nel timore che una vittoria degli alleati provochi una caduta dell'attuale reg-ime in Spagna e l'avvento. di una Repubblica, compromettendo in conseguenza definitivamente la possibilità di un ritorno del Re.

Questa tua osservazione, piena di logica, nell'attuale stato degli spiriti in alcune parti di Europa, unita a quella che precede sulla invadenza anglo-americana negli affari interni degli altri Paesi, mi fa concludere che effettivamente convenga al Caudillo di tenere bene gli occhi aperti (2).

(l) -Per la risposta di Bastlaninl, vedi D. 452. (2) -Vedi D. 403.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER TELESCR. 3897/1020 R. Berlino, 19 giugno 1943, ore 17,10.

Mio 975 del 10 corrente (3).

Auswartiges Amt ha informato oggi R. Ambasciata che considererebbe opportuno evitare pubblicazione lettere scambiate tra Governi dell'Asse, il Gran Mufti di Palestina e Primo Ministro Gailani nella primavera 1942, [perché] «è sempre possibile che turchi possano ravvisarvi violazione obbligo consultazione previsto articolo 2 trattato di amicizia turco-germanico». Auswartiges Amt preferisce perciò rilascio e pubblicazione di una nuova dichiarazione, che potrebbe all'incirca ripetere assicurazioni date con lo scambio di lettere.

Auswii.rtiges Amt sarebbe grato a codesto Ministero se volesse fargli conoscere il suo pensiero circa la formulazione di una dichiarazione del genere.

Dopo che Governo italiano e germanico ne avessero concordato il testo, con partecipazione del Gran Mufti e di Gailani, il Governo germanico darebbe, a titolo di informazione, conoscenza dell'imminente pubblicazione della dichiarazione stessa al Governo turco (4).

(-4) Per la risposta di Bastianini, vedi D. 448.
(l) -Non rinvenuto. (2) -Per la risposta, vedi D. 444. (3) -Vedi D. 399, nota l.
436

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. 18191/418 P. R. Bucarest, 20 giugno 1943, ore 14 (per. ore 2,20 del 21).

Telegramma di V. E. n. 371 (1).

Presidente Antonescu profondamente lieto della possibilità che gli viene

offerta di incontrarsi col Duce e con V. E. vi ringrazia dell'invito rivoltogli.

In base segnalazione fattami col telegramma predetto Antonescu partirà da qui giorno 27 per essere Venezia giorno 29. Visita si svolgerà quindi secondo progetto redatto costà in modo che udienza Duce a Rocca delle Caminate abbia luogo primo luglio. Mi permetto suggerire per evitare possibili manovre che visita non subisca ulteriori rinvii.

Antonescu sarà accompagnato da Sottosegretario di Stato alla.Propaganda Marcu che egli tiene a condurre seco quale esponente autorevole e fedelissimo dell'amicizia itala-romena, da Ministro Plenipotenziario Petala direttore Affari Economici al Ministero Affari Esteri, da Segretario di Legazione Barbu e da altri funzionari di cui riservasi indicare nomi.

Siccome da tempo, in attesa visita, egli ha preparato regali per il Duce e per

V. E. prego esaminare possibilità che venga ricambiata analoga offerta a lui e all'Eccellenza Marcu.

Antonescu prega dare comunicazione della visita a codesto Ministro di Romania.

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IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

L. RR. 1/3365. Roma, 20 giugno 1943.

È qui pervenuto il Vostro rapporto n. 8831/1496 dell'H giugno (2), relativo alla conversazione da Voi avuta con Ribbentrop a Fuschl.

Gli argomenti trattati e le importanti dichiarazioni fattevi dal Ministro degli Esteri del Reich sui vari punti che hanno formato oggetto di discussione, sono stati appresi qui con estremo interesse.

Per quanto poi riguarda il punto 7, Vi informo che, in considerazione delle condizioni a Voi note, non si è potuto finora determinare l'eventuale data e le modalità dell'avvenimento. Non mancherò naturalmente di tenerVi informato

di quelle ulteriori decisioni che potranno esser Superiormente prese in proposito.

Vi aggiungo che ieri sera Mackensen, richiamandosi ad una conversazione avuta da me la mattina con Bismarck, durante la quale gli avevo fatto rilevare l'ultimo discorso di Tojo e la politica giapponese verso le Filippine ecc., mi ha detto di aver segnalato a Berlino le mie osservazioni, che contenevano l'augurio di vedere anche la Germania avviarsi verso una politica più vicina alla nostra nei riguardi dei piccoli Stati.

(1) -Si riferisce al T. s.n.d. 19785/371 P.R. del 18 giugno 1943, ore 23, contenente le seguenti istruzioni di Bastianini: «Vogliate tenere presente, nel sottoporre costì noto programma, che visita Duce dovrà avvenire nella giornata del 1° luglio. Programma dovrà pertanto subire in conseguenza gli opportuni spostamenti di date ». (2) -Vedi D. 416.
438

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. PER TELESCR. 86/762 R. Roma, 21 giugno 1943, ore 15,45.

Vostro telegramma n. 1018 del 19 giugno scorso (1).

Siamo spiacenti non poter condividere avviso espresso dall'Auswartiges Amt, secondo il quale adozione nostra misure ritorsione potrebbe riuscire gradita al Governo Argentino, cui consentirebbe maggiori possibilità di resistenza di fronte alla sempre crescente pressione anglo-americana.

Riteniamo invece che misure adottate da Governo Buenos Aires vadano considerate come inizio applicazione postulati Rio de Janeiro, cui Governo argentino è stato costretto sotto ;pressioni energiche esercitate da anglo-americani nei due giorni intercorrenti tra avvento di Rawson e la successione Ramirez; pressioni certamente accompagnate da minacce sanzioni economiche, ma che non escludiamo abbiano potuto comprendere anche minacce più gravi di natura politica.

Situazione Governo argentino va dunque esaminata sotto questo aspetto nel quale è ovvio che non gioca in alcun modo l'adozione o meno di contromisure da parte nostra.

Per contro adozione di tali contromisure riesce invece certamente gradita proprio agli anglo-americani i quali non possono non vedere con ciò favorita loro azione intesa a staccare sempre più Argentina da noi.

Per queste considerazioni, e pur facendo riserva di rivedere in qualsiasi momento nostra linea di condotta, non abbiamo ritenuto opportuno applicare da parte nostra predette misure.

A tale atteggiamento, che avremmo consigliato anche costà ove fossimo stati interpellati, siamo stati indotti forse più da valutazioni di ordine politico, che dalla considerazione dei nostri peculiari interessi in Argentina, che pur non possono certo essere sottovalutati.

{l) Con T. 3859/1018 R. del 19 giugno 1943, ore 16,50, non pubblicato, Alfieri aveva trasmesso l'invito del Governo tedesco ad uniformare la reazione italiana al decreto sulla sospensione delle comunicazioni cifrate a quelle della Germania e del Giappone (vedi D. 422).

A questo riguardo sarà anzi opportuno che rammentiate costà presenza ln Argentina considerevoli masse di italiani che, per costituire all'interno del Paese un vero e proprio peso politico, hanno certamente contribuito all'atteggiamento amichevole finora mantenuto verso di noi da quello Stato.

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IL MINISTRO A LISBONA, PRUNAS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. PER CORRIERE 4022/0106 R. Lisbona, 21 giugno 1943 (per. il 24).

Nella ridda di informazioni contraddittorie, che imperversa in questi giorni circa gli eventi militari e politici che dovrebbero seguire all'occupazione del Nord Africa da parte degli Alleati, non mancano naturalmente le «rivelazioni» circa tentativi di trattative di pace. Tali rivelazioni, immediatamente seguite da smentite, repliche, .rettifiche ecc. del tutto tendenziose appaiono evidentemente destinate dalla propaganda anglo-americana contribuire alla cosidetta «guerra dei nervi» e a creare come una cortina fumogena su quelli che dovrebbero essere i reali progetti per l'immediato futuro.

Dopo le voci di negoziati per una pace separata tra la Rumania e gli Alleati, tra la Germania e la Russia, immediatamente smentite, riviene ora la volta dell'Italia con una serie di comunicati, che ritengo valga la pena di citare nella successione:

Un dispaccio del 19 da Algeri informa correre con insistenza la notizia se· condo la quale si troverebbero ad Algeri per trattative di pace, emissari italiani tra cui sarebbero anche il Principe di Piemonte ed il Maresciallo Badoglio.

In stessa data due successivi dispacci da Londra riprendono la notizia, l'uno per confermarla l'altro invece per comunicare che nella capitale britannica non si ha alcuna informazione che permetta di dare o meno credito alla notizia della presenza ad Algeri di negoziatori italiani.

Il giorno 20 due ulteriori dispacci da Algeri smentiscono le notizie date il giorno precedente e le definiscono di pura fantasia.

Un'ultima più ampia informazione infine, pervenuta ora da Algeri, dà la definitiva smentita a tutte le voci corse, aggiungendo essere impossibile la presenza in Nord Africa di personalità italiane per trattative di pace, dato che tali tentativi non sarebbero compatibili con la norma fissata dalle Nazioni Unite dell'« unconditional surrender ».

Il dispaccio aggiunge che qualora emissari italiani si presentassero ad Algeri, essi potrebbero solo offrire la resa incondizionata, perché in nessun caso potrebbero venir fatte delle concessioni all'Italia. La comunicazione conclude che secondo alcuni osservatori, le voci di cui trattasi sarebbero sorte in seguito alla campagna testé iniziata dalla stampa francese del Nord Africa, per la creazione di «una Commissione nazionale italiana nella quale verrebbe condensato tutto l'antifascismo che regna tra gli italiani in Italia e all'estero».

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IL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. PER CORRIERE 4053/012 R: Belgrado, 21 giugno 1943 (per. il 25).

In conversazione avuta subito dopo mio rientro in Sede con mio collega di Germania questi mi ha detto che Belgrado e zona immediatamente adiacente possono tuttora essere considerate relativamente tranquille. Nel resto della Serbia si nota invece maggiore effervescenza dovuta più che ai partigiani specialmente a Draza Mihajlovic. Ad abbiezione circa attuale situazione di quest'ultimo Benzler ha risposto che di fatto oggi movimento ha superato suo stesso capo, tanto che se quest'ultimo dovesse scomparire, movimento continuerebbe egualmente e senza interruzione. Per questo Ministro di Germania preferisce chiamarlo dei « Drasiciani » piuttosto che di Draza Mihajlovic.

Non ha saputo indicare esatte ragioni attuale recrudescenza attività « Drasiciani » che attribuisce a misteriose correnti e tendenze balcaniche che sembrano tradizionalmente dover diventare più attive durante estate.

Parlando situazione generale Ministro Germania ha accennato con qualche insistenza (secondo conosciuta opinione germanica già precedentemente segnalata) a probabilità che attacco nemico possa pronunciarsi su coste balcaniche in Adriatico e particolarmente in Albania.

Benzler si è anche soffermato insistentemente su atteggiamento Turchia, esprimendo opinione che resisterà sinché possibile a pressione anglo-americana, ma mostrandosi anche ansioso conoscere notizie e opinioni che si avessero in proposito in Italia.

In relazione a quanto dettomi da Benzler, è da rilevare, a parte aumento truppe germaniche dislocate in Serbia (da quanto sinora è noto è in arrivo un'altra divisione in zona a oriente di Belgrado), che intensificato transito in questa zona di truppe e specialmente materiale germanico sembra avere attualmente, rispetto alla zona sud occidentale balcanica in generale, orientamento periferico.

441

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3987/437-438 R. Tokio, 22 giugno 1943, ore 8 (per. ore 20).

Parlandomi degli sviluppi della nuova politica in Cina annunziata· dal Primo Ministro nel suo discorso alla Dieta del 16 corrente (l) questo Ministro degli Affari Esteri mi ha accennato che nuovo trattato nippo-cinese, destinato sostituire quello attualmente in vigore, dovrà costituire una stipulazione

paritaria e contemplare una piena collaborazione sopra un piede di completa mdipendenza dei due contraenti. Giappone è disposto a convenire ritiro graduale sue truppe a fine guerra, con garanzie alla Cina. Shigemitsu si è mostrato soddisfatto che le prime reazioni americane al discorso del Presidente del Consiglio abbiano «accusato il colpo~.

Intanto, a liquidare passato, Tani è tornato in Cina con istruzioni di mettere subito sul tappeto questione delle concessioni internazionali Shanghai e parallelamente della retrocessione di quelle concessioni francesi per le quali intende far pressione energica oggi stesso a questo Ambasciatore di Francia. Egli conta che le due importanti questioni saranno liquidate entro fine luglio prossimo.

Come era per altro da attendersi, Ministro degli Affari Esteri mi ha fatto molto amichevolmente pressione perché sia assicurata nostra collaborazione effettiva al perfezionamento dell'opera e ciò tanto per Shanghai che per Tientsin. Gli ho ripetuto noti argomenti. Egli mi ha risposto che Shanghai è destinata a rimanere il grande centro dei traffici con la Cina e che, dato che non si pensa per ora ad abbandono diritto di extra territorialità -abbandono che comunque non potrebbe aver luogo che .molto gradualmente nostri interessi est asiatici, che hanno fatto finora capo a Shanghai, rimarrebbero salvaguardati, accanto a quelli giapponesi e tedeschi, come è nelle intenzioni del governo di Tokio. Quanto alla concessione italiana di Tientsin, cui raggio d'attività è relativamente modesto e che non assolve compito economico importante, Shigemitsu teme che una sua prolungata ed ormai isolata permanenza nelle attuali condizioni produca sull'opinione pubblica di tutti i cinesi impressione sfavorevole alla nostra influenza.

Mi sono limitato a dirgli che avrei riferito a V. E. considerazioni espostemi (1). Telegrafato Roma e Shanghai.

(l) Vedi DD. 428 e 431.

442

L'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4004/0121 R. Madrid, 22 giugno 1943 (per. il 24).

Mio telegramma n. 775 del 18 corrente (2).

Il Ministro dell'Interno Blas Perez Gonzales ed il Ministro della Giustizia Aunòs, coi quali ho avuto occasione di parlare ieri, essendo la conversazione caduta sull'argomento di attualità del movimento monarchico, tanto l'uno che l'altro mi hanno affermato che la questione non potrà essere risolta in nessun caso da appelli intempestivi rivolti al Caudillo o da agitazioni interne, perché sia gli uni che le altre verranno stroncati. Entrambi i Ministri hanno

ribadito il noto ritornello di tutti i membri del Governo coi quali ho avuto

contatto, e cioè che spetterà solo al Caudillo di decidere se e quando la Mo

narchia potrà essere restaurata in Spagna.

«Con questa convinzione -mi diceva Aunòs -io non vengo neppure meno alla mia fede monarchica in quanto che lo stesso Don Juan mi consigliava alcuni anni fa di dare tutta la mia più fedele collaborazione al Caudillo che egli considerava come il salvatore della Spagna~

Il Ministro dell'Interno, per parte sua, mi affermava non esservi nulla di preoccupante in quest'agitazione monarchica, che anche egli sapeva creata dalla propaganda anglosassone. I proseliti di tale propaganda erano principalmente reclutati nella sfera dell'aristocrazia, dove molti hanno purtroppo dimenticato tutto il male fatto alla Spagna dall'Inghilterra durante la guerra civile. Egli cercava di affrontare la situazione con grande calma, senza drammatizzare; aveva spesso dei colloqui con qualcuno di questi elementi, più o meno intelligenti e più o meno patrioti, per schiarire loro le idee e dare qualche amichevole consiglio di tranquillità e di fiduciosa attesa. Tuttavia era talvolta costretto a dare qualche esempio di severità, come nel caso del Marchese de la Eliseda che egli ha creduto opportuno di mandare addirittura alle Canarie anziché, come si diceva in un primo tempo, alle Baleari. E mi aggiungeva che, sempre in base ai suesposti criteri, egli ha autorizzato il Marchese di Quintanar -dopo averlo tenuto per qualche tempo a Ibiza a risiedere in località della costa mediterranea con divieto di recarsi a Madrid.

(l) -Per la risposta di Mussolini vedi D. 494. (2) -Con T. 3888/775 R. del 18 giugno 1943, non pubblicato, Paulucci informava dell"arresto del monarchico marchese Francesco Moreno de la Eliseda.
443

IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALL'AMBASCIATA DI GERMANIA A ROMA

APPUNTO. Roma, 22 giugno 1943 (1).

Il R. Ministero degli Affari Esteri ha esaminato il progetto di nota che il Governo tedesco vorrebbe fosse rimesso al Governo ungherese dai Ministri d'Italia e di Germania a Budapest, in risposta alla Nota ungherese (2). Esso, pur riconoscendo l'esattezza e la fondatezza delle osservazioni contenute in detto progetto, non è persuaso che tale Nota giovi al fine pratico che i due Governi si propongono.

Fin dal primo momento il Governo italiano ha ritenuto che fosse da evitare qualunque polemica tra l'Ungheria e la Rumania da una parte, l'Italia e la Germania dall'altra, sul rapporto degli Incaricati Speciali, ed esso aveva anzi proposto che tale rapporto non fosse neppur comunicato ai due Governi,

Bismarck 11 25 giugno.

ai quali si potevano solo comunicare le «raccomandazioni» formulate in base alle conclusioni degli Incaricati Speciali. L'accettazione di queste raccomandazioni e la loro messa in atto sono l'obiettivo che i Governi italiano e germanico si propongono. E su questo punto il Governo italiano è d'opinione che sia necessario concentrare tutti gli sforzi.

A questo scopo è necessario anzitutto chiarire la posizione dell'Italia e della Germania nella fase attuale delle controversie ungaro-rumene, e la natura dell'azione svolta per mezzo della Commissione degli Incaricati Speciali.

Il Ministero italiano degli Affari Esteri è di avviso che tale azione abbia avuto finora il carattere di un'azione conciliatrice. La nomina della Commissione degli Incaricati Speciali non ha avuto origine dall'art. 7 del Lodo Arbitrale, che prevede una procedura diversa da quella seguita. Essa ha avuto origine, come è noto, da una segnalazione del Governo ungherese, in materia di requisizione di generi alimentari, in seguito alla quale segnalazione, il Governo italiano e quello tedesco proposero ai Governi di Budapest e di Bucarest di inviare in Transilvania Incaricati Speciali per esaminare la situazione del gruppo etnico rumeno in territorio ungherese e del gruppo .etnico ungherese in territorio rumeno. Venne dichiarato allora che gli Incaricati avrebbero dovuto far rapporto sui risultati del loro esame ai Governi italiano e germanico i quali si riservavano, in base a tale rapporto, di indirizzare le loro «raccomandazioni» ai Governi, che accettarono tale proposta ma non si impegnarono esplicitamente ad accettare i risultati dell'inchiesta come definitivi e le raccomandazioni come obbligatorie. L'azione italiana e germanica era e rimane -fino a quando non avremo fatto ricorso alla procedura dell'art. 7 -un tentativo di conciliazione.

Pare difficile in questa fase dare al rapporto della Commissione di inchiesta e alle « raccomandazioni » il carattere di una « decisione definitiva » delle Potenze dell'Asse, quale è prevista dall'art. 7 del Lodo Arbitrale. Questo articolo è così concepito:

« Qualora nell'esecuzione del presente arbitrato sorgessero difficoltà o dubbi, il R. Governo romeno e il R. Governo ungherese si metteranno d'accordo direttamente. Qualora non riuscissero ad accordarsi su qualche punto controverso essi sottoporranno le questioni al R. Governo italiano e al Governo germanico che prenderanno in merito una decisione definitiva'>.

In base a tale articolo i Governi italiano e tedesco non potrebbero prendere una «decisione definitiva» che dopo aver constatato che Romania e Ungheria non sono riuscite a mettersi direttamente d'accordo.

È perciò che quando, nel marzo scorso, Roma e Berlino furono informate dal Governo ungherese e dal Governo rumeno della loro intenzione di procedere a conversazioni dirette, venne loro comunicato, nel presentare le «raccomandazioni », che tali « raccomandazioni » dovevano « considerarsi valide per il caso che i negoziati diretti tra i due Governi non portassero ad alcun accordo» (1).

Ora proprio in questi giorni il conte Banffy è giunto a Bucarest, e si prevede che egli inizierà con l'incaricato romeno, sig. Mironescu, le conversazioni previste.

Ove tali conversazioni risultino in un accordo è evidente che non vi sarà luogo per una ulteriore azione itala-tedesca. Ove queste conversazioni invece falliscano, i Governi rumeno ed ungherese dovranno formalmente sottoporre all'Italia e alla Germania le loro controversie, per una decisione definitiva. E sarà allora che potranno essere trasformate in «decisione definitiva » quelle che per ora non sono che « raccomandazioni » e che si potrà esigere che i due Governi, senza ulteriori discussioni, le applichino. Con questa procedura i Governi italiano e germanico resteranno nei termini del Lodo Arbitrale dal quale essi derivano un preciso e chiaro diritto di decisione.

Nulla impedirà peraltro allora, di modificare e completare le « raccomandazioni » degli Incaricati Speciali, se i Governi italiano e germanico lo riterranno opportuno, o se sembrerà necessario adeguare tali « raccomandazioni » a nuovi fatti e a nuove circostanze.

Il R. Ministero degli Affari Esteri ritiene che nella fase attuale si debba evitare di entrare in discussioni o in polemiche con il Governo ungherese o con il Governo romeno, riservando un giudizio al momento che venisse constatato il fallimento delle negoziazioni dirette.

Quando non si voglia tuttavia lasciare il memorandum ungherese senza risposta si potrà comunicare al Governo ungherese che i Governi italiano e germanico stanno esaminando la sua risposta, ma che essi intendono fin da ora precisare che la data di partenza alla quale bisogna riferirsi per l'esame delle varie questioni sorte in Transilvania è quella della firma del Lodo Arbitrale di Vienna (30 agosto 1940).

Resta poi da esaminare e da decidere se non convenga (riprendendo il concetto già accennato nel marzo scorso) precisare che i due Governi italiano e tedesco si riservano, ove i negoziati diretti non portino ad un accordo, di prendere una decisione in base all'art. 7 del Lodo di Vienna. E ciò allo scopo di esercitare una pressione sui Governi ungherese e romeno.

(l) -Una annotazione sul documento avverte che esso è stato consegnato al consigliere (2) -Vedi D. 386.

(l) Vedi D. 144.

444

L'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. R. 4970. Madrid, 22 giugno 1943 (1).

Ricevo la tua lettera n. 1/3348 del 18 giugno u.s. (2) e con mezzo adatto farò giungere al Caudillo le informazioni che mi comunichi. Può anche darsi che io abbia la possibilità di vederlo e di intrattenerlo sull'argomento prima della mia venuta costì.

Da quanto ho potuto finora osservare non ritengo probabiJ.e, senza una concreta e decisa influenza esterna, un rafforzamento della corrente estremista fino al punto da rendere possibile ai rossi la ripresa di controllo della Spagna. Franco dimostra di tenere d.n pugno la situazione. Ne fa prova il recente arresto del monarchico Marchese de la Eliseda (segnalato con telegramma

n. 775) (l) ed egli non esita a prendere misure coercitive contro chiunque promuova agitazioni nocive per la sicurezza interna. Mesi or sono l'arresto del Marchese di Quintanar, influente esponente monarchico, sollevò non poche proteste nell'ambiente aristocratico e filobritannico: eppure Franco non ha esitato a seguire la stessa via oggi, in un momento più delicato, e questa volta senza reazione di sorta, almeno finora. <A questo proposito allego per tua comodità copia del mio telegramma per corriere odierno n. 0121 circa le impressioni di due autorevoli membri del Governo sulla questione) (2).

A maggior ragione e con più ferma energia il Caudillo agirebbe contro gli elementi estremisti; e ne ha il mezzo.

Il pericolo però sarebbe gravissimo nel caso che agissero elementi esterni: come uno sbarco degli alleati in territorio spagnolo o il sicuro delinearsi di una loro vittoria. Ciò perché la "corrente estremista, aiutata dall'esterno, potrebbe essere portata a tentare il tutto per tutto. Da questo l'agitazione dei monarchici.

Non posso che condividere il tuo avviso sulla necessità che il Caudillo tenga bene aperti gli occhi.

(l) -Manca l'lndlcazlone della data d'arrivo. (2) -Vedi D. 434.
445

IL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, CASTELLANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. 4001/1035/109 R. Sussak, 23 giugno 1943, ore 21,35 (per. ore 7,15 del 24).

Secondo informazioni comunicate da nota personalità cetnica confinata ad Abbazia, Governo nominale jugoslavo di Londra sarebbe stato invitato dimettersi per dare modo di eliminare da Governo stesso Generale Mihailovich. Primo atto dei membri nuovo Governo sarebbe sconfessione movimento cetnico, in omaggio richiesta di Mosca.

In seguito ciò, gruppo personalità cetniche che fanno capo a Jevdevic avrebbe deciso troncare ogni rapporto con Governo jugoslavo Londra ed avreb

be invitato Mihailovich costituire Governo serbo di opposizione; qualora Mihailovich non aderisse a tale progetto, suddetto gruppo penserebbe costituire ugualmente Governo nominale serbo ad Abbazia.

(l) -Vedi D. 442, nota l. (2) -Vedi D. 442.
446

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO S. Roma, 24 giugno 1943.

Da vari indizi ho tratto l'impressione che la Santa Sede allo scopo di salvaguardare in tutte le possibili maniere gli interessi della cattolicità in Europa cerca di controassicurarsi in qualche modo sui possibili sviluppi del conflitto, se non con l'incoraggiare, certo col non sconfessare nei paesi occupati l'intensificazione dell'azione politica delle locali gerarchie cattoliche (di cui sono sintomo le recenti pastorali dei Vescovi olandesi e belgi) e coll'annodare discreti contatti con i governi nominali di Londra.

È recente, per esempio, l'accreditamento di Mons. Godfrey Delegato Apostolico in Gran Bretagna, ad Incaricato d'Affari presso il governo polacco e sembra inoltre che rapporti diplomatici verrebbero allacciati col governo olandese.

Da riservati sondaggi che ho potuto compiere in Vaticano e da qualche indiscrezione ho tratto l'impressione che l'attenzione della Santa Sede, dopo i recenti avvenimenti nord-africani, si è ora particolarmente concentrata sulla Francia.

Come è noto, la Santa Sede ha in un primo tempo incoraggiato l'azione del Maresciallo Pétain vedendo in lui un esponente della reazione antimassonica ed una garanzia nei confronti della Potenza occupante per le istituzioni cattoliche francesi.

Ma di fronte al sempre più intransigente atteggiamento anticollaborazionista del clero di Francia ed in seguito ad una nuova valutazione della situazione francese in genere, il Vaticano ha cominciato ora a guardare oltre che a Vichy anche ad Algeri.

Ispiratore nelle mura vaticane di questo nuovo orientamento e pare anche mediatore di qualche contatto, sembra sia il Cardinale Tisserant che, come è noto, assunse fin dal principio nei riguardi di Vichy un atteggiamento di assoluto riserbo.

Per concludere si può dire che in Vaticano le «due Francie :) -quella di Vichy e quella di Algeri -vi siano oggi rappresentate e che la Santa Sede, nella sua viva preoccupazione di non perdere la sua storica presa sul cattolicesimo francese ha assunto una posizione intermedia così da potere da un lato mantenere formalmente corretti i propri rapporti col potere legale, dall'altro non precludersi la possibilità di un'immediata saldatura col Comitato Giraud-de Gaulle ove questo possa contare qualcosa nella Francia di domani.

447

IL SOTI'OSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI (l)

T. 20402/C. P. R. Roma, 25 giugno 1943, ore 8.

Con telespresso n. 12033 del 31 maggio u.s. (2) venne inviata a codesta

R. Ambasciata copia di una Nota Verbale con la quale l'Ambasciata tedesca richiedeva a nome del suo Governo che il numero degli operai rimpatriati dalla Germania fosse ridotto mensilmente da 12 mila a 6 mila, nonché copia della risposta italiana con la quale si diceva di non poter accedere nella richiesta di modificare in maniera così profonda le intese raggiunte.

Successivamente il Duce ha disposto che il numero mensile dei rimpatriandi dalla Germania venga ridotto a 8 mila, e ciò per la Sua comprensione delle necessità germaniche, contemperate dalle nostre imprescindibili esigenze.

Tale decisione del Duce venne recata a conoscenza dell'Ambasciatore von Mackensen.

Vogliate ora richiedere a codesto Governo se è d'accordo nel numero sopra indicato, affinché possano tosto essere prese dalle competenti autorità italiane le disposizioni necessarie per applicare praticamente le superiori decisioni (3).

448

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. 20502/775 P.R. Roma, 25 giugno 1943, ore 24.

Vostro 1020 (4). Potete informare codesto Governo che provvediamo rimettere a questa Ambasciata di Germania nuovo testo dichiarazione relativa Paesi arabi (5).

Ove Governo germanico sia d'accordo su tale testo, esso potrebbe venire sottoposto da questo Ministero e da questa Ambasciata di Germania al Mufti e da codesto Ministero e da codesta Ambasciata a Gailani per eventuali osservazioni.

Dopo di che dichiarazione potrebbe essere comunicata, a titolo di informazione, al Governo turco nell'imminenza della pubblicazione.

-(2) Non pubblicato.
(l) -Inviato per conoscenza al Ministeri delle Corporazioni e degli Scambi e Valute. (3) -Non è stata rinvenuta la risposta a questo telegramma, (4) -Vedi D. 435. (5) -Vedi D. 472.
449

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 4094/0150 R. Berlino, 25 giugno 1943 (per. il 27). Mio telecorriere 0139 del 9 corrente

1°) Ho stamane proseguito con Steengracht l'esame dei problemi relativi alla Croazia.

La riunione odierna, alla quale hanno partecipato per parte italiana i collaboratori tecnici della R. Ambasciata e per parte germanica il Direttore Ministeriale Clodius, il Vice Direttore degli Affari Politici Ministro Erdmannsdorf, il Consigliere di Legazione Junker, il Console Generale..., [è stata dedicata all'esame] delle questioni economiche.

Hanno formato oggetto di discussione preliminare anche talune questioni economiche singole quali quelle relative alla fabbrica di munizioni di Mahicno, alla costruzione ed all'esercizio di Porto Ploce, alle miniere di bauxite ed ai problemi forestali.

Le questioni suddette, insieme alle altre dall'E. V. indicate, saranno esaminate più dettagliatamente in conversazioni fra Clodius ed il Barone Schmidt Muller, i quali nei prossimi giorni riferiranno i risultati raggiunti.

2°) Mi propongo intanto di iniziare quanto prima conversazioni sistematiche e più approfondite circa i vari argomenti politici dall'E. V. indicati e considerati solo sommariamente nella prima riunione.

Il Segretario di Stato -che all'inizio delle conversazioni odierne ha esplicitamente riaffermato come il Governo germanico consideri lo stato indipendente croato zona di influenza italiana tanto politica quanto economica -ha spontaneamente rilevato l'opportunità -indicata nel telespresso di V. E.

n. 8/03544 del 17 corrente (2) -che i risultati delle conversazioni in corso si concretino in atti scritti.

(1).
450

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 25 giugno 1943.

Un'insidiosa propaganda nemica ha fatto circolare negli ambienti vaticani la voce secondo cui sarebbe già pronta in Italia una squadriglia -italiana o tedesca -destinata a bombardare la Città del Vaticano contemporaneamente ad un'eventuale azione aerea del nemico sulla Capitale, o immediate vicinanze.

,

Tale voce venne tra l'altro segnalata all'Ambasciatore Guariglia da Sua Santità in un colloquio avvenuto il 26 dicembre scorso (1).

Risulta ora che tali voci, insistentemente ricorrenti, hanno trovato credito negli ambienti vaticani, sino a rendere fondata la previsione che nell'ipotesi di un'azione aerea nemica nel cielo di Roma, in qualunque circostanza ciò dovesse avvenire, la responsabilità degli eventuali danni che ne risultassero nell'area della Città del Vaticano, verrebbe fatta risalire, nel giudizio degli stessi ambienti, a predeterminati intendimenti dei Governi dell'Asse.

È evidente l'obiettivo che questa calunniosa campagna nemica si propone, intesa com'è a prccostituirsi fin d'ora un alibi per il caso che la deprecata eventualità dovesse verificarsi.

Sembrerebbe quindi necessario procedere ad una messa a punto che valga a stroncare la manovra avversaria. Ho l'onore pertanto di segnalare alla Vostra attenzione, Duce, l'opportunità che venga pubblicata una decisa smentita alle voci sopra segnalate (2).

(l) -Vedi D. 409. (2) -Vedi D. 429.
451

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. U s. N. D. 4083/450 R. Tokio, 26 giugno 1943, ore 6,10 (per. ore 22).

Oshima, che ha avuto recentissime istruzioni di vedere personalmente Hitler -sembra per ottenere chiarimenti esaurienti circa presente situazione militare fronte russo -non sarebbe ancora riuscito farsi ricevere. Tale circostanza produce in questi ambienti, specie militari, un certo nervosismo dando adito a molte supposizioni. Qui si è sempre avuta idea fissa di potersi trovare improvvisamente di fronte ad un fatto compiuto che non consenta tempestivo intervento giapponese per una utile e sicura sistemazione delle posizioni nipponiche in nord Pacifico (3).

452

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A KABUL, QUARONI

T. S.N.D. 20509/72 P.R. Roma, 26 giugno 1943, ore 16,15.

Vostri 267 e 272 (4). Mentre riservomi rispondere in merito Vostri telegrammi suindicati, riferendomi intanto a possibilità da Voi prospettata che in seguito nuove pres

42 -Documenti diplomatic·i -Serie IX -Vol. X

sioni anglo-russe possa essere da codesto Governo limitata o soppressa corrispondenza in cifra, ritengo prudente da parte Vostra nei confronti di codeste Autorità -se nell'evenienza esse volessero agire in buona fede -di contenere fin da oggi, ed anche per servizi stampa, Vostra corrispondenza nei limiti più ristretti per non offrire facili appigli anche da tale punto di vista.

(l) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 442. (2) -Questo telegramma fu ritrasmesso a Berlino con T. per corriere 20773 P.R. del 29 giugno 1943. Per la risposta di Alfieri, vedi D. 491. (3) -Vedi D. 450. (4) -Vedi D. 432.
453

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4145/0152 R. Berlino, 26 giugno 1943 (per. il 30).

Questo sottosegretario agli Affari Politici, testè rientrato a Berlino dopo un soggiorno di due settimane a Madrid, ha riferito stamane -nel corso di una conversazione confidenziale -alcune impressioni riportate dai suoi recenti contatti con le personalità spagnole più rappresentative, dalle quali si era recato a prendere congedo.

Anzitutto il signor Hencke non pensa che il Governo madrileno, tuttora formalmente «non belligerante», intenda slittare oltre sulla via della neutralità sostanziale; né prevede che sorprese in genere siano da attendersi nel settore spagnolo, tanto dal punto di vista politico quanto da quello militare.

Egli . ha la sensazione che il Caudillo sia sempre, personalmente, dalla nostra parte; e che esso abbia scelto ed adoperi con abilità collaboratori più

o meno favorevoli agli anglo-americani soltanto per destreggiarsi attraverso la contingente situazione internazionale. così come felicemente si destregg,ia tra i vari movimenti di politica interna dei quali, in pratica, terrebbe in pugno le fila: ciò varrebbe pure, in particolare, per il movimento monarchico, malgrado le recenti e note manifestazioni.

Il Signor Hencke ha aggiunto di avere, nei suoi colloqui a Madrid, dato anche << brutale espressione » al suo convincimento della effettiva comunità di destino della Spagna nazionale con le potenze dell'Asse; e di ritenere che tale convincimento sia tuttora condiviso non soltanto dai circoli spagnoli responsabili, ma anche da vasti strati della popolazione.

454

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI, FRANSONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 26 giugno 1943.

Nella primavera del 1942 io ebbi sentore a Lisbona di contatti che avrebbero avuto luogo colà tra inglesi e tedeschi. Mentre cercavo di controllare la notizia, dal R. Ministero degli Esteri mi pervenne analoga segnalazione con l'invUo di indagare e riferire su quanto fosse per risultarmi. Dopo breve tempo mi fu possibile appurare che realmente vi era stata una presa di contatto fra un personaggio inglese ed altro tedesco, quest'ultimo accompagnato dall'Addetto Stampa dell'Ambasciata del Reich a Madrid, Signor Lazare. L'incontro era avvenuto nel mese di maggio ma senza alcun risultato dacché, essendo stata posta da parte inglese la pregiudiziale di non voler trattare in nessuna evenienza con il Governo di Hitler, l'interlocutore tedesco dovette ritirarsi (1). Il fatto mi venne confermato in prosieguo di tempo dal Signor Pangal ex Ministro di Romania a Lisbona che aveva avuto confidenze al riguardo dal Signor Graham, nipote dell'ex Ambasciatore d'Inghilterra a Roma dello stesso nome, il quale appartenendo ai servizi segreti inglesi da tempo fa la spola tra Londra e Lisbona occupandosi specialmente dei problemi che riguardano l'Italia. L'iniziativa dell'incontro, secondo detta fonte di informazione, era partita dall'Ammiraglio Canaris, Capo dei servizi informativi tedeschi.

Subito dopo il fallito incontro anglo-tedesco, e cioè nell'estate del 1942, i discreti accenni che a me erano stati già rivolti a mezzo del Pangal e di altri perché consentissi ad avere, direttamente o a mezzo di terza persona, qualche contatto con gli inglesi per «scambiare idee, in lirnea generale, sulla situazione », sono stati più volte ripetuti. Ma fattone io cenno, a suo tempo, al R. Ministero, lasciai cadere dette iniziative.

Verso la fine dell'anno venivo a conoscenza di un secondo tentativo fatto dai tedeschi. Esso aveva avuto luogo precisamente in novembre ma con l'identico risultato negativo di quello precedente, sempre secondo le confidenze del predetto Graham. Questi, ritornando in quell'occasione da me, avvertiva che uno scambio di vedute sarebbe stato utile prima del 15 aprile u.s. mettendo tale data in relazione con la situazione in Tunisia. In un secondo tempo affermava poi che era passato il momento più opportuno per discorrere (prima quindicina di aprile) ed aggiungeva che, nel caso mi decidessi, bisognava che non lasciassi ad ogni modo passare la prima quindicina di maggio. Dopo qualche tempo ancora e non avendo io mai aderito ad avere contatti di sorta, si cominciò a farmi pervenire qualche accenno sulla sostanza di quelle che avrebbero potuto essere le conversazioni con me. Alla vigilia infine della mia partenza da Lisbona e precisamente il 10 maggio u.s. mi si fece conoscere che i tedeschi erano ritornati alla carica per avere dei contatti. (Ho motivo di ritenere che tale lavoro fosse svolto, sul posto, spedalmente dal Barone Rheinbaben ex Sottosegretario agli Esteri al tempo di Stresemann).

Secondo dunque quanto ho potuto intendere da quello che indirettamente mi è pervenuto dal Signor Graham, l'Inghilterra, che considera la partita già bene impostata per la vittoria degli alleati, vorrebbe anzitutto affrettare tale esito con una collaborazione attiva e passiva dell'Italia e pense.rebbe, ...... (2), a valersi, al momento opportuno, dell'Italia per meglio ovviare a possibili

situazioni caotiche in Europa politicamente e socialmente minacciose. In definiti~a poi vorrebbe, insieme con noi e per mezzo di combinazioni politiche nelle quali noi dovremmo entrare, formare un certo argine, nel dopo guerra, alla lava tedesca e russa. Per quanto concerne le questioni territoriali, l'Inghilterra mostrerebbe favorevoli disposizioni verso di noi circa la Libia e sarebbe disposta a discutere un regolamento amministrativo del Canale di Suez (l).

(l) -Vedi serie nona, vol. IX, DD. 147 e 212. (2) -Parola illeggibile.
455

IL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROMANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R.R. 8134/1136. Vienna, 26 giugno 1943 {per. il 28).

Ho avuto già più volte occasione di segnalare che la popolazione viennese -e potrei dire austriaca, in base a quanto mi vien riferito -per un insieme di circostanze, che si riportano tutte alla situazione bellica con i suoi disagi e privazioni e all'atteggiamento dei prussiani verso gli abitanti della Ostmark, si è ormai adagiata in uno stato d'animo di contrarietà al nazismo ed alla guerra, nonché di aspirazione ad un rinnovamento politico, morale e materiale, le cui forme concrete non sono ancora ben definite. Questo stato d'animo ha ormai invaso i ceti più diversi -dall'agrario al commerciale, dagli ambienti operai a quelli universitari ed intellettuali in genere, per non parlare della parte ancor superstite della vecchia aristocrazia -mentre sembra si vadano costituendo dei gruppi, certo non ancora molto diffusi ed efficienti, orientati sulla linea degli antichi partiti dell'ex Repubblica.

Circolano infatti con qualche frequenza delle voci, invero difficilmente controllabili, di una segreta attività di elementi cosidetti moderati: si tratterebbe di ex membri delle vecchie correnti socialdemocratica, socialista, clericale, monarchia, che furono tutte particolarmente forti a Vienna. Più attivi in confronto degli altri sarebbero, secondo queste voci, i monarchici, che darebbero segno di un certo risveglio, riuscendo a guadagnare qualche nuovo proselite nelle campagne ed anche in ambienti ritenuti inespugnabili sino a poco tempo fa. Essi peraltro non disdegnerebbero la collaborazione degli altri gruppi sopracitati e cercherebbero di fissare almeno un minimo di programma comune da svolgere, su base monarchi,ca e intonazione socialdemocratica, appena verificatisi i due avvenimenti da loro auspicati: caduta del Regime e fine della guerra. Si tratterebbe di una sistemazione danubiana con l'Ungheria e la Croazia, tanto che si starebbe prendendo qualche contatto con persone «benpensanti» di questi due Paesi. Il lavoro verrebbe svolto in grande segreto, benché qualche sintomo di esso cominci a trapelare e sia giunto anche alle Autorità, le quali temerebbero l'espandersi di un movimento del genere che troverebbe presa nella popolazione, e si mostrano particolarmente severe, come è provato dalle varie perquisizioni e condanne che hanno luogo or qua or là

nella Marca Orientale. Nessun nome di persona in vista vene fatto per ora come di appartenente a tale tendenza, salvo quello dell'ex-Borgomastro socialista di Vienna Seitz, persona amata dal popolo e rispettata non solo dal suoi antichi compagni di fede, ma anche dai monarchici e dai cattolici. Sembra anche ·che qualcuno più acceso osi r·iporre speranze nei due più alti ufficiali attualmente di stanza a Vienna i quali, pur essendo prussiani, sono nel loro intimo di sentimenti anti-nazisti: il primo di essi specialmente, nonostante la sua età, godrebbe stima per il suo atteggiamento moderato e per aver sempre cercato di smussare gli angoli e di appianare le difficoltà.

Le voci di cui sopra mi sono state recentemente confermate da una persona che pretende di essere bene informata e che sostiene potersi già parlare di un «movimento di opposizione» facente capo ai gruppi socialista, cattolico e monarchico, cui si aggiungerebbero i comunisti. Questi collaborerebbero sulla base del comune denominatore dell'opportunità di lottare insieme contro il nemico comune, ma intenderebbero provvedere da soli alle prime necessità ed avrebbero già consigliato che, al momento opportuno, tutti rimangano nelle case.

La persona anzidetta ha ripetuto che continuano numerosi gli arresti e le condanne capitali, e che oltre agli individui giustiziati su sentenza del Tribunali, molte sono le esecuzioni segrete. Ha poi ricordato con un sorriso ironico l'eccidio dei polacchi a Katyn, come cosa di secondaria importanza di fronte alla quantità di gente scomparsa in Germania.

È interessante rilevare che informazioni di genere analogo alle predette ho avuto anche da un'altra persona la quale, dopo aver confermato l'esistenza di una certa attività da parte di elementi monarchici, ha voluto darmene una riprova parlando di un suo congiunto che sta cercando di recarsi in Ungheria per prendere contatti colà. Un altro infine, mi ha dètto che poco tempo addietro è stato avvicinato da un suo conoscente il quale, dopo un lungo discorso sulla situazione attuale, gli ha chiesto se volesse entrare in un «partito monarchico » in via di costituzione.

È da tener presente che, secondo gli stessi miei intel"locutori, questa attività dovrebbe essere intesa, piuttosto che ad organizzare movimenti o manifestazione sulle cui possibilità attuali nessuno si fa delle illusioni, a predisporre -compatibilmente con la situazione -i preparativi consigliati dall'opportunità di non essere eventualmente colti alla sprovvista.

Come già detto, è assai difficile controllare la fondatezza delle voci che circolano, mentre, per quanto riguarda le persone che le confermano, occorrerebbe poter stabilire se e quale parte abbiano, nelle loro affermazioni, una sia pure inconscia esaltazione e il desiderio di veder migliorata una condizione di cose ritenuta insopportabile.

Ho comunque ritenuto opportuno riferire quanto sopra sia perché si tratta di informazioni provenienti da fonti diverse e indipendenti fra di loro, sia perché esse costituiscono un nuovo sintomo dello stato di depressione cui l'opinione pubblica degli ex-austriaci è pervenuta (1).

(l) Il presente documento reca il timbro <<Visto dal Duce>>.

(l) Il presente documento reca il visto di. Mussolini.

456

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 27 giugno 1943.

La situazione politica romena ha subito in questi ultimi mesi l'influenza delle condizioni generali che si sono verificate nel settore danubiano-balcanico in seguito agli avvenimenti militari sul fronte russo. L'insuccesso delle operazioni tedesche, le dure perdite subite dall'esercito romeno, l'inasprirsi della resistenza nei paesi occupati e la possibilità di un attacco anglo-americano nei Balcani hanno suscitato in Romania le preoccupazioni più gravi, preoccupazioni che investono i problemi più essenziali della conservazione dello Stato romeno. Sono stati visibili in questi mesi i segni di un crescente nervosismo negli uomini che sono responsabili della condotta della guerra e dei destini della Romania, come sono stati visibili i segni di un acuirsi delle opposizioni alla politica del Maresciallo Antonescu.

La Romania si vede minacciata da tutte le parti. Minacciata dalle rivendicazioni ungheresi nella Transilvania -poiché l'Ungheria non accenna affatto a considerare come definitivo il Lodo di Vienna -minacciata dalla Russia, che se vittoriosa reclamerebbe per sé la Bessarabia, la Bucovina e le Bocche del Danubio, minacciata dalla Germania che con i suoi aspri metodi e i suoi programmi di supremazia politica ed economica nell'Europa sud-orientale tende -dicono i romeni -a trattare la Romania come una colonia. Dissanguata ed indebolita dallo sforzo compiuto, la Romania non vede come potrebbe far fronte a uno qualunque di questi pericoli, mentre si è oscurata nel popolo romeno, non solo la fiducia nella vittoria delle Potenze dell'Asse, ma finanche la coscienza dei fini per i quali la Romania combatte. Di qui una crisi latente nella compagine romena, crisi della quale approfittano largamente le correnti di opposizione all'l3!ttuale regime che rimproverano al Maresciallo Antonescu di aver trascinato la Romania in una politica che ha imposto al Paese i più duri sacrifici, senza avergli assicurato alcuna garanzia e giungono a contestare -come si può rilevare dalla recente lettera di Maniu e di Bratianu al Conducator -le basi stesse di una ulteriore partecipazione della Romania alla guerra.

Nel corso di questi ultimi mesi, sono venuti ripetutamente da Bucarest gridi di allarme e invocazioni di aiuto: allarme per la situazione militare, poiché i romeni non credono nella possibilità di una vittoria decisiva sul fronte russo, invocazioni di aiuto soprattutto per indurre la Germania a intendere la situazione della Romania, e la necessità nella quale si trova il Governo romeno di tranquillare la propria opinione pubblica, ansiosa di conoscere quale è il destino che le Potenze dell'Asse riserbano alla Romania. Così vivamente il Governo romeno ha sentito e sente questa necessità che, nel colloquio avuto con il R. Ministro a Bucarest, il 2 gennaio scorso, Mihai Antonescu è giunto ad esprimersi in questi termini: «Lo scopo della nostra vita di oggi è di creare le premesse per una nuova Europa che rappresenti le finalità di guerra per le quali i nostri popoli si battono. Ma se invece di avere questa sensazione l'esercito romeno si accorgerà che esso sacrifica le sue divisioni per un'Europa asservita ed umiliata in cui non vi sarà più posto per gli uomini d'onore e per i popoli liberi, allora esso sarà il primo ad abbandonare la lotta e ad accettare un altro destino».

È questo un concetto sul quale Mihai Antonescu è -in varie forme -ritornato più volte. Il suo pensiero si può in breve riassumere così: la Romania ha già compiuto dei sacrifici gravissimi: è stata costretta dalle Potenze dell'Asse a cedere una parte assai cospicua della Transilvani::\ in favore dell'Ungheria, della Dobrugia in favore della Bulgaria. Ha messo a disposizione àelle Potenze dell'Asse tutte le sue risorse economiche. Ha contribuito con tutte le sue forze, e con dure perdite, alla guerra contro la Russia. Ha abbandonato i suoi vecchi aUeati che pure avevano creato la Grande Romania. Che cosa ha avuto in cambio? Quali garanzie per l'avvenire? Quale assicurazione finanche per la libertà futura della sua azione internazionale? La Germania -è questo il maggior cruccio di Antonescu -non ha neanche definito una politica generale, che permetta al Governo Romeno di far fronte ai suoi oppositori e di giustificare al suo popolo le ragioni della guerra. « Che ci si dica -sono parole di Antonescu (l) -dove ci si vuoi condurre sul piano politico e militare, che lo Stato Maggiore germanico ci tratti non come una colonia, ma come in Paese alleato. Non basta chiedere uomini e mezzi e dettare ordini. Noi non possiamo abdicare a principi che ci sono più cari della nostra stessa vita. Abbiamo una indipendenza, una dignità e una responsabilità che intendiamo rispettare». Conclusione: dopo i duri sacrifici che le sono stati imposti, e impegnata come è nella guerra la Romania ha il diritto di conoscere quale è il suo posto nell'alleanza, quale è il destino che la Germania le riserba per l'avvenire.

Rapporti romeno-germanici.

Non vi è dubbio che nell'esprimere queste preoccupazioni e queste necessità, il Governo romeno abbia manifestato un'ansia e un nervosismo, dei quali le stesse parole dette da Mihai Antonescu al nostro Ministro sono una prova. Per quanto questo nervosismo possa essere giustificato dalla situazione della Romania, Antonescu si è forse agitato al di là del necessario, alla ricerca di orientamenti per fissare l'esatta posizione internazionale della Romania. Volendo mettere in evidenza la gravità della situazione romena, e per fare intendere alla Germania le necessità della Romania, ha dato ai tedeschi, certo al di là delle sue intenzioni, la sensazione che la Romania cercasse una via di uscita dal conflitto. Di qui un inasprirsi dei rapporti romeno-germanici, in parte causato dalle inquietudini di Antonescu, in parte dalla scarsa comprensione che la Germania ha mostrato della situazione romena, e dei problemi effettivi davanti ai quali la Romania si trova. Il Governo tedesco

ha creduto, com'è noto, di poter tagliare la questione chiedendo al Conducator la eliminazione di Mihai Antonescu dal Governo, ma il Conducator avendo coperto completamente il Vice Presidente del Consiglio, la Germania ha dovuto recedere dal suo atteggiamento, con risultato che nel complesso non ha certo giovato a chiarire le relazioni tra i due Paesi.

Queste restano sempre assai delicate. La Germania ha dovuto rinunciare -per ora -alla testa di Mihai Antonescu, Mihai Antonescu ha dovuto rinunciare a certe sue iniziative in verità non tutte molto chiare, ma la situazione è rimasta quella che era. E alla fine un solo fatto è risultato evidente -e noi ce lo attendevamo -e cioè che nell'attuale situazione romena Mihai Antonescu rappresenta pur sempre l'uomo politico che può mantenere la Romania nell'alleanza, e che eliminato lui, non sapremmo quali sorprese la politica romena potrebbe serbarci.

Anche per queste considerazioni noi abbiamo nel periodo più critico della crisi romeno-germanica svolto un'azione conciliatrice e pacificatrice, verso i romeni, consigliandoli a non urtare la Germania con irrequiete e inconcludenti attività che non possono che suscitare e alimentare le diffidenze tedesche, verso la Germania, facendo presente le effettive difficoltà di fronte alle quali il Governo romeno si trova, e la opportunità di venire incontro alle sue esigenze, sempre appoggiandoci al fatto che non è conveniente alle Potenze dell'Asse fare un salto nel buio, in materia di politica romena, provocando una crisi della quale non sarebbe possibile prevedere gli sviluppi.

I nostri consigli di moderazione -dettati dal semplice buon senso hanno avuto un favorevole effetto. Possiamo dire che se in gran parte la crisi romena è stata evitata ciò si è dovuto a noi, alle resistenze che noi abbiamo opposto alle pressioni tedesche, all'opera moderatrice che abbiamo svolto a Bucarest, e sopra un piano generale all'azione che Voi, Duce, avete svolto nel Convegno di Salisburgo per dare ai nostri minori alleati una assicurazione formale di rispetto della loro indipendenza e del loro libero sviluppo. E' in questa azione soprattutto che i Romeni hanno trovato la prima rispondenza alla domanda che in questi mesi essi ansiosamente si sono posti.

Rapporti ungaro-romeni.

La questione della Transilvania è più viva che mai nel cuore dei romeni, che considerano il Lodo di Vienna come una iniqua mutilazione della Romania. I tentativi, compiuti dalla Germania, di distrarre la Romania da tale questione, spingendola a cercare la sua espansione al di là del Nistro sono falliti. I romeni non si rassegnano -anche quando dichiarano di farlo -alla perdita di un territorio il cui acquisto aveva coronato i sacrifici compiuti nell'altra guerra. E poiché a sua volta l'Ungheria considera una iniquità il mancato ttacquisto di tutta la Transilvania, non si vede come la questione possa essere risolta. Né da parte nostra è possibile dare degli affidamenti concreti agli uni o agli altri. Dobbiamo contentarci di mostrare quello che si chiama «uno spirito di comprensione 1> e lavorare, come costantemente facciamo, per mantenere,

quanto è possibile, una certa tranquillità nei territori transilvani ed evitare una crisi aperta tra Bucarest e Budapest.

Attualmente sono in corso a Bucarest delle conversazioni preliminari romeno-ungheresi, per cercare di regolare i complessi problemi nascenti dal trattamento delle minoranze nei rispettivi territori. Da parte ungherese le conversazioni sono condotte dal Conte Banffy e da parte romena dal signor Mironescu. Tali conversazioni si sono appena iniziate. Non vi sono molte speranze che un'intesa possa essere raggiunta. A ogni modo noi favoriamo il raggiungimento di quest'intesa, se possibile, preferendo, come è naturale, che i due Paesi si accordino direttamente. Anche per questo abbiamo resistito alla tendenza tedesca di intervenire e imporre di autorità le raccomandazioni della Commissione degli Incaricati Speciali. E se noi dovessimo dare un consiglio alla Romania sarebbe quello di non venire mai a una rottura delle conversazioni con Budapest. In questo caso, infatti, noi saremmo obbligati ad applicare l'art. 7 del Lodo di Vienna e di procedere ad un atto di imperio che la Germania vorrebbe fare e noi cerchiamo già da tempo di evitare.

In sé, come è noto sopra, la questione è insolubile. Ma i due Paesi si trovano nel quadro della politica europea in condizioni analoghe. Nemici tra loro, hanno tuttavia degli interessi generali comuni, e tra questi anzitutto quello essenziale di preservare la propria indipendenza, che essi ritengono minacciata non solo dalla Russia, ma anche, sotto altra forma e entro limiti beninteso molto più ristretti, dalla Germania. Il fatto che la Germania abbia tentato di provocare contemporaneamente e con gli stessi metodi una crisi di Governo in Ungheria e in Romania, ha svegliato un certo vago senso di solidarietà. Non è da credere che questo vago senso di solidarietà valga a far dimenticare ai due popoli la questione transilvana, ma costituisce un certo punto di contatto, facilmente rivelabile nella similarità del linguaggio di Kallay e di Antonescu in materia di rapporti con la Germania, e nella loro tendenza parallela a stringere più intimi vincoli con l'Italia, nella quale essi sentono di trovare una maggiore comprensione, e una guida più sicura per quell'orientamento politico che tanto l'Ungheria che la Romania ansiosamente ricercano.

I rapporti con l'Italia.

La nostra politica di aperta difesa del rev1s1onismo ungherese e in altri tempi la partecipazione della Romania al sistema deHe alleanze francesi, ha sempre reso difficile una nostra intesa con la Romania. I romeni hanno sempre visto nell'Italia la maggiore e più decisa tutrice degli interessi ungheresi, hanno temuto che la nostra amicizia per l'Ungheria li potesse obbligare a maggiori sacrifici, si sono adombrati di ogni anche piccola manifestazione di questa amicizia.

In questi ultimi tempi vi è stato tuttavia un progressivo avvicinarsi della Romania a noi, e quasi un'ansiosa e preoccupata ricerca di un appoggio, di un consiglio, di una guida da parte nostra. Questo -a giudizio del R. Ministro a Bucarest -è stato, in gran parte, opera personale di Mihai Anto

nescu, il quale ha intuito come, al di là della questione ungherese, vi è un interesse italiano a un accordo con la Romania come con l'Ungheria, che preservi il bacino danubiano da un predominio esterno, e come con questo interesse coincida quello supremo della Romania di preservare la propria indipendenza. Spogliato dalla sua fraseologia drammatica, il pensiero di Antonescu è che la Romania può solo trovare nell'Italia e nella politica italiana un centro permanente di orientamento. Si direbbe che egli pensi che l'Ungheria abbia avuto ragione, e che alla Romania convenga seguire l'esempio ungherese.

Elemento primo ed essenziale di questo giudizio è la fiducia nella persona del Duce, e nell'azione che Egli può svolgere per imprimere alla guerra dell'Asse un indirizzo politico capace di superare e risolvere la situazione attuale.

In questo la posizione romena si identifica con la posizione ungherese. In realtà ungheresi e romeni nutrono la stessa speranza: che di fronte alle esigenze della realtà la Germania avverta la necessità di un'azione politica, e che questa azione politica sia condotta dal Duce. Da qui l'idea oggi prevalente a Bucarest, come a Budapest, di un coordinamento della politica romena con la politica dell'Italia con due obiettivi: uno immediato che è quello di indurre la Germania a un riesaine generale della situazione, l'altro più lontano che è quello di costituire una intesa permanente con Roma destinata, come è detto più sopra, a difendere il bacino danubiano balcanico da ogni tentativo di egemonia diretta.

La visione assai oscura che Antonescu ha della guerra è stata lungamente esposta dal R. Ministro a Bucarest nel suo memorandum del 5 giugno (1). Bisogna tener conto della difficile situazione nella quale i romeni si trovano e delle inquietudini di Antonescu per dare un ponderato giudizio su quanto egli pensa, su quanto egli prevede, e su quanto egli progetta. Ma quello che il memorandum del 5 giugno certamente rivela, e del quale non è possibile non tener conto, è che la crisi romena esiste, e che esiste proprio nella coscienza di quel Governo che è responsabile dei gravi sacrifici compiuti dalla Romania e del proseguimento della guerra.

La Germania non è stata capace di risolvere questa crisi con un puro atto di imperio. Non ha creduto neanche di poterlo fare per non rischiare di trovarsi di fronte, come noi facemmo presente a suo tempo, al duplice problema di un grave dispendio di forze e del danno di un minore contributo romeno alla guerra. Ma comunque ha posto i suoi rapporti con la Romania nei termini pericolosi della forza.

A noi spetta quindi per lo meno il compito di mantenere -con diversi metodi -la Romania nel sistema e sul piano dell'alleanza, in modo che la Romania, sia pure per reazione a certe eccessive pressioni ed asprezze germaniche, non prenda iniziative e non compia dei gesti compromettenti.

Nel momento presente è questo l'interesse elementare che noi abbiamo per noi e per la stessa Germania. Noi siamo riusciti ad evitare, durante il periodo più acuto della crisi personale di Antonescu, che le cose giungessero al punto di una rottura dell'equilibrio politico tra la Germania e la Romania. È lavorando in questo senso che potremmo preservare la solidarietà -più neces

saria ora che mai -fra gli aderenti al Tripartito. Ma questo vogliamo farlo solo corrispondendo, in ragionevole misura, al desiderio romeno di più stretti vincoli con noi, vincoli che ci potranno permettere di guidare la politica romena, venendo incontro ad alcune sue esigenze, e così impedendo che essa ad un certo punto rompa gli argini, trascinando con sé anche l'Ungheria.

Ungheria e Romania sono in realtà oggi due Paesi sbandati, in cerca ansiosa di un orientamento politico. A noi conviene dare loro un orientamento, realizzando praticamente quell'asse trasversale balcanico che dovrebbe far capo a Voi, Duce, e seguirne le direttive, per i problemi che oggi immediatamente si pongono, e per il consolidamento di quella che dovrebbe essere la posizione preponderant.e dell'Italia nell'Europa sud-orientale.

(l) Vedi D. 245.

(l) Vedi D. 395.

457

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO

L. P. s. l/3491. Roma, 27 giugno 1943.

In relazione alla m1sswne svolta in Turchia dal Prof. Vali -oggetto del telespresso della tua Legazione n. 639 in data 18 maggio u.s. (l) -credo utile informarti dell'esistenza di un promemoria concernente l'attuale orientamento dell'Ungheria, anche sulle possibili soluzioni del dopoguerra, che è stato a noi segnalato in via strettamente confidenziale. Il promemoria sarebbe stato dato in riservata visione, da una personalità ungherese non nominata ma che per vari indizi potrebbe essere il Prof. Vali, ad alcuni elementi anglosassoni residenti in Turchia. Ciò avveniva nell'aprile scorso.

Ti riassumo qui di seguito gli elementi essenziali del promemoria, così come ci sono pervenuti:

1°) partendo dal presupposto che il Governo britannico avrebbe rifiutato di entrare in conversazioni con l'Ungheria se questa non cambi completamente il suo atteggiamento, si fa rilevare anzitutto che l'Ungheria ha cessato di fatto di essere in guerra con la Russia. Ciò non significa però che essa possa venir ad una rottura aperta con la Germania, il che condurrebbe alla occupazione del Paese ed in definitiva a un danno per gli Alleati. La rottura con la Germania potrebbe avvenire soltanto quando gli Alleati abbiano invaso i Balcani ed entrino in Ungheria. In previsione di tale momento l'autore dichiara di aver avuto istruzioni di discutere la questione, esponendo sia la condotta tenuta dall'Ungheria dal 1939, sia ciò che essa è pronta a fare ora ed in futuro, e ciò che pensa in merito all'ordinamento futuro dell'Europa.

2°) L'Ungheria è l'unico Stato che ha fatto causa comune con la Germania non incondizionatamente ma con riserva. Essa è entrata in guerra solo

contro il bolscevismo ed in grado molto limitato, e si è sempre dichiarata a favore della tendenza politica inglese ed americana. In merito al trattamento dato alle regioni occupate, si riconoscono e si deplorano i massacri dei serbi a Novi Sad, che sarebbero avvenuti all'insaputa del Governo di Budapest.

3°) L'Ungheria attende che la vittoria degli Alleati la protegga dalla Germania e dalla Russia. In caso di invasione dei Balcani non combatterà contro gli Alleati, ma a condizione che nelle truppe alleate non vi siano unità serbe, croate, ceche e romene: che i russi non attacchino le frontiere dei Carpazi: che infine Budapest non sia bombardata.

4°) L'Ungheria accetta, in linea di principio, l'Ordine Nuovo degli Alleati. Vuole la promessa che non ci sarà un nuovo Trianon, e che particolarmente la sistemazione russo-tedesca sarà regolata dalle Potenze anglosassoni, senza considerazione per i meschini interessi dei piccoli alleati dell'Europa centrale.

5°) L'Ungheria accetta l'idea di una Confederazione, pronta a collaborare con la Polonia, così come è attualmente, o unita in federazione con la Lituania.

6°) L'Ungheria si oppone ad ogni collaborazione con i cechi e gli slovacchi, e pensa che tale questione non dovrebbe essere risolta anticipatamente dagli anglosassoni secondo i piani interessati degli emigrati, ma studiando la situazione sul posto.

7°) L'Ungheria non si oppone alla istituzione di uno Stato cecoslovacco. Se tale Stato non vi sarà, gli slovacchi dovrebbero allora entrare, come Stato indipendente, nella Confederazione Centrale.

8°) L'Ungheria non entrerà in una Confederazione con cecoslovacchi e polacchi, per evitare la pressione di una maggioranza slava che sarebbe in definitiva diretta da Mosca. L'Ungheria non entrerebbe in tale Confederazione nemmeno se ne facesse parte anche la Romania, con funzione equilibratrice anti-slava.

9°) L'Ungheria non considera opportuna una Federazione tra Stati dell'Europa Centrale e Stati balcanici. I primi sono europei per cultura, tradizioni millenarie, religione: i secondi erano ancora provincie turche ottanta anni fa.

10°) La Jugoslavia non riuscì a risolvere il conflitto tra croato-danubiani cattolici e serbo-balcanici ortodossi. L'Ungheria non è contraria ad una Croazia indipendente, e nemmeno a che essa sia inclusa nella Confederazione Balcanica, oppure essa potrebbe aver posto nella Confederazione Centrale. I pareri in Ungheria sono diversi al riguardo.

11°) Si pensa in Ungheria che l'Austria, che non è nazionalsocialista ma è tedesca, non debba essere separata dalla Germania. L'Austria sarebbe felice in una Germania demilitarizzata.

12°) L'Ungheria attende una giusta soluzione anglosassone per le sue frontiere con la Romania. La soluzione del 1940 fu imposta dalla Germania

a favore dei romeni (vi erano anche degli interessi di Goering in Romania). Occorrerà correggere le frontiere a favore dell'Ungheria, o costituire una Transilvania indipendente.

Non· vi è alcuna ragione di dubitare dell'autenticità del memoriale, anche se si possa ammettere che esso rappresnti una iniziativa del suo estensore

forse conosciuta e approvata dalla Lega per la Revisione -, ma non dal governo ungherese. Non è facile comunque sceverare, mi sembra, nel complesso stato d'animo che l'andamento della guerra ha creato negli ambienti responsabili ungheresi -e sul quale hai ripetutamente e diffusamente informato il Ministero -fino a che punto aperture e sondaggi del genere, di cui è facile prevedere la continuazione, non siano più o meno autorevolmente ispirati e forse apertamente incoraggiati.

Lascio comunque giudicare a te dell'opportunità di svolgere al riguardo una discreta azione di accertamento e controllo, che valga anche a seguire l'eventuale futura attività del Vali e della Lega della Revisione.

(l) Vedi D. 336.

458

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO A SOFIA, MAMELI

L. P. s. 1/3493. Roma, 27 giugno 1943.

Informazioni a noi pervenute da fonte confidenziale -e che ti prego quindi di tenere del tutto riservate -si riferiscono all'attività che sarebbe attualmente svolta nel Canadà dall'ex-Ministro e diplomatico bulgaro Todorov, che si troverebbe all'estero dopo essere stato condannato a morte in contumacia nel proprio paese.

In una serie di articoli, il Todorov sosterrebbe la tesi che la Bulgaria è, in realtà, favorevole agli Alleati. Poiché essa è ancora molto forte, occorrerebbe intendersi con lei, dando l'assicurazione che nessuna parte del suo territorio sarà ceduta alla Turchia o ad altro paese prima di iniziare quell'attacco ai Balcani che, secondo lo scrittore, rappresenterebbe per gli Alleati il modo migliore e più redditizio di aprire il secondo fronte europeo.

Il Todorov prevede in tale ipotesi una collaborazione militare delle forze turche, bulgare e dei reparti organizzati da Mihailovic con gli eserciti alleati, e si attende che la resistenza dell'Asse sarebbe spezzata in breve tempo.

In altro articolo il Todorov prospetta tre possibili soluzioni della questione balcanica: i Balcani affidati all'influenza russa, ad esclusione di ogni interesse di altra Potenza, od analogamente sotto l'influenza tedesca, o riuniti in una forma federativa, che sembra la soluzione migliore.

Si riterrebbe in America che gli articoli in questione possano essere stati scritti su suggerimento partito da Sofia.

Ho creduto utile di segnalarti ad ogni buon fine tale informazione, di cui ovviamente non si è qui in grado di controllare il fondamento. E mi riservo di tenerti successivamente informato di questa ed altre questioni sulle quali potranno qui pervenire elementi di fonte confidenziale utile al tuo lavoro, e che vorrai naturalmente tenere del tutto riservate.

459

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. 20710/779 P.R. Roma, 28 giugno 1943, ore 17,40.

Parto questa sera per Venezia dove mi incontrerò domani con Vice Presidente del Consiglio rumeno Antonescu (l) il quale si recherà poi alla Rocca delle Caminate per essere ricevuto dal Duce.

Come è noto Antonescu aveva espresso fin dallo scorso anno desiderio venire in Italia in forma ufficiale ma malgrado data visita fosse stata ripetutamente fissata, essa per vari motivi, e da ultimo anche per aderire ad un desiderio espresso da Berlino, è stata sempre dilazionata.

Nei colloqui che avverranno in questi giorni con Antonescu sarà da parte nostra riaffermata la linea comune di continuare ogni sforzo fino alla vittoria. Nostra opinione continua ad essere, per quanto riguarda Romania, che situazione interna in quel Paese non debba peggiorare con cambiamenti o improvvisazioni provocate o imposte.

Tenete presente quanto precede per Vostra norma di linguaggio e perché codesto Governo tenga nel suo giusto conto nostra azione di rasserenamento dei rapporti romeno-tedeschi -come del resto anche ungaro-tedeschi e romenoungheresi -azione volta allo scopo di rafforzare la solidarietà delle Potenze del Trlpartito.

460

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 28 giugno 1943.

Il Segretario di Stato Cardinale Maglione ha stamane intrattenuto il Consigliere di questa R. Ambasciata sulla minaccia di bombardamento aereo che, secondo il più ponderato giudizio della Santa Sede, incombe oramai su Roma.

Egli ha premesso che, mentre per il passato -in relazione anche ai vari passi svolti dalla Santa Sede per eliminare le possibili cause di attacchi aerei sulla Capitale -la Segreteria di Stato partiva dal presupposto della sola possibilità di tali attacchi, ora riteneva di dover far presente che giudicava la minaccia non più soltanto potenziale ma attuale. Il Cardinale Maglione ha precisato che tutti i contatti che sull'argomento la Santa Sede ha avuto in Vaticano e fuori con i Rappresentanti delle Potenze nemiche, lo inducevano a giudicare come quasi certa l'intenzione anglo-americana di colpire Roma. Egli è giunto a dire che «esistono attualmente ottanta probabilità su cento che questa eventualità si verifichi in un prossimo futuro».

Il Segretario di Stato ha purtuttavia confermato ancora una volta l'azione instancabile svolta non solo dalla Segreteria di Stato ma anche personalmente dal Sommo Pontefice per scongiurare una simile minaccia. Al riguardo ha fatto presente come gli elementi recentemente forniti dal Comando Supremo, di cui alla Nota Verbale di questa R. Ambasciata del 9 giugno (1), abbiano servito in qualche modo a suffragare la tesi che il Vaticano ha fatto sua (ha detto «non senza difficoltà») della inesistenza o quasi di obiettivi militari nel perimetro dell'Urbe.

Il Cardinal Maglione ha affermato che tale tesi incontra oramai il più marcato scetticismo negli anglo-americani che andrebbero mostrando, nel quadro generale del loro atteggiamento nei confronti dell'Italia, sempre maggiore intransigenza.

Dai più recenti scambi di vedute che sarebbero intercorsi tra il Vaticano, Londra e Washington sull'eventualità di un bombardamento di Roma, due punti sono emersi su cui il Cardinal Maglione ha desiderato oggi attirare l'attenzione del R. Governo:

l) l'importanza fondamentale della stazione di Roma quale centro di istradamento di truppe e di materiale bellico che impedirebbe di considerarla, nell'economia generale bellica, come obiettivo civile;

2) la pretesa anglo-sassone di poter assicurare in un eventuale bombardamento di Roma l'incolumità della Città del Vaticano quale principale istituzione e complesso monumentale della cristianità e l'insinuazione che danni eventuali alla Città del Vaticano potrebbero solo essere inflitti artatamente da velivoli dell'Asse i quali, si è giunti ad affermare da parte nemica, sarebbero tenuti pronti per colpire il Vaticano ed addossare cosi di fronte al mondo ai bombardieri anglo-americani l'infamia di un'offesa alla Sede del Papato (2).

In relazione al punto primo il Cardinal Maglione ha chiesto se, nonostante

le ovvie difficoltà tecniche, non fosse possibile fare qualche cosa per poter

affermare che la stazione di Roma è stata adibita unicamente al traffico civile.

In relazione al secondo punto (basato su di un presupposto che al Segre

tario di Stato, particolarmente per quanto riguarda l'Italia, ripugna perfino

di prendere in considerazione ma di cui non può negare la subdola efficacia

propagandistica) il Cardinal Maglione si permette di suggerire che il Governo italiano e quello germanico solennemente sfatino tale infame diceria anglosassone m una comunicazione ufficiale alla Santa Sede.

Il Segretario di Stato ha concluso dicendo che, pur senza nutrire eccessive speranze sul comportamento degli anglo-americani, ritiene suo dovere di italiano e di cattolico di togliere al nemico ogni possibile pretesto per giustificare

o per attenuare le responsabilità che incomberebbero nella Storia a chi possa osare di colpire nell'Urbe millenni di civiltà ed il massimo centro della cristianità (l).

(l) A Venezia, dal 28 al 30 giugno 1943, ebbero luogo conversazioni sui rapporti economici !taio-rumeni tra Mihai Antonescu e Bastianinl, il quale redasse un lungo appunto in proposito che non si pubblica.

(l) -Vedi D. 410. (2) -Vedi D. 450
461

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4137/454 R. Tokio, 29 giugno 1943, ore 8 (per. ore 22).

Chandra Bose al momento partenza per il sud -ove, dopo breve ricognizione in Malesia, Birmania e Siam, porrà Quartiere Generale sua organizzazione a Singapore -mi ha pregato trasmettere e raccomandare vivamente a

V. E. seguenti suoi desideri:

0 ) per mantenersi in diretto contatto con Roma vorrebbe venisse accettato costa un suo rappresentante permanente che sarebbe scelto fra i membri della sua organizzazione a Berlino, non disponendo attualmente in Italia di elemento adatto.

2°) Chiederebbe che nostra stampa e radio propaganda appoggiassero movimento indiano senza cadere nell'errore di considerare «Lega musulmana ~ (emanazione dei musulmani anglofili) ed il «piano Pakistan », che essa appoggia, come espressione della volontà della grande maggioranza dei musulmani dell'India, la quale è pure fautrice del movimento e del Congresso. Lega e piano sarebbero strumento dell'azione britannica per frazionare e dominare gli indiani.

3°) Analoghe direttive dovrebbero essere impartite alla R. Legazione Kabul che, secondo Bose, tenderebbe appoggiare Lega e piano, probabilmente sotto influenza Governo afghano essenzialmente anglofilo e in stretta relazione con il Presidente Lega stessa. Col favore piano Pakistan Governo Afghano mirerebbe a favorire frazionamento India che gli permetterebbe sperare annessione provincia di frontiera dell'India.

Bose mi ha pregato comunicare risposta telegrafica accoglienza fatta suoi desiderata alla R. Legazione Bangkok fino al 15 luglio p.v. o posteriormente a Singapore (2).

(1) -Per la risposta di Bastlanini, vedi D. 478. (2) -Vedi D. 476.
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L'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4140/25529 R. Buenos Aires, 29 giugno 1943, ore 15,50 (per. ore 7,15 del 30).

Ho precisato ad interlocutore di cui mio 503 (l) considerazioni contenute telegramma di V. E. 412 (2). Egli mostrato vivo apprezzamento. Circa quanto da me riferito con telegramma 503, confermatomi punto primo attenuando leggermente seconda parte. Confermatomi altresì punto secondo aggiungendo però riteneva essere difficile momento attuale formulare giudizio e doversi perciò attendere ulteriore corso. Tratto impressione essere questo elemento fondamentale. Circa punto quattro manifestatomi proposito mantenersi imparziale e fondarsi unicamente su propri interessi. Confermatomi infine punto quinto e fatto circa soluzione pratica vaga allusione a primo dei nominativi da me indicati terzultimo capoverso.

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IL GERENTE DEGLI AFFARI CONSOLARI A OSLO, SETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. s. 456/172. Oslo, 29 giugno 1943 (per. il 20 luglio).

Quisling, nel corso di una conversazione che ho scambiato con lui il 25 corr., mi ha dato piena conferma di quanto riferito a V. E. con mio rapporto

n. 440 del 24 corrente mese (3) circa le apprensioni che si nutrono negli ambienti dei dirigenti norvegesi per l'atteggiamento politico della Germania nei confronti del loro paese.

In particolare il Ministro Presidente mi ha detto quanto segue: l) nessun impegno è stato voluto prendere durante il suo ultimo incontro col Fiihrer in merito al definitivo assetto della Norvegia a fine del conflitto. La questione è stata, da parte tedesca, rinviata ancora. 2) La politica della Germania nei riguardi della Norvegia è errata e porta al risultato di allontanarle sempre più, anziché avvicinarle, queste popolazioni. L'errore principale consiste nel non avere ancora detto una parola chiara sulle

sorti del paese e far temere quindi che esso non riavrà la propria indipendenza. Non si comprende perché questo problema debba essere sempre rinviato mentre sarebbe molto più opportuno, nell'interesse della stessa Germania, che fosse

subito risolto. Questa incertezza suscita molto malcontento. Tale stato d'animo è comune a tutti i paesi occupati e del resto in essi sta sorgendo uno spirito di

•3 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

solidarietà che può avere sviluppi pericolosi per la Germania. La politica e la propaganda tedesche contrastano con quelle degli alleati che riescono efficaci appunto perché impostate sul tema della liberazione e dell'indipendenza. Sarebbe quindi necessario dire delle parole chiare e far nascere nei paesi occupati l'adesione spontanea che permetterebbe di arrivare all'unione di tutte le forze europee così importante per questa guerra liberatrice. Vi sono d'altronde molti tedeschi, in particolare negli ambienti militari, che si rendono conto di questi errori politici.

3) La Norvegia vuole far parte della Nuova Europa e ne accetta in pieno tutta la ideologia, ma essa vi vuole entrare a condizioni di piena parità e di indipendenza. Riconosce di appartenere alla comunità germanica, ma tale riconoscimento non vuole significare rinuncia alla propria personalità. I norvegesi non si sentono inferiori ai tedeschi.

4) Quisling ha la massima fiducia nella missione dell'Italia e la speranza che a suo tempo essa riuscirà a far prevalere la politica della comprensione e del rispetto di tutte le nazioni. Mi ha parlato a questo riguardo del vivo interesse col quale ha letto l'ultimo discorso dell'Eccellenza Bastianini al Senato del Regno, discorso che egli ha confermato il convincimento della importante missione che il nostro paese sarà chiamato ad assolvere per il bene di tutta l'Europa.

5) Mi ha confermato che non gli è stato concesso di procedere a uno scambio di rappresentanti ufficiali con i principali stati, come desiderava. Particolarmente si rammarica di non avere un suo rappresentante a Roma.

6) Gli è stata rifiutata la richiesta di costituire tre divisioni norvegesi per concorrere alla difesa del paese.

Ho riassunto qui sopra le principali dichiarazioni di Quisling, fattemi con molta franchezza. Naturalmente esse sono ispirate in larga misura dalla visione del problema locale, ma non di meno sono significative per giudicare dello stato d'animo qui esistente nei riguardi della Germania, se si tien conto che esse provengono da colui che è stato elevato al potere dall'autorità della potenza occupante e che gran parte dei suoi connazionali considera come traditore e «venduto ai tedeschi» (l).

(l) -Vedi D. 425. (2) -Vedi D. 422. (3) -Si tratta del R. s. 440/165 del 24 giugno 1943, non pubbl!cato.
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IL LUOGOTENENTE DEL RE IN ALBANIA, PARIANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

RELAZIONE. giugno 1943 (2).

lo -Situazione con netto accenno a miglioramento ma, nello stesso tempo, accentuazione di reazione comunista sia perché sente svilupparsi la nostra azione decisiva, sia perché spera in un prossimo intervento straniero.

2° -Il Governo risponde bene. Ha attuato provvedimenti di rigore (esecuzioni capitali, chiusura delle scuole e sta preparando una serie di decreti (per rappresaglie, aggravamenti di pene ecc.) che verranno emanati insieme ad un atto di amnistia che ha -oltre il resto -anche il compito di liberare un po' le prigioni, attualmente troppo cariche, e che sono da considerare vere università del comunismo.

3° -Con le Forze Armate (Generale Dalmazzo) pieno accordo. Relazioni tra Forze Armate e popolazione, che erano arrivate ad una certa tensione, sono migliorate per effetto del crescente senso di collaborazione fra autorità civili e militari.

4° -La formazione della Gendarmeria procede abbastanza bene, funziona già in sette prefetture e gradualmente si costituirà nelle altre sette.

5° -Probabilmente sarà abolito il corpo della «polizia armata» (vero duplicato della gendarmeria) per sostituirla con una semplice polizia investigativa.

6° -Per contro, non appena autorizzato, procederò alla costituzione del « corpo volontari armati per l'ordine pubblico » col quale intenderei spazzare l'Albania dalle bande criminali e comuniste. Secondo quanto mi avete fatto comunicare da Bastianini troverò in Albania un Comandante.

7° -Ho compiuto un viaggio di tre giorni nel Kossovo fra l'entusiasmo delle popolazioni. Gente bella, forte, moralmente sana, vii"ilmente disciplinata, profondamente patriota. È legata veramente a noi (escluso naturalmente l'elemento montenegrino e slavo). Soldati richiamati da solo un mese hanno sfilato in modo impeccabile, fiero e marziale. Volontari a piedi ed a cavallo hanno mostrato fiera volontà di lotta. È una regione sulla quale si può realmente contare in tutti i sensi, perché vi è ancora viva fede. Bisognerebbe solo legare un po' più il Kossovo alla vecchia Albania per versare in questa i super prodotti del suo suolo. (Urgerebbe ad esempio la strada Bicaj-Pishkopia).

8° -Senza soverchie illusioni, ho l'impressione che il problema comincia ad impostarsi su fattori concreti e che si può sperare in una buona soluzione. È indispensabile però che si mantenga l'assoluta unità di comando, cioè dipendenza totalitaria da uno solo (esclusa naturalmente la parte operativa delle forze armate). Il caos che ho trovato è stato in massima parte determinato dal fatto che vi erano troppi comandanti, ciascuno convinto di aver pieni poteri.

9° -Partito. È necessario che sorga, ma deve sorgere non per decreto ma per attrazione. È sopratutto necessario sviluppare le forme assistenziali per attirare impiegati, insegnanti, giovani e lavoratori. Tutto ciò appoggiandosi sull'inquadratura ancora esistente del P.N.F.A.: al cambio di nome penseremo poi.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Il documento è senza data. Mussolini, insieme al suo visto, vi ba annotato «giugno 1943 ».
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L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4225/211 R. Shanghai, 1° luglio 1943, ore 12 (per. ore 7 del 2).

Nanchino 30 giugno. Miei telegrammi 209 e 210 (1).

Oggi ore 13 Ambasciatore del Giappone e questo Ministro Affari Esteri hanno firmato accordo retrocessione alla Cina della concessione internazionale di Shanghai.

Atto assume valore effettivo in quanto il Giappone detiene oggi intera concessione internazionale. Esso è tuttavia soltanto un atto bilaterale che non potrà diventare giuridicamente perfetto che con adesione dei nove Stati tuttora presenti nella concessione internazionale.

Tale adesione Governo cinese si ritiene chieda con stessa nota colla quale trasmetterà testo ufficiale dell'accordo. Per la Germania la quale col trattato di Versailles dovette rinunziare [ai suoi diritti si tratta] di comunicare l'accordo a titolo cortesia.

Ambasciatore del Giappone col quale iersera conversai lungamente, evitò con cura ogni accenno a nostre decisioni sia per concessione Shanghai che per Tientsin; ad ambedue questioni accennò invece questo Ministro Affari Esteri che era presente il quale, riprendendo una frase del discorso da lui pronunciato alla cerimonia, ha espresso speranza che l'Italia avrebbe seguito sollecitamente il Giappone firmando analogo accordo, così da essere per il primo agosto accanto ai suoi alleati in un momento di importanza storica del suo Paese. Quanto alla nostra concessione Tientsin, questo Ministro Affari Esteri esitante ed amichevolmente volle farmi comprendere che rimanendo essa isolata avrebbe costituito un anacronismo e forse anche motivo di sfavorevoli commenti. Mi ha ripetuto assicurazione che il suo Governo avrebbe cercato di risolvere con noi la questione con perfetta comprensione di tutte le circostanze e chiedendoci pertanto il minimo possibile.

Ho risposto che le sue assicurazioni avevo già segnalato a Roma a suo tempo.

Trasmetto in chiaro testo ufficiale dell'accordo (2).

Telegrafato Roma e Tokio.

(l) -Si tratta del telegrammi 4105/209 R. e 4106/210 R. del 27 maggio 1943, entrambi ore 6, non pubblicati, con 1 quali Taliani trasmetteva lo schema ed ulteriori informazioni circa l'accordo cino-giapponese per la restituzione della Concessione internazionale di Shanghal. Il testo definitivo e l'annesso vennero trasmessi con 1 telegrammi 4220/212 R. del 2 luillo, ore 6 e 4237/213 R. del 2 luglio, ore 7, non pubblicati. (2) -Per la risposta di Mussolinl vedi D. 494.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D PER CORRIERE 4262/0154 R. Berlino, 1° luglio 1943 (per. il 4). Mio telecorriere 0150 del 25 giugno

L L'esame particolareggiato delle questioni economiche relative alla Croazia, iniziato fra Clodius e questo Incaricato Speciale per gli Affari Economici, è stato momentaneamente sospeso avendo il Barone Schmidt Mtiller dovuto recarsi ad Heidelberg per la nota riunione del Comitato italo-germanico per la gomma. La discussione verrà proseguita quanto prima.

2. Ho frattanto esaminato stamane con Steengracht -il quale era assistito dal Capo dell'Ufficio Stampa dell'Auswartiges Amt, Ministro Schmidt -i problemi relativi alla stampa ed alla propaganda.

Sulla base delle segnalazioni pervenute alla R. Ambasciata ed in ispecie delle indicazioni dell'E. V. fornite con appunto di cui alla lettera 17 maggio

u.s. n. 8/02838 (2), ho fatto rilevare come gli organi della stampa germanica in Croazia non avessero in passato accolto le notizie degli avvenimenti relativi all'Italia sulla partecipazione alla guerra, con il tono e nella misura adeguata. E, rammentati i recenti accordi intervenuti tra le Rappresentanze italiana e tedesca in Zagabria per ovviare agli inconvenienti suddetti, ho riaffermato la necessità che tale collaborazione sia potenziata ed inquadrata nella comune azione italo-tedesca in Croazia.

Giusta le istruzioni di cui al telespresso n. 8/03544 del 17 giugno (3), ho aggiunto che il R. Governo avrebbe gradito l'assicurazione che gli organi della stampa e della propaganda germanica in Croazia avrebbero d'ora innanzi fatto la giusta parte alle notizie sull'Italia e dall'Italia, tenendosi nel più stretto contatto con gli organi itallani onde seguire una comune direttrice.

Il Barone Steengracht, nel prendere atto delle mie dichiarazioni, ha espresso l'opinione che la collaborazione fra organi di stampa e propaganda tedesca ed italiana in Croazia, se continuata e sviluppata, avrebbe potuto recare un effettivo contributo atto a sottolineare anche nei confronti dei terzi la perfetta identità di vedute e di intenti che le due Potenze dell'Asse perseguono nei confronti della Croazia: e mi ha dato formale assicurazione che predetti organi germanici nello Stato indipendente avrebbero ricevuto precise istruzioni di fornire ai corrispondenti organi italiani piena cooperazione. Il Sottosegretario di Stato ha tuttavia fatto presente che per quanto concerneva la rivista Neue Ordnung trattandosi di un periodico croato, le autorità germaniche non potevano assumersi la piena responsabilità delle pubblicazioni.

3. Accennando infine alla redazione del progetto di protocollo finale delle conversazioni in corso circa i problemi croati, il Segretario di Stato mi ha

pregato di fargli conoscere i punti che da parte nostra desidereremmo vi fossero inseriti e nei confronti dei quali gradiremmo venisse fornita da parte tedesca una assicurazione.

Salvo contrario avviso dell'E. V. intenderei presentare a tale scopo a St!!engracht un appunto chiedendo con esso riconferma dei cinque punti di cui al paragrafo 1o (sub a, b, c, d, e) del telespresso n. 8/03544 del 17 giugno nei precisi termini usati da codesto R. Ministero.

(1). (l) -Vedi D. 449 (2) -Vedi D. 331. (3) -Vedi D. 429.
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COLLOQUIO DEL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI ROMENO, MIHAI ANTONESCU

APPUNTO (1). Rocca delle Caminate, 1° luglio 1943.

Il Signor Antonescu, dopo aver espresso al Duce la sua gratitudine per questa visita che egli desiderava da tempo in modo del tutto particolare ed avergli portato il saluto devoto del Conducator, entra subito in argomento. Egli desidera che il Duce sappia anzitutto come la preoccupazione di fissare in una maniera che fosse chiara per tutti, alleati e nemici, gli scopi politici della guerra del Tripartito, fosse esistita in lui e nel Conducator fin dal 1941. Da quell'epoca, infatti nelle varie visite che egli ebbe occasione di fare in Germania al Fiihrer e al Signor von Ribbentrop parlò con tutta franchezza della evidente necessità di condurre la guerra, non soltanto con mezzi militari, ma anche con le armi politiche e questo al duplice scopo di rafforzare, con chiare precisazioni, la volontà di combattere di tutti i paesi del Tripartito, e di dare a tutti i popoli di Europa la chiara sensazione che l'ordine nuovo perseguito dalla Germania e dai suoi alleati doveva apparire ed essere un sostanziale miglioramento della vita internazionale europea basata su principi che anche i popoli rimasti neutri considerassero equi e giusti in modo da invogliarli a considerare la lotta ingaggiata dai Paesi del Tripartito con benevola aspettativa a danno dei nostri nemici. Accolti in linea generale tali concetti da parte del Signor von Ribbentrop, egli ebbe qualche scambio di vedute con il Signor Salazar su questioni di ordine generale nelle quali egli, Antonescu, rappresentante di una nazione latina storicamente e geograficamente esposta ai magglori pericoli da parte del nemico capitale della latinità e dell'Europa, aveva tenuto a mettere in rilievo l'interesse di un altro Paese latino come il Portogallo a considerare la funzione della latinità in questa guerra e quella che ne deriverebbe dopo la guerra. La particolare posizione geografica della Romania combatt~nte contro la Russia sua nemica, sia sotto la veste bolscevica sia sotto la veste slava, e i sacrifici che la Romania sosteneva sul campo di battaglia, trovarono una particolare eco in Turchia dove la minaccia slava è ugualmente presente. Anche in Svizzera, dove non si è mai fatto mistero delle preoccupazioni nei ri

guardi della Ru3sia, il pensiero di Antonescu che fosse possibile, in difesa dell'Europa, stabilire dei punti fermi comuni a tutti i popoli europei, trovò benevola comprensione.

Una tale azione non tendeva in nessun modo né a indebolire la forza del Tripartito, né a creare alla Romania una posizione speciale nei confronti dei nemici che essa combatte con tutte le sue forze. Se vi si parlava di pace non era perché la Romania voleva prepararsi ad una pace separata, cosa che del resto anche geograficamente appare di tutta evidenza impossibile, ma perché era appunto in vista della pace di domani che pareva ad Antonescu fosse opportuno precisare certi elementi politici ai quali fin dal tempo della guerra fosse assicurata l'adesione della maggior parte possibile dei popoli europei contro i quali in sostanza combattono tutte le forze extra-europee. Vi era naturalmente anche un'altra ragione d'ordine interno rumeno della quale il Signor Antonescu non può non tenere il massimo conto, e cioè che la Romania si trova impegnata in una guerra che le costa sacrifici immani di uomini, di materiale e di risorse economiche, avendo dovuto cedere oltre un terzo del suo territorio nazionale in favore dell'Ungheria e della Bulgaria senza avere all'interno del paese un regime già costituito e affermato, ma, al contrario, una rosa abbastanza larga di uomini politici disoccupati ai quali, come dimostra la lettera di Maniu e Bratianu, non mancano certi argomenti politici importantissimi da sfruttare per generare nella coscienza del paese stati d'animo pericolosi agli effetti della continuazione della guerra. Il Signor Antonescu tiene ad accentuare che non è possibile dire a nessun popolo, e al suo per il primo, che non è necessario precisare cosa dovrà portare la vittoria e che quello che occorre è soltanto combattere con tutti i mezzi, con tutte le forze. E neanche è possibile egli afferma, che i capi responsabili di paesi che si dissanguano e danno tutto quello che possono in questa guerra contro i tre imperialismi extra europei, seguitino a non essere interessati in maniera diretta e continua all'andamento stesso della guerra la quale, come impone dei sacrifici comuni, ha bisogno di essere alimentata anche dalla comune fiducia di tutti i capi responsabili dei paesi alleati, e ciò non può attenersi se non con franchi scambi di vedute e con l'applicazione di una linea politica lealmente e cordialmente discussa e stabilita.

Tutte queste cose egli non ha mancato di fare presente, in varie riprese, al Signor Ribbentrop il quale, mentre in un primo momento non aveva sollevato obiezioni all'azione del Signor Antonescu, in un secondo momento la considerò come priva di interesse e dannosa agli sviluppi della guerra.

Poiché ad ogni successiva richiesta di precisare in qualche modo dinanzi all'Europa gli scopi della guerra del Tripartito il Signor von Ribbentrop rispose sempre in maniera del tutto evasiva, egli Antonescu salutò con molta soddisfazione il comunicato della visita a Roma del Ministro degli Esteri del Reich nel mese di marzo (l) e si rallegrò vivamente che nel comunicato della visita del Duce al Fuhrer nel mese di aprile (2), quei concetti di indipendenza dei popoli, di collaborazione, di equità e di giustizia per tutti fossero stati tanto

autorevolmente riconfermati. Egli invoca dal Duce, nel cui alto spirito il Conducator e lui hanno piena fiducia, che questa azione da Lui iniziata e che tutta l'Europa ha accolto con viva soddisfazione, sia dal Duce sviluppata e che rifulga ancora una volta in questa guerra e alla fine di essa, quello spirito di equità latino che solo può dare all'Europa la desiderata tranquillità. La Romania intende legare il suo destino interamente a quello dell'Italia, e questo egli dice al Duce a nome del Conducator .

La Romania non ha mai inteso e non intende rinnegare i suoi impegni d'onore e prendere iniziative per separarsi dai suoi alleati, essa chiede che si tenga conto dei suoi sacrifici e del suo diritto di avere voce nel presente e nel futuro come essa crede di meritare.

Il Duce dichiara di prendere atto della volontà della Romania e della fermezza che essa dimostra. Egli si rende conto dei gravi sacrifici sostenuti dal popolo rumeno e riconosce sia le difficoltà che la posizione geografica della Romania comporta, sia quelle della situazione interna del Paese. Egli non mancherà di parlarne col Fi.ihrer in occasione del prossimo incontro.

L'opinione che la guerra debba essere combattuta anche con le arnii della politica, l'ha condotto a fare al Fi.ihrer una proposta, che fu accantonata due mesi fa, ma che egli intende riprendere non appena la situazione militare avrà avuto quell'indispensabile chiarimento che è in corso. Assicura Antonescu che egli non intende menomamente abbandonare questa linea che ha inaugurato qualche mese fa e che anzi è sua opinione dovrebbe essere ribadita e precisata in una riunione dei Governan':.i dei Paesi del Tripartito. Il Signor Antonescu nel ringraziarLo di questa assicurazione, esprime al Duce la sua gratitudine e la piena solidarietà della Romania all'Italia in questo momento, ripetendo che la Romania intende legare pienamente il suo destino a quello dell'Italia e che egli e il Conducator considerano il Duce come il loro capo, assicurando che ai suoi desideri essi saranno ben lieti di dare la più pronta e cordiale adesione.

(l) Al colloquio era presente Bastianlni, che ha redatto il presente appunto.

(l) -Vedi D. 61, nota 2, p. 86. (2) -Vedi D. 219, nota l, p. 287.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 9995/182. Berlino, 1° luglio 1943 (per. il 6).

l. L'inizio del terzo anno di guerra contro l'Unione Sovietica non è stato accompagnato in Germania da speciali manifestazioni. La stampa ha dedicato alla ricorrenza, per un giorno, gli articoli di fondo, nei quali si è insistito soprattutto sulla convivenza anglo-americana, cioè demo-plutocratica, con il bolscevismo, e sulla tempestiva decisione del Fi.ihrer che, attaccando la Russia, ha salvato l'Europa dall'essere investita e, forse, travolta, dalla gigantesca macchina militare rossa di cui l'offensiva tedesca ha rivelato la preparazione, la potenza, e, quindi, la minaccia che essa rappresentava.

Hitler, nell'anniversario, non ha parlato. Si sono avuti molti discorsi al Convegno internazionale dei giornalisti, a Vienna: l'Italia stessa, avendo a suo tempo proposto il rinvio del Convegno fissato dapprima per il maggio, aveva implicitamente offerto l'occasione alla Germania di provocare con esso una manifestazione di solidarietà europea, in coincidenza con l'annuale bellico antibolscevico. Si è ravvivata così, per una settimana, l'opinione pubblica, ma è stata questa una animazione superficiale che non ha agitato la calma piatta dell'attuale momento nel Reich.

Tale calma proviene dalla parola d'ordine che giunge dall'alto, come una macchia d'olio sparsa sul mare delle domande e dei dubbi delle coscienze tedesche. Specialmente nei suoi articoli settimanali, U ministro Goebbels cerca di spiegare e giustificare il silenzio del Governo, che non deve dare al nemic~ indicazioni sui propri piani, ed esorta al silenzio i cittadini. Tale silenzio è rigorosamente rispettato da tutti anche per le sanzioni gravissime che sono minacciate. Già ho avuto occasione di far presente come da alcuni mesi i circoli politici e giornalistici, i dirigenti, i responsabili, anche coloro che nell'intimità di una riunione privata fino a poco tempo addietro potevano lasciarsi andare a qualche confidenza o giudizio, mantengano ora un assoluto e impenetrabile riserbo.

Nell'ultimo colloquio che ho avuto con il ministro von Ribbentrop (1), egli ha usato con me un tono assai più franco che in quelli precedenti, ma ai quesiti che gli ponevo ha evitato precise risposte; non tanto per la solita reticenza di questi ambienti ufficiali, a mia impressione, quanto per le incognite imbarazzanti in cui si è avviluppata la situazione generale.

Ormai l'estate è in pieno sviluppo e si ritiene qui in genere che nessuna offensiva in grande stile verrà sferrata sul fronte orientale. Anche in seguito all'intervento del Duce, non sembra che stavolta il Comando tedesco -e per esso il Fiihrer -voglia correre l'alea di avanzate sul fronte Est che al sopraggiungere dell'inverno potrebbero nuovamente risolversi in perdite sempre più dannose di uomini e di materiale. Agganciare il nemico e infliggergli colpi durissimi se attaccherà, come gli ingenti concentramenti russi delle ultime settimane lasciano credere: pare che sia questa la risoluzione germanica.

Siamo dunque in piena fase difensiva della fortezza europea. Recentemente si è tentato di sostituire il concetto della fortezza con quello della base di azione che sarebbe costituita dall'Europa. Ma il ragionamento tedesco appare chiarissimo in un articolo pubblicato dal n. 24 dello Schwarzes Korps.

«Nonostante il gran chiasso fatto dagli avversari attorno alla vittoria in Africa settentrionale, scrive l'autorevole organo delle S.S., la realtà è che nessun soldato britannico od americano è riuscito ancora a porre piede sul continente europeo. Calmatasi dunque l'eccitazione provocata dal primo ed unico successo da essi riportato, i nemici cominciano a comprendere che le potenze dell'Asse, pur rimanendo sulla difensiva, non dimostrano per nulla quella debolezza che dovrebbe essere la prova, secondo la propaganda di Londra e di Washington, di una diminuizione del loro spirito offensivo. Se i nemici dell'Europa vogliono conquistare il continente, essi dovranno tentare una prova che già fin da oggi li riempie di tristi presentimenti.

L'Europa infatti non è semplicemente una "fortezza" nel senso comune della parola, ma essa, sopratutto disponendo ora dei territori orientali, è uno spazio che si può sostenere da sé; essa è diventata un organismo che non ha

ancora sviluppato tutta la sua potenza, ma contiene invece forti riserve di tutto quanto è necessario alla continuazione della guerra. Il fattore "tempo" non spaventa dunque le Potenze dell'Asse: al contrario, più a lungo la guerra dura, e più forti esse diventano.

È vero che gli inglesi si sono relativamente risparmiati in questi quattro anni di guerra, e che lo stesso si può dire degli americani, ma in compenso l'Asse ha già conquistato tutte le premesse per la vittoria, mentre gli avversari, se vorranno tentare di conseguire la vittoria, dovranno creare ancora queste premesse.

Lo spazio ed il tempo sono quindi elementi che collaborano a vantaggio dell'Asse. Basta che questo si mantenga sulla difensiva, ed infligga agli avversari duri colpi, così a lungo fino a quando essi vengano abbattuti. Ed essi saranno abbattuti in quello stadio della guerra in cui la loro forza offensiva incomincierà a indebolirsi. Gli avversari hanno già compreso che l'Europa non è una fortezza che possa venir conquistata col tempo, e che essi debbono passare all'attacco, e subito, per cercare di ottenere un successo. Se questo attacco fallisce, la guerra è perduta per gli avversari, perché l'Europa può attendere così a lungo quanto è necessario».

Questa tesi, che si può ritenere ufficiosa e che in ogni modo viene molto diffusa, è appoggiata in Germania da una tenace propaganda intesa a dimostrare al popolo l'eccellenza e l'abbondanza della produzione di armamenti. Ma il popolo è perplesso, e sempre meno sensibile agli argomenti della oratoria e della stampa: quello della fortezza ben difesa e al cui centro la Germania potrebbe resistere fino a logorare gli attacchi è incrinato dal tormento continuo dei bombardamenti aerei.

2. Rapporti di nostri funzionari e racconti di testimoni oculari concordano nel segnalare gli effetti micidiali d'una distruzione operata sistematicamente dal nemico zona per zona: per quanto riguarda quella renana, si calcola che vengano presentemente evacuate circa un milione di persone rimaste senza tetto. Vengono avviate verso centri minori o località rurali della Turingia, dei Sudeti, della Boemia e Moravia. Le ferrovie del Reich hanno impegnato per questo servizio tremila vagoni al giorno, con cui quotidianamente si trasportano ventimila persone e le loro cose che si sien potute salvare.

La «Stimmung » varia, naturalmente, secondo che una zona sia illesa, poco

o molto colpita. Ma anche laddove, come nella Germania centrale e orientale, le incursioni sono state finora meno importanti, permane l'incubo degli allarmi, il timore che una volta o l'altra essi costituiscano il segnale di bombardamenti della violenza di quelli avutisi nella Ruhr o nelle città anseatiche.

I dirigenti della propaganda tedesca affermano non essere decisiva la «Stimmung », ma la condotta della popolazione, e questa continua ad essere disciplinata e composta, sopratutto perché l'alimentazione, nonostante le recenti riduzioni, può considerarsi sufficiente. Con tutto ciò, si fanno sempre più urgenti e diffusi gli interrogativi sulla soluzione del conflitto. L'assicurazione del Ministro della Propaganda del Reich secondo cui la Germania vincerà la guerra perché ha i capi migliori, dal momento che, secondo alcuni riconoscimenti degli

stessi inglesi, l'esito della passata guerra sarebbe stato probabilmente diverso se la Germania avesse avuto altri capi, non può persuadere i cittadini.

Essi attendono qualcosa di indefinito che possa operare il capovolgimento di una situazione pesante. Ogni tanto corre la notizia o la voce di armi nuove: il cannone che sparerà su Londra, i carri armati dalla corazza imperforabile, le bombe ad aria liquida, un apparecchio Heinkel da caccia che gli abitanti di Rostock vedrebbero già compiere voli sperimentali a 800 chilometri l'ora. Ma l'uomo della strada non si accontenta di ciò, non si lascia scuotere da un'apatia che la propaganda non riesce più a scrollare dalle membra del colosso che conservano ancora il ricordo delle stimmate dolorose del 1918.

Il Comando Supremo germanico ha inviato disposizioni ai reparti perché sieno intensificate al massimo in questo periodo di pausa le ricrezioni per i soldati, spettacoli ed esercizi fisici. Ma per il paese intero l'inazione militare comporta il pericolo di un'inazione psicologica: si vuole evitare che lo slancio dei primi anni di guerra, accompagnati da rapide, folgoranti vittorie, si prostri nel dubbio e nell'abbattimento.

3. Sotto questo punto di vista, la situazione dell'Italia è più netta. Gli osservatori tedeschi sono concordi nel riconoscere che, di fronte alla minaccia immediata, con il nemico alle porte, la sensazione del pericolo diretto ha dato alla resistenza del nostro popolo, pur così duramente provato, una vibrazione benefica ed una forte eroica reazione.

Ma per la Germania non è così. Non le basta evitare o respingere un'invasione, né la fase di attesa potrebbe prolungarsi all'infinito senza che il suo formidabile strumento militare non si infiacchisse. Per questo ci si augura quasi che il nemico attacchi, in un punto o nell'altro del continente, senza ulteriori tergiversazioni: poiché ci si considera ora abbastanza forti per riportare un successo difensivo.

Altri piani non sembra vi sieno, né militari né politici. Ricorrono periodicamente voci di trattative per un armistizio con la Russia. Ma, mentre non si vede quali basi potrebbe avere questo compromesso, si ritiene che comunque esso allevierebbe ma non risolverebbe la situazione, perché non si sarebbe in ogni modo sicuri di Mosca, e si dovrebbe continuare quindi a tener guarnito un lunghissimo fronte.

Bisogna dire che gli sguardi tedeschi rimangono attirati ad oriente, anche se si ha una sensibilità sempre maggiore per il settore sud. Ma sta di fatto che, se 'in un primo tempo la Germania non voleva impegnarsi a fondo sul fronte meridionale, errando nel sottovalutarne l'importanza, come gli eventi hanno dimostrato, ora essa non può realizzare questo impegno, non è in grado di assolverlo con la quantità di mezzi tecnici, di materiale bellico, che sarebbe necessaria per garantirlo contro ogni offesa. Dal centro della fortezza, si distribuiscono agli avamposti, l'Italia, Francia, Balcani, uomini e armi: ma ormai predomina la considerazione di salvaguardare sopratutto il centro stesso, e di tener pronta se mai una massa di manovra da lanciare dove il nemico riesca a far breccia.

Questa è la fase attuale della guerra, vista dalla Germania: immobilità cementata di forza ma anche intrisa di angoscia, in cui l'orizzonte dell'iniziativa

appare sempre più ristretto, e si rimane a spiare le mosse del nemico evitando di prevenirle attivamente per timore dei passi falsi.

Desidero a questo punto sottolineare ancora una volta la sincera ammirazione che qui in Germania si ha per l'atteggiamento del popolo italiano. Si conoscono le difficoltà in cui esso vive, la scarsità dell'alimentazione, l'esiguità dei mezzi difensivi dovuta sopratutto al fatto che l'Italia è ormai da lunghi anni in uno stato di guerra che ha fortemente usurato materiali e uomini.

Forse per questo in alcuni alti settori militari tedeschi ci si domanda fino a quando potrà durare l'Italia in questo eroico sforzo di resistenza che chiama a raccolta le misteriose risorse della stirpe che il Fascismo ha rimesso in evidenza. Di fronte alle lusinghiere constatazioni provenienti da parte· germanica, io non manco di far presente l'incrollabile necessità ed urgenza che siano inviati in Italia adeguati aiuti di carattere militare, sopratutto aerei.

Ma mi rendo sempre più conto che nella presente situazione riesce estremamente difficile, vorrei dire impossibile, per la Germania di privarsi sia pure in minima parte di ciò che essa ritiene assolutamente indispensabile ad una sua attiva difesa.

Essa considera che quanto ha fatto e sta facendo per l'amica ed alleata Italia costituisce per il momento il massimo del suo sforzo (1).

(l) Vedi D. 416.

469

IL PRESIDENTE DELL'AZIENDA CARBONI ITALIANI, MASTROMATTEI, AL SEGRETARIO PARTICOLARE DEL CAPO DEL GOVERNO, DE CESARE

L. P. Roma, 1° luglio 1943.

Sto partendo per l'Albania ove devo compiere un sopraluogo ai lavori delA.Ca.I. disturbati dai ribelli nei giorni scorsi.

Poiché non so quando potrò conferire col Duce ti sarò grato se vorrai cortesemente consegnarGli l'unito appunto che si aggiunge a quello precedente, sull'ultimo mio viaggio in Svizzera, che ho affidato all'Eccellenza Albini.

Ti avviserò del mio ritorno (2).

ALLEGATO

IL PRESIDENTE DELL'AZIENDA CARBONI ITALIANI, MASTROMATTEI, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, Jo luglio 1943.

Mi sono incontrato nei giorni scorsi a Ginevra con il Dr. Stakic, ex Ministro di Jugoslavia a Roma.

Il Dr. Stakic si trova in Svizzera per subirvi una delicata operazione chirurgica che lo tratterrà in clinica varie settimane. Egli ha già ottenuto il visto di rientro in Italia, ove conta di ritornare il prossimo agosto.

Ho conosciuto il Dr. Stakic durante la sua permanenza a Roma e ne ho apprezzato

sentimenti di simpatia per il Regime e per il nostro Paese, si da poterlo considerare

un amico. Naturalmente egli è e rimane un esponente dell'idea panserba le cui idee

politiche collimano però più che altro con il vecchio programma Pasic di collaborazione con l'Italia.

A riguardo delle possibilità future nelle relazioni fra il nostro ed il suo Paese, egli mi ha esposto le seguenti idee:

«Una definitiva soluzione del problema balcanico, specialmente per quanto riguarda gli slavi del sud, riveste per l'Italia particolare importanza, perché condizione inderogabile per quella sicurezza adriatica, che riposa sul possesso totale della riva sinistra dell'Adriatico o su una ripartizione della stessa con uno Stato amico.

Pertanto uno Stato slavo o una costellazione di Stati slavi dovrebbe necessariamente venire orientato verso una politica di amicizia con l'Italia, come l'unica possibilità per evitare il sorgere di una guerra preparata o combattuta.

Tale situazione era, del resto, sentita già dagli uomini di governo della cessata Jugoslavia, quali fra gli altri Pasic e Stojadinovic, che hanno sentito costantemente l'opportunità di seguire nei riguardi dell'Italia una politica di amicizia.

L'Italia invece ha trovato opposizione nell'elemento croato, che ha sempre rivendicato tutta la Dalmazia e che a Versaglia fu sostenuto in tale sua aspirazione dalla Serbia, che erroneamente confidava di poter fondere i serbi con i croati e gli sloveni, sì da formare uno Stato omogeneo e unitario.

I croati invece si sono serviti della Serbia unicamente per creare difficoltà all'Italia e perché non le venisse assegnato quanto promesso dal Patto di Londra.

Con la creazione della Jugoslavia i serbi hanno però sentito subito tutta la necessità di avviare rapporti amichevoli con l'Italia. È nota in proposito l'opera personale di Pasic ed il peggioramento della situazione verificatosi con l'andata al potere dei croati con Stefano Radic, che è stato l'anima di tutte le manifestazioni di ostilità all'Italia.

L'occupazione della Jugoslavia nella guen·a in corso ha orientato la politica italiana a favore della Croazia e contro la Serbia, che verrebbe ristretta nei confini del 1912 e circondata dalla Croazia, dall'Albania, dalla Bulgaria e dall'Ungheria. Ma è un grave errore ritenere che le relazioni con la Croazia possano essere veramente amichevoli. Non bisogna difatti dimenticare che i croati non potranno mai rinunciare alla Dalmazia ed alle isole del Carnaro, per aspettare il destro di rivendicare anche Fiume e almeno la parte orientale dell'Istria.

Perciò la Croazia mai potrà nutrire verso l'Italia sentimenti di leale amicizia e verrebbe ad essere con la Serbia fomite di malcontento e di propaganda ostile. Una politica filoserba avrebbe pertanto fornito all'Italia maggiori garanzie di sicurezza nella penisola Balcanica.

Inoltre, nessuna difficoltà si frapporrebbe alla conclusione di una intesa con la Serbia, che nulla avrebbe da rivendicare verso l'Italia, e che avrebbe perciò più consistente fondamento di quanto non possa ritrovarsi nell'artificioso Stato croato, composto di elementi ostilissimi all'Italia e sempre pronti ad alzare la testa per realizzare il programma della grande Croazia.

Oggi, senza voler con spirito profetico prevedere le sorti della guerra in corso, conviene aver riguardo a quella che potrebbe essere una pace di compromesso. In tale caso l'Italia dovrebbe seriamente considerare la convenienza di una intesa con la Serbia.

A tale fine non sarebbe difficile creare sin d'ora una atmosfera di amicizia nei diversi ambienti politici e sociali serbi. Tale avvicinamento sarebbe facilitato dal fatto che la nazione serba ha sempre dimostrato rispetto all'Italia e oggi non può trascurare la considerazione che l'Italia ha osservato anche nella guerra in corso una condotta umana verso i serbi.

Anche dal punto di vista economico, data la complementarietà delle attrezzature e possibilità economiche, un accordo è sempre possibile e di reciproco vantaggio. Perciò un avvicinamento alla Serbia avrebbe fondamento politico, sentimentale ed economico.

Per la realizzazione di tale programma l'Italia dovrebbe creare sin d'ora nell'ambito della Serbia, un'atmosfera favorevole e valutare l'opportunità di restaurare una Jugoslavia con prevalenza dell'elemento serbo, anche perché quanto minore verrebbe ad essere nel nuovo Stato il numero dei croati, tanto più salda ne risulterebbe la sua compagine. Soltanto una collaborazione italo-serba potrebbe pertanto frenare le future ambizioni ctella Croazia ed assicurare il pacifico possesso all'Italia non solo dell'Istria, di Fiume e delle isole, ma anche dell'intero litorale orientale dell'Adriatico.

Un appoggio perciò dei serbi nei territori occupati dall'Italia e sopratutto un diretto contatto con quegli elementi che hanno profonda influenza negli ambienti della Serbia, potrà al momento opportuno tornare all'Italia sommamente utile per la concretizzazione di una politica filoserba.

A tal fine si potrebbe permettere il soggiorno in Italia degli esponenti serbi di questa politica di avvicinamento all'Italia e giustificare con una loro permanenza in località climatiche o in centri di studio, la concessione da parte del Ministro Italiano a Belgrado del • visto ' per la permanenza nel Regno».

Su questo ultimo punto il Dr. Stakic mi ha formalmente promesso di tenersi a disposizione per la indicazione dei singoli nominativi.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Mussolini ha scritto «Esteri» su questa lettera.
470

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4243/291-292 R. Sofia, 2 luglio 1943, ore 22,30 (per. ore 11,15 del 3).

Sono stato ricevuto stamane dal Presidente del Consiglio e Ministro Affari Esteri per presentazione di rito copia indirizzo che pronuncerò in occasione presentazione lettere credenziali.

Dopo consuete parole accoglienza, nelle quali tuttavia Filoff ha voluto marcare tono particolarmente amichevole, frasi contenute nell'indirizzo circa nuovi legami sorti fra l'Italia e Bulgaria in seguito frontiera comune fra l'Albania e Bulgaria, hanno dato luogo assicurazioni anche da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri intendimenti del Governo bulgaro che detta frontiera costituisca ragione di rinsaldamento relazioni amichevoli esistenti e non già di difficoltà fra i due paesi. Vi è stato tuttavia chiaro accenno al fatto che maggiori punti frizione tuttora in atto -palesati anche in incidente di questi giorni sono dovuti alla situazione frontiera da ambo i lati ma sopratutto stato d'animo creato tra Comando Militare italiano e bulgaro. Tenendo conto [uomini di] questo Governo, vale a dire autorità civile, scarsa presa hanno notoriamente in ambienti militari e che loro direttive molto spesso trovano poca disciplina e comprensione particolarmente in quello che ci concerne, ciò va considerato come attuale e maggiore ostacolo alla politica che ci proponiamo seguire. Su di ciò mi riservo tuttavia riferire più ampiamente non appena avrò completato primo ciclo conversazioni e contatti.

Conversazione si è naturalmente conclusa con scambi d'idee circa situazione bellica. Presidente del Consiglio ha ricevuto ieri informazioni da Madrid secondo le quali mentre maggior numero mezzi sbarco nemici sarebbero tuttora concentrati fra Orano e Tunisi sarebbero tuttavia in corso movimenti truppe angloamericane verso est.

Filoff ha espresso in generale opinione attacco in forza contro penisola balcanica al momento certamente possibile ma in un immediato futuro non probabile. Ha respinto tuttavia teoria espressa anche da alcuni ambienti germanici

che il nemico sia per ritardare ancora durante tempo considerevole sue iniziative quale che sia settore che sarà per sce,gliersi.

Circa Turchia Filoff ha espresso opinione che essa cercherà mantenere attuale atteggiamento e che stessa Inghilterra non avrà interesse attualmente esercitare pressione decisiva. Secondo Filoff Turchia attenderà avvenimenti su fronte orientale non escludendo possa essere chiamata addirittura agire contro i sovieti nel caso che questi minacciassero Stretti e ciò sarebbe stato anzi già previsto sin da convegno Adana.

Predette argomentazioni che ho schematicamente riassunto mentre da una parte risentono evidentemente attuale stato d'animo della situazione in Bulgaria in pari tempo rispecchiano speranze locali circa immediati sviluppi in questo settore.

471

IL PLENIPOTENZIARIO D'ITALIA PER LA GRECIA, GHIGI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. U. S.N.D. 4278/771 R. Atene, 5 luglio 1943, ore 4,30 (per. ore 11,15).

Plenipotenziario Reich mi ha informato stasera aver ricevuto da suo Governo comunicazione del seguente tenore:

1°) nei prossimi giorni Amministrazione civile nella zona di Salonicco verrà maggiormente accentrata da parte di quelle autorità militari. Altenburg ha aggiunto di non aver ancora dettagli sulla questione, ma che si riserva farmeli conoscere appena possibile;

2°) contingenti truppe bulgare, cui entità Altenburg non mi ha saputo precisare, ma che ritiene aggirarsi attorno effettivi di una divisione, entreranno probabilmente giovedì 8 corrente nella zona Salonicco allo scopo sostituire parzialmente truppe tedesche in località zona stessa. Altenburg ha detto che, secondo quanto gli risulta, analoga comunicazione è stata fatta anche al nostro Ambasciatore Berlino da parte di quel Ministero Affari Esteri.

In serata Altenburg ha informato di quanto precede Presidente Consiglio Ministri Rhallis, che gli ha risposto non vedere ragione in tali condizioni rimanere al potere. Domani mattina avranno luogo al riguardo con Presidente del Consiglio dei Ministri ulteriori colloqui di cui mi riservo riferire telegraficamente (1).

In caso confermate dimissioni Presidente del Consiglio dei Ministri situazione si presenterebbe estremamente difficile mentre occupazione anche parziale della Macedonia da parte delle truppe bulgare non mancherà avere pari ripercussioni su situazione politica generale della Grecia (2).

(l) -Vedi D. 474. (2) -Il presente documento reca il visto di Mussolini.
472

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

TELESPR. 15/15063/462. Roma, 5 luglio 1943.

Telegramma di codesta Ambasciata 1020 del 19 giugno u.s. (1).

Come comunicato col telegramma n. 775 di questo Ministero (2), è stato consegnato, il 25 corrente, a questa Ambasciata di Germania il progetto per una dichiarazione per i Paesi Arabi del Vicino Oriente del quale si allega copia.

Non appena il Governo tedesco ci avrà fatto conoscere se sia favorevole in massima al progettato testo della dichiarazione, questo Ministero, insieme con questa Ambasciata di Germania, provvederanno a sottometterlo al Mufti, al suo ritorno qua.

Per vostro opportuno riservato orientamento informo essere nostro desiderio che la pubblicazione della dichiarazione, una volta approvata da tutti gli interessati, avvenga dopo il ritorno a Roma del Gran Mufti (3).

ALLEGATO

PROGETTO DI DICHIARAZIONE PER I PAESI ARABI

Le Potenze dell'Asse che hanno costantemente manifestato la loro amicizia verso i Paesi Arabi del Vicino Oriente, e la loro comprensione e simpatia per le loro aspirazioni, intendono riconfermare formalmente le direttive della loro politica. Le Potenze dell'Asse dichiarano pertanto:

l) -che esse considerano la libertà e l'indipendenza dei Paesi Arabi del Vicino Oriente (Iraq, Siria, Palestina, Libano e Transgiordania) come uno degli obiettivi della loro politica;

2) -che esse sono pronte a riconoscere la piena sovranità e indipendenza di tali Paesi ed a consentire alla loro unione, qualora questa sia desiderata dalle popolazioni interessate;

3) -che esse sono contrarie a qualunque soluzione della questione palestinese -compreso il progetto di un focolare nazionale ebraico in Palestina -che contrasti con le aspirazioni e con gli interessi del popolo arabo.

473

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA

T. 21395/417 P. R. Roma, 6 luglio 1943, ore 3.

Con mio telegramma n. 416 (4) vi trasmetto informazioni testé ricevute dal R. Ministro a Budapest circa conversazioni ungaro-romene. Vi prego di

(42 Il T. 21394/416 P.R. del 6 luglio 1943, ore 2, non pubblicato, ritrasmetteva a Bucarest 11 contenuto del T. 4269/286/3 R. del 3 lugllo 1943, ore 20,30, da Budapest, non pubblicato, relativo ai colloqui Banffy-Mironescu.

voler discretamente controllare esattezza informazioni dateci dal Governo ungherese. A noi pare inverosimile che Governo romeno imposti questione su pretesa denunzia del Lodo di Vienna. Come Voi sapete noi non desideriamo interferire nelle conversazioni tra i due Paesi, ma, desiderosi come siamo che essi giungano ad un accordo, ci preoccupiamo della eventualità che tali conversazioni falliscano di fronte a posizioni che abbiano un carattere pregiudiziale, come quella che avrebbe sollevato Mironescu.

Vi aggiungo per" vostra informazione personale, e per quello che potrete appurare in merito, che questa Ambasciata di Germania ci ha fatto confidenzialmente conoscere che Ministro Petrovici che si trova attualmente in visita a Berlino avrebbe comunicato a Ministro degli Esteri tedesco che missione Banffy sarebbe praticamente fallita di fronte alla impossibilità di discutere le questioni territoriali.

Per Vostra norma informaVi che Antonescu non mi ha parlato di nessuna pretesa denunzia del lodo di Vienna ed ha mostrato di comprendere mia osservazione che sembravami opportuno accantonare questioni territoriali e continuare conversazioni allo scopo di raggiungere un reale miglioramento nei rapporti ungaro-romeni (1).

(l) -Vedi D. 435. (2) -Vedi D. 448. (3) -Per la risposta vedi D. 502.
474

IL PLENIPOTENZIARIO D'ITALIA PER LA GRECIA, GHIGI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. U. S.N.D. 4304/773 R. Atene, 6 luglio 1943, ore 5 (per. ore 13,15).

Mio telegramma n. 771 (2).

Presidente del Consiglio Rhallis questa mattina mi ha confermato sua intenzione ritirarsi dal Governo a seguito comunicazione Rappresentanza Reich circa nuova sistemazione in Macedonia e dei rapporti non ...{3) che al riguardo aveva ricevuto dal Governatore di Salonicco.

In altro lungo colloquio che nel corso della giornata ho avuto col Presidente del Consiglio a due e successivamente con Altenburg, sono riuscito a convincerlo a soprassedere per il momento e a rinviare ai prossimi giorni, dopo più maturo esame della questione, qualsiasi decisione circa atteggiamento suo Governo (4).

{l) Per la risposta, vedi D. 488.

44 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. X

(2) -Vedi D. 471. (3) -Nota dell'Ufficio Cifra: «Manca». (4) -Il presente documento reca l! visto di Mussolini.
475

IL MINISTRO A STOGCOLMA, RENZETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 5217/99 R. Stoccolma, 6 luglio 1943, ore 20,30 (per. ore 10 del 7).

Riferisco per dovere di segnalazione quanto segue:

un ufficiale superiore tedesco in servizio in Italia ha dichiarato a persona di fiducia che egli il 4 luglio era stato a rapporto da Hitler e gli aveva espresso convinzione che Regime fascista in Italia non avrebbe potuto reggere.

Circa situazione in Italia si è mostrato convinto che in caso di invasione alleati Re e Maresciallo Badoglio non, dico non, abbandoneranno Roma. In questo caso truppe tedesche si ritirerebbero nell'Italia settentrionale. Hitler avrebbe intenzione di favorire eventuale creazione di un Governo Farinacci.

Predetto ufficiale ha ripetuto voci circolanti anche qui evidentemente ad opera organi propaganda tedesca, che la Germania avrebbe in preparazione ordigni segreti capaci di «sbalordire il Mondo » e che sarebbe pronta soltanto in settembre. Ho ritenuto opportuno portare a conoscenza di V. E. quanto precede sia perché ufficiale appartiene a servizio militare tedesco in Italia e appariva bene informato circa nostra situazione, sia perché sue dichiarazioni potrebbero rappresentare espressioni della reazione circoli nazionalsocialisti ad avvenimenti italiani.

476

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. 21412/543 P.R. (1). Roma, 6 luglio 1943, ore 24.

Dite al Capo del Governo Tojo che io sono un ammiratore della sua politica che considero la più idonea a risolvere i problemi dell'Asia Orientale. Ditegli anche che considero urgente e necessario il più concreto aiuto a Base che conosco personalmente e ritengo capace di assolvere il compito intrapreso (2).

477

L'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, ALESSANDRINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4362/0247 R. Berna, 6 luglio 1943 (per. l'8).

Presidente Celio ha tenuto ieri nel Ticino un discorso nel quale, parlando del diritto alla libertà e all'indipendenza della Confederazione e delle sue isti

tuzioni, ha tenuto a dichiarare esplicitamente che nessuna potenza ha mal chiesto né chiede alla Svizzera di «aderire a dottrine, a movimenti o a soluzioni che contrastino col pensiero e col regime del Paese».

Ha poi riaffermato la neutralità della Svizzera, e ha ribadito il concetto che tale neutralità deve esercitarsi verso e contro chiunque, esprimendosi come segue:

«Quale il nostro dovere? È esclusivamente quello di rimanere neutrali praticamente, in confronto di tutti. Ciò l'esigono la tradizione e i patti. Essere neutrali! Parola così breve, ma concetto che importa invece tanti sacrifici, ma pratica sì carica di eventi! Essere veramente neutrali significa che al di là di ogni nostro sentimento, che anche al di là d'ogni nostra opinion~ è d'uopo praticare nei confronti stranieri una politica di rispetto, di deferenza e d'amicizia. E nemici comunque di nessuno. Che se però un giorno lo straniero, fosse anche l'amicissimo di oggi, tentasse di violare, con la forza o con l'inganno e per non importa quale interesse suo, le nostre libertà o il nostro territorio, allora la neutralità elvetica si convertirebbe immantinente contro di lui in una dura, spietata, eroica belligeranza. Perché ogni svizzero, che tale sia veramente, porrà pur sempre al di sopra di ogni sua pr"'fP.renza ideologica, sociale ed economica, la libera esistenza del suo Paese: libera esistema che è il bene e dovere supremo del vero cittadino! ».

(l) -Minuta autografa. (2) -Non si è rinvenuta risposta a questo telegramma.
478

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, CIANO

TELESPR. RR. 1/3672. Roma, 6 Zuglio 1943.

In relazione all'appunto di codesta R. Ambasciata in data 28 giugno

u.s. (l), si ha il pregio di trasmettere l'unito appunto in cui è consegnato il punto di vista del Governo italiano sulla questione dell'eventuale bombardamento di Roma.

Vorrete illustrare verbalmente gli argomenti ivi esposti alla Segreteria dl Stato facendo dell'appunto l'uso che riterrete più opportuno (2).

ALLEGATO IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALL'AMBASCIATA D'ITALIA PRESSO LA SANTA SEDE

APPUNTO. Roma, 4 luglio 1943.

Il R. Governo non ha mai mancato di esaminare con ogni cura le segnalazioni e i suggerimenti che la Santa Sede gli ha fatto ripetutamente pervenire per poter evitare il bombardamento della città di Roma, pronto ad accogliere -come la Santa Sede

conosce -tali suggerimenti, nell'intesa che essi. potessero valere ad eliminare ogni minaccia e ogni pericolo per la Città del Vaticano, per i monumenti religiosi e per le istituzioni dipendenti dalla Santa Sede che si trovano nell'Urbe. Il rispetto per la sede del Sommo Pontefice, e l'ansia di preservare dalla distruzione le sacre memorie del Cristianesimo, venerate in tutto il mondo, hanno ispirato l'azione del Governo italiano, non immemore del dovere che hanno le Nazioni civili di salvaguardare i valori spirituali al di sopra delle dure necessità e delle devastazioni della guerra.

Per questo senso di dovere, al quale esso non è mai venuto meno, fin dall'inizio della guerra il Governo italiano, senza porre alcuna condizione e senza chiedere alcuna assicurazione, diede ordine alle proprie forze armate di risparmiare qualunque bombardamento alle città di Atene e del Cairo. E tale ordine fu mantenuto anche quando lo sviluppo delle operazioni e le più elementari esigenze militari avrebbero richiesto e giustificato un bombardamento di quelle due città, nelle quali il Governo italiano vide non tanto la capitale dello Stato greco e la capitale di uno Stato militarmente occupato dalla Gran Bretagna, ambedue centri irradiatori di operazioni di guerra, quanto la sede monumentale di antiche tradizioni religiose e civili.

Dopo molti mesi da quando la guerra nel Mediterraneo si era iniziata -ed esattamente nel marzo del 1941 -il Governo britannico fece conoscere che esso avrebbe bombardato Roma se le forze italiane avessero bombardato Atene o il Cairo. Non avevamo atteso per rispettare Atene e il Cairo questa comunicazione. Ma non è inutile oggi ricordarla, per quell'impegno morale che con essa il Governo britannico allora si assunse.

Nel dicembre del 1942, il Governo britannico volle tuttavia porre alcune condizioni per risparmiare la. città di Roma dalla devastazione di un bombardamento aereo. Queste condizioni, per quanto onerose, furono da noi accettate, per l'alta considerazione, che noi abbiamo tenuto sempre presente, di voler risparmiare ogni pericolo alle memorie storiche e religiose di Roma, ed ogni offesa alla Sede del Papato.

Il 20 dicembre 1942 noi informammo Sua Eminenza Reverendissima il Cardinale Segretario di Stato (l) che, per agevolare il più possibile gli incessanti sforzi della Santa Sede, era stato deciso ed era in corso di attuazione il trasferimento in località diversa da Roma tanto dei Comandi Militari italiani (Stato Maggiore e Uffici dipendenti) quanto di quelli tedeschi, ivi compresi i Comandi di Marina.

Il 9 giugno dell'anno corrente (2) noi abbiamo informato la Santa Sede che sia il Comando Supremo che gli Stati Maggiori del R. Esercito, della R. Marina e della

R. Aeronautica erano già stati trasferiti in sede di campagna e gli unici uffici dei dicasteri militari che continuavano ad essere ospitati in edifizi cittadini erano, oltre agli uffici dei reparti militari territoriali, gli uffici storici e gli uffici di carattere contabile o tecnico-amministrativo, anch'essi in corso di trasferimento o di liquidazione.

Analoghe misure -come di già noto alla Santa Sede -sono state adottate per il trasferimento degli organi militari germanici di collegamento. Essi hanno seguito

o si accingono a seguire, fuori Roma, i rispettivi Comandi Militari italiani.

Instancabili sono stati gli sforzi della Santa Sede per evitare il bombardamento di Roma, e di questi sforzi ogni Nazione C·ivile deve essere grata al Santo Padre. Ma non può certo dirsi che il Governo italiano non sia venuto incontro ai desideri e ai suggerimenti della Santa Sede, in quei limiti nei quali si poteva ragionevolmente presumere che i Governi dei Paesi nemici dell'Italia chiedessero delle assicurazioni per non bom bardare la città e non cercassero dei pretesti per bombardarla.

Non altro che un pretesto deve essere considerata la pretesa fondamentale importanza che agli effetti bellici avrebbe la stazione ferroviaria di Roma. Fin dal dicembre 1942 noi mettemmo in rilievo che la stazione di Roma serve all'« importantissimo traffico civile della Capitale e non costituisce per quello militare che uno dei tanti punti di transito della rete ferroviaria nazionale». Nel perimetro dell'Urbe non esistono

né fabbriche militari né depositi di carettere bellico, non altre truppe che quelle necessarie alla sicurezza cittadina e che cost,ituiscono il suo naturale presidio. Non si vede pertanto come la stazione di Roma potrebbe essere considerata come centro di istradamento di truppe e di materiale. Nessuno è in grado di constatare questo fatto meglio delle Autorità vaticane. La stazione di Roma non è che una stazione di transito come centinaia di altre stazioni lungo la linea del Tirreno, e la sua importanza sta unicamente nel traffico civile proporzionato ai bisogni di una città di oltre un milione e mezzo di abitanti.

Bombardare la città di Roma per interrompere il transito lungo la linea del Tirreno non può essere considerato che un pretesto. E il Governo italiano -che si è indotto a discutere le condizioni poste dai Governi delle Potenze nemiche per non bombardare Roma, solo per alti motivi di ordine spirituale tra i quali primeggia il rispetto della sede del Sommo Pontefice -non può ridurre oggi la questione a una disquisizione di tecnica ferroviaria, la cui sproporzione con la causa alla quale la Santa Sede ha dedicato i suoi instancabili sforzi non può non risaltare agli occhi di tutto il mondo civile.

Quanto alla insinuazione che danni eventuali alla Città del Vaticano potrebbero solo essere inflitti artatamente da velivoli dell'Asse, i quali sarebbero tenuti pronti per colpire il Vaticano ed addossare cosi di fronte al mondo ai bombardieri anglo-americani l'infamia di una offesa alla Sede del Papato, la Santa Sede non può chiedere che noi sfatiamo una tale diceria. Il Governo italiano considera tale diceria solo come un insulto alle tradizioni del popolo italiano e non può che sdegnosamente respingerla. La Santa Sede si rende certamente conto che non è possibile chiedere ad un Governo civile che esso smentisca una intenzione criminosa, la cui sola ipotesi costituisce di per sè stessa un'offesa all'onore di una Nazione.

La Santa Sede può far l'uso che crede di queste dichiarazioni. Il Governo itali&no ha fatto il possibile per risparmiare il bombardamento aereo alla Sede del Papato e al Centro della Cristianità. Se il Governo britannico e quello americano sono scettici sul valore delle assicurazioni italiane, altrettanto scettico è il Governo italiano sulle intenzioni delle Potenze nemiche, poiché esse, esaurito ogni altro pretesto, credono oggi di dover ricorrere a metodi cosi subdoli per giustificare un bombardamento del quale esse stesse sentono la grave responsabilità che loro incomberebbe di fronte alla storia (1).

(l) -Vedi D. 460. (2) -Non è stata rinvenuta la risposta di Ciano. (1) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 425, allegato II. (2) -Vedi D. 410.
479

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, ALESSANDRINI

L. P.S. l/3666. Roma, 6 luglio 1943.

Una segnalazione di fonte fiduciaria recentemente pervenuta concerne il Ministro di Bulgaria a Berlino, Signor Kiosseivanoff. L'ex-Presidente del Consiglio bulgaro avrebbe avuto istruzioni dal Sovrano di mettersi discretamente in contatto con i rappresentanti delle Potenze anglosassoni.

Tanto ti comunico per tua riservatissima conoscenza, e anche perché tu possa eventualmente cercar di seguire e controllare l'attività del predetto Ministro.

Ti sarò grado di voler a suo tempo riferire ogni utile elemento in merito, di cui fossi venuto in possesso (2).

(l) -Il presente documento reca il timbro «Visto dal Duce». (2) -Non si è rinvenuta la risposta di Alessandrini.
480

IL SERVIZIO INFORMAZIONI MILITARE AL MINISTERO DEGLI ESTERI

PROMEMORIA S/302/SM. Roma, 6 luglio 1943.

La situazione e dislocazione delle forze terrestri anglo-americane-francesi nel bacino del Mediterraneo centro-occidentale, quale risulta da notizie attendibili in possesso del S.l.M. (vedasi carta allegata) (l), consente di rilevare l'esistenza di tre masse:

l) nel Marocco atlantico, dove sono riunite forze americane e francesi in afflusso o riordinamento o costituzione e pertanto di non pronto impiego;

2) in Algeria, ove sono riunite forze americane e francesi di pronto impiego particolarmente addestrate per operazioni oltremare Uorze pari a 17 divisioni) ;

3) in Algeria orientale, Tunisia e Tripolitania occidentale, ove sono riunite forze prevalentemente inglesi di pronto impiego (pari a 18 divisioni).

La prima massa 06-17 divisioni, alcune delle quali in stato di avanzato approntamento) funziona da serbatoio di alimentazione delle rimanenti due masse, già radunate per l'impiego.

Queste ultime hanno composizione numerica e grado di efficienza pressoché equivalenti, ma diversa fisionomia. Infatti:

La massa radunata in Algeria comprende due «Corpi di spedizione» (uno nordamericano, uno francese) che inquadrano complessivamente nove divisioni di fanteria, tre divisioni corazzate, una divisione di fanteria di marina e ben quattro divisioni aviotrasportate ciascuna delle quali ha alle dipendenze tre battaglioni 1)aracadutisti.

Il Corpo di spedizione americano ha concluso in questi giorni il previsto ciclo di addestramento con una esercitazione di sbarco lungo le coste dell'Oranese.

In sostanza, questa massa ha composizione che la rende particolarmente idonea ad azione di sbarco a largo raggio. La presenza in essa del Corpo di spedizione francese potrebbe essere indicativa nei riguardi di probabili compiti.

La massa radunata in Tunisia-Tripolitania occidentale comprende dieci divisioni di fanteria, quattro divisioni corazzate, una divisione aviotrasportata e cioè, rispetto a quella dell'Algeria, maggior dosatura di mezzi corazzati e minor assegnazione di unità aviotrasportate (un quarto).

Da rilevare infine che le armate la ed sa che la compongono sono state solo in questi ultimi tempi potenziate con l'arrivo di nuove divisioni dal Marocco P avvicinate alle coste.

Consistenza aerea: da ritenere pressapoco invariata rispetto alla situazione al 25 giugno, riportata nella cartina allegata.

I movimenti di velivoli verificatisi in questi ultimi giorni (ad eccezione di un probabile deflusso dal Marocco verso il settore algero-tunisino), sono stati di modesta entità e tali da non portare variazioni apprezzabili.

L'attuale situazione presenta quindi una netta preponderanza di forze nel bacino del Mediterraneo Centro-Occidentale valutate sulle 5 mila unità contro circa 2.300 dislocate nel Mediterraneo Orientale.

Schieramento aereo. Ultimate le operazioni in Tunisia, l'aviazione angloamericana dislocata in Nord Africa francese, continuamente e notevolmente rinforzata dall'apporto di nuove forze, venne riorganizzata e gradualmente distribuita sui vari settori assumendo uno schieramento tale da rendere evidenti le intenzioni offensive del nemico.

Infatti, l'esame di tale schieramento presenta un concentramento di notevoli masse da bombardamento e da caccia (circa 2 mila apparecchi da caccia e 1.500 da bombardamento e trasporto) nel settore costiero algero-tunisino, che in sistema con quelle di Malta (circa 400 apparecchi) hanno funzione nettamente offensiva.

Secondo gli avvistamenti in mare e le ricognizioni nei porti, sarebbero entrati nel Mediterraneo Centrale, nel periodo considerato (5 giugno-2 luglio): 2 LSI, 49 LST, 29 LCT, 77 LCI, 125 imprecisati che rappresentano il 32 % dei mezzi maggiori ed il 40 % dei medi (poiché i 125 imprecisati debbono considerarsi in maggioranza medi).

Lo schieramento dei mezzi ha pertanto la seguente fisionomia: a) la consistenza del Gruppo Orano appare alquanto diminuita, forse perché mancano elementi su Orano, Mers el Kebir, Beni Saf e Mostaganem; essa è tuttavia sempre considerevole e si giudica della capacità di almeno un Task Force S.U.A. (complesso spedizionario organico, valutato convenzionalmente sui 15 mila uomini e mille automezzi, secondo O.B.S. 1llz); b) il Gruppo Algeri è leggermente aumentato nei mezzi maggiori e medi: esso conserva pertanto la capacità di trasporto di almeno un Task Force S.U.A.; c) il Gruppo Bougie-Djidjelli è aumentato di otto mezzi maggiori e fortemente diminuito di mezzi medi spostatisi da Djidjelli a Biserta ed oltre Capo Bon; esso dovrebbe avere capacità di trasporto di circa un Task Force S.U.A.; d) dopo Philippeville, vuota, lo schieramento dei mezzi ritorna crescente da Bona in avanti; e) Biserta è aumentata di ben dieci mezzi maggiori e 102 mezzi medi provenienti in buona parte da Gibilterra; essa sembra far sistema con Bona e Tunisi ed appare della capacità di trasporto di oltre 1llz Task Forces (tre secondo O.B.S.); f) Sousse, Malta e Tripoli raccolgono insieme il 24 % dei mezzi maggiori esistenti nel Mediterraneo centro-occidentale, il 10 % dei medi ed il 5 % dei minori; tali mezzi, che solo in parte sembra siano stati prelevati dai porti algerini, hanno la capacità di circa 1.300 automezzi e di truppe in numero ade

guato (ma non determinato per mancanza di elementi), per un complesso di forze pari a circa due Task Forces;

g) i porti cirenaici hanno ricevuto in questi giorni discrete aliquote di mezzi da sbarco, probabilmente provenienti da ponente; è però in corso un afflusso anche da Alessandria e Port Said; la loro capacità è ancora bassa.

Lo schieramento al 2 luglio presenta pertanto, rispetto a quello al 6 giugno, le seguenti caratteristiche:

1°) i tre Gruppi Orano-Algeri-Bougie-Djidjelli hanno subito variazioni che non hanno mutato a ciascuno la capacità di circa un Task Force: il loro obiettivo più vicino è la Sardegna, essi possono però concorrere ad operazioni in Sicilia;

2°) dopo il vuoto di Philippeville, con gli arrivi dall'Atlantico ed in minor parte dall'Algeria centro-occidentale, si sono formati i due Gruppi Bona-Biserta-Tunisi e Sousse-Malta-Tripoli quasi equivalenti nella capacità, per entrambi prossima alle due Task Forces; essi appaiono rivolti verso obiettivi siciliani, per quanto il 1° Gruppo potrebbe concorrere ad operazioni contro la Sardegna;

3°) il Gruppo Cirenaica, ancora di modesta consistenza, appare rivolto al vicino territorio greco.

Sembra ora lecito affermare che: -i movimenti di forze che si sono verificati nel dispositivo terrestre, aereo, di mezzi da sbarco approntato dal nemico nel bacino del Mediterraneo centro-occidentale non lasciano intravvedere slittamento in atto verso levante; -i raggruppamenti di forze terrestri dell'Algeria e della Tunisia, se pur di fisionomia diversa, presentano carattere di omogeneità e di intrinseca robustezza che consente di affidare loro compiti indipendenti.

Lo schieramento delle forze aeree, chiaramente offensivo, si è assestato e potenziato anch'esso, in modo particolare, nel settore algero-tunisino con consistenza quantitativa e qualitativa tale da consentire al nemico azioni offensive su due distinte direttrici.

I mezzi da sbarco appaiono ripartiti in due grandi raggruppamenti, facenti capo l'uno ai porti della regione di Orano-Algeri-Bougie-Di jdjelli, l'altro a quelli di Bona-Biserta-Tunisi e Sousse-Malta-Tripoli. Le variazioni subite dal primo raggruppamento non ne hanno sostanzialmente mutatò la capacità di trasporto, pari a circa quattro divisioni; il secondo raggruppamento, di recente formazione, ha pur esso capacità di trasporto pari a circa quattro divisioni (due per ciascuno dei gruppi Bona-Biserta-Tunisi e Sousse-Malta-Tripoli).

Lo schieramento delle forze aeree e dei mezzi da sbarco è tale che le

unità dislocate nell'Algeria orientale e nella Tunisia occidentale possono agire

ugualmente sugli obiettivi fronteggianti i raggruppamenti della Tunisia e

dell'Algeria.

In sostanza, i movimenti di forze verificatisi in questi ultimi tempi nel

bacino centro-occidentale del Mediterraneo mentre hanno portato al poten

ziamento dello schieramento avversario in Tunisia-Tripolitania occidentale, non hanno determinato alleggerimento apprezzabile di forze nel dispositivo nemico in Algeria.

I due distinti complessi di forze terrestri, aeree e di mezzi da sbarco appaiono capaci di operare, indipendentemente, contro diversi obiettivi, od anche, congiuntamente, contro un obiettivo di maggiore complessità e portata strategica.

(l) Non pubblicata.

481

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

L. R.P. Berlino, 6 luglio 1943 (l).

Sulla via di ritorno da Linz, dove ho presenziato l'inaugurazione della D.I.G. e altre manifestazioni, ho visitato a Fuschl il Ministro von Ribbentrop che mi aveva invitato a colazione.

Il colloquio, che è quasi sempre rimasto nel vago e nel generico, non ha toccato ed approfondito nessuno speciale argomento. Grande riservatezza circa eventuali operazioni sul fronte russo, espressa speranza di sbarchi (<<per avere così la possibilità di poterli prontamente ricacciare »), disaccordi fra i nemici, convinzione assoluta circa i favorevoli risultati finali della guerra.

L'unica segnalazione degna di rilievo che credo di dovere fare è la reazione negativa sulla visita di Antonescu in Italia (2).

Von Ribbentrop accennando alle festose accoglienze che egli ha avuto ed al lungo comunicato emanato (di cui aveva preso conoscenza poco prima) ha specificatamente enumerato le tappe del viaggio di Antonescu e le personalità che egli aveva visto: «Venezia, Rocca delle Caminate, Roma, San Rossore; Bastianini, il Duce, il Re, il Principe di Piemonte, il Papa»...

Alla mia replica che, cioè, la visita -già più volte rimandata -rientrava nel quadro di una delle solite visite di Ministri importanti di paesi amici, il mio interlocutore ha osservato che ciò avrebbe rafforzato la sua posizione in Romania dove egli si vanta di fare una politica non favorevole all'Asse (io ho subito corretto: alla Germania) come risultava dai documenti precisi che von Mackensen aveva, per suo incarico, trasmesso al Duce. Ho allora aggiunto che poiché il maresciallo Antonescu non aveva creduto di separarsi da lui nonostante una piuttosto precisa richiesta tedesca, sembrava opportuno non tagliare i ponti.

E, sottolineato che quello che l'Italia fa in questo senso, nel senso cioè di mantenere compatta e ferma la struttura politica del Tripartito, ritorna a vantaggio della Germania suo malgrado, non mi sono ulteriormente preoccupato di attenuare il disappunto del mio interlocutore spiegando che amicizia ed alleanza ammettono perfettamente diversità di vedute e, comunque, non significano passiva adesione.

(l) -Manca l'indicazione della data d'arrivo. (2) -Vedi D. 467.
482

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER TELESCR. 4336/1100 R. Berlino, 7 luglio 1943, ore 22.

Le operazioni iniziate il 5 luglio dalle [forze] germaniche al fronte orientale e di cui ai bollettini tedeschi di ieri e di oggi, costituiscono prevista ripresa e sviluppo del ciclo operativo interrotto alla fine del marzo scorso e diretto, attraverso l'eliminazione del settore di Kursk, a completare la rettifica del fianco difensivo Orel-Charkoff.

L'ampiezza assunta dalla battaglia a causa della tenace resistenza e della violenta reazione sovietica non debbono, a detta dei competenti, trarre in inganno sul carattere eminentemente locale delle operazioni stesse circa il risultato delle quali negli ambienti dello Stato Maggiore si fanno tuttora molte riserve O).

Riferirò ulteriormente (2).

483

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI, FRANSONI, AL MINISTRO A KABUL, QUARONI

T. 21566/75 P.R. Roma, 7 Zuglio 1943, ore 24.

R. Ambasciata Berlino comunica che codesto Ministro di Germania avrebbe appreso da codesto Segretario Generale Affari Esteri che successivamente all'arrivo di Bose in Giappone, autorità inglesi avrebbero preso notevoli misure precauzionali in India, estendendo in particolare la sorveglianza a tutti i Membri del Congresso, cioè anche a quelle personalità che erano sinora considerate inoffensive. Predetto Segretario Generale avrebbe altresì lasciato intendere che considerava prossima una offensiva giapponese in grande stile contro l'Impero Indiano, che tale offensiva avrebbe a suo avviso avuto successo, e che in tal caso Afghanistan avrebbe accordato suo atteggiamento alla nuova e auspicata situazione.

484

IL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DELL'AERONAUTICA, CASERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 7 Zuglio 1943.

L'Addetto Aeronautico in Turchia, a conoscenza di un'attività non ben definita svolta da parte di quel Delegato Apostolico, ha ritenuto opportuno avvicinare un certo Prof. Ezio Bartolini, insegnante presso quella Università e

confidente del predetto Delegato, attenendone la relazione che si acclude in originale.

Il Col. Luca, che è stato tenuto al corrente della cosa e che ha letto la relazione, l'ha giudicata interessante anche perché ha riportato l'impressione che idee e propositi in essa contenuti collimino con talune allusioni fattegll dal suo amico S[aragioglu] dopo una conversazione avuta con von Papen.

S[aragioglu], infatti, parlando con Luca ebbe a dirgli ad un certo punto:

«Ma siete proprio sicuri in Italia che tutti, come tu dici, intendono seguire il comandamento del Duce e cioè continuare la lotta fino alla fine? Ho qualche notizia contraddittoria e credo che qualcuno voglia tentare di farla finita anche se i Capi dell'Asse non siano di questo parere. I clericali cattolici lavorano ed hanno molte aderenze in America. Aprite gli occhi perché potrebbero farvi trovare davanti ad un fatto compiuto».

L'Addetto Aeronautico informerà della cosa l'Ambasciatore Guariglia non appena questi rientrerà in sede.

ALLEGATO

IL PROFESSOR BARTOLINI ALL'ADDETTO AERONAUTICO AD ANKARA

APPUNTO. Ankara, 27 giugno 1943.

Stamane alle ore 9,30 ho visitato il Barone K. Lersner nella sua villa di Cadde Bostan.

Il Barone Lersner già deputato conservatore al Reichstadt, plenipotenziario della Germania a Versailles, non ha mai aderito al partito nazi, è amico personale di von Papen e vive da parecchi anni in Turchia.

Il Barone, avvertito della mia visita dal Delegato Apostolico Monsignor A. G. Roncalli, m'ha ricevuto cordialmente. La villa sontuosa è conosciuta dai vicini come « Salh Rifki Koskii » e il locatario come « il parente di von Papen ».

Dopo brevissimi preliminari, ho tratto argomento dalla quiete dell'ambiente per intavolare subito la conversazione sull'argomento della pace senza che l'interlocutore abbia fatto la più piccola resistenza.

Ne ho arguito che Monsignor Roncalli gli avesse dato assicurazioni sul mio conto. Tuttavia gli ho detto che per dodici anni, prima della guerra generale, pubblicai in Italia un periodico intitolato La Pace, che dal 1922 sono assente dall'Italia, ma che ho diverse cariche ufficiali coll'assentimento del Governo italiano e frequenti contatti coll'Ambasciata d'Italia: non più lontano di jeri un cordiale colloquio con l'Ambasciatore Guariglia.

Il Barone Lersner ha mostrato d'interpretare le mie parole come una promessa di riservatezza, dicendomi per altro che ogni atto politico, perché serva a qualche cosa, deve poter esser conosciuto da tutti.

Queste parole parrebbero autorizzarmi a divulgare almeno la sostanza della nostra intervista, ma ulteriori particolari della conversazione contraddicono tale interpretazione.

Subito dopo la mia allusione al fatto che la sua persona è legata nella storia all'idea della pace per la sua partecipazione al trattato di Versailles e dopo l'espressione del mio desiderio d'attingere ad una fonte autorevole qualche speranza per la nuova pace, il Barone Lersner s'è alzato per andare a prender la minuta della sua ultima lettera a Monsignor Roncalli: prima di leggerla m'ha domandato se il destinatario me ne avesse già parlato, !asciandomi con ciò intendere di supporre che il Delegato Apostolico m'abbia ad intimo confidente.

Questa lettera è un invito a far pressione presso il Pontefice, perché tragga profitto dalle recenti dichiarazioni pacifiste del Governo americano nell'approssimarsi della lotta elettorale per lanciare un'esplicita proposta di pace ai governi dei Paesi belligeranti.

Dopo la lettura di questo documento il Barone Lersner m'ha raccontato distesamente la storia della sua attività in favore della pace presso la Santa Sede.

Egli è incoraggiato a svolgere quest'opera malgrado la sua qualità di protestante luterano, perché ritiene che soltanto il Papato possegga l'autmità sufficiente per lanciare una proposta di pace ed anche perché conosce personalmente il Pontefice e lo sa intelligente e sensibile ed animato dal desiderio di por termine al sanguinoso conflitto.

Conobbe il Cardinale Pacelli quand'era Nunzio apostolico in Germania, ed assisté ad un colloquio fra lui e l'Imperatore Guglielmo verso la fine del precedente conflitto. In quell'occasione l'Imperatore, suggerendo al Cardinale di proporre al Papa d'intervenire con una proposta concreta d'armistizio, disse accoratamente « se la pace non sarà proposta dal Pontefice, sarà fatta dalla Socialdemocrazia».

Questa volta, pensa il Barone Lersner, il Papa se non interviene subito, si farà prendere la mano da altri. Fortunatamente la Turchia s'è alienata ogni simpatia internazionale coll'errore del « Varlik », altrimenti il Capo della Cristianità cattolica avrebbe corso il rischio di farsi precedere dal Turco in un'opera squisitamente cristiana.

In un certo momento il Barone Lersner pensò d'associare all'iniziativa del Pontefice il Re di Svezia, perché la proposta di pace non venisse soltanto dal capo del Cattolicesimo, ma anche da un monarca protestante; ma poi la salute del sovrano di Svezia ed altre difficoltà lo distolsero dall'idea di tale combinazione.

Egli fece oggetto di questa sua personale iniziativa il suo viaggio a Roma dello scorso anno. Ebbe allora lunghi colloqui col Cardinale Maglione e con Monsignor Montini, che è in continuo ed intimo rapporto col Pontefice.

Gli parve in quell'occasione che Sua Santità non accogliesse l'idea d'una immediata proposta di pace per timore che un rifiuto da parte di tutte o delle maggiori Potenze belligeranti potesse nuocere alla preziosa iniziativa e che preferisca attendere l'occasione propizia.

Il Barone Lersner s'industria invece di fare intendere a Sua Santità che un primo insuccesso non nuocerebbe in alcuna guisa all'iniziativa, ma stabilirebbe anzi una volta per tutte il proposito irresistibile del Papato di porre fine al sanguinoso conflitto.

Un'altra divergenza tra la concezione pacifistica del Barone Lersner e quella del Pontefice sta nella pregiudiziale della «pace con giustizia» formula cara a Sua Santità ed alla quale bisognerebbe invece rinunziare, come pregiudiziale, per non intralciare in nessuna guisa il proposito di coloro che fossero disposti ad aderire in via di massima.

Il Cardinale Maglione disse l'anno scorso che eventualmente Sua Santità avrebbe dovuto invitare per primo il Fiihrer come il più potente, ma il Barone Lersner ribattè che ciò non era affatto necessario.

Egli vorrebbe che il Pontefice invitasse nello stesso giorno ed alla stessa ora tutti i Governi dei Paesi belligeranti a partecipare ad un convegno per trattare della pace « sic et simpliciter » senza pregiudiziali nemmeno per quel che si riferisce all'indipendenza delle piccole nazioni; perché ogni accenno preventivo a soluzioni particolari darebbe appiglio a possibili rifiuti.

Il Barone Lersner è «sicuro» che un tale invito incontrerebbe l'approvazione dello Stato Maggiore tedesco; «crede » che sarebbe gradito anche a Hitler e a Musso lini; teme che non sarebbe accolto da Stalin, perché ritiene che questi sia, in fondo, più bolscevico che russo e, come bolscevico, abbia interesse alla continuazione della carneficina, che dissangua gli Stati capitalistici e li prepara al trionfo del comunismo.

Il Barone Lersner tiene l'Ambasciatore von Papen al corrente di tutta la sua attività, ma dice d'esser certo che il Governo tedesco lo farebbe uccidere se sapesse quel che sta preparando.

Alla mia obiezione ch'egli deve guardarsi dunque d'andare in Germania ha risposto

che c'è stato e ci ritornerà, « perché » il Governo non è informato della sua personale

opera pacifista.

Tale dichiarazione contraddice la premessa del Barone von Lersner che tutto iu politica si debba fare alla luce del sole.

Comunque, a tale proposito, sorgono due ipotesi:

l) o il Barone von Lersner, con la complicità di von Papen e dello Stato Maggiore tedesco, persegue una politica diversa da quella del Ftihrer e gioca veramente una carta rischiosa fidando sulla debolezza del Regime;

2) o tutti sono d'accordo e il binomio Lersner-von Papen è un'avanguardia dell'offensiva di pace tedesca.

Entrambe le ipotesi lasciano supporre che la Germania nazista sia agli estremi.

Il Barone von Lersner m'ha pregato d'incoraggiare Monsignor Roncalli perché caldeggi la sua tesi presso il Pontefice, sembrandogli d'averlo trovato negli ultimi tempi meno caloroso fautore della sua iniziativa.

Ha detto che Monsignor Spellman fece qui opera contraria ai suoi doveri di cattolico atteggiandosi a portavoce del Papa per lavorare invece a servizio dell'America; ha soggiunto che ciò gli risulta da precise informazioni «dei suoi amici turchi». Ha detto inoltre d'esser sicuro che il Delegato Apostolico denunziò quest'infedeltà di Monsignor Spellman nel suo rapporto in proposito alla Santa Sede.

Il Barone Lersner spera che il suo progetto di provocare un invito di pace alle Potenze belligeranti da parte del Pontefice sia caldeggiato dal nuovo Ambasciatore della Germania presso la Santa Sede, Barone Weizsacker, che è suo amico personale.

Egli gradirebbe che una pressione sul Papa nel senso da lui desiderato partisse anche dall'Italia. Alla mia obiezione che Mussolini non potrebbe mai favorire un'iniziativa del genere senz'accordi con Hitler ha risposto che tale intesa invece non sarebbe affatto necessaria.

L'importante è di salvare la pace ancora una volta per lavorare poi agli Stati Uniti d'Europa e non lasciar la porta aperta a nuove guerre come si fece a Versailles. Allora il Barone Lersner disse a Clemenceau: «Voi siete oramai troppo vecchio, ma io purtroppo vivrò ancora abbastanza per vedere la nuova guerra, che uscirà da questa pace». E fu disgraziatamente profeta.

(l) -Il presente documento reca il visto di MussolinL (2) -Vedi D. 492.
485

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER TELESCR. 4368/1104 R. Berlino, 8 luglio 1943, ore 13,35.

Telegramma di V. E. 813 del 7 corrente (1). Secondo quanto ha informato Ministro Altenburg, Rhallis rimarrebbe al potere.

Rappresentante tedesco avrebbe altresì comunicato a Berlino che anche nell'eventualità di un ritiro di Rhallis sarebbe possibile, con l'aiuto dei democratici, costituire ad Atene un nuovo Governo.

Si è pertanto qui abbastanza ottimisti sugli sviluppi della crisi mìnìsterìale greca.

(l) T. 21409/813 P.R. del 7 luglio 1943, ore 2, non pubblicato, ritrasmetteva a Berlino il contenuto del D. 471.

486

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI TEDESCO, RIBBENTROP

L. [Roma, 8 luglio 194J] (1).

L'Ambasciatore Alfieri mi ha riferito degli accenni da Voi f'ltttigli sulla recente visita di Antonescu in Italia, durante il colloquio che egli ha avuto recentemente con Voi a Fuschl (2).

Colgo questa occasione per scriverVi di persona sull'argomento, dopo quanto ho già comunicato all'Ambasciatore von Mackensen, e facendo così seguito alle conversazioni avute con Voi, quando ebbi la gradita occasione di recarmi a Klessheim il 7 ed il 29 aprile u.s. (3).

Vi è noto che la visita di Antonescu, già chiesta e stabilita da lungo tempo, era stata poi sottoposta a numerosi successivi rinvii per diversi motivi, ciò non poteva mancare di suscitare reazioni ed apprensioni a Bucarest, tanto più dopo la recente visita del Presidente Kallay al Duce ( 4).

La venuta a Roma di Antonescu, e il programma della visita mantenuto su linea del tutto simile a quella precedente del Presidente del Consiglio ungherese, erano appunto intesi sopratutto ad equilibrare le reazioni e le note suscettibilità dei due Paesi danubiani, impegnati al nostro fianco nella lotta comune. Da tempo noi ci sforziamo di attenuare il conflitto ungaro-romeno esercitando tanto a Budapest quanto a Bucarest azione conciliatrice e moderatrice, parallelamente a quella del Governo dei Reich. Ma perché la nostra azione potesse essere utile e proficua, era necessario disperdere le apprensioni e le diffidenze che potevano esser sorte nell'animo dei responsabili della politica romena. È ovvia, e certamente da Voi condivisa, la necessità di mantenere e rafforzare la coesione di quei due Paesi, nel quadro dell'alleanza comune: e questo è stato il motivo dominante dei nostri colloqui sia con Kallay che con Antonescu. Nel momento attuale tutte le questioni particolari, le controversie e gli attriti devono passare in seconda linea di fronte alla assoluta esigenza e interesse vitale di tutti di battere il nemico ed apporvi un solido fronte militare, politico, economico. Antonescu del resto, come già Kallay, ha mostrato di rendersi perfettamente conto del pericolo comune, ritornando più volte sul concetto che la Romania costituisce un baluardo orientale della difesa europea contro la Russia, che la lotta con la Russia rappresenta per la Romania una questione di vita o di morte. Precise e categoriche sono state le sue assicurazioni sulla decisione della Romania di proseguire a fianco della Germania e dell'Italia la guerra, e, per quanto egli non abbia mancato di esprimere le doglianze del suo Governo per l'Ungheria e la viva sensibilità del popolo romeno per la questione della Transilvania, egli ha mostrato di rendersi pienamente conto delle nostre ragioni.

Noi consideriamo nostro vitale interesse il proseguire in questa opera. La questione dei rapporti con l'Ungheria è la più sentita a Bucarest, e quella che desta le maggiori preoccupazioni. Di questo a noi sembra necessario tener conto, e necessario pertanto mantenere ed accrescere la fiducia della Romania in noi, perché solo così si potrà indurre il Governo romeno -dopo i gravi sacrifici compiuti -a superare le sue controversie con l'Ungheria nell'interesse dell'alleanza e della vittoriosa conclusione della guerra.

Nel quadro di questo interesse, che è alla base dei nostri sforzi diretti a mantenere la compattezza del Tripartito, dev'essere giudicata la visita di Antonescu in Italia, e valutate altresì le rinnovate assicurazioni di solidarietà e di ferma decisione per il proseguimento della lotta contro i nemici comuni, assicurazione dì cui abbiamo volentieri preso atto.

Col confidente cameratismo che continua ad ispirare i nostri personali rapporti, desidero quindi farvi presente il mio convincimento che in questo senso la visita di Antonescu è stata quanto mai opportuna e utile. Anche perché è valsa a confermare l'appoggio dell'Asse al Governo di Antonescu, la cui situazione difficile e delicata è a Voi ben nota. Non esiste infatti un partito in Romania, al quale il Governo possa sicuramente appoggiarsi, mentre affiora sempre più nell'ambiente politico romeno un pericoloso fermento incoraggiato dalla propaganda nemica e che fa capo a uomini politici a noi più o meno apertamente contrari, come è stato recentemente documentato, fra l'altro, dalla nota lettera di Maniu e Bratianu ad Antonescu. Di fronte a tale situazione, sta l'opera del Conducator che con i suoi diretti collaboratori è deciso a guidare la Romania nella sua azione intrapresa a fianco dell'Asse: da questo, io ritengo, non possiamo né dobbiamo prescindere.

Penso che queste mie precisazioni che, pur non aggiungendo nulla a quanto avevo già detto, per Vostra immediata informazione, all'Ambasciatore von Mackensen sono dettate dalla mia costante volontà di sincera e fattiva collaborazione, Vi saranno gradite.

(l) -La data è desunta dal telegramma seguente (T. 20068/1109 P.R.) che 1'8 luglio 1943, alle ore 21,25 Alfieri inviò a Bastianini: «Riferendoml alla nostra conversazione telefonica riterrei opportuno e ti pregherei soprassedere nota lettera». Un foglietto spillato sulla lettera dice: <<Testo approvato. Sospeso l'invio In attesa ulteriori elementi da Berlino. 10 luglio». (2) -Vedi D. 481. (3) -Vedi DD. 203, 210, 271 e 273. (4) -Vedi D. 176.
487

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO A SOFIA, MAMELI

L. P.S 1/3733. Roma, 8 luglio 1943.

Informazioni a noi recentemente pervenute, da fonte strettamente confidenziale, circa l'attuale situazione in Grecia rilevano che l'attività di partigiani comunisti ha un notevole sviluppo in gran parte della Tessaglia e del Parnasso orientale.

Il capo di questi partigiani sarebbe un tale Zacharàddea, che sarebbe collegato con Mosca, e ne riceverebbe direttive e aiuti -anche di carattere finanziario -attraverso un tramite situato in Bulgaria.

Tanto ti riferisco perché tu disponga i possibili controlli, con tutta la riservatezza necessaria, riferendo quindi quegli elementi che potranno eventualmente risultare al riguardo (1).

(l) Non si è rinvenuta la risposta di Mameli.

488

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, GERBORE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 4431/474 R. Bucarest, 9 luglio 1943, ore 2 (per. ore 1 dell'11).

Telegrammi di V. E. 416 (l) e 417 (2).

Questa Legazione ha riferito sul corso delle conversazioni Banfy-Mironescu con telespresso 992 del 23 giugno (3). Dal raffronto tra questo testo e le dichiarazioni di Szentmiklossy emergono il carattere e le tendenze della versione ungherese.

1°) Governo romeno non ha mai «denunziato» arbitrato di Vienna il che, trattandosi di un lodo arbitrale, sarebbe stata una assurdità giuridica. Nei confronti di quello strumento la sua posizione a suo tempo diffusamente esposta nella nota del 24 giugno 1942 in risposta al passo itala-tedesco del 19 giugno sulla situazione in Transilvania (telespresso di questa Legazione 857 del 25 giugno 1942) (4), è la seguente:

Governo romeno considera il lodo arbitrale di Vienna come un tutto inscindibile che imponeva agli ungheresi alcuni precisi obblighi insieme con gli acquisti territoriali ad essi concessi. Gli obblighi contenuti negli articoli 3 e 6 erano la contropartita inderogabile delle cessioni territoriali di cui all'articolo 1°.

Con le inadempienze -del resto constatate durante inchiesta RogeriAltenburg dell'ottobre 1940 (5) e mai riparate -lodo arbitrale Vienna, secondo l'opinione di qui, si è reso inoperante. Con le t:l.ichiarazioni fatte a Roma e a Berlino il 15 settembre 1941, Governo romeno '"ha constatato inapplicabilità dell'atto di Vienna a causa della volontà unilaterale dell'Ungheria» (6).

2°) Oggi, nessun Governo romeno si potrebbe accingere ad intavolare negoziati diretti a dare nuovo assetto ai rapporti ungaro-romeni, senza tener conto dello stato dell'opinione pubblica e far espressa riserva dei diritti romeni sulla Transilvania, che secondo l'opinione oramai qui prevalente, si sono riaccesi in seguito a inadempienze ungheresi del Lodo di Vienna e che i romeni sperano vedere un giorno pacificamente riesaminato. Però, come risulta dal succitato telespresso di questa Legazione il Signor Mironescu non ha fatto di questa «riserva» una « pregiudiziale », ma si è invece dichiarato disposto a discutere tutti gli altri problemi interessanti i rapporti di buon vicinato tra i due paesi (7).

(l) -Vedi D. 473, nota 4. (2) -Vedi D. 473. (3) -Non rinvenuto. (4) -Non pubblicato, ma vedi serie nona, vol. VIII, D. 652. (5) -Vedi serie nona, vol. V, DD. 717 e 719, vol. VI, DD. 44, 76, 105, 185 e 195. (6) -Vedi serie nona, vol. VII, D. 610. (7) -Segue al D. 495.
489

IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4406/300-301 R. Kabul, 9 luglio 1943, ore 17,30 (per. ore 20,30).

Vostro 75 (1).

Stesse informazioni sono state comunicate anche a me. Dato però che in questo momento consoli in India sono assenti per cambiamenti e licenze, ho ritenuto trattarsi impressione personale mio interlocutore piuttosto che di informazione vera e propria: questa impressione è stata del resto confermata da successiva conversazione avuta sull'argomento. Preferisco quindi prima di riferire a V. E. in proposito attendere successive informazioni afgane e eventuali reazioni stampa che permettano poter dare su questo argomento giudizio quanto più possibile esatto.

Per quanto posso dire fino ad ora e con riserva di tornare sull'argomento mia impressione è che per il momento spostamento Bose abbia fatto in India in sé poca impressione. Mentre anno scorso a quest'epoca tutti cittadini indiani credevano come certa offensiva giapponese e si preparavano in conseguenza, oggi dopo un anno di inattività giapponese ed una serie rinnovati insuccessi magnificati da propaganda nemica, è impressione generale che Giappone è contentissimo decisione anglo-americani di agire contro di noi in Italia, e non voler far nulla per diminuire pressione su noi fa sì che per ora almeno scetticismo circa possibile offensiva giapponese contro l'India sia generale. Ciò premesso nella atmosfera generale di pessimismo circa andamento della guerra per quanto concerne noi, è mia impressione che movimento ed azione Bose sono destinati aver scarso effetto fino a tanto che, se ciò è realmente nelle intenzioni del Giappone, offensiva nipponica non abbia realmente luogo e non riporti qualche successo suscettibile di impressionare masse. Continuo a ritenere che se molti, forse anche maggioranza indiani sperano ancora che qualcuno venga a mandar via inglesi, ci credono poco e non sono certo disposti a fare qualche cosa di concreto fino a quando non siano sicuri delle intenzioni e possibilità Giappone. Indiani secondo me sono pronti accogliere giapponesi con ghirlande di fiori ma fino a tanto che soldati giapponesi non saranno realmente entrati nel territorio indiano continueranno ad agitarsi, far discorsi, chiedendo indipendenza dell'India ma anche a lavorare per la guerra inglese.

Se offensiva giapponese avrà luogo davvero e avrà successo, presenza Bose e lavoro preparazione che secondo propaganda nostra e giapponese sta facendo sarà certo molto utile Giappone per sistemare territori occupati e, forse, in caso di vittoria decisiva anche nel resto dell'India. Se offensiva giapponese non avrà luogo dopo preparazione propagandistica che si sta facendo avrà avuto effetto ancora più negativo. Movimento rivoluzionario estate scorsa e sua dura repressione hanno a mio avviso per molto tempo tagliato possibilità che esistevano di azione nell'interno dell'India. Delusione provata dalle masse indiane sia da

45 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

parte Asse che da parte giapponese nell'anno scorso è stata troppo forte perché sia possibile di raddrizzarla con mezzi altro che militari positivi.

Quanto alle conversazioni nei riguardi Giappone che sono state tenute anche con me da parte Afganistan mi è stato chiesto se ritenevamo che viaggio Bose al Giappone significasse che da parte nipponici si preparerebbe offensiva contro l'India: il che è ben differente. Atteggiamento Afganistan in proposito è pieno di dubbi. Prova ne sia che nella stessa conversazione mi è stato detto che Afganistan stava considerando opportunità fare a Giappone stessa proposta collaborazione che ci venne fatta nel luglio scorso. Tre settimane sono trascorse e Afganistan non ne ha fatto niente, eccetto informare questa Legazione del Giappone della questione di cui al telegramma n. 267-272 (l) [ma] ha aggiunto di sperare che sviluppo circostanze avrebbe permesso un giorno ad Afganistan di collaborare più intimamente con Giappone. Per quanto concerne me, nelle mie conversazioni con questo Governo circa significato movimento Bose, pur

mettendo in luce in termini generali importanza potenziale, sono stato molto riservato circa previsioni movimento militare giapponese poichè per mia esperienza in mancanza informazioni sicure alla lunga con questo Governo è sempre meglio peccare per eccesso di prudenza che per eccessivo ottimismo.

(l) Vedi D. 483.

490

IL PLENIPOTENZIARIO D'ITALIA PER LA GRECIA, GHIGI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 4421/793 R. Atene (2), 9 luglio 1943, ore 21,30 (per. ore 11,30 dell'11).

Mio telegramma 773 (3). Hanno proseguito questi ultimi due giorni laboriose conversazioni tra i due Plenipotenziari due incaricati ed il Presidente del Consiglio.

Alle difficoltà di carattere politico si è poi aggiunto un contrasto personale fra Presidente del Consiglio e Tsironicos titolare Ministero Finanze Approvvi gionamenti e Economia Nazionale.

Fine giornata ieri Rhallis, pur riservando sua permanenza al Governo a seconda evoluzione avvenimenti Macedonia e comportamento truppe bulgare nonchè confermando impossibilità ulteriorè collaborazione con Tsironicos, ha procrastinato ogni decisione ed ha accettato attendere, per quanto concerne sostituzione quest'ultimo e discussione questioni economiche finanziarie, ritorno Neubacher che parte oggi e ritornerà fra una diecina di giorni.

Notizia entrata bulgari in Macedonia ha provocato profonda emozione Atene. Fino ad ora non vi sono stati turbamenti ordine pubblico (4).

(-4) Il presente telegramma reca il visto di Mussolini.
(l) -Vedi D. 432. (2) -Trasmesso via Tirana. (3) -Vedi D. 474.
491

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 4427/0160 R. Berlino, 9 luglio 1943 (per. l'11).

Telecorriere ministeriale 20773 P. R. del 29 giugno (1).

Il Consigliere di questa Ambasciata nipponica ha ieri detto ad un funzionario della R. Ambasciata che l'Ambasciatore Oshima da circa dieci giorni avrebbe chiesto ripetutamente di essere ricevuto dal Fiihrer col quale vorrebbe intrattenersi« anche per concordare eventuali azioni militari tedesco-nipponiche ».

Finora sarebbe stato risposto da parte tedesca all'Ambasciatore che il Fiihrer è occupatissimo a causa di importanti riunioni in corso per cui non sarebbe stato possibile per il momento fissare la data per l'udienza richiesta.

Oshima anche a me personalmente ha espresso il suo rammarico per essere tenuto completamente all'oscuro dei piani militari tedeschi (2).

492

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 0163 (3). Berlino, 9 luglio 1943 (4).

Mio telegramma n. 1100 del 7 corrente (5).

A seguito delle prime notizie comunicate con il telegramma in riferimento, trasmetto alcune altre informazioni, raccolte negli ambienti di questo Alto Comando, in merito alle operazioni attualmente in corso al fronte orientale

l. -L'obiettivo di queste operazioni, a quanto risulta, è duplice. Da un lato, lo Stato Maggiore tedesco si propone la eliminazione del saliente di Kursk, di fronte al quale come è noto la controffensiva scatenata nello scorso marzo dovette arrestarsi. In secondo luogo, si propone l'annientamento delle importanti forze nemiche schierate nel Caucaso. Il piano, elaborato dal Generale Zeitzler prevederebbe, come qui si afferma, una azione di carattere locale suscettibile di ottenere vasti sviluppi.

L'iniziativa dell'operazione spetta dunque unicamente all'Alto Comando tedesco e le voci che qui si tende ad accreditare nel senso che la manovra germanica non avrebbe servito che a prevenire una eventuale offensiva sovietica, costringendo anche l'avversario a cominciarla anzitempo, debbono attribuirsi più alla propaganda che cerca con esse di giustificare, agli occhi della gente, una portata eventualmente limitata dei risultati di questa in confronto a quelli spettacolari e fulminei delle offensive passate.

2. --Le tre armate tedesche impiegate nella manovra (Il e IV corazzata, II di fanteria) attaccano esercitando la massima pressione ai poli estremi dell'arco. Al polo meridionale, in corrispondenza di Belgorod sono riuscite ad avanzare di una trentina di chilometri. Al polo settentrionale invece, le divisioni corazzate tedesche hanno urtato contro uno schieramento offensivo sovietico che finora ha respinto gli attacchi. - 3. --Per quanto l'operazione possa considerarsi ancora nella sua fase iniziale, e sebbene la sorpresa nelle linee avversarie non sembra riuscita, nei circoli militari di questa capitale si è diffusa l'opinione che essa finirà per concludersi favorevolmente per la Germania, a prezzo tuttavia di durissime perdite. Negli stessi circoli si osserva con interesse come questa battaglia, sia per la sua concezione strategica che per lo svolgimento, rammenti le offensive della Grande Guerra sul fronte francese allorchè il raggiungimento di limitati obiettivi imponeva l'usura di masse ingenti di uomini e di materiali (1).
(l) -Vedi D. 451, nota 2. (2) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (3) -Questo telegramma non è stato registrato nel protocollo dei telegrammi in arrivo. (4) -Manca !"indicazione della data d'arrivo. ' (5) -Vedi D. 482.
493

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A ZAGABRIA, GIUSTINIANI

T. 97/339 R. Roma, 10 luglio 1943, ore 2.

Vi informo che il Duce, aderendo al desiderio espresso dal Poglavnik di avere un incontro con lui in Italia (2), sarà lieto di veder lo il giorno 19 del mese corrente alla Rocca delle Caminate. Vi prego dare di quanto precede notizia al Poglavnik e telegrafare urgenza se data predetta sia di suo gradimento. Dettagli viaggio saranno comunicati appena possibile.

Per vostra personale notizia aggiungo che non è prevista visita Poglavnik a Roma dato che, anche se egli desiderasse fare visita omaggio Sovrano e Duca d'Aosta, questa avrebbe luogo fuori Roma.

Vi informo infine che Minstro Petrucci partirà da Roma per Zagabria domani 10 luglio giungendo lunedì mattina ore 6.20. Occorrerà pertanto che venga fin d'ora predisposta presentazione lettere credenziali in modo che questa avvenga prima della partenza del Poglavnik per l'Italia dove il Ministro Petrucci lo accompagnerà (3).

(l) -Al dattiloscritto seguiva una frase aggiunta da Alfieri a penna che risulta ora illel:giblle. Questo documento reca il visto di Mussol!ni. (2) -Vedi DD. 251 e 260. (3) -Una nota sul documento avverte che si telefonò alla legazione a Zagabria di sospendere l'esecuzione di queste istruzioni.
494

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A SHANGHAI, TALIANI, E A TOKIO, INDELLI

T. 21758/201 (Shanghai) 550 (Tokio) P.R. Roma, 10 luglio 1943, ore 2.

(Solo per Shanghai) Vostro 211 (1). Ho telegrafato R. Ambasciata a Tokio quanto segue: (Per Tokio) Vostri telegrammi 437-438 (2). (Per tutti) Questa Ambasciata del Giappone con promemoria in data 21 giu

gno u.s. ha rinnovato richiesta per retrocessione da parte nostra diritti amministrativi concessione internazionale di Shanghai. Con successivo promemoria ha specificato che problema restituzione diritti amministrativi non ha alcun rapporto con quello dei diritti di extraterritorialità di cui godono e continueranno a godere i cittadini italiani in Cina e che collaborazione invocata nella circostanza si riferisce solamente a questione Settlement Shanghai, lasciando completamente da parte questione Tientsin.

Aderendo ormai alla richiesta di codesto Governo, come verrà comunicato anche a questa Ambasciata del Giappone, saranno date con ulteriore telegramma (3) istruzioni al R. Ambasciatore in Shanghai di iniziare, nello spirito del Patto Tripartito, negoziati per la retrocessione diritti amministrativi concessione internazionale di Shanghai, tenendo presente opportunità -data anche assicurazione Governo di Nanchino di voler risolvere la questione con perfet':.a comprensione, chiedendoci pertanto il minimo possibile -di richiedere in linea di massima stesse garanzie che sono state concesse al Governo di Tokio nell'accordo firmato a tal riguardo a Nanchino il 30 giugno u.s.

495

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, GERBORE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 4435/475 R. Bucarest, 10 luglio 1943, ore 21 (per. ore 17,30 dell'1 1). Telegramma riservato 474

Quest'oggi ho avuto occasione incontrare Presidente Antonescu e di intrattenermi con lui circa conversazioni Banffy-Mironescu.

1°) Presidente Antonescu mi ha detto che in relazione al problema territoriale posizione romena dinanzi al lodo arbitrale di Vienna era stata spiegata da Mironescu a Banffy nei termini della dichiarazione del 15 settembre 1941 e precisamente come da me riassunto nel telegramma di ieri; che Banffy aveva

allora chiesto a Mironescu di far delle proposte, ma che Mironescu, presi gli ordini questo Governo e riconfermata la posizione giuridica già enunciata, aveva lasciato alla parte ungherese di formulare proposte.

2°) Presidente Antonescu mi ha confermato nel modo più esplicito che problema territoriale derivante dall'inapplicabilità constatata del lodo arbitrale di Vienna rimane «questione riservata» ma che ciò non costituisce affatto una « pregiudiziale » per iniziare delle trattative sulle altre questioni.

Governo romeno è pronto iniziare trattative immediatamente su tutte le questioni dirette a facilitare relazioni buon vicinato fra i due paesi, Antonescu mi ha detto che ciò era stato perfettamente compreso da questo Ministro d'Ungheria, Signor Nagy, il quale gli aveva anzi chiesto di indicargli questioni che Governo romeno desiderava trattare.

La stessa impressione ho tratto da quanto al riguardo Bova Scappa mi ha riferito circa ultima sua conversazione con Signor Nagy. Sono convinto che questo onestissimo e leale diplomatico ha riferito in tal senso al suo Governo.

(4). (l) -Vedi D. 465. (2) -Vedi D. 441. (3) -Vedi D. 506. (4) -Vedi D. 488.
496

IL MINISTRO A HELSINKI, GUARNASCHELLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

R. R. 843/380. Helsinki, 10 luglio 1943 (per. il 20).

Il giorno 22 giugno u.s. si sono compiuti due anni da che la Finlandia è entrata in guerra, accanto alla Germania, contro., l'URSS. Riassumo succintamente la situazione in cui si trova questo Paese alla fine di un biennio di guerra.

Situazione militare. Oggi le truppe finlandesi occupano tuttora la linea del fronte raggiunta dopo i primi sei mesi di guerra.

Com'è noto, iniziato il conflitto con l'URSS, mentre le truppe tedesche avanzavano nei Paesi Baltici, in Ucraina, ecc., le truppe finlandesi e quelle ~edesche che dalla zona norvegese di Kirkenes erano entrate nella Lapponia finnica rioccupavano, nonostante resistenze accanite, tutto il territorio ceduto dalla Finlandia all'URSS con la pace di Mosca, compresa Hanko, ed eccettuata invece qualche zona nel settore di Salla nonchè la parte finnica della Penisola dei Pescatori. Esse non si fermavano alle vecchie frontiere, ma continuavano ad avanzare anche nella Carelia orientale sovietica, raggiungendo, dopo sei mesi circa di guerra, con l'occupazione della capitale della Carelia sovietica Petroskoj, una linea che dalla riva settentrionale del Lago Ladoga, lungo il fiume Sivari, raggiunge il Lago di Onega, dall'apice del quale si prolunga verso Nord-Nordovest, fino a ricongiungersi con la linea di frontiera anteriore alla pace di Mosca. Tentativi di avanzare ulteriormente, fino ad interrompere la linea ferroviaria che attraverso Sorokka congiunge Murmansk sull'Oceano Glaciale Artico e Kandalaska sul Mar Bianco con la linea ferroviaria di Arcangelo, non furono coronati da successo.

Al tentativo tedesco di accerchiamento di Pietroburgo, sviluppatosi fino

all'occupazione da parte germanica di Schlusselburg sulla riva meridionale del

Lago Ladoga, i finlandesi, fermi sullo stretto di Viipuri all'incirca sulla vecchia

frontiera, non presero parte; e non è quindi mai avvenuto, contrariamente a

quanto è comunemente ritenuto dall'osservatore superficiale, il congiungimento

dell'esercito tedesco con l'esercito finlandese nel settore di Pietroburgo.

Durante l'inverno 1941-42, sul fronte finlandese non si verificò la pressione

militare sovietica che obbligò le armate del Reich nell'URSS a cedere una parte

dei territori conquistati. E da quell'epoca il fronte finlandese è rimasto prati

camente fermo alle posizioni raggiunte; né si sono più verificate azioni belliche

di qualche importanza. Ciò vale anche per il settore all'estremo nord presidiato

dai tedeschi, dal Circolo Polare Artico fino alla Penisola dei Pescatori.

Lo sforzo militare compiuto dalla Finlandia è certamente stato imponente.

Si afferma che la percentuale dei mobilitati sia la più alta che in qualsiasi altra

nazione in guerra, raggiungendo il 16 % della popolazione. Ma occorre inoltre

tener conto dei servizi ausiliari militari, cui sono adibite migliaia di donne

volontarie (organizzazione delle «Lotta Svord ») ed anche numerosi ragazzi dai

15 ai 18 anni.

Per quanto non possa giudicare con esperienza di tecnico, l'impressione che

dopo due anni di guerra dà il soldato finlandese è generalmente buona: la

disciplina formale è rispettata; la presenza è quasi sempre corretta, salvo nei

casi, frequenti in città, di soldati in licenza che si ubriacano; il morale è buono.

Caratteristica del finlandese è di compiere ogni azione con molta serietà

e diligenza, e di non abbattersi, ma anzi di accanirsi con tenacia di fronte alle

difficoltà. Tale caratteristica, unita al coraggio personale ed al vantaggio di

combattere in un ambiente naturale ed in un clima familiari, rendono il soldato

finlandese particolarmente atto e valoroso nel combattimento; più ancora, se

condo l'opinione generalmente corrente, del soldato tedesco, non abituato alla

guerra in terreno boschivo.

Un altro elemento contribuisce all'efficienza dell'esercito finlandese: soldati ed ufficiali hanno una grande fiducia nelle qualità militari e nell'equilibrio politico del Capo Supremo dell'esercito, Maresciallo Mannerheim, la cui figura è venerata da tutti e costituisce il simbolo vivente della unità nazionale e della tradizione militare finlandese.

Per concludere: dal punto di vista militare, la situazione della Finlandia si presenta favorevole. Lo sforzo, cui è stato sottoposto l'esercito finlandese nei primi mesi di guerra, ha trovato un compenso ed un contrappeso nello stato di quasi armistizio, che è successivamente intervenuto, e che ha permesso non solo di abbondare in licenze, ma anche di distogliere parte degli uomini dal fronte per adibirli a lavori agricoli nell'interno.

Situazione economica. La Finlandia, che aveva già intaccato le sue riserve nel corso della guerra invernale 1939-40 (fra l'altro durante detto inverno il gelo eccezionale aveva completamente distrutto tutti i meli di cui la Finlandia era ricca), patì nel primo inverno di guerra 1941-42 una vera carestia che obbligò la popolazione civile a durissimi sacrifici. Nel corso del 1942, la situazione si è molto migliorata, non solo per l'aumentato reddito dei raccolti ma anche per il maggiore apporto alimentare concesso dalla Germania, che oggi praticamente provvede in cifra tonda ad un terzo dei bisogni alimentari della popolazione. Si aggiunge che, malgrado la scarsezza della manodopera, si è riusciti, particolarmente con il lavoro delle donne e dei ragazzi, ad incrementare lo sfruttamento boschivo e a dare quindi un maggiore impulso a tutte le produzioni dei derivati del legno, procurando così merci d'esportazione per poter pagare all'estero quanto viene importato per i bisogni alimentari del Paese. In complesso, si assiste ad un progressivo miglioramento della situazione economica della Finlandia con una ripresa negli scambi con l'estero i quali, senza beninteso raggiungere i livelli di anteguerra, contribuiscono notevolmente alla formazione di un nuovo equilibrio economico, confacente alle particolari contingenze di guerra.

Situazione politica. È vano discutere se l'entrata in guerra della Finlandia il 22 giugno 1941 sia stata o meno provocata dalle aggressioni aeree sovietiche. La nazione finlandese, che aveva eroicamente combattuto contro il nemico ereditario durante la guerra invernale 1939-1940, era stata dopo la pace di Mosca sottoposta ad una continua pressione politico-militare da parte dell'URSS, e vedeva con giustificato timore approssimarsi il momento, se non fossero intervenuti fatti nuovi, di far la fine dei tre Stati Baltici.

Fu perciò, per la Finlandia, un atto di vera liberazione quando, denunciato la Germania il Patto tedesco-sovietico, essa poté col suo piccolo ma valoroso esercito affiancarsi alle truppe del Reich sconfinanti nell'URSS; e porre così termine all'incubo della bolscevizzazione che aveva gravato sul Paese da oltre un anno. È comprensibile quindi il perché la Finlandia non mercanteggiò o condizionò il suo intervento di guerra accanto alla Germania; le bastava di combattere contro l'URSS, a fianco di quell'esercito che aveva meravigliato il mondo per le vittorie riportate in Europa. Essa aprì nel contempo il suo territorio alle truppe tedesche che dalla calotta settentrionale norvegese entrarono nella zona di Petsamo, formando così l'ala più settentrionale dello scacchiere finlandese.

La Finlandia è quindi entrata in guerra a fianco della Germania senza avere contratto alcun impegno scritto, né avere ricevuto formali garanzie. Tale situazione non è cambiata a tutt'oggi. La Finlandia ha aderito al Patto Anticomintern (l) al momento della sua rinnovazione da parte delle Potenze originariamente firmatarie (Berlino, novembre 1941); ma non ha sottoscritto il Patto Tripartito. Né è quindi teoricamente impegnata a concludere la pace insieme alla Germania ed alle altre Potenze del Tripartito.

La· particolarità della situazione politica della Finlandia è inoltre accentuata dal fatto che simpatie tradizionali ed oneste riconoscenze per gli aiuti ricevuti nel passato hanno legato e legano la nazione finlandese alla Gran Bretagna ed agli Stati Uniti d'America.

Il prolungarsi della guerra contro l'URSS, contrariamente alle speranze, all'inizio non soltanto dalla Finlandia concepite, di una guerra di sei mesi, ha reso ancor più delicata e complessa la posizione politica della Finlandia, che combatteva e combatte la Russia, alleata di quei paesi anglosassoni, alla cui amicizia la Finlandia tiene in modo particolare. Questa condizione di cose si è risolta, per quanto riguarda la Gran Bretagna, nella dichiarazione di guerra fatta alla Finlandia in data 6 dicembre 1941. Per quanto riguarda gli Stati Uniti d'America, questi hanno svolto replicati tentativi per indurre la Finlandia a sospendere le ostilità, tentativi rimasti senza risultato; ed hanno minacciato più volte di rompere le relazioni diplomatiche e anche di dichiarare la guerra, senza tuttavia giungere a dare effetto alla minaccia. La situazione dei rapporti fra S.U.A. e Finlandia è tuttavia tesa.

È prevedibile che, nelle condizioni attuali del conflitto mondiale, ulteriori tentativi per indurre la Finlandia a ritirarsi dalla lotta contro l'URSS rimarranno come i precedenti senza risultato. La posizione della Finlandia è segnata: qualunque siano le sue simpatie politiche verso le cosidette democrazie occidentali, essa ha un unico fondamentale problema da risolvere, quello della difesa verso il possente vicino orientale. Finché dura la lotta della Germania contro l'URSS, la Finlandia non potrà non essere al suo fianco. La garanzia che fornisce oggi l'esercito tedesco per la difesa della Finlandia non potrebbe certo essere sostituita da promesse o garanzie verbali anglo-americane, tanto più quando Mosca continua a mostrarsi del tutto ermetica circa le sue intenzioni verso la Finlandia.

Questa teme soprattutto un'eventualità; quella cioè che le vicissitudini della guerra comportino una ricostituzione di quella intesa politica russo-tedesca, esistita dall'agosto 1939 fino allo scoppio del conflitto fra Germania e URSS. In questo caso la Finlandia, che non ha assunto impegni formali verso la Germania di condurre la guerra con essa fino ad una pace comune, ma che non ha neanche dalla Germania ricevuto garanzie di non concludere una pace separata, verrebbe evidentemente sacrificata ed il suo avvenire seriamente compromesso.

Per quanto riguarda il fronte interno, può dirsi che dopo due anni di guerra questo sia ancora ben solido e forte. La guerra viene dal popolo non certo accolta con entusiasmo ma considerata come una fatalità ineluttabile e come una necessità di difesa. Tutti i partiti politici, dall'estrema destra sino al partito socialista, sono d'accordo nel condurre lo sforzo bellico col miglior animo. Ne è prova il fatto che il Paese è stato, dall'inizio della guerra governato da Gabinetti di coalizione, con rappresentanti dei principali partiti.

I sacrifici sono disciplinatamente sopportati anche dalle classi sociali più elevate, le quali danno anzi l'esempio nel partecipare, al lato dei meno abbienti, al lavoro obbligatorio; come pure prendono parte ad iniziative volontarie, come ad esempo quella di contribuire al taglio degli alberi ecc.

Il fronte interno non presenta incrinature, anche per l'azione della donna finlandese, che mostra, oltre alle qualità di lavoro, di tenacia, di sopportazione al sacrificio, un patriottismo superiore ad ogni elogio.

·Certo le menti più riflessive non si nascondono la serietà della situazione. Siamo oggi lontani dalla euforia dei primi mesi di guerra. Le difficoltà che incontra la Germania per piegare il suo nemico orientale si ripercuotono nello spirito di quei finlandesi che guardano lontano, nel futuro. Ma ciò malgrado, due elementi compensano ed attutiscono le preoccupazioni su quanto potrà accadere in avvenire. Il primo è che, data la situazione delle cose, non resta alla Finlandia da fare altro che continuare a combattere la guerra contro l'URSS, a fianco della Germania. Il secondo è la convinzione, qui comune a molti, che, qualunque cosa accada, le sorti della Finlandia saranno salvate dall'Inghilterra e dagli Stati Uniti, le quali non possono -si ritiene qui generalmente non avere interesse a mantenere ad est d'ella Penisola Scandinava una prima solida trincea, quella finlandese, a difesa dell'espansionismo russo verso l'Atlantico. E questo stato d'animo, abbastanza diffuso, contribuisce notevolmente a far accettare il futuro con sufficiente fiducia; ed insieme influire sulla determinazione di far del tutto per non spezzare ogni rapporto con l'America, come pure sulla considerazione che convenga risparmiare oggi le forze contro i russi per non trovarsene sprovvisti domani, in altr~ diverse circostanze.

(l) Vedi serie nona. vol. VII, D. 769.

497

L'ADDETTO ALL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, PIERANTONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 4433/1124/113 R. Sussak, 11 luglio 1943, ore 12 (per. ore 20,30J.

Sbarco anglo-sassone Sicilia non sembra debba avere immediata ripercussione su situazione attuale della 2• Armata.

A questo Comando risulta che Mihailovich ha dato ordine ai cetnici astenersi da azione contro di noi «anche nel caso di crollo dell'Italia». Generale jugoslavo mantiene atteggiamento antipartigiano, in contrasto con suo governo di Londra, da lui ritenuto non libero nei suoi atteggiamenti; che egli considera pertanto non corrispondente a reale situazione quale gli risulta stando sul lt~ogo. Anche azione sabotaggio che dovrebbero compiere numerosi paracadutisti discesi in questi ultimi giorni in questa regione, è da lui contrastata e stigmatizzata per danni che arrecherebbe a territorio e popolazione jugoslava. Formazioni cetnici a sud del Vardar hanno invece ricevuto istruzioni spostarsi verso Grecia ed Epiro, per facilitare -insieme « patrioti » greci -eventuale sbarco anglosassone SU; coste dell'J onio.

Per quanto riguarda partigiani, essi assolvono presentemente loro attività sopratutto nella Bosnia orientale, contrastata da forze tedesche-croate (1).

(l) II presente documento reca il visto di Mussolini.

498

IL MINISTRO A LISBONA, PRUNAS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4454/937 R. Lisbona, 12 luglio 1943, ore 23 (per. ore 17,30 del 13).

Riaffiorano da qualche tempo voci di forti pressioni britanniche ma sopratutto nord-americane sul Portogallo per indurlo allinearsi con gli Alleati. Tali voci, ricorrenti regolarmente ad ogni fase critica della guerra, sono particolarmente insistenti in questi giorni. Molti ambienti portoghesi, sino ad ora sostenitori politica neutralità condizionata perseguita da Salazar, si mostrano oggi più incerti e perplessi. È certamente aumentato numero coloro che ritengono Portogallo riuscirà salvare suo impero, soltanto schierandosi tempestivamente a fianco Alleati. Accanto alle pressioni dirette, sono anche segnalati sporadici e finora, tutto sommato, trascurabili incidenti, provocati in gran parte dal carovita e dalla miseria, ma certamente sobillati dagli anglo-americani per mantenere regime molto probabilmente sotto minaccia anche interna. Vi sono stati, nelle Azzorre, arresti recenti per sobillazioni autonomiste in cui sarebbero coinvolti agenti americani.

Anche facendo larga parte alla guerra dei nervi, di cui Lisbona è forse il centro principale in Europa, pare tuttavia certo che Alleati abbiano rafforzato in questo ultimo periodo loro azione persuasiva e intimidator-ia sia su Governo portoghese che su quello spagnolo. Richieste per ottenere libero uso arcipelago Azzorre sembrano siano state effettivamente fatte o rinnovate da Londra e da Washington in questi ultimi giorni e in termini più forti.

Ritengo che Presidente Salazar resti animato dal fermo proposito tenere Paese estraneo conflitto. Egli mantiene d'altra parte vivace energica pregiudiziale anti bolscevica. Ma è certo che sono chiari percettibili evidenti segni nervosismo e che avvenimenti bellici in corso e loro risultati imprimeranno anche qui atteggiamenti politici conseguenti.

499

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER

TELESCRITTO. Roma, 12 luglio 1943 (1).

Stamane ho pregato Maresciallo Kesselring di segnalarVi assoluta necessità di un urgente ed importante rinforzo di aviazione germanica per difesa Sicilia.

Imponenti convogli di navi, carri armati e artiglierie nemiche in continuo aumento costituirebbero preziosi obiettivi per aviazione il cui intervento sarebbe decisivo.

L'aviazione esistente, pur generosamente prodigandosi, non è sufficiente né ad impedire sbarchi né ad opporsi alla aviazione nemica che infligge alle nostre divisioni sempre più gravi perdite. La cifra dei velivoli efficienti è assolutamente esigua in confronto necessità e va continuamente decrescendo.

I riflessi morali e militari di un rovescio nemico del primo tentativo di invasione Europa sarebbero incalcolabili. La posta della partita è tale che occorre fare ogni sforzo per risolverla a nostro favore e ciò è possibile solo col massimo immediato rinforzo aereo germanico. Una risoluzione dell'attacco siciliano potrebbe ottenersi in brevissimo tempo, dopo di che le formazioni aeree germaniche sarebbero disponibili per altro impiego.

Io Vi prego, Fuhrer, di prendere in considerazione quanto sopra e di dare il massimo concorso aereo alla difesa della Sicilia, specie in aviazione da caccia. Se codesto adeguato concorso non potrà aversi, i mezzi terrestri, navali e aerei del nemico sono tali che la difesa dello scacchiere siciliano sarà estremamente difficile.

Aggiungo che non si può escludere che il nemico pronunci anche altrove i suoi attacchi, contro i quali, allo stato delle cose, l'azione dell'aviazione sarebbe nulla (1).

(l) Questo telescrltto fu trasmesso a Berlino con un telegramma di Ambrosia a Marras del 12 luglio 1943, n. 51505 Op. nel quale si dava Istruzione di farlo pervenire ad Hitler «con mezzo più celere et nel modo più sicuro » e di comunicare l'ora della sua consegna.

500

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

APPUNTO. Roma, 12 luglio 1943.

In relazione al noto messaggio di Roosevelt al Papa (2), D'Ajeta ha comunicato di avere chiesto particolari a Monsignor Tardini.

Risulta che il messaggio è giunto soltanto stamane al Sommo Pontefice. Pertanto esso non era ancora in possesso, nella sua copia ufficiale, degli Uffici della Segreteria di Stato.

A titolo personale Mons. Tardini aggiunse che si era scontenti della diramazione avvenuta pubblicamente e prematuramente da parte americana. L'Ambasciata avrà conferma delle ulteriori reazioni vaticane e comunicherà in proposito (3).

501

IL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, AMBROSIO, AL MINISTERO DEGLI ESTERI

NOTA S. 23377/0P. [Roma], 12 luglio 1943 (per. il 13).

Risposta al telespresso del 5 corr. n. 8/03936 (4). In seguito alle direttive impartite dal Duce, agli accordi presi con l'O.K.W. ed anche in base alla recente esperienza circa l'impiego di formazioni cetniche

contro i partigiani, questo Comando Supremo ha ordinato lo scioglimento di tutte le forze cetniche dipendenti dal Comando 2a Armata. Tale scioglimento è stato disposto: -fin dal 24 maggio c.a. per le formazioni erzegovinesi, -entro i mesi luglio-agosto per le formazioni del Dinara (al comando del pope Djuic), -non appena verranno effettuate operazioni comuni italo-tedesche nella Lika, per i cetnici di tale regione.

' Una riorganizzazione di cetnici su nuove basi -sia pure in accordo con il Governo croato -non è per ora prevista.

La recente esperienza del Montenegro Erzegovina ha infatti dimostrato c:-he i cetnici -disposti ad appoggiarsi ai nostri comandi in tempi normali, cioè quando il loro concorso è meno necessario -si sfaldano immediatamente non appena la situazione si aggravi, cioè proprio quando occorrerebbe veramente servirsene.

Né l'inquadramento con elementi italiani potrebbe eliminare il pericolo, perché occorrerebbe in tal caso una percentuale così forte di nostro personale che ovviamente non sarebbe né possibile né conveniente attuare.

Si aggiunga l'irreducibile ostilità dimostrata finora dai comandi tedeschi per una nostra collaborazione militare con l'elemento cetnico, ostilità di cui questo Comando Supremo deve tener conto dati gli argomenti indiscutibili che vengono al riguardo prospettati, cioè il sicuro passaggio di tutti i cetnici nel campo opposto in caso di invasione nemica in Balcania.

Per le considerazioni suesposte questo Comando Supremo ritiene che non sia possibile per ora valersi dei cetnici in Croazia nel campo militare.

Non può quindi che riconfermare gli ordini già impartiti al riguardo al Comando 2a Armata, che eliminano ogni possibilità di ulteriori contrasti con la parte germanica.

(l) -Per la risposta di Hitler, vedi D. 505. (2) -Testo in Actes et documenta du Saint Siège relati/s à la seconde guerre mondiale, vol. VII, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vat!cana, 1973, D. 285. (3) -Il presente documento reca 11 visto di Mussolini. Vedi D. 503. (4) -Non rinvenuto.
502

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 10581/1975. Berlino, 12 luglio 1943 (per. il 14).

Telespresso 15/15063/462 del 5 luglio (l).

Uno dei funzionari dell'Ufficio di questo Auswartiges Amt competente per le questioni dei Paesi arabi ha fatto sapere in via privata, che, tanto il Sottosegretario Hencke, quanto l'Ambasciatore Prtifer sono d'accordo con il progetto italiano della dichiarazione per i Paesi arabi. Tale progetto è stato trasmesso al Ministro Ribbentrop di cui si attendono le disposizioni prima di dare una risposta definitiva in proposito.

Il predetto funzionario ha fatto inoltre conoscere che l'unico punto che l'Ufficio competente ha proposto di modificare è quello dove vengono elencati nominativamente i Paesi arabi a cui si rivolge la promessa di libertà e d'indipendenza.

Esso ritiene che la denominazione « Paesi arabi del vicino Oriente » sia sufficiente e nello stesso tempo abbia l'elasticità necessaria per potere un giorno, ove la questione dovesse divenire attuale, essere estesa anche a certi Stati della penisola arabica (ad esempio Kuweit).

Su tale argomento sono stati consultati anche il Gran Mufti e Gailani, dei quali il secondo si è dichiarato subito d'accordo mentre il primo ha accettato il parere germanico solo dopo una discussione in proposito (1).

(l) Vedi D. 472.

503

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO 2252. Roma, 13 luglio 1943.

Di fronte alle imbarazzate reticenze riscontrate ieri in Segreteria di Stato subito dopo la diffusione da parte della radio nemica del messaggio del Presidente Roosevelt al Papa (2), ho chiesto· oggi di vedere il Cardinale Segretario di Stato.

Ho potuto così stamane esprimermi nel senso delle istruzioni impartitemi ieri sera dall'Eccellenza il Sottosegretario di Stato. Ho sviluppato con il Cardinale Maglione i seguenti punti:

-che il messaggio di Roosevelt non poteva -come aveva tentato ieri di sostenere il Sostituto Segretario di Stato, Monsignor Tardini -essere considerato una comunicazione « personale e privata» diretta dal Presidente degli Stati Uniti al Pontefice, in considerazione della immediata e vasta pubblicità datagli dal nemico;

-che essendo divenuto tale messaggio di dominio pubblico il Governo italiano aveva la legittima aspettativa di conoscere quale sarebbe stata in Vaticano la reazione al messaggio stesso;

-che alla lunga il messaggio avrebbe finito col trapelare all'opinione pubblica italiana e che il più grande e compatto Paese cattolico, agli inizi di un tentativo di invasione del proprio territorio nazionale, aveva il diritto di considerarsi ferito da un documento in cui era innegabile l'insidia propagandistica nel miscuglio dtl religioso col politico e nel chiaro tentativo di accollare al «destinatario» un'implicita corresponsabilità;

-che infine il messaggio poteva forse ingannare i venti milioni di cattolici americani ma non poteva illudere i quarantacinque milioni di cattolici italiani le cui reazioni, nell'attuale momento, dovevano essere in Santa Sede storicamente soppesate in tutto il loro valore.

n Cardinale Maglione -che ho trovato visibilmente commosso -ha escluso nella maniera più assoluta che la Chiesa abbia fatto alcunché per incoraggiare anche indirettamente un simile messaggio, che è giunto in Vaticano del tutto matteso e la cui quanto mai inopportuna pubblicità (che egli ha definito «all'americana l>) non poteva non turbare la coscienza di chi in Santa Sede non dimenticava mai di essere italiano.

Secondo il Cardinale Maglione nel messaggio si doveva distinguere una parte puramente propagandistica da una parte politico-giuridica relativa all'impegno di rispettare gli interessi religiosi e materiali della Chiesa cattolica, impegno di cui il Pontefice non poteva non prendere atto, in via diplomatica e sempre in forma tale da non avallare in qualsiasi modo l'impostazione propagandistica data a tale assicurazione.

Alla mia osservazione che la « discrezione l> vaticana poteva prestarsi ad equivoche interpretazioni sulla accoglienza che il messaggio rooseveltiano aveva crovato in Santa Sede il Cardinale Maglione, dicendomi che il tenore della risposta sarebbe stato tale che non si poteva prestare ad illazioni di sorta, ha con ogni energia reagito alla possibilità che si potesse nel mondo e soprattutto ~n Italia credere che la Chiesa si prestasse a manovre politiche del genere.

Il Cardinale Maglione ha detto che se l'atteggiamento della Santa Sede era stato e non poteva non essere, nell'adempimento della sua missione universale «al di fuori ed al di sopra del conflitto l>, l'atteggiamento del clero e del laicato cattolico italiano si identificava in pieno con i sentimenti dell'intero Paese di cui vivevano le ansie e le speranze. A riprova di ciò stavano le dichiarazioni pubbliche di quasi tutti i Cardinali italiani, della maggioranza dei Vescovi ed il comportamento della stampa cattolica italiana in genere.

Egli era sicuro che tale atteggiamento avrebbe avuto inequivocabili conferme anche nel futuro immediato e avrebbe servito, se ce ne fosse bisogno, a sfatare qualsiasi interessata speculazione.

Dal colloquio ho tratto la netta impressione che il messaggio rooseveltiano sia stato la prima bomba caduta in Vaticano. La Santa Sede si rende infatti conto della posizione imbarazzante in cui Roosevelt ha tentato di porre il Papa e l'imbarazzo è tanto più grave in quanto la Chiesa ritiene di non poter scendere sul terreno della polemica politica nell'attuale conflitto e pertanto la reazione, che è ragionevolmente da attendersi, sia pure in maniera del tutto indiretta, sarà con ogni probabilità da registrare con una più intima adesione alle esigenze del momento delle manifestazioni e delle attività cattoliche italiane (l).

(l) -Per la risposta vedi D. 538. (2) -Vedi D. 500.
504

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI, FRANSONI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

APPUNTO R. Roma, 13 luglio 1943.

Il Ministro Consigliere giapponese Signor Kase è venuto stamane a comunicarmi quanto segue perché ne sia informata l'Eccellenza il Sottosegretario.

L'Ambasciatore del Giappone a Buenos Aires con telegramma in cifra inviato a Tokio, pare, via Lisbona (almeno così ritiene Kase), riferisce di aver avuto il giorno 8 corrente un colloquio con il Ministro degli Esteri argentino nel quale questi avrebbe insistito sulle gravi difficoltà economiche nelle quali attualmente versa l'Argentina specialmente per mancanza di petrolio, gomma, ed altre materie necessarie al Paese.

Il Ministro degli Esteri argentino avrebbe aggiunto che si cerca di fare ogni sforzo per sopperire a tale mancanza ma che l'Argentina vede sempre più la necessità di tenersi strettamente unita alle Nazioni del continente americano.

L'Ambasciatore giapponese ha chiesto ad un certo punto se un cambiamento dell'attuale condotta politica dell'Argentina avrebbe potuto verificarsi, al che l'Ammiraglio Storni ha risposto senz'altro di si.

Questa la conversazione scambiata fra i due personaggi. L'Ambasciatore del Giappone aggiunge le sue considerazioni affermando che aveva avuto l'impressione che il Ministro degli Esteri argentino aveva cercato una via indiretta per fargli sapere quelle che il predetto Ambasciatore considera da parte sua determinazioni già prese dal Gabinetto di Buenos Aires e cioè la rottura molto probabilmente prossima delle relazioni diplomatiche dell'Argentina col Tripartito.

L'Ambasciatore del Giappone nella conversazione avrebbe tentato di parlare dell'utilità dei rapporti nippo-argentini per gli sviluppi della politica economica in Oriente ma l'interlocutore ha subito risposto che non era il caso di parlare di tali problemi durante il periodo della guerra.

Confidenzialmente il Kase mi ha anche detto che nella conversazione di Buenos Aires il Ministro degli Esteri argentino aveva avuto espressioni cortesi per il Giappone e per l'Italia ma era sembrato meno ben disposto verso la Germania.

Mi ha detto pure Kase che l'Ambasciata giapponese a Buenos Aires sta preparando le misure opportune per l'eventualità di cui sopra. L'Ambasciatore giapponese a Buenos Aires ha informato della conversazione gli Incaricati d'Affari d'Italia e di Germania. La presente comunicazione viene fatta su istruzioni di Tokio O).

(l) 11 presente documento reca il visto di Mussolini.

505

IL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI (2)

L. (TRADUZIONE). [Quartier Generale del Fuhrer], 13 luglio 1943 (3).

Condivido pienamente il giudizio sulla situazione contenuto nel Vostro telescritto che mi è pervenuto il 13 luglio 1943 (4). La perdita della Sicilia

rappresenterebbe per il nemico la definitiva sicurezza per il transito attraverso il canale di Sicilia ed una base per l'ulteriore attacco contro il continente italiano.

Dopo l'inatteso rapido sfaldamento delle forze impiegate nella difesa costiera, le quali, come comunicatoVi tramite il generale von Rintelen, almeno in uno dei settori più importanti non hanno nemmeno accettato il combattimento, il compito principale [nell'attività] dell'aviazione deve essere, ancora più di quanto non sia stato finora, rivolto alla distruzione nella misura massima del tonnellaggio di naviglio nemico. Ciò può essere di importanza decisiva per l'ulteriore sviluppo dei combattimenti in Sicilia e per l'inizio di ulteriori operazioni di sbarco nel Mediterraneo. Malgrado tutte le difficoltà mi sono quindi deciso a continuare con la massima energia il potenziamento delle forze aeree germaniche in Italia -in luglio sono stati finora fatti affluire 220 apparecchi, ulteriori 250 apparecchi da bombardamento e da caccia affluiranno ancora, come previsto, entro la fine del mese -ed ho disposto inoltre un ulteriore potenziamento della 2a Luftflotte nella misura di un gruppo da caccia e sette gruppi. da bombardamento. Due dei gruppi da bombardamento nuovi assegnati sono reparti particolarmente attrezzati per l'azione contro obiettivi navali.

Per il rafforzamento nella lotta contro il nemico sbarcato ho in primo luogo disposto che la P divisione paracadutisti venga aviotrasportata in Sicilia e che la 29a divisione << Panzer-Grenadiere » venga trasferita nella zona di Reggio. Il reparto avanzato di questa divisione giunto già in quella zona viene messo a disposizione per l'impiego in Sicilia. Potrò consentire il trasferimento in Sicilia del grosso di tale divisione e di altre forze soltanto quando avrò la certezza che i rifornimenti per le truppe che combatteranno quindi in Sicilia saranno e rimarranno ineccepibilmente assicurati attraverso lo stretto di Messina. Allo scopo ho disposto un ulteriore rafforzamento dell'artiglieria contraerea. Per l'azione contro obiettivi navali è stato inoltre ordinato l'afflusso dalla Germania di due batterie antinave con relativo personale.

Altra premessa al riguardo è rappresentata da una sicura difesa di questa principale via per i rifornimenti mediante robuste formazioni da caccia. Allo scopo è necessario provvedere immediatamente alla costituzione in Calabria di una sufficiente organizzazione a terra.

Con ciò, Duce, tocco l'argomento decisivo, che anche in passato ha ripetutamente e gravemente pregiudicato l'impiego ed il rafforzamento dell'aviazione germanica in Italia, e precisamente la mancanza di un'organizzazione a terra sufficiente ed adatta e le insormontabili difficoltà che da parte italiana si sono opposte alla creazione di tale organizzazione. Si è in primo luogo sempre trattato di deficienza di lavoratori, oltre a ciò però anche lo scarso aiuto da parte di autorità italiane, [elementi questi] che hanno ostacolato un miglioramento di tale situazione e con ciò la possibilità di sfruttare integralmente il potenziale dell'aviazione germanica. Sono derivati persino dei gravi danni dal fatto che, a causa di tali deficienze, poste di lancio danneggiate dal nemico non hanno potuto venire riattivate nel minor tempo possibile e che mancavano le necessarie opere protettive per gli apparecchi dislocati a terra. Soltanto nelle tre ultime settimane in Sicilia e nell'Italia meridionale sono così andati distrutti

46 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. X

a seguito di attacchi aerei nemici sui campi oltre 320 apparecchi da caccia, dei quali almeno una preponderante aliquota avrebbe potuto essere impiegata contro il nemico.

Ho ordinato ora al Feldmaresciallo Kesselring di segnalare in particolare avvenimenti del genere a Voi ed a me.

Permettete che Vi preghi, Duce, di prendere immediatamente le opportune disposizioni, perché tali ostacoli siano eliminati ed inoltre perché anche le Vostre forze dislocate in Sicilia diano tutto fino all'ultimo per la difesa dell'isola, perché essa può essere tenuta soltanto attraverso alla lotta comune delle nostre truppe.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -In Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. (3) -Questa lettera fu consegnata a Mussolini da Kesselring la mattina del 15 luglio, vedi Stato Maggiore dell'Esercito -Ufficio Storico, Verbali delle riunioni tenute dal Capo di S. M. Generale, vol. IV, cit., p. 382. (4) -Vedi D. 499.
506

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AGLI AMBASCIATORI A SHANGHAI, TALIANI, E A TOKIO, INDELLI

T. 22314/206 (Shanghai) 561 (Tokio) P.R. Roma, 14 luglio 1943, ore 17.

(Solo per Tokio) Mio 550 (1).

Ho telegrafato a R. Ambasciatore Shanghai in data odierna quanto segue:

(Solo per Shanghai) Mio 201 (1).

(Per tutti) A seguito di quanto comunicato con telegramma in riferimento, potete far sapere a codesto Governo che, animato dal migliore spirito di amicizia e collaborazione, R. Governo ha deciso di compiere anche da parte sua per quel che riguarda diritti amministrativi concessione internazionale Shanghai un gesto analogo a quello testè effettuato dal Governo nipponico.

Vi autorizzo in conseguenza ad iniziare con Governo Nanchino negoziati per conclusione accordo al riguardo chiedendo in linea di massima stesse garanzie che sono state concesse al Governo di Tokio nell'accordo firmato a Nanchino il 30 giugno u.s.

Tenete presente nel corso dei negoziati che codesto Governo ha dichiarato di voler risolvere la questione con perfetta comprensione, chiedendoci pertanto il minimo possibile.

Come già Vi ho comunicato con telegramma in riferimento, quest'Ambasciata del Giappone ha assicurato che problema restituzione diritti amministrativi non ha alcun rapporto con quello dei diritti di extraterritorialità di cui godono e continueranno a godere i cittadini italiani in Cina e che collaborazione invocata nella circostanza si riferisce solamente a questione Settlement Shanghai lasciando completamente da parte questione Tientsin.

Telegrafate a suo tempo il testo dell'accordo per nostra approvazione.

Nell'iniziare negoziati fate presente a codesto Governo che siamo certi che esso apprezzerà nel suo giusto valore questo nuovo gesto di amicizia, gesto tanto più significativo in quanto non era nostra intenzione -ciò che non

abbiamo mai nascosto a Nanchino né a Tokio -accelerarne i tempi di esecuzione se non quando le circostanze generali della guerra sia asiatica che europea non lo avessero consentito.

Date notizia anche a codesto Ambasciatore del Giappone dell'inizio dei negoziati facendo rilevare il leale spirito di collaborazione che anima nostro nuovo gesto di rinunzia (1).

(l) Vedi D. 494.

507

L'ADDETTO ALL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, PIERANTONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. 4526/1130/114 R. Sussak, 14 luglio 1943, ore • . . (2) (per. ore 20,45 del 15).

Mio telegramma n. 1124/113 dell'll corr. (3).

Questo Comando è venuto ora a conoscenza che Mihailovich, in conseguenza sbarco anglo-americano in Sicilia, ha ordinato a tutti i capi cetnici di tenersi pronti per iniziare azione, dietro sue ulteriori istruzioni. Ordini particolari ha impartito a contadini e reparti genio per effettuare, sempre dietro sue ulteriori istruzioni, « preordinate distruzioni». Popolo jugoslavo è stato invitato accorrere nelle file cetniche.

A questo Comando si ritiene che tali ordini siano stati impartiti da generale jugoslavo sia per mostrare sua adesione a direttive di massima del suo governo nominale di Londra, sia per tenere effettivi pronti ad intervenire nella lotta aperta che dovesse divampare a poco a poco nei Balcani. Tuttavia si ha qui motivo di ritenere che atteggiamento Mihailovich nei nostri confronti non sia sostanzialmente mutato e che sua futura maggior attività continuerà ad essere -almeno in un primo tempo -principalmente in funzione anti partigiana ed anti tedesca (4).

508

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI (5)

T. S.N.D. PER CORRIERE 4531/0168 R. Berlino, 14 luglio 1943 {per. il 16).

Essendo von Ribbentrop -che travasi tuttora a Fuschl -costretto da alcuni giorni a letto per una bronchite, gli ho fatto sapere attraverso von Steengracht, col quale in questi giorni mi tengo in stretto collegamento per

(-4) Il presente documento reca 11 visto di Mussolini.

scambio notizie sulla situazione in Sicilia, constarmi che il Duce aveva diretto un lungo pressante telegramma al Fiihrer (l) per chiedere adeguati ed urgenti aiuti soprattutto di aerei, onde fronteggiare la situazione determinatasi in Sicilia a causa dell'ingente massa dell'aviazione avversaria.

Richiamandomi a quanto avevo avuto più volte occasione di fare presente precedentemente a von Ribbentrop circa la inderogabile necessità di tempestivi aiuti da parte tedesca per poter efficacemente bombardare l'ingente concentramento di forze avversarie sulle coste e nei porti africani -necessario preludio all'odierno sbarco -, non ho mancato di sottolineare che se il richiesto aiuto si fosse realizzato le cose avrebbero avuto un diverso andamento; ed ho illustrato come l'occupazione dell'intera Sicilia costituirebbe oltre tutto un grave pericolo anche per la Germania in quanto ciò aprirebbe altre possibilità all'avversario.

Ho pertanto richiesto a von Ribbentrop di svolgere sempre nel settore politico il suo più efficace interessamento presso il Fi.ihrer e nell'ambiente dei suoi diretti collaboratori affinché la Germania rendendosi finalmente conto delle affermazioni italiane che uno dei principali, se non il principale teatro della guerra, rimane sempre il Mediterraneo, si decida con provvedimento di carattere straordinario a fare quanto necessario per fronteggiare la situazione.

Analogo passo mi propongo di svolgere -sempre in via politica -presso il Maresciallo Milch che è qui a Berlino il più diretto collaboratore di Goering al quale praticamente sarà devoluto, nel campo tecnico, di stabilire le modalità ed i tempi dell'invio del richiesto aiuto (2).

(1) -Vedi D. 549. (2) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza.. (3) -Vedi D. 497. (5) -Ed. in D. ALFIERI, Due dittatori di fronte, cit., pp. 299-300.
509

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, AMBROSIO (3)

APPUNTO ( 4) . Roma, 14 luglio 1943 (5).

A quattro giorni di distanza dallo sbarco nemico in Sicilia, considero la situazione sommamente delicata, inquietante, ma non ancora del tutto compromessa. Si tratta di fare un primo «punto» della situazione e stabilire che cosa si deve e vuol fare.

La situazione è inquietante:

a) perché, dopo lo sbarco, la penetrazione in profondità è avvenuta con un ritmo più che veloce; b) perché il nemico dispone di una schiacciante superiorità aerea; c) perché dispone di truppe addestrate e specializzate (paracadutisti. aliantisti) ;

d) perché ha quasi incontrastato il dominio del mare; e) perché i suoi Stati Maggiori dimostrano decisione ed elasticità nel condurre la campagna.

Prima di decidere il da farsi, è assolutamente necessario -per valutare uomini e cose -di conoscere quanto è accaduto. È assolutamente necessario perché tutte le informazioni del nemico (il quale dice la verità quando vince) e persino passi ufficiali dell'alleato impongono un riesame di quanto è accaduto nelle prime giornate.

1° -Le divisioni costiere hanno resistito il tempo necessario; hanno dato, cioè, quello che si riteneva dovessero dare?

2° -La seconda linea, quella dei coside,tti capisaldi, ha resistito o è stata troppo rapidamente sommersa? Il nemico accusa perdite del tutto insignificanti, mentre ben 12 mila prigionieri sono già caduti nelle sue mani.

3° -Si può sapere che cosa è accaduto a Siracusa, dove il nemico ha trovato intatte le attrezzature del porto e ad Augusta, dove non fu organizzata alcuna resistenza degna di questo nome e si ebbe l'inganno noto di una rioccupazione di una base che non era ancora stata occupata dal nemico?

4° -La manovra delle tre divisioni Goering, Livorno, Napoli, fu condotta con la decisione indispensabile e un non meno indispensabile coordinamento? Che cosa è accaduto della Napoli e della Livorno?

5° -Dato che la direzione dell'attacco -logica -è lo Stretto, si è predisposta una qualsiasi difesa del medesimo?

6° -Dato che la « penetrazione » è ormai avvenuta, ci sono mezzi e volontà per costituire almeno un «fronte» siciliano, verso il Tirreno, così come fu in altre epoche contemplato e studiato?

7° -Le due divisioni superstiti Assietta e Aosta, hanno ancora un compito verso ovest e sono in grado di assolverlo?

.

8° -Si è fatto o si vuol fare qualche cosa per reprimere il caos militare, che si sta aggiungendo al caos civile determinato dai bombardamenti in tutta l'isola?

go -Nel caso previsto e prevedibile di uno sbarco e penetrazione, esiste un piano? 10° -La irregolarità e la miseria dei collegamenti, ha dato luogo a notizie false che hanno determinato una profonda depressione nel paese.

11o -Lo scadimento della disciplina formale e sostanziale delle truppe continua, con manifestazioni sempre più gravi, che rivelano la tendenza alla «capitolazione».

Concludendo, la situazione può ancora essere dominata purché ci siano, ')ltre i mezzi, un piano la volontà e la capacità di applicarlo. Il piano non può essere sinteticamente che questo: a) resistere a qualunque costo a terra; b) ostacolare i rifornimenti del nemico coll'impiego massiccio delle nostre forze di mare e di cielo.

(l) -Vedi D. 499. (2) -Il presente documento reca l'indicazione «visto dal Duce». (3) -In Archivio Centrale dello Stato, <<Carte della valigia di Benito Mussollni >>; ed. in Hitler e Mussolini: Lettere e documenti, cit., pp. 163-165. (4) -Minuta autografa. (5) -La data è stata apposta successivamente da Mussolini sulla cartella con la seguente nota: «Mia Nota del 14 luglio».
510

IL MINISTRO A ZAGABRIA, PETRUCCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 2373/872. Zagabria, 14 Zuglio 1943 (per. il 17J.

Ho avuto oggi il primo colloquio con il Ministro degli Esteri, Budak, in occasione della visita fattagli per la presentazione della copia delle Lettere di Accreditamento.

Il colloquio, che è durato più di un'ora, ha valso a stabilire subito tra di noi una corrente di simpatia, e credo anche di sincerità, sempre con le riserve che comportano l'ambiente e gli uomini di questo Paese.

Egli ha insistito su tre punti: 0 ) incrollabile ed assoluta volontà dei croati in genere e degli ustascia in particolare di difendere l'indipendenza della Croazia, auspice l'amicizia con l'Italia e nell'orbita dell'ordine nuovo da stabilire in Europa; 2°) necessità, oltre che convenienza, che italiani e croati procedano in pieno accordo, concretando coi fatti l'amicizia stabilita dai capi. Perciò ha invocato la massima sincerità al fine di allontanare gli ostacoli che si oppongono oggi o possono sorgere domani in ambo i campi. A questo punto si è scagliato contro gli irredentismi, inveendo sopratutto contro coloro che fanno dell'irredentismo una professione lucrativa. Sempre su questo argomento, si è molto !agnato della tradizionale cattiva nomea che godono i croati in Italia che, anche se spiegabile per l'opera di governo dell'ex Impero austro-ungarico, getta una luce poco simpatica sui croati di oggi; 3°) necessità di tener conto, nel giudicare l'attuale regime in Croazia, del fatto che il territorio croato forma esso stesso un fronte di battaglia, che le scissioni interne sono effetto della guerra e che il Partito Ustascia non può compiere la sua opera di pacificazione all'interno e di intesa all'estero, secondo i suoi interessi vitali. Ho risposto che da parte del Governo italiano non vi era minore desiderio di vedere i rapporti fra i due Paesi mantenuti in quella linea di stretta amtcizia e di cooperazione, e in quella atmosfera di unione che aveva presieduto alla nostra condotta passata nei riguardi del Poglavnik e del Partito Ustascia, e alla quale erano stati improntati i Patti di Roma del 1941. Gli ho detto che i primi e principali interessati all'indipendenza della Croazia devono essere i croati stessi, e che l'Italia aveva la piena coscienza del significato sia giuridico che morale della garanzia che aveva dato, che si concreta nell'intangibilità dell'oggetto garantito. In generale Budak va considerato, nel rango degli uomini politici, un essere sui generis un po' alla stregua degli intellettuali del nostro Risorgimento che alternavano la penna alla spada, le sedute nei cenacoli letterari a quelle nelle riunioni segrete dei cospiratori. Egli ha avuto spunti felici quando, ad esempio, ha esclamato, al fine di rafforzare le sue intenzioni rette e sincere: «ricordatevi che uomini della mia fede e della mia tempra possono facilmente cadere in disgrazia >>; oppure quando,

alludendo all'invadenza tedesca in Croazia, ha detto: ~La Germania non potrà mantenere tutto quello che oggi tiene in mano e dovrà pur rendersi conto che le necessità della guerra impongono oggi sacrifizi ai popoli, che i benefici della pace dovranno domani cancellare».

Al momento di !asciarlo, egli ha espresso l'augurio che risolveremo con franche e sincere spiegazioni tutte le difficoltà che possano turbare le linee della politica voluta dai due grandi Capi dell'Italia e della Croazia, e che questo fareiPo. in forma, oltre che amichevole, possibilmente ~ senza note verbali», perché la mia mentalità male si adatta alle strettoie delle formule diplomatiche.

Al principio del colloquio egli mi aveva fatto una lunga esposizione sulle sue idee circa il ~ serbismo », sulle funzioni della Croazia di baluardo contro l'Asia, e sul merito avuto in passato dai Croati in favore e contro il vecchio Impero asburgico. Una sua affermazione mi sembra degna di nota in tale campo e cioè che il Generale Nedic e gli altri uomini attuali di Belgrado non sono più sinceri e meno jugoslavofili di quelli del Governo jugoslavo di Londra; e gli uni e gli altri tenderebbero alla stessa finalità: il ritorno al passato.

Infine ha avuto parole di grande ammirazione per l'Esercito italiano e di vera comprensione dell'importanza della battaglia che ora si combatte in Sicilia (l).

511

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI (2)

L. P.R. 10782. Berlino, 14 luglio l943 (per. il 15).

Sfrondata dai suoi contorni episodici e polemici, la situazione Italia e Germania dopo lo sbarco avversario in Sicilia si può schematicamente riassumere, sulla base di una nuda realtà, nel modo seguente:

l) la Germania si trova impegnata totalmente nella sua partita con la Russia sovietica, contro la quale nutre ancora propositi offensivi di grande stile che le note esigenze attuali l'hanno costretta a differire al prossimo anno.

2) Nel frattempo essa si propone di risparmiare per quanto le è possibile le forze attuali e di prepararne delle nuove; e di evitare il più a lungo ogni eventuale attacco al territorio del Reich. Per questo essa considera i territori dei paesi alleati ed occupati, ad essa periferici, come dei bastioni della fortezza tedesca.

3) L'Italia viene appunto a costituire uno di questi bastioni. La potenza anglo-americana, scatenata su di essa, trova così uno sfogo e un'usura che altrimenti potrebbero minacciare regioni più direttamente collegate col territorio tedesco.

4) Mentre la Germania non può impegnarsi a fondo contro gli angloamericani in Italia perché vuoi riservare il suo sforzo principale contro la Russia e perché non ha finora le forze necessarie, si direbbe che essa intenda per contro alimentare la eroica resistenza italiana con limitate concessioni di mezzi che, sia per la esigua quantità con cui vengono messi a disposizione, sia per il momento sempre tardivo dell'invio, non permetteranno una ripresa controffensiva che valga a capovolgere o quanto meno a validamente fronteggiare la situazione.

Le deduzioni che se ne possono trarre sono chiare ed intuitive; né pertanto mette conto di indugiarsi ad illustrarle. Ma in relazione a tali deduzioni balzano subito due osservazioni:

l) viene a ripresentarsi, con drammatica attualità, il quesito che ho Iumeggiato in alcuni miei precedenti rapporti: fino a quando l'Italia, stremata di forze e attaccata da tutte le parti, potrà accompagnare e seguire l'alleata Germania nel suo cammino di resistenza che, come più sopra accennato, si delinea assai prolungato nel tempo?

L'Italia anche in questa occasione dimostra -e qui tutti lo riconoscono esplicitamente -una forza di sacrificio ed una capacità di resistenza veramente ammirevoli. Ma nella guerra, ed in una guerra come l'attuale, il più eroico sacrificio ha dei limiti umani; e comunque al di là di un certo limite un tale sacrificio non è più produttivo.

2) In questi circoli politici e militari, persone serie si domandano come mai i due Capi -malauguratamente separati da una distanza che supera i duemila chilometri -non si accordino in una comune linea di condotta, e non stabiliscano un comune piano d'azione che tenga conto delle inderogabili attuali necessità e dei futuri svilupupi non solo nel settore militare, ma anche in quello politico (1).

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussollnl. (2) -Ed., con la soppressione di due frasi, in D. ALFIERI, Due dittatori di fronte, clt., pp. 298-299.
512

L'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

T. P. S.N.D. 4486/883-884-885 R. Madrid, 15 luglio 1943, ore 1,45 (per. ore 8,20).

È venuto oggi a trovarmi questo Ambasciatore di Germania con il quale ho avuto un lungo colloquio.

Avendomi egli chiesto quali erano le impressioni del Duce sul corso della guerra, ho creduto opportuno prospettargli quadro situazione -quale è risultato nella conversazione da noi avuta con il Duce il 10 corrente -esponendogli le tre possibilità esistenti per soluzione favorevole conflitto. Dieckhoff da parte sua si è dichiarato pienamente d'accordo e, a titolo strettamente personale

e confidenziale, mi ha detto riteneva del tutto indispensabile un immediato incontro fra Duce e Ftihrer onde vengano esercitate su quest'ultimo le più forti ed efficaci pressioni affinché agisca rapidamente per l'attuazione delle tre possibilità di cui sopra da mettersi in moto contemporaneamente e non successivamente. Dieckhoff ritiene che la prima soluzione, la quale ci consentirebbe di manovrare tutte le forze cattoliche del mondo, sia la migliore.

A questo proposito egli mi ha detto che i successi conseguiti in Sicilia dai nostri nemici hanno avuto una grande ripercussione in Spagna in quanto confermano la convinzione di una sicura vittoria degli Alleati, diffusa dalla formidabile propaganda anglo-americana.

Ho prospettato a· Dieckhoff l'assoluta necessità concentrare tutti i mezzi dell'Asse per stroncare inizio occupazione Sicilia che anche egli considera come premessa per immancabile tentativo occupazione dell'Italia continentale, cui inevitabilmente seguirebbe dilagamento nei Balcani. La Germania -ho aggiunto -dovrebbe comprendere che è comune interesse di non immobilizzare in questi momenti parte delle sue forze aeree per bombardare territorio britannico, bensì di adoperarle molto più utilmente in Sicilia dove oggi meglio si può colpire -più utilmente che non a Londra -il cuore degli inglesi e degli americani.

Dieckhoff mi ha detto di rendersi perfettamente cOIIlto che un eventuale successo militare dei nostri nemici in Italia avrebbe importanza capitale, infinitamente più grande che non un successo in qualsiasi zona occupata dell'Europa, in quanto ripercussione politica sarebbe talmente grande da moltiplicare per mille le difficoltà che l'Asse deve affrontare per mantenere sue posizioni nei territori occupati.

Dieckhoff mi ha chiesto se poteva riferire a Berlino conversazione con me avuta. Naturalmente gli ho risposto che non avevo nulla in contrario.

Ti prego vivissimamente di considerare quanto ha detto Dieckhoff come assolutamente segreto per non metterlo eventualmente in una situazione molto imbarazzante col suo Governo (1).

(l) Il presente documento reca il visto di Mussolini.

513

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

T. PER CORRIERE 4543/0169 R. Berlino, 15 luglio 1943 (per. il 16).

La presente comunicazione si riferisce alla nota situazione dell'Alto Commissariato in Alto Adige.

Questo Sottosegretario agli Esteri von Steengracht, durante una recente lunga conversazione, mi ha dato precise notizie, che sono il risultato di una inchiesta affidata ad un suo collaboratore di fiducia da lui espressamente inviato a Bolzano.

II posto dell'Alto Commissario è stato abolito secondo le assicurazioni dateml il 18 maggio u.s. (1). Tutti gli impianti costituiti per questo Ufficio, come cancellerie, insegne, ecc., non esistono più. Le funzioni del Consolato Generale tedesco sono state assunte, secondo le disposizioni date, dal Console Generale Strohm.

Von Steengracht mi ha inoltre confermato che viene continuato lo scioglimento degli uffici tedeschi per il trasferimento degli alto-atesini. Fino al 1° aprile tutto il personale era stato diminuito di circa il 50 %. dal 1° aprile al 1° luglio 1943 di un ulteriore 10 %. Contemporaneamente sono stati lasciati liberi vari edifici adibiti ad uffici: così al l o luglio sono stati sgomberati cinque alberghi a Bolzano, Merano, Vipiteno e Bressanone, fino allora occupati da uffici tedeschi. Una notevole facilitazione per la riduzione che si intende ancora apportare al personale, potrebbe attenersi se le opzioni finora presentate venissero considerate definitive e in avvenire non si accogliessero né cambiamenti né invertimenti di opzioni.

Su ciò gradirei avere notizie ed istruzioni.

Steengracht ha osservato che l'Ufficio attualmente più numeroso è la Commissione per la tassazione dei valori, che comprende 428 collaboratori tedeschi e 700 italiani. Poiché da parte italiana si tiene a che questa Commissione continui a svolgere la sua attività, da parte tedesca -tenuto conto di questo desiderio -non può venir ridotto il numero dei collaboratori facenti parte della Commissione, potendo questa lavorare soltanto se ai componenti italiani corrispondono i relativi componenti tedeschi. Una riduzione dei membri tedeschi della Commissione dovrebbe· avere come premessa una corrispondente riduzioiile dei membri italiani. Sarebbe quindi necessariq giungere anzitutto ad un accordo su tale questione. Nel caso di una maggiore riduzione di personale della Commissione di tassazione sarebbe inevitabile una limitazione dei compiti che essa ha da svolgere e che sono stati finora portati ad esecuzione per il 50% circa.

A proposito dell'Ufficio del Generale Brunner, von Steengracht ha notato che il Generale Brunner ha la sua sede ufficiale a Salisburgo e non nel territorio a cui si riferisce l'accordo; e che egli si reca solamente ogni tanto per pochi giorni al suo ufficio di Bolzano, che è composto di un funzionario di medio grado e di tre impiegati ausiliari. L'Ufficio del Generale Brunner lavora in istretto contatto con gli altri uffici tedeschi adibiti al trasferimento degli altoatesini, e ciò sopratutto nel campo delle questioni di polizia, che esso regola d'intesa con le competenti autorità italiane, contribuendo in tal modo a far sì che le questioni sorgenti tra gli optanti e le locali autorità italiane vengano risolte senza attriti.

Il Console Generale tedesco a Bolzano, sig. Strohm, ha nel frattempo preso contatto con le autorità locali italiane. Egli funge da consigliere degli uffici tedeschi per il trasferimento degli alto-atesini e si preoccupa di curare e favorire in ogni modo la buona collaborazione tra le autorità tedesche e quelle italiane.

(l) Il presente documento reca il visto di Mussolini.

(l) Vedi D. 330.

514

IL VICE DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, A. ROSSI LONGHI, AL MINISTRO A LISBONA, PRUNAS

TELESPR. S. 13/15951. Roma, 15 luglio 1943.

In relazione a voci di sondaggi che verrebbero effettuati dall'Ungheria in paesi neutrali, per cercare di ottenere delle assicurazioni da parte delle Potenze anglosassoni, è stato riferito da fonte confidenziale che la persona più adatta a trattare, in tal senso, in Portogallo, per conto del Governo ungherese, è il Ministro Barone Wodianer. Si è aggiunto che il Wodianer ha fama di abile diplomatico e viene giudicato elemento di sicura discrezione, essendo uomo di tendenze di sinistra, di sentimenti anti-fascisti e anti-asse.

Nel segnalare quanto precede, si prega codesta R. Legazione di voler riferire le notizie che riuscisse ad ottenere circa le eventuali attività del Barone Wodianer nel senso anzidetto, come pure -in via generale -ogni utile informazione sui sondaggi ungheresi di cui trattasi.

515

IL VICE DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, A. ROSSI LONGHI, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA

TELESPR. U. S. 13/15952. Roma, 15 luglio 1943.

In relazione a voci di sondaggi che verrebbero effettuati dall'Ungheria in paesi neutrali per cercare di ottenere delle assicurazioni da parte delle Potenze anglo-sassoni è stato riferito da fonte confidenziale che il centro di tale azione sarebbe la Turchia, aggiungendo quanto segue:

«Il Governo ungherese ha provveduto recentemente a sostituire il Console Generale ad Istanbul Mihalkovich, dopo soli otto mesi dal suo arrivo in sede, con il Signor Ujvari proveniente dalla Direzione Politica del Ministero degli Esteri. L'Ujvari è considerato persona intelligente e capace. Egli sarebbe stato inviato ad Istanbul per fare da contraltare al Ministro di Ungheria ad Ankara Wornle, qui ritenuto persona troppo ligia alla Germania. A fiancheggiare il Signor Ujvari, per incarico del Ministro Ullein Revickzy, è stato inviato recentemente a Costantinopoli il giornalista Simonffy in qualità di corrispondente del Pester Lloyd e di agente della Magyar Tavirat !roda. In pratica egli agirebbe per conto di Ullein Reviczky che, come è noto, ha amicizie e parentele in Levante ed è uno dei patrocinatori di questa politica di sganciamento.

Sempre ad Istanbul si trova un altro giornalista, il Signor Frey del Magyar Nemzet, diffusissimo giornale liberale, apertamente ostile alla Germania. La presenza a Costantinopoli del Frey, che è uomo pieno di risorse e stimato gior

nalista, è sintomatica. Data la censura vigente qui la sua attività, di corrispondente estero sulle colonne del Magyar Nem.zet, non potrebbe essere che limitata e quindi non sufficiente a giustificare le spese se non si fosse invece indotti a pensare che il Frey sia incaricato da questi ambienti liberali e democratici di stabilire, "utili" contatti. Infatti, mi viene confermato che il Frey è stato inviato dietro suggerimento di Bethlen. Dettaglio interessante: il Frey è buon amico del barone Kornfeld, ricco ebreo battezzato, di sentimenti legittimisti ». A tale lista va aggiunto quel Prof. Vali di cui a precedente corrispondenza (1). Nel segnalare quanto precede si prega codesta R. Ambasciata di voler riferire ogni utile notizia che riuscisse ad ottenere circa l'azione ungherese di cui trattasi.

516

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 16 luglio 1943.

Il rapporto di Alfieri giunto oggi (2) ha portato il riflesso diretto di quella che, secondo la Germania, dovrebbe essere la funzione dell'Italia nella fase attuale della guerra. La segnalazione di Alfieri non è nuova per noi, poiché da qualche tempo avevamo acquisito la certezza che la «fortezza europea» era praticamente limitata ai confini del Grande Reich e che l'Italia, come gli altri Paesi situati fuori della cintura germanica, era destinata a costituire un primo baluardo contro il quale doveva esercitarsi -con il massimo logorio di forze -il primo urto nemico.

È anche esatto che la Germania intenda riservare il nerbo delle proprie forze a due soli obiettivi, quello del fronte orientale e quello della difesa del Grande Reich, contribuendo quindi alle necess,ità militari dei bastioni avanzati europei solo con quel minimo di forze necessarie per alimentarne la resistenza, in una guerra che in essi assume una pura funzione ritardatrice.

La politica militare tedesca continua a essere dominata dal fattore orientale, e non si è mai riusciti, nonostante gli sforzi incessanti che Voi, Duce, avete compiuto, a far intendere alla Germania l'importanza vitale del settore mediterraneo nella economia generale della guerra dell'Asse.

La dimostrazione della incomprensione tedesca sulla fondamentale importanza della lotta nel Mediterraneo può senz'altro essere ricercata fin dal momento della nostra entrata in guerra attraverso le diverse concezioni strategiche e politiche della guerra comune che hanno sempre determinato una distribuzione del materiale e del potenziale bellico a nostro deciso svantaggio.

L'insufficiente apporto germanico durante tutto il decorso della guerra, che è apparso in tutta la sua crudezza ogni volta che le sorti decisive di una battaglia si sono risolte a nostro sfavore in conseguenza della netta dnferiorità dei mezzi di fronte al nemico, è ormai oggetto di recriminazioni, tali da non escludere perfino l'ingenerarsi di una crisi di sfiducia che potrebbe riuscire estremamente pregiudizievole, se non Latale, all'intero corso della nostra guerra.

Il telegramma diretto al Fiihrer, che ho l'onore di sottoporvi (l), contiene perciò tutti gli elementi di una situazione che è bene sia da Voi portata a conoscenza del Governo tedesco, anche agli effetti di ogni possibile sviluppo degli avvenimenti.

ALLEGATO

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER

PROGETTO DI TELEGRAMMA. Roma, ... (2).

La situazione militare nella quale in questo momento si trova l'Italia vi è nota. Noi stiamo sostenendo l'urto di tutte le forze e le risorse che l'Inghilterra e gli Stati Uniti hanno potuto concentrare nel Mediterraneo durante lunghi mesi, durante anzi tutto il periodo della guerra. Le forze avversarie •sono, come sapete, in continuo aumento. Il nemico esercita la sua pressione sempre più pesante in mare, nell'aria e sul fronte di Sicilia. Il popolo italiano è fermamente deciso a resistere e ne è prova il mirabile contegno delle popolazioni civili nelle zone incessantemente bombardate.

I nostri insuccessi militari sono dovuti esclusivamente alla mancanza di mezzi adeguati. Il nostro armamento che già, al momento della entrata in guerra, era scarso, è andato sempre più risentendo delle perdite e del logoramento subito, dato che non abbiamo avuto mai la possibilità di reintegrare il nostro materiale e tanto meno di completarlo. Non ho bisogno di illustrarvi questo stato di cose che a Voi è ben noto e che risulta anche da diverse richieste -pur contenute in termini accettabili che abbiamo ripetutamente fatte al vostro comando per colmare le deficienze militari. [Esse consistono tanto] in materie prime quanto in armi e in attrezzature ma sopratutto in aeroplani che se fossero stati presenti in massa al primo momento della battaglia di Sicilia avrebbero reso possibile di ricacciare in mare gli invasori con perdite così gravi alla propria flotta mercantile e da guerra, ed al proprio naviglio di sbarco, da influenzare perfino le future operazioni del nemico.

Vi prego, Fiihrer, di esaminare con tutta l'urgenza, resa necessaria dalla situazione che non consente indugi, la possibilità di accogliere integralmente le richieste presentatevi, che costituiscono il minimo indispensabile del fabbisogno attuale.

Tutto ciò è necessario, non solo dal punto di vista tecnico, ma perché il Paese e l'esercito abbiano la sensazione immediata che si sta riparando a una disparità di armamento che non può essere compensata da nessun eroico sacrificio.

Confido fermamente nella Vostra comprensione. Il popolo italiano sa che la battaglia di Sicilia ha aperto una fase decisiva della guerra comune e che è in gioco colà, in ogni modo, la sicurezza del Paese. È pertanto necessario che esso sappia anche che le forze armate italiane dispongono dei mezzi sufficienti per respingere l'invasore dal suolo della Patria, facendo fronte a un nemico che si è impegnato per combatterci militarmente a fondo.

(l) -Vedi DD. 268 e 350. (2) -Vedi D. 511, che era però giunto a Roma il 15 luglio. Ma questo appunto è stato evi· dentemente preparato la sera del 15, poiché, come riferisce Ortona (Il 1943 da Palazzo Chigi: Note di diario, cit., p. 1123), è stato da Bastianini portato a Mussolini la mattina del 16. (l) -Vedi allegato. (2) -Questo telegramma non fu spedito.
517

IL COMANDO SUPREMO AL MINISTERO DEGLI ESTERI

PROMEMORIA S. (l). Roma, 16 luglio 1943.

In tutti i rapporti tra Comando Supremo ed O.K.W., il Comando Supremo ha sempre teso ad interessare la parte germanica alla guerra in Mediterraneo dimostrandone l'importanza decisiva perché rivolta contro il nemico principale dell'Asse.

I risultati ottenuti sono sempre stati minimi: O.K.W. è sempre apparso polarizzato ai problemi continentali ed in particolare al fronte russo. Ciò risulta dalle conversazioni svolte e dal carteggio frequentemente scambiato: se necessario si potrà farne lo stralcio (piuttosto laborioso: richiede tempo).

In particolare l'incomprensione germanica alla guerra mediterranea ed africana si è palesata nelle seguenti circostanze:

-sin dal 1940 sono stati richiesti mezzi corazzati per dotarne le nostre truppe in Libia, non attrezzate per rapide offensive contro le forze inglesi in Egitto: i mezzi richiesti non furono concessi;

-il Comando Supremo italiano affrontò, malgrado la scarsa potenzialità industriale italiana, la preparazione dello sbarco a Malta per risolvere a nostro favore il problema del Mediterraneo e dei trasporti con l'Africa: lento e minimo fu l'apporto di mezzi germanici; la spedizione era quasi pronta nella primavera 1942: mancava la concessione, già di massima convenuta, di talune forze paracadutiste ed aeree germaniche. Nei colloqui di Salisburgo (primavera '42) (2) il Comando Supremo italiano sostenne la convenienza di effettuare l'operazione di Malta, per potere poi con sicurezza e con sufficiente alimentazione impegnarsi a fondo in Egitto. La parte germanica non condivise tale tesi e negando l'apporto richiesto impedì l'effettuazione dell'impresa di Malta, sottovalutando, al solito, il problema del Mediterraneo e sostenendo la possibilità di operare a fondo in Egitto senza essersi prima assicurati la libertà di traffico con l'Africa;

-né gli aerei occorrenti per acquistare in Mediterraneo un sufficiente dominio, tale da rendere tollerabili le perdite nei trasporti marittimi tra Italia ed Africa, furono mai concessi;

«Dati sintetici per contestare alla Germania:

l) L'Italia ha sempre rlpetutamente attirato l'attenzione della Germania sull'aggravarsi

della situazione mllitare nel bacino del Mediterraneo, specie di fronte all'accrescimento delle

forze nemiche ed al proposltl offensivi dell'avversarlo (riferimento a relazioni, verbali di con

vegni, messaggi del Duce, ecc J.

2) Quall richieste di materiall e di truppe sono state fatte dal Comando Supremo (ed

eventualmente dal Duce) e quale evasione vi ha dato la Germania (citare riferimenti).

3) Quall promesse la Germania abbia fatto in occasione del vari convegni ltalo-germanici

e quall non abbia mantenuto e quali abbia solo parzialmente mantenuto.

4) Malta».

Un'annotazione sul documento dice: "Inviato al Duce insieme al promemoria», che è 11

documento pubbllcato al numero precedente.

-tale insufficienza di aerei rimane fattore determinante di tutte le successive operazioni in Mediterraneo: ha permesso al nemico di prevalere sulle nostre truppe ad El Alamein, ha sopratutto impedito di alimentare le operazioni in Africa Settentrionale, permettendo la graduale distruzione della nostra flotta mercantile e del naviglio da guerra impiegato per la scorta ai traffici; ha permesso al nemico gli sbarchi nel Nord Africa francese ed ha condotto all'attuale assoluto predominio aereo del nemico.

Si ricordano qui, nei particolari, le principald richieste, quasi tutte inevase, rivolte alla parte germanica dall'autunno scorso.

-27 ottobre 1942. In conseguenza della ritirata di El Alamei'n il Capo di Stato Maggiore Generale richiese verbalmente al Maresciallo Kesselring, a nome del Duce, rinforzi aerei per l'Africa settentrionale. La richiesta rimase inevasa.

-11 novembre 1942. Richiesta verbale del Capo di Stato Maggiore Generale al generale Rintelen per invio in Africa settentrionale di rinforzi aerei per arrestare l'avanzata nemica nel Nord Africa francese. La richiesta r~imase inevasa.

-17 novembre 1942. Durante la resistenza sulla linea El Agheila-Marada, richiesta scritta del Capo di Stato Maggiore Generale al Maresciallo Kesselring di 300-400 velivoli. Nessun seguito.

-19 novembre 1942. Con lettera del Duce al Fiihrer (l) furono chiesti rinforzi aerei per avere, in Libia, uno schieramento di forze almeno uguale a quello avanzato avversario. Richiesta inevasa.

-28 novembre 1942. In conseguenza del delinearsi della minaccia di sbarchi nemici in territorio italiano e nella penisola balcanica, il Capo di Stato Maggiore Generale presentò un promemoria all'Ufficio del Generale germanico sul fabbisogno di armi e materiali per potenziare le nostre unità mobili e la difesa costiera. Tale fabbisogno comprendeva: carri armati n. 750; cannoni n. 2250; autocarri n. 4400; radiolocalizzatori n. 300.

La parte germanica rispose di « non potere aderire nel prossimo futuro alle richieste italiane perché assai impegnata per le esigenze del fronte est e di quello africano » ed espresse il « parere che il nemico per il prossimo tempo non potrà disporre né di forze né di tonnellaggio sufficienti per riprendere con speranza di successo un attacco in grande stile contro la penisola italiana e neppure contro le isole di Sicilia, Sardegna e Corsica le quali sono alquanto fortificate». Riteneva opportuno piuttosto «il rinforzo della Morea, di Candia e delle isole italiane dell'Egeo» e invitava a precisare il fabbisogno per la loro difesa e, subordinatamente, per quella delle tre isole italiane e della Francia metropolitana. Escludeva in modo assoluto la possibilità di fornire carri armati ed autocarri.

-18 dicembre 1942 (l). Nel colloquio presso O.K.W. il Capo di Stato Maggiore Generale richiese al Maresciallo Goering 500 aerei. Richiesta inevasa.

-2 gennaio 1943. Venne rappresentato all"O.K.W., tramite generale Rintelen, il fabbisogno di armi e materiali della Marea, Creta, isole italiane dell'Egeo e per le isole italiane del Tirreno. La parte germanica aderì in buona parte a tale richiesta ridotta la quale però rappresentava una modesta aliquota rispetto al fabbisogno per il territorio e la Balcania e non considerava né autocarri né carri armati di cui si lamentava grave deficienza. Si riportano i quantitativi:

artiglierie: richiesti 1094, concessi e giunti entro il mese di maggio 940;

mine anticarro: richiesti 750.000, concessi e giunti entro il mese di maggio 750.000.

Febbraio 1943. A seguito colloqui col generale Warlimont venne presentata una nuova richiesta sulla base delle maggiori necessità derivanti dalla situazione in via di successivo peggioramento. Tale richiesta riguardava il fabbisogno di tutte e tre le forze armate: per l'Esercito si rinnovava la richiesta già fatta e non ancora evasa del reale fabbisogno per l'Italia e Balcania; per la Marina si richiedevano essenzialmente l'aumento dei sommergibili in Mediterraneo e l'assegnazione straordinaria di 30 mila tonnellate di nafta per le unità da guerra vuote nonché l'assegnazione mensile suppletiva di 20 mila tonnellate per costituire una riserva operativa; per l'Aeronautica si richiedevano nuovamente i 500 aerei e l'assegnazione suppletiva di 10 mila tonnellate mensili di carburante.

La richiesta rimase del tutto inevasa. La parte germanica provvide soltanto al normale invio degli aerei occorrenti per integrare le unità del II C.A.T.

-25 marzo 1943. Durante la battaglia in Tunisia, con lettera diretta al Flihrer (2) il Duce richiese l'invio di almeno 500 aerei da caccia e da bombardamento. Precisò che qualora non fossero disponibili gli equipaggi l'aeronautica italiana avrebbe potuto provvedere al ritiro e all'impiego di 300 aerei delle due specialità. Chiarì che le gravissime perdite subite dalla nostra marina in quei giorni imponevano il rafforzamento dell'aviazione affinché non accadesse come ad El Alamein dove la battaglia, prima che sulla terra, fu perduta sul mare. La richiesta non ebbe seguito.

-5 aprile 1943. Venne nuovamente segnalata la necessità di attuare d'urgenza i provvedimenti indispensabili per la difesa della Madrepatria, della Grecia e dell'Egeo, con particolare riguardo alle tre maggiori isole italiane. Durante i colloqui di Klessheim (3) vennero pertanto rinnovate le richieste precedentemente inoltrate e mai soddisfatte. Per quanto riguarda l'Esercito,

esse contemplavano i seguenti quantitativi: carri armati n. 1250; cannoni

n. 2100; autocarri n. 7400; radiolocalizzatori n. 270; mine anticarro 1.500. La parte germanica: rispose di non avere disponibilità di carri armati, di autocarri e di radiolocalizzatori; promise di esaminare la possibilità di cede,re nafta della Rumenia qualora potessero essere aumentate le esportazioni da quel paese; concordò la cessione di un centinaio di apparecchi da impiegare con equipaggi italiani.

-30 aprile 1943. Con lettera al Fiihrer il Duce (l) ribadì che «come più volte rappresentato, se non si riesce a controbilanciare la schiacciante superiorità aerea nemica non è più possibile fare arrivare in Tunisia né una nave da guerra o da trasporto né un aereo, il che significa perdere la Tunisia senza nulla salvare. La questione è di un'urgenza assoluta. Le truppe in Tunisia si battono magnificamente, come lo stesso nemico è costretto ad ammettere, ma se non ci sarà posssibile rifornirle, il loro destino è segnato». Ad evasione delle richieste di marzo e di aprile, la parte germanica inviò circa 500 aerei per il completament-o del II C.A.T., di cui circa 350 per ripianare le perdite subite in Tunisia: poco di più, cioè, di quanto occorrente per ricostituire le unità provate.

-12 maggio 1943. A seguito di colloqui intercorsi la parte germanica offrì e costituì tre divisioni in Italia: una per la Sicilia, una per la Sardegna e una per le Puglie. Si accettò l'offerta e si richiesero inoltre: trenta squadriglie da caccia e venti da bombardamento, cinquanta batterie contraeree da 88, sei battaglioni carri, minimo indispensabile per mettere a punto la difesa delle isole. O.K.W. rispose che avrebbe assegnato carri armati alle divisioni germaniche di Sicilia e Sardegna; nulla quindi alle unità italiane. In fatto di aerei non fece che ripianare le perdite delle unità germaniche in Italia, senza apportare variazione alcuna alla situazione in Mediterraneo.

-19 giugno 1943. Considerato che nessuna concessione era stata fatta alla richiesta dell'aprile mentre, in previsione di imminenti tentativi di sbarchi nemici, si rendevano indispensabili provvedimenti eccezionali da attuare con la massima urgenza per la difesa delle grandi isole e della penisola italiana, si rappresentarono ad O.K.W. (tramite generale Rintelen) i quantitativi di unità organiche, armi e materiali occorrenti a tale scopo. Si riportano i dati più importanti. Esercito: cannoni n. 2100; armi da 37 e da 20 n. 1000; battaglioni carri n. 17; gruppi artiglieria n. 88; apparati radio n. 1000; mine anticarro n. 2.500. Marina: nafta nel quantitativo massimo possibile. Aeronautica: 2000 velivoli per arginare la schiacciante superiorità avversaria senza di che non è possibile condurre una battaglia difensiva; 10 mila tonnellate suppletive di carburante al mese; motori n. 250; radiolocalizzatori n. 210. In risposta l'O.K.W.: richiamò l'attenzione sul contributo straordinario già dato dalle forze armate germaniche all'Italia; fece presente che «l'aiuto richiesto

47 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. X

giungerebbe in ritardo per le operazioni che evidentemente saranno imminenti l>; si riservò di esaminare le richieste e nell'ambito del possibile, di aderirvi.

-12 luglio 1943. Venne presentata un'ulteriore richiesta di aerei (annessa in copia) (l) di cui non si conosce ancora l'esito.

In sostanza le principali richieste italiane hanno consistito:

-in aerei per equilibrare il continuamente crescente potenziale aereo nemico in Mediterraneo: piccole quantità erano sufficienti in passato quando la sponda africana era in nostre mani; notevoli invece le cifre ora occorrenti: né allora né ora sono state soddisfatte le nostre richieste;

-in armi (carri armati, autocarri e materiali) per migliorare l'armamento delle nostre divisioni e fortificare le coste al fine di assicurare la «copertura » costiera dello scacchiere italiano nella previsione che, in caso di apertura di secondo fronte terrestre in Italia, dietro tale copertura sarebbero affluite le riserve dell'Asse. Poche sono state le concessioni di armi e materiali per la fortificazione costiera; nulla è stato dato per l'armamento delle divisioni. Soltanto di recente, di fronte all'urgenza del pericolo, hanno cominciato ad affluire alcune divisioni germaniche;

-in generale nel tendere ad ottenere dall'alleato una più esatta valutazione dell'importanza della guerra mediterranea, ove l'Italia non può da sola sostenere lo sforzo riunito degli anglosassoni: da ultimo nei colloqui di Klessheim dell'aprile 1943 il Comando Supremo (e il Duce personalmente) sostennero la convenienza per l'Asse di non impegnarsi alla fronte orientale -ove non erano prevedibili rapidi successi decisivi -ma di conservare disponibili le proprie riserve per battere gli Alleati ovunque tentassero di aprire il secondo fronte: la Germania invece, proprio quando i segni di un imponente sbarco in Italia erano chiarissimi, ha preso nuovamente l'iniziativa di imoegnarsl alla fronte russa.

(l) Questo promemoria era stato richiesto tramite Giurlati, che era 11 funzionarlo addetto al collegamento con il Comando Supremo, la sera del 15 lugllo. Sulla richiesta ricevuta, come risulta da una annotazione marginale, Giurlatl fece il seguente appunto:

(2) Vedi serie nona, vol. VIII, DD. 493 e 495.

(l) Vedi serie nona, vol. IX, D. 325.

(l) -Vedi serie nona, vol. IX, DD. 421 e 422. (2) -Vedi D. 159. (3) -Vedi DD. 203 e 210.

(l) Vedi D. 276.

518

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER TELESCR. 4536/1153 R. Berlino, 16 luglio 1943, ore 14,30.

Telegramma per corriere della R. Ambasciata n. 163 (2). L'offensiva germanica nel settore di Kursk è praticamente arenata. Già da qualche giorno Alto Comando tedesco, di fronte tenace resistenza avversa

ria e usura ritenuta eccessiva di mezzi corazzati, era stato costretto a segnare un tempo di arresto nelle operazioni.

Mentre le unità germaniche, duramente provate, stavano riordinandosi sulle linee raggiunte in vista di ulteriore sbalzo offensivo l'iniziativa delle operazioni è stata improvvisamente presa dall'avversario il quale attaccando nel settore di Sukiniki è riuscito ad aprire nelle linee tedesche una breccia di 40 chilometri e profonda all'incirca 45. Obiettivo dell'azione, oltre ad alleviare la pressione su Kursk, sembra essere la conquista di Orel e la eliminazione del saliente omonimo.

In questi ambienti militari viene rilevato come le operazioni in corso, dato il campo ristretto su cui si svolgono e l'enorme concentrazione di mezzi necessari, sono caratterizzate sopratutto da una intensa usura di materiali e perdita di uomini oltremodo gravose per ambedue le parti (1).

(l) -Vedl D. 499. (2) -Vedi D. 492.
519

IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. U. S.N.D. 4545/306 R. Kabul, 16 luglio 1943, ore 17 (per. ore 21).

Miei telegrammi 267-272 (2):

Nel periodo trascorso dal 16 giugno, secondo quanto mi ha detto questo Ministro degli Affari Esteri, passi inglesi e russi si sono succeduti senza interruzione ed in forma sempre più insistente; perciò Governo afgano, che fino ad oggi ha tenuto cosa segreta, sta considerando opportunità fare comunicazioni in proposito al Parlamento Nazionale in occasione apertura della sessione nella prossima settimana.

Ritengo non solo opportuno ma necessario (dico necessario) che prima di quella data noi comunichiamo al Governo afgano nostra risposta circa richiesta allontanamento alcune persone delle nostre Legazioni. La stessa non è grande Assemblea ma solo riunione dei deputati scelti dal Governo. Se nostra risposta non sarà pervenuta Governo afgano, se non è completamente in buona fede, oppure agenti inglesi oppure ambedue possono approfittarne per spargere voce che noi cerchiamo guastare rapporti fra Afganistan e suoi vicini per provocare conflitto a scopo diversivo. Ciò farebbe su opinione pubblica afgana pessima impressione che (a meno che non sia quello che desideriamo ma in tal caso occorrerebbe agire altrimenti) bisogna evitare sia per il presente, sia ancora più per l'avvenire.

Se quanto Governo afgano ci ha comunicato circa recenti passi anglo-russi è esatto (e non ho ragione per ora di dubitarne debbo dedurne che ritardo

opposto da governo afgano ad entrare in trattative concrete sull'argomento con gli inglesi e i russi ha peggiorato situazione tanto che dubito oggi se essi si contenterebbero allontanamento solamente persone già richieste. Nel loro ultimo passo inglesi e russi hanno «fortemente consigliato» Governo afgano ridurre personale Legazioni Tripartito a Ministro e un altro funzionario: temo quindi che ulteriore ritardo servirà soltanto rendere situazione ancora più difficile.

Aggiungo che, apprezzamento generale nostra situazione essendo considerevolmente peggiorata in questi ultimi giorni, c'è sempre meno da contare su resistenza Governo o opinione pubblica: quindi corriamo sempre più rischi che quello che oggi ci è richiesto come gesto di amicizia verso Afganistan diventi domani imposizione da parte del Governo afgano, ciò che sarebbe a mio avviso molto peggio per il nostro prestigio.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Vedi D. 432.
520

L'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4549/901 R. Madrid, 16 luglio 1943, ore 22,30 (per. ore 3 del 17).

In colloquio con questo Ministro degli Affari Esteri discorso è caduto su rapporti tra Spagna e Potenze anglosassoni. Jordana mi ha detto che nessun cambiamento si è verificato nel corso delle ultime settimane, ma che, da quando anglo-americani sono sbarcati in Sicilia, i loro rappresentanti hanno assunto tono più arrogante nei contatti con autorità spagnole.

521

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 20853/0171 P.R. Berlino, 16 luglio 1943 (per. il 17).

Mi riferisco al mio telegramma n. 0168 del 14 luglio (1). Oggi, accompagnato dall'Addetto aeronautico Col. Teucci, ho visitato il Feldmaresciallo Milch, Sottosegretario all'Aeronautica, al quale valendomi

dei rapporti di am1c1z1a personale che ho con lui, ho illustrato, sempre sulla base del telegramma diretto dal Duce al Fiihrer (l), la situazione determinatasi in Sicilia e la necessità che da parte tedesca ci si convinca finalmente che in quel settore l'Asse è impegnato in una partita decisiva.

Durante la conversazione cameratesca ed amichevole ho chiarito al Maresciallo Milch che mia intenzione non era naturalmente di aggiungere nuove richieste a quelle così autorevolmente avanzate dal Duce, bensl di attirare in modo particolare l'attenzione del Maresciallo del Reich sul contenuto del noto telegramma e di fare appello ai sentimenti, sempre manifestati da Goering, di simpatia per l'Italia e di devozione personale per il Duce; ed ho aggiunto che, poiché praticamente Goering veniva ad essere l'esecutore degli ordini del Fiihrer, molto sarebbe dipeso da lui per quanto si riferisce al pronto invio di aeroplani.

Milch, che ha tenuto a ringraziarmi per le mie parole -di cui aveva compreso perfettamente lo spirito -mi ha dichiarato che era ritornato poco tempo prima dal Quartiere Generale del Fiihrer, dove aveva potuto assistere ad un colloquio che in merito il Fiihrer aveva avuto col Maresciallo -Goering.

Pertanto Milch si è dichiarato in grado di assicurarmi che i rinforzi già in viaggio sono notevoli e che altri più numerosi invii sono stati previsti e predisposti.

Purtroppo, egli ha aggiunto, la possibilità di immediato invio di nuove unità aeree -cosa sulla quale io avevo molto insistito -sono Hmitate dalla deficiente capacità degli aeroporti esistenti in Italia e dalla scarsa assistenza avuta in alcune provincie per riassestare rapidamente gli aerodromi danneggiati dall'offesa nemica.

Il mio interlocutore, a prova di questa sua asserzione, mi ha detto che il Maresciallo von Richthofen, al quale era stato comunicato l'invio di un «Geschwader » di caccia bombardieri specializzato nell'attacco contro bersagli navali, ha telegrafato di soprassedere a tale invio non avendo egli, almeno per il momento, un aeroporto disponibile per il ricovero. Milch mi ha anche citato l'inconveniente occorso ad una formazione di cinquanta caccia germanici in partenza da un aeroporto italiano, trentasei dei quali in fase di decollo hanno avuto rottura di pneumatici perché il terreno di rullaggio era tuttora ingombro delle scheggie di bombe avversarie e di proiettili della artiglieria contraerea della difesa.

Milch ritiene però di avere ragione di sperare che la situazione testé descritta risulti superata e risolta in modo favorevole poiché egli sa che sulla questione il Maresciallo Kesselring ha avuto ordine di fare diretto rapporto al Duce, il quale a sua volta vorrà e potrà dare le disposizioni necessarie. È preciso desiderio tedesco che il concorso della popolazione civile o comunque di forze lavorative italiane, allo scopo di adoperarsi per il più rapido adattamento o riattivamento degli aerodromi già esistenti e di quelli di fortuna, venga prestato in base ad un ordine diretto delle autol"i.tà italiane e possibilmente sotto il controllo della R. Aeronautica, perché naturalmente le forze

germaniche non si ritengono qualificate ad intervenire direttamente in merito a ciò per i riguardi dovuti al popolo amico ed alleato.

Dalla conversazione, che si è svolta con cameratesca franchezza, ho ricavato la precisa impressione che tanto il Fiihrer quanto i suoi più immediati collaboratori per la parte aeronautica si rendono· perfettamente conto della posta in giuoco. Milch mi ha dichiarato che il Fiihrer, in pronto accoglimento delle richieste del Duce, ha subito personalmente dato ordini molto precisi, in base ai quali si sarebbe già provveduto a togliere una quota parte agli elementi di difesa aerea attualmente assegnati ai maggiori centri della Germania, per poterla inviare in Italia.

(l) Vedi D. 508.

(l) Vedi D. 499.

522

IL PLENIPOTENZIARIO D'ITALIA PER LA GRECIA, GHIGI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER CORRIERE 4574/085 R. Atene, 16 luglio 1943 (per. il 18).

Come ho riferito con mio telegramma n. 793 (l) il Presidente del Consiglio, pur mantenendo, in linea di principio, le dimissioni del suo Governo, ha accettato di rimanere in carica in attesa dello svolgimento della situazione nella Macedonia, dove è in corso di attuazione l'ingresso delle truppe bulgare.

Intanto, anche dietro mio suggerimento, il Ministro Altenburg ha invitato il Dr. Parisius, Capo degli Affari dell'Amministrazione Civile presso il Comando del Gruppo d'Armate tedesco di Salonicco, a venire ad Atene ove si è incontrato con il Sig. Rhallys per discutere le modalità della nuova organizzazione della zona.

Il Presidente del Consiglio ha sottoposto al Dott. Parisius un gruppo di

richieste che il Parisius si è riservato di esaminare. Contemporaneamente le

Autorità germaniche hanno provveduto a diramare, per mezzo della stampa,

il seguente comunicato:

«In seguito a motivi d'indole militare, dovuti alla situazione generale

bellica e alla " piaga " dei ribelli, che si ripercuote sempre più a danno della

popolazione ellenica, si considera necessario il rinforzo delle truppe di occu

pazione in Grecia. Nei limiti delle predette misure, l'esercito bulgaro assume

il compito nella regione ad est del fiume Axeos (tranne la città di Salonicco

e sobborghi) della sicurezza militare. In seguito a codesta necessità militare,

verrà rinforzato il Comando Militare tedesco nonchè la polizia tedesca per

il mantenimento dell'ordine e della tranquillità, nell'interesse stesso della

popolazione. Rimane in possesso degli agenti della Autorità amministrativa

tedesca e della polizia tedesca l'amministrazione anche nelle regioni che non

sono o verranno occupate dalle forze bulgare.

In relazione a questi avvenimenti il Comandante militare Salonicco Egeo sottolinea che il rinforzo delle forze di occupazione è esclusivamente dovuto a motivi di indole militare senza nessun secondo fine di cambiamenti nei diritti sovrani della Grecia e dell'economia del Paese. Rimarranno in vigore le leggi e le disposizioni greche come pure le misure amministrative del Governo ellenico. La popolazione, gli statali, gli impiegati privati e gli operai sono indicati a non prestar fede a voci subdole e a rimanere tranquilli mantenendo l'ordine nei loro focolari e là dove essi lavorano».

Ove non sorgano complicazioni, la tendenza del Presidente del Consiglio sembra pertanto quella di rimanere al Governo. Resta per altro allo stato acuto il contrasto fra lui ed il Sig. Tzironicos, Ministro delle Finanze, degli Approvvigionamenti e dell'Economia Nazionale.

Come ho riferito il Presidente del Consiglio ha acconsentito a rinviare ogni decisione al riguardo in attesa del Sig. Neubacher; ma in un recente colloquio da lui avuto con me e col collega Altenburg ha riaffermato un atteggiamento di piena intransigenza nei riguardi del suo collaboratore.

Oltre a lagnarsi di gravi difetti di forma nei suoi confronti, Rhallys accusa Tzironicos di averlo lasciato all'oscuro su gran parte della sua attività minister:iale e di avere considerato il suo Dicastero pressoché autonomo dal Governo greco, e sottoposto solo al controllo degli Incaricati Speciali; in particolare Rhallys afferma di non essere stato tenuto al corrente della reale entità delle somme versate di mese in mese alle Forze di Occupazione.

Per parte sua il Ministro Tzironicos si dichiara disposto a continuare la sua. collaborazione, ma attribuisce esplicitamente l'avversione dimostratagli im-. provvisamente dal Presidente del Consiglio all'azione dell'ambiente che lo circonda, dedito ad affari e speculazioni di borsa.

A dire dello Tzironicos, il Rhallys sarebbe con ogni probabilità estraneo a tali speculazioni; ma non sarebbe in grado di opporsi al suo ambiente il quale vede nello Tzironicos un grave ostacolo per la realizzazione dei suoi affari e delle sue speculazioni. Secondo taluni lo Tzironicos sarebbe poi, da parte sua pronto ad assumere personalmente il potere.

La crisi si presenta pertanto di difficile soluzione. Da un lato l'uscita dello Tzironicos priverebbe gli Incaricati Speciali del loro migliore e più importante collaboratore e creerebbe loro, con ogni probabilità, maggiori difficoltà nella soluzione dei problemi finanziari sempre più difficili e sempre più gravi nonchè di quelli dell'approvvigionamento. È poi poco simpatico per le Potenze occupanti vedere allontanarsi un Ministro che è o si atteggia a integro difensore della Cosa pubblica ad opera di un gruppo di persone che si asserisce dedita ad affari e speculazioni. D'altra parte l'uscita del Presidente del Consiglio, dopo solo tre mesi e mezzo di governo, è certamente politicamente svantaggiosa, sopratutto nell'attuale momento. Tanto più che se non si può dire che Rhallys, date le avverse condizioni, sia riuscito a costituirsi un effettivo seguito nel paese e nella capitale, egli è però una personalità politica conosciuta e di notevole esperienza, mentre lo Tzironicos, che ha sempre vissuto all'estero, è del tutto sconosciuto all'infuori dell'ambiente bancardo.

In tali condizoni, e visto che il Rhallys ha sollevato la questione personale nei confronti di quest'ultimo solo in seguito alla crisi politica determinata dall'improvviso ingresso delle truppe bulgare nella zona di occupazione tedesca e ha richiesto l'allontanamento del Ministro delle Finanze quale necessità basilare per il rinforzamento del suo prestigio gravemente compromesso per tale avvenimento, è sembrato opportuno all'Eccellenza Fagiuoli ed a me adoperarsi bensì per la soluzione della crisi, ma mantenere atteggiamento riservato nella scelta fra il Rhallys e lo Tzironicos lasciando questa volta ai colleghi germanici la responsabilità di indicare la soluzione da loro ritenuta migliore. Sinora sia Altenburg che, sia pure molto a malincuore, Neubacher propendono per il mantenimento del Rhallys e, se inevitabile, per l'allontanamento dello Tzironicos.

Mi riservo tuttavia di riferire ulteriormente appena avrò nuovi elementi e sopratutto al ritorno del Ministro Neubacher.

La crisi governativa suscita qui per il momento minori commenti e minore interesse che per il passato. L'opinione pubblica è da un lato vivamente eccitata e preoccupata per l'occupazione bulgara della Macedonia, dall'altra protesa verso gli avvenimenti della guerra in Sicilia, mentre i cosidetti uomini politici tendono sempre più a rtservarsi per l'avvenire. Sembra però che in vari ambienti il mantenimento in carica di un Governo sia tuttora considerato migliore alterternativa di quella della amministrazione diretta da parte delle Autorità Militari.

(l) Vedi D. 490.

523

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4603/0421 R. Sofia, 16 luglio 1943 (per. il 19).

Mio telegramma n. 320, in data 13 luglio corrente (1).

In colloquio odierno Filoff mi ha detto che era tornato molto soddisfatto dal viaggio in Macedonia ave non era stato da molti anni, e ave non si era mai recato almeno dopo annessione. Si è diffuso su tristi condizioni lasciate da jugoslavi in quelle zone e su necessità riorganizzazione ed assistenza in tutti i campi.

Ha tenuto a marcare che viaggio aveva avuto carattere strettamente « privato» ed anzi in «incognito» a tal punto che in alcune città e villaggi aveva trovato autorità bulgare che non lo attendevano.

Contrastano in qualche modo con indicazioni Presidente Consiglio discorso da lui pronunciato in Skopje (mio telegr. per corriere n. 0416) (2) ed altre sue dichiarazioni. Può tuttavia essere considerato fatto che proseguendo viaggio aveva minore possibilità mantenere «incognito».

Nostri Consoli a Skopje e Bitolia hanno inoltre tra l'altro rilevato e lamentato di non essere stati ammessi a presentare loro ossequi a Presidente Consiglio nonostante assicurazioni precedentemente loro date da autorità locali. Filoff ha risposto ad accenno da me fatto in proposito rilevando che aveva ritenuto di eV1itare, dato carattere viaggio, visita Consoli esteri. Avendo egli accennato anche. a Console turco, non ho mancato di rilevare amichevolmente che certamente Consoli italiani nonché quelli Tripartito potevano attendersi differente trattamento. Altrettanto amichevolmente, ma non senza un qualche imbarazzo Filoff ne ha in principio convenuto insistendo tuttavia sul fatto che dato particolare carattere viaggio aveva preferito intrattenersi esclusivamente con Autorità bulgare.

Con termini sempre molto amichevoli, in ottemperanza Vostre istruzioni, ho fatto presente a Presidente Consiglio come fossimo sicuri che avrebbe concordato su opportunità evitare che viaggio fosse sfruttato con manifestazioni di qualsiasi genere atte a fomentare stato tensione tra albanesi e bulgaromacedoni. Filoff si è affrettato a dirmi che aveva durante suo viaggio constatato come non vi fossero in atto né lamentele da parte albanese, né stato anormale tra le popolazioni, né cause in generale di preoccupazioni in questo campo.

Questa parte è stata ripresa e approfondita in un secondo tempo della conversazione.

Nella prima Presidente Consiglio ha certamente mostrato maggiore amichevole premura e buona volontà che non aderenza a continui incidenti lamentati specie da parte nostra e quasi sempre ad opera autorità o agenti responsabili bulgari particolarmente militari.

Situazione, già considerevolmente migliorata in alcune zone, presenta da qualche giorno segni recrudescenza.

Filoff mi ha ad ogni modo calorosamente assicurato che pienamente condivideva nostro punto di vista e che tale era stato suo intento nel contenere viaggio nel carattere accennatomi, come lo è nel proposito evitarne qualsiasi interpretazione o manifestazione atta a turbare situazione tra albanesi e bulgaromacedoni.

Riferisco successivamente su altre parti conversazione (1).

(l) -T. 4463/320 R. del 13 luglio 1943, ore 1,50, non pubblicato, relativo al viaggio del Presidente del Consigl!o bulgaro, Filoff, in Macedonia. (2) -T. per corriere 4530/0416 R. del 13 luglio 1943, non pubblicato, relativo al discorso pro~ nunciato da Filoff in Macedonia.
524

IL MINISTRO A LISBONA, PRUNAS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4580/347 R. Lisbona, 17 luglio 1943, ore 22,35 (per. ore 17 del 18).

È qui impressione generale che il messaggio Roosevelt-Churchill non è che fase procedura allettamenti e minacce intesa raggiungere stesso scopo: rapida eliminazione dell'Italia dal conflitto.

{l} Dall'esame della corrispondenza telegrafica non risultano ulteriori comunicazioni 1n proposito.

Anche successive dichiarazioni Roosevelt alla stampa «non essere messaggio ultimatum» confermerebbero proposito che blandizie ed armi continuino procedere di pari passo, operando congiuntamente.

È qui comunque sottolineata maggior insistenza odierna piuttosto sulle prime che sulle seconde (riconoscimento debito mondo anglo-sassone verso cultura Italia, ammissione valore nostri soldati, intesa ad ottenere capitolazione qualificata onorevole). Commento di risposta « Stefani » era atteso. Frasi finali relative al riconoscimento non essere in possesso potenziale bellico maggiore sono interpretate come rivolte anche alla Germania, di cui meraviglia infatti relativa assenza, soprattutto aerei, dai fronti mediterranei. Ciò che documenterebbe sia gravità e peso impegno tedesco in Russia, sia preoccupazioni per possibili, ulteriori sbarchi alleati sulle coste francesi o in Norvegia, di cui si parla infatti qui, sopratutto dopo visita Stimson a Londra, con insistenza. Pressioni sovietiche a questo scopo sarebbero diventate in questi giorni molto gravi ed urgenti.

525

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4596/0109 R. Budapest, 17 luglio 1943 (per. il 19).

Mio telegramma n. 305 del 13 corrente (l).

La formazione a Chicago del Governo fuoruscito di Michele Kàroly viene da questi ambienti messa in relazione all'attività di Benes e ai suoi continui contatti con gli ambienti americani e sovietici. La scelta dei collaboratori di Kàroly non lascia dubbi qui sul carattere della nuova formazione politica che pretenderebbe rappresentare oggi l'Ungheria e domani governarla. I giornali illustrano con vivaci accenni polemici le figure di Rusztel Vambery, antico esponente della massoneria ungherese, noto per le sue simpatie verso i cecoslovacchi e gli ebrei, di Francesco Gondar, ebreo comunisteggiante, fautore della rivoluzione sociale, di Héla Linder, di cui ricordano l'attività disfattista e anti militarista.

Da questi personaggi -si osserva a Budapest, ove il disprezzo per Kàroly è unanime -è lecito raffigurarsi il carattere e il programma del sedicenne governo. Esso vorrebbe, mediante l'umiliazione dell'Ungheria di fronte alla Cecoslovacchia e l'annunzio di radicali riforme sociali, assicurarsi le grazie del governo di Mosca e sottomettere l'Ungheria all'influenza sovietica.

«Combatteremo fino all'ultimo uomo -scrive qualche giornale -perché questo non avvenga». Ed effettivamente, astrazion fatta dalla volontà o dalla possibilità degli ungheresi di opporsi con la forza a quelle che sarebbero le conseguenze di una vittoria anglo-russo-americana nell'Europa Centro orientale, l'avversione dell'opinione ungherese ad un programma di rivoluzione sociale e di infeudamento al bolscevismo è pressoché generale. Sotto questo aspetto, come mi hanno detto varii ungheresi non sospetti di eccessive simpatie per la causa dell'Asse, la mossa anglo-americana è stata psicologicamente uno sbaglio e costituisce solo un preoccupante sintomo della supinità anglo-sassone dinanzi alle mire sovietiche.

(l) Con T. 4464/305 R. del 13 luglio 1943, Anfuso aveva riferito quanto segue: «Giornall ungheresi pubblicheranno domani costituzione di un nuovo Governo fuoriuscito ungherese presieduto da noto Conte Michele Karoly. Governo ungherese si ripromette di trarre partito dalla diffusione di tale notizia, per dimostrare propositi degli anglo-americani di instaurare in Ungheria un governo di sinistra che sia gradito anche a Mosca •·

526

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4598/0110 R. Budapest, 17 luglio 1943 (per. il 19).

Il Presidente del Consiglio mi ha parlato a lungo dei rapporti ungaro-romeni e dello stato attuale delle conversazioni Banffy-Mironescu.

Come informai con telegramma n. 286 del 3 corrente (1), le trattative preliminari sono state infirmate -secondo quanto qui si afferma -dalla pregiudiziale dichiarazione di Mironescu circa una già avvenuta denuncia dell'Arbitrato da parte della Romania. L'Ungheria, pur respingendo questa asserzione unilaterale dei romeni, che non risulta confermata né a Roma né a Berlino, è disposta a continuare le conversazioni sui varii argomenti previsti. Ma è evidente -si afferma a Budapest -che la premessa romena non agevola le conversazioni e non crea una atmosfera favorevole al conseguimento di concreti risultati.

Comunque, mi ha detto Kàllay, in materia di trattamento delle minoranze, accordi di frontiera e rapporti economici si può -a condizione che si voglia fare dell'utile lavoro e, per quanto ci riguarda, non intendiamo rifiutarci a ciò. Banffy ha ora terminato il lavoro preliminare e informativo per il quale si recò a Bucarest e noi restiamo in attesa di conoscere le intenzioni dei romeni circa la continuazione delle conversazioni.

Ho approfittato della nuova occasione fornitami dalle dichiarazioni del Presidente per ripetergli il particolare interessamento che il Governo italiano annette al miglioramento delle relazioni con la Romania. Kàllay ne ha preso atto e mi ha assicurato che neppure lui si nasconde l'utilità di mantenere buoni rapporti con la Romania in questa critica fase della storia europea, pur non mancando d'altra parte di sollevare i consueti dubbi sulla lealtà dei propositi romeni.

(l) 81 rlferlsce al T. 4269/286/3 R. del 3 luglio 1943, ore 20,30, non pubblicato, relativo al colloqui Banffy-Mironescu.

527

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI (l)

L. P.R. Berlino, 17 luglio 1943 (2).

Facendo seguito alla mia lettera del 14 luglio u.s. n. 10782 (3) in cui rappresentavo nella sua nuda realtà la situazione Italia-Germania, riassumo alcune altre osservazioni:

1°) Dalla conversazione telefonica avuta oggi con te, ho la precisa impressione che nonostante tutte le assicurazioni gli aiuti aerei tedeschi non giungono con la necessaria rapidità. Le ragioni di ciò ho già varie volte esposto nei miei precedenti rapporti. Si tratta ora di sapere con chiarezza e precisione -secondo il nostro diritto -su qua4e effettivo e tempestivo apporto aereo l'Italia può contare.

2°) Propongo pertanto che il nostro Comando Supremo chieda formalmente al Comando tedesco di indicare con precisione e specificatamente: a) quanti aerei saranno inviati in Italia; b) in quali aereodromi; c) entro quali date. Tutto questo sotto forma di preciso impegno.

3°) Qualora il Comando tedesco dia risposte evasive io potrò -a seguito di un semplice tuo cenno -fare un passo presso il Fiihrer, in modo di costringere -attraverso il canale politico -i militari tedeschi a rispondere ed a impegnarsi.

4°) Sulla base delle risposte ottenute e degli impegni -fatti, non parole assunti dai tedeschi, il Comando italiano sarà in condizioni di stabilire le modalità ed i tempi della resistenza; perché -come seguito a dichiarare a~ camerati tedeschi -voler resistere e manifestare questa volontà, è una eroica e bellissima cosa che, peraltro, deve essere sostenuta dalle possibilità materiali: purtroppo infatti come dicevo al Maresciallo Milch, contro gli aeroplani avversari non servono le pietre ed i bastoni...

5°) Sempre sulla base di tali chiare risposte e precisi impegni assunti, il Comando italiano dovrebbe comunicare a quello tedesco le sue previsioni, allo scopo duplice: di impedire che il Comando tedesco si trovi davanti a sorprese -di cui più tardi si lamenterebbe -e di indurre a fare un ulteriore sforzo inviando altri mezzi: perché bisogna convincersi che con i camerati tedeschi è necessario parlare chiaro e preciso a base di date e di cifre, mettendo imparzialmente in evidenza le conseguenze negative di un mancato aiuto. Questo è

con loro il solo argomento valido e serio. Insisto pertanto sulla necessità di pretendere di conoscere numero di aeroplani e date.

6°) In questi circoli politici e militari si dice -molto riservatamente, per adesso -che se si dovesse abbandonare la Sicilia bisognerebbe predisporre sul continente una linea di resistenza definitivamente valida.

Al tempo. Qui bisogna intendersi bene e chiaro. Io non ho ancora potuto rendermi conto a quale linea si voglia fare riferimento: ma mettendo assieme alcune voci e discorsi, credo che si pensi agli Appennini. Mi astengo dall'entrare nel merito. Ciò dimostra l'urgenza, già ripetutamente da me denunciata, di mettersi d'accordo su un preventivo piano di azione; e ciò ad evitare di essere presi alla sprovvista e di -sopratutto -correre il rischio che i camerati tedeschi, in assenza di una nostra iniziativa in questo senso, predispongano un piano per conto loro.

Caro Bastianini, ho creduto mio dovere di metterti -ancora una volta al corrente di queste mie preoccupazioni che non sono purtroppo prive di fondamento. Io sono, come sempre, a completa disposizione. Se vi sono passi antipatici da fare, parole dure da dire, ruoli delicati e difficili da svolgere serviti di me nel modo più completo.

Il Ministero può sempre -dopo -bruciarmi, smentirmi e buttarmi a mare.

(l) -Ed., con soppressione d! alcune frasi, in D. ALFIERI, Due dittatori di fronte, clt., pp. 300-301. (2) -Manca l'Indicazione della data d'arrivo. (3) -Vedi D. 511.
528

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER (l)

L. (2). [Roma], 18 luglio 1943.

1°) Il rapido successo iniziale degli sbarchi nem1c1 in taluni settori della Sicilia non è dovuto alla scarsa combattività delle truppe addette alla difesa costiera, ma alla imponenza dei mezzi che il nemico ha potuto sbarcare con l'appoggio di poderose forze navali impiegate liberamente a poca distanza dalla costa per le limitate possibilità di contrasto delle nostre scarse forze aeree e delle nostre artiglierie. La difesa costiera ha fatto tutto quanto le era concesso dal proprio armamento e dai propri lavori.

,2°) Le mie direttive assegnarono alla Aeronautica, nella previsione di tentativi di sbarchi, come compito principale l'attacco e la distruzione del tonnellaggio nemico. E l'Aeronautica ha sempre operato in tal senso prodigandosi oltre i limiti di qualsiasi possibilità umana. Ma non è colle modeste forze disponibili, contrastate da una massa aerea nemica in schiacciante prevalenza, che si possono pretendere risultati di importanza decisiva contro le flotte

alleate da guerra e da trasporto, concentrate in Mediterraneo per una operazione a cui Inghilterra ed America hanno legato il proprio prestigio di fronte alla Russia ed al mondo.

3°) Di fronte all'importanza ed al continuo aggravarsi della guerra in Mediterraneo i Vostri aiuti, anche se generosi, sono stati insufficienti, e talvolta sono stati anche soggetti a vincoli che ne hanno pregiudicato l'impiego con visione unitaria. La 29a divisione ad esempio ha perso ora del tempo prezioso per la difesa della Sicilia.

4°) Non posso concordare con le Vostre osservazioni circa l'operato delle autorità italiane, per quanto riguarda la sistemazione a terra delle forze aeree: tali autorità hanno sempre fatto tutto quanto e più di quanto era possibile per i camerati germanici. Tutte le possibili predisposizioni a terra sono state attuate, ma gli attacchi aerei del nemico contro i nostri campi sono andati assumendo una intensità tale da incidere fortemente sulla efficienza delle organizzazioni. Anche questo è dovuto alla preponderanza aerea del nemico a cui soltanto sono da attribuire le perdite subite a terra. L'organizzazione a terra in Calabria è in corso di rapida realizzazione.

5°) Vi assicuro, Ftihrer, che le forze italiane in Sicilia, in conformità dei miei ordini, sono sempre state e sono animate dalla ferma decisione di dare tutto fino all'ultimo per la difesa dell'isola.

6°) In Italia il nemico ha aperto il secondo fronte, sul quale concentrerà le ingenti possibilità offensive dell'Inghilterra e dell'America, per conquistare non solo l'Italia, ma anche aprirsi la via dei Balcani, proprio nel momento in cui la Germania è fortemente impegnata sul fronte russo. Il sacrificio del mio Paese non può avere per scopo principale quello di ritardare l'attacco diretto alla Germania. La Germania è più forte economicamente e militarmente dell'Italia: il mio Paese, che è entrato in guerra tre anni prima del previsto e dopo due guerre, è andato via via esaurendosi, bruciando le sue risorse in Africa, Russia e Balcania. Credo, Ftihrer, che sia giunta l'ora di esaminare attentamente in comune la situazione, per trarne le conseguenze più conformi agli interessi comuni e di ciascun Paese.

(1) -In Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. (2) -È la risposta al D. 505, ma non risulta che sia stata inviata: il suo contenuto fu probabilmente comunicato da Mussolini a Hitler di persona, nell'incontro che ebbero il giorno seguente.
529

IL MINISTRO PER LA PRODUZIONE BELLICA, FAVAGROSSA, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

PROMEMORIA 5635/GAB. Roma, 18 luglio 1943.

Durante il mio viaggio a Berlino ho avuto la possibilità di intrattenenni con i membri del Comitato designato dal Fiihrer per la ripartizione delle materie prime e cioè:

-con il Segretario di Stato Koerner del Piano Quadriennale, braccio destro del Reichsmarschall Goering;

-con il Feld Marschall Milch, Sottosegretario di Stato per l'Aeronautica;

-e in modo particolare con il Ministro Speer.

Le principali questioni trattate sono le seguenti:

Carbone

Ho rappresentato le nostre crescenti difficoltà dovute soprattutto:

a) alla deficienza di energia elettrica per le note ragioni;

b) alla mancanza di scorte e conseguente assoluta urgente necessità di provvedere a costituirne, onde evitare che eventuali interruzioni nelle linee ferroviarie, specialmente per bombardamenti di importanti nodi ferroviari, quali Bologna, Verona e Milano, ci possano mettere in grave crisi.

Mi è stato assicurato dal Ministro Speer che, malgrado la contrazione di produzione da loro sofferta a causa dei bombardamenti della Renania e della Ruhr, qualora altre difficoltà non abbiano a subentrare, fornirà all'Italia entro l'anno 13.200 tonnellate previste dagli accordi di dicembre. Ho insistito perché al più presto si intensifichino le spedizion~ sempre in relazione alla necessità di costituire quel minimo di scorte indispensabile non solo ai bisogni delle industrie, ma soprattutto per far fronte alle necessità delle ferrovie, e ciò per ovviare anche ad eventuali diUicoltà di trasporti che la Germania potesse incontrare durante il prossimo raccolto delle patate e delle barbabietole.

Metalli siderurgici

Senza irrigidirmi sulla neces~ità di avere 90 mila tonnellate al mese (15 mila tonn. di ghisa e 75 mila tonn. di acciaio) stabilite dagli accordi di dicembre, epperò senza rinunciarvi, si è venuti nella determinazione:

1°) che delle 75 mila tonn./mese offerteci (15 mila ghisa e 60 mila acciaio) mensilmente, nel primo semestre, verranno spediti gli arretrati che alla data del 1° luglio rappresentano circa tonn. 98 mila. Da tali arretrati non sono state detratte le quantità (53 mila tonn.) che la Germania pretendeva di avere reintegrate per ragioni varie, riconosciute ora prive di fondamento;

2°) per il terzo trimestre 1943 rimangono confermate 75 mila tonn./mese. Poiché però la Germania si trova in gravi difficoltà per dare tutto l'acciaio (60 mila tonn.) si è convenuto di aumentare la ghisa di 5 mila tonn. portandola da 15 a 20 mila tonn./mese e di compensare inoltre altre 10 mila tonn. di acciaio con un equivalente quantitativo di rottami (11 mila tonn.);

3°) nessun accordo definitivo è stato preso per il quarto trimestre corrente anno. Ho però insistito sulla necessità di avere le 90 mila tonn.;mese originariamente previste (Xl Protocollo del dicembre 1943).

Data la gravissima deficienza di minerali di ferro specialmente dal punto di vista qualitativo, ho insistito perché la Germania assicuri all'Italia 8 mila tonn.;mese di minerale di Krivoirog. Il Ministro Speer mi ha assicurato al riguardo che farà tutto il possibile per venirci incontro.

Operai

Tutte e tre le personalità succitate con le quali mi sono intrattenuto in lunghi e cordiali colloqui, mi hanno rappresentato la necessità di lasciare in Germania almeno una parte (quelli che vi rimarrebbero volentieri) degli operai italiani che, in base al desiderò.o da Voi espresso al Fiihrer, dovrebbero rientrare in Italia, e precisamente:

-il Feld Marschall Milch avrebbe bisogno di trattenere circa 7-800 specializzati per poter accelerare l'allestimento dei motori Deimler Benz 601 e 605 che l'Aeronautica germanica anticipa all'Italia in questo periodo durante il quale la nostra produzione non ha ancora raggiunto l'intensità necessaria;

-il Segretario di Stato Koerner chiede operai per la produzione del carbone, in modo da poter così assicurare all'Italia la quota stabilita;

-il Ministro Speer segnala necessità di mano d'opera per le varie industrie siderurgiche metallurgiche e meccaniche che attualmnte si trovano in gravi difficoltà, dato l'aumentato ritmo produttivo con i sistemi della lavorazione in serie da lui spinta al massimo dell'esaltazione.

Ho risposto a tutti e tre che la questione esula dalla mia competenza ma che tuttavia me ne sarei interessato a Roma presso gli enti competenti.

Prenderò infatti contatti col Ministero delle Corporazioni e con gli altri dicasteri interessati affinché, in base alle Vostre istruzioni, si possa vedere quanto è possibile fare. Secondo il mio punto di vista, riterrei di dover accogliere -per lo meno in parte -le richieste avanzate, tanto più che si tratterebbe di lasciare soltanto queg1i operai che spontaneamente chiedono di restare. Alcuni operai che ho interrogato durante le mie visite a stabilimenti mi hanno manifestato tale loro vivo desiderio.

Durante il mio soggiorno ho visitato sei stabilimenti dislocati in varie parti della Germania e nei quali si producono motori d'aviazione, cellule d'aeroplani, carri armati e semoventi. Ho notato un sistema produttivo di serie veramente elevato, mercè il sistema di produzione già a Voi illustrato dal Generale Fougier di ritorno dalla sua visita in Germania nel marzo scorso. Qualche cosa di simile è già in atto da noi ed al resto si sta provvedendo; non Vi nascondo però che tale sistema di lavoro in grande serie è conveniente dove la disponibilità di materia prima e il numero di unità dello stesso tipo che si devono produrre diano all'industria la sicurezza di non avere interruzioni che potrebbero nel caso nostro a vere riflessi particolari.

La visita è stata molto interessante anche per la presa di contatto coi dirigenti e per la possibilità che ho avuto di vedere nuovi tipi di macchine, ideati allo scopo di elevare al massimo il rendimento della produzione. Macchine di invenzione e produzione tedesca, ideate dagli stessi stabilimenti interessati e che spesso riuniscono armonicamente in una quanto prima veniva distribuito tra dieci e perfino venti macchine, col vantaggio di realizzare un lavoro più perfetto, evitando altresì lo spostamento di grossi blocchi da una macchina utensile all'altra e realizzando la possibilità di ridurre notevolmente l'impiego della mano d'opera specializzata ed il tempo.

Durante il mio soggiorno ho avuto altresì la possibilità di prendere contatti

con altre personalità che possono utilmente servirmi, specialmente per quanto

riflette la parte esecutiva e precisamente:

-Generale von Leeb, capo del Waffenamt, per quanto riflette il riforni

mento delle armi e procedimenti produttivi delle stesse;

-Generale Wegner, uomo di fiducia di Speer, per ciò che riflette le materie

prime che ha sostituito in questo campo il Generale Thomas, attualmente

distaccato all'O.K.W.

530

COLLOQUIO DEL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, AMBROSIO, CON IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA WEHRMACHT, KEITEL (l)

VERBALE ( 2). In treno [verso Feltre], 19 luglio 1943.

Keitel: Chiede notizie situazione in Sicilia.

A mbrosio: Espone ultime notizie al riguardo e chiede notizie situazione al fronte russo.

Keitel: Sono in corso operazioni su una fronte di oltre 800 chilometri. I russi hanno impegnato forze notevoli, notevole è pure l'impegno germanico. Le divisioni corazzate russe sono numerose e buone, ma quelle tedesche sono qualitativamente molto migliori. Ha fiducia che lo sforzo russo sarà contenuto.

Ambrosia: In sostanza siete ridotti alla difensiva. Quali sono le probabilità di vittoria? i vostri programmi avvenire?

Kettel: Al fronte russo otterremo di logorare ed indebolire il nemico; intanto prepareremo nuove forze che ci permetteranno di agire attivamente nel prossimo inverno sul fronte sud, in Balcania ed in Italia.

Ambrosia: Questo non è un programma attivo, ma la rinuncia alla iniziativa delle operazioni. In sostanza l'Asse è assediato, chiuso in un cerchio; occorre uscirne. Quali prospettive avete per farlo?

Keitel: Elude la domanda.

Ambrosia: Esamina la situazione in Mediterraneo ove, dato l'impegno in Sicilia, è presumibile che il nemico insisterà nell'operare contro l'Italia non soltanto con bombardamenti aerei. In sostanza il secondo fronte si è aperto in Italia ed occorre provvedere alla sua difesa: le forze italiane non bastano.

Keitel: Conviene ritenere che dalla Sicilia il nemico cercherà passare nella penisola e ritiene necessario provvedere alla difesa dell'Italia. Però la Germania non potrà dare forze aeree oltre quelle promesse nel recente telegramma del

48 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. X

Filhrer (1), né ha disponibili divisioni corazzate. Sostiene che la difesa delle coste va fatta alla spiaggia e schierandovi divisioni di fanteria. Occorre anzitutto ricorrere alle divisioni di fanteria italiane che sono più vicine e più prontamente disponibili. Rinforzi tedeschi non potranno essere disponibili prima di un paio di mesi. Quindi, poiché è anzitutto necessario rinforzare le coste dell'Italia meridionale, occorre portare in Italia meridionale le divisioni italiane che sono attualmente nell'Italia centro-settentrionale, comprese le divisioni alpine e quelle in ricostituzione: si provvederà poi a guarnire l'Italia settentrionale con le divisioni tedesche che potranno man mano affluire.

Ambrosia: Obietta che per la difesa della penisola occorrono divisioni di fanteria e divisioni moto corazzate: poiché l'esercito italiano dispone solo di divisioni di fanteria occorre che la Germania dia divisioni motocorazzate e che le divisioni italiane guarniscano tutte le coste, comprese quelle dell'Italia centrale e settentrionale: quelle tedesche mobili, dovranno andare sia in Italia meridionale che nell'Italia settentrionale, ma anzitutto al sud, che è più esposto.

Keitel: Conferma che per il momento la Germania non ha disponibilità di aerei (oltre quelli annunciati) né di divisioni corazzate: potrà inviare artiglierie contraeree per lo stretto di Messina e qualche batteria antinave. Per la difesa delle coste occorre ultimare le divisioni di fanteria. Potrà concorrere qualche fanteria tedesca.

(l) -In Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. (2) -Il verbale è stato redatto dal colonnello Montezemolo e porta la data del 20 luglio.
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COLLOQUIO DEL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, CON IL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER (2)

VERBALE (3). Villa Gaggia (Feltre), 19 luglio 1943, [ore 11-13].

SINTESI ESPOSIZIONE DEL FUHRER.

Premesse fondamentali per la prosecuzione della guerra le materie prime ed il personale Mantenere quindi le zone dalle quali vengono ricavate le materie prime interessanti la produzione bellica: in primo piano l'acciaio ed il ferro. Enorme è stato l'impulso dato in Germania all'industria dell'acciaio.

Vi sono delle materie prime di vitale importanza per condurre una guerra (manganese, alluminio, molibdeno, cromo, nikel, carbone). Mantenere queste fonti di materie prime è d'importanza vitale.

Principali zone: i Balcani con il contributo che può essere dato dalla Turchia, la Norvegia, Petsamo, Serbia (per il rame). Di pari importanza il problema del petrolio. Necessità impedire che il nemico si impossessi della zona dei petroli e della regione del Donez. Nikopol per

la produzione del manganese è indispensabile. Mancherebbe altrimenti la possibilità di proseguire la guerra. E' logico che per difendere queste basi si rende necessario l'impiego di considerevoli forze. Non avendo questa possibilità la produzione bellica subirebbe un grave colpo. La produzione di aerei in particolare si arresterebbe.

Quindi queste basi e queste fonti di materie prime devono essere mantenute ad ogni costo, altrimenti la guerra è perduta con tutte le conseguenze che ne derivano.

Altro problema di vitale importanza è quello dell'alimentazione che esige il possesso dell'Ucraina.

Se queste materie prime rimangono assicurate non c'è motivo che la guerra non possa continuare. Naturalmente deve essere fatto di tutto. La mobilitazione deve essere veramente generale.

Attualmente in Germania i ragazzi di quindici anni vengono impiegati nella difesa contraerea come serventi alle batterie di piccolo calibro.

Se qualcuno mi dovesse dire che i nostri compiti possono essere lasciati ad altre generazioni gli risponderei che questo non è il caso. Nessuno può pronosticare che la futura generazione sarà una generazione di giganti.

La Germania ha avuto bisogno di trenta anni per risorgere; Roma non è più risorta. Questa è la storia che parla.

E se poi queste future generazioni avranno tanta capacità, saranno esse disposte a sacrificare la loro comodità? Quindi non si può perdere del tempo rimandando ad altri ciò che possiamo fare noi.

Naturalmente in una guerra ci sono sempre delle oscillazioni, degli alti e dei bassi, che hanno la loro inevitabile influenza. Nessuno può dire sin dall'inizio quanto durerà una guerra.

Anche dal lato tecnico vi è un continuo alternarsi fra armi di offesa e armi di difesa: ora prevalgono le une, ora le altre. La perfezione non esiste. Sempre manca qualche cosa. Non si può mai raggiungere una superiorità assoluta in tutte (aviazione, artiglieria, carri, ecc.).

Somme; gibili: ne abbiamo a sufficienza. Gli affondamenti continuano in misura soddisfacente. Ai primi di agosto verranno anche ripresi gli attacchi contro i grossi convogli. I sommergibili di tipo moderno sono muniti di efficaci armi contraeree.

Aviazione: continua la fabbricazione in massa. La produzione della caccia ha subito un notevole aumento rispetto ai mesi precedenti. Non ci sarà in avvenire il problema <<macchine» rimarrà soltanto il problema «uomo».

Carri armati: l'ultimo grido non è il « Tiger ,, ; bensì il « Panther ». Questo è il carro dell'avvenire superiore a qualsiasi altro tipo. Ancora qualche piccolo perfezionamento e poi la produzione avverrà in massa.

Una «nuova arma>> verrà impiegata contro l'Inghilterra. Sarà forse pronta già per il prossimo inverno. È un'arma contro la quale non si vede per ora alcun rimedio.

Per quanto riguarda le operazioni il primo intendimento è di indebolire il nemico al fronte Est prima dell'inverno.

È in atto la costituzione e ricostituzione di numerose divisioni (48 di fanteria e tre corazzate).

Le forze che erano disponibili e destinate allo sfondamento nella zona del Caucaso per proseguire le operazioni in Mesopotamia hanno dovuto essere impiegate durante l'inverno.

La ricostituzione di queste forze è ora in corso come materiali e come uomini.

Per le divisioni corazzate la difficoltà non è tanto rappresentata dalle armi e dai carri, ma dall'enorme numero di automezzi occorrenti. Una divisione corazzata moderna ha bisogno di una media di 5 mila e più automezzi (logorio e perdite).

Se al fronte Est non si dispone di :.;Jfficienti automezzi, non si possono condurre le operazioni. Le ferrovie sono completamente impegnate per i rifornimenti.

Per quanto riguarda l'aviazione è stato dato tutto quello che era possibile. Nulla è stato trattenuto per senso dì egoismo. Ciò è dimostrato dalle condizioni in cui si trovano attualmente gli importanti centri industriali della Ruhr.

Anche noi abbiamo bisogno dì molta aviazione per le operazioni all'Est, al Nord e per la scorta dei numerosi convogli destinati al trasporto delle materie prime dai paesi d'origine alle zone industriali. E nell'impiego di questa aviazione bisogna sempre tener conto del fattore «personale». Attualmente la nostra organizzazione a terra è tale da permettere in brevissimo tempo lo spostamento di formazioni aeree da un punto all'altro per creare la massa dove occorre.

A terra nessuno si allontana anche durante le più violente azioni di bombardamento.

I campi, dopo un'azione nemica, vengono riattivati entro 20 minuti. È qualche cosa di veramente enorme. E l'offesa nemica non manca; anche noi siamo vicini ad importanti basi aeree avversarie. Bisogna costringere l'uomo con ogni mezzo a lavorare sui campi. Ad ogni costo.

Di recente un'azione nemica effettuata con 500 apparecchi ci ha distrutto al suolo un apparecchio.

Se le perdite arrivano in un'azione a cinque apparecchi, vuoi dire che qualche cosa non ha funzionato e quindi viene fatta immediatamente l'inchiesta ed entra in scena il tribunale di guerra.

Di enorme importanza il più ampio decentramento degli apparecchi al suolo. la costruzione di boxes protettivi e di paraschegge. Tutto: qualsiasi interesse personale o privato deve essere sacrificato di fronte alle necessità della guerra. L'imperativo è uno solo: Vincere.

Per costruire un apparecchio da bombardamento sono necessarie moltissime ore di lavoro, impiegando del personale specializzato prezioso. Un paraschegge è fatto in poche ore, senza bisogno di specializzazione.

L'interesse privato non conta. I danni saranno pagati dopo la guerra. Se si perde ci troviamo di fronte al bolscevismo ed in tal caso è inutile farsi delle illusioni per i danni. Quindi non c'è alcuna scelta.

Sono ben contento quando posso dare apparecchi e personale di volo. Però

tutto il resto deve essere fatto sul posto. Non dispongo di personale per l'impiego sui campi: per questo bisogna impiegare tutto quello che si trova sul posto.

Anche al fronte Est, data la vastità del fronte, non posso dappertutto disporre di duecento caccia. Si rendono quindi necessari spostamenti e decentramenti.

Le perdite sui campi in Italia in questi ultimi tempi sono state enormi. Non posso dare più di quello che si produce. Bisogna quindi difendere di più gli apparecchi, e questo si deve fare anche in Italia. Mancanza di organizzazione a terra equivale a distruzione della propria aviazione.

Come già detto nella mia ultima lettera Cl), raccomando ancora una volta che ogni inconveniente in materia deve essere segnalato direttamente a Voi, Duce, ed a me personalmente.

È veramente tragico che anche gli inglesi sono molto a posto come organizzazione. L'immediato impiego della base aerea di Pantelleria e le recenti fotografie dei campi di Gela e Licata ne offrono una prova.

Bisogna che si metta all'opera tutta la popolazione; i militari non sono sufficienti. Venti minuti dopo un attacco, ogni campo deve essere in condizioni tali da permettere il decollo di apparecchi.

Vi prego di incaricare dei competenti ad esaminare tale situazione. Ma non deve succedere che si dica che tutto è stato fatto, anche quando le cose sono appena iniziate.

Queste sono le premesse perché possano continuare gli invii; altrimenti si può continuare a mandare anche per mesi 100-200 apparecchi al mese, ma non sl colmeranno mai le perdite ed in un anno avremo perduto così i 2 mila apparecchi richiesti.

Le perdite in combattimento sono inevitabili, ma le distruzioni a terra sono causate solo da leggerezza.

Anche le nostre fabbriche sono esposte all'offesa nemica ogni notte, ma bisogna che il lavoro contmui, sotto i più feroci bombardamenti, anche se il personale così esposto è rappresentato dai nostri migliori specializzati.

Questo è dunque un problema che deve essere affrontato e risolto. Mandare più apparecchi non basta, non cambia la situazione.

Anche noi abbiamo minori possibilità degli alleati in questo campo (e non dimentichiamo i progressi fatti dalla Russia) e appunto perciò bisogna supplire mediante continui spostamenti della massa disponibile.

Talune formazioni speciali da bombardamento (Sonderbombentormationen) non possono d'altronde essere inviate in Italia ma debbono essere impiegate nel territorio francese, perché le dimensioni delle piste di lancio sui campi in Italia non permettono il loro decollo a carico completo.

È necessario provvedere in questo senso. Vi ho mandato il mio migliore comand<mte di aviazione, che sempre, in ogni occasione, ha saputo affermarsi. Naturalmente bisogna anche metterlo nelle condizioni migliori perché possa rendere.

Per quanto riguarda i trasporti da parte nostra viene attualmente impiegato in larga misura naviglio da guerra di tipo antiquato.

Ho dovuto fare una vera battaglia coi competenti signori della marina. Problema particolarmente importante per il trasporto del carbone, traffico che si svolge prevalentemente sotto il naso degli inglesi. Ma quali sono i vantaggi? Maggiore velocità con tutto quanto ne consegue. I trasporti sono esposti per un tempo più breve all'offesa nemica, quindi basta minore impiego di caccia per la protezione. Del resto la protezione continua con la caccia non è possibile se si tiene conto della sua autonomia. Se un trasporto impiega dieci ore ed ogni apparecchio da caccia ha la possibilità di dare la protezione per venti

o trenta minuti, ne consegue che per la protezione di un convoglio sarebbe necessaria una intera flotta aerea, e ciò non è possibile.

Da noi sono state ad esempio impiegate come navi trasporto due incrociatori dai quali sono state tolte le torri ed i pezzi pesanti, che sono stati impiegati come artiglierie costiere in zona di Narvik.

La marina si è opposta a questa mia idea ma sono riuscito ad imporla. In una guerra come questa che decide del destino non si può parlare di colpa ma bisogna sfruttare tutte le esperienze fatte e vedere quello che si può migliorare.

L'esperienza ha un'enorme importanza per evitare che certe cose si ripetano. Non mi vergogno quando affermo che anche dai russi abbiamo imparato molto.

Il problema dei trasporti è importantissimo, perché ci sono sempre basi da rifornire. Perciò ho ritenuto meglio impiegare ogni mezzo. Inutile !asciarli affondare nei porti.

A me serve soltanto ciò che viene impiegato, che si muove, che spara, che rende; il resto è inutile. E questo è un importante problema da esaminare e da risolvere con particolare riguardo alla Sardegna ed alla Corsica: necessità di ottenere trasporti rapidi superando qualsiasi prevenzione di carattere morale. A questo bisogna pensare.

Naturalmente anche a me dispiace quando debbo impiegare le mie migliori divisioni corazzate e quando esse subiscono grosse perdite. Ma tutto ciò che è efficiente deve essere impiegato.

Anche da noi molte cose sono cambiate: ad esempio in tema di difesa una volta veniva sostenuta la tesi che la difesa della Germania meridionale doveva essere fatta nella zona della Foresta Nera. Poi sono riuscito a far comprendere che la vera difesa era sul Reno.

Per quanto riguarda le riserve, esse non possono essere create dappertutto, né si può prevedere dove il nemico ha intenzione di attaccare. 'Bisogna quindi che ognuno si batta fino all'ultimo in modo da dare tempo per la manovra e l'affluire delle riserve nel punto più delicato. A Dieppe, per esempio, si può dire che tutto l'attacco sia stato sventato dal reggimento più avanzato. Quel reggimento ha reso più di quanto avrebbero potuto rendere più tardi tre intere divisioni. Bisogna stroncare simili tentativi prima che il nemico metta piede a terra.

Le zone che si prestano ad un'azione di sbarco devono essere difese ad oltranza (in tale senso la collaborazione a Creta è veramente ottima). Questo deve essere fatto comprendere alla truppa.

Uno sbarco può avvenire anche contemporaneamente in più punti, ma tenendo duro nella maggior parte di essi, si avrà la possibilità di concentrare e scagliare le riserve nei pochi punti maggiormente delicati. Ciò ha una importanza enorme per l'avvenire.

Per quanto riguarda in particolare la Sicilia parlo da soldato. Se i rifornimenti lo permettono bisogna resistere e passare poi eventualmente al contrattacco.

Devono continuare le azioni aeree contro il naviglio; si può eventualmente aumentare l'azione dei sommergibili. Ma bisogna avere la sicurezza nell'Italia meridionale, altrimenti le forze nell'isola sono perdute ed in tal caso sarebbe meglio ritirarle e combattere sulla penisola. Se si può, bisogna difendere l'isola e possibilmente contrattaccarla. Naturalmente i mezzi all'uopo necessari non sono sufficienti attualmente, le armi sono poche, i carri insufficienti, le riserve di munizioni e carburante esigue. Sorge quindi, secondo me, la necessità di assicurare anzitutto i rifornimenti.

In Sicilia sono meno necessari i carri che la fanteria. I carri servono per muoversi, per attaccare, non hanno grandi possibilità in difensiva. Meglio la fanteria con armi pesanti e leggere. Anche i paracadutisti non sono vera fanteria.

Però, ripeto, è necessaria la sicurezza nella zona dello stretto ed anche più indietro.

Se si vuol combattere in Sicilia bisogna farlo con fanatismo.

In sostanza le necessità sono due:

l) garantire la sicurezza dello stretto di Messina (con artiglieria contraerea che verrà dalla Germania e con parte di quella disponibile in Italia). Non è escluso che con l'afflusso di 60-80 batterie contraeree, tra cui anche batterie da 128, possa essere assicurato il traffico. L'aviazione nemica non mancherà di agire ma subirà grosse perdite;

2) evitare che il nemico possa effettuare azioni contro i porti di imbarco e sbarco.

Queste sono premesse indispensabili per una resistenza in Sicilia.

Elemento decisivo è l'uomo: soldato o ufficiale che sia. Chi abbandona il proprio posto prima di avere sparato l'ultima cartuccia deve essere fucilato. Col suo egoismo esso mette in pericolo la vita altrui.

Bisogna agire presto altrimenti il nemico tenterà qualche azione nella zona dello stretto. Di non minore importanza il potenziamento della difesa in Calabria e nelle Puglie.

Se invece si decide di combattere sulla penisola allora è inutile mandare in Sicilia altre forze. Le divisioni motorizzate e quelle corazzate sono costosissime. Perdere una simile divisione, il cui approntamento comporta un anno di lavoro, è perdere un tesoro.

Se si vuole tenere in Sicilia sarà necessario mandare ancora truppe te.:lesche. Bisogna però provvedere anche all'organizzazione dell'Italia meridionale (servizi avvistamento, campi, ecc.).

I campi devono essere tenuti in o:·dine perfetto. Solo così si potrà fare qualche cosa, altrimenti non è possibile. Non si possono mandare duecento apparecchi in un mese e perderne 2/3 al suolo.

Dunque bisogna decidere per la Sicilia. Da parte nostra manderemo tutto quello che è possibile, ma solo subordinatamente a quelle che sono le premesse indispensabili.

Assicurarsi che tutto vada bene a tergo altrimenti sarebbe una catastrofe. Se il piano riesce, fra due o tre mesi gli inglesi potrebbero trovarsi in serie difficoltà. Naturalmente sfruttando ogni mezzo. Allora la Sicilia potrebbe diventare per il nemico ciò che Stalingrado è stata per noi. Però bisogna prendere una decisione chiara.

Se debbo esprimere la mia opinione, dirò che sono sempre stato contrario a rimandare ad altra occasione un'opera che si dimostra buona. Meglio combattere dove si è. Oggi in Sicilia si difende l'Italia, perciò sono necessarie decisioni gravi.

Anch'io in Germania ho dovuto prendere dei provvedimenti radicali, gravi (mobilitazione generale con tre milioni di mobilitati civili, compresi giovinetti quindicenni e madri_ di uno o due figli). Ma in cambio è nato un solo sentimento, un solo desiderio: «vendetta». Si è raggiunto un vero fanatismo per la guerra!

Non ho mai esitato quando era necessario agire decisamente (accenna a mutamenti negli alti comandi militari).

In tutto questo domina la figura dell'« ufficiale». Se un reparto o una grande unità non va dipende dall'ufficiale; allora bisogna toglier lo. L'ufficiale «deve» essere ottimista; non esiste morale basso. Se è così l'ufficiale ha sbagliato carriera. Questo fattore personale è decisivo. È così che Stalin ha compiuto la sua riorganizzazione. Nel 1940-H in Russia erano a terra: poi sono venuti i grandi mutamenti.

Per quanto riguarda le richieste di materiale, ad alcune si può aderire ad altre no. Aderire alla richiesta di 2 mila aerei è impossibile. Ciò d'altronde nell'attuale situazione non muterebbe le cose. Le distruzioni continuerebbero.

Del resto simili forze non possono essere tolte dalla Russia dove sono impiegati quasi esclusivamente apparecchi «Stukas" e bombardieri a limitato raggio d'azione non adatti all'impiego in Mediterraneo. Le disponibilità di gruppi speciali, come quelli assegnati ora, sono limitatissime e non si potrebbe aderire ad altre richieste del genere. Del resto sono di vitale importanza per noi le armi contraeree e controcarro.

Consiglio quindi anche a voi la costruzione di queste armi moderne e di questi recenti tipi di carri, che sono frutto di lunga esperienza e non potranno essere superati se non fra molto tempo. Ve ne posso fornire il disegno.

Vi è bisogno di molta organizzazione e di molto ordine, specialmente nelle zone più arretrate. E sopratutto devono impugnare le armi solo soldati italiani e tedeschi (accenna agli inconvenienti verificatisi nei Balcani).

Gli inglesi tenteranno certamente un'azione nella zona balcanica, nella zona dei petroli. Quindi inutile affidare le nostre armi a gente che non è nostra.

Ciò mi farebbe vedere la situazione molto oscura e si l"'ischierebbe di andare incontro ad una vera catastrofe. Questo pericolo va eliminato.

Accenna quindi alla necessità di potenziare la difesa del Peloponneso. Le forze attuali sono insufficienti tenuto anche conto del pericolo di eventuali azioni da parte di paracadutisti.

Anche la difesa della Sardegna e della Corsica sarà possibile solo se si ngirà con la massima energia e con ogni impegno sin dal primo momento (1).

(l) -Vedi D. 505. (2) -Ed. in Hitler e Mussolini: Lettere e documenti, cit., pp. 165-174. (3) -Al colloquio erano anche presenti, da parte tedesca, Keitel, Warlimont, Mackens~n e Rintelen e, da parte italiana, Ambrosio, Bastianini, Alfieri e il colonnello Montezemolo che redasse poi questo verbale in data 20 luglio.

(l) Vedl D. 505.

532

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. In treno [verso Treviso], 19 luglio 1943.

Il Ministro Schmidt mi ha accennato ad un comunicato che potrebbe essere emanato a conclusione di questo incontro e mi ha mostrato una bozza da lui preparata i cui termini appaiono non adeguati né ai tempi né alle circostanze e ciò specialmente dopo i bombardamenti massicci di Napoli e Roma.

Gli ho fatto presente che non mi risultava essere Vostra intenzione di fare un comunicato dato il carattere puramente militare dell'incontro. Egli mi ha risposto che in tal caso, qualora Voi non lo desideriate, nessun comunicato verrebbe emanato, il che mi sembrerebbe preferibile (2).

533

COLLOQUIO DEL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, AMBROSIO, CON IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA WEHRMACHT, KEITEL (3)

VERBALE (4). In treno [verso Treviso], 19 luglto 1943.

Keitel: Esamina la possibilità di rafforzare lo schieramento nell'Italia meridionale, nel senso che anche da parte italiana si dovrebbe contribuire con almeno due divisioni (eventualmente alpine).

Warlimont: Accenna al fatto che una divisione alpina dovrebbe essere disponibile nell'Italia settentrionale; poi ci sono anche le divisioni dell'Sa Armata.

Ambrosia: Fa presente che si tratta di divisioni attualmente in ricostituzione.

Keitel: Al caso potrebbero essere tolte due divisioni dalla Francia. Riconosce però le difficoltà che si oppongono a tale proposta.

Ambrosia: Il ritiro di divisioni dalla Francia avrebbe un riflesso politico e tale questione deve essere pertanto sottoposta preventivamente al Duce.

Keitel: Approva. Rimane ora da decidere se si vuole difendere la Sicilia ad oltranza. Il Fiihrer ha detto che in Sicilia si difende l'Italia. Naturalmente accettando questa lotta ad oltranza in Sicilia le forze attuali non sono sufficienti.

Ambrosia: Chiede a tale riguardo che n'è della 29• divisione.

Keitel: Se la resistenza ad oltranza sarà decisa, oltre alla 29• divisione potranno essere inviate ancora altre forze. Prima però deve essere assicurata la possibilità di rifornimento, ciò che si potrà fare con tutti i mezzi disponibili

o con quelli che sono in afflusso. Come soldati non possiamo perdere del tempo prezioso e quindi anche da parte italiana si deve fare tutto il possibile per mettere a disposizione quanto occorre. Se il Comando Supremo si dichiarerà d'accordo, da parte tedesca si farà altrettanto. Attualmente da parte tedesca non si hanno delle disponibilità tali da compiere unilateralmente questo sforzo. Per togliere eventuali forze in occidente bisogna che siano preventivamente sostituite e le divisioni all'uopo destinate sono in ricostituzione.

Ambrosia: Questo fra quanto tempo potrebbe avvenire?

Keitel: Al più presto. Appena presa la decisione per la Sicilia. Però è P~senziale che siano presi tutti i provvedimenti perché la difesa della Sicilia poP.sa essere assicurata in base a questi tre punti essenziali:

0 ) punto di vista tattico: aumento di forze che permetta la costituzione di una linea robusta, e di ritirare in seconda schiera le forze mobili (15• e Goering) ;

2°) punto di vista operativo: assicurare rifornimenti e creare una forte difesa nella Calabria e nelle Puglie;

3°) punto di vista organizzativo: adottare con fermezza ed ogni rigore le disposizioni atte a dare la massima libertà e qualsiasi facoltà alle autorità militari dell'Italia meridionale, allo scopo di organizzare e potenziare la difesa: campi di aviazione, ferrovie, strade, depositi ecc.; la guerra deve essere totalitaria, sopprimendo ogni interesse privato: tutto per la guerra e per la difesa.

Ambrosia: Aggiungerei però un quarto punto date le possibilità dell'aviazione nemica non appena saranno organizzate le basi in zona di Gela, Licata e Comiso: avremo bisogno di una forza aerea adeguata.

Keitel: Solo quando tutto sarà orientato nel senso corrispondente ai tre punti esposti, potranno essere avviati in quel settore tutti i mezzi necessari

Ambrosia: Ritengo che non abbiamo tanto tempo a disposizione che bisogna affrettare. Voglio ancora aggiungere che le nostre possibilità di mandare divisioni in Sicilia ed in genere nell'Italia meridionale sono limitate. Esse sono tutte impiegate per la difesa delle coste. Dobbiamo anche essere in grado di poter respingere un eventuale attacco nemico contro le coste laziali.

Keitel: Per quanto riguarda l'aviazione giungono ora sette gruppi. Il Fuhrer ha parlato coi Marescialli Kesselring e von Richthofen in merito al loro impiego. Se noi rafforziamo molto l'attuale linea in Sicilia, può darsi che il nemico non tenti uno sfondamento. Potrebbe più facilmente cercare di effettuare qualche azione nella zona dello stretto di Messina, cercando di interrompere i nostri rifornimenti. Qualora ciò non dovesse riuscirgli in seguito al nostro rafforzamento in quella zona, esso tenterà qualche azione ancora più indietro. Ecco la necessità di rafforzare tutta l'Italia meridionale; è quella la parte più delicata e di maggior pericolo. Ne consegue la necessità di provvedere alla sicurezza tattica (in Sicilia), operativa e organizzati va (nell'Italia meridionale). Sarebbe opportuno in questa zona giungessero rinforzi di fanteria, mentre in zona più arretrata dovrebbe essere costituita una massa di manovra mobile. Ciò naturalmente oltre a tutte le misure destinate ad aumentare la protezione del traffico nella zona dello stretto di Messina (afflusso di 60-80 batterie controaeree pesanti, che vengono tolte dal fronte). Nelle Puglie ed in Calabria tutto deve essere militarizzato ed ogni attività civile sottoposta al Comando della 7a Armata. Questo è un necessario contributo per la vittoria. Per facilitare il compito di questa organizzazione saremmo disposti a costituire un ufficio di collegamento presso la 7a Armata. Rimane naturalmente la premessa che tutti gli ordini sono di competenza italiana. Se ci sarà un perfetto accordo sui tre punti, non dubito che il Fuhrer metterà a disposizione tutto quanto è possibile. Non ritengo per ora possibile spostare dalla Toscana in Calabria la terza divisione granatieri, non ancora pronta per l'impiego. La Calabria non è un terreno che si adatta ad una divisione cosi mobile come la terza granatieri.

Ambrosia: La terza divisione granatieri ha buone armi di arresto e perciò mi sta a cuore che vada in Calabria.

Keitel: Le nostre divisioni di fanteria possiedono n doppio di armi della terza granatieri, anche se naturalmente sono meno mobili. Noi potremmo mettere a disposizione per potenziare la difesa in Calabria due nostre divisioni di fanteria, mentre altrettanto dovrebbe essere fatto da parte italiana. Ma, ripeto, non posso prendere impegno di ottenere dal Fuhrer l'invio di tali divisioni, se non ho prima un formale impegno vostro sui tre punti che vi ho esposto.

Ambrosia: Mi riservo di esaminare la cosa con una certa attenzione, perché noi non abbiamo un simile lusso di divisioni. Comunque credo che stiamo esaminando prospettive troppo lontane mentre la nostra situazione vuole provvedimenti assolutamente urgenti.

Keitel: Non ci sono che due alternative: o combattere con tutti i mezzi per tenere le nostre posizioni in Sicilia con la prospettiva di passare poi all' offensiva oppure, se non intendiamo fare questo, tanto vale di non mandare altri rinforzi. Questo punto deve essere chiarito appena possibile. Vi parlo con tutta sincerità perché lo ritengo doveroso nella mia qualità di soldato. Sono decisioni gravi, ma non si possono adottare mezze misure. Noi siamo pronti a condurre la lotta fino in fondo.

Ambrosia: Mi riservo di esaminare la questione relativa alla nostra disponibilità di forze. Per quanto concerne i provvedimenti di carattere generale e civile ogni decisione spetta al Duce.

Keitel: Però è necessario che voi facciate tutto per persuaderlo a prendere queste misure. Anche noi abbiamo dovuto fare gravissimi sacrifici, però essi sono necessari nella misura più vasta.

(l) -Insieme a questo documento è conservato, nel fascicolo «Incontro di Feltre», Il verbale tedesco redatto da Schmidt (ed. in Akten zur Deutschen Auswèi.rtigen Politik, 1918-1945, vol. VI, cit., D. 159) ed una traduzione italiana di esso che non si pubblica: è già ed. in Hitler e Mussolini: Lettere e documenti, cit., pp. 174-190. (2) -Annotazione a margine di Mussolini: «Concordo. Niente comunicato». (3) -In Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. (4) -Il verbale è stato redatto dal colonnello Montezemolo e porta la data del 20 luglio.
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IL MINISTRO A BERNA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. N. D. PER CORRIERE 4650/0277 R. Berna, 19 luglio 1943 (per. il 22).

Tra prime persone che ho avuto occasione di vedere a Berna è il mio collega giapponese signor Sakamoto che, per avere trascorso lunghi anni in servizio a Parigi e Ginevra, appare conoscere bene la situazione politica europea e particolarmente del settore centrale del nostro continente.

Nella nostra prima conversazione mi è stato dato di osservare come egli, pur dichiarandosi convinto del successo del Tripartito, sia tra coloro che, particolarmente per quanto riguarda la situazione del fronte orientale, hanno avuto una disillusione nei riguardi delle possibilità e dell'efficienza offensiva germanica.

A tal proposito nel parlarmi della situazione attuale dell'Ambasciatore del Giappone a Berlino, Generale Oshima, che io conosco da molti anni, ha aggiunto che il Generale «attraversa nuovamente un momento difficile» dato che le notizie da lui insistentemente fornite circa la guerra condotta dai tedeschi avevano dato al Governo nipponico l'impressione che essa fosse più facile di quanto effettivamente è avvenuto. Come è noto, il Generale Oshima ebbe già nell'agosto del 1939 la prima crisi allorché il Ministro von Ribbentrop, senza minimamente preavvertirlo, si recò a Mosca per la conclusione dell'accordo tedesco-sovietico.

Quanto all'attività dei nostri avversari in Svizzera il signor Sakamoto pensa che effettivamente America ed Inghilterra non risparmino mezzi per rendere sempre più efficienti i servizi di informazioni e spionaggio. Di tali mezzi, sempre secondo il mio interlocutore, buona parte va direttamente alla stampa elvetica che, per quanto riguarda il Giappone, mantiene un contegno estremamente riservato, se non addirittura ostile, tralasciando spesso di pubblicare gli stessi comunicati del Quartier Generale delle forze giapponesi (l).

(l) Il presente documento reca Il visto di Mussollnl.

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IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI

T. s. 4643/492 R. Bucarest, 20 Zuglio 1943, ore 14 (per. ore 20,20 del 21).

Seguito mio telegramma n. 490 (1).

Questo Ministro d'Ungheria mi ha detto di aver telegrafato a Budapest proponendo che non si reagisca contro il discorso del Conducator a Sibiu nella speranza che Antonescu voglia egualmente entro venerdi prossimo impegnarsi a discutere sulle questioni in sospeso tra i due Paesi quali furono concordate nell'incontro Banffy-Mironescu eccezione fatta sempre delle questioni territoriali.

Qualora Antonescu non accettasse di iniziare conversazioni Governo ungherese si riterrebbe libero di reagire come meglio crederà al discorso.

Ho promesso al signor Nagy che non appena vedrò Michele Antonescu che è in questi giorni assente, lo pregherò di voler agire nel senso suddetto e ciò in armonia a quei suggerimenti di moderazione che egli ha ricevuto dal Duce e da V. E. relativi alla vertenza ungaro-romena.

536

IL MINISTRO A BERNA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4652/0287 R. Berna, 20 Zuglio 1943 (per. il 22).

Ho visto in questi giorni, in visita di presentazione, il mio collega tedesco, signor Kocher, il quale per essere qui da oltre sette anni e per avere passato metà della sua esistenza in Svizzera, appare conoscere profondamente uomini e cose di questo Paese.

Nel parlarmi dei mezzi poderosi usati dai nostri avversari in territorio elvetico, nel campo della propaganda e particolarmente in quello della diffusione immediata ed efficace di abbondanti notizie relative alle operazioni belliche e alla situazione politica, egli ha concordato pienamente con me nel riconoscere che i nostri sistemi, per fronteggiare tale situazione. non appaiono sufficienti.

Il sistema da noi fin qui adottato di dire sempre e soltanto la verità, nel senso più assoluto e più stretto della parola, e di lasciare quindi soltanto alle comunicazioni strettamente ufficiali il compito di illustrare gli avvenimenti, fa si che oggi, in un paese neutrale come la Svizzera, la percentuale delle notizie di fonte nemica e di quelle di fonte itala-tedesca, sia, si può dire, di nove ad uno. È vero che la stampa elvetica si mostra molto compiacente nel pre

sentare editorialmente con vistosità le notizie anglo-americane, ma è anche vero che, come mi ha informato il signor Kocher, le comunicazioni tedesche ed italiane di opportuno commento e spiegazione degli avvenimenti sono oltremodo rare e talvolta tardive. Oggi, al quarto anno di guerra e mentre il conflitto si è trasportato nuovamente in Europa, bisogna reagire con ogni mezzo a questa vera invasione e pressione delle informazioni delle agenzie anglo-sassoni. Il signor Kocher quindi ed io ci auguriamo che la Stefani ed il D.N.B. comincino ad abbondare copiosamente in comunicati e notizie esplicative, atte a completare tempestivamente i comunicati ufficiali.

Circa la situazione dei trasporti ferroviari attraverso la Svizzera che ci interessano, il mio collega tedesco mi ha confermato che essi si svolgono regolarmente e senza difficoltà.

(l) Con T. 4642f490 R. del 19 lugllo 1943, ore 21, non pubblicato. Bova Scoppa aveva riferito il contenuto del discorso pronunciato a Sibiu dal maresciallo Antonescu il 18 lugl1o.

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IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4707/0429 R. Sofia, 20 luglio 1943 (per. il 23).

Telegramma per corriere di questa R. Legazione n. 0214 in data 9 aprile u. s. (l).

Durante recente conversazione Presidente Consiglio mi ha fatto alcuni accenni a noti sondaggi da parte turca dei primi mesi di quest'anno, circa utilità particolari accordi tra Paesi Europa orientale.

Mi ha confermato che Governo bulgaro non ne ebbe mai diretta notizia o comunicazione. Ha sottolineato tuttavia che questo Ministro di Turchia signor Mentes ne ha ripetutamente parlato in Sifia, anche recentemente, ed anche con persone vicine al Governo, senza tuttavia mai compiere alcun passo diretto.

Filoff sembrava d'opinione che per quanto sospesa iniziativa turca non sia stata abbandonata. Riteneva si possa arguire da quanto è noto che avrebbe intenti e colore sovietici.

538

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, VITETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

TELESPR. U. 15/16336/490. Roma, 20 luglio 1943.

Telespresso n. 10581/1975 di codesta R. Ambasciata in data 12 corrente (2). Nulla osta da parte nostra, ove il Governo germanico, il Gran Mufti e il

Primo Ministro Gailani siano su ciò d'accordo, ad eliminare nel progetto della nota dichiarazione l'elencazione nominativa dei Paesi Arabi cui la dichiarazione stessa si riferisce.

In tal caso, però, anche per evitare possibili futuri equivoci od interpretazioni estensive, si ritiene opportuno far seguire alla denominazione «Paesi arabi del Vicino Oriente» la specificazione «che attualmente soffrono sotto l'oppressione britannica », come era scritto nelle note lettere scambiate nella primavera del 1942, oppure «che attualmente soffrono sotto la dominazione straniera», oppure «che attualmente soffrono sotto la dominazione dei comuni nemici».

Pregasi comunicare quanto sopra a codesto Ministero Esteri.

(l) -Vedi D. 214. (2) -Vedi D. 502.
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L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 20 luglio 1943.

Subito dopo il ritorno del Pontefice in Vaticano, il Consigliere di questa Ambasciata è stato nel tardo pomeriggio (l) ricevuto dal Cardinale Segretario di Stato.

Il Cardinale Maglione, che era visibilmente commosso, ha esternato quella che egli ha definita «l'esasperata indignazione » del Santo Padre e sua personale per il vandalismo profanatore dell'aviazione anglo-americana che, nonostante i ripetuti moniti fatti giungere dalla Santa Sede a Londra e a Washington sull'impossibilità materiale di poter distinguere in Roma gli obiettivi di presunto interesse militare da quelli di interesse religioso e morale, ha voluto che a Roma non fosse risparmiata l'offesa ed il danno del bombardamento aereo, infliggendo lutto e dolore a quartieri eminentemente popolari e la distruzione di una delle sette Basiliche di Roma.

Il Cardinale Segretario di Stato ha ricordato come l'azione della Santa Sede avesse incontrato alla fine del mese scorso la maggiore intransigenza e come pertanto egli fosse stato indotto alla segnalazione della minaccia incombente su Roma fatta al Governo italiano il 28 giugno u.s. (2).

Il Cardinale Maglione ha affermato che egli stesso aveva attirato di recente l'attenzione, sia dell'Incaricato d'Affari di America che del Ministro di Gran Bretagna, sul pericolo che un bombardamento aereo di Roma avrebbe rappresentato per la popolazione inerme e per le Basiliche romane e che pertanto l'azione aerea nemica di ieri non aveva attenuanti.

Alla domanda quale sarebbe stata la reazione vaticana alla violazione dell'Urbe, il Cardinale Maglione ha risposto che l'immediata uscita del Pontefice

di ieri nelle vie dei quartieri di Roma più duramente colpiti (alla quale la radio vaticana aveva dato la più vasta pubblicità) costituiva già di per sé una reazione che non avrebbe mancato di avere la più larga eco nel mondo cattolico.

A questo gesto avrebbe seguito un'azione politica che egli non era ancora in grado di precisare ma nella quale -ha affermato nel modo più categorico il Cardinale Segretario di Stato -la Santa Sede avrebbe messo tutto il peso della sua autorità morale. Alla tesi sempre sostenuta dal Vaticano che ogni bombardamento di Roma non può non portare con sé la distruzione di monumenti sacri di valore religioso ed artistico incommensurabile avrc':be potuto forse, ha concluso il Cardinale Maglione, portare questa volta suffragio la distruzione di una delle più antiche Basiliche dell'Urbe.

Di tale azione, che il Vaticano intendeva compiere di sua iniziativa, il Cardinale Maglione ha assicurato avrebbe dato conoscenza, appena possibile al Governo italiano (l).

(l) -Del 19 luglio. (2) -Vedi D. 460.
540

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, CIANO

TELESPR. RR. 1/3911. Roma, 21 luglio 1943.

Si trova in questi giorni a Roma il signor Domenico Russo, residente in Francia da molti anni, dove avrebbe svolto attività giornalistica: un tempo corrispondente del cattolico Corriere d'Italia e della Libre Belgique di Brusselle, ora redattore dell'Ouest Eclair.

Il Russo si è presentato, nello scorso mese di giugno, alla nostra Legazione in Lisbona, dichiarando di essere partito da Parigi -dopo aver messo a conoscenza dei suoi progetti le Autorità tedesche di occupazione, che di fatto gli hanno concesso la necessai"ia autorizzazione -allo scopo di adoperarsi per un suo «piano di pace», inteso ad assicurare la mediazione del Pontefice fra i belligeranti.

A questo fine egli aveva ritenuto essenziale la collaborazione di un paese neutrale e cattolico, quale il Portogallo. Non risulta che il Russo abbia ottenuto a Lisbona, ·come pare desiderasse, di essere ricevuto da Salazar: egli ha fatto peraltro pervenire a quest'ultimo un riassunto scritto del suo progetto, per il tramite di Antonio Ferro, direttore di quel Segretariato della Propaganda.

Il Russo è ora giunto a Roma, affermando che tale sua permanenza è motivata dalla sua intenzione di avere rapporti con le maggiori Autorità vaticane, in relazione al suo progetto.

Pur non essendo da parte nostra possibile controllare tutta la fondatezza di quanto è stato dichiarato, nelle occasioni sopra accennate, dal Russo, appare interessante seguirne l'attività, particolarmente per quanto si riferisce agli ambienti vaticani.

Mentre si comunica quanto precede per Vostra riservata conoscenza, si prega pertanto V. E. di voler chiedere personalmente al Cardinale Segretario di Stato -dati i legami di amicizia che il Russo asserisce di avere con lui ed anche i contatti che egli afferma avere avuto in passato col Vaticano quegli elementi che si riterrà di poter fornire per nostra informazione sul conto del predetto e sull'attività che egli sta attualmente svolgendo (1).

(l) Il presente documento reca l! visto di Mussolini.

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L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 21 Zuglio 1943.

Il Cardinale Segretario di Stato dopo il colloquio del 19 corrente (2) relativo al bombardamento di Roma, ha chiesto di rivedere ieri sera il Consigliere di questa Ambasciata.

Premettendo che non aveva ancora voluto incontrarsi con i Rappresentanti nordamericano e britannico, «non avendo ancora la necessaria serenità per farlo» si è dichiarato francamente pessimista sulla sorte che era riservata alla città di Roma anche in considerazione dell'impostazione propagandistica data dal nemico alla prima incursione aerea.

Richiesto nuovamente quali fossero le intenzioni della Santa Sede per reagire con tutta la sua autorità morale alle premesse di questa propaganda nemica e per protestare contro la prima violazione dell'intangibilità di Roma il Cardinale Maglione ha risposto in maniera meno precisa del giorno precedente limitandosi ad affermare che in via diplomatica «qualcosa» sarebbe stato indubbiamente fatto.

Egli ha invece insistito su di un suo preciso dovere di informare il Governo italiano che erano giunte in Santa Sede dall'Italia e dall'estero segnalazioni circostanziate circa quella che verrebbe definita la responsabilità italiana nell'avere voluto mantenere a Roma anche larvatamente innegabili obbiettivi militari quali Comandi, stabilimenti bellici e soprattutto rilevanti nuclei di forze tedesche.

Con questi appelli al Vaticano -ha detto il Cardinale -si ha l'impressione che si voglia quasi muovere rimprovero alla Santa Sede di avere svolto solo una azione unilaterale nei riguardi delle potenze anglo-americane e di non aver sollecitato il Governo italiano a rimuovere quegli appariscenti abbiettivi che in qualsiasi modo potevano dare pretesto a dei bombardamenti.

Data tale situazione, il Cardinale Segretario di Stato ha vagamente accennato alla possibilità che la Santa Sede possa considerare l'opportunità di valorizzare in qualche modo gli impegni assunti dal Governo italiano nel dicembre dello scorso anno (3).

49 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

Egli ha concluso augurando che si voglia da parte italiana comprendere la necess,ità sempre più stringente di coadiuvare l'azione della Santa Sede eliminando da Roma tutte le possibili apparenze di centro propulsivo militare dell'azione bellica italiana e di mettere allo studio un'eventuale dichiarazione di «città aperta» quale estremo tentativo di salvare l'Urbe ove gli anglo-americani dimostrassero di voler procedere al sistematico bombardamento della Capitale (1).

(l) -Per la risposta di Ciano, vedi D. 547. (2) -Vedi D. 539. (3) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 425.
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IL MINISTRO A BERNA, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4798/0298 R. Berna, 22 luglio 1943 (per. il 26).

Come ho telegraficamente informato (2), ho avuto ieri mia prima conversazione, durata oltre due ore, con il consigliere federale Pilet-Golaz, capo del Dipartimento politico elvetico e quindi, praticamente, ministro degli affari esteri della Confederazione.

Avvocato di Losanna dotato di evidenti qualità dialettiche, egli è oggi certamente l'elemento di maggior peso nel Consiglio federale avendo accentrato nelle sue mani, nell'attuale delicatissimo momento, i rapporti politici della Svizzera con l'estero. Pur non avendo la statura di Giuseppe Motta, egli se ne sente in certo modo il continuatore nell'opera di valorizzazione della Svizzera nel campo internazionale.

In uno sguardo generale ai rapporti itala-svizzeri nelle attuali circostanze il Signor Pilet-Golaz si è dilungato nel porre in rilievo le simpatie che -secondo lui -i suoi connazionali effettivamente nutrirebbero per il nostro paese. E di tempo in tempo non ha mancato naturalmente, in fuggevoli accenni all'Asse, di insinuare le differenze che gli svizzeri fanno tra Germania ed Italia e fra politica germanica e politica italiana nel corso di questa guerra. E proprio parlando della Germania egli ha, in certo modo, insistito ricordando come evidentemente si debba sopratutto all'Italia il fatto che la Svizzera abbia potuto sopravvivere anche in questo secondo grave conflitto europeo.

Alle mie risposte intese a dare risalto alla difficile situazione nella quale il Reich si è trovato in conseguenza dei trattati di Versailles e alle pretese ginevrine di cristallizzare, a mezzo dello statuto della Società, una situazione evidentemente pesantissima per il popolo tedesco, egli ha soltanto in parte annuito, affermando che, se è vero che la Società ha commesso gravi errori, quale quello del tempo del conflitto etiopico, la sua idea essenziale non deve andare perduta nel prossimo avvenire. In ciò evidentemente egli si faceva eco delle grandi nostalgie della sua terra nativa per l'istituto ginevrino.

Circa l'aiuto sostanziale dato dall'Italia alla Svizzera col permettere ad essa il traffico attraverso Genova, il mio interlocutore ha rinnovato i senti

menti di gratitudine già indicati nel discorso di risposta al mio indirizzo di saluto per la presentazione delle mie lettere credenziaH

In riassunto, il signor Pilet-Golaz si è dichiarato, in tono molto cordiale, pronto ad usare di tutta la sua autorità, pur ponendo in rilievo come essa sia alquanto limitata, perché 1 rapporti tra la Confederazione e l'Italia non vengano turbati da malintesi ed equivoci.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Si riferisce al T. 4696/670 R. del 22 luglio 1943, ore 14. non pubblicato. con il qualeMagistrati comunicava. tra l'altro, di aver avuto il suo primo incontro con Pilet-Golaz.
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L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GUARIGLIA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4856/068 R. Istanbul, 22 luglio 1943 (per. il 28).

Ho avuto oggi colloquio con questo Ministro Affari Esteri, il quale intende passare qui ad Istambul ancora alcune settimane di vacanze, data sospensione lavori Grande Assemblea Nazionale e prossima partenza da Ankara del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio, anch'essi per un periodo di riposo. Menemencioglu mi ha dimostrato, come sempre comprensione della situazione generale ed in particolare di quella italiana. Mi ha chiesto se avendo notizie sull'incontro Duce-Hitler, al che ho dovuto rispondere che non sapevo più di quanto era stato pubblicato dai giornali, ma che supponevo si fosse trattato oltre tutto di questioni dei rifornimenti militari necessari ad alimentare la nostra resistenza contro l'invasore.

Menemencioglu si rendeva conto della impossibilità di impedire gli sbarchi quando fatti sotto la protezione della flotta, ma non mi ha nascosto una certa sorpresa ·per progressi abbastanza rapidi dei nostri avversari in Sicilia, al che io ho creduto dover fargli rilevare la grande superiorità raggiunta dalla loro aviazione nel Mediterraneo. Egli ritiene che gli anglo-americani insisteranno nei loro tentativi di invasione dell'Italia piuttosto che intraprendere, dopo la Sicilia, un attacco ai Balcani dall'Adriatico (mi ha detto che del resto non aveva mai creduto ad un attacco a Salonicco), giacché questo costituirebbe veramente l'apertura di quel secondo fronte per il quale gli Alleati non hanno ancora forze sufficienti. L'invasione dei Balcani richiederebbe infatti, secondo lui, un centinaio di divisioni per poter avere come utile conseguenza un attacco sul fianco tedesco, mentre il tentativo di invasione di una parte dell'Italia continentale si potrebbe fare con quelle forze di cui gli Alleati disporranno dopo l'eventuale conquista della Sicilia. Essi conseguirebbero così un notevole successo senza impegnarsi fin d'ora in un vero e proprio attacco alla fortezza germanica. Mi ha detto però che gli inglesi sono ben decisi quando lo potranno a tentare di tutto per distruggerla.

«I tedeschi sbagliano, mi ha aggiunto, nel credere che quando gli angloamericani vedessero i russi avanzare vittoriosi verso i confini della Germania, comprenderebbero il pericolo e si deciderebbero ad iniziare conversazioni di pace. Gli inglesi non dimenticano che sono stati sul punto di sparire dal mondo e che si sono salvati con uno sforzo miracoloso, che non sarebbero in grado di ripetere per altri cento anni, grazie a molti errori commessi dai loro nemici e per effetto in fine dell'aiuto americano che è dubbio se si ripeterebbe in altre circostanze. Essi vogliono quindi andare fino in fondo e, solo dopo aver spazzato tutto, ricostruire a modo loro. D'altra parte gli anglo-americani si sbagliano anch'essi credendo che, una volta abbattuta la Germania, la Russia si interesserà meno all'Europa, si rivolgerà contro il Giappone e li aiuterà a sbarazzarsene. Stalin non vede certo alcuna convenienza per il suo paese nell'intraprendere una siffatta operazione che avrebbe in realtà il risultato di lasciare mano libera agli anglo-americani in Europa e di aiutarli nello stesso tempo a riconquistare i mercati asiatici, rischiando così di riuscire favorevole soltanto all'Inghilterra ed agli Stati Uniti».

Menemencioglu aveva invece fondate notizie circa interessanti conversazioni che si svolgerebbero in questo momento tra Giappone e Russia (1).

Per ciò che concerne la Turchia, egli mi ha ripetuto che questa era ben decisa a mantenere fino all'ultimo la sua neutralità. Quanto più gli avvenimenti militari si ingrandivano, si estendevano e si complicavano «mettere il dito nell'ingranaggio sarebbe stata una vera pazzia>> (sic). Era bensì vero che in questi ultimi tempi si notava da parte di alcuni settori anglo-americani una certa recrudescenza di esortazioni alla Turchia, per rappresentarle la convenienza di prendere una posizione netta e precisa in vista del prossimo regolamento finale dei conti. Non solo c'era stato un chiaro articolo della rivista americana Time in tale senso, ma vari esponenti militari alleati sopratutto nel Vicino Oriente si andavano esprimendo in questi ultimi tempi in tono che voleva essere perentorio. La Turchia era però ferma nella sua linea politica, non perché temesse di perdere delle migliaia di uomini o di subire i rischi e i danni di una guerra, ma perché era convinta che si sarebbe seduta al tavolo della pace con maggior prestigio, con maggiore forza e con maggiore probabilità di ottenere utili risultati mantenendosi fino all'ultimo neutrale, piuttosto che gettandosi anch'essa nella guerra.

Da parte mia non ho potuto naturalmente. che incoraggiare il Ministro in questi propositi, come del resto faccio ad ogni occasione.

Menemencioglu mi ha detto infine che sarà posdomani pubblicato dall'Ulua un suo articolo sulla pace di Losanna. Egli vi farà un po' l'elogio degli inglesi e dei greci, ma ciò unicamente per affermare che si deve alla moderazione e alla comprensione dimostrata da tutti gli antichi avversari riunitisi a Losanna se si giunse colà alla stipulazione di un trattato il quale ha dimostrato ormai la sua vitalità e la sua efficienza ed ha creato per la Turchia una situazione che in sostanza è stata utile a tutti in questo tragico sconvolgimento mondiale. Ciò vuole essere pertanto una indiretta critica agli altri trattati di pace tipo Diktat di Versailles ed allo stesso tempo una esortazione a non commettere errori simili quando si organizzerà la nuova pace, affinché quell'ordine nuovo che tutti voglioro creare non sia di ancora minore durata del sistema versagliesco.

(l) Questa informazione fu trasmessa all'Ambasciata a Tokio con T. 23735/587 P.R. del 31 luglio 1943, ore 24. Per le osservazioni di Indelli, vedi D. 593.

544

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, FECIA DI COSSATO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S.N.D. PER TELESCR. 4718/1184 R. Berlino, 28 luglio 1943, ore 20,35.

L'offensiva sovietica, iniziata nei settori centrali e meridionali del fronte il 18 corrente e proseguita con crescente intensità nel corso della settimana, è andata polarizzandosi soprattutto nel saliente di Orel nonché nella zona di lsyum e dell'alto Mius.

Le forze sovietiche evidentemente contenute o respinte con notevole difficoltà e gravi perdite sul Donez e sul Mius hanno raccolto maggiori successi nel settore di Orel dove i tedeschi sono stati fino ad ora costretti a piegare sotto la forte pressione nemica.

L'azione russa, che si suppone svolta di concerto con gli anglo-americani, è tuttora in corso. Essa non manca di suscitare preoccupazioni in questo Alto Comando in quanto, mentre è svolta da parte degli avversari con dovizia di mezzi del tutto inattesa, costringe i germanici ad impegnare molte riserve impedendo eventualmente -questo quanto è stato recentemente fatto presente anche a questo R. Addetto Militare -di distrarre da questo fronte forze che si rendessero necessarie su altro teatro di operazione (1).

545

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, Al MINISTRI A BUCAREST, BOVA SCOPPA, E A BUDAPEST, ANFUSO

T. 23122/442 (Bucarest) 224 (Budapest) P.R. Roma, 23 luglio 1943, ore 23.

(Per Bucarest) Ho telegrafa t o a Budapest quanto segue:

(Per tutti e due) Vi prego di voler far presente a Kallay necessità di mantenere un atteggiamento sereno di fronte a discorso del Maresciallo Antonescu (2). Tale discorso contiene indubbiamente delle espressioni poco opportune nei riguardi dell'Ungheria, ma nella sua parte sostanziale esso contiene anche offerta di conciliazione tanto più notevole, in quanto è questa la prima volta che egli si pronuncia pubblicamente in favore di un accordo sulle questioni controverse con l'Ungheria.

Come abbiamo più volte fatto presente a codesto Governo noi reputiamo che sia interesse tanto dell'Ungheria che della Romania evitare una rottura dei negoziati diretti tra i due paesi. E noi facciamo appello al Governo ungherese perché esso dia ancora una volta prova di buona volontà (3).

(Per Bucarest) Approvo vostra intenzione di svolgere azione moderatrice presso Antonescu al quale vorrete rivolgere a mio nome viva preghiera di non pregiudicare situazione, informandolo in pari tempo dell'azione da svolgere a Budapest (4).

(-4) La risposta da Bucarest non è stata rinvenuta.
(l) -Il presente documento reca 1l visto di Mussolln1. (2) -Vedi D. 535. (3) -Per la risposta da Budapest, vedi D. 556.
546

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

APPUNTO. Roma, 23 luglio 1943.

È venuto oggi a vedermi l'Ambasciatore del Giappone il quale mi ha detto che, dinanzi alla gravità della situazione attuale, che sarebbe inutile dissimularsi, egli ha ricevuto istruzioni dal suo governo di chiedere udienza al Duce allo scopo di ottenere da lui qualche dichiarazione in merito alla situazione militare e politica d'Europa in questo momento e di conoscere con precisione il suo punto di vista, sia per quanto si riferisce al fronte russo, sia specialmente in connessione col fronte mediterraneo.

L'Ambasciatore ha aggiunto che gli premerebbe di sapere se la collaborazione militare della Germania con l'Italia in questo momento sia quale la situazione sembra richiedere, dato che già da tempo era evidente essere tutte le forze anglo-americane concentrate nella regione mediterranea per far massa contro l'Italia.

Il Giappone vorrebbe fare il massimo possibile per venire incontro in qualche modo all'Italia. Egli ha precisato che nei confronti della Russia il Giappone è sempre pronto e nello stesso tempo molto prudente. Molotov, i giorni scorsi, ricevendo a Mosca l'Ambasciatore del Giappone, gli confermò di aver rifiutata la concessione di basi aeree richiesta dagli americani, e precisò che i rapporti fra la Russia e gli anglo-americani sono in questo momento di intima collaborazione, pur restando nel fondo gli stessi di prima.

Ho assicurato l'Ambasciatore del Giappone che avrei portato subito a conoscenza del Duce la sua richiesta di udienza (2) e che intanto gli potevo anticipare qualche breve considerazione alla sua richiesta d'informazioni.

l) Per quanto si riferisce alla Russia egli sapeva bene che il Duce, già da vari mesi, ha fatto conoscere al Fiihrer ed a von Ribbentrop la sua opinione che non convenisse in alcun modo, né all'Asse né alla Germania, il mantenere il fronte russo in attività e che una Eoluzione politica in quel settore era più che mai desiderabile. Lo svolgimento delle operazioni militari di questi giorni nel Mediterraneo e sul fronte orientale provavano la giustezza della sua visione e delle raccomandazioni ripetutamente rivolte a Berlino.

2) Egli conosceva il pensiero del Duce anche a proposito dell'azione politica che deve procedere di pari passo con l'azione militare e che deve prendere il posto di questa in certe determinate contingenze da lui già da tempo ravvisate in Europa. Raccomandazioni di questo genere il Duce ha rivolto, a parecchie riprese, al Fiihrer ed a von Ribbentrop, mettendo particolarmente in rilievo l'azione proficua ed intelligente svolta dal Giappone nella organizzazione dell'ordine nuovo in Estremo Oriente.

3) Circa il fronte mediterraneo non si è mai mancato di sottolineare a Berlino in tutti i modi l'importanza che questo veniva acquistando fin da quando le forze dell'Asse si trovavano sul territorio egiziano. Forse tale importanza non è apparsa risolutiva a Berlino, dove si ha una visione più continentale dei problemi.

4) Circa la condotta della guerra non mi risultava esistere nessuna altra volontà o corrente che quella di resistere in ogni modo e con tutti i mezzi, molti

o pochi, di cui si potesse disporre.

(l) -In Carte Roberto Suster, documento in copia (2) -Vedi D. 551.
547

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. RR. 2354/915. Roma, 23 luglio 1943 (1).

Telespresso di codesto R. Ministero n. 1/3911 del 21 corr. (2).

Con riferimento al telespresso ministeriale su citato ho personalmente intrattenuto il Cardinale Segretario di Stato sulla personalità del giornalista Domenico Russo cercando opportunamente di appurare quale consistenza aves

se il suo presunto «piano di pace» inteso ad assicurare la mediazione del Pontefice fra i belligeranti.

Il Cardinale Maglione ha ammesso di conoscere personalmente il Russo che egli ha definito degna persona ed ha detto che effettivamente egli si era andato adoperando a Parigi e a Lisbona ed anche in Vaticano per un suo piano « personale » di mediazione che dato lo scarsissimo prestigio politico di chi lo presentava non poteva certo essere preso in considerazione.

Infatti, riservati controlli disposti dalla Segreteria di Stato hanno accertato in modo preciso che quei contatti che Russo poteva aver preso non avevano avuto rilevanza di sorta e tanto meno alcun seguito.

Nonostante che la perfetta per quanto ingenua buona fede del Russo, secondo il Cardinale Maglione, sia assolutamente fuori questione, la Santa Sede non ha ritenuto per conto suo di prendere in alcuna considerazione tale personale iniziativa anche se poteva in qualche modo apparire non ostacolata da alcune Autorità politiche.

Il Cardinale Maglione ha concluso dicendomi che gli risultava essere il Russo definitivamente rientrato in Francia dove attualmente dimora.

-o 11 24 perché ha il visto di Mussolini.
(l) -Questo documento reca il giorno 27 come d'arrivo; deve essere giunto però lo stesso 23 (2) -Vedi D. 540.
548

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4778/505 R. Tokio, 24 luglio 1943, ore 12,15 (per. ore 7 del 25).

Da buona fonte confidenziale risulta che Sato avrebbe avuto recentemente istruzioni riprendere con Molotov sue conversazioni, che hanno subito breve periodo interruzione in seguito atteggiamento evasivo Sovieti in attesa risultato operazioni in corso al fronte europeo. Sato dovrebbe fare ogni sforzo per giungere ad ottenere per il futuro una garanzia più precisa di quanto offrano tanto patto neutralità quanto assicurazioni verbali finora avute, nei riguardi intenzioni Sovietici in Estremo Oriente, specialmente per quanto concerne utilizzazione americana note basi aeree Siberia. Pressioni di Washington a Mosca in senso anti-nipponico sono infatti come mi ebbe ad accennare lo stesso Shigemitsu, sempre più forti. Cooperazione russa rappresenterebbe infatti soluzione decisiva ed immediata del problema anglo-americano di colpire duramente territorio giapponese e zona continentale occupata.

549

L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4789/235 R. Shanghai, 24 luglio 1943, ore 13 (per. ore 12 del 25).

Nanchino, 23 luglio.

Oggi ha avuto luogo qui da parte mia e di questo Ministro Affari Esteri la firma accordo col quale Italia retrocede alla Cina i diritti amministrativi nella concessione internazionale Shanghai.

Come già prospettato a V. E. con mio telegramma 232 (1), la clausola nazione più favorita, pur nuovamente richiesta e con nuovi argomenti, ha trovato qui opposizione che non mi è sembrato possibile superare senza compromettere il complesso della trattativa ed il valore politico del nostro gesto.

Ho pertanto ceduto progressivamente sopratutto per salvare, come ho fatto, le due altre disposizioni integrative: quella riferentesi agli stabili ed agli uffici diplomatici e consolari a Shanghai e quella che ci consente di disporre di una nostra polizia consolare (contro questa ultima si affacciavano già sensibili obiezioni).

Ho firmato perciò nella convinzione di aver difeso al massimo i nostrl interessi e di aver ottenuto più di quello che ci era dato sperare.

Infatti nel caso specifico della concessione Shanghai, protetti come siamo dalle stesse comprensive garanzie giapponesi, la clausola nazione più favorita non ha valore effettivo, mentre il poter noi ufficialmente disporre di reparti italiani di polizia consolare è vantaggio di notevole importanza. Poiché: l. -integra il nostro prestigio mettendoci sullo stesso piede dei giapponesi, i soli che disponevano e dispongono di una polizia consolare, e differenziandoci dai neutrali con una istituzione di carattere prettamente italiano; 2. -salvaguarda prestigio e persone dei cittadini italiani; 3. -ci consente di mantenere a Shanghai un reparto di nostre truppe la cui presenza è sempre una affermazione politica ed una indiscutibile garan~ia; 4. -ci permette di esaminare subito e serenamente questione del trasferimento da Shanghai a Tientsin dei reparti del battaglione marinai per quei motivi che divengono sempre più evidenti e che io segnalo all'E. V. con altro telegramma.

Per la fiducia accordatami autorizzandomi a concludere senz'altro il negoziato esprimo mia profonda l'iconoscenza. Telegrafato Tokio.

(l) Con tale telegramma (4632;232 R. del 20 luglio 1943, ore 16, non pubblicato) Talianl Informava della richiesta del ministro degli Esteri cinese di escludere dall'accordo la clausola della nazione più favorita.

550

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO S. U. Roma, 24 luglio 1943.

Con riferimento alla conversazione di cui all'appunto di questa R. Ambasciata del 21 corrente (l), il Cardinale Maglione ha rimesso personalmente l'unita nota chiedendo che essa fosse sottoposta d'urgenza alla più seria attenzione del Governo italiano.

Nel consegnare tale nota il Cardinale Segretario di Stato ha sottolineato che le considerazioni della Santa Sede ivi esposte sono state ponderate in base a tutti gli elementi di giudizio, anche più recenti, in suo possesso e vengono rappresentate al Governo italiano unicamente al fine di risparmiare Roma da ulteriori sistematici bombardamenti.

ALLEGATO

LA SEGRETERIA DI STATO DI SUA SANTITA ALL'AMBASCIATA D'ITALIA PRESSO LA SANTA SEDE (2)

NOTA 4667/43. Dal Vaticano, 23 luglio 1943.

In risposta alla « comunicazione verbale» che S. E. il Conte Ciano, Ambasciatore d'Italia, fece all'Eminentissimo Signor Cardinale Segretario di Stato il 7 corrente (3) e

(~) Vedi D. 478, allegato.

in considerazione di quanto è posteriormente avvenuto, la Segreteria di Stato crede opportuno esporre quanto segue:

l. -Dalla Nota dell'Eminentissimo Cardinale Segretario di Stato n. 8812/42, in data 20 dicembre 1942 (1), il Governo italiano ben conosce quali siano stati gli argomenti sui quali la Santa Sede ha ripetutamente insistito per evitare il bombardamento di Roma da parte degli Alleati. Dalla medesima Nota e dalle pubbliche dichiarazioni del Governo inglese risulta altresì che questo, pur senza confutare gli argomenti d'ordine spirituale e religioso esposti dalla Santa Sede, ha sempre ricusato di prendere impegni al riguardo, dichiarando che, essendovi a Roma e nelle immediate vicinanze obiettivi militari, si riservava di bombardarli quando le ragioni di guerra l'avessero reso utile. Analogo è stato l'atteggiamento del Governo americano.

2. --Non è, dunque, del tutto esatto quanto era detto nella su ricordata comunicazione verbale del 7 luglio, che, cioè, «nel dicembre del 1942 il Governo britannico volle porre alcune condizioni per risparmiare la Città di Roma dalla devastazione di un bombardamento aereo». Per la verità è da notare che l'iniziativa partì unicamente dalla Santa Sede, la quale, vedendo che il Governo inglese continuava ad insistere sul fatto che a Roma e nelle sue vicinanze si trovavano veri e propri obiettivi militari, credé opportuno mettere al corrente di tali dichiarazioni il Governo italiano. Ciò facendo la Santa Sede -come è ovvio -non rinunciava al valore dei suoi argomenti di ordine religioso i quali rimasero sempre come le basi fondamentali delle sue richieste. Ma, poiché si veniva prospettando in contrario una reale difficoltà in base ad uno stato di fatto la cui esistenza o modifica dipendeva unicamente dal Governo italiano, la Santa Sede, non volendo tralasciare alcun mezzo per conservare l'incolumità di Roma, si stimò in dovere di rivolgersi al Governo medesimo nella persuasione che questo, animato come era da rispetto e venerazione verso la Città Eterna, avrebbe fatto il possibile per allontanare da sé qualsiasi, anche parziale responsabilità, in un eventuale bombardamento di Roma. Tale era appunto lo scopo della già ricordata nota che l'Eminentissimo Signor Cardinale Segretario di Stato indirizzava a S. E. Guariglia il 20 dicembre 1942. In risposta lo stesso Eminentissimo riceveva dall'Eccellentissimo Ambasciatore due lettere, una del 20 dicembre 1942 n. 3818, e l'altra senza numero del giorno successivo (2). Non c'è bisogno di qui ricordare le assicurazioni contenute in quei documenti come pure le altre che la R. Ambasciata d'Italia con foglio del 9 giugno u.s. (3) comunicò alla Segreteria di Stato la quale aveva fatto nuove insistenze con gli uffici n. 1219/43 del 28 febbraio 1943 e n. 3083/43 del 22 maggio successivo (4). - 3. --Il gravissimo bombardamento cui è stata sottoposta la Città di Roma il 19 corrente, le conseguenti stragi e rovine e la distruzione quasi totale di una delle basiliche patriarcali, rendono sempre più necessario che venga fatto il possibile per non compromettere ulteriormente l'incolumità di Roma.

Purtroppo quanto è finora avvenuto dimostra che più che alle ragioni, sia pur validissime addotte dalla Santa Sede, i Governi alleati danno peso alla permanenza di obiettivi militari in Roma e nelle immediate vicinanze.

Perciò la Santa Sede invita il Governo italiano a voler sollecitamente considerare se per tutelare da altre offese la Città Eterna e non incorrere responsabilità nell'even

tualità di altri bombardamenti, non sia necessario rendere Roma assolutamente priva di obiettivi militari in modo che essa possa essere dichiarata e considerata città aperta. Naturalmente tale demilitarizzazione dovrebbe essere effettiva e completa e munita, se occorra, delle opportune garanzie.

Ove il Governo italiano -ciò che la Santa Sede non può sperare -entri in quest'ordine di idee, la Santa Sede medesima si farà in dovere di darne immediata comunicazione ai Governi alleati.

È ovvio che la Santa Sede non può fare alcuna previsione sulla risposta che riceverà: ma può fin d'ora assicurare che, da parte sua, farà il possibile per agevolare il raggiungimento di un intento sì nobile qual'è quello di garantire da ogni ulteriore offesa bellica la Città che è centro e capo del mondo cattolico.

(l) -Vedi D. 541. (2) -Ed. in R. GUARIGLIA, Ricordi, Napoli, E.S.l., 1950, pp. 721-724. (l) -Vedi serle nona, vol. IX, D. 425. (2) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 431. (3) -Cfr. D. 410. (4) -Vedi DD. 63 e 382, allegato.
551

COLLOQUIO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, CON L'AMBASCIATORE DEL GIAPPONE, HIDAKA (l)

APPUNTO ( 2) . Palazzo Venezia, 25 luglio 1943, ore 12.

L'Ambasciatore del Giappone chiede al Duce, a nome del Presidente del Consiglio Tojo, di fornirgli ogni possibile precisazione circa la situazione politica e militare dell'Europa, che il Giappone considera con qualche preoccupazione, aggiungendo che il Governo giapponese è pronto a collaborare con il Governo italiano nel modo che si ritenga più opportuno per addivenire ad un miglioramento.

Il Duce risponde esprimendo innanzi tutto il suo apprezzamento per l'atteggiamento assunto dal Giappone, specialmente nel campo politico, atteggiamento a cui egli non aveva mancato di fare riferimento nel suo messaggio dei giorni precedenti al Presidente Tojo (3). Egli approvava la politica perseguita dal Giappone in Estremo Oriente, perché egli stesso era d'avviso che, quando le armi non costituiscono più un mezzo sufficiente per fronteggiare una situazione, ci si deve rivolgere alla politica. Tale punto di vista egli aveva ripetutamente cercato di far comprendere al Ftihrer, in varie occasioni, non riuscendo tuttavia a persuaderlo. Indubbiamente le forze anglo-americane avevano sviluppato un potenziale d'i mezzi tale da porre l'Italia in una preoccupante condizione d'inferiorità, sia dal punto di vista aereo, che terrestre e marittimo. La deficienza di mezzi veniva in questo momento fortemente risentita.

Per questo il Duce aveva deciso di compiere nel corso della settimana ventura un energico passo presso il Fiihrer per attirare tutta la sua più seria attenzione sulla situazione che era venuta a determinarsi negli ultimi tempi e per indurre il Fuhrer stesso, come già altre volte egli aveva tentato, a far cessare le ostilità sul fronte orientale, giungendo ad un componimento con la Russia. Una volta ottenuto ciò il Reich avrebbe potuto far sentire tutto il peso

del suo potenziale bellico contro gli anglo-americani in Mediterraneo ristabilendo così una situazione oggi indubbiamente compromessa.

Il Duce pregava l'Ambasciatore del Giappone di comunicare al Presidente Tojo che era suo vivo desiderio che egli appoggiasse con tutte le sue forze tale suo passo verso il Fiihrer, allo scopo di giungere alla cessazione delle ostilità contro la Russia. Nella attuale situazione, non era infatti più il caso di pensare ostinatamente al possesso dell'Ucraina, che non poteva rappresentare per il Reich un modo di soluzione integrale dei suoi problemi economici ed alimentari.

Tale preghiera il Duce rivolgeva al Presidente Tojo, perché solo in questo modo egli riteneva che la situazione potesse modificarsi a favore del Tripartito.

Altrimenti le condizioni in cui l'Italia conduceva la sua guerra erano tali che l'Italia si sarebbe, e a breve scadenza, trovata nella assoluta impossibilità di continuare le ostilità, e sarebbe stata costretta a dover esaminare una soluzione di carattere politico.

Il Duce congedava l'Ambasciatore del Giappone reiterando la sua viva preghiera per un intervento da parte del Presidente Tojo.

(l) -In Carte Roberto Suster, documento in copia. (2) -L'appunto è stato redatto da Bastlanlnl, presente al colloquio. (3) -Vedi D. 476.
552

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, A TUTTE LE AMBASCIATE E LEGAZIONI

T. 106/c. R. Roma, 26 luglio 1943, ore 0,30.

Vogliate recarvi da codesto Ministro degli Affari Esteri e comunicargli che Sua Maestà il Re e Imperatore ha oggi accettato le dimissioni dalla carica di Capo del Governo, Primo Ministro Segretario di Stato, presentate da S. E. il Cavaliere Benito Mussolini, ed ha nominato Capo del Governo Primo Ministro Segretario di Stato S. E. il Cavaliere Maresciallo d'Italia Pietro Badoglio.

Con telegramma a parte (l) si trasmette a V. E. (V. S.) testo dei proclami indirizzati agli Italiani da Sua Maestà il Re e Imperatore e dal Capo del Governo.

Richiamo vostra attenzione sul fatto che Italia mantiene con immutata volontà sua posizione e sua politica nell'attuale conflitto.

Per Berlino, Budapest, Bucarest: Ho informato di quanto precede questo

per Berlino: Ambasciatore di Germania,

Per Budapest: Ministro di Ungheria,

per Bucarest: Ministro di Romania,

per Berlino, Budapest, Bucarest: mettendo rilievo ferma decisione del Governo italiano di proseguire con tutti i mezzi la guerra a fianco dei propri alleati (2).

(l) -Non pubblicato. (2) -Da Berlino, Fecia di Cossato rispose con T. 4786/1189 R. del 26 luglio 1943, ore 2,10: «Alle ore 1,30 ho fatto a questo Segretario di Stato comunicazione prescritta». Per la risposta da Budapest e Bucarest vedi DD. 557 e 558. Altre risposte signi!lcative sono pubblicate al DD. 553, 560, 564, 566, 572, 591, 595, 597 e 602.
553

IL MINISTRO A ZAGABRIA, PETRUCCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 21517/683 P. R. Zagabria, 26 Zuglio 1943, ore 14,45 (per. ore 21 del 27).

Ho fatto al Poglavnik la comunicazione di cui al telegramma ministeriale

n. 106 in data odierna (1).

Nel prenderne atto il Poglavnik si è mostrato sicuro che le nostre posizioni nei riguardi della guerra non saranno modificate. Egli ha tenuto inoltre a sottolineare che le sorti dello Stato indipendente di Croazia sono legate all'Italia: ne è garanzia il fatto che un principe di Casa Savoia dovrà regnare in Croazia.

Il Poglavnik mi è parso del tutto tranquillo e padrone della situazione. Siamo rimasti nell'intesa che ci terremo sempre in strettissimo contatto.

554

COLLOQUIO DEL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, AMBROSIO, CON IL FELDMARESCIALLO KESSELRING (2)

VERBALE (3). Roma, 26 Zuglio 1943, ore 18,45.

Kesselring: Sono stato ricevuto oggi dal Maresciallo Badoglio ed ho pregato ora il generale von Rintelen di riferire a Voi brevemente su questa visita.

Rintelen: Il Feldmaresciallo è stato presentato al Maresciallo Badoglio, che non conosceva prima d'ora. Avendo la Maestà del Re e Imperatore assunto il Comando di tutte le Forze Armate italiane, il Feldmaresciallo ha chiesto di potergli fare una visita (già parlato col Ministro Acquarone. Il Feldmaresciallo ha dichiarato al Maresciallo Badoglio che lui si trova in Italia da un anno e mezzo e che durante questo periodo ha avuto occasione di conoscere il popolo ed il paese italiano. La lunga collaborazione gli ha anche permesso di vedere le possibilità del soldato italiano. Due cose si rendono necessarie nell'immediato futuro: cercare di far superare alle truppe italiane quel senso di stanchezza manifestatosi negli ultimi mesi; eliminare certe difficoltà create in questi ultimi tempi dalle autorità civili in modo da facilitare il compito a quelle militari. Il Maresciallo Badoglio ha risposto che lui, come Capo politico, farà tutto il possibile perché le cose vadano nel migliore dei modi. Per quanto riguarda lo spirito delle truppe italiane il Maresciallo ha pregato il Feldmaresciallo Kesselring di parlarne all'Ecc. Ambrosia.

Ambrosia: E' una cosa che mi ha sempre preoccupato, che matura da tempo.

Rintelen: Il Feldmaresciallo ha espresso la sua opinione, secondo la quale, superati questi due punti (morale truppa, collaborazione autorità civili) tutto potrà andare meglio. Per il resto il Ftihrer ha detto a Treviso (l) che manderà tutti i rinforzi possibili per la lotta. Il Maresciallo Badoglio ha espresso la sua convinzione che in questo momento la massima collaborazione è necessaria.

Ambrosia: Ho pregato il Feldmaresciallo di venire da me questa sera per dirgli che questo cambiamento politico non interferisce nei nostri riguardi (nel campo operativo ed in quello della collaborazione). Questa situazione è maturata fuori dall'ambiente militare, come apparirà quando sarà nota la mozione del Gran Consiglio. Perciò nei rapporti tra il Feldmaresciallo ed il sottoscritto nulla è cambiato, con la differenza che prima dipendevo dal Duce, mentre ora dipendo da Sua Maestà. Se qualche volta riterrete di dover conferire con Sua Maestà -naturalmente non con la frequenza con cui si andava dal Duce -sarò ben lieto di favorirvi.

Kesselring: Al riguardo mi riserverò d'i ricorrere a Voi soltanto in casi particolari che riguardano le forze germaniche.

Ambrosia: Come detto nel proclama, noi proseguiamo la guerra a fianco dell'alleato. Approfitto della vostra presenza per chiedere qualche notizia circa la 3a divisione «Grenadiere ». Il Feldmaresciallo Keitel aveva espresso il desiderio che essa restasse nell'attuale dislocazione. Vi è qualche cosa di cambiato? Ha fatto l'Ecc. Roatta qualche richiesta di spostamento?

Kesselring: Non ho più parlato col Feldmaresciallo Keitel. Coll'Ecc. Roatta si era rimasti d'accordo di non muoverla. Data la situazione in Calabria ho preso contatto coll'Ecc. Roatta ed ho proposto di portare elementi della 16• divisione al posto della 26• divisione.

Ambrosia: Roatta non è propenso a muovere la 16• divisione. Cosa succede allora della 3• «Grenadiere >>?

Kesselring: E' ancora nella vecchia zona ad eccezione di un gruppo misto.

Ambrosia: Dove si trova?

Kesselring: Verso Pratica di Mare e poi sarà trasferita in zona di NapoliSalerno per rinforzare quella zona. (Segue esame della situazione della 26•. Nella piana di Eboli si trova ancora un gruppo di carri della 26• divisione, mentre affluiranno altri elementi che sono ancora in movimento).

Ambrosia: E il resto della 3• divisione «Grenadiere »?

Kesselring: Si era del parere di avvicinarla a Roma.

Ambrosio: Poi però, dopo avere parlato col Feldmaresciallo Keitel, si era convenuto o di portarla in Calabria o di !asciarla dove era.

Kesselring: Come già parlato coll'Ecc. Roatta, sono dell'opinione che se non si possono portare sufficienti truppe in Calabria (zona di Catanzaro), bisogna ad ogni costo sbarrare la zona pedemontana, e ciò per assicurare l'ala sinistra del nostro schieramento. Per noi è poi essenziale garantire la sicurezza della strada costiera che porta a Reggio. Quando saranno giunte in Calabria la divisione alpini ed un'altra divisione germanica di fanteria, non avrò più preoccupazioni.

Ambrosio: Concludendo: una parte della 3a divisione è a Pratica di Mare e proseguirà poi verso sud.

Kesselring: Il resto rimane per il momento nell'attuale zona. Ancora una domanda se permettete. Qual' è il vostro parere: ritenete che si possa superare questo momento di crisi dello spirito della truppa?

Ambrosio: Il Feldmaresciallo è un vecchio soldato che conosce i ferri del mestiere come me. Rimontare lo spirito non è un compito facile, ma bisogna fare tutto quanto è possibile. In merito a questa depressione alludete a truppe viste in Sicilia oppure ad altre?

Kesselring: Mi riferisco in primo luogo a quanto visto in Sicilia, poi in genere una depressione e mancanza di fiducia manifestatasi nell'ambiente ufficiali. Bisogna sempre considerare l'enorme influenza che esercita lo spirito degli ufficiali su quello della truppa. È mia convinzione che è perduto solo chi si dà perduto. Molto si potrà fare alimentando nei punti vitali il senso di cameratismo e di collaborazione con le truppe germaniche meglio armate. Gran parte del pericolo potrà essere scongiurato. Ho potuto rilevare che dove c'è questa fusione il cameratismo è veramente ammirevole.

Ambrosio: Questo avviene particolarmente in Sardegna. Lo otterremo anche in Calabria.

(l) -Vedi D. 552. (2) -In Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. (3) -Era presente al colloquio il gen. R!ntelen.

(l) Vedi D. 531.

555

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, FECIA DI COSSATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER TELESCR. 4807/1194 R. Berlino, 26 luglio 1943, ore 19.

Nella conferenza dei giornalisti esteri di stamane, all'Auswaertiges Amt, il Capo dell'Ufficio Stampa del Ministero Dr. Schmidt, interrogato sugli avvenimenti italiani, ha negato anzitutto, per rispondere ad analoga domanda, che gli avvenimenti stessi siano in qualche modo da porre in relazione con il recente incontro Hitler-Mussolini (l).

In quanto agli avvenimenti in sé, egli ha aggiunto di non aver ancora informazioni precise, e quindi di doversi limitare a constatare soltanto i fatti. I fatti sono tre:

l) -M ussolini si è ritirato ;

2) -il Re ha emanato un proclama per accettare le dimissioni di Mussolini e dare notizia della nomina del Maresciallo Badoglio come successore, e per riaffermare che la guerra continua;

3) -il Maresciallo Badoglio ha pure pubblicato un proclama al popolo, in cui dichiara che l'Italia è conscia delle tradizioni della sua storia e continuerà la guerra.

A quanto pare, si tratta di uno sviluppo di politica interna italiana, che si sottrae quindi ad ogni giudizio, ha detto il Funzionario. Gli anglo-americani cercano ora di fare una grande propaganda attorno agli avvenimenti presso il popolo italiano, ma non si hanno sintomi che permettano di presumere che la propaganda stessa sia destinata ad avere successo.

Chiestogli se il partito fascista sia rimasto colpito da quanto è accaduto, il Funzionario ha risposto di non avere alcuna comunicazione circa la posizione del partito fascista nel quadro del nuovo regime. Si sa soltanto che la Milizia fascista è stata inquadrata nelle forze armate.

Alla domanda se i rapporti fra l'Italia e la Germania abbiano subito mutamenti e se il sistema dell'Asse sia stato toccato, il Funzionario ha affermato che la risposta a tale domanda si trova nei messaggi del Re e di Badoglio, i quali dichiarano che l'Italia continuerà la guerra a fianco della Germania. Noi dobbiamo attenerci a queste dichiarazioni, e non abbiamo nessun motivo di dubitare di esse.

Ma se la guerra deve continuare, è stato chiesto, perché Mussolini si è ritirato? Il Funzionario ha risposto di ignorarlo, ed ha ripetuto ai ritenere tnntarsi di una questione di politica interna.

In quanto al carattere del nuovo Gabinetto sembra, a quanto risulta dalle primo nomine, che non si tratti di un Governo militare vero e proprio, bensì di tecnici.

Un giornalista ha chiesto se data la stretta collaborazione tra Mussolim e Hitler il ritiro di Mussolini non arrecherà mutamenti alla situazione. I principi dottrinari non sono posti in questione, ha osservato il Funzionario, dfl resto, non si tratta ora di dottrina ma della guerra, e il nuovo Governo ha dichiarato nettamente che su questo punto nulla è mutato.

Chiestogli se vi sia da ritenere che il Governo tedesco si porrà in contatto col nuovo Governo italiano, il Funzionario ha risposto in modo affermativo, agg,iungendo però essere troppo presto per parlare di incontri.

Ad una domanda circa i motivi di salute per cui Mussolini, secondo le notizie tedesche, si sarebbe ritirato, il Funzionario ha fatto osservare che il Duce era da tempo molto malato; ora probabilmente le sue condizioni sono peggiorate.

Il Ministro Schmidt ha terminato le sue dichiarazioni affermando che il

Governo del Reich mantiene un contegno di calma assoluta, e che esso non

ha alcun motivo di inquietudine né anzi di non essere molto tranquillo.

I giornali pomeridiani danno la notizia del cambiamento del Governo su due colonne di prima pagina, in neretto, aggiungendo la postilla, segnalata dal bollettino stampa di stamani, sullo stato di salute del Duce che avrebbe determinato le sue dimissioni. Sono riprodotti per esteso i proclami del Re Imperatore e del Maresciallo Badoglio. Nessun commento. Nell'opinione pubblica l'impressione è fortissima.

(l) Vedi D. 531.

556

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE FERRARIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 4835/333 R. Budapest, 26 Zuglio 1943, ore 23,30 (per. ore 2,30 del 27).

Telegramma di V. E. 224 del 24 corrente (1).

Ho espresso oggi a questo Ministero Affari Esteri particolare interessamento R. Governo a prosecuzione conversazioni ungaro-romene e vivo desiderio italiano che recente discorso Maresciallo Antonescu non costituisca motivo per irrigidimento e reazione agli stessi ungheresi. Ministro Ghiesy, che ha assunto sue funzioni in data 24 corrente, mi ha dichiarato che discorso pronunciato da Antonescu dinanzi agli allievi ufficiali romeni, contiene un vero e proprio incitamento alla guerra contro l'Ungheria e che nel testo del discorso egli non aveva trovato le ragioni che potessero corredare in qualche modo anzidette provocanti dichiarazioni.

Egli mi ha detto peraltro che Governo ungherese, pur messo in condizioni sempre più difficili da atteggiamento romeno, non intende per ora dipartirsi dalla sua riserva in vista dei superiori comuni interessi politico militari. Mi ha esppresso apprezzamento per attenzione con cui R. Governo segue andamento reiezioni ungaro-romene ed ha citato silenzio stampa ungherese a prova moderazione e calma che Budapest conserva nei riguardi della [Romania]. Sta di fatto che giornali ungheresi hanno fino ad ora taciuto discorso Antonescu, cui testo sarei grato far pervenire a questa Legazione.

557

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE FERRARIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 4817/334 R. Budapest, 26 Zuglio 1943, ore 23,30 (per. ore 2,30 del 27 ).

Vostro telegramma n. 106/C. del 26 corrente (2). Ho comunicato oggi a questo Ministero Esteri dimissioni Cav. Benito Mussolini e nomina Maresciallo d'Italia Badoglio a Capo del Governo. Mi sono

50 -Documenti cliplomatici -Serie IX -Vol. X

inoltre espresso col Ministro Ghiczy nel senso vostre istruzioni per quanto concerne ferma volontà dell'Italia mantenere immutata sua posizione e sua politica nell'attuale conflitto. Ghiczy mi ha incaricato trasmettere a V. E. caldo messaggio di solidarietà che Ungheria è vicina oggi più fermamente che mai all'Italia. Nessuna vicenda politica -egli mi ha detto -può alterare nostra amicizia che è basata su una permanente identità di interessi materiali e morali. A Mussolini è legata nostra profonda riconoscenza per quanto egli ha fatto per Ungheria. All'Italia nostra salda amicizia di ieri, di oggi e di domani. Mi ha pregato ringraziare V. E. per la cortese comunicazione e confermarvi, ferma ed imperitura fiducia dell'Ungheria nell'azione dell'Italia.

(l) -Vedi D. 545. (2) -Vedi D. 552.
558

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA (l)

R. SEGRETO S.N. Bucarest, 26 luglio 1943 (per. il 28).

Il presidente Antonescu mi ha pregato di farVi pervenire con la massima urgenza un Suo messaggio di saluto e di simpatia.

Vi sarà certamente noto che il signor Mihai Antonescu da lungo tempo persegue il programma di arrivare ad una chiarificazione della situazione generale politica e militare.

Con due promemoria uno in data 15 gennaio c.a. (2) e l'altro in data 5 giugno c.a. (3) ho illustrato prima al Conte Ciano poi direttamente al Duce l'attività, i propositi e le speranze del signor Antonescu. Se lo crederete utile Vi sarei grato di prenderne visione.

V. E. è forse a quest'ora già al corrente dei contatti che Antonescu stabilì a Venezia col signor Bastianini e a Rocca delle Caminate con il Duce (4) e dei propositi da lui manifestati ai due uomini di stato italiani.

Questa mattina, non appena saputo della Vostra nomina a Ministro degli Esteri, Antonescu mi ha convocato d'urgenza e mi ha pregato di far partire immediatamente il primo Segretario di questa Legazione comm. Gerbore perché Vi recasse questo messaggio. Il presidente Antonescu ha anzi voluto mettere a nostra disposizione un areoplano romeno che condurrà Gerbore a Roma e lo attenderà per avere il più rapidamente possibile una Vostra risposta.

Premessa la sua vivissima soddisfazione per la Vostra nomina a Ministro degli Esteri, Antonescu mi ha detto quanto segue:

«Spero che Numan Menemengioglu abbia tenuto al corrente S. E. il barone Guariglia dei miei passi e della mia attività. Fate sapere a S. E. Guariglia che considero indispensabile stabilire un contatto sempre più stretto tra l'Italia e la Romania e insisto su quanto già dissi nel corso della mia recente visita in Italia: che occorra organizzare tra noi una azione di concerto. Aggiungo che

se non dovessi trovare quell'appoggio che invoco mi vedrei costretto tra una settimana a continuare l'azione che ho intrapreso per conto mio. Considero che è nell'interesse dell'Italia e nel nostro di legare le nostre sorti per uscire insieme dalla situazione nella quale la drammaticità degli eventi ci ha posto. L'Inghilterra e l'America non hanno interesse ad un intorbidimento della situazione balcanica. Se si lavora rapidamente si possono mettere i tedeschi davanti al fatto compiuto. Noi non vogliamo offrirei il lusso di diventare un territorio d'operazioni militari e i propositi dei tedeschi viceversa sono di considerare i nostri paesi come linea di ultima resistenza. Oggi stesso chiamo il Ministro di Germania, barone von Killinger, per dirgli che non intendo più eseguire degli ordini ma conoscere -da alleato -delle situazioni, discuterne e trame delle conclusioni. Io prego il barone Guariglia di suggerire all'Ungheria di tenersi tranquilla, di pensare ai vantaggi d'una difesa comune contro i russi. I problemi della conservazione reciproca ci sembrano i problemi essenziali del momento. Cercherò di stabilire dei contatti col Re Boris. Che il nuovo Governo italiano abbia stretti contatti con la Croazia. Il Ministro croato Tortic che è qui per la firma d'un accordo culturale ha insistito molto stamani con me su tale necessità in questo momento.

Aggiungo che davanti alla cessazione se non formale sostanziale dell'Asse la Romania ha il dovere di adattarsi alla nuova situazione. Ma noi seguiremo l'Italia purché l'Italia ci guidi e non ci obblighi ad agire autonomi. Ho fatto sapere ai turchi le mie impressioni sull'Italia, le mie idee sulla necessità storica d'una funzione mediterranea dell'Italia. Ho precisato che gli anglosassoni insistendo sulla clausola della resa senza condizione rendono impossibile ad ogni uomo di stato italiano che si rispetti d'assumersi la responsabilità d'un suicidio. Se la situazione in Italia dovesse peggiorare, la Germania a qualunque costo negozierebbe una pace con la Russia per difendersi contro gli anglosassoni. A quale prezzo? Cedendo alla Russia i Balcani prima che vi si insedino gli inglesi. È la sola carta che le resta da giuocare. Interesse sommo quindi per la Turchia di agire e di agire d'urgenza. In caso contrario per premunirsi contro il pericolo d'una avanzata slava i turchi finiranno per entrare nella guerra a fianco dei russi. A quanto mi consta Menemengioglu si è reso conto dell'importanza della cosa. Una persona fidata è partita per il Cairo dove è arrivata proprio in questi giorni. Avendomi questo Ambasciatore turco accennato al Dodecanneso, ho risposto che avevo trovato in Italia molta comprensione su questo problema.

Siccome l'Ambasciatore di Turchia si propone di ripartire di nuovo per Ankara nei prossimi giorni, Vi prego di chiedere a S. E. Guariglia se è disposto a stabilire un'intesa con noi, se vuole agire di concerto per quel fronte unico che da tempo ho offerto all'Italia e di coordinare, mettendosene alla testa,

l'azione d'un gruppo di Stati che vogliono agire per la loro salvezza e la salvezza dell'Europa».

La posizione del Signor Mihai Antonescu vi è nota, Eccellenza. Fino a quando una crisi dei regimi totalitari non si generalizzi e non porti a conseguenze per ora imprevedibili anche là dove, come in questo Paese, il regime riposa sopra l'esercito, la sua situazione è stabile. L'uomo è disposto all'azione.

Ci ha insistentemente offerto entrambe le mani e non in funzione anti-ungherese, ma in funzione europea.

V. E. giudicherà sulla base della situazione italiana che cosa rispondergli ed entro quali limiti autorizzarlo ad agire O).

(l) Ed. in R. BovA ScoPPA, Colloqui con due dittatori, clt., pp. 116-117, con varianti di forma e numerose omissioni.

(2) -Vedi serie nona, vol. IX, D. 503. (3) -Vedi D. 395. (4) -Vedi DD. 459, nota l, e 467.
559

IL MINISTRO A ZAGABRIA, PETRUCCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 4986/686 R. Zagabria, 27 luglio 1943, ore 19,30 (per. ore 9 del 31).

Mio telegramma 683 (2).

In questi ambienti ufficiali come pure in genere nell'opinione pubblica si nota una certa perplessità circa carattere da attribuirsi a recente cambiamento del Governo in Italia. Particolarmente preoccupate appaiono personalità ustascia mentre nel ceto abbastanza ampio che si augura la vittoria delle « Nazioni unite» soddisfazione è palese. Estremo riserbo si osserva in tutti gli ambienti germanici ufficiali e non ufficiali, cosa che risulta anche dai contatti avuti da questa Legazione.

Data delicatezza situazione in questo Paese e legami nostri con questo Stato rappresento opportunità che mi siano fornite con sollecitudine indicazioni per mia norma di linguaggio (3).

560

IL MINISTRO A LISBONA, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.D. PER CORRIERE 4933/1348/0136 R. Lisbona, 27 luglio 1943 (per. il 30).

A telegramma circolare n. 106 del 26 corrente (4).

Ho fatto immediatamente a Salazar comunicazione prescrittami. È naturale che egli risenta, quantunque se ne sia sempre, forse per prudenza, schermito, la sua solidarietà coi dittatori e con quegli ordinamenti politici, come lo stato corporativo fascista, analoghi agli ordinamenti da lui promossi.

Avvenimenti italiani susciteranno, a suo giudizio, reazioni profonde in tutti i Balcani e nella stessa Germania che rischia di trovarsi pericolosamente

no

sola e moralmente isolata, nonostante la sua macchina bellica ancora gigantesca. Meno immediate e meno ampie, ma altrettanto certe, le reazioni nella penisola iberica. Anche sua posizione personale e quella del «nuovo stato portoghese» finiranno col subirne un qualche contraccolpo. Non ritiene comunque sia interesse anglo-americano affrettare, in questo settore, i tempi, o, tanto meno, procedere ad azioni di forza. È certo -ha osservato -che Londra non ama uomini e regimi che abbiano asserito o asseriscano troppo energicamente la propria personalità e le proprie ragioni di esistenza.

È convinto che la mancata partecipazione tedesca alla difesa dell'Italia contro il congiunto attacco anglo-americano, nella misura richiesta e necessaria, abbia provocato la crisi finale, che si andava del resto, a suo avviso, maturando sin dal momento della nostra entrata in guerra, imposta da Mussolini contro la volontà del Paese per errore di calcolo e di valutazione indubbiamente gravissimo.

Ritiene imminente per nostra iniziativa apertura negoziati intesi ad accertare quali concrete possibilità effettivamente consenta la «pace onorevole» di cui al messaggio Churchill-Roosevelt al popolo italiano. Ma si rende chiaro conto della difficoltà, sia di procedere da parte nostra -se gli Alleati dovessero insistervi -alla rapida e radicale liquidazione di un regime più che ventennale, sia di concretare una formula suscettibile di chiarire onorevolmente i nostri rapporti con la Germania, sfuggendo il rischio di diventare campo di battaglia fra i due.

Quantunque l'odio di Churchill per Mussolini sia -per quanto gli risulta maggiore di quello da lui nutrito per Hitler che è pur grandissimo, non crede che eguali sentimenti egli nutra per il popolo italiano, per il quale ha avuto spesso parole non ostili. Ma se è convinto della capacità dei dirigenti inglesi e americani di condurre la guerra, non appare, tutto sommato, altrettanto convinto della loro capacità di costruire la pace e la pace giusta.

Salazar è certo che gravi e vaste crisi si preparino in ogni caso per tutti. La Gran Bretagna, disarmata all'inizio della guerra, ha dovuto di necessità appoggiarsi a due Potenze extraeuropee: gli Stati Uniti e la Russia. Sicché, premuta fra codeste due enormi forze estranee, l'Europa dovrà certamente superare molti e gravi ostacoli, per riasserire, come egli si augura e spera, la sua superiore morale, civiltà, ragioni stesse di esistenza.

Sopra tutto grave, a suo giudizio, il perdcolo sovietico. Straordinariamente rafforzata dal prestigio che le proverrà anche dalla sola sua resistenza contro il formidabile apparecchio militare germanico, la Russia, o avrà in se stessa il potere di autolimitarsi -ciò che è improbabile -o non potrà essere arrestata -eventualmente caduti l'argine e il baluardo tedeschi -da nessuno e da niente. Né egli sa sino a che punto gli Alleati si rendano conto di questo sovrastante pericolo. Stalin, che ha mantenuto e mantiene l'intera libertà dei suoi movimenti nei confronti di tutti, rischierebbe di diventare il portavoce e l'interprete più autorevole dell'intera Europa continentale sommersa.

Salazar, che non mi pare, e certamente non è, specialmente informato delle intenzioni e propositi alleati anche in ragione della diffidenza che egli indubbiamente suscita, nonostante l'antica alleanza, sia a Londra che a Wa

shington, ha voluto riconfermarmi concludendo, e in termini vivi e caldi, la sua fede nell'Italia e nella sua capacità di superare, sotto la guida del Re e del suo Governo, anche questa gravissima svolta della sua storia.

(l) -Per la risposta d! Guar!gl!a, vedi D. 577. (2) -Vedi D. 553. (3) -Per la risposta di Guar!gl!a, vedi D. 601. (4) -Vedi D. 552.
561

IL MINISTRO A LISBONA, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER CORRIERE 4932/1352/0140 R. Lisbona, 27 luglio 1943 (per. il 30J.

L'Agenzia « Reuter » ha diramato in data 26 corrente da Washington il seguente telegramma:

«Durante l'udienza concessa oggi ai giornalisti, Cordell Hull ha dichiarato che la tempestiva fine del Governo di Mussolini rappresenta il primo passo importante verso la completa distruzione del fascismo in Italia e lo sterminio di tutte le sue vestigie in un prossimo futuro. Questa dichiarazione di Cordell Hull costituisce il primo commento ufficiale statunitense sulle dimissioni di Mussollni.

Essendogli stato richiesto quale fosse l'atteggiamento degli Stati Uniti di fronte agli avvenimenti in Italia, Hull ha risposto che gli Alleati continueranno a battersi valorosamente e che la politica di " resa senza condizioni " (unconditional surrender) non sarà modificata.

Hull ha aggiunto che se tutti gli spiriti venissero esclusivamente rivolti all'adempimento dei propri doveri di guerra, gli Alleati porterebbero più rapidamente a conclusione l'attuale conflitto. Egli ha affermato che la crisi italiana è stata provocata da avvenimenti militari ed ha categoricamente smentito che gli Alleati fossero in contatto con Badoglio durante gli ultimi mesi.

Rispondendo ad altre domande, Hull ha detto di essere dell'opinione che non dovrebbe verificarsi nessuna trasformazione nella politica degli Alleati come risultato della crisi italiana, sebbene egli non abbia ancora conferito a questo riguardo né col Presidente né col Segretario della Guerra. Cordell Hull si è rifiutato di discutere la possibilità che siano offerti termini meno rigorosi di capitolazione, aggiungendo che le condizioni da applicare saranno le stesse per tutti i paesi che si trovano in guerra con qualsiasi delle Nazioni Unite.

Quando gli è stato richiesto se gli Stati Uniti non sarebbero disposti a negoziare una pace con Re Vittorio Emanuele, Hull ha risposto di non avere ancora parlato col Presidente al riguardo. Rispondendo ad un giornalista che gli chiese se Casa Savoia era ufficialmente legata al fascismo, Hull ha osservato che la guerra con l'Italia prosegue 11 suo corso e che, per conseguenza, al Dipartimento di Stato non spettava di fissare una nuova politica o linea di condotta.

In risposta a numerosissime altre domande Hull ha dichiarato di non essere consigliabile precipitare le cose o tentare di ottenere una decisione prima che ciò sia fatto dagli eserciti. Egli ha detto inoltre che il Giappone dedicherà la massima attenzione agli avvenimenti che si svolgono in Italia~.

562

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO LA SANTA SEDE, LANZA D'AJETA, AL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO

APPUNTO S. U. Roma, 27 luglio 1943.

La Segreteria di Stato, con la nota qui unita in copia, ha desiderato attirare l'attenzione del nuovo Governo italiano sulla comunicazione di cui all'appunto di questa R. Ambasciata in data del 24 corrente (1), relativa alla proposta della Santa Sede di rendere e di dichiarare Roma città aperta.

Anche verbalmente la Segreteria di Stato ha tenuto a sottolineare l'opportunità che tale questione venga vosta allo studio da parte delle competenti autorità con la massima possibile urgenza compatibile con le attuali esigenze di ordine pubblico (2).

ALLEGATO

LA SEGRETERIA DI STATO DI SUA SANTITA ALL'AMBASCIATA D'ITALIA PRESSO LA SANTA SEDE (3)

NOTA 4721/43. Dal Vaticano, 26 luglio 1943.

La segreteria di Stato di Sua Santità si reca a premura di richiamare ancora una volta l'attenzione della R. Ambasciata d'Italia presso la Santa sede su quanto forma oggetto della sua comunicazione alla medesima R. Ambasciata in data 23 luglio corrente, n. 4667/43 (4).

Per il rispetto e la venerazione che si devono alla Città Eterna, sede vescovile del Sommo Pontefice e centro della cristianità, e allo scopo di allontanare da essa il pericolo di rinnovate offese aeree, la Santa Sede ritiene necessario che il nuovo Governo italiano si affretti a dichiarare ed a rendere effettivamente Roma città aperta.

563

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, FECIA DI COSSATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S. N. D. PER TELESCR. 4845/1205 R. Berlino, 28 luglio 1943, ore 0,30.

La prima impressione suscitata in Germania sia fra le masse che nei circoli dirigenti dall'annuncio dei mutamenti governativi italiani è stata unanime: l'Italia si preparerebbe, con questi, a ritirarsi dal conflitto. Mentre tale impressione permane -provocando tra il pubblico uno stato di abbattimento e demoralizzazione non disgiunto da se~nl dl nascente risentimento -comin

ciano a delinearsi, dopo un giorno di disorientamento, reazioni e indicazioni sull'atteggiamento di questo Governo nei confronti della nuova situazione.

Se le masse popolari invidiano forse una «soluzione» che aui appare impossibile per la diversa costituzione statale, negli ambienti responsabili e nel partito la crisi italiana è considerata un fatto di gravità eccezionale, capace di ripercussioni di incalcolabile importanza ner la Germania e per il Regime.

Alla formulazione di tale giudizio concorrono, in primo luogo, l'impressione che la scomparsa di un Regime, pur sempre considerato precursore del Nazismo e ritenuto più opportunamente ed indissolubilmente legato da un comune destino, abbia privato il Reich hitleriano del più valido appoggio internazionale; in secondo luogo, la sensazione che il mutamento di Governo in Italia sia destinato, attraverso sviluppi che qui si Considerano inevitabili. a mettere in pericolo l'intero equilibrio strategico dell'Europa meridionale e sud-orientale, aggravando forse irreparabilmente la situazione militare del Reich.

In questi circoli politici traspare abbastanza palese l'opinione che l'equilibrio nel conflitto potrebbe essere [in] futuro ristabilito solo mediante un compromesso con la Russia sovietica. Poiché tale compromesso non appare qui ora raggiungibile ed è pertanto ritenuto inevitabile il prolungamento del conflitto nelle sue attuali gigantesche proporzioni, si considera interesse primario del Reich porre il fianco meridionale della fortezza germanica al riparo da ogni minaccia.

Accanto a motivi di ordine sentimentale, la cui importanza ed influenza sull'animo del Fiihrer bisogna guardarsi dal sottovalutare, sussistono adunque considerazioni di ordine politico e strategico che inducono [a ritenere che] l'attuale marcato riserbo manifestato dagli organi ufficiali e dalla stampa germanica nei confronti del nuovo Governo italiano e delle sue dichiarazioni di lealtà possa preludere ad una più perentoria richiesta di chiarimenti nei riguardi delle nostre intenzioni.

Un elemento che colpisce fortemente i dirigenti nazional-socialisti è l'informazione secondo cui Mussolini non si troverebbe in libertà. Sono pur molto notate talune manifestazioni della stampa italiana, che non si troverebbero in linea con i recenti proclami.

L'atteggiamento tedesco nei nostri riguardi, nella presente fase, può essere definito di attesa.

Ritengo tuttavia mio dovere segnalare a V. E. che, mentre nei rapporti personali ed esterni e nelle manifestazioni giornalistiche (vedi miei telegrammi 1194 (1), 1198 (2) e 1204 (3)) si dimostra correttezza nei nostri confronti, si è in realtà profondamente scossi dagli avvenimenti italiani e che, secondo talune informazioni, si starebbero vivamente esaminando misure da prendere.

Il Fiihrer tiene radunati presso di sé già da due giorni, a quanto risulterebbe in ambienti ben informati, i maggiori suoi collaboratori, con i quali sta consultandosi.

(l) -Vedl D. 550. (2) -Su un !ogllo allegato sl legge: «Consegnato da d'Ajeta li 27 lug!lo 1943 alle ore 19,30. D'Ajeta aggiunge che il Ministro Osborne è tornato a insistere presso la Santa Sede per avere una risposta circa la "città aperta"». (3) -Ed. in R. GuARIGLIA, Ricordi, cit., p. 725. (4) -Vedi D. 547. (l) -Vedi D. 555. (2) -T. 4826/1198 R. del 27 luglio 1943, ore 11,45, non pubblicato: riportava i commenti dei principali giornali tedeschi sul mutamenti interni avvenuti in Italia. (3) -T. 4839/1204 R. del 27 luglio 1943, ore 19, non pubblicato: forniva notizie sulla conferenza stampa avente per oggetto la situazione italiana svoltasi quel giorno. Per la precedente, vedi D. 555.
564

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER TELEFONO 4864/394 R. Parigi, 28 luglio 1943, ore 12,30.

Mio telegramma 380 (l).

Anche oggi stampa francese pubblica con grande risalto notiziario relativo situazione in Italia. Giornali sottolineano nei titoli e nei testi le due frasi del proclama del Maresciallo Badoglio e cioè «la guerra continua ~ e «l'Italia mantiene fede alla parola data».

Mancano anche oggi commenti ad eccezione di una breve nota editoriale della Pariser Zeitung e di un breve commento della Vie industrielle (mio telegramma 395) (2). Giornali riportano altresì frasi di commento della Agenzia Reuter e della radio americana scelte col chiaro proposito di dimostrare che anche da parte anglosassone si considera immutata la posizione dell'Italia nel conflitto.

In tutti gli ambienti francesi e tedeschi gli avvenimenti italiani continuano a suscitare vivissima impressione.

La grande maggioranza del popolo francese li ha accolti con evidente compiacimento, sopratutto nella presunzione che il cambiamento del Governo preluda all'uscita dell'Italia dalla guerra abbreviandone grandemente la durata e agevolando in definitiva la futura posizione della Francia. Gli ambienti collaborazionisti a Vichy e qui si mostrano invece preoccupati e, in attesa di ulteriori sviluppi, sottolineano la frase del proclama del Maresciallo Badoglio relativa alla continuazione della guerra.

Analogo all'atteggiamento ambienti collaborazionisti, quello degli ambienti tedeschi civili e militari. Traspare dai primi contatti una v[va preoccupazione per l'avvenire, e cioè non soltanto per il futuro atteggiamento italiano, ma anche per le ripercussioni che gli avvenimenti del 25 luglio potranno avere nei Paesi alleati od occupati, specie nei Balcani, nonché sul morale del popolo germanico.

565

IL CAPO DEL GOVERNO, BADOGLIO, AL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER

T. P. (3). Roma, 28 luglio 1943, ore 20.

Col giuramento nelle mani di S. M. il Re e Imperatore il Consiglio dei Ministri da me presieduto si è oggi insediato. Come già dichiarato nel mio pro

clama rivolto agli Italiani, ufficialmente comunicato al Vostro Ambasciatore, la guerra per noi continua nello spirito dell'Alleanza.

Tanto tengo a confermarVi con la preghiera di voler ascoltare il Generale Marras che verrà al Vostro Quartier Generale da me incaricato di una particolare missione per Voi (l).

Mi è grata l'occasione per porgerVi, Fiihrer, l'espressione dei miei cordiali sentimenti.

(l) -Non rinvenuto. (2) -Non pubblicato. (3) -Il presente messaggio fu trasmesso dal capo di gabinetto Babusclo Rizzo all'incaricato d1 affari a Berlino (T. 23494/904 P.R.) con l'incarico di inoltrarlo immediatamente ad Hitler.
566

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 4914/340 R. Sofia, 28 luglio 1943, ore 22,40 (per. ore 14,10 del 29).

Mio telegramma 336 (2). Filoff rientrato stamane dal suo viaggio da Dobrugia mi ha immediatamente convocato.

Mi ha detto che aveva evitato di rientrare subito a Sofia come era stato suo primo desiderio appena ricevuto notizia mutamento Governo in Italia allo scopo di evitare false interpretazioni.

Filoff ha parlato avvenimenti in Italia con molta misura e con il consueto tono amichevole pur rilevando che essi erano giunti improvvisamente tanto a Governo quanto opinione pubblica in Bulgaria.

Nelle sue parole sempre misurate e amichevoli traspariva tuttavia anche una certa ansietà evidente negli accenni sulla necessità di non abbandonarsi ad affrettate deduzioni e attendere precise notizie da fonti autorizzate.

Ha anche accennato che codesto Ministro Bulgaria si è limitato sino ad ora a telegrafare sintesi avvenimenti senza aggiungere particolari, non ha nascosto che impressione, meno sensibile nelle provincie, era stata enorme in Sofia.

Gli ho dal canto mio ripetuto comunicazioni già fatte a Segretario Generale degli Affari Esteri e di cui alle istruzioni contenute nel Vostro telegramma

n. 106 del 26 luglio (3). Filoff ne ha preso atto manifestando particolare soddisfazione per ciò che concerne immutata volontà politica e posizione Italia nell'attuale conflitto esprimendo proposito darne pubblicamente comunicazione, come era già stato fatto in altri Paesi, allo scopo di orientare e sollevare questa opinione pubblica indubbiamente allarmata.

(l) -Vedi DD. 575 e 579. (2) -Con T. 4828 j336 R. del 26 luglio 1943, ore 22,20, non pubblicato, Mameli aveva riferito che, In assenza di Filof!, la comunicazione di cui al D. 552 era stata effettuata al Segretario Generale degli Affari Ester!. (3) -Vedi D. 552.
567

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

APPUNTO. [Roma, 29 luglio 1943] (1).

Domenica 25 luglio. Il Ministro Badoglio ha chiamato l'Ambasciatore Mackensen nel pomeriggio per fargli la comunicazione sulle linee del proclama. Mackensen era assente, forse volutamente. La comunicazione è stata pertanto fatta a Doertenbach.

Nella serata Mackensen è venuto a vedermi al Ministero. Gli ho dato copia del proclama. Egli ha commentato il mio gesto dicendo: «C'est un geste d'ami».

Lunedì 26 luglio. Il Maresciallo ha ricevuto Mackensen alle ore 9. L'Ambasciatore ha chiesto udienza per il Maresciallo Kesselring. Il Capo del Governo intendeva rinviare di un giorno la visita, che è stata poi fissata per il pomeriggio su mia insistenza (2).

Martedì 27 luglio. Sono andato a rapporto dal Capo del Governo. Gli ho esposto diffusamente la situazione della Germania nei riguardi dell'Italia, riferendogli anche, tra l'altro, un episodio dell'ultimo ,incontro Mussolini-Hitler a Feltre, quando, in un colloquio avuto dal Duce con Ambrosia, Bastianini e Alfieri, dopo la colazione con il Ftihrer, si sarebbe dovuto decidere, dietro mio suggerimento, di chiedere a Hitler libertà d'azione per l'Italia, ove la situazione rendesse ciò inevitabile. Tale richiesta non venne peraltro presentata al Ftihrer.

Questo episodio ho ritenuto di richiamare in connessione con l'accenno da me fatto il giorno precedente all'Ambasciatore von Mackensen, esprimendo l'avviso che le conversazioni Hitler-Mussolini a Feltre non avevano abbastanza servito a chiarire la situazione effettiva dei due Paesi.

Nel mio rapporto al Maresciallo ho anche riassunta l'attività svolta dal Ministero degli Esteri tra la sera del 25 e il pomeriggio del 26 luglio, durante la fase più critica, cioè delle possibili reazioni tedesche: fase conclusasi con le dichiarazioni fatte alla conferenza stampa a Berlino dal Ministro Schmidt (3), nel senso che l'avvenuto mutamento di Governo in Italia veniva considerato in Germania come un avvenimento di ordine interno.

Ho poi esposto al Capo del Governo le preoccupazioni del Fiihrer per la sorte di Mussolini, quali risultano dalle successive richieste presentate da Mackensen per conoscere la residenza attuale dell'ex Capo del Governo italiano.

A proposito di Mackensen, ho riferito l'ottimo effetto avuto su di lui dall'anticipata udienza a Kesselring. Scusandomi col Maresciallo se intervenivo in questioni che esulavano dal campo della politica estera, gli ho detto che ritenevo dovergli osservare come l'at

teggiamento della stampa degli ultimi due giorni fosse assolutamente inconcepibile. Si sono visti circolare a Roma fogli come La riscossa ed il primo numero del Messaggero, e successivamente sono stati letti su tutta la stampa italiana articoli che sembravano dettati veramente da agenti comunisti, oppure da agenti al soldo dell'Inghilterra.

Tutto questo non era dignitoso per un paese in guerra quale ancora noi siamo, ed era sopratutto estremamente pericoloso nei riguardi della Germania che, nonostante le sue prime dichiarazioni fatte, continuava a mantenersi diffidente verso di noi e ad osservare le manifestazioni pubbliche italiane con la lente di ingrandimento.

Il Maresciallo ha promesso di provvedere immediatamente.

Sempre con le stesse premesse, ho accennato alla poca serietà dello stato di assedio quale veniva di fatto applicato. Gli ho detto che era preferibile che lo stato di assedio durasse soltanto 24 o 48 ore ma che in queste ore fosse veramente effettivo. L'assistere in pieno stato di emergenza allo spettacolo di persone che, raccogliendo una qualsiasi bandiera in una qualsiasi rivendita, riuscivano a formare un piccolo corteo e arringare la folla; lo spettacolo di tali cortei che si recavano a deporre corone sulla tomba di Matteotti; si mutavano i cartelli delle strade e delle piazze con iscrizioni reazioniste ecc., erano fatti dai quali il meno che potesse risultare, era una seria menomazione del prestigio del Governo che aveva ordinato lo stato di emergenza e delle autorità militari che erano designate per applicarlo.

Anche su questo punto il Maresciallo ha acconsentito.

Avendo allora io suggerito che venisse determinato in Italia un atteggiamento anticomunista, il Maresciallo mi ha risposto che questo era già nelle sue idee.

In vista della prossima prima riunione del Consiglio dei Ministri, l'ho pregato di dirmi se in questa riunione si sarebbero affrontati problemi di politica estera: in questo caso mi sembrava opportuno ch'io fossi interpellato. Il Maresciallo mi ha risposto assicurandomi che né i rapporti con la Germania né problemi di politica estera in genere sarebbero stati comunque sollevati in questa riunione: il Ministero Esteri sarebbe stato preventivamente informato di ogni iniziativa di questo genere.

Ho infine fatto presente al Maresciallo l'urgente necessità di provvedere alla situazione dei nostri fasci all'estero. Mi proponevo di inviare una circolare a tutte le Rappresentanze diplomatiche e consolari trasferendo la direzione dei fasci all'estero (sospesi ma non soppressi) alle dirette dipendenze dei RR. Consoli (nei limiti e con le precauzioni indicate nel telegramma poi inviato) (l).

Il Maresciallo ha autorizzato.

Sulla questione della stampa ho richiamato durante la giornata parecchie volte l'attenzione tanto dell'Ambasciatore Rocco che di Corrias. Ho fatto presente ad entrambi i pericoli di questa tendenza estremista della stampa italiana dal punto di vista interno come da quello dei rapporti itala-tedeschi. Corrias

specialmente mi ha assicurato che si stava facendo tutto il possibile per provvedere in conseguenza: era già stato disposto il sequestro di numerosissimi quotidiani e si sarebbe continuato su questa strada. L'ho consigliato di fare intervenire eventualmente il Ministero dell'Interno con provvedimenti di polizia a carico dei responsabili.

Ho avuto, durante la mattinata, un colloquio con Bismarck.

Questi mi ha confidenzialmente confermato che l'atteggiamento tedesco nei nostri riguardi è veramente quello esposto da Schmidt nella conferenza stampa: non dovevamo tuttavia nasconderei che vi era della diffidenza verso di noi. Egli si è riferito al riguardo, in maniera piuttosto nebulosa, a quello che a suo giudizio era il sostanziale cambiamento avvenuto nei rapporti tra l'Italia e la Germania: i due Paesi sono, è vero, restati alleati per una guerra comune, ma qualcosa si è interrotto nei loro rapporti, e cioè la solidarietà ideologica e politica, prima coesistente con l'alleanza, tra i due regimi ed i due Capi. È quindi comprensibile che l'atteggiamento tedesco abbia subito qualche modificazione.

Alla mia richiesta se e quali reazioni egli prevedesse da parte tedesca, Bismarck si è sottratto alla domanda. Ha ammesso tuttavia che l'Italia è effettivamente in condizioni tali da non potere allo stato delle cose proseguire la guerra: occorrerà quindi necessariamente arrivare o ad un distacco tra i due Paesi o ad un massiccio aiuto da parte della Germania. Nel porsi egli stesso questi quesiti, Bismarck si domandava dal suo canto come il popolo italiano avrebbe accolto l'arrivo di altri contingenti tedeschi.

In tutto questo mi è parso di capire che la tesi germanica, nel caso venisse deciso l'invio di sostanziali aiuti all'Italia, sarebbe quella di assumere una direzione totalitaria del paese.

Avendo io ribattuto chiedendo se la Germania avrebbe i mezzi necessari per dare questo totalitario sostegno all'Italia, Bismarck ha eluso la domanda, non permettendomi di accertare quali fossero le sue reazioni ai miei sondaggi, sul punto di sapere cioè se la Germania abbia o meno in animo di mettere in atto la difesa della penisola anche contro il volere del popolo italiano.

Ad ogni modo egli mi ha detto che la situazione rimaneva grave per la presenza, da un lato, di alcune divisioni tedesche in Italia che non potevano essere lasciate in mano al nemico, e, dall'altro, per l'impossibilità di creare in poco tempo un vero corpo di spedizione.

Nel pomeriggio alle ore 18 ha avuto luogo nel mio ufficio una riunione con l'intervento del Generale Castellano, Pietromarchi, Vitetti e Giuriati.

Sono state discusse le varie possibilità per l'Italia.

Ho esposto la situazione di Roma.

È stata caldeggiata l'ipotesi sfavorevole per la Germania (concordemente).

Per parte mia ho dichiarato che ogni nostra azione verso l'estero doveva in ogni ipotesi essere eseguita d'accordo con la Germania; mi rifiutavo di esaminare qualunque soluzione che ponesse l'Italia in una situazione morale ignominiosa, sia nel presente che nel futuro.

Mercoledì 28 luglio. Stamattina alle ore 7 mi ha telefonato il Consigliere tedesco Doertenbach per chiedermi un appuntamento urgentissimo a nome di Mackensen per il Maresciallo Badoglio.

Ho senz'altro fissato un'udienza alle ore 9,30 di stamane.

L'Ambasciatore von Mackensen si è presentato al Maresciallo Badoglio in uniforme, con atteggiamento rigido e deciso, ed ha immediatamente dichiarato: «Vengo a nome del mio Governo per protestare ufficialmente presso v. E. per i fatti accaduti a Torino contro un Consolato tedesco, e ho l'onore di consegnarvi questa lettera».

Dalla lettura della lettera è apparsa tutta la gravità dei fatti avvenuti, dei quali il Maresciallo Badoglio non era a conoscenza.

Il Capo del Governo ha risposto dichiarando che si rammaricava profondamente dell'accaduto: chiedeva tuttavia-al Governo germanico la necessaria comprensione di fronte alla situazione creatasi nei due giorni trascorsi tra la caduta di un Governo e l'insediamento dell'altro. Il Maresciallo ha aggiunto che in un movimento popolare quale quello manifestatosi, per forza di cose la feccia era quella che più facilmente veniva a galla ed essa poteva anche agire con fini probabilmente reconditi e comunque con delle molto poco buone intenzioni. In particolare, a Torino la folla -e si trattava evidentemente della parte più bassa della popolazione -aveva liberato 500 detenuti dalle carceri.

Il Maresciallo ha infine assicurato l'Ambasciatore di Germania che provvedimenti sarebbero stati presi contro i responsabili i quali sarebbero stati deferiti al Tribunale di guerra.

Durante il colloquio, avendo io chiesto al Mackensen informazioni sull'accaduto, questi ha potuto rendersi conto, e naturalmente con sorpresa, come il Ministero degli Esteri non avesse avuto alcuna notizia del fatto. Egli ha aggiunto ad ogni modo: «È una cosa molto grave».

L'Ambasciatore di Germania deve aver ricevuto l'impressione che si trattava di fatti non solo non voluti, ma nemmeno tollerati dal R. Governo. Egli ha comunque assicurato che avrebbe riferito subito a Berlino le dichiarazioni del Maresciallo Badoglio.

Il colloquio, cominciato duramente, mi è parso man mano evolversi verso una distensione, e l'Ambasciatore Mackensen è evidentemente uscito molto più sereno dalla stanza, di come egli fosse entrato.

Durante l'incontro, ho avuto occasione di far rilevare che il tono generale della stampa si veniva adeguando alle realtà della situazione e ai precisi intendimenti del Governo. Al che Mackensen ha consentito.

Giovedì 29 luglio. Ore 7,30. Telefonata dell'Ambasciata di Germania con richiesta udienza Mackensen per il Sovrano a nome del Fiihrer. Fissata alle ore 10.

Ore 9,30. Mio rapporto dal Maresciallo Badoglio.

Ore 11. Sono convocato alla Presidenza del Consiglio dove Acquarone mi consegna una minuta di appunto per l'Ambasciatore Mackensen che, fatta copiare, ho portato personalmente all'Ambasciatore di Germania. Mackensen

nel corso della conversazione mi ha informato che il Sovrano avrebbe inviato un telegramma di auguri e che questa era da lui considerata la prova più bella, che si trattava di un gran gentiluomo che non dimentica i suoi amici. Ho visto anche Bismarck dal quale ho saputo che il colloquio di Mackensen col Sovrano aveva impressionato grandemente l'Ambasciatore per cordialità e franchezza di linguaggio. Anche questo aveva certo contribuito alla distensione degli spiriti. Mi ha aggiunto che lo stesso episodio della smentita alle voci della morte di Hitler, chiesta all'una meno cinque minuti ed annunciata alla radio già alle ore una aveva fatto ottima impressione. Bismarck mi ha infine dichiarato che il telegramma inviato ieri da Badoglio al Fiihrer (l) era considerato perfetto nella forma militare e impeccabile nella sostanza.

(l) -Questo appunto fu presentato a Guarigl!a al momento del suo arrivo a Palazzo Chig!da Ankara, nel pomeriggio del 29 luglio. (2) -Vedi D. 554. (3) -Vedi D. 555.

(l) Si tratta del T. 23473/C. P.R. del 28 luglio 1943, noli pubblicato.

568

IL MINISTRO A LISBONA, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 4915/991 R. Lisbona, 29 luglio 1943, ore 14,30 (per. ore 22).

Riassumo principali notizie odierne:

1°) Generale Eisenhower avrebbe ricevuto pieni poteri per trattare con nuovo Governo italiano nella ipotesi di una richiesta armistizio. Esso sarà coadiuvato dal Ministro britannico Macmillan e da rappresentante nord-americano Murphy.

2°) Rispondendo ad una interrogazione Churchill ha dichiarato ai Comuni che nessuna risposta ufficiale è stata ancora ricevuta al messaggio angloamericano al popolo italiano (2), a meno che sparizione Mussolini non sia già da considerarsi come tale. Da fonte autorizzata dichiarasi che situazione diplomatica Governo britannico in quanto concerne Italia è dmmutata. Non esiste nessun contatto da parte del nuovo Governo italiano coi Governi alleati.

3°) Nella stessa seduta Churchill dichiarato che notizie ricevute circa conseguenze politiche militari sociali della incursione su Roma sono molto incoraggianti. Egli aggiunto: il Governo non ha desiderio bombardare obiettivi prossimi Roma, ma se stazioni ferroviarie e altri obiettivi militari necessitassero nuovo bombardamento esso sarebbe eseguito. A interrogazione intesa conoscere quali condizioni debbano essere adempiute perché Roma possa venire dichiarata città aperta, Eden ha risposto che se Governo italiano abbordasse argomento esso sarebbe esaminato alla luce circostanze del momento.

4°) Roosevelt dichiarato giorno 28 a giornalisti di disapprovare attacchi contro Re d'Italia radiodiffusi dal Dipartimento Nord-amèricano informazioni di guerra.

5°) A interrogazione «se Governi britannico e alleati hanno intenzione restituire Italia tutti suoi possedimenti Africa settentrionale dopo una capitolazione onorevole», Eden ha risposto «No».

6°) De Gaulle dichiarato che nessun accordo potrebbe farsi con Italia senza consentimento della Francia. «La caduta di Mussolini -ha aggiunto -è sicuro indizio della certa sconfitta Potenze Asse. In pari tempo costituisce prova fallimento politica sociale e sistema morale conosciuto come totalitarismo che pretendevasi ingrandire a spese libertà. Resa dei conti non può essere valida senza Francia a causa attacco italiano contro di essa. Non dobbiamo esitare aggiungere che vicinanza dell'Italia con Francia, interdipendenza di questi due grandi popoli latini anche nel turbine attuale della umanità e a dispetto tutte presenti circostanze continua essere un elemento con quale Europa non può lasciare di contare per riedificazione sue speranze».

(l) -Vedi D. 565. (2) -Si riferisce al messaggio di Roosevelt e Churchill, radiotrasmesso il 16 luglio 1943.
569

IL CONSOLE GENERALE AD INNSBRUCK, MORGANTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.p. PER CORRIERE 4934/19720/703 R. Innsbruck, 29 luglio 1943 (per. il 30).

Onoromi segna'lare V. E. che sulla notte del 28 corr. dai vari centri raccolta (lnnsbruck, Kufstein, Hall e Landeck nonché dagli altri del Vorarlberg) sono stati avviati verso zone confinarie (Brennero, Passi di Vizze e di Resia, valli di Ziller, Stuhai, Oetz e Pitz) contingenti truppa. A Steinach presso Brennero sono segnalati circa 1.500 uomini e nelle vicinanze di St. Jodok, a pochi chilometri dal predetto valico, sono state piazzate batterie cannoni. In genere tutti posti frontiera sono stati notevolmente rafforzati. Da ieri 28 corrente truppe sono consegnate caserme.

Sono giunti qui e subito dislocati luoghi precedentemente stabiliti altri contingenti di Flak e relativi materiali (vedasi mio telespresso n. 19431/692 del 26 corrente) (1).

Generale Comandante questa Divisione e Generale Comandante piazza si sono recati ieri mattina ad ispezionare zone confine.

Poliz.ia ha aggravato misure restrittive e sono rigorosamente sorvegliati cattolici, socialisti, monarchici e -in genere -sospetti simpatia cessato regime austriaco. Notasi aumento numero S.S.

Seguo attentamente situazione e mi riservo riferire sollecitamente ogni eventuale emergenza.

(l) Non pubbl!cato.

570

IL CONSOLE GENERALE AD INNSBRUCK, MORGANTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. u. s. N. D. 4900/19 R. Innsbruck, 29 luglio 1943, ore 15 (per. ore 17).

A seguito telegramma per corriere n. 703 data odierna (l) informo V. E. che durante notte sul 29 sono affluiti attraverso Innsbruck notevoli [forze] motorizzate corazzate nonché nuovi reparti contraerea. Polizia e S.S. ulteriormente rafforzate.

Telegrafato Roma e Berlino (2).

571

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL CAPO DEL GOVERNO, BADOGLIO

PROMEMORIA. Roma, 29 luglio 1943.

Ieri sera ho ricevuto nuove vive sollecdtazioni affinché il Governo dichiari Roma città aperta. A seguito delle sensazioni ricevute al riguardo ho ritenuto opportuno di fare a:ll'Altissima Personalità a V. E. nota, una dichiarazione (3) in questi termini:

«Il Governo Italiano sta esaminando favorevolmente la possibilità di dichiarare Roma città aperta. Esistono gravi difficoltà indipendenti da esso che si spera di poter superare in pochi giorni'>.

572

L'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 4952/1006-1007 R. Madrid, 30 luglio 1943, ore 4,55 (per. ore 16).

Jordana, che ho visto oggi prima della sua prossima partenza per S. Sebastiano, mi ha detto, per quanto la propaganda anglo-americana tenda a creare massima confusione riguardo Italia, questo Governo ha constatato con viva soddisfazione che sviluppo avvenimenti in Italia è rassicurante (4). Egli era anche lieto di rilevare come il favore con cui Nazione ha accolto nuovo Governo sia indice saggezza e previdenza Sovrano nonché popolarità e personalità Maresciallo Badoglio e che ciò rispondeva a reali interessi Spagna.

R. -del 26 luglio 1943, ore 14,23).

SI -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. X

Ad ogni buon fine ho creduto opportuno mettere in particolare rilievo azione Governo per fare del popolo italiano un solo blocco contro tutte le insidie politiche e belliche con cui America Inghilterra e Russia tendono a sconvolgere non solo l'Italia ma l'Europa intera. Jordana ha accolto con compiacimento mie argomentazioni. Ho anche messo in rilievo odierno comunicato Stefani in risposta alle dichiarazioni di Churchill.

(l) -Vedi D. 569. (2) -Una nota manoscritta dice: «Comunicato al Comando Supremo 29 luglio ore 22 ». (3) -La dichiarazione è ed. in R. GuARIGLIA, Ricordi, clt., p. 725. (4) -Alla comunicazione di cui al D. 552 Jordana non aveva fatto alcun commento (T. 4805/969
573

IL MINISTRO A LISBONA, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 4991/998 R. Lisbona, 30 luglio 1943, ore 16,55 (per. ore 7 del 31).

Questi ambienti britannici sono d'avviso che Governo italiano è effettivamente disposto entrare in contatti con gli Alleati. Risulta peraltro a Roma secondo predetti ambienti -che non appena passi in questo senso fossero da parte nostra iniziati, truppe tedesche concentrate frontiere riceverebbero senz'altro ordine occupare linee strategiche alta Italia. Certezza che territorio nazionale resterebbe così in ogni caso, e nonostante ogni desiderio pace, teatro operazioni belliche, con prospettiva eventuale frattura Paese in due parti, precluderebbe Governo italiano ogni ragionevole possibilità iniziativa verso Alleati.

Problema divisioni italiane nei Balcani costituirebbe ulteriore ostacolo nello stesso senso.

Mi risulta che anche questa Ambasciata britannica ha telegrafato queste impressioni al Foreign Office, allo scopo metterlo in grado di giudicare se non convenga eventualmente alla Gran Bretagna facilitare una iniziativa del Governo italiano nel senso predetto, lasciando il tempo necessario a definire preventivamente in qualche modo i suoi rapporti con la Germania, già del resto radicalmente mutati dalla eliminazione del fascismo che ne era stato fino a ieri la base.

574

IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.p. 5026/319-320 R. Kabul, 30 luglio 1943, ore 17 (per. ore 16,15 del 31).

Mio telegramma 306 (l).

Nel periodo trascorso dal 16 giugno sono stato intrattenuto più volte da questo Ministro degli Affari Esteri sulla questione. Egli mi ha fatto rilevare che sono ormai passati 45 giorni dalla richiesta Afghanistan e che nessuna risposta è pervenuta da parte nostra e che nel frattempo, come mi era già stato riferito,

questione si era inasprita. Ora si presenta fatto nuovo. Ministro d'Inghilterra e Ambasciatore U.R.S.S. [sono stati] ambedue richiamati. Per quanto riguarda Ministro d'Inghilterra cosa era già nota: però egli aveva dichiarato sua intenzione rimanere qui fino soluzione della questione; per quanto riguarda Ambasciatore

U.R.S.S. si tratta cosa del tutto inattesa. Questo Ministro Affari Esteri non sa come interpretare questo improvviso richiamo: Primo Ministro, egli mi ha detto, tende interpretarlo nel senso che essi hanno d.n questo affare oltrepassato proprie istruzioni. Comunque Governo afghano è deciso approfittare presenza due Incaricati d'Affari, che si sono mostrati sempre più ragionevoli, per vedere se sia possibile dare alle trattative andamento meno teso e giungere ad una soluzione di compromesso con allontanamento persone richieste. Per questo ha rinviato con vari pretesti comunicazione che intendeva fare al Parlamento ed ha quindi urgente necessità risposta da parte nostra.

In queste circostanze, e in vista considerazione formulata con i [telegrammi] 267-272 del 17 giugno u.s. 0), ho preso su me responsabilità rispondendo Ministro Affari Esteri che io consentivo alla partenza di Anzilotti a condizione che Governo afghano ottenesse per lui salvacondotto con tutte garanzie che avrei ritenuto necessarie.

Necessità prendere tale responsabilità, oltre dalle considerazioni esposte nei telegrammi sopra citati mi è stata dettata dal fatto che tono conversazione Ministro Affari Esteri mi ha fatto comprendere chiaramente che prossima volta non si sarebbe trattato più fare domande amichevoli ma mettermi di fronte fatto compiuto. Ora io ritengo che per il nostro prestigio fosse assolutamente necessario, fino a tanto che era possibile, aver l'aria di aderire come per cortesia amichevole da parte nostra verso Afghanistan dato, come ho detto precedentemente, non abbiamo alcuna possibilità impedirlo né con azione diretta né indiretta.

Continuo però ritenere necessario che, nello stesso tono che afghani hanno usato con noi, noi diciamo chiaramente fino a che limite siamo disposti rimanere qui e ciò per le ragioni di cui ai miei telegrammi 271 e 272.

Su questi punti prego V. E. voler cortesemente rispondere: se questa conversazione devesi iniziare è opportuno che essa non tardi troppo.

(l) Vedi D. 519.

575

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, FECIA DI COSSATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.D. PER TELESCR. 4961/1234 R. Berlino, 30 luglio 1943, ore 23.

S. E. Marras prega trasmettere seguente telegramma urgentissimo per S. E. Capo del Governo:

«Ricevuto oggi in udienza dal Fiihrer e conferito con Ribbentrop e Maresciallo Keitel.

Fuhrer è spiacente non poter aderire incontro proposto, sia perché altro incontro è avvenuto di recente, sia perché attuale situazione militare non gli consente allontanarsi. Non esclude che a situazione chiarita incontro possa in seguito avvenire.

Egli tuttavia riconosce opportunità comune esame situazione da parte Ministri Affari Esteri e Capi Stati Maggiori Generali. Ribbentrop e Keitel hanno comunicato loro adesione.

Secondo Maresciallo Keitel colloqui potrebbero aver luogo a partire settimana prossima. Egli ha anche accennato a Salisburgo o Berchtesgaden come località incontro. Ho ritenuto opportuno lasciare cadere tale accenno di località.

Ftihrer e suoi collaboratori hanno dimostrato massima calma e anche cordialità, ma hanno manifestato loro preoccupazione per situazione interna Italia che potrebbe condurre Capo del Governo Militare " a rapido slittamento verso sinistra", anche per poca sicurezza truppe.

Complessivamente ho avuto impressione che il Fuhrer tengasi in vigile attesa predisponendo misure per ogni evenienza. Situazione militare fronte italiano viene considerata ancora riparabile purché con unità di sicura efficienza.

In colloquio contemporaneamente avuto da Segretario R. Ambasciata Lanza con Ambasciatore Hewel, agente di collegamento Fuhrer-Ribbentrop, questi ha fra l'altro soggiunto che una dozzina di divisioni di prima scelta potrebbero, in caso di bisogno, riequilibrare situazione militare in Italia. Nel corso del colloquio Hewel rispose riaffermando assoluta necessità per Germania e Italia di continuare guerra sino vittoria, aggiungendo con tono marcato che si augurava in Italia non esistessero persone che, anche lontanamente, pensassero alla possibilità di una soluzione politica del conflitto» (1).

(l) Vedi D. 432.

576

IL MINISTRO A ZAGABRIA, PETRUCCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S. N. D. 5020/698-699 R. Zagabria, 30 luglio 1943, ore 23,45 (per. ore 20,30 del 31)

Mi viene riferito da buona fonte che, scontando notizia pace separata da parte dell'Italia, partito radicale starebbe montando un'azione cospiratori croati per cacciare le nostre truppe dal litorale adriatico. Tale azione farebbe capo a noto agitatore dalmata Bulat ed al[l'ex] Ministro Esteri Lorkovic e mirerebbe intanto a costituire un fronte unico di tutta la popolazione croata in funzione anti-italiana. A questo scopo sarebbero in corso contatti con macekiani e partigiani. Inoltre agenti sarebbero stati già spiccati per cercare demoralizzare e inquinare nostre truppe dislocate in Croazia. Dietro tutta questa montatura [c'è] opera tedesca.

Ho chiesto questa mattina stessa di vedere il Poglavnik con il quale mi sono intrattenuto per circa due ore.

Gli ho subito parlato dell'azione di cui sopra diretta a spianare strada ad occupazione tedesca non solo della Croazia, ma anche del litorale dalmata, Fiume, Pala e Trieste. Gli ho chiesto di indagare ed intanto di rendere innocue pratiche Bulat Lorkovic.

Pavelic, che continua a mantenere imperturbabile calma, mi ha detto che predetta segnalazione fa certo parte delle infinite voci che corrono a Zagabria, una più sensazionale dell'altra. Ha scagionato Bulat da lui qualificato come innocuo chiacchierone. Ha taciuto su ex Ministro Lorkovic, ha invece accusato vecchio professore Lucas, noto antitaliano, di essere pubblico agitatore ed aver persino parlato contro l'ultimo Consiglio dei Ministri per non aver preso una decisione conforme alla gravità del momento. Lucas sarebbe stato già messo in condizione di non nuocere.

Non ha escluso che intellettuali dalmati qui dimoranti sempre irrequieti possano inscenare qualche innocua dimostrazione di piazza. Non ha neppure escluso che certe formazioni tedesche, operanti in Croazia, specie SS, possano armeggiare segretamente onde preparare eventuali sommosse atte a giustificare atto di forza della Germania in Croazia. Ha scagionato però questo Ministro di Germania Kasche, da lui qualificato come uomo legale e sincero amico del Regime Ustascia, e perciò spesso attaccato [da altre] centrali tedesche.

Egli conferma quello che mi ha già spesso detto che grande massa popolo croato è patriota, sinceramente attaccata alla propria indipendenza, e tenacemente anti-serba. Avendo io portato qualche elemento che lasderebbe dubitare di questa sua affermazione, egli si è scagliato contro predetti intellettuali e irredenti che avvelenano atmosfera di Zagabria. I dalmati sono, secondo lui, sopratutto antitaliani, e, pur di salvare il loro loco natio, abbandonerebbero tutta la Croazia al nemico. Ha citato l'esempio di Trumbic che, per salvare la Dalmazia dall'Italia, ha venduto tutta la Croazia ai serbi.

Pavelic si mostra sicuro delle truppe ustascia e dell'esercito eccezione fatta di qualche uffici:ale proveniente dall'esercito jugoslavo, che può esser però facilmente eliminato alla prima mossa.

Ha conferma che vi siano organizzazioni nascoste di partigiani nella stessa città di Zagabria (tre brigate), ma sono g'ià identificate e sorvegliate attentamente.

Si è mostrato sinceramente convinto che la sorte sua e quella della Croazia sia legata a quella dell'Italia. Ha aggiunto testualmente: «Se dovessi abbandonare il Paese tornerò a fare il cospiratore e noi croati siamo più forti all'opposizione che al Governo ».

Mi sono sforzato di dimostrargli che il nuovo Regime in Italia aveva fuso in una sola volontà tutti gli italiani.

Al momento di !asciarlo si ~ mostrato perfettamente sicuro nell'avvenire della Croazia, «la cui indipendenza potrà essere soppressa, ma mai più cancellata dall'animo dei croati».

Sarebbe opportuno potessi ricevere le istruzioni di V. E. per mia norma di linguaggio (1).

(l) Per il rapporto di Marras sulla sua missione, vedi D. 579

(l) Per la risposta dl Guariglia, vedi D. 594.

577

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA (l)

TELESPR. S. 1/4030. Roma, 30 luglio 1943.

In relazione al Vostro rapporto segreto del 26 luglio (2) Vi prego di comunicare al Presidente Antonescu che ho molto apprezzato il pronto gesto di solidarietà manifestato verso il nostro Paese al momento in cui si è verificato il cambiamento di Governo.

Gli potete aggiungere che il Governo italiano ha bene presenti i legami stabiliti con la Romania in passato e rafforzati durante l'ultima visita di Antonescu in Italia.

Il Governo romeno può contare sull'appoggio dell'Italia per lo sviluppo della situazione avvenire e farò quanto possibile per mettere in grado codesto Governo di coordinare la propria azione su quella dell'Italia.

Occorre però che facciate ben presente la delicatissima situazione in cui si trova in questo momento il nostro Paese e che certo non ha bisogno di esserVi illustrata.

Siamo contrari ad ogni soluzione avventata e consigliamo di mantenere la più grande serenità di giudizio seguendo con estrema attenzione l'evoluzione degli avvenimenti.

Potete aggiungergli che abbiamo già fatto pervenire a Budapest raccomandazioni (3) nel senso di evitare in questo momento ogni malinteso con la Romania nell'interesse di una comune difesa contro il pericolo bolscevico.

Per quanto riguarda poi l'azione da svolgere attraverso la Turchia non riteniamo che, con tutta la buona volontà di questo paese, possa essere questa la via migliore da seguire pur favorendo ogni iniziativa turca presso gli angloamericani intesa a preservare l'Europa danubiano-balcanica da sconvolgimenti le cui conseguenze potrebbero essere gravissime anche per essi.

L'azione quindi della Romania potrà essere proseguita in questa direzione anche nell'interesse dell'Italia e cioè insistendo affinché, per il tramite turco, gli anglo-americani non agiscano in modo violento sull'Italia e ciò allo scopo di dar modo al Governo italiano di consolidare la propria situazione all'interno e permettergli di dirigere gli avvenimenti secondo la linea degli interessi generali anche romeni.

Potete assicurare Antonescu che faremo il possibile per tenerlo al corrente dello sviluppo della situazione, eventualmente anche attraverso corrieri speciali.

(l) -Ed. !n R. BovA ScoPPA, Colloqui con due dittatori, clt., pp. 117-118. (2) -Vedi D. 558. (3) -Vedi D. 545.
578

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA (l)

R. s. 3405/1132. Bucarest, 30 luglio 1943 (2).

Il Signor Mihai Antonescu mi ha lungamente parlato della situazione generale. Dopo avermi detto che per ora, nulla teme circa la situazione sua e del Maresciallo, mi ha precisato che proprio ieri il sig. George Bratianu era andato a confermargli la fiducia sua e del gruppo liberale alla sua politica. D'altra parte il principale oppositore del governo, il signor Maniu, subito dopo la crisi italiana era stato sollecitato dai suoi amici politici a venire a Bucarest ma non aveva accettato il consiglio e se ne era rimasto in provincia.

Naturalmente egli non si nascondeva che se dal punto di vista romeno non c'erano, pel momento, soverchie preoccupazioni non poteva dirsi altrettanto per quanto concerneva i tedeschi. Questi ultimi erano diffidenti e vigilanti. Se l'Italia avesse dovuto cedere di fronte alle pretese anglo-sassoni, non gli sembrava dubbio che la Germania avrebbe proceduto all'occupazione militare della Romania per tema che la Romania potesse seguire l'esempio italiano, per coprirsi un fianco e per assicurarsi l'uso dei pozzi petroliferi. Ma questa eventualità restava anche senza la prima ipotesi, solo se la Germania avesse dubitato del proposito di continuare la guerra e di qualche tentativo da parte del governo romeno di prendere contatto con gl:i anglosassoni. Se una eventualità del genere avesse dovuto realizzarsi egli Mihai Antonescu non sarebbe rimasto nel paese e avrebbe cercato rifugio altrove. Non poteva ammettere che dopo tutti i sacrifici fatti, dopo che aveva dato oltre trecentomila uomini alla causa comune, la Romania potesse divenire territorio d'occupazione ed essere trattata in conseguenza.

Quanto agli anglosassoni non capiva come persistessero in un atteggiamento che rendeva impossibile ogni tentativo di intesa. Essi non comprendevano che se avessero fatto condizioni onorevoli all'Italia ciò avrebbe avuto ripercussioni enormi sull'opinione pubblica tedesca. Eli non avrebbe mancato di far valere appunto questo aspetto del problema.

Comunque, in attesa d'una risposta da parte di V. E. (3), restava fiducioso nella possibilità d'una azione comune. Anche da Salazar aveva ricevuto un messaggio ispirato ad un certo ottimismo malgrado non gli dovessero mancare le preoccupazioni per la situazione interna del Portogallo.

Quanto alla situazione sul fronte orientale egli poteva dirmi con tutta riservatezza che aveva assistito ad un colloquio tra un alto ufficiale d'aviazione tedesco reduce dal teatro d'operazioni di Orel e il Conducator. Questo ufficiale aveva fatto un quadro non molto ottimista degli avvenimenti. Aveva precisato che fino al 15 luglio i russi non avevano mostrato l'aggressività e l'abbondanza di mezzi

che viceversa avevano rivelato dopo tale data e che anche l'aviazione aveva materiale e piloti ottimi. Avendo il Conducator detto: «Ma allora quando è che li batteremo?» era intervenuto il generale Gestenberg, addetto aeronautico a Bucarest, il quale aveva risposto senza ironia: «nella prossima guerra»! Il fatto aveva impressionato il Conducator perché il generale Gestenberg era stato sempre un ottimista spinto e perché quella sua dichiarazione rivelava uno stato d'animo che cominciava a farsi strada anche nelle alte sfere militari tedesche.

(l) Ed., con qualche variante di forma, In R. BovA ScaPPA, Colloqui con due dittatori. cit., pp. 119-120.

(2) -Manca l'Indicazione della data di arrivo. (3) -Vedi D. 577.
579

L'ADDETTO MILITARE A BERLINO, MARRAS, AL CAPO DEL GOVERNO, BADOGLIO, E AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

R. s. 1209/s. Berlino, 30 luglio 1943 (1).

Sono giunto al Quartiere Generale alle ore 19,30 di giovedì 29 luglio accompagnato dal Segretario della R. Ambasciata Comm. Lanza. Sono stato subito informato che sarei stato ricevuto alle ore 20,30 dal Generale Jodl. Recatomi da lui e comunicatogli che avrei dovuto essere ricevuto dal Fiihrer, il generale si è dimostrato sorpreso, essendosi ritenuto che io avrei dovuto semplicemente consegnare un messaggio scritto. Chiarito l'equivoco, il Generale Jodl si è subito interessato per ottenermi l'udienza, la quale, date le conversazioni in corso, non avrebbe potuto aver luogo prima delle 23 o 24 della notte stessa, oppure il mattino seguente. Successivamente sono stato informato che l'udienz,a era stata fissata per le ore 12 circa, prima della consueta riunione plenaria per l'esame della situazione la quale suole tenersi alle ore 12,30. Sono stato infatti ricevuto alle ore 12,00 ed il colloquio si è prolungato fino alle ore 12,50.

Erano presenti al ,colloquio l'Ambasciatore Hewel, il Generale Jodl ed il Generale Schmundt.

II Fiihrer mi attendeva al centro della sala e mi ha ricevuto cordialmente, ma con tono alquanto sostenuto facendo subito un vago accenno all'intervento dei militari nella politica italiana. Mi ha poi pregato di esporgli quanto ero incaricato di dirgli.

Ho ringraziato anzitutto per aver accolto prontamente il desiderio del Maresciallo Badoglio di ricevermi (2); gli ho poi confermato che quanto è avvenuto in Italia non ha assolutamente alcun carattere negativo nei confronti della Germania; che la guerra, come è stato solennemente proclamato, continua. Per tale ragione sono già in corso spostamenti di nostre grandi unità, particolarmente di truppe alpine, verso il mezzogiorno. Ho accennato anche al fatto che in questo momento la maggior parte delle unità campali italiane si trova fuori del territorio e perciò molto probabilmente diverrà necessario, in pieno accordo col Co

mando germanico, richiamare in Patria alcune divisioni. Ho poi messo in rilievo l'opportunità di addivenire ad un esame in comune della situazione ed a un incontro in Italia fra Sua Maestà il Re ed il Ftihrer, eventualmente nelle vicinanze di Treviso.

Il Ftihrer ha ascoltato senza interrompere questa esposizione ma ha subito risposto che è molto spiacente di non poter aderire essendo già stato in Italia recentemente e perché l'attuale situaZ'ione al fronte orientale non gli consente di allontanarsi dal Quartiere Generale.

Egli ha, subito dopo, aggiunto che la situazione interna in Italia appare ancora molto incerta; che la posizione del Governo non sembra solida e che pertanto un siffatto incontro potrebbe essere nel momento attuale rapidamente superato dagli avvenimenti. Ho subito osservato che la situazione del Governo non può essere così apprezzata e che, a parte ogni valutazione al riguardo, l'intervento di Sua Maestà sarebbe sufficiente a togliere ogni dubbio sul valore delle decisioni che venissero prese nel convegno. Ho perciò insistito circa l'opportunità dell'incontro e su questo argomento sono tornato ancora altre volte, nel corso della conversazione, non appena se ne è presentata l'opportunità.

Il Ftihrer ha finalmente riconosciuto l'utilità che avrebbe un esame in comune della situazione, dichiarando tuttavia che tale esame potrebbe essere fatto dai Ministri degli Esteri e dai Capi di Stato Maggiore Generale.

Tornando sull'argomento di un incontro del Fiihrer con Sua Maestà il Re ho domandato se egli ritenga di potervi addivenire a non lunga scadenza; mi ha risposto che ciò dipenderà dallo svolgimento della situazione.

In ogni caso, ove si addivenisse in seguito ad un incontro con sua Maestà, sarebbe desiderio del Ftihrer che intervenisse anche S.A.R. il Principe Ereditario. Ha aggiunto che in passato avrebbe molto desiderato inviare Sua Altezza Reale in Germania ma che non gli è stato possibile per i suoi impegni, i quali a mala pena gli hanno consentito di allontanarsi per i pochi colloqui avuti.

In conclusione, per quanto riguarda la parte essenziale di questo colloquio, il Ftihrer non ritiene in questo momento di affrontare un incontro con Sua Maestà ma pensa che sia utile un esame della situazione nel campo politico e nel campo militare da parte dei Ministri degli Esteri e dei Capi di Stato Maggiore Generale.

È evidente il suo atteggiamento di attesa nei riguardi degli ulteriori sviluppi della situazione interna in Italia che non gli appare ancora chiara né sicura.

Contemporaneamente ho avuto l'impressione che il Ftihrer, rendendosi conto del grave pericolo che rappresenterebbe per la Germania la perdita del contributo italiano, sia che esso si verifichi per eventuali sviluppi interni, sia che avvenga per l'azione del nemico, intenda preparare tutte le misure per fronteggiare tale ipotesi.

Riassumo qui di seguito quanto il Ftihrer, al di fuori della parte essenziale del colloquio sopra riportata, ha esposto nel corso della conversazione.

0 ) Mutamenti bruschi di governo con carattere di colpi di Stato mHitare sono sempre pericolosi. La storia lo insegna. Recente è l'esempio di de Rivera. Tali cambiamenti bruschi sono particolarmente pericolosi durante una guerra, sopratutto in situazioni delicate come le attuali. Essi non possono rappresentare che un indebolimento nei riguardi della popolazione e delle truppe, come pure nei riguardi dell'estero. I milital'i sono cattivi politici, così come i politici non possono essere dei buoni militari. «Non ho mai pensato -egli ha detto -di fare di un Gauleiter un generale».

2°) Il Fiihrer considera sia stato un errore l'assunzione diretta del Comando delle forze Armate da parte di Sua Maestà, la cui Persona deve essere tenuta al di fuori e non esposta ai rischi di un insuccesso. Al riguardo egli ha ricordato come in passato non abbia aderito alla proposta di far assumere dal Principe Ereditario il Comando dell'Armata di Russia. I fatti gli hanno dato ragione.

3°) La situazione italiana appare molto incerta. I partiti si agitano, si svolgono dimostrazioni, si manifestano tendenze comuniste. La situazione appare molto pericolosa nei riguardi di uno sviluppo comunista. (Al riguardo ha detto che il Maresciallo Petain ha dichiarato che avrebbe contribuito in ogni modo alla resistenza contro l'Inghilterra, poiché egli vede in un intervento del Generale de Gaulle l'immediata ricostituzione del fronte popolare).

Anche le nostre truppe appaiono poco solide. Vi contribuisce la poca solidità dei quadri e questa è una ragione per la quale anche un Governo militare offre poche garanzie.

4°) Occorre rinforzare la volontà di resistenza del popolo italiano e non lasciarsi impressionare dai bombardamenti aerei. Anche la Germania sopporta in questi giorni bombardamenti gravissimi, quali quelli della Ruhr e quelli recenti di Amburgo. La storia ci offre anche l'esempio di città che furono completamente distrutte nel corso di una guerra e talvolta anche più non ricostruite. L'essenziale è di aver nervi saldi e di resistere fino alla vittoria. «Verrà il giorno -egli ha esclamato -in cui potremo vendicarci ». Qui il Fiihrer si è acceso ed ha parlato in tono molto concitato che ho ritenuto opportuno calmare sviando il discorso, nella preoccupazione che egli si abbandonasse ad uno degli stati di eccitazione che gli sono caratteristici.

Ma su questo argomento egli è tornato anche in seguito soggiungendo che occorre applicare il motto da lui attribuito a Mussolini «meglio vivere un giorno da leone che cento anni da pecora». «Purtroppo-egli ha aggiunto -vi è qualcuno che pensa proprio il contrario».

5°) L'Italia deve ben meditare sulle sorti di questa guerra. È chiaro che se l'Ita1ia perde la guerra dovrà rinunciare non soltanto alle colonie, ma .anche alla Sicilia e alla Sardegna.

6°) Riprendendo l'argomento della scarsa efficienza delle nostre truppe il Fiihrer ha detto che le truppe tedesche sono invece in grado di tener testa alle unità nemiche. « Una divisione tedesca può bene affrontare anche tre o quattro divisioni americane». «La Germania, ha aggiunto, può mandare rinforzi in Italia, ma vi sono attualmente gravi difficoltà nei trasporti a causa delle interruzioni provocate dai bombardamenti aerei. Anche sotto questo riguardo l'azione italiana è deficiente. Occorre organizzarsi in modo da riattare rapidamente le interruzioni. All'occorrenza la Germania potrebbe ,inviare in Italia qualche battaglione ferrovieri. Anche alla fronte russa le interruzioni sono molto frequenti e la situazione sarebbe diventata assai critica se non fossero state prontamente riattate. È recente il caso in cui in una sola giornata partigiani hanno effettuato ben novantadue interruzioni».

7°) Il Fiihrer ha anche accennato al fatto che nelle ultime 48 ore non si è potuto inoltrare in Italia alcun trasporto militare ed ha aggiunto che i treni fermi nelle stazioni rappresentano un buon obiettivo per l'aviazione nemica. Egli ha deciso che ove non possano esser fatti ràpidamente proseguire, i treni siano scaricati, per non !asciarli esposti all'offesa nemica. È da lamentare che recentemente sia andata perduta in questo modo una batteria di cannoni antiaerei da 128 destinata alla difesa dello Stretto di Messina. «Materiale prezioso -eg1i ha aggiunto -di cui forse in Italia non si capisce tutto il valore».

8°) Il Fiihrer ad un certo punto ha detto che avrebbe gradito di esser preventivamente informato di questo rivolgimento ed in un altro momento ha detto <<del resto io non so ancora come stia il Duce». Mi sono affrettato ad assicurarlo sulle buone condizioni di Mussolini richiamandomi anche alla lettera da lui scritta al Maresciallo Badoglio (l) e della quale è stata data conoscenza al Fiihrer. Questi ha fatto un cenno vago senza dire parola.

La conversazione, la quale, come si è detto, è durata circa tre quarti d'ora, ha avuto da parte del Fiihrer un tono molto calmo. Egli si è acceso soltanto quando ha parlato delle misure che un giorno saranno prese per vendicare le distruzioni causate dall'Inghilterra e quando ha detto che occorre affrontare queste situazioni di guerra con la massima energia. In qualche momento si è anche dimostrato affabile e cordiale mi ha anche posato la mano sulla spalla in atteggiamento amichevole.

Nel complesso il Fiihrer ha dimostrato una calma, una compostezza ed anche una cordialità superiori a quelle che potevano attendersi data la situazione. Ho anche veduto chiaramente come egli si renda conto dei gravi pericoli che comporterebbe un cedimento dell'Italia sotto qualunque forma esso dovesse avvenire. È da mettere in rilievo l'accenno fatto alla possibilità di mandare rinforzi in Italia (si è parlato di divisioni, non di forze aeree).

Questo atteggiamento e la riserva manifestata nei riguardi dell'idea di un incontro con Sua Maestà il Re contrastano con la gravità della situazione, della quale egli si rende indubbiamente esatto conto.

III) Desidero assicurare il M.llo Badogl!o, anche in ricordo del lavoro in comune svolto in altri tempi, che da parte mia non solo non gli verranno create difficoltà di sorta, ma sarà data ogni possibile collaborazione.

IV) Sono contento della decisione presa di continuare la guerra con gll alleati, così come l'onore e gl'interessi della Patria in questo momento esigono e faccio voti che il successo coroni il grave compito al quale il M.llo Badoglio si accinge per ordine ed in nome di S. M. il Re del quale durante 21 anni sono stato leale servitore, e tale rimango. Viva l'Italia! "·

Essa rispondeva alla seguente lettera di Badoglio:

«Il sottoscritto, Capo del Governo, tiene a far sapere a V. E. che quanto è stato eseguito nel Vostri riguardi è unicamente dovuto al Vostro personale interesse, essendo giunte da più parti precise segnalazloni di un serio complotto verso la Vostra Persona.

Spiacente di questo, tiene a farVi sapere che è pronto a dar ordini per il Vostro sicuro accompagnamento, con i dovuti riguardi, nella local!tà che vorrete indicare» (In Archivio Centrale dello Stato, «Carte della vallgia di Benito Mussolini »). Su di essa Mussolinl ha annotato: «Consegnatami dal generale Ferone alle ore l del giorno 26 luglio nella Caserma Allievi Carabinieri di Roma ».

D'altra parte egli ha dimostrato di gradire un incontro tra i Ministri degli Affari Esteri e i due Capi di Stato Maggiore Generale, probabilmente allo scopo di poter conoscere le nostre intenzioni.

Della situazione interna e della situazione militare italiana il Fiihrer appare esattamente informato, a parte forse alcune notiz1e esagerate o tendenziose. Nel complesso ho ricevuto l'impressione:

-che H Fiihrer sia in attesa degli ulteriori sviluppi della situazione in Italia, per orientarsi circa l'atteggiamento definitivo italiano, e i provvedimenti da prendere;

-che abbia dei sospetti e intenda guadagnare qualche tempo per predisporr,e le eventuali contromisure; -che i risultati del prossimo incontro potrebbero determinare una immediata presa di posizione e un intervento della Germania.

Successivamente ho conferito col Min~stro von Ribbentrop e col Maresciallo Keitel, mentre il Comm. Lanza aveva un colloquio con l'Ambasciatore Hewel, agente di collegamento Fiihrer-Ribbentrop (su cui viene riferito a parte) (l).

Von Ribbentrop e Keitel erano stati informati dal Fiihrer del colloquio da me avuto con lui. Essi si sono detti pronti a incontrarsi con S. E. il Ministro Guariglia e con S. E. il Generale Ambrosio, salvo imprevisti, a partire dana metà della prossima settimana. Ho risposto che avrei riferito in merito aggiungendo che gli ulteriori accordi in proposito sarebbero stati presi per le normali vie diplomatiche.

(l) -Manca !"indicazione della data d'arrivo. (2) -Vedi D. 565.

(l) Tale lettera, in data 26 luglio 1943, diceva: «l) Desidero ringraziare il M.llo d'Italia Badogl!o per le attenzioni che ha voluto riservare alla mia persona.II) Unica residenza di cui posso disporre è la Rocca delle Caminate dove sono disposto a trasferirmi in qualsiasi momento.

580

IL MINISTRO A BELGRADO, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. U. s. N. D. 4968/326 R. Belgrado, 31 luglio 1943, ore 2 (per. ore 7).

Emissario Draza Mihailovic ha avvicinato fiduciario questa Legazione informandolo che nell'eventualità di un mutamento attitudine da parte Italia organizzazione Mihailovic desidererebbe giungere a una intesa con forze armate italiane in Montenegro e Albania e chiedendo se da parte nostra saremmo disposti entrare in questo ordine di idee, sia dando disposizioni di carattere generale s.ia disposizioni particolari ai Comandi delle singole nostre unità. Emissario mi ha dichiarato che qualora da parte nostra si fosse disposti accedere in linea di massima a una intesa di questo genere, organizzazione procederebbe al momento opportuno alla mobilitazione generale dei suoi aderenti, i quali riceverebbero ordine di prestare appoggio alle forze armate italiane per opporsi a qualsiasi tentativo di disarmo da parte tedesca. Fiduciario naturalmente si è limitato ascoltare e a promettere di riferire.

(l) Vedi D. 282, allegato.

581

IL CAPO DI GABINETTO, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

APPUNTO. Roma, 31 Zuglio 1943, ore 17.

Il Generale Castellano informa: -i tedeschi sono entrati in territorio italiano al passo del Brennero, occupando la centrale elettrica e affiancandosi a nostre sentinelle. Truppe tedesche sono scese nella Valle dell'Isarco; non si sa se siano arrivate a Fortezza. -Da Tarvisio nessuna notizia.

-Alla frontiera francese i tedeschi chiedono di passare per il territorio italiano, allo scopo di «difendere Genova». Il Generale Vercellino ha fatto presente che non può «fare a fucilate » e ch1ede istruzioni.

Il Generale Castellano è di avviso che ci troviamo di fronte ai pnm1 previsti atti di ostilità. Noi non possiamo opporci e dare inizio a gravi incidenti, se prima non abbiamo preso i necessari contatti altrove.

Ore 19.

Il Generale Rossi comunica: -nuclei germanici sono scesi fino a Bolzano, occupando centrali elettriche, e affiancandosi alle nostre truppe per presidiare nodi stradali, ponti, viadotti, ecc. -I comandi di tali truppe dichiarano che esse intendono aiutarci, per impedire che l'aviazione nemica distrugga le vie di comunicazione.

-Non sono finora passate forze corazzate.

-Sulla frontiera francese, si P'recisa che le forze tedesche che chiedevano di passare sono costituite dalla Divisione di fanteria che si stava preparando per andare in Sicilia. Il Comando Supremo ha dato ordine tassativo al Comando della IV Armata di non autorizzare il transito, ed ha inviato analoga comunicazione all'O.K.W.

-Sono segnalati sempre più gravi atti di saccheggio a Catania, ad opera delle truppe tedesche.

-A Viterbo i paracadutisti tedeschi hanno causato incidenti, tentando di impadronirsi -armi alla mano -di autocarri dell'aviazione.

Nella t~nuta Reale di Castel Porziano, avieri germanici provenienti dal campo di Pratica di Mare hanno compiuto atti di violenza in una fattoria.

Il Comando Supremo ha già energicamente protestato per quanto precede, a mezzo dell'ufficiale germanico di collegamento con il Maresciallo Kesselring.

Giuriati è di avviso che occorrerebbe chiedere urgentemente notizie al nostro Consolato di Klagenfurt riguardanti eventuali movimenti nella zona di Tarvisio.

582

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, FECIA DI COSSATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

R. 11547. Berlino, 31 luglio 1943 (1).

Ho l'onore di qui unito trasmettere all'E. V. un appunto del Comm. Lanza, Secondo Segretario della R. Ambasciata relativo ad un colloquio da lui avuto al Quartier Generale del Fiihrer -dove si è ieri recato con S. E. il generale Marras (2) -con l'Ambasciatore Hewel.

Data la personalità di quest'ultimo che, come è noto, sta constantemente a fianco del Fiihr,er cui era legato da antica amicizia, l'appunto mi sembra rivestire un certo interesse in quanto indice degli orientamenti politici dei dirigenti germanici rimasti immutati dall'inizio del conflitto nelle tendenze e negli obbiettivi.

ALLEGATO

IL SECONDO SEGRETARIO DELL'AMBASCIATA, LANZA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, FECIA DI COSSATO

APPUNTO. Berlino, 30 luglio 1943.

Giusta gli ordini dalla S. V. impartitimi, ho accompagnato S. E. il Generale Marras al Quartiere Generale del Ftihrer.

S. E. il Generale Marras nel pomeriggio di oggi, dopo il suo colloquio con il Ftihrer, mi ha pregato di ottenere un colloquio con s. E. l'Ambasciatore Hewel, agente di collegamento Ftihrer-Ribbentrop, che conosco da molti anni.

s. E. Hewel all'inizio della conversazione mi è apparso alquanto aspro ed esaltato. Subito ha detto che i recenti avvenimenti italiani, giunti del tutto inaspettati al Quartiere Generale del Ftihrer, avevano profondamente colpito e preoccupato. Ciò soprattutto perché si verificavano nel momento in cui la Germania subiva un attacco al fronte orientale di violenza e di imponenza senza precedenti.

«Restiamo ora in attesa di vedere gli sviluppi della vostra situazione interna», egli ha detto, soggiungendo che tale situazione appare quanto mai preoccupante. Il fascismo ha per venti anni mantenuto l'ordine in Italia e lo ha mantenuto durante i primi quattro anni della guerra. Bisogna chiedersi se il nuovo Governo sia in grado di assicurare la tranquillità all'interno ed impedire un pericoloso slittamento verso sinistra che sembra già delinearsi secondo le informazioni che giungono dall'Italia. I militari servono a combattere non già a mantenere l'ordine pubblico. Oggi che le forze

di polizia e le organizzazioni del Regime sembrano scosse o scomparse bisogna chiedersi se l'Esercito sia in condizioni da distrarre forze sufficienti per le bisogne all'interno del Paese.

L'Esercito italiano -egli ha soggiunto, pregandomi di considerare quanto mi diceva come indirizzato ad una antica conoscenza ed in via del tutto personale -non si dimostra saldo ed efficiente neppure sui fronti di guerra. Pantelleria è caduta per ragioni misteriose; in Sicilia sono le sole diVisioni tedesche a sostenere l'urto avversario. Un ammiraglio germanico, di ritorno dalla Sicilia poco prima dello sbarco, si è dichiarato certo che con le batterie istallate a Siracusa uno sbarco era impossibile e pure esso si era verificato.

Occorre che l'Esercito ed il popolo italiano tutto intero mostrino e diano prova della più assoluta volontà di resistenza e di vittoria. Ove esempi si rendessero necessari, occorre darli subito.

Non importa se città vengono bombardate e distrutte: la storia offre esempi di città che nemmeno più sono state ricostruite. Quello che è importante è tenere ed avere i nervi assolutamente calmi e tranquilli. Si guardi al popolo germanico che subisce senza battere ciglio i terribili bombardamenti cui è attualmente sottoposto.

Ho chiesto a questo punto a S. E. Hewel da quanto tempo egli non si fosse allontanato dal parco in cui sono installate le ville del Quartiere Generale. Egli mi ha risposto: da oltre cinque mesi. Non ho creduto aggiungere altro anche perché avevo istruzione di ascoltare senza ribattere ove non fosse strettamente necessario.

La guerra, ha ripreso Hewel, deve essere condotta con la massima energia. Sia!Ylo attaccati in Russia ed al fronte meridionale. Ma ovunque vi è possibilità e necessità di respingere il nemico. Se in Sicilia potessero giungere poche divisioni corazzate gli avversari, che hanno potuto prendere piede, sarebbero ricacciati senza dubbio in mare ed anche da quella parte i bastioni della fortezza europea sarebbero saldamente ricostituiti. È appunto questo sforzo che occorre fare perché appare chiaro come l'avversario sia stremato di forze in seguito alle varie perdite di tonnellaggio subite nel Mediterraneo.

Ove dovessero verificarsi complicazioni militari in Italia, poche divisioni di « élite» inviate dalla Germania potrebbero riequilibrare la situazione.

Abbiamo passato in rassegna con Hewel la situazione sui vari fronti di guerra che egli ha, preventivamente, dichiarato pienamente controllata dalle forze tedesche. In Russia la gigantesca battaglia che i russi hanno voluto ingaggiare «e che noi stessi abbiamo in un certo senso provocato» in questo momento è in pieno sviluppo. Sul fronte sterminato gli eserciti tedeschi infliggono al nemico gravissime perdite. Vi potranno essere ulteriori ritirate, ma queste non contano. Lo sforzo russo finirà per esaurirsi di fronte alla tenacia germanica.

I territori occupati, la Polonia, la Francia, la Norvegia sono perfettamente controllati. Tentativi di sabotaggio od agitazioni locali vengono stroncati senza pietà.

Certo nel Balcani la situazione non è agevole. «In Jugoslavia le forze tedesche si trovano dovunque avversari muniti di armi italiane» (sic!). In Grecia, in Jugoslavia e in Croazia la politica seguita è stata completamente sbagliata.

La volontà della Germania -ha concluso Hewel, riprendendo un concetto su cui con evidente intenzione è tornato più volte nel corso del lungo colloquio, è una sola: quella sola che si rende alla Germania e all'Italia assolutamente necessaria: continuare la guerra fino alla vittoria nel campo militare. Senza la vittoria e l'annientamento dell'avversario non vi può essere che il caos. «Sono certo, ha soggiunto Hewel con tono marcato, che non esistono in Italia persone che anche lontanamente possono pensare alla possibilità di una soluzione politica del conflitto».

Come possa ulteriormente svilupparsi il conflitto e soprattutto quando possa eventualmente concludersi l'Ambasciatore Hewel non ha detto: « certo vedo la conclusione ancora molto lontana per quanto si sia ora entrati nella fase finale della lotta ». Richiesto circa il potenziale di resistenza dei singoli popoli sottoposti ad una tensione sempre maggiore, Hewel ha risposto che per quanto concerneva il popolo germanico tale potenziale poteva considerarsi assolutamente intatto. Non aveva pertanto preoccupazione alcuna al riguardo.

(l) -Manca l'indicazione della data d'arrivo. (2) -Vedi D. 579.
583

L'AMBASCIATA D'ITALIA PRESSO LA SANTA SEDE ALLA SEGRETERIA DI STATO DI SUA SANTITÀ

APPUNTO. Roma, 31 luglio 1943.

A seguito di precedenti comunicazioni (l) si ha l'onore di informare l'Eccellentissima Segreteria di Stato che il Governo Italiano ha deciso, in linea di massima, di dichiarare Roma città aperta.

Le difficoltà gravi e indipendenti da esso che sd oppongono a questa dichiarazione si spera possano essere sormontate in poco tempo.

Si sarà grati ad ogni modo all'Eccellentissima Segreteria di Stato di far conoscere quali siano, a suo avviso, le condizioni essenziali perché una simile dichiarazione venga riconosciuta dalle potenze avversarie dell'Italia.

Si confida intanto nei buoni uffici che la Santa Sede vorrà interporre allo scopo di evitare, nel frattempo, nuove offese aeree alla Capitale italiana.

584

IL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, CASTELLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S. N. D. 5108/1230/119 R. Sussak, 1° agosto 1943, ore 13 (per. ore 20,20).

Risulta, dalla nota fonte, che maggiore Bacevic (le cui formazioni dal Romanija Planin stanno ritornando verso Gabell) e Mihailovic avrebbero convenuto che il primo -od un suo delegato -si rechi immediatamente Londra per prospettare impossibilità di accordarsi tra cetnici e partigiani (come era ordinato da Governo jugoslavo) e intenzione Mihailovic continuare, nonostante tutto, lotta antibolscevica.

Poiché è preannunziato imminente arrivo a Sussak di un delegato maggiore Bacevic, è probabile che questo venga chiedere facilitazioni per tale viaggio. Viaggio cui questi ambienti non sarebbero per ora del tutto sfavorevoli anche nel caso che Mihailovic -aderendo suggerimento Jevdevic di cui al mio te1egramma 118 del 29 luglio (2) -insri.sta sulla necessità che nostre truppe non sgomberino immediatamente territorio croato da esse attualmente occupato.

Quanto precede per norma esclusiva di codesto Ministero.

(l) -Vedi D. 571. (2) -Non rinvenuto.
585

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 5088/348 R. Budapest, 2 agosto 1943, ore 15,40 (per. ore 7 del 3).

Ad una settimana di distanza dalla formazione Governo Badoglio, reazioni ungheresi possono così riassumersi.

1° -Convinzione generale è che nuova situazione italiana costituisce fattore decisivo evoluzione conflitto. Desiderio ungherese mantenere stretti contatti con nostro Paese può quindi dirsi rafforzato ed esteso a tutti gli ambienti, da tempo convinti, come ho più volte segnalato, che occorresse percorrere nuove vie per avvicinarsi a soluzione della crisi europea.

2° -Unico freno all'espressione questa piena solidarietà verso [Italia] è dato da situazione rapporti itala-tedeschi e da peso che Reich esercita tuttora sulla vita di questo paese.

3° -Motivo preoccupazione è per questi ambienti situazione che potrebbe delinearsi nell'ipotesi di una invasione anglo-americana che si collegherebbe verosimilmente a reazione anti-magiara delle nazionalità limitrofe. Assai diffusa è comunque persuasione che resistenza truppe magiare sarebbe insufficiente o addirittura inesistente, ma tale opinione si accompagna al timore che la Germania sia indotta in tal caso a prevenire o a contrastare in territorio ungherese questa eventuale occupazione.

4° -Attività sinistra ungherese si viene intensificando provocando voci di un possibile cambiamento attuale governo. Partito socialdemocratico ha ieri indirizzato agli operai italiani caloroso messagg!i.o simpatia mentre anche ambienti liberali sviluppano con assai maggior fermezza tema futuro parallelismo politico itala-ungherese.

Per concludere, vivissima è qui speranza che l'Italia valuti adeguatamente fattore ungherese nelle nuove fasi della sua politica, da cui, ripeto, ci si attende conseguenze di carattere definitivo sul complesso degli attuali problemi militari sempre tenendo presente quanto ho detto al paragrafo 2 circa relazioni di questo paese con la Germania.

586

IL CONSOLE GENERALE AD INNSBRUCK, MORGANTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S. N. D. PER CORRIERE 5113/20169/708 R. Innsbruck, 2 agosto 1943 (per. il 4).

Coi miei precedenti telegrammi ho segnalato come nei giorni 27, 28 e 29 (l) si fosse andato continuamente accentuando l'afflusso di truppe e materiali

52 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

provenienti da varie zone della Germania e dei territori occupati, che venivano avviati verso la zona di confine.

Tale afflusso si era ancora intensificato nella notte sul 30 e si era in particolare notato l'arrivo di vari reparti di carri armati medii e pesanti (fra cui numerosi del tipo Super-Tigre), di diverse unità di cavalleria e di artiglieria someggiata. Anche l'aviazione continuava ad essere rafforzata e venivano utilizzati per l'atterraggio dei nuovi apparecchi campi di fortuna.

Nella sera del 29 informazioni raccolte da fonte degna di fede segnalavano che le autorità consideravano ormai ultimato il concentramento e che lo sconfinamento doveva ritenersi imminente. Nella notte stessa però, mentre mi accingevo a segnalare tali notizie, da uno dei funzionari dell'Ufficio di P.S. del Brennero venuto ad Innsbruck per ragioni di servizio, mi veniva riferito che truppe germaniche avevano varcato il confine alle ore 20,30 circa del giorno 29. Le prime unità dell'avanguardia presentatesi alla frontiera erano state munite del regolare lasciapassare azzurro per militari germanici dislocati in Italia.

Non ho pertanto ritenuto di dover continuare le segnalazioni dei movimenti militari, che dovevano essere ormai noti alle autorità del Regno.

Aggiungo che nella stessa giornata di sabato alcuni reparti di truppe alpine, con batterie someggiate, dislocati nelle valli sboccanti verso la frontiera, hanno fatto e continuano a fare ritorno ai punti di partenza; l'afflusso di truppe verso la frontiera, sospeso durante la giornata di sabato, ha ripreso e si è intensificato nelle ultime ore di domenica con l'arrivo di unità corazzate e motorizzate, di artiglieria controcarro pesante, e di numerose squadriglie di apparecchi diretti, sembra, verso gli aeroporti di oltre confine. La 44a Divisione Gebirgsjager di Innsbruck ha cominciato a lasciare, in parte in autobus già addetti ai servizi civili, la città: la sera di domenica la Divisione era già stata avviata al completo verso il confine ed aveva iniziato il passaggio la notte del 1 o agosto: in tale occasione è stato segnalato l'unico lieve incidente verificatosi. Poiché infatti il nostro posto di frontiera si era rifiutato di lasciar transitare l'unità, il cui passaggio non era stato segnalato, i germanici, dopo circa due ore di attesa, hanno fatto avanzare verso il posto un reparto armato di fucili mitragliatori, che ha preso possesso, senza incontrare resistenza, del posto medesimo ed ha abbattuto la sbarra di confine.

Secondo le notizie riferitemi e che non ho naturalmente alcun modo di controllare, l'ingresso delle truppe germaniche ha avuto luogo per la sola strada del Brennero, senza che si siano verificate penetrazioni attraverso le altre valli vicine, in direzione delle quali erano tuttavia state attestate numerose truppe. Da informazioni che non mi è stato possibile controllare sembra che, nei prossimi giorni, transiterà da qui, diretta in Italia, la Leibstandarte Adolf

Hitler. Si è avuta la sensazione di preparazione molto affrettata e, in alcuni settori, anche caotica. Tutti gli automezzi sono stati requisiti comprese le moto

ciclette. Lo stesso è avvenuto per tutte le scorte dei viveri in ·conserva presso i grossisti di generi alimentari di Innsbruck e circoscrizione consolare.

La collettività italiana ha seguito con calma e serenità perfette gli avvenimenti degli scorsi giorni: anche la popolazione locale si è mantenuta calma, per quanto le voci più contraddittorie venissero fatte circolare per spiegare i movimenti militari svoltisi in questa zona.

La popolazione stessa è stata comunque avvertita ufficialmente di sfollare al più presto la città, trasferendo i propri familiari e le proprie masserizie nei piccoli centri vicini: sono state anche concesse a tale scopo notevoli facilitazioni ferroviarie. Intanto in tutti i giardini vengono apprestate trincee per riparo dagli attacchi aerei; sono inoltre state rese particolarmente severe le misure rivolte ad ottenere l'oscuramento completo della città.

Dato che avevo potuto const,atare un notevole ritardo nella consegna dei telegrammi diretti a questo R. Ufficio, uno dei quali della R. Ambasciata non è mai pervenuto, ho preferito inviare i telegrammi al Superiore Ministero, per il tramite dell'Ufficio di P.S. del Brennero tanto più che, in seguito ad accordi presi col titolare dell'Ufficio predetto, due volte al giorno si recava in Innsbruck un funzionario per ritirare il corriere e i telegrammi di carattere urgente.

Mi riservo riferire sollecitamente ogni eventuale notizia.

(l) Vedi DD. 569 e 570.

587

IL MINISTRO A ZAGABRIA, PETRUCCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.D. PER CORRIERE 5141/062 R. Zagabria, 2 agosto 1943 (per. il 5).

I cambiamenti di Governo in Italia, la caduta del regime fascista e del suo capo, hanno avuto necessariamente una forte ripercussione anche nei confronti della situazione interna della Croazia.

Il regime di minoranza paveliciana, mantenutosi in equilibrio precario in Croazia sopratutto pel duplice puntello italiano e germanico nella solidarietà dei regimi fascisti, viene a perdere improvvisamente uno di questi puntelli. Ne risulta uno squilibrio evidente che aggrava gli elementi di debolezza insiti nel regime stesso.

Queste cause di debolezza sono di vario ordine e riassunte sinteticamente appaiono essere sopratutto: 1°) la Dalmazia; 2°) l'occupazione militare del Paese, germanica e italiana; 3°) gli eccidi commessi dagli ustascia, e in genere il regime di arbitrio e di violenza che, nonostante i tentativi fatti, non riesce a normalizzarsi né, sopratutto, a ispirare fiducia.

In queste condizioni appare evidente che un nuovo equilibrio debba essere ricercato. C'è la possibilità che Pavelic miri ad allargare la sua base interna creando un fronte unico antitaliano con programma più o meno esplicito di conquista della Dalmazia sotto la protezione germanica. Vari sintomi -come ho riferito col mio telegramma n. 707 (l) in data odierna -fanno ritenere che egli si sia deciso ad avviarsi per questa strada.

Senonché l'attuazione di questo programma incontrerebbe difficoltà di vario ordine: perché rappresentante della grande maggioranza è tuttora sempre Macek il quale notoriamente è decisamente democratico antiustascia e antigermanico. Come tale anzi Macek, e in genere i macekiani incontrano ora la decisa opposizione della Germania.

Sembra quindi probabile che l'indirizzo di Pavelic inteso ad appoggiarsi al Reich non potrà trovare il sostegno della massa della popolazione. Egli dovrebbe pertanto continuare a tirare avanti come ha fatto finora, con, in sostanza, l'esclusivo appoggio della Germania nazional-socialista e, in più, dei nazionalisti a tendenza irredentistica.

Così stando le cose -e l'osservazione della situazione in queste ultime settimane non sembra consentire conclusioni diverse -il nuovo Governo costituito nel Regno dovrà scegliere un'altra linea di condotta nei riguardi della Croazia non potendo più basare la sua politica su Pavelic. La posizione nostra ad ogni modo potrebbe oggi contare su molteplici elementi, le cui ragioni di opposizione all'Italia avevano soprattutto ragion di essere in motivi ideologici e di partito.

Mi limito ad accennare soltanto a tale possibilità che, per essere attuata, richiederebbe una pronta e in pard tempo cauta azione in dipendenza da superiori direttive (2).

588

IL MINISTRO A LISBONA, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, QUARIGLIA

T. PER CORRIERE 5142/1308/0143 R. Lisbona, 2 agosto 1943 (per. il 5).

Scioperi e disordini avvenuti nei giorni scorsi nella città e nella provincia di Lisbona hanno richiesto da parte del Governo energiche misure di polizia e militari, che hanno almeno temporaneamente ristabilito ordine. Grave inquietudine che serpeggia in Portogallo è in gran parte di carattere economico. Scarsità r·accolto incide e più inciderà in avvenire sulla situazione alimentare. Ciò rende automaticamente paese sempre più dipendente dal buon volere anglo-americano e limita in conseguenza anche quella sfera di autonomia politica che Salazar ha sin qui energicamente difeso. Caduta Mussolini e scomparsa fascismo contribuiscono d'altra parte a rafforzare opposizione contro Presidente, la cui posizione personale è certamente scossa. È indubbio che evoluzione avvenimenti italiani continuerà esercitare influenza profonda qui, come del resto in tutta la penisola iberica. Dovrei comunque escludere che anglo-americani possano effettivamente risolversi a veri e propri atti di forza contro il Portogallo e le sue

-o meno una rappresentanza macekiana nel Governo e che si era persino ventilata l'ipotesi di un allontanamento di Pavelié.

dipendenze, come voci spessissimo ricorrenti assicurano, anche perché le ragioni politiche e militari che avrebbero potuto suggerirli, sono oggi certamente molto meno valide d:i quel che fossero ieri. Alleati hanno del resto, ripeto, molti maggiori mezzi di pressione economica che non avessero in passato e quindi molto minore necessità di ricorso ad altri mezzi più violenti di persuasione.

Le diffidenze di Salazar restano orientate contro la Russia, prima di tutto, per ovvie ragioni ideologiche, contro gli Stati Uniti subito dopo, per le sue ingerenze mediterranee e africane che si presumono permanenti. Ma egli mostra di ritenere e di sperare che ostilità britannica contro regimi autoritari e quindi anche contro la sua persona possa essere neutralizzata dalnnteresse comune di contrastare quelle ingerenze e di mantenere, in generale, l'ordine. Ciò che il suo regime assicura, in sostanza, da quindici anni.

La sua posizione personale è comunque -ripeto -da qualche tempo in ribasso. Avvenimenti italiani hanno accelerato tale processo. So che egli ha attraversato nei giorni scorsi un periodo di depressione e di sconforto, durante il quale ha offerto le sue dimissioni, che il Presddente della Repubblica non ha accettato.

E' stato posto innanzi, come suo successore, il nome dell'Ambasciatore a Londra Monteiro, molto più docile strumento di quel che Salazar non sia mai stato e non sia, della politica britannica in Portogallo.

(l) -Si tratta del T. 5106/707/2 R. del 2 agosto 1943, ore 14,10, non pubblicato, con cul Petrucci aveva riferito che nell'ultimo Consiglio dei Ministri croato si era discusso se includere (2) -Per la risposta del Ministero, vedi D. 625.
589

IL MINISTRO A ZAGABRIA, PETRUCCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S. N. D. PER CORRIERE 5147/063 R. Zagabria, 2 agosto 1943 (per. il 5).

Mi ha chiamato oggi nel pomeriggio questo Ministro degli Affari Esteri Budak per esprimermi la sua apprensione per le seguenti notizie pervenutegli da buona fonte: «Nella eventualità non improbabile che l'Italia faccia una pace separata le truppe italiane di occupazione della seconda zona si preparerebbero a lasciare il territorio croato in mano ai partigiani e ai cetnici ». A tale propo

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sito sarebbero già in corso trattative fra il nostro Comando della Armata ed i capi dei partigiani e dei cetnici. Questi ultimi si sarebbero incontrati a Ragusa con nostri ufficiali ed i partigiani a Spalato.

«Questa notizia ci ha vivamente allarmato per la Dalmazia che non deve essere consegnata né ai cetnici né ai partigiani».

Ho risposto mostrando la mia meraviglia che Budak potesse prendere in seria considerazione notizie di questo genere, di evidente provenienza nemica, e tendenti a turbare i buoni rapporti italo-croati.

Budak ha insistito sul fondo di veridicità delle notizie stesse basandosi sia sul costante deciso atteggiamento favorevole ai cetnici tenuto in passato dal nostro Comando 2a Armata e mantenuto ancora adesso, secondo la sua affermazione, sia per la presenza a Zara, sotto forma di detenzione, dei noti capi cetnici Nikola Novakovic Lungo e Jevdjevic.

Avendo cercato io di difendere l'operato politico dei nostri militari ed avendo fatto presente la cattiva politica seguita dal Governo ustascia verso le popolazioni ortodosse, Budak ha non solo difeso gli eccidi contro le popolazioni stesse perpetrati dalle truppe ustascia, ma ha anzi dichiarato che le truppe tedesche ed italiane di occupazione, prendendo la protezione delle popolazioni ortodosse, avevano molto nociuto alla Croazia, la quale, se lasciata libera, avrebbe a quest'ora risolto il problema degli ortodossi, la cui presenza entro i confini di questo Stato è incompatibile con quella delle popolazioni croate.

Avendo io mostrato una certa meraviglia per una tale dichiarazione, egli si è affrettato a dire che la liquidazione degli ortodossi sarebbe stata effettuata mediante il loro trasferimento in territorio serbo qualora le truppe di occupazione lo avessero permesso.

Ho approfittato dell'occasione per chiedere a Budak quale cambiamento di attitudine fosse intervenuto nella politica del Governo croato dopo il cambiamento del Governo in Italia, tenuto conto dello strano linguaggio di questa stampa ufficiosa degli ultimi giorni, che mostra di ignorare l'Italia e, parlando di alleati del popolo croato, nomina solamente la Germania.

Budak ha mostrato di non aver rimarcato questo modo di fare della stampa, e mi ha subito fatto questa precisa dichiarazione, della quale ho preso buona nota: «Noi rimarremo sempre alleati dell'Italia e rispetteremo la firma da noi apposta sui Trattati con l'Italia».

Si è poi lamentato della politica fatta dal nostro Governo nella Dalmazia italiana, politica che, a suo modo di vedere, tendeva alla distruzione totale dell'elemento croato.

Ha aggiunto che si augurava che il nuovo Governo d'Italia avrebbe mantenuto una politica più umana e comprensiva verso l'elemento croato della Dalmazia.

A mio avviso, tedeschi, ustascia e dalmati, dopo lo smarrimento dei primi giorni susseguenti al cambiamento di regime in Italia, sono oggi corsi ai ripari: i tedeschi hanno infuso nuovo coraggio a Pavelic, assicurando dell'incondizionato appoggio della Germania e del suo Capo; i dalmati sono stati lasciati liberi dal Governo di Pavelic di riprendere la loro violenta propaganda antitaliana; gli ustascia, a loro volta, che per un momento avevano creduto che il loro sistema crollasse, si ·sono ora più che mai aggrappati ai tedeschi per conservare il potere.

Pavelic infine non si è riavuto dal suo smarrimento e si è pii.ù o meno lasciato prendere la mano da tedeschi, dalmati e ustascia.

Tuttavia, per quanto riguarda i timori di Budak di cui alla prima parte del presente telegramma, sarebbe opportuno fosse diramata una chiara smentita, che valga a frenare l'agitazione di questi ambienti ufficiali e di questa opinione pubblica.

Mi risulta che in senso analogo ha telegrafato al Comando Supremo questo capo della Missione Militare generale Re (l).

(l) Per la risposta del Ministero, vedi D. 624.

590

IL MINISTRO A STOCCOLMA, RENZETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER CORRIERE 5222/041 R. Stoccolma, 2 agosto 1943 (per. il 7).

La caduta del fascismo e l'instaurazione del nuovo Governo hanno avuto in Svezia, come è facile immaginare, una eco enorme. Gli sviluppi della situazione vengono seguiti da tutte le classi sociali con interesse avido, con la convinzione che gli avvenimenti italiani costituiscono la svolta decisiva della guerra e con la speranza che essi possano affrettarne la sperata conclusione.

La frase ripetutami più volte da Gunther, e riferita con il mio telegramma

n. 92 (l) che cioè «dalle decisioni dell'Italia dipendono in questo momento le sorti del mondo » risponde perciò in pieno a quella che è la reazione dominante dei circoli politici e dell'opinione pubblica svedese.

Gli editoriali dei giornali, che ho trasmesso giorno per giorno con i telegrammi Stefani speciale, sono scritti con sentimenti di simpatia per il popolo italiano, e allo stesso tempo di comprensione per la complessità dei problemi che il nuovo Governo deve affrontare e risolvere. In Svezia si è sempre fatta distinzione nettissima tra Italia e Germania e, per quanto riguarda l'Italia, tra il popolo e il suo regime totalitario; C!iò che non avviene certamente nei riguardi della Germania.

Si considera perciò che gli avvenimenti di questi giorni, in primissima linea i sentimenti di gioia unanime dimostrati così palesamente dal popolo italiano siano la riprova della giustezza di questa distinzione.

Significativa in questo riguardo è la conclusione di un articolo editoriale dello Stockol;ns Tidningen che, dopo avere accennato all'eventualità che l'Italia possa essere trasformata in un campo di battaglia tra le due forze nemiche, osserva che questo destino sarebbe particolarmente tragico ed ingiusto, ora che, senza l'ombra del dubbio, è stata confermata la separazione delle responsabilità fra il popolo e il regime.

Per quanto riguarda la conversazione con Gunther ho riferito con il telegramma g.ià citato che provvedo a trasmettere anche per corriere. Gunther era ammalato, ma avendo saputo del mio desiderio di vederlo, mi ha ricevuto lungamente in casa sua. Durante tutta la conversazione ha espresso simpatia e interesse vivissimo per la situazione italiana e, pur rendendosi conto delle difficoltà ad essa inerenti, si è mostrato ottimista.

Più volte mi ha fatto capire che l'Italia, a suo parere, ha ora la possibilità che non aveva prima, di concludere il conflitto a condizioni relativamente favorevoli, e che saranno infinitamente migliori di quelle che potrà mai sperare di ottenere a suo tempo la Germania. Alla mia obiezione che gli Alleati si sono sinora rifiutati di formulare condizioni, egli mi ha detto di essere convinto che le reali intenzioni degli Alleati verso il nostro Paese sono molto diverse dalle dichiarazioni ufficiali della stampa e degli uomini politici.

Sulla Germania, sul suo avvenire prossimo e lontano, Gunther si è espresso, sebbene prudentemente, con molto pessimismo. E' chiaro, come del resto è stato già segnalato più volte, che Gunther, al quale sono state nivolte tante accuse di parzialità o di debolezza verso la Germania, si considera ora libero di esprimere, sia pure in una conversazione confidenziale, il suo vero pensiero; e che egli, anche se può aver nutrito una certa ammirazione verso la cultura tedesca e verso la sua forza militare, si è adattato, unicamente negli interessi del paese, la cui politica estera ha dovuto assumere e guidare nel periodo di strapotenza tedesca, a sostenere una parte ufficiosa di amico della Germania.

Sugli uomini del nuovo Governo, Gunther mi ha rivolto numerose domande mostrando di interessarsi particolarmente al loro passato politico. Come ho già accennato ho risposto dando le indicazioni che erano in mio possesso e sottolineando sopratutto il fatto che i nuovi dirigenti erano da considerarsi servitori dello Stato al di fuori di ogni legame di partito.

(l) Vedi D. 595.

591

L'AMBASCIATA DEL GIAPPONE A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

APPUNTO. Roma, 2 agosto 1943.

Il Governo Imperiale del Giappone prende atto della comunicazione fattagli dal nuovo Governo Regio per .informarlo che, senza portare cambiamento alcuno nella politica sin qui seguita dall'Italia, mantiene la direttiva di continuare la guerra comune ad ogni costo.

Da parte sua il Governo Imperiale assicura il R. Governo che farà tutti i suoi sforzi in collaborazione con l'Italia alleata, guidata nelle presenti gravissime circostanze dal Maresciallo d'Italia Badoglio, allo scopo di condurre questa guerra fino alla vittoria finale.

592

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

R. s. 3427/1138. Bucarest, 2 agosto 1943 (1).

Mi riferisco al telespresso di V. E. n. 1/4030 del 30 luglio c.a. (2). Non ho mancato di comunicare a Mihai Antonescu il punto di vista di V. E. Antonescu ha mostrato di capire subito le ragioni per cui V. E. considera prefe

ribile servirsi della via da lui indicata, esclusivamente per chiarire la delicatis

sima posizione dell'Italia.

Antonescu vi è particolarmente grato della conferma che avete voluto dargli che intendete metterlo in grado di coordà.nare l'azione del suo Paese su quella dell'Italia. Egli mi ha detto sabato sera 31 luglio che le notizie che aveva ricevuto dalla Turchia erano piuttosto rassicuranti e gli lasciavano sperare un miglioramento della situazione.

Ha aggiunto di aver saputo in modo più preciso che i tedeschi due mesi fa avevano fatto avances di pace alla Russia. Le condizioni poste da Stalin erano state chiare: retrocessione degli Stati baltici -frontiera del '39 con la Polonia-frontiera del '39 con la Romania e tutta la penisola balcanica messa sotto l'influenza russa.

Era chiaro cosa significasse ciò per la Romania e quindi non era possibile al Governo romeno farsi la minima illusione. Recentemente aveva appreso che i tedeschi avevano richiesto truppe all'Ungheria. Da una fonte non autorevole aveva saputo d'un progetto tedesco che mirava: l) alla occupazione militare dell'Ungheria; 2) alla retrocessione della Transilvania del Nord alla Romania contro impegno da parte romena a fornire un milione di uomini contro la Russia.

Antonescu ha accennato anche aHa sua posizione personale: a scrupoli e dubbi che lo prendono circa la possibilità di poter si" mantenere al potere qualora la situazione dovesse restare oscura com'è ora.

Quanto all'atteggiamento tedesco ha accennato alle due correntd. che attualmente s'agitano in Germania di cui una favorevole ad un'intesa immediata con la Russia per avere mani libere all'ovest e l'altra che fa capo al partito e che vede nella vittoria contro la Russia la premessa e la condizione per una possibile pace di compromesso con gli anglo-sassoni.

(l) -Manca l'indicazione della data d'arrivo. (2) -Vedi D. 577.
593

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 51,21/513 R. Tokio, 3 agosto 1943, ore 7,25 (per. ore 12,45 del 4).

Telegramma ministeriale 587 (l).

Sulle conversazioni in corso fra Giappone e Russia ho riferito per ultimo col mio telegramma n. 505 (2). Per quanto la cosa mi venga qui smentita dalla stessa fonte ufficiale, credo probabile che Sato abbia anche sondato genericamente terreno, soprattutto alle origini delle conversazioni, per un compromesso tedesco-sovietico. E' noto che questa è stata preoccupazione costante del Governo nipponico fin da quando Togo era Ministro degli Affari Esteri corrispondendo ad un evidente interesse di questo paese. Tentativi mediazione giapponese non

avrebbero potuto avere concreto sviluppo per la fredda accoglienza avuta a Berlino e perché operazioni militari non avevano portato ad uno stato di cose tale da facilitare dalle due parti concessioni necessarie.

Quello che è certo è che in questi circoli ufficiali si comincia a cambiare linguaggio nei riguardi della Russia e ad ammettere, almeno per quanto riguarda condizioni alimentari, che «situazione è molto seria». Lo stesso Ministro degli Affar[ Esteri me ne ha fatto ultimamente cenno. Sembra che si conti ormai soprattutto sugli effetti di una prolungata resistenza tedesca allo sforzo militare della Russia che non potrebbe invece far più conto sul fattore tempo.

(l) -Vedi D. 543, nota l, p. 704. (2) -Vedi D. 548.
594

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL MINISTRO A ZAGABRIA, PETRUCCI

T. PER CORRIERE 23966 P.R. Roma, 3 agosto 1943, ore 11. Vostro 698 (l). Approvo Vostro linguaggio con Poglavnik e ho preso nota delle dichiarazioni

fatteVi da quest'ultimo. Sarà oppQII'tuno che continuiate a tenerVi !in stretto contatto con lui incoraggiandolo ad adottare, ove occorra, le opportune misure per sventare le manovre di intellettuali dalmati e di determinate formazioni tedesche, manovre di cui egli stesso ammette la possibilità. Potete assicurarlo di tutto il nostro appoggio.

Gradirò essere tenuto al corrente.

595

IL MINISTRO A STOCCOLMA, RENZETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 5105/96 (2) R. Stoccolma, 3 agosto 1943, ore 14,10 (per. ore 20,15).

Vostro telegramma circolare 106 (3).

Ho fatto ques:o Ministero Affari Esteri comunicazione prescritta. Ad essa ha fatto seguito lunga cordiale conversazione. A più riprese dopo aver espresso suoi voti per avvenire Italia, egli mi ha detto con visibile emozione che da decisione italiana dipendono in momento presente destini del mondo. Avendo io osservato che atteggiamento Alleati basato su nota tesi «resa senza condizioni» sembrava precludere qualsiasi soluzione politica, Giinther m!i ha detto essere personalmente· convinto che, superata perplessità e eccitamento del primo momento, an

glo-americani non si sarebbero lasciati sfuggire occasione di accogliere eventuale iniziativa di trattative confidenziali che potrebbero svolgersi efficacemente anche dietro facciata di apparente intransigenza.

Ha mostra':;o vivissimo interesse per carattere e composizione nuovo Governo chiedendomi informa~ioni su singole personalità, in modo particolare nuovo Capo del Governo e Ministro degli Affari Esteri. Ho risposto richiamandomi precedenti loro vita spesa al servizio della Patria al di fuori di ogni impegno politico.

In linea generale sono risultate evidenti convinzioni e speranza profonda di Gunther che decisioni italiane possano affrettare conclusione della guerra e risparmiare all'Italia e all'Europa ulteriori inutili distruzioni. In tutta la conversazione, pur ascoltando con ogni attenzione mio interlocutore, ho tenuto naturalmente riserbo impostomi da ultimo capoverso del telegramma suddetto.

Gtinther infine mi ha detto su mia richiesta che egli personalmente non ritiene probabile in questo momento attacco inglesi e americani in zona scandinava.

(l) -Vedi D. 576. (2) -Una nota dell'Ufficio Cifra avverte: <<Il presente telegramma era pervenuto indecifrabile col n. 92 e ne fu chiesta ripetizione ». (3) -Vedi D. 552.
596

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S. N. D. PER TELESCR. 22102/1252 P. R. Berlino, 3 agosto 1943, ore 19,50.

Giunto stamane Berlino, sono stato immediatamente ricevuto da Segretario di Stato Steengracht e da Sottosegretario Hencke, i quali mi hanno manifestato cortesemente loro vivo compiacimento per mia nomina presso questa Ambasciata nelle presenti circostanze ed assicurato loro desiderio collaborazione.

Sia l'uno che l'altro mi hanno espresso ferma speranza che imminente incontro V. E. con Ministro Von Ribbentrop varrà a chiarire interamente situazione nostre relazioni.

Hencke mi ha detto che situazione militare ultime ventiquattro ore su fronte orientale continua a svolgersi favorevolmente per truppe tedesche.

597

IL MINISTRO A COPENAGHEN, DIANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER CORRIERE 5225/011 R. Copenaghen, 3 agosto 1943 (per. tl 7).

Con i telegrammi Stefani 98 e seguenti ho tenuto codesto Ministero al corrente delle reazioni dell'opinione pubblica danese al mutamento avvenuto nel Governo e nella vita italiani.

Queste reazioni possono in generale così riassumersi:

l) Negli ambienti responsabili evidente soddisfazione ma grande riserbo. Quando mi recai a fare la comunicazione che mi venne prescritta col

telegramma circolare n. 106 del 26 corrente (1), il Segretario Generale che fa le veci del Ministro degli Esteri assente si studiò di eV!itare ogni allusione ad eventuali sviluppi della situazione. Tenne anzi a marcare che prendeva nota della comunicazione del Governo italiano che nulla era mu'.;ato nella nostra politica estera e militare.

2) Negli ambienti ufficiali ed ufficiosi tedeschi senso di grande sorpresa e di smarrimento, sensazione che l'avvenimento significasse l'immediata uscita dell'Italia dal conflitto. Il Ministro Consigliere del Plenipotenziario del Reich, Signor Barandon, venne a far vd.sita la mattina stessa del 26 per chiedere se la Legazione avesse delle informazioni supplementari, e per cogliere quelle che potevano essere le nostre sensazioni personali. Si mostrò profondamente abbattuto per le possibili ripercussioni dell'avvenimento sulla nostra continuazione della guerra a fianco della Germania. Gli rimisi i testi ufficiali (leggermente diversi da quelli pubblicati dalla stampa danese) del proclama di Sua Maestà il Re e di S. E. Badoglio. Più tardi, giunto il telegramma di V. E. sopra citato, gli feci confermare che nulla era mutato nella politica italiana e che l'avvenimento aveva carattere sopratutto interno.

3) La stampa danese si è subito gettata sull'argomento con l!l consueta emozionalità, non esitando a riprodurre senza reticenze il punto di vista angloamericano, che c~oè la caduta del regime fascista fosse la prova della stanchezza dell'Italia di condurre la guerra. Doversi quindi attendere l'armistizio da un momento all'altro.

I temi principali sviluppati dalla stampa sono stati i seguenti: constatazione della solidità della monarchia e della tempestività degli interventi di Sua Maestà il Re nella vita politica italiana; rievocazione della storia del regime fascista attraverso una abbondante pubblicazione, anche fotografica, del materiale accumulato nelle redazioni durante gli ultimi venti anni; presentazione al pubblico danese della figura militare e politica del Maresciallo Badoglio e dei suoi principali collaboratori sopratutto delle Eccellenze Guariglia e Rocco; nessuna evidenza alle notizie della storica seduta del Gran Consiglio e della parte avutavi da S. E. Grandi; riproduzione, dalla stampa svedese, di una serie di notizie allarmistiche tendenti a dipingere l'Italia come m preda a seri moti interni e già esposta al pericolo bolscevico; inquadramento delle notizie dall'Italia con una serie di notizie internazionali, dal:le quali il pubblico danese doveva trarre l'impressione che in !spagna, in Croazia, in Portogallo, in Rumania fossero da attendersi avvenimenti dello stesso genere.

Non è che nei giorni l o e 2 agosto che le notizie provenienti dall'Italia, la smentita Stefani, ed i primi nostri commenti riprodotti attraverso Berlino, hanno ricondotto questa stampa ad un più tranquillo apprezzamento della situazione ed il dubbio ha incominciato a farsi strada che gli avvenimenti non avrebbero subito quel precipitoso sviluppo che questa opinione pubblica, ispirata dalla propaganda britannica, sembrava sperare.

(1) Vedi D. 552.

598

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.D. 5182/515 R. Tokio, 4 agosto 1943, ore 2,30 (per. ore 23,30 del 5).

Da informazioni confidenziali di questo Ministero Esteri e ambienti militari mi risulta che nell'intervista del 29 luglio Ambasciatore Oshima avrebbe di nuovo rappresentato a Hitler, a nome del Governo giapponese, opportunità ricercare soluzione politica problema russo. Ambasciatore del Giappone avrebbe sopratutto insistito in questa occasione nel far presente che a motivi che consigliavano un compromesso russo-tedesco si aggiungeva oggi necessità urgente disimpegno forze per un efficace aiuto all'Italia.

Avrebbe specificato inoltre che rinunzia all'Ucraina, che costituisce conditio sine qua non per un consenso russo a trattative, potrebbe esser compensata dal punto di vista economico dai rifornimenti che il Giappone potrebbe assicurare alla Germania attraverso la Russia.

Hitler avrebbe risposto riaffermando impossibilità rinunziare materie prime Ucraina dato anche difficoltà che incontra rifornimento dai paesi balcan1ci. Avrebbe spiegato all'Ambasciatore del Giappone che piano militare tedesco al fronte orientale -che comporta per quest'anno «difesa elastica ~ tendente logorare maggior numero forze e mezzi avversari con opportune ritirate e improvvisi contrattacchi -consentirà anche di staccare delle riserve per la difesa dell'Italia (difesa che sarebbe limitata peraltro sola parte settentrionale) e per opporsi eventuali altri tentativi anglo-americani invasione Europa meridionale.

Sempre secondo informazioni Oshima, avvenimenti italiani del 25 luglio avrebbero preso opinione pubblica tedesca alla sprovvdsta e lo stesso Hitler avrebbe mostrato di non averne avuto previa conoscenza e gli avrebbe dichiarato che si era trattato di nn «colpo di stato dei militari».

599

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI

TELESPR. 17209. Roma, 4 agosto 1943. Riferimento: da ultimo telespresso di questo R. Ministero n. 17138/60 del 3 agosto

Come è stato già comunicato a codesta R. Rappresentanza (telespresso di questo R. Ministero n. 16346/51 del 20 luglio) (2), in seguito ad un sopralluogo eseguito a Tolone dall'Ammiraglio di Squadra Raineri Biscia, il R. Ministero della Marina ha fatto conoscere che dopo il trasferimento da Tolone in Italia

del « Sirocco » e del « Valmy », il Segretario di Stato francese alla Marina, in segno di protesta, aveva dato ordine di non dar corso ai noti lavori necessari alla messa in efficienza del « Bison », lavori a proposito dei quali V. E. aveva già avuto occasione di intrattenersi col Presidente Lavai attenendone assicurazione che essi sarebbero stati iniziati non appena rese disponibili da parte germanica le maestranze francesi dell'Arsenale di Tolone (l).

D'altra parte, sempre in seguito al sopralluogo eseguito dall'Ecc. Raineri Biscia, è risultato che i tecnici e le maestranze francesi hanno sinora in più occasioni prestato alla R. Marina la loro opera e che per assicurare la continuità di tale concorso, come per favorire la collaborazione da parte delle maggiori autorità della Marina francese (dalle quali provengono attualmente le proteste e gli ostruzionismi), converrebbe ora aderire alla domanda del Presidente La val per la «Marina simbolica».

Il R. Ministero della Marina è pertanto favorevole a che vengano retrocessi alla Francia, per costituirne la «Marina simbolica » il cacciatorpediniere « Mogador » (3 mila tonnellate), efficiente, e i cacciatorpediniere «Temeraire» e «Intrepide» dei quali non esistono, a quanto si è potuto constatare, che i due scafi.

Bene inteso da parte francese ci si deve impegnare contemporaneamente a dar corso ai lavori sul cacciatorpediniere « Bison » e sul sommergibile << Poincaré » (telespresso di questo R. Ministero n. 17162/61 del 3 agosto) (2) e su quelle altre unità per le quali ulteriori richieste di lavori venissero da noi avanzate, e ci si deve altresì impegnare a non sollevare proteste, sia pure formali, ogni qual volta una delle navi predette viene rimorchiata in Italia.

D'accordo con Comando Supremo e con R. Ministero della Marina prego

V. E. di voler intrattenere in tal senso il Presidente La val sottolineando lo spirito di comprensione e di collaborazione col quale in questa circostanza, ed in una questione di particolare intNesse per lui, siamo venuti incontro ai desideri da lui manifestati (3).

Per opportuna conoscenza ed orientamento di V. E. allego un appunto riassuntivo redatto da questo R. Ministero relativamente alla questione della flotta di Tolone (4).

(l). (l) -Riportava una nota verbale dell'Ammiraglio Danbè che sottolineava il carattere di spoliazione insito nella partenza per l'Italia di alcune navi della flotta di Tolone. (2) -Non pubblicato: trasmetteva una nota del Ministero della Marina riassuntiva delle questioni di carattere navale esistenti fra Italia e Francia.
600

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI

T. 24304/409 P. R. Roma, 5 agosto 1943, ore 1,30.

Con telespresso odierno n. 17209 (5) Vi sono state inviate istruzioni relative concessione Marina simbolica alla Francia. Pregavi darvi corso urgente tenendone <al corrente codesta Ambasciata Germania e riferendone a questo

R. Ministero non appena possibile (6).

(l) -Vedi D. 398. (2) -Non pubblicato. (3) -Per la risposta di Buti, vedi D. 639. (4) -Non pubblicato. (5) -Vedi D. 599. (6) -Per la risposta di Buti, vedi D. 639.
601

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL MINISTRO A ZAGABRIA, PETRUCCI

T. 24308/377 P. R. Roma, 5 agosto 1943, ore 1.

Vostro 686 (1).

Posizione Italia nei riguardi della Croazia rimane del tutto impregiudicata dagli avvenimenti interni italiani.

Tanto per Vostra norma di condotta e di linguaggio.

602

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 5231/520-521 R. Tokio, 5 agosto 1943, ore 8 (per. ore 21 del 7).

Questo Ministro Affari Esteri ha convocato separatamente, ma nella stessa giomata di ieri, i due Ambasciatori d'Italia e di Germania coll'evidente scopo di marcare, dando al fatto una certa pubblicità, di fronte alle incertezze dell'opinione pubblica giapponese, continuità ed attività specie del Tripartito. Nel lungo colloquio con me, Shigemitsu si è limitato a chiedere ancora una volta tutti ghl elementi che ero in grado fornirgli sull'attuale situazione interna dell'Italia e sui prevedibili orientamenti della sua politica di guerra. Qui si è inondati da notizie spesso ·equivoche e contraddittorie di fonte tedesca, senza contare quelle sensazionali di fonte nemica, alle quali fanno ancora debole riscontro i nostri notiziari Stefani che riusciamo a captare e che distribuiamo largamente alla stampa loca'le. Orisi politica avvenuta in Italia è stata in Giappone vivamente risentita e non solo per i suoi temuti effetti sulla situazione complessiva di guerra in un momento in cui questo paese si prepara raccogliere le sue forze per parare il massiccio attacco nemico che è in preparazione, ma anche per la temuta influenza che può esercitare sui pacifisti nipponici ed in generale sugli avversari del regime di Tojo. Ho ad ogni modo approfittato dell'occasione per insistere col Ministero Affari Esteri sull'assoluta e urgente necessità di intonare stampa locale in senso non solo più nettamente amichevole e comprensivo nei riguardi nostri, ma più conforme allo stesso interesse dell'azione governativa e dello spirito pubblico nipponico. Mi risulta sono state subito diramate istruzioni alla stampa, che effettivamente da oggi sembra aver assai migliorato il suo tono.

Shigemitsu mi ha poi insistentemente pregato di far sapere a V. E. come sia stato grato del telegramma cMrettogli (l) e come abbia profondamente apprezzato, in questo speciale momento, accenno alla cooperazione italo-nipponica ed a Tripartito. Mi ha anche pregato esprimere a S. E. Rosso, col quale egli è stato collega a Mosca, tutto il suo compiacimento per la sua nomina a Segretario Generale.

(l) Vedl D. 559.

603

L'ADDETTO AL COLLEGAMENTO CON IL COMANDO SUPREMO, GIURIATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

APPUNTO. Roma, 5 agosto 1943, ore 18,30.

Forze tedesche già nel territorio nazionale alla data odierna: quattro divisioni fanteria (tre delle quali già dislocate fra Spezia e Genova); una divisione S.S. -frontiera; due divisioni corazzate -una Puglia, una Calabria; una divisione paracadutisti -disseminata.

Forze tedesche in arrivo alla frontiera (non ancora entrate nel Regno):

tre divisioni fanteria -Sicilia e Calabria.

Di fronte a Catania sono stati lasciati soltanto pochi elementi di copertura. La città verrà abbandonata stanotte. Le truppe germaniche costituenti l'ala sinistra della nostra linea, assumeranno lo schieramento Acireale-Centuripe.

604

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ROSSO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA

T. PER TELESCR. 112/933 R. Roma, 5 agosto 1943, ore 23,30.

Rappresentante Gran Mufti a Roma ha fatto conoscere aver ricevuto istruzioni di comunicare a questo Ministero come Gran Mufti intende confermare in questo momento suoi immutati sentimenti amicizia e solidarietà con l'Italia. Ha anche fatto presente come Gran Mufti, nel timore d!i complicazioni, gradirebbe che intanto alcuni degli arabi al suo seguito qui residenti si recassero a Berlino.

Vorrete ringraziare il Gran Mufti per le espressioni di simpatia e prendere occasione per rassicurarlo circa la sicurezza personale dei rifugiati arabi a Roma dove possono cont;are sull'amicizia e sul rispetto degli italiani e sulla protezione delle Autorità.

V. -E. il mio migliore saluto, lleto di poter continuare con voi nello spirito del Tripartito, la collaborazione che caratterizza i rapporti fra i nostri due Paesi».

Potrete anche richiamare sua attenzione sul fatto che partenza alcuni suoi seguaci per sottrarsi a pericoli inesistenti potrebbe provocare allarmi ingiustifdcati tra gli altri arabi residenti a Roma (una settantina circa) ed indurre altri a seguirne l'esempio portando così ad un rallentamento, se non alla sospensione, delle trasmissioni da Roma delle tre stazioni radio semiclandestine (Araba, Egiziana e Tunisina) e difficoltà al buon funzionamento di Radio Bari.

Tali partenze ed indebolimento nostra propaganda in lingua araba potrebbero prestàrsi a induzioni e commenti nei Paesi Arabi a danno della causa comune.

Si gradirà comunque conoscere opinione Gran Mufti al riguardo e istruzioni che intende impartire suoi seguaci. Vorrete anche informarlo che 4 corrente è stato effettuato un versamento di fondi in suo nome al Banco di Roma (1).

(l) -Con T. in chiaro 23730 del 31 luglio 1943, ore 12,20, Guariglia aveva comunicato a Shigemitsu: «Nel momento in cui assumo l'ufficio di Ministro degli Affari Esteri invio a
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L'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER CORRIERE 5415/0255 R. San Sebastiano, 5 agosto 1943 (per. il 14).

Jordana, nel parlarmi della nostra situazione interna, mi ha detto con compiacimento di avere notizie sempre migliori. Certamente egli riteneva il compito del Governo italiano assai complesso sia dal punto di vista bellico che internazionale, ma non vedeva altra via d'uscita oltre quella della continuazione della guerra in conformità agli impegni del Tripartito: ciò non soltanto nell'interesse dell'Italia, ma anche di quello della Germania e dell'Europa. Difatti una pace separata non avrebbe portato alla cessazione di ostilità in territorio italiano, come del resto avevano lasciato chiaramente intendere Churchill e Roosevelt nei loro ultimd discorsi. Gli anglo-americani volevano evidentemente servirsi del potenziale bellico italiano per continuare la lotta contro la Germania. Una soluzione interessante -secondo Jordana -potrebbe essere quella di indurre gli AUeati ed i tedeschi a considerare l'Italia come Stato neutro; ma era convinto che i primi non avrebbero mai acconsentito ad una simile soluzione, nonostante le espressioni piuttosto amabili nei riguardi del nostro Paese pronunciate recentemente con lui da Sir Samuel Hoare. Jordana, nel parlare con questo Ambasciatore di Germania Dieckhoff, aveva avuto occasione di dilungarsi sull'enorme importanza del fronte mediterraneo nell'attuale fase della guerra ed aveva procurato di dimostrargli tutto l'interesse per il Governo germanico a fare affluire in quel settore i possibili mezzi bellici atti a stroncare il tentativo di invasione dell'Italia e dell'Europa.

53 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. X

il fronte mediterraneo era il più vulnerabile e per tal motivo appariva conveniente che le azioni di rappresaglia dell'aviazione germanica, anziché contro il territorio britannico, si esercitassero nel Mediterraneo con probabilità di maggior successo bellico e con conseguenze di vasta portata politica. Jordana avrebbe anche messo in rilievo col mio collega germanico il piano degli Alleati tendente essenzialmente a raggiungere la vittoria promuovendo movimenti rivoluzionari nei Paesi europei. Era quindi preferibile per la Germania stroncare tali progetti utilizzando subito le sue rilevanti riserve di materiale bellico. Se invece il Governo tedesco lasciasse al nemico la possibilità di realizzare il suo tragico programma, probabilmente esso non avrebbe il tempo di impiegare tutto il suo potenziale bellico.

Ho manifestato al Ministro Jordana la mia viva soddisfazione per l'interesse che egli porta all'Italia ed al successo dell'ardua opera del nuovo Governo ed ho colto l'occasione per ribadire l'affinità di interessi che sempre accomuna i nostri due Paesi. Egli, al corrente del mio recente colloquio col Ministro Segretario del Partito tendente ad eliminare eventuali opposizioni ideologiche, mi ha assicurato che da parte sua non aveva mancato di attirare l'attenzione di alcuni suoi colleghi sulla necessità per l'Italia e la Spagna di seguire nella stessa linea del reciproco interesse mediterrano di fronte alle aspirazioni anglosassoni e slave.

Riferendosi alla situazione interna spagnola, il Conte de Jordana mi ha detto che la calma regna ovunque; ma, essendo tuttora vivissima l'agitazione prodotta dagli avvenimenti in Italia nell'anima dei seguaci di alcune tendenze politiche, il Governo vigilava con estrema attenzione. Molti speravano di vedere fra breve sciolta la Falange, ma ciò non sarebbe avvenuto: «oggi meno di prima».

(l) Con T. 22710/1282 P.R. del 10 agosto 1943, ore 13,40, non pubblicato, Rogerl riferiva che l! Muftl «ha ringraziato per le assicurazioni dategli circa sicurezza rifugiati arabi a Roma, e concorda circa opportunità che non abbiano luogo numerosi trasferimenti di suoi seguaci da Roma a Berlino ».

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IL COMANDO SUPREMO AL MINISTERO DEGLI ESTERI (l)

APPUNTO. Roma, 5 agosto 1943.

COMPORTAMENTO DELL'ALLEATO.

Il comportamento dei germanici, sostanzialmente e formalmente corretto fino alla primavera del 1942, si è andato gradatamente trasformando durante la campagna in Africa settentrionale, dimostrando dapprima la tendenza ad imporre il proprio punto di vista nella condotta delle operazioni, quindi a considerare in forma esclusiva il proprio interesse, operazioni duranti: tipici gli esempi di nostre truppe depauperate con la forza di mezzi di trasporto.

Con l'afflusso di Grandi Unità germaniche in Italia per la difesa della Sicilia pr:ima e della penisola poi, il comportamento dell'Alleato è andato peg

giorando fino a raggiungere limiti intollerabili dopo il recente cambiamento del Governo.

Si tratta di occupazione di immobili senza alcun riguardo; di impos.izioni con la forza a ferrovieri; di prepotenze di ogni genere verso privati cittadini; di atti di saccheggio, che -specialmente nella provincia e nella città di Catania -hanno paralizzato ogni possibilità di vita, accrescendo il terrore della popoLazione affamata ed esasperata da tante sofferenZJe e privazioni; di vio-:lazioni del territorio nazionale compiute mediante il transito attraverso la frontiera di unità per le quali si era chiesta ma ancora non ottenuta l'autorizzazione; di richieste di transito di unità neppure preavvisate, appoggiate da minaccia d'impiego della forza; di occupazione di opere d'arte su vie di comunicazione ed infine del proclamato intendimento -da parte di militari di unità in transtto al Brennero -di andare a Roma per liberare Mussolini.

Il Comando Supremo ha recentemente richiamato più volte verbalmente gli enti competenti germanici ed in questi ultimi giorni si è rivolto anche per iscritto ,al Capo della Missione milita:·e generale von Rintelen, ed al Feldmaresciallo Kesselring, rappresentando vibratamente la necessità che -specie nella delicata situazione del momento -si diano ordini affinché il comportamento delle truppe germaniche sia informato alla disciplina ed al senso di cameratismo e di comprensione che debbono esistere fra le forze itala-germaniche e tra queste ultime e la popolazione civile. Ma poiché tale comportamento non si è attenuato e si è anzi aggravato, il Comando Supremo ha indirizzato una lettera al generale von Rintelen, chiedendo d'informare l'O.K.W. che sarebbero stati dati ordini alle forze <italiane di reagire energicamente a qualunque manomissione o minaccia.

Tali ordini sono già stati diramati agli Stati Maggiori delle Forze Armate e segnalati al Capo del Governo. Se si considera che:

-stanno affluendo in Italia (con e senza preavviso, previ accordi e contrariamente agli accordi presi) forze che soltanto pochi giorni fa l'alleato dichiarava di non poter distrarre dai compiti loro affidati, a malgrado degli avvenimenti in Sicilia;

-comandi e reparti tedeschi affluenti si comportano non come in un paese alleato, ma come in un territorio da occupare;

-militari germanici, sia pure di truppa, accennano a scopi politici che sarebbero loro commessi, come quello di marciare su Roma per liberare l'ex Capo del Governo;

-truppe normali tedesche hanno immediatamente oc,cupato le opere d'arte sulle vie del Brennero sotto lo specioso pretesto di garantirne la sicurezza contro il nemico mentre si era trattato, con la parte germanica, di proteggerle soltanto con unità contraeree;

-il generale Feuerstein ha consigliato il Comandante del Corpo d'Armata di Bolzano di scaricare le predisposte camere da mina nelle opere d'arte della ferrovia e della rotabile del Brennero;

-l'O.K.W. ha designato, quale dislocazione delle Grandi Unità affluenti, l'arco ligure e H versante settentrionale dell'Appennino tasca-emiliano ed ha rinforzato le Grandi Unità a nord e a sud di Roma, si giunge logicamente alla conclusione che l'Alleato tende a creare le premesse più che per difendere la penisola in sé, per fare di essa un antemurale in funzione esclusivamente germanica; ed a mettersi -al caso -in condizioni di imporre con la forza un cambiamento di Governo.

(l) In Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

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IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

R. CONFIDENZIALE 3402. Parigi, 5 agosto 1943 (per. il 9).

Ho segnalato coi miei telegrammi n. 394 (l) e n. 406 (2) del 27 e del 30 luglio come nel campo del collaborazionismo francese -nonostante il sentimento del paese tutto anti-tedesco e il colpo apportato al collaborazionismo stesso dagli avvenimenti d'Italia -si penserebbe di trar profitto dalla situazione attuale per cercare d'impostare in modo più favorevole alla Francia i rapporti tra Vichy e Berlino; vecchio tentativo molte volte fatto da Lavai senza successo.

2. Fracassi, che ho interessato perché assumesse notizie al riguardo, ha riferito, in data 4 corrente, quanto segue:

«Laval ha avuto ieri 3 corr. una conversazione con Krug (rappresentante a Vichy dell'Ambasciata di Germania) nella quale gli ha esposto un suo piano inteso a creare un blocco delle Potenze occidentali da contrapporre a quello delle cosiddette Nazioni unite. A tale blocco dovrebbero partecipare Francia, Germania, Italia, Spagna, Portogallo. Esso dovrebbe avere per scopo la lotta contro il bolscevismo e la futura ricostruzione europea.

In questi circoli tedeschi il piano di Laval mi è stato definito "fantastico" e Krug avrebbe risposto al Presidente che, prima di esaminare una simile possibilità, occorreva per quanto concerne la Francia che egli dimostrasse di essere in grado di accrescere il suo seguito nel paese. Nell'ufficio dell'Ambasciata di Germania si osserva inoltre che il progetto di Lavai non sembra suscettibile di essere preso in alcuna considerazione a Berlino, dove, oltre ai rapporti informativi di quest'Ambasciata di Germania, giungono anche quelli dei Comandi delle truppe e della polizia tedesca, che presentano un quadro della situazione interna francese sotto una luce ancor più sfavorevole di quanto essa non appaia ai diplomatici tedeschi.

Lavai, che ho visto io pure ieri stesso per altra quistione, dopo la visita fattagli da Krug, non mi ha accennato al suo progetto. Egli mi ha però tenuto in conversazione per oltre un'ora, ed ha voluto darmi lettura di lunghi brani

dei processi verbali delle riunioni della Commissione degli Affari Esteri del Senato agli inizi del 1939, quando Daladier era Presidente del Consiglio, e Bonnet Ministro degli Esteri. Ha sottolineato numerosi passaggi delle sue dichiarazioni, nelle quali riaffermava insistentemente l'assoluta necessità per la Francia di ricercare un accordo con l'Italia, per scongiurare la guerra o quanto meno formare intorno al<la Germania una " catena di sicur,ezza " di cui l'Italia avrebbe rappresentato una maglia essenziale. Secondo risulta dal processo verbale, Lavai era giunto al punto di qualificare i suoi colleghi della Commissione come " criminali " se, per passione di parte o timore del Parlamento, non avessero seguito la politica da lui suggerita.

Il movente della lettura fattami da Lavai su questi resoconti, che hanno sopratutto un interesse storko, ma evidentemente ricercato nel suo ansioso desiderio di ricordare in ogni occasione l'opera da lui svolta prima della guerra, andando contro corrente, per un'intesa con l'Italia. Con ciò egli spera di prepamre il terreno anche nei riguardi dell'Italia per il caso, linvero per ora assai improbabile, in cui il progetto di blocco delle Potenze occidentali da lui esposto a Krug potesse essere varato».

3. Fin qui Fracassi per quanto riguarda più specialmente Lavai.

Ulteriori contatti della R. Ambasciata a Parigi cogli ambienti francesi e tedeschi confermano che è generale negli ambienti collaborazionisti il desiderio di cercare di approfittare della situazione per migHorare i rapporti francotedeschi. Si confermerebbe parimenti che da parte tedesca le proposte di Lavai non troverebbero favorev01le accoglienza. Gli si sarebbe anzi fatto sapere che la Germania considera gli avvenimenti politici italiani come avvenimenti di carattere interno e perciò non atti a mutare sia le relazione itala-tedesche, che quelle itala-francesi.

Questi stessi contatti confermano altresì che negli ambienti vicini al Maresciallo Pétain il cambiamento di Governo in Italia è stato accolto con soddisfazione. Si sottolineano le simpatie personali di Pétain pel Maresciallo Badoglio e i buoni rapporti di V. E. cogli uomini politici francesi, e si crede anche che l'accaduto sia destinato a facilitare grandemente ~ rapporti della Francia con l'Italia.

Superfluo che assicuri che continuerò a seguire e a riferire.

(l) -Vedi D. 564. (2) -T. 4964/406 del 31 luglio 1943, ore 1,30, non pubblicato.
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IL CONSOLE A LOSANNA, CHIAVARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI PRESSO LA SANTA SEDE, BABUSCIO RIZZO

L. P. Losanna, 5 agosto 1943.

Anzitutto mi felicito con te per la promozione e per l'importante e delicato incarico che ti è stato affidato (1). La nomina dell'Ambasciatore Guariglia,

per il quale fin dall'inizio de:la mia carriera ho avuto una profonda ammirazione e devozione, a Ministro degli Esteri, e quella dell'Ambasciatore Rosso, che ha svolto meravigliosa opera di italianità in America, ove è rimasto popolarissimo, a Segretario Generale, danno assicurazione di una seria riorganizzazione della nostra amministrazione e garan~ia alla condotta della nostra politica estera.

Stiamo attraversando un momento ultra critico e all'estero ne abbiamo la sensazione netta. La caduta del Regime ha prodotto una gran scossa alle collettività all'estero, sopratutto nella gioventù che, venuto a mancarle quel «credo» su cui aveva plasmato la sua vita, si trova ora del tutto disorientata. Ebbi la fortuna di poter prendere subito in mano la situazione ed evitare disgustose reazioni.

Ti confesso però che occorre avere i nervi a posto e la testa sul collo e sapersi prendere, all'occorrenza, le dovute responsabilità.

Ed ora ti espongo un caso per cui chiedo il tuo giudizio e il tuo consiglio. Ti ho parlato, a suo tempo, dei miei rapporti personali con Winant (fratello dell'Ambasciatore americano a Londra) che travasi ora al Governo di Washington e ti ho messo al corrente delle pratiche allora svolte, con autorizzazione del Ministero e della Legazione (1). Winant mi ha fatto sapere, per tramite di terza persona, che «sarebbe disposto a venire in Europa se io ritenessi utile la sua opera e necessario il suo aiuto in favore dell'Italia». Winant appartiene al gruppo « Willkie » di cui è amico personale. Ho risposto evasivamente. Non conosco la linea di condotta che il nostro Governo segue nel settore della politica estera, d'altra parte tale compito è completamente estraneo alle mie funzioni: se però il Ministero desidera utilizzarmi per eventuali contatti, sarò ben lieto di rendermi utile al mio paese, relativamente alle mie possibilità e capacità.

Ti sarò pertanto grato se vorrai farmi avere il tuo prezioso consiglio e se mi dirai la tua opinione al riguardo (2).

(l) Babuscio Rizzo aveva lasciato, il lo agosto, l'incarico di capo-gabinetto per assumere le funzioni di incaricato d'affari presso la Santa Sede.

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IL CONSOLE GENERALE A TANGERI, BERlO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.D. 843 (3). Tangeri, 6 agosto 1943, ore 1,45 (per. ore 7,30).

Nota persona assente. Ho parlato con reggente Ufficio che riferirà auto rità centrale e mi informerà. Telegraferò (4).

(l) -Vedi serie nona, vol. VIII, DD. 294, 295 e 479, e vol. IX, D. 220. (2) -Per la risposta, vedi D. 646. (3) -Questo telegramma manca del numero di protocollo generale perché non fu inserito nella raccolta dei telegrammi in arrivo. (4) -Questo è l'unico documento conservato nel fascicolo <<Missione Berlo>> dell'Archivio segreto dell'Ufficio Coordinamento del Gabinetto. I successivi telegrammi, che Berlo cita nella sua relazione (vedi Doc. allegato 2) non si trovano nella raccolta telegrafica ministeriale perché non protocollati in arrivo. Di essi c'è però traccia (ad eccezione di quello del 14 agosto) nella raccolta telegrafica del Consolato Generale a Tangeri (nn. 865 e 885 in partenza e 251 in arrivo) ma in luogo del testo figura l'indicazione «personale del comm. Berlo».
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COLLOQUIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI TEDESCO, RIBBENTROP (l)

VERBALE (2). Tarvisio, 6 agosto 1943.

PRIMA RIUNICNE [ORE 10].

Ribbentrop: Siamo venuti coi nostri consiglieri militari ad esaminare la situazione creatasi in Italia in seguito all'andamento della guerra nonché agli avvenimenti politici interni, che hanno destato grande preoccupazione in Germania, e particolarmente nel Fiihrer: saremmo grati a V. E. se volesse darci dei particolari su tali avvenimenti ed esprimere le idee con le quali il governo itaJiano considera la situazione attuale.

Guariglia: Anche io per parte mia sono venuto per discutere con voi la nuova situazione creatasi in Italia.

Ci rendiamo perfettamente conto che il recente mutamento politico ha potuto provocare grandi ripercussioni in Germania e suscitare preoccupazioni nel Fiihrer. I cambiamenti verificatisi in Italia costituiscono però una questione del tutto interna italiana.

Devo far rilevare che la crisi determinatasi è stata dovuta principalmente alle manchevolezze rivelatesi nel P.N.F. Come V. E. saprà, nella seduta del Gran Consiglio sono stati g i stessi collaboratori del Duce a presentare un ordine del giorno che gli negava la fiducia nella sua opera. La reazione prodottasi nel Paese ha fatto subitamente crollare tutta l'organizzazione che il

P.N.F. aveva creato durante vari anni. Non sarebbe quindi stato saggio affidare agli uomini che avevano rovesciato il Duce il governo d'Italia: e poiché in un primo momento si sarebbero potute avere delle gravi ripercussioni nel Paese, era evidente la necessità di affidare ad un governo militare il compito di governare l'Italia, sopratutto in vista della circostanza che questa era impegnata in guerra.

Per ciò Sua Maestà ha voluto affidare ad un vecchio soldato della riputazione del Maresciallo Badoglio H compito di governare l'Itaiia in guerra.

Prima cura di Sua Maestà e del Maresciallo Badoglio è stata quella di proclamare che l'Italia continuava la guerra e teneva fede alla parola data. Queste dichiarazioni sono state esplicite e pubbliche, formulate da due soldati quali il Re ed il Maresciallo Badoglio: chiunque mettesse in dubbio la parola di questi due soldati, ferirebbe gravemente il nostro onore ed il nostro sentimento nazionale.

Io sono venuto qui per parlare francamente fra alleati, fra amici e fra rappresentanti di due popoli che hanno già dato alla guerra ogni contributo e sostenuto, secondo le proprie forze, grandi sacrifici. Ripeto nel modo più

formale le assicurazioni date dai due soldati che hanno assunto il grave compito di continuare la guerra: e netlle mie parole sono riflessi i sentimenti di tutti coloro che sono caduti sul campo in fraternità d'armi con la Germania.

Ribbentrop: V. E. ha detto, ed io sono lieto di intenderlo, che l'Italia

rimane nell'alleanza con la Germania. Da parte nostra, non metto in dubbio

la sincerità di una tale dichiarazione. Debbo però constata,re che la reazione

prodotta dalla scomparsa del Duce -figura unica nella recente storia italiana

ha prodotto nell'opinione pubblica mondiale una impressione che poteva inter

pretarsi nel senso che l'Italia Intendesse, con tale mutamento di governo, dare

anche un nuovo indirizzo alla sua politica estera.

Finora la Germania ha visto l'elemento più forte della nostra fraternità d'armi nella figura del Duce, nel Fascismo -rivoluzione analoga a quella nazionalsocialista -nonché nella organizzazione politica data al vostro Paese in senso analogo al nostro. Lo scioglimento del P.N.F. è un fatto interno italiano, ma esso ha avuto gravi ripercussioni nell'animo del Fuhrer e del popolo tedesco. E ciò tanto più in quanto tali mutamenti si verificarono in modo così improvviso e con forme che da noi non sono state esattamente comprese. Alludo particolarmente alla circostanza che nessuna comunicazione ci pervenne dal Duce, ma solo -a fatti compiuti -dal Maresciallo Badoglio.

Per quanto riguarda la reazione di tali avvenimenti sui nostri nemici e nel mondo in genere, V. E. vorrà ammettere che essa è stata gravissima. Noi siamo ingaggiati in una guerra dura e spietata, e i mutamenti verificatisi in Italia sono stati un grave colpo per la Germania perché il concetto di Asse, fondato sulle nostre due rivoluzioni, era diventato non solo per noi ma nei confronti del mondo intero un concetto chiaro e fermo, base della nostra azione comune.

Sono 'lieto di sentire che l'attuale governo italiano intende continuare la guerra al nostro fianco. Sarei quindi grato a V. E. se volesse farmi conoscere le idee del suo governo sul modo con cui esso intende continuare la guerra, e quale sia la sua attitudine di fronte alla situazione generale, sia per quanto concerne la continuazione della guerra che per quanto concerne la stabilizzazione della situazione in Italia. In quest'ultima si sono manifestati sintomi che preoccupano per possibili sv.iluppi ulteriori: accenno, ad esempio, a quotidiani attacchi contro cittadini tedeschi e perfino rappresentanti ufficiali del governo tedesco. Ciò può far credere che in certi strati del popolo italiano esistano opinioni ben diverse da quelle del governo.

Guariglia: Comincerò con l'ultimo argomento prospettato da V. E. Vi sono stati indubbiamente degli incidenti, conseguenza normale di mutamenti politici del genere di quelli avvenuti, in cui elementi che vivono di souto nell'oscurità profittano dell'occasione per venire alla luce. Tali incidenti sono certamente deplorevoli, e noi abbiamo espresso esplicitamente il nostro rincrescimento in proposito.

Nel caso concernente il Consolato del Reich a Torino, il Prefetto è stato rimosso e il Comandante militare ha presentato le scuse. Posso d'altra parte assicurare V. E. che il governo italiano ha pr,eso misure per prevenire il ripetersi di tali incidenti.

Contrariamente alle notizie che ci risultano circolare in Germania, la

situazione è ora del tutto stabilizzata. Esistono ancora a Milano e Torino degli elementi che tentano sfuggire al controllo, ma sono state pres·e le misure necessarie per dominarli completamente. Posso assicurare che la situazione interna italiana, dopo la notevole reazione suscitata dai mutamenti politici, è ora assolutamente normalizzata e tranquilla.

È ora compito del Maresciallo Badoglio radunare intorno a sé ed alla Monarchia tutti gli elementi che possono avere influenza sul popolo italiano. La reazione del popolo contro il regime fascista fu dovuta sopratutto a taluni difetti di tale ·regime, che si sono rive,lati principalmente durante, e a causa della guerra. Il governo italiano non può quindi più fare appello a sentimenti di partito, ma a quelli di unità e di onore nazionale. Il fatto che il nemico occupa parte del nostro territorio impone a tutti di fare ciò che è in loro potere per ricacciarlo, senza perdersi in discussioni ideologiche.

Sono d'accordo con V. E. sulle forti ripercussioni che i mutamenti italiani hanno avuto presso i nostri nemici. Ma esse hanno consistito sopratutto in uno sfruttamento di tali avvenimenti con una campagna di stampa, che non rappresenta però una qualsiasi modifica dell'atteggiamento preso dai nostri nemici verso di noi. Essi avevano chiesto anche prima la nostra resa a discrezione, e continuano a farlo. Non si tratta quindi per noi di cambiare d'opinione: la realtà che esisteva pr,ima non ha mutato dopo i cambiamenti sopravvenuti: il nemico non dà quartiere all'Italia, la quale comprende che da esso non avrebbe alcunché da sperare.

Al momento di lasciare Stambul ho detto ai rappresentanti della stampa che Ia mia condotta sarebbe stata ispirata dalle realtà e non da ideologie. La prima di queste realtà è la guerra, che deve essere continuata; la seconda è l'alleanza con la Germania; la terza infine è l'intenzione dei nostri nemici di ottenere pacificamente ciò che invece essi debbono essere costretti a conquistarsi combattendo. Essi domandano l'occupazione del Paese. Il popolo italiano non vede quale vantaggio ricaverebbe da questa alternativa. Esso si trova di fronte a ir,riducibili realtà, che non può mutare: è interesse del nostro governo e quindi anche del governo tedesco di aiutarci a vicenda nell'opera di persuasione del popolo italiano, circa le realtà di fronte alle quali esso si trova.

Quanto alle idee politiche e militari del nuovo governo circa la condotta della guerra, suggerisco che i rappresentanti delle forze armate esaminino tra di loro ciò che concerne la situazione militare attuale.

Il governo italiano non ha idee differenti in proposito da quello precedente. Lo stesso Duce in colloquio col Ftihrer gli fece parte di certe sue preoccupazioni circa gli avvenimenti del fronte orientale, esponendo anche idee sulla possibilità di trovarvi soluzioni anche politiche. Ci rendiamo conto delle difficoltà legate a tale proposta, né intendiamo insistervi, interessando tale settore assai più la Germania che l'Italia. Personalmente sono però d'avviso che si dovrebbe considerare la possibilità di soluzioni del genere: V. E. ne trattò anche tempo fa con S. E. Bastianini.

Sono inoltre d'avviso che taluni aspetti della nostra propaganda dovrebbero essere modificati. Si dovrebbero far conoscere all'opinione pubblica delle idee

pm precise sulla organizzazione che intendiamo dare all'Europa. L'Italia non può svolgere in questo campo una politica unilaterale. Se dobbiamo cercare soluzioni politiche e adattarle alla realtà della guerra, l'Italia intende farlo in pieno accordo con la Germania. Vi sono problemi che interessano le due parti, e che sono così legati tra loro che, senza una tale collaborazione, rimarrebbero idee incapaci di essere realizzate.

Noi abbiamo perso le coionie, e ci troviamo in Albania in una situazione incresciosa, che esige tutta la nostra attenzione. L'Italia, anche volendolo, non potrebbe fare una politica autonoma: ci rendiamo conto che le nostre forze sono legate a quelle della Germania.

Ribbentrop: Potrebbe V. E. dirci se hanno avuto luogo trattive dirette con elementi inglesi od americani?

Guariglia: Nessuna.

Ribbentrop: È questa la parola del ,governo italiano e la vostra?

Guariglia: Si. Ho solo avuto una conversazione col Ministro degli Affari Esteri di Turchia, e ne riferii a von Papen con cui mi sono sempre tenuto in stretto contatto. Dissi a Menemencioglu che non potevo dargli alcuna informazione sulla nostra po:itica, ma che Badoglio aveva proclamato la continuazione della guerra, e che la nostra situazione militare era assai precaria.

Questa situazione esige di venir considerata con i nostri alleati. I nostri avversari non possono pensare di forzare l'Italia a decisioni che nessun governo italiano potrebbe prendere se non capitolando sotto la pressione nemica, ma non certo di sua libera volontà.

Voglio mettervi in guardia su voci del genere, concernenti negoziati col nemico. Ovunque vi sono persone irresponsabili che in questo momento credono di poter salvare la patria per loro conto, e può darsi che talune di esse abbiano effettivamente preso iniziative del genere. Io non ,le ,conosco, e certamente esse non rappresentano né possono vincolare in modo alcuno il governo italiano.

Se i nostri avversari ci avvicinassero per scopi del genere, io lo farei subito conoscere al governo tedesco, ma l'atteggiamento dei nostri nemici non è sostanzialmente mutato, e non è perciò probabile che ora o in avvenire sussistano possibilità del genere.

Ribbentrop: Vorrei ritornare a parlare della situazione interna in Italia. Il P.N.F. era il partito della guerra comune. Dopo la sua scomparsa, in tutte le città i comunisti, i sovversivi ed altri elementi hanno rialzato la testa. I primi sono i più pericolosi perché sono bene organizzati e diretti da Mosca, in Italia come altrove. Ciò costituisce per noi una grave preoccupazione, in quanto abbiamo già fatto esperienze del genere, e sappiamo d'altra parte che un governo non può reggersi indefinitamente sulle baionette. Il P.N.F. era un partito nazionale e sociale e costituiva in Italia una forte organizzazione politica. I partiti di sinistra sono incerti e divisi, il solo forte è quello comunista, come lo dimostra anche la sua forza di resistenza in Russia. V. E. ha dichiarato che il pericolo che esso rappresenta in Italia è scomparso, ma noi

temiamo che tendenze di sinistra vadano aumentando: in tal caso si verrebbe

anche alla eliminazione degli elementi moderati di sinistra. e i comunisti pren

derebbero il sopravvento. Non si tratta di teorie, ma di esperienze fatte in

Germania e altrove.

La più grave preoccupazione tedesca è quindi che la situazione interna

italiana peggiori, malgrado gli sforzi del Maresciallo Badoglio. Possono verifi

carsi scioperi generali, e se la truppa non volesse sparare la situazione potrebbe

immediatamente precipitare. Non voglio essere pessimista, e sono lieto di

quanto V. E. mi ha detto, ma devo prospettare questa preoccupazione del gover

no tedesco. Come ho già detto, un governo non può appoggiarsi indefinitamente

sulle baionette in un paese dove forti correnti comuniste non abbiano un

adeguato contrappeso politico: è dimostrato che tali correnti finiscono col

prendere il sopravvento sulle baionette.

Mentre i soldati tedeschi si battono e muoiono in Sicilia, e truppe tedesche sono dislocate in varie parti d'Italia per opporsi al nemico che intendesse sbarcare alla prima favorevole occasione su altri punti delle sue coste, noi abbiamo il più grande interesse a che le retrovie e le comunicazioni delle nostre truppe siano salvaguardate da sorprese del genere. Il governo tedesco non potrebbe tollerare che esse fossero messe in pericolo, e s'interessa alla questione sia militarmente che politicamente. Le nostre esperienze al riguardo sono profonde, e noi vorremmo ricevere assicurazioni e conoscere le vedute del governo italiano su tale argomento.

Guariglia: Condivido il punto di vista di V. E. sul comunismo e sul pericolo che esso rappresenta, nonché sulla possibilità che esso cerchi di prendere il sopravvento sui partiti più moderati. È proprio su questo punto che noi dobbiamo unire i nostri sforzi per far comprendere a tutti, nemici ed amici, che una vittoria russa sarebbe a tutti fatale.

Quanto alla situazione interna italiana, osservo che il partito comunista non è stato mai da noi una forza così attiva e importante come in altri paesi. Il fascismo è sorto in Italia per molte ragioni, non soltanto come opposizione al comunismo italiano: esso ha costituito, sopratutto nei primi anni, una forza contro le agitazioni sociali.

Nella mia qualità di funzionario, senza passioni politiche, io riconosco volentieri tutti i benefici apportati dal fasc~smo all'Italia: ma conoscendo l'Italia e il carattere degli italiani, che da secoli non sono stati inclini a violenze di partiti estremisti, non credo che il comunismo costituisca per noi un pericolo, anche se guidato da Mosca. L'Italia è un paese dove questo pericolo generale si manifesta meno gravemente che altrove.

Il fascismo, come è noto, conquistò facilmente il potere senza incontrare grandi resistenze nemmeno da parte comunista, ciò che dimostra la debole~za di questo ultimo elemento. Se ora il fascismo è crollato subitaneamente e senza grandi scosse, ciò significa che né da parte comunista né da parte fascista si era creata una situazione che non fosse possibile mutare. •

Si è troppo portati, d'altra parte, a trovare somiglianze tra fascismo e nazionalsocialismo. Se essi hanno analoghe teorie in comune, occorre però considerare le differenze degli uomini che li rappresentano.

Non ci si è mai trovati in Italia di fronte a situazioni insormontabili. La

forza del fascismo non era certamente fondata su organizzazioni militari o di

polizia, altrimenti esso non sarebbe crollato così facilmente né le milizie del

fascismo avrebbero potuto essere incorporate così agevolmente nelle forze ar

mate che sostengono l'attuale governo.

Il fascismo ha fatto molto per le opere sociali e assistenziali, per avvicinare le classi sociali tra loro e al governo. Posso assicurare che il governo italiano intende proseguire in quest'opera, mantenendo la struttura corporativa, mettendo gli operai nelle migliori condizioni possibili, e aumentando anzi i vantaggi concessi dal fascismo alle classi lavoratrici.

Ribbentrop: Quale partito -o partiti -si occuperanno di tale compito, che non può essere di competenza dei militari?

Guariglia: L'opera sarà continuata dalla stessa organizzazione statale, che non è mutata. Per ora non vi sono partiti in Italia, ed essi potranno sorgere solo a guerra finita.

Ribbentrop: Accolgo volentieri questa dichiarazione. Molte delle nostre preoccupazioni politiche non sono però ancora scomparse. Non può dimenticarsi che la Marcia su Roma del Duce nel 1922 e l'azione del Fiihrer nel 1933 hanno salvato l'Europa dal comunismo.

Circa il mutamento da voi suggerito del programma comune di propaganda politica, vorrei conoscere le idee del governo italiano, nonché quali vedute esso abbia sui modi di continuare la guerra.

Dobbiamo renderei conto che i nostri nemici persistono nell'intento di distruggerci, e che tale proposito non è mutato in seguito al cambiamento della politica italiana, nel quale essi vedono solo una incrinatura della nostra alleanza, come del sistema del Tripartito.

Desidereremmo conoscere come il governo italiano intenda continuare la guerra, sia dal punto di vista politico che da quello militare.

Guariglia: Condivido il vostro punto di vista, che il Duce e il Fiihrer hanno salvato l'Europa dal comunismo. Ma il pericolo che quest'ultimo rappresentava era minore in Italia che in Germania, e così è anche ora.

La possibilità di cambiare l'orientamento della nostra propaganda è per ora una mia idea personale, che non ho ancora avuto agio di discutere col Maresciallo Badoglio e col governo. Io sono d'avviso che si dovrebbero attirare maggiormente a noi gli Stati minori di Europa, mostrando loro il nostro desiderio di collaborazione, e dando loro garanzie di indipendenza per l'avvenire. È cosa essenziale che la nostra attitudine nei loro riguardi sia migliorata, tanto più in quanto essi sono stati e sono tuttora lavorati dalla propaganda nemica, che ha avuto gioco facile sopratutto nei Balcani. Non voglio anticipare precisioni su questo punto -anche perché mi rendo conto che le sue modalità e la sua soluzione dipendono da comuni esigenze militari -ma credo che bisognerà un giorno dichiarare che l'indipendenza di tali Stati ci interessa non meno dei nostri nemici, e anzi maggiormente, data :La contiguità territoriale che essi hanno con l'Italia e [la] Germania. Una propaganda in tal

senso è essenziale, perché l'Italia e la Germania occupano più d'uno di quegli Stati.

Circa la continuazione della guerra, debbo osservare anzitutto che l'Italia si trova ora sulla difensiva nel proprio territorio, e che anche l'Albania sembra minacciata. Noi non possiamo quindi prendere iniziative, o avere attualmente idee di offensiva.

Il Maresciallo Badoglio ha fatto appello al popolo italiano in vista anche del fatto che si tratta di difendere il territorio nazionale: questa sola è la realtà della situazione, e non avrei altro da aggiungervi.

Ribbentrop: Potrebbe il Generale Ambrosio parlarci della situazione militare, e del modo con cui l'Italia intende realizzare la collaborazione con noi in questo campo?

Ambrosia: Dopo quanto ha detto il Ministro degli Esteri nei riguardi della situazione interna e della volontà di continuare la guerra, manifestata da Sua Maestà il Re e dal nostro governo, la nostra situazione militare sembra chiara. Io mi riattacco in ciò a quanto abbiamo detto pochi giorni or sono presso Belluno, ed alle dichiarazioni f,atteci nel corso di due ore dal Ftihrer. Gli avvenimenti politici avvenuti così rapidamente in questi giorni sono eventi svoltisi completamente all'infuori della sfera militare, la quale non ha subito da essi alcuna incrinatura od influenza. In questa situazione il Comando Supremo italiano è stato non poco sorpreso dalla rapidità con la quale sono state inviate divisioni tedesche in Italia senza preventivo accordo con noi, come era avvenuto per il passato, e dall'intenzione di dislocare tali divisioni in Italia senza il pa'rere del Comando Supremo, il quale deve essere libero di disporre tale dislocazione mentre ha ora quasi la sensazione di non essere più padrone in casa propria. Lo stesso Ftihrer nell'incontro presso Belluno ci diede direttive generali sul modo col quale potenziare l'Italia per difenderla dalla Sicilia al nord e dal nord al sud. Le divisioni tedesche entrate in Italàa senza accordi preventivi, e talvolta con atti di prepotenza non giustificati, stanno assumendo uno schieramento che non sembra rispondere più agli interessi della comune difesa, ma solo a quelli germanici. Noi abbiamo l'impressione esatta che voi, abbandonate le forze nell'Italia meridionale, ne avete concentrate attorno a Roma contro eventuali attacchi nell'alto Tirreno, e le allineate dalla Liguria lungo l'Appennino come se, cambiando di concetto operativo, considemste il territorio italiano solo uno spalto della difesa germanica.

Keitel: A Feltre, dove ero presente anch'io, ho potuto constatare che il FUhrer ha promesso ogni possibile aiuto militare ed anche in altri campi. Data la situazione esistente in Italia bisogna che tutte le forze disponibili per la comune difesa vengano fatte affluire al più presto, ed il comando germanico le sta effettivamente mandando sia da oriente che dal nord e dall'ovest. Sono sorpreso di sentire ora che forze tedesche sono penetrate in Italia senza preavviso. In ogni caso, tali preavvisi sono stati dati ai posti di frontiera i quali avrebbero subito potuto chiedere i necessari ch~arimenti e viceversa. Infatti ogni passaggio di frontiera, ogni acquartieramento e mezzo di trasporto è stato preventivamente discusso. Se vi sono stati equivoci e poca chiarezza ciò è dovuto alla disorganizzazione delle comunicaziom m Italia ed a continui blocchi di traffico. L'O.K.W. ha fatto quanto era in suo potere nel senso della comune condotta della guerra, e deve cercare di mantenere in ogni modo il morale combattivo delle truppe, assicurando con ogni sforzo il regolare funzionamento delle ferrovie. L'O.K.W. dipendeva in ciò dalle disposizioni prese dai Comandi italiani, col risultato che le truppe tedesche in Sicilia e Italia meridionale non hanno sinora potuto integrarsi e completare i propri rifornimenti. Debbo quindi esprimere nuovamente la mia meraviglia che persino l'invio di carri armati dall'est nonché di truppe di nuova formazione dalla Francia venga oggi presentato -come fatto or ora dal Generale Ambrosia -nel senso che il Comando italiano non è più padrone in casa propria. Si deve trattare evidentemente di un equivoco dovuto allo stato attuale delle vie di comunicazione italiane.

Guariglia: Effettivamente il modo in cui le truppe tedesche entrano in Italia in questi giorni ha potuto suscitare l'impressione che esse venissero non a scopi di collaborazione militare bensì in servizio di ordine pubblico.

Ribbentrop: Non disponiamo di truppe se non per combattere.

Keitel: Circa il contegno delle nostre truppe, ho avuto una sola volta occasione di constatare come esso potesse essere causa legittima di lagnanza.

Ripeto che tutti gli invii di truppe sia nell'Italia meridionale che in quella centrale e settentrionale sono stati oggetto di discussione col Generale Roatta ed hanno trovato la loro approvazione da parte del Comando Supremo italiano.

(Il Maresciallo Keitel menziona a questo punto l'assoluta necessità di completare il raggruppamento delle forze tedesche dislocate in Italia, assicurando il funzionamento delle loro retrovie. Ciò concerne sopratutto la 26• divisione corazzata, nonché elementi della 29• e della «Hermann Goring >> tuttora in via di spostamento).

Ribbentrop: Propongo che di tali questioni trattino a parte i nostri consiglieri militari. Per parte mia dichiaro che la Germania è decisa a continuare la guerra fino alla vittoria, e ciò sia contro la Russia che contro l'Inghilterra e i nordamericani. Non so se le forze bolsceviche cadranno oggi, o domani, o quando; per parte nostra le batteremo finché cadranno, cosa che trattandosi di un popolo slavo non mancherà di verificarsi. Quanto agli altri, inglesi ed americani, noi li affronteremo ovunque essi si presenteranno.

Per quanto riguarda la guerra dei sommergibili, essa riprenderà quanto prima, non appena saranno in efficienza talune innovazioni tecniche in corso di preparazione. Nel campo dell'aviazione saremo fra non molto in grado di prendere iniziative di cui né l'Inghilterra né l'America si rendono ancora conto.

La Germania vuole condurre la guerra fino alla vittoria, di concerto con l'Italia. Se sono chiare queste premesse, confermo qui che la Germania aiuterà l'Italia con tutti i mezzi per impedire l'avanzata nemica e tenere la Sicilia fin quanto sarà possibile, e ricacciare il nemico in mare.

La mia questione al Generale Ambrosia concerneva il modo con cui l'Italia intende continuare la guerra. Non comprende quindi dettagli del genere di quelli che egli ci ha prospettato. Se l'Italia ha la ferma volontà di continuare la guerra, qualsiasi dettaglio del genere deve passare in secondo piano. Ciò che vorrem

mo sapere dal Comando Supremo italiano è come esso intenda continuare la guerra da parte sua, e quali aiuti desidera da noi. Conosco inglesi ed americani; se l'Italia capitola dinanzi ad essi, scomparirà per sempre dal gioco delle forze mondiali.

Ambrosia: Alla domanda del Ministro Ribbentrop, come cioè l'Italia veda nelle grandi linee la continuazione della guerra, rispondo che l'Italia marcerà a fianco della sua alleata. Purtroppo l'Italia non è così forte né tiene i propri piedi in varie parti d'Europa come la Germania, cosicché il programma esposto dal Ministro Ribbentrop nelle sue linee può venire attuato dall'Italia soltanto nei limiti delle sue possibilità. L'Italia marcia da tre anni sempre a fianco della Germania malgrado la dura guerra combattuta. Essa ha una zona operativa in Sicilia e presto potrebbe averne una in Albania. Circa la zona dei Balcani si sono già presi accordi con l'O.K.W. per migliorare il dispositivo. L'Italia è lieta di aiutare il suo alleato nel limite delle sue possibilità, per terra e per mare, e spera di poter partecipare in autunno alla lotta anche con nuove forze aeree (1).

SECONDA RIUNIONE [ORE 19].

Ribbentrop: Ho discusso con i miei collaboratori la situazione generale, e vorrei concludere riassumendo i risultati delle conversazioni di stamane:

0 ) Il governo tedesco ha constatato con soddisfazione che il governo italiano intende condurre la guerra con tutti i mezzi con noi sino alla vittoria. Abbiamo completa fiducia in questa promessa del governo italiano. S. E. Guariglia ha espresso l'idea che lo scopo principale di questa riun~one fosse di ristabilire la fiducia scossa dai recenti avvenimenti in Italia.

2°) Ho esposto a S. E. Guariglia la scossa che hanno provocato quegli avvenimenti, e la necessità di ristabilire fra noi la fiducia per condurre questa guerra che è diventata questione di vita o di morte per il popolo tedesco come per il popolo italiano.

3°) Io ritengo di suprema importanza che abbia luogo quanto prima una anche più comprensiva dichiarazione della politica comune da seguire in avvenire.

4°) Si dovrà addivenire anche ad un piano comprensivo per la condotta comune della guerra, per la difesa dell'Italia, ed anche per ricacciare gli angloamericani dalla Sicilia. Non intendo entrare nel campo militare, ma è evidente che i nemici intendono effettuare sbarchi anche in punti della terra ferma itruliana e sulle altre isole non appena se ne presentasse l'occasione favorevole. Uno dei punti più importanti delle discussioni fra il Maresciallo Keitel ed il

Generale Ambrosio è quello che alle truppe tedesche che combattono in Sicilia e sono dislocate nell'Ital·ia meridionale sia assicurata nel modo più completo la sicurezza delle retrovie e che il loro avviamento e dislocazione anche nell'Italia settentrionale avvenga al più presto possibile, per impedire che avvengano sbarchi senza che le truppe tedesche siano in grado di affrontare il nemico e ricacciarlo in mare.

AHo stato attuale delle cose tale compito è da compiersi insieme perché esso non può certo essere eseguito solo dalle forze militari italiane. Ciò che è essenziale ed urgente è prevenire sorprese che mettano in pericolo la nostra collaborazione politica, e ciò deve essere esaminato fino da oggi.

(Circa il ritiro della IV Armata italiana dalla Francia, Ribbentrop dice trattarsi di una misura non solo militare ma anche politica, che tocca i rapporti italo-tedeschi verso la Francia e che deve essere risolta d'accordo fra i due alleati e studiata dai politici e militari responsabili).

Bisogna avere su tutti i punti dove esistono pericoli di sbarchi, truppe tedesche pronte ad affrontare tale eventualità. Si tratta ora di ristabilire la fiducia scossa. E questa è una questione cosi importante che necessità di una prossima dis·cussione su più larga base.

L'Ambasciatore von Mackensen ci ha riferito che il Sovrano italiano aveva proposto un incontro col Fiihrer. Questi era in quel momento nell'impossibilità di spostarsi essendo impegnato dagli sviluppi della situazione militare ad oriente, ed era altresì d'avviso che si dovesse procedere ad una chiarificazione preliminare della situazione. Mi sembra che essa sia oggi avvenuta, e che ciò che si deve ancora fare per completarla sia una discussione fra tutti i fattori competenti responsabili, da avvenire al .più presto. Credere~ necessario, ad un tale scopo, un incontro del Ftihrer con Sua Maestà, che dovrebbe aver luogo al più presto: ad esso dovrebbero intervenire il Maresciallo Keitel e i Ministri degli Affari Esteri dei due Paesi. Sarebbe anche necessario che intervenisse il Principe Ereditario d'Italia.

Desidero ripetere che la scomparsa del Duce dalla direz.ione della politica italiana ha colpito profondamente il Ftihrer, non solo politicamente ma anche personalmente: il fatto che un uomo della statura storica del Duce sia scomparso ha provocato nel Ftihrer un senso di incertezza sulla stabilità della situazione politica italiana. Il Ftihrer si domanda ora se, avendo potuto scomparire cosi facilmente dalla scena politica italiana un uomo come il Duce, ciò non possa avvenire analogamente se anche non più facilmente per l'attuale governo. Si desidererebbe quindi da parte tedesca che tutti i fattori responsabili, a cominciare da Sua Maestà e dal Principe Ereditario, siano presenti ad una riunione quale quella accennata, affinché si possa stabilire con essi un contatto personale, necessario per adottare decisioni e dare loro la sanzione che esse esigono. Questo è il concetto che mi propongo di esporre al Fiihrer.

Guariglia: Ringrazio S. E. Ribbentrop della comprensione dimostrata durante l'odierno convegno. Sono certo che le 1dee oggi scambiate con franchezza valgono a chiarire completamente la situazione.

Quanto all'eventuale incontro del Ftihrer con i fattori responsabili della politica italiana, faccio notare che tale proposta è partita da noi, e costituìsce pertanto una prova della comprensione da parte nostra della realtà della situazione. Riferirò al mio Sovrano ed al Capo del Governo la proposta che S. E. von Ribbentrop intende sottoporre al Fiihrer, e vi farò conoscere la loro risposta. Credo non vi saranno difficoltà, dato che si tratta di proposta partita da noi; salvo stabilire le modalità di tempo e di luogo, che saranno dettate dalle circostanze del momento.

Circa le questioni militari cui ha alluso S. E. Ribbentrop, sono anch'io d'avviso che la difesa dell'Italia deve essere assicurata di comune accordo fra le nostre rispettive autorità militari. Voglio però far presente, in linea di principio, che l'Italia deve rivendicare anche per i suoi soldati il diritto ed il dovere di difendere il proprio territorio nazionale. Gl'i spostamenti delle divisioni tedesche sul suolo italiano dipendono dagli accordi presi; ma ripeto che anche le truppe italiane hanno il diritto di difendere il proprio paese. Che l'Italia debba assicurare le retrovie delle truppe tedesche è evidente, ma debbo far rilevare che lo stato delle nostre comunicazioni è divenuto precario a causa dei bombardamenti e non per difetto dèlla nostra organizzazione.

Desidero concludere dichiarandomi lieto di aver avuto con tutta franchezza questo cambio ·di vedute con S. E. von Ribbentrop, e mi auguro che egli vorrà mostrare anche in avvenire la stessa comprensione che io ho per lui.

Ribbentrop: Nessun tedesco vorrà mai contestare ai soldati d'Italia il diritto di difendere il proprio territorio; ma si dovrà ammettere che ciò non potrà avvenire senza l'assistenza da parte delle truppe tedesche, le quali dovranno avere una parte essenziale e decisiva come già la stanno avendo in Sftcilia. Dobbiamo essere in grado di ricacciare a mare gli avversari dovunque essi tentassero uno sbarco.

Ringrazio per l'ospitalità che ci è stata accordata oggi in territorio italiano.

Guariglia: Siamo stati lieti di avervi potuti ospitare sul nostro territorio (1).

(l) -Al colloquio parteciparono anche il generale Ambrosio ed il maresciallo Keitel. (2) -Il verbale è stato redatto dal consigliere dell'Ambasciata a Berlino, Rogeri di Villanova, che svolgeva funzioni di interprete da parte italiana.

(l) Dopo questa riunione ebbero luogo l colloqui di cui al DD. 611, 612, 613, 614.

611

COLLOQUIO DEL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, AMBROSIO, CON IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA WEHRMACHT, KEITEL (2)

VERBALE (3). Tarvisio, 6 agosto 1943, ore 15,30.

Keitel: Mi riferisco a quanto detto nella seduta precedente (4) nei riguardi degli incidenti avvenuti e propongo di non parlarne più; si tratta di ordini dati nella fretta e con la preoccupazione di improvvise azioni nemiche e quindi nell'interesse generale.

S4 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

Ambrosia: Ricordo soltanto che l'affluenza delle truppe tedesche implica molte previdenze logistiche: quindi è bene lo si sappia in precedenza sia per dette previdenze sia per la sicurezza e regolarità dei trasporti ferroviari.

Keitel: Faccio notare che nessuno pensava che si dovessero ritirare forze dalla fronte orientale ed occidentale e si è temuto che il nemico potesse fare uno sbalzo nell'Italia settentrionale; per questo si sono effettuati così rapidamente i movimenti delle divisioni.

Ambrosia: Chiedo che si stabilisca di comune accordo dove debbono andare queste divisioni: è poco probabile che il nemico attacchi l'Italia settentrionale o centrale tanto più che oramai conosciamo la sua mentalità ed il suo sistema metodico di condotta di guerra; del resto i bombardamenti dell'Italia meridio,nale sono indicativi e dimostrano che almeno per ora il nemico tende colà.

Keitel: Coll'ingresso delle divisioni germaniche in Italia settentrionale il pericolo va diminuendo di giorno in giorno.

Ambrosia: Comunque per potenziare la difesa dell'Italia noi dobbiamo ritirare delle divisioni dalla Francia dalla Croazia e dalla Slovenia poiché non è ammissibile che la maggioranza delle unità che difendono la penisola siano tedesche anziché italiane.

Keitel: La costituzione di un forte gruppo di forze nell'Italia settentrionale non ci deve far perdere di vista la situazione nell'Italia meridionale e nella SiciUa; specialmente considerando le difficoltà ferroviarie dobbiamo tener presente la necessità di tenere il collegamento con le truppe che sono ò.islocate a sud.

Ambrosia: I lavori per il riattamento delle ferrovie sono in corso ed ormai a buon punto; naturalmente però tutto subordinato agli altri bombardamenti che i nemici non mancheranno di fare. Si tratta ora di concretare un piano di dislocazione delle divisioni dato che avremo presto la possibilità di avviarne un certo numero verso il sud.

Keitel: Prego ascoltare il generale Warlimont che esporrà la situazione logistica delle truppe tedesche nell'Italia meridionale; ciò perché siamo divenuti scettici dopo gli esempi di el Alamein e della Tunisia dove le truppe hanno dovuto cedere più per le deficienze logistiche che per le azioni del nemico. Occorre potenziare tutti i servizi dell'Italia meridionale.

Warlimont: Dopo i combattimenti degli ultimi giorni in Sicilia tutte le scorte si sono esaurite. I rifornimenti per l'Italia meridionale non sono mai giunti nella misura desiderata per mancanza di mezzi di trasporto. Per le divisioni tedesche della Sicilia e dell'Italia meridionale abbiamo rifornimenti per cinquedieci giorni al massimo; critica la situazione nei ri~uardi della benzina avio e delle munizioni contraeree. Per rimediare tale situazione occorrono da nove a tredici treni giornalieri dall'Italia del nord a quella del sud sempre riferendosi alle divisioni colà ora esistenti nonché ai reparti di aviazione e alle batterie contraeree e costiere.

Kettel: Entro questi numeri sono comprese anche le necessità delle batterie costiere e contraeree della Calabria e dello stretto di Messina che si desidera di inviare di rinforzo.

Warlimont: Non sono però compresi i treni necessari per costituire una base logistica a Mantova avente lo scopo <U fronteggiare le interruzioni ferroviarie che potrebbero verificarsi per offesa aerea più a nord di tale località.

Keitel: Occorrono inoltre altri treni per completare le divisioni germaniche che già sono nell'Italia meridionale.

Ambrosia: Quindi si tratta di potenziare lo schieramento attuale e di costituire per esso delle riserve logistiche.

Warlimont: Situazione delle divisioni germaniche: la divisione paracadutisti: manca un reggimento, un battaglione del secondo reggimento, due batterie del reggimento di artiglieria, cinque compagnie anticarro, una compagnia del gruppo trasmissioni e la maggior parte dei servizi che sono ancora in Francia.

Ambrosia: Quindi occorre affrettare i trasporti e completare tale divislone.

Warlimont: Per trasportare la parte che ancora è in Francia della la divisione paracadutisti occorrono cinquanta treni. Divisione Goering: manca il comando del reggimento granatieri corazzato, due compagnie di un battaglione, un battaglione del secondo reggimento, una compagnia del Teggimento carri armati, due compagnie del battaglione pionieri, una batteria e la batteria osservatori del reggimento divisionale, la magg.ior parte dei servizi.

Keitel: Mancando i servizi si sono dovute improvvisare molte cose.

Ambrosia: Dove sono i servizi della divisione Goering?

Warlimont: Sono sparsi lungo tutta l'Italia. Anche per la 26a divisione si son dovuti sospendere i trasporti per mancanza di treni.

Ambrosia: Secondo il maresciallo Kesselring la 26a divisione aveva solo un nucleo a Napoli ed il resto era già tutto riunito fra Catanzaro e Crotone!

Warlimont: Ritiene che il maresciallo Kesselring abbia voluto riferirsi agli elementi già in Italia; mancano invece i due terzi e cioè: Ia massa del reggimento carri, quasi tutto un reggimento di fanteria, un gruppo di artiglieria, metà del gruppo esplorante, metà del gruppo trasmissioni, tutto il gruppo controcarri, la massa dei servizi.

Keitel: È quindi necessario completare tali unità prima di inviaTne altre nell'Italia meridionale. Un sensibile miglioramento in Calabria ci sarà quando vi giungeranno le unità di artiglieria costiera e contraerea; sono stati tolti duemila marinai dalla Germania del nord per inviarli in Calabria per evitare atti di sabotaggio di reparti commandos sulle coste e lungo le ferrovie. Per quanto riguarda la costituzione del gruppo di forze centrali essa è nata dalla necessità di avere una divisione corazzata nel centro dell'Italia, richiesta dallo Stato Maggiore italiano. È stata poi fatta scendere un po' più a sud, ma il Ftihrer ha dato il consenso a detto movimento molto a malincuore.

Ambrosia: La 3a divisione corazzata è completa o ha anch'essa degli elementi indietro?

Keitel: Mancano parte degli automezzi e parte dei servizi.

Ambrosia: Abbiamo poi delle truppe tedesche a Viterbo e a Pratica di Mare, da quali divisioni dipendono?

Warlimont: Sono della 2a divisione paracadutisti, però i tre battaglioni di Viterbo sono aggregati alla 3a divisione corazzata.

Keitel: Preoccupazione del momento è stata quella di un balzo del nemico verso la Sardegna, o di uno sbarco nella zona di Roma che avrebbe tagliato fuori le truppe dislocate a sud.

Ambrosia: Dov'è il resto della 2a divisione paracadutisti?

Warlimont: Non conosco bene la situazione di questa divisione.

Rintelen: Sei battaglioni sono a Pratica di Mare e tre battaglioni a Viterbo, questi ultimi per rinforzare la 3a granatieri.

Keitel: La divisione paracadutisti rappresenta una unità, molto mobile, quindi non è escluso che essa possa essere ripresa alla mano per averla disponibile per la Sardegna o per la Sicilia o per qualche altro punto minacciato. Quando era pronta per la Sardegna l'avevamo dislocata in Francia ora è in Italia sia per la Sicilda sia per l'Italia centro meridionale.

Ambrosia: Vediamo le altre divisioni germaniche in Italia.

Warlimont: Mostra una carta con la dislocazione delle divisioni tedesche e italiane da assumere in base agli accordi già presi col Comando Supremo dopo il colloquio di Feltre. Parte della 29a divisione è in Calabria.

Ambrosia: È destinata a passare lo stretto di Messina?

Warlimont: È stato impossibile farlo perché la 26a è incompleta e portando via tale aliquota della 29a si indeboliva pericolosamente la difesa della Calabria. Analogamente molti elementi della P paracadutisti sono nella penisola per la difficoltà di trasporti per la Sicilia; quando la 26a sarà completata si potranno fare modificazioni all'attuale schieramento; in questo momento è molto importante avviare verso sud le rimanenze della 26a divisione. Il gruppo strategico principale sarà costituito dalla 76a divisione diretta verso Genova, dalla 3058 divisione che è alla frontiera franco-italiana e che seguirà nel movimento la 76a; dalla 94a divisione in movimento verso Torino che proseguirà per la Liguria.

Ambrosia: Dato che dobbiamo ritirare le truppe della 4a Armata sarebbe opportuno che la 305a rimanesse in Provenza per non sguarnire troppo questa regione.

Warlimont: Si provvederà con altre divisioni tedesche; ora dobbiamo costitulre un gruppo che deve essere almeno di tre divisioni.

Ambrosia: Bisogna tener conto delle quattro divisioni della nostra 4a Armata.

Kettel: Tanto meglio se ci sono anche quattro divisioni italiane. Le tre divisioni tedesche che erano sul canale della Manica sono state sostituite dopo colloqui di Feltre e fin d'allora avviate in Provenza per destinarle in Italia.

Warlimont: La 94a divisione è alla frontiera; è stato richiesto il trasporto in ferrovia almeno fino a Torino per evitare la traversata della zona montana, caso mai potranno poi proseguire per via ordinaria.

Ambrosia: Bisognerà essere ben d'accordo su questi movimenti perché sono tre divisioni tedesche e quattro italiane che si affollano sugli stessi itinerari e possono recarsi vicendevole disturbo.

Warlimont: Le località di affluenza già stabilite possono anche essere variate, l'essenziale è quello di costituire un forte gruppo di unità in PiemonteLiguria.

Keitel: Bisogna non perdere di vista una seconda operazione di sbarco americana per la quale il nemico ha disponibilità da tredici a quattordici da.visioni; se sbarcano in Corsica possono poi passare in Liguria. La dislocazione può essere variata a seconda degli avvenimenti.

Warlimont: Le tre divisioni saranno alle dipendenze dell'87° Comando di Corpo d'Armata. La 65a divisione dovrebbe affluire dalla zona di Tarvisio su Ravenna.

Ambrosia: Dove dovrebbe andare secondo O.K.W.?

Warlimont: Dovrebbe rimanere a Ravenna per imbastire al centro una riserva operativa unitamente alle due divisioni SS da dislocarsi in zona Bologna. Se sarà necessario ne manderemo delle altre.

Ambrosia: Anche qui bisogna aggiungere tre divisioni nostre che saranno ritirare dalla 2a Armata.

Keitel: Tanto meglio così aumentano le riserve operative.

Warlimont: La 44a divisione dislocata tra Bolzano e il Brennero resterà colà finché dureranno i grandi trasporti ferroviari.

Ambrosia: A questo servizio di sicurezza penseremo noi con una o due divisioni.

Keitel: È più opportuna una protezione fatta in comune per sventare azioni tipo quella di Ploesti.

Ambrosio: Ma quella è stata un'azione aerea per controbattere la quale occorrono batterie contraeree.

Keitel: Saranno inviate anche batterie contraeree che già si stanno riunendo nella Germania meridionale.

Warlimont: La na divisione rimarrà in Carinzia pronta a muovere a seconda delle necessità o verso l'Ita1ia o verso i Balcani.

Ambrosia: Sarà bene sia orientata verso la zona orientale dato che noi alleggeriamo le nostre truppe in Slovenia.

Keitel: Riassumendo noi avremo una riserva operativa nell'Italia settentrionale della quale potremo fruire a seconda delle circostanze. Chiedo ora la valutazione dell'Ecc. Ambrosia sulla situazione generale e quali divisioni vuol togliere dalle zone oltre frontiera.

Ambrosia: Con lo schieramento previsto si avrà una situazione certamente robusta per l'Italia settentrionale ma non troppo per il resto della penisola. Il Comando Supremo farà in modo che siano esaudite quanto più possibile le richieste di trasporti ferroviari fatte dalla parte germanica per completare le grand-i unità dislocate a sud; così si potranno poi prendere in esame ulteriori spostamenti di divisioni dal nord verso l'Italia meridionale o centrale. Non vedo l'eccessiva minaccia all'Italia settentrionale; comunque per le necessità della difesa della Madre Patria noi ritiriamo dalla Francia tutta la 4a Armata comprese le unità di difesa costiera nonché tre divisioni da trarsi dal 5° e 11° Corpo d'Armata della 2a Armata; questa massa all'occorrenza potrà essere proiettata a sud. Poi intendiamo provvedere alla difesa della linea ferroviaria del Brennero: potrà quindi essere ritarata la 94a divisione tedesca. Abbiamo però cosi esaminato unicamente il problema terrestre mentre il problema principale è quello aereo; se non riusciamo a contrastare l'offesa aerea del nemico, questi potrà sbarcare ovunque con molte probabilità di successo. In proposito ho saputo che è intenzione di O.K.W. di inviare quattrocento aerei in Albania e zone viciniori; a che cosa servono? La caccia dai campi che sono stati richiesti non arriva sull'Italia o vi arriva a stento. È il problema aereo già tante volte esaminato che rimane tuttora insoluto e senza un'aviazione suffieiente non si dà alcuna sicurezza alla penisola contro gli sbarchi.

Keitel: Circa i quattrocento apparecchi si tratta solo di predisporre i campi per riceverli, in caso che il nemico attaccasse nei Balcani.

Ambrosia: Allora ho la speranza che i quattrocento aerei vengano in Italia anziché andare in Balcania.

Keitel: Assicuro che si farà il possibile per tenere a numero le unità aeree tedesche in Italia poiché è anche nostro interesse proteggere il territorio italiano e le truppe tedesche ivi dislocate. Vi è necessità di coordinare e armonizzare tutti i trasporti tedeschi ed italiani poiché abbiamo movimenti nei vari sensi da ovest, da nord, da est. Sono preoccupato per il movimento della 4a Armata italiana data la zona sensibile che essa occupa e che è meno fortificata del canale della Manica.

Ambrosia: Ecco perché ho detto che era meglio non muovere la 305a divisione che potrebbe lasciare un vuoto.

Keitel: Il movimento della 305a è già così avanzato che è bene non dare contrordini. Chiedo se rinunciate anche a Nizza ed a Tolone e se avete esaminato le conseguenze politiche.

Ambrosia: Le conseguenze politiche sono già state esamlnate dai competenti organi ed il movimento è stato approvato. Keitel: Questo sgombero mi preoccupa dal punto di vista politico e deve essere esaminato anche in Germania. Quindi devo prospettare la cosa al Ftihrer.

Ambrosia: Tenga presente che il Governo italiano ha già deciso questo movimento.

Keitel: Su questa questione riferirò a Berlino. Lo scopo del colloquio era di stabilire la costituzione della riserva strategica e poi di assicurare i rifornimenti e i trasporti per le divisioni che combattono in Sicilia contro un nemico quattro volte superiore. Per le altre questioni si potrà tenere un prossimo incontro.

Ambrosia: Vi è poi la questione del ritiro del 3° Corpo d'Armata dalla Tessaglia le cui divisioni debbono andare in Albania; la divisione Brennero è già andata. Questo movimento è stato concordato con O.K.W. il quale aveva comunicato che fino a metà settembre non era in grado di sostituire le nostre divisioni. Ora noi abbiamo bisogno di far presto perché la situazione in Albania diventa sempre più pr·eoc~upante. ,,.,,.

"'

Keitel: Ciò è già noto, sono già state prese le predisposizioni ma è sempre questione di trasporti dato che vi è una sola linea ferroviaria in funzione. Quali sono le divisioni che toglierete dalla 28 Armata?

Ambrosia: Saranno due dell'XI Corpo ed una del V Corpo.

Keitel: Come saranno sostituite?

Ambrosia: Sarà lasciato qualche battaglione Gaf e qualche altro elemento, ma le divisioni bisogna portarle via; per ora non posso ancora precisare quali saranno le divisioni destinate; vi ho indicato solo il numero globale.

Keitel: Sarò grato se prima di attuare le disposizioni si attenderà il tempo necessario alla parte germanica per prendere le dovute misur·e poiché si tratta di zona non ancora epurata dai ribelli.

Ambrosto: Senz'altro. Keitel: Riassumendo, desidero constatare che V. E. è d'accordo nella costituzione della riserva operativa centrale pronta per ogni evenienza.

Ambrosia: Ancora tre questioni: questione dell'alimentazione: i viveri per le truppe tedesche debbono essere inviati dalla Germania, mi riferisco specialmente al pane, alla carne ed ai grassi.

Warlimont: È questione anche qui dei trasporti.

Ambrosia: Ed allora muovete le divisioni solo quando avrete la possibilità di rifornirle di viveri; tenete presente il riflesso politico della questione, se diamo i viveri alle truppe tedesche vengono a· mancare alla popolazione; non vorrei quindi che le divisioni tedesche in Italia restassero senza mangiare.

Warlimont: Prego di rifornire lo stesso quantitativo che è stato dato alla parte germanica nel mese di giugno; per la differenza in più penserà la Germania.

Ambrosia: La seconda questione è quella della valuta: ogni soldato tedesco ha disponibili mille lire al mese; il maresciallo Kesselring ha disposto che ne fosse data solo metà ed il resto fosse inviato in patria; occorre fare lo stesso per le truppe che giungono. Bisogna poi considerare le somme che hanno a disposizione i reparti; questi comperano all'ingrosso facendo rialzare i prezzi e rarefacendo la merce sul mercato; anche ciò ha enorme influenza sulla popolazione.

Warlimont: Per quanto riguarda il soldo sarà fatto senz'altro, per i fondi dei reparti prenderò informazioni; la questione potrà essere trattata con Rintelen.

Ambrosia: Ultima questione: contegno delle truppe germaniche in Italia: occorre un richiamo energico per mettere tutti sul retto binario del contegno sia verso la popolazione sia verso le truppe italiane: occorre tener presente che l'Italia è un paese alleato e non territorio di occupazione, le truppe tedesche che sono disciplinate, ricevendo ordini precisi, sapranno attenervisi.

Warlimont: Si tratta di questione reciproca; da parte della popolazione italiana si dovrebbe comprendere che si tratta di truppe che vengono ad aiutare, e dovrebbe essere più cortese, e dovrebbe essere invitata a ciò dalle autorità.

Ambrosia: Cito l~sempio della goa divisione in sa,degna che, avendo un comandante energico, tiene un ottimo contegno e non si è mai avuto alcun incidente; se tutte le divisioni facessero cosi non si avrebbero attriti e la popolazione italiana meglio si renderebbe conto del perché le divisioni germaniche vengono in Italia. Desidero conoscere se tutte le truppe germaniche che affluiranno seguiteranno a passare alle dipendenze del maresciallo Kesselring.

Warlimont: Finora si, però sarà necessario costituire un comando delle divisioni tedesche dell'Italia settentrionale; sarà comunicato in tempo.

Ambrosia: Rimane inteso che la protezione delle ferrovie di Modane, della Cornice, ecc. è di competenza italiana.

Keitel: Si, per le altre linee ci sarà solo concorso di batterie contraeree. Per la linea del Brennero è troppo grave la responsabilità ed era opportuno mettersi in condizione di non doverci fare dei reciproci addebiti; la protezione va fatta con ogni impegno e con tutte le forze italiane e tedesche disponibili. Per i trasporti prego dare la precedenza a: a) tutto ciò che occorre per le truppe tedesche dell'Italia meridionale; b) tutto ciò che occorre per costituire la riserva operativa strategica dell'Italia settentrionale. Mi riservo di parlare col FUhrer per quanto riguarda la 4a e la 2a Armata.

Ambrosia: A mia volta insisto per la sostituzione del 3° Corpo d'Armata, i germanici hanno la linea ferroviaria tutta a loro disposizione ed io vorrei che per metà settembre il 3° Corpo d'Armata fosse già in Albania.

K eitel: Sarà fatto il possibile; il settore balcanico è delicato e pericoloso ed alcune divisioni che dovevano andarvi sono invece venute in Italia. Noi vorremmo stare fianco a fianco anche per la difesa costiera dell'Albania.

Ambrosia: Esamineremo la cosa.

Keitel: Dovremo ritornare ancora sulla questione della 4a Armata.

(l) -Delle due riunioni plenarie dell'incontro di Tarvisio c'è anche un verbale redatto a cura del Comando Supremo in Archivio Centrale dello Stato, «Carte della valigia di Benito Mussolini >>. Non si pubblica perché più sommario di quello qui riprodotto, ma è ed., con qualche imprecisione, in Hitler e Mussolini: Lettere e documenti, cit., pp. 190-197 e 207-209. (2) -In Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'hsercito. Ed. in Hitler e Mussoltni: Lettere e documenti, cit., pp. 197-203. La copia di questo documento in Archivio Centrale dello Stato, «Carte della valigia di Benito Mussolini » non è completa: vi mancano alcune frasi a causa, probabilmente, di salti nella copiatura. (3) -Erano presenti al colloquio anche i generali Warlimont, Rintelen, Marras e Silvio Rossi. (4) -Vedi D. 610.
612

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL CAPO DEL GOVERNO, BADOGLIO

PROMEMORIA. Tarvisio, 6 agosto 1943.

Dopo i colloqui a quattro (1), ho avuto un lungo colloquio con Ribbentrop da solo a solo. In sostanza gli ho ripetuto in forma più efficace e precisa tutti gli argomenti già svolti. Ho creduto però di aggiungere chiaramente che «ove la Germania per la sua diffidenza verso H Governo Badogl~o avesse voluto compiere un'azione di forza contro l'Italia, essa avrebbe potuto forse anche riuscirvi. Ma dovevo ben avvertire sin d'ora che essa si sarebbe trovata in Italia da nemica e non più amica».

Ho infine attirato tutta la più seria attenzione di Ribbentrop sulla forza che la Monarchia presentava per l'Italia, specie nelle attuali condizioni, giacché essa sola era capace di far attraversare all'Italia, senza eccessive scosse, la crisi della caduta del fascismo provocata dallo stesso fascismo. Occorreva quindi che la Germania nel suo stesso interesse non tentasse-se mai ne avesse avuto l'intenzione -di indebolire anche questa grande forza nazionale italiana.

613

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL CAPO DEL GOVERNO, BADOGLIO

PROMEMORIA. Tarvisio, 6 agosto 1943.

Nel corso del colloquio che ho avuto da solo a solo con von Ribbentrop durante l'incontro di Tarvisio (2), l'ho informato che il Governo italiano si proponeva di dichiarare Roma città aperta, e che trattative sarebbero state avviate a tale scopo, per il tramite del Vaticano.

A questa mia comunicazione Ribbentrop non ha opposto reazione di sorta.

614

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL CAPO DEL GOVERNO, BADOGLIO

PROMEMORIA. Tarvisio, 6 agosto 1943.

Durante una pausa delle riunioni con Ribbentrop e Keitel (3) ho avuto un lungo colloquio con Mackensen, il quale, fra l'altro, mi ha parlato nuovamente di Mussolini, del dolore del Ftihrer, etc.

Gli ho detto che non era intenzione del Governo italiano di torcere un capello a Mussolini, ma di proteggerlo, invece, contro l'odio del popolo italiano.

D'altra parte non sembrava neanche fosse intenzione di Mussolini di creare difficoltà al Governo Badoglio, come risultava dalla sua lettera che era stata mostrata allo stesso Mackensen.

Quest'ultimo mi chiese allora perché tanto S. M. il Re come lo stesso Maresciallo Badoglio avessero risposto, ad una sua esplicita domanda, «di non sapere dove si trovasse attualmente Mussolini 1>.

Gli ho detto che la ragione di tale risposta era evidente. Essi non avevano voluto dirgli ciò che gli volevo dire ora io in termini crudi, «essere cioè questo un affare che non riguardava la Germania, non avendo noi nessun obbligo di fornirle tale indicazione 1>.

Mackensen ne ha dovuto convenire.

(l) -Vedi D. 610. (2) -Vedi D. 612. (3) -Vedi DD. 610, 612 e 613.
615

IL MINISTRO A STOCCOLMA, RENZETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 5215/100 R. Stoccolma, 6 agosto 1943, ore 20,25 (per. ore 10 del 7). Mio telegramma 97 del 4 corrente (1).

Come ho segnalato con fonogramma Stefani odierno è stato raggiunto accordo tra Sv·ezia e Germaniia pe.r cessazione transito uomini e materiale bellico tedesco su territorio svedese.

In base tale accordo transito materiale bellico verrà a cessare 15 agosto, transito truppe 30 corrente. Sussisterà soltanto transito dei treni ospedali consentito da Convenzione dell'Aja e naturalmente traffico normale di civili e merci. Commento ufficioso di questo Governo pone in rilievo che concessione fu fatta a suo tempo dal soggetto svedese nella presunzione che un regolare regime di occupazione dovesse essere instaurato in Norvegia con conseguente pacificazione del Paese. Non essendosi verificata questa condizione continuazione transito costituiva per opinione pubblica svedese grave pregiudizio alle relazioni con Norvegia e chiara deviazione dalla politica di neutralità che Svezia intende seguire.

616

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ROSSO. AL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO

T. 24481/234 }>. R. Roma, 6 agosto 1943, ore 24.

Telegramma di codesta Legazione n. 351 (2). Si prega di voler far presente a codesto Governo che sarebbe particolarmente desiderabile che si astenesse dal rispondere al discorso del Conducator

dato che discorso stesso non presenta spunti antimagiari evidenti e comunque la inopportunità di ravvivare la polemica ungaro-rumena.

Al riguardo la R. Legazione in Bucarest è stata invitata (l) a far presente al Governo rumeno quanto ci rincresca che malgrado le nostre vive continue raccomandazioni l'opera conciliatrice da noi assiduamente svolta non riesca ad ottenere quella distensione f·ra i due Paesi che vivamente auspichiamo particolarmente nelle attuali circostanze (2).

(l) -Con T. 5139/97 R. del 4 agosto 1943, ore 21,40, non pubbl!cato, Renzetti aveva comunicato la richiesta del Governo svedese alla Germania di cessazione completa del traffico per la Norvegia e la Finlandia. (2) -T. 5127/351 R. del 3 agosto 1943, ore 21, non pubblicato, con il quale Anfuso aveva riferito su un colloquio avuto con il nuovo Ministro degli Affari Esteri Ghyczy.
617

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ROSSO, AL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA

T. 24485/462 P.R. Roma, 6 agosto 1943, ore 24.

R. Ministro a Budapest ha riferito che quel Direttore Generale Affari Politici Szegedy-Maszak ha fatto presente che, pur non volendosi da parte magiara drammatizzare nuovo .incidente, non poteva peraltro escludersi che Governo ungherese avrebbe in qualche modo risposto a recenti dichiarazioni antimagiare del Maresciallo Antonescu, aggiungendo che le periodiche provocazioni rumene scoraggiano i buoni propositi ungheresi nei riguardi della Romania.

In relazione a quanto precede, è stato telegrafato al R. Ministro a Budapest (3) che sarebbe desiderabile che Governo ungherese si astenesse dal rispondere al discorso del Conducator, dato che discorso non presenta spunti antimagiari evidenti e, comunque, l'inopportunità di una replica che non potrebbe che ravvivare la polemica ungaro-rumena.

Da parte Vostra vorrete ripetere a codesto Governo quanto ci rincresca che malgrado le nostre vive continue raccomandazioni e la nostra opera conciliatr.ice, non si rdesca giungere a quella distensione fra i due paesi che vivamente auspichiamo particolarmente nel presente momento (4).

618

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA (5)

R. s. 3485/1161. Bucarest, 6 agosto 1943 C6).

Mihai Antonescu mi ha pregato di farLe sapere che egli non ha tralasciato di lavorare per far comprendere ai· suoi amici la delicatissima situa

zione italiana. Ha inviato corrieri speciali ed ha avuto risposte che non lo scoraggiano completamente.

Per quanto concerne l'Italia le maggiori difficoltà provengono dall'Inghilterra mentre l'America dimostra molta più comprensione. Antonescu si mostra indignatissimo della cosa. Mi ha detto: «È inconcepibile che gli inglesi non vedano il baratro che scavano davanti ai loro piedi insistendo su formule destinate a scatenare il bolscevismo e l'anarchia in Europa. Assistiamo ora al paradosso che l'America si erga lei a difendere i valori eterni della civiltà europea mentre la miopia degli uomini di stato inglesi mira a distruggerli».

Per quanto concerne la Romania, vista anche la situazione al fronte Est, egli non ha nascosto ai turchi che la necessità di agire si impone anche per essi altrimenti la Russia finirà per dominare i Balcani. E' urgente quindi che la diplomazia turca faccia quanto le è possibile per salvare una situazione che potrebbe divenire disperata per tutti.

Malgrado gli ultimi eventi che non sono fatti per rallegrare gli spiriti egli resta nel fondo del suo cuore abbastanza ottimista e crede che alla fine certe realtà politiche dovranno pure imporsi.

Dal suo Ministro a Berlino riceve segnalazioni piuttosto preoccupanti. Il governo tedesco ha disposto l'evacuazione della capitale e questa misura sembra al Ministro romeno doversi mettere in rapporto con la gravità della situazione al fronte Est. Il Ministro romeno crede cioè come molto prossima la decisione dei tedeschi di ricorrere all'azione dei gaz e il governo germanico prenderebbe le misure d'evacuazione della capitale per sottrarla ad una possibile reazione degli anglosassoni e alle conseguenze di un bombardamento chimico.

Naturalmente il Presidente Antonescu mi ha riferito la cosa aggiungendo che lasciava la responsabilità dell'informazione al suo Ministro.

(l) -Vedi D. 617. (2) -Per la risposta, vedi D. 634. (3) -Vedi D. 616. (4) -Per la risposta, vedi D. 650. (5) -Ed., con l'omissione del primo e degll ultimi due capoversi, in R. BoVA ScoPPA, Colloqui con due dittatori. cit., pp. 121 e 122. (6) -Manca l'indicazione della data d'arrivo.
619

IL COMMISSARIO TECNICO PER L'ORIENTE PRESSO L'AMBASCIATA AD ANKARA, RELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

R. S. N. Istanbul, 6 agosto 1943 (1).

Nel rapporto indirizzato a V. E. nell'aprile u.s. (2) ho cercato di esporre quali erano le condizioni e le possibilità della Russia sovietica nel conflitto esprimendo l'avviso che quell'immenso paese aveva superato la propria crisi di guerra. Durante i quattro mesi che ho avuto l'onore di collaborare ai Vostri ordini nelle mie relazioni ho posto in rilievo quale fosse il grado di potenziamento raggiunto dall'U.R.S.S. e come ogni energia di quei popoli venisse diretta unicamente a realizzare il massimo sforzo bellico per cacciare l'invasore tedesco.

Il corso delle operazioni mi1itari e le batteglie dello scorso luglio, la cui imponenza di mezzi ha superato ogni precedente impegno, hanno dimostrato ancora una volta che le risorse militari della Russia erano lungi dall'essere esaurite. L'importante vittoria sovietica di Orel, che la propaganda germanica cerca maldestramente di sminuire, non solo raddrizza il fronte in favore dei russi, ma può rimettere in movimento tutto il dispositivo sovietico con conseguenze incalcolabili per la resistenza tedesca.

Nell'economia della guerra i russi registrano ancora una volta a loro credito un nuovo sacrificio di sangue e di energie di fronte al quale gli apporti, anche recenti, dei loro alleati appaiono irrisori. Mosca non ha mancato di far sentire questa sproporzione considerando la campagna siciliana una «semplice operazione di sbarco » e reiterando le richieste dell'apertura di un secondo fronte sul continente.

L'atmosfera pesante che caratterizza le !l"elazioni di Mosca con i suoi alleati fino dall'epoca dell'incontro di Casablanca, sembra peggiorata nelle ultime settimane. Vi hanno contribuito manifestazioni di diversa natura che vanno dalle critiche apparse sulla stampa moscovita cii.rca le inutili discussioni intorno ai problemi del dopoguerra, alla creazione di comitati ed organismi politici tra gli emigrati slavi e tedeschi dimoranti nell'U.R.S.S. Sintomi ancor peggior.i sono infine le conversazioni sovietico-giapponesi avvolte di mistero e l'improvviso quanto inopportuno ritiro degli ambasciatori sovietici a Washington ed a Londra seguito alla sostituzione di Maisky con un funzionario di secondo piano.

Mi sembra superfluo soffermarmi sulle svariate ragioni di dissenso che permangono tra Mosca e gli anglo-sassoni. Esse riguardano, com'è noto, i problemi dell'Europa centrale e sud-orientale, nonché la strana posizione sovietica nell'Estremo Oriente. Vi si aggiungono ora quelli relativi all'avvenire politico dei paesi occupati o da occuparsi nell'ipotesi di un collasso germanico. L'U.R.S.S. intende, a mio avviso, far valere con tutto il peso del suo apporto bellico i propri diritti ad essere consultata e sentita in qualsiasi questione relativa alla guerra anche nei settori che potrebbero apparire estranei alla sua sfera d'interessi e d'influenza. È questa la intima ragione nella nuova crisi subentrata nei rapporti tra gli Alleati.

Qusto stadio della situazione politica alleata dovrebbe essere attentamente seguito poiché non si può escludere che il Cremlino, valendosi della libertà di azione fd.nora conservata e recentemente rafforzata con le nuove vittorie militari, voglia giocare tutte le sue carte sia nell'ipotesi di una vittoria alleata a breve scadenza, sia in quella di un tentativo tedesco di eliminare il fronte orientale attraverso trattative dirette con Mosca. Nella prima variante Mosca dovrà trovare delle pedine di manovra nello scacchiere mediterraneo e non è immaginario pensare che conterà sulla Francia e sull'Italia per attenuare il predominio navale anglo-sassone. Nel secondo caso essa si varrebbe del negoziato per strappare alla Germania la completa libertà d'azione nel sud-est europeo in modo da consol~darvisi prima che gli anglo-sassoni, seriamente impegnati a contrastare la Germania ad occidente, possano impedirglielo. In am

bedue i casi ci troveremo in presenza di una Russia affacciata al Mediterraneo con la quale bisognerà per forza di cose contare.

A prescindere però da queste supposizioni, che potrebbero forse sembra.re cervellotiche, mi sembra opportuno esaminare la sostanza della politica sovietica nella fase ascendente vissuta ora dalla Russia sovietica. A mio subordinato avviso i governanti del Cremlino svolgeranno i loro piani con la massima cautela politica e mascherando i loro fini con atteggiamenti liberali e remissivi che non diano alcun sospetto circa il carattere sostanzialmente sovversivo della politica moscovita. Il Cremlino segue ormai da quasi due anni questa tattica e l'accentuerà in pratica qualora veramente, per dannata ipotesi, esso fosse chiamato a partecipare in qualsiasi modo alla sistemazione politica dell'Europa occidentale. Mosca sottoscriverà ed accetterà soluzioni «liberali e democratiche » e persino quelle « nazionali » nello spirito oggi dominante dappertutto di «Uberazione :. dai regimi totalitari. E' cosi che essa spera di penetrare in Europa fermamente convinta che ciò sia a vantaggio non solo della sua affermazione egemonica, ma pure delle sue mire future di portare ed imporre le proprie teorie e la propria filosofia statale e sociale al mondo intero, stanco e sfinito dalle guerre ed anelante di ordinamenti che gli assicurino la pace e la giustizia.

Vogliate scusare, Eccellenza, se ho osato rivolgere a Voi queste mie povere considerazioni che non vogliono essere altro che il modesto pensiero di qualcuno che ha consumato buona parte della sua vita all'esame di un problema sorto con questa guerra, e per colpa di politicanti ciechi, al primo piano nella vita dei popoli.

(l) -Manca J'!nd!cazione della data d'arrivo. (2) -Vedi D. 275, allegato.
620

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S. N. D. 5294/524 R. Tokio, 7 agosto 1943, ore 4,30 (per. ore 24 del 9).

Mio telegramma n. 515 (1).

Da buona fonte confidenziale risulta che, malgrado insuccesso passo Oshima presso Hitler, a Tokio non si avrebbe alcuna intenzdone di abbandonare iniziativa ma si intenderebbe insistervi nel modo più assoluto. E' evidente che una soluzione sollecita del conflitto russo-tedesco, per mediazione del-Giappone, permettendo a questo di sistemare suoi rapporti con Russia asiatica sarebbe più utile per il futuro specialmente più sicuro per il presente in cui deve far fronte alla minaccia americana che potrebbe prendere le per-icolose vie del Nord. Ambasciatore Sato dovrebbe tornare a sondare disposizioni sovietiche per ricercare quale altra via di rifornimento potrebbe essere assicurata alla Germania, più pratica dei rifornimenti nipponici, contro retrocessione Ucraina.

(l) Vedi D. 598.

621

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 5301/526 R. Tokio, 7 agosto 1943, ore 6 (per. ore 13,30 del 10).

Codesto Ambasciatore del Giappone ha qui riferito che V. E. gli avrebbe accennato alla possibilità di un prossimo incontro con Ribbentrop. Dal canto suo Oshima ha telegrafato da Berlino che Governo tedesco considera tale possibilità. Shigemitsu ha telegrafato oggi a Hidaka di far presente a V. E. speciale opportunità nel momento attuale che a tale convegno possa in qualche modo prendere parte un rappresentante giapponese, in modo che si d.ia impressione di una piena cooperazione delle Potenze del Tripartito. Governo nipponico è disposto a sottoscrivere quel comunicato che in tal senso venisse deciso di diffondere ad incontro avvenuto. Shigemitsu mi ha vivamente pregato dl raccomandare all'E. V. tale sua proposta (1).

622

IL CONSOLE GENERALE AD INNSBRUCK, MORGANTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S. N. D. PER CORRIERE 5240/20727/721 R. Innsbruck, 7 agosto 1943 (per. l'B).

A seguito mie precedenti ~egnalazioni e da ultimo ai telegrammi per corriere nn. 20169/708 (2) e 20175/709 (3) in data 2 corrente, ho l'onore di comunicare che fatta eccezione di qualche piccolo reparto isolato, principalmente di specialisti, artiglieria contraerea e anticarro, non viene segnalato l'arrivo di nuove unità. Continua tuttora, invece, l'afflusso dei reparti della Leibstandarte Adolf Hitler e di grandi autocolonne di rifornimenti. Ho potuto accertare, in modo ineccepibile, che sia la Adolf Hitler proveniente dal settore di Orel che la Hoch und Deutsch Meister proveniente dal Belgio, hanno ricevuto .ordine di partire alla volta di Innsbruck -dirette in Italia -il 26 luglio u.s., compiendo il viaggio a tappe forzate. Aggiungo che qualche reparto di alpini, appartenenti alla prima divisione Gebirgsjager, è qui giunto dalla Norvegia ed aggregato alla 44a Divisione.

In questi ultimi giorni sono inoltre transitati da Innsbruck circa 90-100 treni con truppe e materiali che hanno proseguito per il Brennero: non è stato però possibile accertare la loro effettiva destinazione in Italia.

Sottufficiali e soldati della Adolf Hitler hanno dichiarato, riferendo quanto hanno appreso dai loro ufficiali, che la loro destinazione sarebbe l'Italia meridionale.

Si calcola che, sui 100-120 mila uomini che avrebbero dovuto costituire l'Armata del Tirolo, soltanto circa 50-60 mila sono fino ad oggi qui affluiti, compresi molti comandi e reparti di specializzati.

Circa il materiale a disposizione delle tre grandi unità f[nora transitate, si rileva quanto appresso:

1°) -44a Divisione Gebirgsjager non dispone di materiale meccanizzato e anche l'armamento, nel complesso, non è efficientissimo quantunque siano ad essa stati aggregati diversi reparti di artiglieria ippotrainata e someggiata provenienti dalla Baviera; gli uomini (giovanissimi e anziani) provengono dalle ultime chiamate e il loro grado di addestramento sembra in generale tuttora incompleto.

2°) -Divisione Hoch und Deutsch Meister: alcune diecine di carri armati di hlpo di fabbricazione recentissima (Tigre e Supertigre). Il rimanente del materiale corazzato e meccanizzato, per quanto di tipo meno moderno, appariva in condizioni buone.

3°) -Leibstandarte Adolf Hitler: come consistenza di uomini è indubbiamente la più numerosa e dispone, senza dubbio, di truppe scelte. Il materiale corazzato e meccanizzato, sebbene abbondante, ha evidentemente molto sofferto per l'usura subita sul fronte russo. Da notare che gli automezzi sono stati consegnati all'unità nello scorso gennaio: tuttavia il deflusso è stato notevolmente ritardato dalla necessità di provvedere in Innsbruck alle indispensabili riparazioni (tutte le officine meccaniche annesse alle locali autorimesse sono impegnate in questi lavori).

Seguo attentamente la situa:òi.one e mi riservo di riferire soUecitamente ogni eventuale emergenza.

(l) -Per la risposta di Guariglia, vedi D. 647. (2) -Vedi D. 586. (3) -Con T. s.n.d. 5112/709 R., non pubblicato, Morganti aveva comunicato che reparti della divisione Leibstandarte Adolf Hitler avevano già attraversato la frontiera del Brennero.
623

IL MINISTRO A BERNA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. R. PER CORRIERE 5275/0362 R. Berna, 7 agosto 1943 (per. il 9).

Mi sembra interessante riferire alcune impressioni raccolte in questi ambienti tedeschi a seguito degli avvenimenti italiani.

Con una certa sorpresa, da tedeschi che occupano qui posti importanti, ho inteso ripetere che quanto è avvenuto ed avvi·ene nel nostro Paese ha non poco rafforzato la posizione di Hitler in Germania.

A tale mia sorpresa, mi è stato risposto che se l'Italia, che appariva considerata meno ostilmente della Germania da parte degli anglo-sassoni, non è riuscita, liquidando totalmente Mussolini ed il fascismo, ad ottenere da Londra e Washington buone condizioni per uscire dal conflitto, cosa mai può sperare la Germania nel liquidare un giorno il reg,ime hitleriano?

Oramai -aggiungono questi tedeschi -si è visto che la liquidazione eventuale del Nazionalsocialismo ben difficilmente potrebbe costituire un presupposto per ottenere dagli Alleati migliori condizioni nel caso di trattative.

Ho ritenuto opportuno riferire su tali ragionamenti tedeschi ad absurdum perché mi sembrano essere una nuova prova della volontà germanica di continuare la lotta anche se in condizioni psicologiche non brillanti.

624

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ROSSO, AL MINISTRO A ZAGABRIA, PETRUCCI

T. 24525/381 P. R. Roma, 8 agosto 1943, ore 1.

Vostro tele2:ramma per corriere 063 del 2 corrente (1).

Questo Ministero approva linguaggio da Voi usato con codesto Ministro Affari Esteri nel senso che nulla deve essere innovato agli accordi di Roma del maggio 1941 sui quali riposa politica alleanza tra i due Paesi.

Potete smentire categoricamente ogni eventualità mutamento nostra situazione militare in Dalmazia e tanto più eventualità intese o contatti con elementi cetnici.

Non ritengo sia il caso diramare smentita a voci destituite di fondamento, ma verranno impartite istruzioni alla stampa riferirsi situazione in Dalmazia nel senso da Voi proposto e cioè che essa non comporta alcuna innovazione.

625

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ROSSO, AL MINISTRO A ZAGABRIA, PETRUCCI

T. 24526/382 P. R. Roma, 8 agosto 1943, ore 1.

Vostro telegramma per corriere n. 062 del 2 corrente (2). Conv.iene attenersi linea politica sinora seguita sia nei riguardi Governo Pavelic sia verso Autorità germaniche.

Ciò non esclude che con le opportune cautele sia preso, come del resto è stato fatto anche in passato, qualche contatto soprattutto a titolo di sondaggio con altri settori dell'opinione pubblica costì.

Comunque vogliate seguire da vicino svolgersi situazione riferendone di volta in volta a questo Ministero per eventuali ulteriori istruzioni.

55 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. X

(l) -Vedl D. 589. (2) -Vedl D. 587.
626

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL CONSIGLIO DEI MINISTRI (l)

RELAZIONE. [Roma, 9 agosto 1943, ore 18].

H giorno 6 corrente ha avuto luogo a Tarvisio il previsto incontro con Ribbentrop e con Keitel (2). Prima di esporre i particolari di questo incontro, reputo opportuno riassumere brevemente l'origine e le ragioni dell'incontro stesso.

Subito dopo che con il giuramento dei Ministri nelle mani del Re, il nuovo Governo fu regolarmente costituito, il Maresciallo Badoglio inviò al Fiihrer il seguente messaggio: (3).

Questo messaggio fu portato personalmente al Fiihrer dall'Addetto Militare a Berlino Generale Marras, insieme con il suggerimento di un incontro tra Sua Maestà il Re e il Fiihrer stesso ( 4).

Sembrò tuttavia opportuno prima che ad un incontro del genere si potesse venire avere uno scambio di idee tra i due Ministri degli Esteri ed i due Capi di Stato Maggiore, per chiarire la situazione generale.

A intendere l'utilità immediata di un tale chiarimento è necessario tener presente lo stato dei rapporti itala-germanici al momento del cambiamento del Governo in Italia.

La ripercussione di questi cambiamenti in Germania era stata enorme e l'impressione che i nostri alleati avevano immediatamente avuto era che, rovesciato il regime fascista, l'Italia sarebbe senz'altro uscita dalla guerra. L'affermazione contenuta nel proclama del Maresciallo Badoglio che la guerra continuava e che l'Italia intendeva tener fede ai patti, non sembrava convincente al Governo tedesco per lo stridente contrasto che esisteva fra le affermazioni contenute nel Proclama e le aperte manifestazioni in favore della pace che avevano avuto luogo in molte città italiane e che erano state accompagnate da incidenti -e qualche volta anche da deplorevoli violenze -a danno di uffici e di soldati e di cittadini tedeschi.

Un'atmosfera d'incertezza e di diffidenza si venne cosi a creare intorno ai rapporti itala-tedeschi, atmosfera aggravata dalle misure militari che la Germania aveva preso e andava prendendo alle nostre frontiere e nelle immediate vicinanze dti Roma.

Appena avuta notizia degli avvenimenti il Governo tedesco provvide infatti a concentrare ed avviare verso la frontiera del Brennero alcune grandi unità i cui primi movimenti ci furono segnalati fin dal 29 luglio (5). È da tener presente che l'invio di notevoli rinforzi militari tedeschi in Italia era previsto dalle

(-4) Vedi DD. 575 e 579. (-5) Vedi DD. 569, 570 e 586.

intese italo-tedesche raggiunte nel convegno di Feltre (1), ma era evidente che la rapidità improvvisa di questi concentramenti di forze doveva essere messa in rapporto con la situazione italiana.

La frontiera italiana del Brennero fu violata dalle truppe tedesche, con minaccia di far uso delle armi, i giorni l o e 2 corrente malgrado il divieto opposto al transito delle truppe stesse dai nostri presidi. Il 2 corrente inoltre il Comandante della scorta di treni germanici, giunti senza alcun preavviso al Brennero, imponeva a mano armata al personale di macchina e di stazione italiano di far proseguire i treni stessi.

Più tardi la situazione fu regolarizzata, avendo il Comando Supremo italiano dato il suo permesso al passaggio delle truppe tedesche. E cominciò così un costante ed intenso afflusso di truppe con abbondante materiale. Alla data odierna sono entrate in Italia quattro divisioni dal Brennero, tre divisioni da Mentone, una divisione da Tarvisio ed una divisione di paracadutisti avio-trasportata che, destinata in Sicilia, è stata invece fermata a Pratica di Mare.

Circa gli scopi di tali concentramenti di truppe germaniche in Italia è da notare che, secondo concordi segnalazioni, i soldati tedeschi, specie quelli della divisione SS entrata da·l Brennero, non nascondevano lo scopo della loro discesa in ItaLia affermando di essere venuti per «mettere l'ordine e ristabilire il regime di Mussolini ». Numerosi soldati delle SS portavano anche sui loro caschi la scritta «Viva il Duce».

La divisione «Leibstandarte Adolf Hitler >> partì da Ore! il 26 luglio e lo stesso giorno partì dal Belgio la divisione << Hoch und Deutsch Meister », con l'ordine di raggiungere l'Italia a tappe forzate (2).

Si tratta di truppe corazzate d'assalto fra le migliori che la Germania possiede. Il fatto di averle tolte dai punti importantissimi da cui provenivano dimostra tutta l'importanza che i tedeschi annettevano alla situazione italiana.

Occorreva poi tener presente la già esistente dislocazione delle truppe tedesche in Italia, fra cui le truppe corazzate esistenti a Bolsena a pochi chilometri da Roma, le forze delle SS armate di fucili mitragliatori, che consta vi sono a Roma ed il cui numero non è possibile sapere con esattezza, ma che alcuni fanno ammontare a 6 ed altri a 15 mila.

E tutto oiò senza voler parlare dell'aviazione tedesca che è già nei campi italiani e di quella che sarebbe facilissimo trasportarvi in poche ore, e senza neanche parlare del controllo indiretto che i tedeschi esercitano sulla nostra rete ferroviaria.

Malgrado le precauzioni prese dalle nostre Autorità Militari, sarebbe stato ragionevole ritenere che una occupazione di Roma e di altre parti dell'Ital~a sarebbe stata possibile nel volgere di pochissimi giorni e forse di ore.

Si sarebbe trattato allora di una vera spedizione punitiva, animata da tutto l'odio di chi crede essere stato tradito. Quanto è avvenuto in altri paesi occupati dalla Germania sarebbe stato forse un pallido esempio di fronte a quello che poteva accadere in Italia.

Mentre questi avvenimenti si svolgevano, il Governo tedesco ci propose un incontro fra i due Ministri degli Esteri ed i due Capi di Stato Maggiore. La proposta fu da noi accettata, e l'incontro immediatamente fissato.

L'incontro, come detto più sopra, aveva come scopo principale una chiarificazione delle rispettive posizioni. Posizione politica dei due Paesi nei confronti dell'alleanza e del proseguimento della guerra. Posizione militare dei due Paesi nei confronti del problema del contributo tedesco alla difesa dell'Italia. Il tutto inquadrato nel problema generale dei rapporti fra i due paesi, profondamente scossi dalla caduta del regime fascista, che nei più alti circoli tedeschi era stata considerata un gravissimo colpo alle fondamenta stesse dell'alleanza, e il principio di una defezione dell'Italia dalla guerra, alla quale la Germania poteva anche essere indotta ad opporsi con la violenza.

Questo stato d'animo tedesco -di ostilità e di sospetto -si rivelò subito al primo contatto con Ribbentrop e con Keitel, contatto marcato da uno studiato riserbo e da una ostentata freddezza. Era quello che noi ci attendevamo in base alle informazioni pervenuteci da Berlino. A Tarvisio si trattava o di rompere improvvisamente con la Germania, o di ristabilire -entro i limiti del possibile -la situazione.

Una prima riunione ebbe luogo alle 10 del mattino tra me, Ribbentrop, il Generale Ambrosia e il Maresciallo Keitel. Il problema dei rapporti itala-tedeschi fu subito impostato dal Ministro Ribbentrop nei termini che ci attendevamo: influenza degli avvenimenti interni italiani sull'andamento della guerra. Ribbentrop tenne ,a mettere particolarmente in rilievo le gravi preoccupazioni suscitate in Germania -e particolarmente nell'animo del Ftihrer -dalla caduta del regime fascista, e ci chiese essenzialmente due cose: un quadro di tali avvenimenti, in modo che il Governo tedesco potesse farsi un giudizio sulla situazione, e una esposizione degli intendimenti e delle idee del Governo italiano.

Nel rispondere a Ribbentrop io sono partito da due concetti: 1°) i cambiamenti verificatisi in Italia costituiscono una questione interna italiana; 2°) la direttiva fondamentale della politica italiana era quella espressa nel proclama del Maresciallo Badoglio: l'Italia continuava la guerra e teneva fede alla parola data.

Ho fatto beninteso a Ribbentrop una breve illustrazione degli avvenimenti italiani e delle ragioni della crisi che si era verificata, per poter chiarire la posizione del nuovo Governo italiano, ma non ho ammesso che si potesse né discutere su questi avvenimenti, né mettere in dubbio la parola di Sua Maestà il Re e del Maresciallo Badoglio. « Chiunque mettesse in dubbio la parola di questi due soldati -ho detto a Ribbentrop -ferirebbe gravemente il nostro onore e il nostro sentimento nazionale~.

Devo dire che Ribbentrop, al termine della mia esposizione, non mi ha posto delle questioni indiscrete, né ha cercato di mutare i termini nei quali io avevo posto il problema. Egli ha preso atto della mia dichiarazione che l'Italia rimaneva nell'alleanza. E se è ritornato sulla caduta del regime fascista, lo ha fatto non per contestare che questo avvenimento era un fatto interno italiano, ma piuttosto per rinnovare le preoccupazioni tedesche circa le ripercussioni internazionali di tali avvenimenti, che egli ha definiti «un grave colpo per la Germania».

In breve n pensiero di Ribbentrop era questo: con la caduta del regime fascista è caduta di fronte al mondo una delle basi dell'alleanza, che era costituita dalla solidarietà dei due regimi. Il Governo italiano ha l'intenzione di continuare la guerra, ma la situazione interna italiana mostra che in certi strati del popolo italiano ci sono opinioni ben diverse da quelle del Governo. E qui Ribbentrop ha accennato agli incidenti -assai gravi -verificatisi in Italia contro cittadini tedeschi e persino rappresentanti ufficiali del Governo germanico.

È questo un concetto sul quale Ribbentrop è tornato poi più volte nel corso del nostro colloquio, per insistere sulla connessione che la situazione interna italiana ha necessariamente con la situazione internazionale. Ed è stata questa la zona più delicata delle nostre discussioni.

Nel rispondere mi sono attenuto a questo s·chema:

0 ) La situazione interna italiana, dopo la notevole reazione suscitata dai mutamenti politici, è ora assolutamente normalizzata e tranquilla. 2°) Il Maresciallo Badoglio intende riunire intorno alla Monarchia e al Governo tutti gli elementi che possono avere influenza sul popolo italiano.

3°) Noi non facciamo una guerra ideologica, fondata sopra direttive e in~eressi di partito, ma una guerra nazionale, per ricacciare il nemico che occupa parte del nostro territorio.

Quello che in sostanza ho voluto mettere in chiaro con Ribbentrop è che per poter discutere utilmente tra noi e la Germania, bisognava considerare il problema della guerra anche nella realtà, senza perdersi in discussioni ideologiche. La realtà è che il nemico minaccia l'Italia, chiede la nostra resa a discrezione, ora come ieri non dà quartiere all'Italia. Prima di tutto bisogna affrontare questa realtà. E dobbiamo affrontarJa insieme con la Germania nel dupldce campo della collaborazione militare e della collaborazione politica.

E qui ho esposto il concetto che la guerra può avere anche una soluzione politica, idea che non può sorprendere la Ge·rmania, perché era anche questa l'idea di Mussolini, il quale nel convegno di Salisburgo (l) espose la necessità di studiare un programma politico, che il nuovo Governo italiano non ha abbandonato.

Queste mie parole diedero forse a Ribbentrop la impressione che io affacciassi l'idea di conversazioni politiche con i nostri avversari, perché egli mi interruppe per chiedermi improvvisamente: «Potreste dirai se hanno avuto luogo trattative dirette con elementi inglesi e americani?>> Gli risposi categoricamente smentendo. Egli mi chiese se questa era la parola del Governo italiano e la mia. Al che io risposi con una nuova categorica assicurazione. «I nostri avversari, gli dissi, non possono pensare di forzare l'Italia a decisioni che nessun Governo italiano potrebbe prendere se non capitolando sotto la pressione nemica, ma non certo di sua libera volontà».

Con questo si può dire che la fase diplomatica del mio colloquio con Ribbentrop si chiuse. E si pose allora un aspetto del problema di carattere più

militare. Questo fu posto da Ribbentrop sotto il duplice profilo dell'ordine pubblico interno, come premessa della resistenza italiana, e della cooperazione militare italo-germanica.

Ho detto più innanzi che, nel corso del colloquio, Ribbentrop è tornato più volte sulle preoccupazioni tedesche circa la situazione interna italiana. In questa fase della conversazione egli ha precisato queste preoccupazioni essenzialmente così: la Germania teme che, malgrado gli sforzi del Maresciallo Badoglio, la situazione interna peggiori, e poiché le truppe tedesche sono dislocate su varie parti del territorio italiano essa deve preoccuparsi che le retrovie e le comunicazioni delle sue truppe siano salvaguardate. La questione politica è dunque strettamente legata alla questione militare. Tutto questo per concludere con una domanda di chiarimenti sui modi con i quali noi intendiamo continuare la guerra: continuare la guerra militarmente, continuare la guerra politicamente.

Ho risposto a Ribbentrop esponendo lungamente il programma del Governo italiano per assicurare la tranquillità e la stabilità della situazione italiana, nell'intento precipuo di dimostrare che il Governo italiano era perfettamente in grado, senza alcun aiuto esterno, di garantire la situazione italiana. E circa il programma militare mi sono richiamato al fatto che l'Italia era e non poteva essere che sulla difensiva: « Il Maresciallo Badoglio ha fatto appello al popolo italiano in vista anche del fatto che si tratta di difendere il territorio nazionale. Questa sola è la realtà della situazione».

Siamo entrati così nella fase militare delle conversazioni, che si sono svolte principalmente tra il Generale Ambrosia e il Maresciallo Keitel. Il Generale Ambrosia pose nettamente il problema delle truppe tedesche in Italia, mettendo in riiievo l'improvviso affluire di forze tedesche in Italia, entrate nel territorio del Regno senza preventivo accordo con noi, e in procinto di assumere uno schieramento che sembra rispondere più che agli interessi della difes>a comune, all'interesse germanico, che sembra essere quello di abbandonare l'Italia meridionale, per concentrare la difesa intorno a Roma e sulla Hnea che va dalla Spezia e lungo l'Appennino tosco-emiliano, fino all'Adriatico. Il Generale Ambrosia si astenne in queste osservazioni dal far presente gli evidenti scopi di pressione politica che avevano determinato le decisioni militari tedesche. Come militare non era questo il suo compito, ma dalle sue parole risultava chiaro il concetto che la Germania aveva preso delle decisioni indipendentemente dagli interessi italiani.

Il Maresciallo Keitel, nel rispondergli, dopo avere espresso la sua sorpresa nell'apprendere che le forze tedesche erano entrate in Italia senza preavviso, mise 1n rilievo l'assoluta necessità che le forze tedesche affluiscano il più rapidamente possibile in Italia, e che esse potessero contare nel regolare funzionamento delle retrovie.

Ho creduto allora utile di appoggiare le osservazioni del Generale Ambrosia, mettendo in rilievo che i modi con i quali le truppe tedesche erano entrate in Italia avevano suscitato l'impressione che esse venissero non a scopo di collaborazione mHitare bensì di ordine pubblico.

R'ibbentrop ha reagito a questa mia osservazione. Ma io ho tenuto a dichiarare che se le truppe tedesche si fossero comportate come truppe alleat~ in paese alleato, avrebbero trovato tutta l'assistenza necessaria. Altrimenti il Governo germanico doveva mettere nei suoi calcoli la reazione del popolo italiano, e il fatto che le sue truppe si sarebbero trovate come in pae,se nemico.

Questo incidente nel corso delle discussioni si chiuse così. Ribbentrop riprese la parola per riaffermare che la Germania era decisa di continuare la guerra fino alla vittoria sia contro la Russia che contro l'Inghilterra, e per confermare che la Germania aiuterà l'Italia con tutti i mezzi per impedire l'avanzata nemica e ricacciare in mare le truppe avversarie.

A questo punto fu deciso di scindere le conversazioni. Il Generale Ambrosia e il Maresciallo Keitel si riunirono per esaminare i problemi militari. Io ripresi con Ribbentrop gli argomenti politici.

Le dichiarazioni di Ribbentrop furono in breve queste:

l) Il Governo tedesco ha constatato con soddisfazione che il Governo italiano intende condurre la guerra con tutti i mezzi fino alla vittoria. Abbiamo completa fiducia in questa promessa.

2) È necessario ristabilire la fiducia, così gravemente scossa dagli avvenimenti italiani.3) È di grande importanza che abbia luogo quanto prima una più comprensiva dichiarazione della politica da seguire in comune. 4) Si dovrà addivenire a un piano comprensivo per la condotta comune della guerra.

5) Una prima chiarificazione è già avvenuta. Si dovrebbe ora procedere al più presto a quell'incontro tra i Capi di Stato per concordare i piani di azione e dare loro la sanzione che tali supreme decisioni esigono.

Ho risposto a Ribbentrop che la proposta di un incontro tra i Capi di Stato era nostra, e che delle decisioni d.n merito sarebbero state prese. Circa le questioni militari ho tenuto ad affermare un principio: che l'Italia deve rivendicare per i suoi soldati il diritto e il dovere di difendere il proprio territorio nazionale. E ho tenuto a dire questo anche per appoggiare la richiesta che il Generale Ambrosia aveva intanto fatto a Keitel di ritirare in Italia alcune delle nostre divisioni stanziate attualmente fuori del Regno. Ho poi ribadito il concetto che lo spostamento delle divisioni tedesche deve essere concordato in dipendenza di accordi presi.

Ribbentrop mi ha dichiarato che nessun tedesco vorrà mai contestare ai soldati d'Italia il diritto di difendere il proprio territorio. Ma questo non potrà avvenire che con l'assistenza delle truppe tedesche le quali dovranno avere una parte essenziale e decisiva come stanno avendo in Sicilia.

Le conversazioni sono finite qui. Iniziatesi in una atmosfera pesante, nella quale i tedeschi tenevano a marcare la loro diffidenza e freddezza, esse si sono chiuse in una atmosfera leggermente migliore. Si è per lo meno sgombrato il terreno delle questioni pregiudiziali di regime per entrare in una discussione di fatti concernenti l'effettiva situazione dell'Italia e della Germania. Questa permane assai delicata. A Tarvisio si è rotto un po' il ghiaccio, ma non si è ristabilita certo la fiducia tra i due Governi. Ribbentrop è rimasto soddisfatto delle mie precise e categoriche dichiarazioni sulla intenzione ltaliana di continuare la guerra, ma contro un'eventuale defezione dell'Italia la Germania è sempre decisa a prendere le sue misure. I fatti sono chiari: la situazione militare italiana non è oggi sostanzialmente diversa da quella 'Che era due settimane or sono, e il rapido, quasi violento flusso delle truppe germaniche in Italia, dal Brennero e dalla Carnica, da Modane e da Tarvisio, come il permanere di ingenti forze tedesche intorno a Roma sono la prova concreta dei mezzi con i quali la Germania intende far fronte, non solo a tentativi nemici di sbarcare in Italia, ma ad ogni eventuale tentativo italiano di sottrarsi ai doveri dell'alleanza.

In sostanza la Germania non rinunzia né intende rinunciare, non a difendere l'Italia bensì a difendersi in Italia. Questo è un piano militare, una macchina militare che si pone in moto automaticamente anche se non ci fossero le reazioni di Hitler, il cui carattere non dà certo affidamento che tali reazioni possano essere ragionevoli.

Se poi la Germania possa o meno difendersi efficacemente in Italia, dipende da altri fattori: con quali forze gli anglo-americani attaccheranno, dove attaccheranno e con quali forze sarà compiuta, se sarà compiuta, una grande offensiva russa. Solo così si potrà verificare un risucchio almeno parziale delle forze tedesche esistenti in Italia. Ma fino allora tali forze ci saranno e saranno aumentate.

In tali condizioni voi comprenderete che non c'era possibilità alcuna di fare quel ragionamento che molti in Italia ingenuamente aspettano si faccia ai tedeschi: l'Italia rappresenta per voi un peso, mantenendovi truppe e rifornimenti, !asciateci in pa,ce e andate a fare la guerra altrove.

I problemi gravissimi attuali sono tre:

l) problema tedesco;

2) ordine pubblico;

3) problema anglo-americano.

Circa il primo ho detto già chiaramente quello che penso: esso è il più imminente, H più urgente, il più pericoloso. Circa il secondo non è mia competenza parlare se non di riflesso: per

riflessi cioè che su di esso esercitano il primo e il terzo problema.

Vi ritornerò alla fine di questa mia esposizione.

Quanto al terzo punto la situazione non è cambiata col cambiamento di regime in Italia. Prima gli Alleati dicevano agli italiani: liberatevi da Mussolini e dal fascismo; ora che ciò è avvenuto rimettono fuori l'esigenza della capitolazione senza condizioni. Accusano il Governo Badoglio di fare il giuoco della Germania, di svolgere in altri termini un'azione di ritardamento per favorire i tedeschi.

Tutto ciò naturalmente in mrula fede, giacché essi sanno che l'Italia era praticamente occupata dalla Germania prima dell'avvento del Governo Badoglio, e che il cambio di regime ha prodotto per effetto inevitabile (insisto nel dire inevitabile) un rapido rafforzamento di tale occupazione.

Noi siamo dunque un po' come quel prigioniero che sta chiuso dietro le sue sbarre di ferro ed a cui si dice: liberati dal tuo carceriere.

La malafede avversaria dipende anzitutto da quel desiderio di vendetta di cui innegabilmente sono animati g!i inglesi verso di noi: essi non ci perdonano, non perdonano alla piccola Italia di aver contribuito sia pure debolmente a determinare per l'Inghilterra ad un certo momento, cioè nell'estate 1940, un pericolo mortale.

Ma essi poi sperano di spingerei a prendere l'iniziativa di combattere tedeschi: sulle rovine della battaglia italo-tedes'ca essi si presenterebbero come liberatori, e l'Italia avrebbe avuto quel «quarto d'ora spagnolo» di cui Churchill ha parlato fin dall'inizio della guerra.

In tali condizioni io credo che bisogna procedere colla massima cautela e col massimo sangue freddo per evitare di fare il giuoco soltanto degli uni o degli altri. Ma bisogna guardare in faccia la gravità estrema della situazione. Non farsi soverchie illusioni che si possa risparmiare all'Italia di diventare un campo di battaglia.

Bisogna che H popolo italiano sia illuminato e convinto, affinché comprenda che il mantenimento dell'ordine pubblico è necessario in ogni caso e per qualsiasi eventualità avvenire.

Nostro compito è persuaderlo, educarlo, disilluderlo sulla possibilità di una pace pronta, prepararlo anche alle sofferenze inevitabili del presente e dell'avvenire (1).

(l) -Questo documento, intitolato, nel fascicolo «Incontro di Tarvisio», «Relazione al Consiglio dei ministri», è stato datato attraverso i Registri del Consiglio stesso in ACS. Ma si veda anche il D. 629. (2) -Vedi DD. 610, 611, 612, 613 e 614. (3) -È pubblic~to al D. 565. (l) -Vedi D. 533. (2) -Vedi D. 622.

(l) Vedi DD. 203 e 210.

627

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO LA SANTA SEDE, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

APPUNTO 2583/985. Roma, 9 agosto 194l.

Facendo s,eguito a precedenti comunicazioni verbali, mi onoro confermare che la Segreteria di Stato di Sua Santità non mancò di provvedere a suo tempo ad interessare i governi avversari dell'Italia per conoscere a quali condizioni essi fossero disposti a riconoscere a Roma il carattere di «Città aperta».

La stessa Segreteria di Stato ha anche so1lecitato queste notizie in data di ieri.

Il Cardinale Maglione nel riparlare della cosa mi ha pregato di sottoporre a V. E. l'opportunità di iniziare intanto l'attuazione di quei provvedimenti che, in base ad precedenti, sono da ritenersi senz'altro indispensabili.

Acquarone n. 1/4140 dell'll agosto 1943.

Le misure da adottarsi concernono in particolare:

!O) -l'allontanamento da Roma di tutti gli Alti Comandi Militari.

Mi permetto a questo riguardo di ricordare in special modo che durante tutte le trattative intercorse al riguardo le autor·ità britanniche hanno sempre insistito sull'allontanamento dei Comandi Militari tedeschi che ad esse risultavano esattamente dal punto di vista dell'ubica~ione, sia nella stessa città di Roma che negli immediati dintorni. Le autorità inglesi precisarono la presenza di un comando germanico nell'ex albergo di Russia, nelle adiacenze di Piazza dell'Oca, al Ministero della Marina ecc. Nei dintorni esse sembravano perfettamente al corrente anche della dislocazione dell'aviazione germanica nei colli Laziali e negli aeroporti adiacenti alla Capitale;

2°) -f·abbriche ed opifici militari, depositi di materiale bellico e di munizioni in Roma e nelle immediate vicinanze; 3°) -spostamento del traffico militare dalla stazione Termini a S. Lorenzo ad altri raccordi fuori della capitale.

Si tratterebbe naturalmente di misure che il Governo itaUano potrebbe già adottare non essendovi dubbio che esse saranno richieste dai governi avversari.

Qualora il R. Governo entrasse in questo ordine di idee la Segreteria di Stato potrebbe, nell'attesa, darne comunicazione ai governi alleati a dimostrazione della effettiva buona volontà di quello italiano. Una simile comunicazione dovrebbe natura'lmente essere accompagnata dai provveddmenti effettivi e visibili (particolarmente nei riguardi dell'allontanamento dei Comandi tedeschi che sembra siano attentamente seguiti e sorvegliati) in modo da evitare fino a quando le trattative e la dichiarazione di Roma << Città aperta » non siano concluse ogni nuova offesa aerea alla Capitale.

(l) Questo documento è stato inviato da Guariglia al Re con lettera di trasmissione ad

628

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

R. s. 3510/1168. Bucarest, 9 agosto 1943 (1).

Il Ministro Neubacher, Plenipotenziario germanico per le questioni economiche nel sud-est europeo ed in particolare per la Grecia, è di passaggio per Bucarest al ritorno dal Quartier Generale del Flihrer e diretto ad Atene. Con lui si trova il Ministro Altenburg.

Durante la sua breve sosta in questa capitale, Neubacher ha voluto vedere Gerbore e gli ha detto quanto segue.

Era arrivato al Quartiere Generale del Flihrer nei giorni immediatamente susseguenti al cambiamento di governo in Italia. L'impressione causata sull'animo di Hitler e dei suoi immediati collaboratori era stata enorme e ne era risultato un sentimento di generale diffidenza che alla partenza di Neu

bacher non poteva ancora dirsi dissipato. Ribbentrop aveva rilevato più volte che al Quartiere Generale si era assolutamente privi di notizie sull'Italia e in special modo sulla situazione e sulle condizioni di Mussolini. Secondo quanto Neubacher ha detto, su questo aspetto della situazione i collaboratori di Hitler insistevano ripetutamente.

Con le dovute riserve da fare per questa generale diffidenza, Neubacher avrebbe peraltro notato al Quartiere Generale il desiderio di valutare in modo positivo tutti gli sforzi fatti dal nostro Governo per dominare la situazione interna ,e mantenersi fedele all'alleanza.

Tanto Altenburg quanto Neubacher avevano d'altra parte preso visione d'un telegramma di Ribbentrop qui giunto stamane nel quale il Ministro degli Esteri tedesco esprimeva la propria soddisfazione per le impressioni r,iportate dal colloquio con V. E. sul Worthersee (1).

Il Ministro Neubacher si è ampiamente diffuso sulla situazione in Grecia, che giudica assai precaria, e sopratutto sugli effetti che il recente cambiamento di governo in Italia ha prodotto sulle nostre truppe colà dislocate. Egli giudica lo stato d'animo dei giovani ufficiali, dei sottufficiali e dei soldati come preoccupante. Si nota una generale stanchezza, insoddisfazione, manifestazioni di affratellamento con la popolazione greca ed un atteggiamento d'opposizione alla guerra in generale. Questo stato d'animo serpeggiante nel nostro Corpo di occupazione è causa d'i grande inquietudine per le autorità germaniche.

Ho riferito quanto precede per opportuna notizia di V. E., ma Le sarò grato se vorrà non farne oggetto di diramazione al fine di evitare complicazioni forse spiacevoli per lo stesso Ministro Neubacher.

(l) Manca l'indicazione della data d'arrivo.

629

IL CAPO DEL GOVERNO, BADOGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

L. P. Roma, 10 agosto 1943. into Molto benati. Bisogna ne l'esposizione di ieri (ora: 3). Ora tutti membri del Governo sono

lo attaccare subito la questione del rientro delle nostre forze dalla Francia.

2° Mi hanno riferito che Farinacci ha parlato alla radio. Non so se sia vero. Se lo è: intervenire, e non lasciare cadere la questione della poca correttezza dell'ambasciatore tedesco.

3° Accelerare al massimo la questione di Roma città aperta (4).

(-4) Per la risposta di Guariglia, vedi D. 632.
(2). (l) -L'incontro era in effetti avvenuto a Tarvisio: vedi DD. 610, 612, 613. (2) -Lettera autografa. (3) -Vedi D. 626.
630

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA

T. S. N.D. PER TELESCR. 115/948 R. Roma, 10 agosto 1943, ore 14.

Vogliate prendere immediato contatto con Auswaertiges Amt e fare ad esso presente quanto segue.

Come è stato detto nella riunione di Tarvisio del 6 corrente (1), il Comando Supremo ItaUano ha preso la decisione di richiamare in patria tutta .la quarta armata dislocata nel territorio della Francia metropolitana ed un corpo d'Armata su tre divisioni tra quelle attualmente dislocate nel territorio sloveno croato.

Le ragioni che hanno motivato la decisione attuale sono varie e sono già state esposte a Tarvisio. In primo luogo il Comando Supremo sente la necessità di rafforzare la difesa del territorio metropolitano. Sembra oltre a ciò opportuno che nostre unità integrino lo schieramento delle divisioni germaniche in Italia, il cui compito appare limitato alla difesa di alcune zone, mentre è ovvio da parte nostra si debba provvedere ad una difesa dell'intero territorio nazionale. Motivi di carattere politico e morale esigono che .la nazione senta, come ebbi io stesso a dichiarare esplicitamente a Tarvisio al signor von Ribbentrop, che la difesa del suo territorio non è soltanto affidata a truppe alleate, ma anche e sopratutto ai soldati italiani.

Prendete occasione da tali argomenti e anche da ogni altro che vi parrà più opportuno per far presente all'Auswaertiges Amt la necessità di questa nostra decisione.

Ci rendiamo conto che lo sgombero di tali forze importa problemi e questioni anche di carattere politico, come ebbe a dire lo stesso von Ribbentro1), ma abbiamo ferma fiducia che si potrà risolvere il tutto nel modo più soddisfacente per ambo le parti.

I necessari contatti a questo scopo dovranno essere quindi immediatamente presi dagli organi competenti interessati politici e militari (2).

631

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL CAPO DEL GOVERNO, BADOGLIO

L. 1/4128. Roma, 10 agosto 1943.

Nessuna risposta è stata ancora data in merito ai bombardamenti aerei. Unisco, ad ogni modo, un promemoria concernente la dichiarazione di Roma

«Città aperta~ {l): mi sembrerebbe molto opportuno predisporre senz'altro le misure di cui si tratta.

Dò istruzioni alla R. Ambasciata a Berlino, per il cui tramite deve essere trattata la questione, affinché si interessi del rientro delle nostre truppe dalla Francia (2).

Sarebbe anche opportuno che il Generale Marras, ove fosse ancora qui, rientrasse immediatamente in sede.

Per quanto riguarda infine i discorsi radiofonici di Farinacci mi riservo di parlarne esaurientemente con von Mackensen al suo ritorno a Roma, e segnalo intanto la questione al Ministro Consigliere di questa Ambasciata di Germania.

La prego gradire, cara Eccellenza, i miei migliori e devoti saluti nonché i miei ringraziamenti per la Sua lettera di stamani (3) alla quale rispondo con la presente.

(l) -Vedi DD. 610, 611. (2) -Per la risposta di Rogeri, vedi D. 633.
632

IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.D. 5342/324-325-326 R. Kabul, 10 agosto 1943, ore 17 (per. ore 18 dell'11).

Seguito al n. 313 (4).

Per me situazione resta quella ohe ho descritto a V. E. con mio telegramma n. 300-301 (5). Se i giapponesi hanno realmente intenzione di fare una offensiva a fondo contro l'India e se questa offensiva avrà fin dal principio successo clamoroso, Bose ed il suo esercito possono riuscire di qua4!he utilità ai nipponici mentre si [cerca] sistemazione dei territori occupati sia, entro certi limiti e circostanze, anche nel resto dell'India, il nord escluso. Se ;l'offensiva non avrà luogo oppure se essa si propone scopi limitati, come per esempio occupazione Calcutta e linea del Brahmaputra, propaganda Bose, creazione esercito indiano e tutto il resto avrà effetto assolutamente nullo. La rivoluzione indiana è soltanto possibile se e quando un esercito straniero verrà a scacciare inglesi dall'India. Questo era anche pensiero Bose manifestatomi ripetutamente nei colloqui avuti con lui a Kabul. Allora concorso straniero che egli domandava era ristretto, in rapporto scarso numero truppe britanniche presenti in India. Ora che effettivamente inglesi e americani sono molto e molto superiori e che convinzione generale circa sorti future Inghilterra è ben

differente di quella che non fosse nella primavera 1941, concorso straniero dovrebbe esser ben differente.

Aggiungasi che Bose essendo hindù, Indiani essendo persuasi che religione [musulmana] è la stessa di quella hindù, se l'attacco nipponico contro India avrà luogo hindù rialzeranno la testa e opposizione musulmana parlamento sempre più forte. Se Giapponesi hanno realmente intenzione di fare qualche cosa contro l'India sarebbe necessario più che mai da parte nostra e Giappone una presa di posizione più decisa in favore musulmani e meglio ancora farla prendere da Bose stesso. Nostro atteggiamento dovrebbe essere almeno quello da me suggerito con mio telegramma n. 109 (1). Ho già compreso dal tono propaganda tedesca e nipponica che nè l'una nè l'altra lo vogliono comprendere, mia impressione è anzi che nipponici ritenendo musulmani più che gli hindù orientati verso Europa fanno deliberatamente politica anti-musulmana. Risultato è quello di gettare sempre più musulmani nelle braccia degli inglesi e forse entro certe circostanze creare intorno agli inglesi nel nord, vero appoggio popolare per la guerra contro il Giappone. Quello che dico per l'India vale per la frontiera e per l'Afghanistan.

Per poter fare qualche cosa di utile sulla frontiera e fra i musulmani è necessario anzitutto che offensiva nipponica contro India abbia realmente luogo, che sia su vasta scala ed abbia successo visibilissimo. Nella offensiva nipponica molto potrà sperarsi ma non ci crede nessuno -primi fra tutti gli inglesi -e quindi ogni propaganda che si possa fare in proposito non avrà nè in India nè sulla frontiera nessun risultato prima dei fatti: reazione popolo alla nostra propaganda al riguardo per ora è «vogliono farci credere che la loro situazione non è così cattiva».

Occorre che si mostri concretamente da parte nostra e giapponese che si è deciso tener conto del sentimento dei musulmani dell'India che sono assolutamente decisi a non restare una minoranza in una India hindù. A questo riguardo propaganda inglese, come era prevedibile, ha sfruttato con buon successo cessione al Siam di una parte della Malesia musulmana. Data impossibilità procurare armi e munizioni una azione su vasta scala sulla frontiera sarebbe possibile soltanto quando sia possibile assicurare per via aerea costantemente, sicuramente e abbondantemente rifornimento di tutto ciò che è necessario: aggiungo che i giapponesi sarebbero probabilmente, di tutti noi, quelli meno ben accolti sulla frontiera. Per quanto riguarda ribelli, per una azione su vasta scala bisogna attenersi alle cifre comunicate con mio telegramma 341 del 10 luglio 1941 (2) ossia sette milioni di lire italiane. Per mantenere in vita movimento impostato dal Fachiro basterebbe (come ho comunicato con mio telegramma n. 643 del 9 dicembre u.s.) (3), un milione afghani all'anno.

Aggiungo che in seguito avvenimenti di cui al mio telegramma 188-191 (4), Governo afghano ha stabilito controllo molto più stretto di fondi che possiamo

(-4) Vedi D. 266.

ricevere in contanti. Ognuna delle Legazioni Tripartito potrebbe forse far passare di contrabbando 100 mila afghani all'anno ma non più, ciò che consente solo di mantenere rapporti amicizia con il Fachiro. Tedeschi hanno qualche riserva oro e dollari; Giapponesi forse qualche cosa più; io non ho nulla al di fuori di quanto posso ricevere per mezzo Banca. Governo tedesco ha informato sua Legazione che oro e dollari sarebbero stati inviati tramite corriere giapponese: sono convinto russi non autorizzeranno mai passaggio corriere giapponese e questo Ministro Giappone condivide mia opinione. Se però offensiva giapponese contro India avesse luogo e se situazione nostra migliorasse si può forse contare su differente atteggiamento da parte Governo Afghanistan.

È logico anche pensare che, se si riprenderà lavoro su vasta scala, tedeschi e giapponesi non mapcheranno di farsi cogliere di nuovo con le mani nel sacco perché persone rimangono le stesse e non sembrano aver imparato nulla da esperienza fatta.

Come era mio dovere ho riferito situazione qui ed in India come la vedo, ciò che ho fatto anche con miei colleghi tedesco e giapponese i quali, specialmente il primo, non sono molto lontani dal mio modo di vedere. Desidero siate informati di quello che si può fare e dei risultati che se ne possono attendere. A parte indebite ingerenze sono sempre pronto a fare nei limiti del possibile quello che mi sarà richiesto.

(l) -St tratta dell'appunto di Babuscio Rizzo del 9 agosto (vedi D. 627) al quale Guariglia aveva aggiunto, In coda al penultimo capoverso, la seguente frase: «Tali misure del resto erano già state promesse per Il mio tramite, quando ero ambasciatore presso la Santa Sede, dal precedente governo Italiano, 11 quale poi non mantenne 1 suoi impegni ». (2) -Vedi D. 630. (3) -Vedi D. 629. (4) -SI riferisce al T. 5043/311-312-313 R. del 29 luglio 1943, ore 17, non pubblicato, riguardante la possibilità di utmzzazlone del Fachiro di lp! In favore dell'Asse. (5) -Vedi D. 489. (l) -T. s.n.d. 1430/109 R. del 5 marzo 1943 ore 18,15, non pubblicato: con esso Quaroni aveva proposto di intensificare la propaganda a favore della Lega musulmana, di accreditare il Fachiro d'lp! con una lettera del Gran Mufti e di sostenerlo con un aiuto finanziario. (2) -Non pubblicato, ma vedi serie nona, vol. VII, D. 688. (3) -T. 7861/643 R. del 9 dicembre 1942 ore 18,15, non pubblicato.
633

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.D. PER TELESCR..../1292 (1). Berlino, 10 agosto 1943, ore 20,10.

Telegramma odierno di V. E. n. 948 (2).

Ho fatto immediatamente passo prescrittomi presentando decisioni nostro Comando Supremo come fatto acquisito in seguito conversazione Tarvisio, salvo stabilirne modalità pratiche fra competenti uffici politici e militari delle due parti.

Aderendo a suggerimento S. E. Generale Marras, ho prospettato opportunità che modalità stesse vengano trattate possibilmente costì da rispettivi uffici militari, i quali sono in possesso ogni necessario elemento.

Hencke chiede immediatamente istruzioni al Quartier Generale e mi farà conoscere al più presto, probabilmente dopodomani, disposizioni che verranno date in conseguenza da parte tedesca.

Prego intanto S. E. Marras di voler prendere contatto nello stesso senso con queste competenti autorità militari.

(l) -Questo telegramma non è stato registrato nel protocollo d'arrivo. (2) -Vedi D. 630.
634

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER TELEFONO 5311/357 R. Budapest, 10 agosto 1943, ore 19,30.

Telegramma di V. E. 234 del 7 corrente (l).

Questo Ministro Affari Esteri al quale a varie riprese ho reso noto vivo desiderio R. Governo evitare inasprimento polemica ungaro-romena, soprattutto nell'interesse comune anti-russo, mi ha detto quanto segue:

«Mi rendo perfettamente conto del desiderio Governo italiano sopprimere polemiche ungaro-romene oggi certamente dannosissime. Governo ungherese non si è potuto però sottrarre in questi ultimi quindici giorni alle accuse che gli venivano da tutti Paesi e particolarmente dalle popolazioni transilvane, di non reagire alle provocazioni romene accreditando co~ì voce che Ungheria tema vicino romeno. E mentre stampa ha passato in silenzio discorso Antonescu come tutte le altre provocazioni romene, non si è potuto fare a meno per placare opinione pubblica di fare tenere al [Ministro] della propaganda Antal un discorso nella città di Kolozsvar. In esso senza nominare Antonescu si sono volute semplicemente rettificare affermazioni propaganda romena e ritorcere obiettivamente Hlazioni cosi:detta teoria deco-romena ».

Ho replicato a Ghiczy così come avevo detto recentemente al Presidente del Consiglio, che il momento era quanto mai inopportuno e ho aggiunto che il R. Governo aveva già fatto presente a Bucarest suo disappunto per discorso Antonescu. L'ho poi pregato, visto che Anta! non aveva proprio potuto fare a meno di parlare, dì evitare che una polemica di stampa succeda al già detto discorso. Ghiczy mi ha promesso che dopo risposta Anta! egli eviterà che stampa ungherese reagisca eventuali commenti stampa romena. Spero -egli ha continuato -che il discorso di Anta! rimanga come una semplice messa a punto al discorso Antonescu, messa a punto ripeto invocata da tutti i Paesi. Mi ha poi detto che di quanto precede si affrettava ad informare [Mariassy] perché fornisca necessarie spiegazioni al R. Governo (2).

635

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S. N. D. 5322/359 R. Budapest, 10 agosto 1943, ore 21,15 (per. ore 9,30 dell'11).

Ad ogni utile fine informo V. E. che questo mio collega tedesco mi ha dato lettura, in via strettamente confidenziale, di un dispaccio di Ribbentrop relativo all'incontro che questi ha avuto recentemente con V. E. a Tarvisio. In tale dispaccio il cui contenuto von Jagow si propone domani di portare a conoscenza

del Governo ungherese è detto che i due Ministri Esteri hanno confermato l'identità di vedute che presiede alla politica estera dell'Italia e della Germania, al proposito dei due Paesi di continuare insieme la guerra, alla constatazione da parte degli italiani che l'abolizione del fascismo non debba influire sulle comuni intese militari e accordi confermanti da nostra parte che nessun contatto ai fini della conclusione della pace sarà preso senza presentire il Governo del Reich.

Il dispaccio aggiunge che fra i due Stati Maggiori sono stati concordati gli opportuni accordi per la continuazione e la intensificazione della cooperazione militare italo-tedesca.

(l) -Vedi D. 616. (2) -Vedi D. 677.
636

IL MINISTRO A BERNA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. R. PER CORRIERE 5361/0371 R. Berna, 10 agosto 1943 (per. il 12).

Ho continuato in questi giorni miei primi contatti con elementi dirigenti elvetici, sia degli ambienti politici che di quelli economici. Nel complesso ho tratto le seguenti impressioni:

1. --Gli svizzeri ad onta dell'attuale difficile situazione internazionale sono molto più calmi oggi di quanto Io fossero nel 1940. Una prova di tale stato d'animo è costituita dalla tranquillità regnante nel Paese e dall'assenza di misure militari di carattere straordinario. In realtà gli svizzeri, almeno per ora, trovano che è molto più tranquillizzante essere circondati da tutte le parti da elementi appartenenti ad uno dei due campi contendenti anziché trovarsi, come appunto nel 1940, in mezzo ai due blocchi. Oltre a ciò, l'evoluzione della situazione fa sì che la Svizzera neutrale non soltanto non sia oggi praticamente minacciata ma finisca per costituire anzi un elemento di riconosciuto valore nel centro dell'Europa. 2. --Se una preoccupazione non piccola degli svizzeri -e particolarmente degli ambienti economici -attualmente esiste, essa è costituita dal timore che l'Inghilterra voglia insistere, come fa oggi, nel negare alla Confederazione i navicerts per i suoi scambi commerciali d'oltre mare. E ciò in base all'accusa, in realtà -per forza di cose -esatta, di fornire materiale da guerra ai Paesi dell'Asse in quantità di molto superiore a quella destinata all'Inghilterra stessa. Su tale punto ho inteso non pochi sospiri e qualche più o meno velata preghiera perché il R. Governo voglia riconsiderare la situazione ed essere maggiormente largo nella concessione di permessi d'esportazione della Svizzera, da noi controllata. Naturalmente l'ostacolo maggiore resta però l'atteggiamento della Germania, di noi, per quantità delle forniture, molto più interessata alla questione. 3. --Nei riguardi del nostro Paese continua nel complesso quella atmosfera di comprensione, per non dire di simpatia, che ho più volte segnalata in questi ultimi tempi.

56 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

637

IL MINISTRO A ZAGABRIA, PETRUCCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER CORRIERE 5421/068 R. Zagabria, 10 agosto 1943 (per. il 14).

Avendo saputo che stavo per partire per Roma, il Poglavnik mi ha chiamato e mi ha pregato di dire a V. E. che lui e il suo Governo conservano sempre gli stessi sentimenti verso l'Italia e sono decisi a mantenere piena fede ai Trattati che legano i due Paesi. Ha aggiunto: «Noi seguiremo l'Italia lungo la sua strada, sia nella buona che nella cattiva sorte. Guardiamo oggi all'Italia con il medesimo cuore, con la medesima simpatia ed amicizia e ci auguriamo che il cambiamento avvenuto ultimamente vada al bene ed alla prosperità delntalia ~.

Il Poglavnik ha aggiunto che se lo Stato Indipendente croato può contribuire in qualche maniera al successo dell'Italia egli sarà ben lieto di mettere la sua opera a disposizione nostra.

Mi ha pregato infine di portare i suoi ossequi alle LL.AA.RR. il Duca e la Duchessa d'Aosta.

638

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO LA SANTA SEDE, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

APPUNTO R. 2603/990. Roma, 10 agosto 1943.

Facendo seguito al rapporto di stamane n. 2583/985 (1) mi onoro trascrivere il seguente appunto pervenuto dalla Segreteria di Stato:

«La Segreteria di Stato di Sua Santità si pregia comunicare che la decisione del Governo italiano di dichiarare Roma città aperta fu immediatamente portata a conoscenza dei Delegati Apostolici a Washington e a Londra perché la notificassero ai rispettivi Governi, insieme alla richiesta di precisare le condizioni essenziali per il riconoscimento di una simile dichiarazione da parte dei Governi medesimi.

Monsignor Delegato Apostolico negli Stati Uniti fece sapere, il 4 agosto corrente, che le· competenti autorità stavano esaminando la questione e si proponevano di rispondere al più presto.

Nessuna comunicazione invece è pervenuta, finora, dalla Delegazione Apostolica in Gran Bretagna.

Essendosi ripetute, in questi giorni, minacce di nuovi bombardamenti della. Città Eterna, la Santa Sede non ha mancato di sollecitare la risposta definitiva dei Governi alleati.

La Segreteria di Stato ritiene, però, necessario che frattanto il Governo italiano proceda senza indugio all'effettiva e completa rimozione da Roma degli obiettivi sul cui allontanamento la Regia Ambasciata diede assicurazioni alla Santa Sede».

Aggiungo che, anche privatamente, mi sono state rinnovate premure perché venga proceduto ormai con chiarezza, rapidità ed efficacia all'attuazione dei provvedimenti promessi per evitare nuove offese aeree alla Capitale (1).

(l) Vedi D. 627, che è però del 9 agosto.

639

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

TELESPR. 3450/1404. Parigi, 10 agosto 1943 (per. tl 16).

Telegramma di V. E. n. 409 dei 5 agosto (2) e telespresso n. 17209 del 4 agosto (3).

Lavai prolungando suo soggiorno a Vichy in ragione delle difficoltà della situazione e della posizione del suo Governo (è stato a Parigi in questi ultimi tempi solo un giorno e mezzo per abboccarsi, com'è noto, con Sauckel e su precisa richiesta tedesca), ho trasmesso telegramma e telespresso di V. E. a Fracassi, il quale riferisce quanto segue in data 9 corrente:

«Ho veduto oggi Lavai.

Ho ritenuto opportuno richiamarmi anzitutto alla notifica fatta nel dicembre-gennaio u.s. sia da parte italiana che da parte germanica, secondo cui il ricupero della flotta di Tolone è questione che Je Potenze dell'Asse riservano a se stesse; ho ricordato, come, in relazione a tale notifica, il R. Governo, tramite il Presidente della C.I.A.F., avesse dichiarato infondata la protesta formulata il 10 giugno u.s. dal Capo della Delegazione francese a Torino a proposito della partenza da Tolone per l'Italia della torpediniera « Sirocco »; ed ho ribadito la conseguente infondatezza dell'atteggiamento assunto dal Segretariato di Stato francese per la Marina che, in data 6 luglio u.s., ha fatto sapere all'Ammiraglio Matteucci di aver disposto l'arresto dei lavori sulle tre torpediniere « Bison », «Intrépide:. e «Téméraire » in segno di protesta a seguito del trasferimento in Italia del « Sirocco » e del « Valmy ».

Dopo di aver cosi riaffermato la nostra posizione, quale risulta dalle precedenti comunicazioni fatte al Governo francese, ho proseguito dicendo a Laval che il R. Governo si attende che i lavori siano ripresi, sia sulle tre navi suddette come sul sommergibile «Poincaré » e su quelle altre unità per le quali ulteriori richieste di lavori venissero avanzate da parte italiana, e che non siano più elevate proteste, sia pure formali, ogni qualvolta una delle navi predette viene

rimorchiata in Italia. Ho aggiunto che il R. Governo chiedeva a questo francese di assumere un esplicito impegno in tal senso.

Ho per ultimo portato a conoscenza del Presidente Lavai che il R. Governo -tenuto conto anche del fatto che, secondo quanto è risultato alle competenti autorità italiane, i tecnici e le maestranze francesi di Tolone avevano in varie occasioni prestato la loro opera alla R. Marina -aveva frattanto ripreso in esame, come già accennato tramite questo Ufficio sino dal 4 giugno u.s., la domanda avanzata a suo tempo dal Governo francese per la costituzione di una « Marina simbolica » e, sempre che il Governo francese volesse contemporaneamente assumere gli impegni sopra accennati, si era dichiarato ora favorevole a concedere che la bandiera francese venisse issata su alcune unità della flotta. Gli ho infine precisato che la R. Marina sarebbe disposta a retrocedere a tale scopo i cacciatorpediniere « Mogador », « Téméraire » e «Intrépide ».

Ho concluso esprimendo la certezza del R. Governo che il Governo francese, ed in particolare il Presidente Lavai, avrebbero apprezzato lo spirito di comprensione e di collaborazione col quale in questa circostanza, l'Italia era venuta incontro al desiderio manifestato in una questione di particolare interesse per la Francia.

Alla domanda di Lavai se fossi in grado di specificare quali navi il R. Governo intendesse di far partire in avvenire per l'Italia, ho risposto di ignorarlo.

Lavai si è riservato di parlare della questione col Segretario di Stato per la Marina, Ammiraglio Bléhaut, che vedrà domani, e di farmi avere una risposta. A titolo personale, e senza pregiudizio della risposta stessa che mi darà appena possibile, Lavai ha osservato che gli sembrava difficile di poter consacrare in un esplicito impegno la facoltà per l'Italia di impossessarsi di tutto ciò che resta della Marina francese, contro la concessione di issare la bandiera su tre piccole navi. Ha altresì rilevato che quello che feriva particolarmente la suscettibilità degli ufficiali della Marina francese era il rimorchio in Italia di unità della flotta: tale reazione sarebbe invece a suo avviso minore ove fosse possibile di demolire sul posto gli scafi e spedire quindi nel Regno i materiali ricuperati».

(l) -Il presente appunto fu trasmesso a Badogllo 1'11 agosto alle ore 19. (2) -Vedi D. 600. (3) -Vedi D. 599.
640

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER TELEFONO 5320/436 R. Parigi, 11 agosto 1943, ore 1,40.

Mentre sì attende di conoscere pensiero di Berlino a proposito aperture fatte da Lavai (mio rapporto 3402 (l) del 5 corr.) e della risposta data a Sauckel (mio telegramma 427) (2), nuova richiesta tedesca di mano d'opera, ormai cono

sciuta nel pubblico francese, provoca generale opposizione e reazione, e la posizione di Lavai è diventata d'altrettanto più difficile.

Gli ambienti vicini al Maresciallo Petain e quelli anti-collaborazionisti si adoperano attivamente per la costituzione di un governo con elementi non compromessi o quasi coi tedeschi e con collaborazionismo. Quanto meno vorrebbero che essi fossero rappresentati nel governo. Un primo tentativo in questo senso è fallito. Monzie, Bonnet e Paul Faure, officiati in proposito, si sono rifiutati. Tuttavia si continua a lavorare in questo senso.

Anche i collaborazionisti spinti (Platon, Benoist-Mechin) cercano approfittare situazione ed insistono per una più intima collaborazione con la Germania per tentare un ritorno al Governo.

Lavai manovra contrario partecipazione di Monzie, Bonnet, e Paul Faure al governo, egli non ha tuttora assunto un atteggiamento rigido. Mi ha anzi fatto avvicinare dai suoi amici. Ora si orienterebbe verso un rimaneggiamento minore del suo Gabinetto. Principale sacrificato sarebbe Lagardelle noto legittimista nonché amico e discepolo di Mussolini, che ha cercato introdurre in Francia il sistema corporativo italiano, ma senza successo.

La situazione è pesante. Alle ripercussioni degli avvenimenti in Italia e delle operazioni militari in Russia, si è aggiunta la richiesta Sauckel di 500 mila operai francesi. Si profila anche una agitazione operaia per il mancato aumento dei salari reclamati da tempo (mio rapporto 1078 del 18 giugno u.s.) (l).

(l) -Vedi D. 607. (2) -Non rinvenuto.
641

L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 5532/257-258 R. Shanghai, 11 agosto 1943, ore 6 (per. ore 21 del 16).

Le pressioni perché R. Governo affretti restituzione ConcessionE' italiana di Tientsin si sono recentemente intensificate sia attraverso nuove richieste di questo Ministro Affari Esteri, sia attraverso una campagna di stampa che mette in rilievo essere la nostra Concessione la sola che rimane in Cina.

Rilevo in proposito che tali pressioni, nelle quali questo Governo porta l'esaltazione di una indipendenza ideale e la sua gratitudine per il Giappone al quale soltanto attribuisce il crollo dei privilegi stranieri in Cina, trova esca costante in suggerimenti nipponici.

I quali derivano dalla politica adottata da Tokio in Cina e che appare per ora immutabile perché posta sulle basi del massimo sforzo nel conflitto e dell'egemonia nipponica in Estremo Oriente. Che giapponesi (diplomatici e militari) siano decisi, malgrado apparenza contraria, a portare a fondo tale politica per far della Cina una nazione libera e amica, mi è stato dichiarato da Am

basciatore del Giappone con parole che mi sono apparse sincere anche perché rilevano gli scopi che egli tuttavia declinava:

l. -di placare Cina occupata (infestata tuttora dalla guerriglia) cominciando ad offrirle quanto era di altri. Anche quanto era del Giappone, in quanto il Giappone attraverso Nanchino può oggi considerare la Cina un suo campo di azione e di sfruttamento;

2. --di prevenire le rivendicazioni e di togliere progressivamente a Chung King i motivi ideali di continuare la guerra; 3. --a mezzo dei risultati raggiunti, fissare una sistemazione dell'incidente che da una parte faccia contribuire la Cina allo sforzo bellico, dall'altra neutralizzi Chung King, in modo da rendere sempre più difficile quella pressione offensiva anglo-sassone che, preparata nell'India, dovrebbe avere i suoi più importanti sviluppi partendo dalla Cina di Chung King; 4. --galvanizzare la sistemazione suddetta attraverso la già effettiva, se non enunciata politica di razza, tendente a presentare giapponesi come affini e amici ed i popoli bianchi come sfruttatori e nemici. Da tempo questa stampa su ordine di Tokio tiene nettamente distinti i bianchi, anche se alleati, dal gruppo cino-giapponese fino a tramutare gli avvenimenti internazionali in avvenimenti sino-giapponesi.

Per le considerazioni suaccennate è da prevedere che il nostro atteggiamento negativo per Tientsin continuerà ad esserci rimproverato da Nanchino e da Tokio e che saranno ripresi tentativi per far sparire l'ultimo vestigio di concessione che rimanga in Cina. Poche illusioni mi faccio su indefiniti rinvii che mi riesca ottenere sfruttando concentramento delle nostre forze armate a Tientsin, quello che preme alla propaganda giapponese in Estremo Oriente è di far proclamare che il Giappone ha liberato la Cina da tutte concessioni straniere. Nella questione due sole sono le vie di uscita: o dichiarare alla prima occasione a Tokio che per le note ragioni intendiamo mantenere la nostra bandiera a Tientsin fino alla pace e che ogni ulteriore insistenza nel momento che attraversiamo riterremmo inopportuna, e attendere che le autorità giapponesi in Cina sostengano e facciano accogliere l'eccezione adottando i nostri motivi;

o negoziare la retrocessione al più presto.

Il tergiversare non potrebbe che essere dannoso, sia perché apparirebbe in contrasto con la dichiarata politica in Asia, sia perché renderebbe quanto mai difficile vita del nostro piccolo nucleo sommerso neHa città oggi interamente cinese, sia specialmente perché ridurrebbe ogni giorno di più il margine di quei vantaggi che una immediata trattativa potrebbe assicurarci. Oggi siamo già accusati dei danni provocati dal nostro atteggiamento che ritarda completa fusione amministrativa di Tientsin. E se tuttora deriviamo dalla concessione benefici finanziari, è da tener presente che attuale isolamento ci esclude da qualunque altro vantaggio per la nostra economia e per nostro prestigio.

Sopratutto, a mio subordinato parere, sarebbe da evitare di cedere ad una nuova richiesta giapponese che potrebbe essere formulata in una nota o forse anche in un messaggio dello stesso Ministro degli Affari Esteri giapponese. Ciò avvenendo, la trattativa diventerebbe forzata e provocherebbe un irrigidimento del Governo cinese e toglierebbe al nostro gesto quel valore politico che esso deve avere non solo nei riguardi del Giappone ma anche della Cina.

Confermo ad ogni buon fine che smobilitazione concessione italiana di Tientsin è stata preparata nel modo più vantaggioso per i nostri interessi fin dal 1939 quando codesto Ministero volle accogliere alcune mie proposte che basavo sulla ineluttabilità della rinunzia e sul vantaggio di non attendere ma di precedere gli avvenimenti (mio telegramma 166/1939) (1). La nostra piccola concessione è già pronta nei minimi particolari per ogni eventualità che accoglierà con esemplare serenità (2).

Telegrafato direttamente Tokio.

(l) Non pubblicato.

642

COLLOQUIO DEL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, AMBROSIO, CON L'ADDETTO MILITARE GIAPPONESE, SHIMIZU (3)

VERBALE. Roma, 11 agosto 1943, ore 9,30.

Shimizu: Chiede di conoscere come viene giudicata la situazione generale, come si prevede il prossimo sviluppo della condotta della guerra, quali sono i punti più importanti ove possono essere previste azioni di sbarco degli angloamericani.

Ambrosia: Teatro di operazioni più pericoloso è quello russo; la situazione attuale è caratterizzata dalla perdita del saliente di Orel e dalla minaccia in atto su Charkow. L'alimentazione dell'offensiva da parte dei russi è molto consistente, il loro spirito è elevato. I tedeschi peraltro contrastano validamente ed è da ritenere che dispongano ancora di consistenti riserve. Quest'ultima considerazione può essere avvalorata dal fatto che in questi ultimi giorni i tedeschi hanno potuto inviare in ItaUa alcune divisioni.

Shimizu: Noi calcoliamo che i tedeschi, comprendendo tutti i teatri di operazione, dispongano ancora di una cinquantina di divisioni di riserva. Essi perciò avrebbero forse ancora la possibilità di mandare una diecina di divisioni in Italia.

Ambrosia: Noi non abbiamo bisogno di ulteriori invii di forze tedesche; è nostro intendimento ricuperare alcune divisioni da teatri di operazioni fuori dalla Madrepatria e con esse completeremo la difesa della penisola. I tedeschi vedono il maggiore pericolo in Italia, io non sono dello stesso parere. Credo possibile un'azione nell'Italia meridionale eventualmente in Corsica, non però un'azione decisiva contro la parte settentrionale e centrale della penisola. Sap

piamo che gli anglo-americani stanno f2.cendo nuovi preparativi di operazioni di sbarco; in ogni modo noi siamo pronti a contrastarli. L'attuale atteggiamento nostro e dei tedeschi è naturalmente difensivo. Ciò non toglie che, superata questa situazione, potremo riprendere l'iniziativa strategica.

·~

Shimizu: Attualmente crediamo più di tutto necessario un notevole potenziamento aereo.

Ambrosia: Anche all'ultimo convegno ho richiamato l'attenzione sulle precedenti richieste che non sono mai state soddisfatte. Rinforzi considerevoli di aviazione non ne abbiamo avuti mai; sono stati inviati in Italia solo rifornimenti e complementi ai reparti esistenti.

Shimizu: Riteniamo che in Italia siano necessari non meno di tremila aerei efficienti, ma pensiamo che ne abbiate solo circa la metà.

Ambrosia: La nostra produzione è stata incrementata; nel mese di settembre comincieremo ad avere un apporto di trecento aerei.

Shimizu: Quali azioni effettua la vostra Marina in questo periodo?

Ambrosia: Per due giorni di seguito sono usciti due incrociatori.

Shimizu: L'ultimo colloquio con i tedeschi ha avuto buon esito?

Ambrosia: Si; essenzialmente si trattava di precisare le dislocazioni delle nuove divisioni germaniche e ci si è trovati pienamente d'accordo. Solo sull'esecuzione di alcuni movimenti ferroviari per l'Italia meridionale incidono delle difficoltà ferroviarie che speriamo verranno presto risolte. Ho detto che non chiedevo nessun rinforzo di aviazione perché sapevo che non hanno la possibilità di darcelo. Per parte loro i tedeschi hanno detto che nel 1943 o al massimo nel 1944 schiacceranno la Russia e poi batteranno l'Inghilterra e l'America ovunque si trovino. Con nuovi ritrovati i sommergibili riprenderanno 11 sopravvento nella guerra al traffico. L'aviazione germanica sarà notevolmente potenziata ed allora ci sarà la possibilità di vendicarsi dei bombardamenti terroristici subiti.

Shimizu: I tedeschi sono sempre molto ottimisti. In Italia sarebbero arrivate in totale una quindicina di divisioni germaniche, ne devono venire ancora?

Ambrosia: Non è previsto che debbano arrivarne delle altre. Chiede notizia della situazione militare nel Manciukuò.

Shimizu: Continuano ad essere mantenuti in potenza lo schieramento giapponese ed anche quello russo. I russi hanno degli effettivi che ammontano a 700 mila uomini e mille aeroplani.

Ambrosia: La Germania non vi ha mai chiesto di intervenire contro la Russia?

Shimizu: Una sola volta all'inizio della guerra poi non ha più chiesto niente. D'altra parte noi assolviamo bene il nostro compito nell'impedire ugualmente alla Russia di portare quelle forze in Europa.

Ambrosia: Chiede notizie delle operazioni nel Pacifico.

Shimizu: Da parte giapponese sono state sgomberate le Aleutine e Guadalcanal; gli americani però non potranno servirsene utilmente perché si trovano nel raggio di azione del nostro bombardamento aereo. In questi giorni gli avversari hanno attaccato le isole Andamane; non conosciamo i particoiari. I compiti che noi assolviamo nel quadro del « tripartito ~ sono di tenere impegnate le forze sovietiche dell'Asia e di tenere una cintura difensiva nel Pacifico meridionale.

Ambrosia: Quali intendimenti operativi avete per l'Oceano Indiano?

Shimizu: Operazioni nell'Oceano Indiano possono riuscire, almeno per ora, molto pericolose. Dopo la stagione dei monsoni verrà però ripresa la guerra al traffico.

Ambrosia: Occorre che ne consideriate la possibilità per l'avvenire, a noi riuscirebbero molto utili.

Shimizu: Un pò più avanti sarebbe molto gradita e proficua ai fini generali della guerra una dichiarazione di solidarietà del nuovo governo italiano al patto « tripartito ».

Ambrosia: È una questione che investe i:l campo politico e perciò non può essere trattata con me, bensì deve essere trattata col governo.

Shimizu: La dichiarazione sarebbe opportuna dopo l'avvenuto cambiamento di governo.

Ambrosia: Il cambiamento di governo ha servito a rafforzare la volontà del paese e l'unione e la comprensione attuale del popolo è provata dal fatto che i partiti politici stanno zitti nell'interesse superiore della guerra.

(l) -Vedi serle ottava, vol. XII, D. 381. (2) -Per l'opinione del Ministero, vedi D. 648. (3) -In Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.
643

IL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, AMBROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.D. 5430/23838/0P. R. Roma, 11 agosto 1943 (per. il 14).

R. Consolato Generale in Ragusa ha segnalato al Ministero Esteri aver appreso che truppe tedesche avrebbero intenzione eseguire imminente azione per occupare Ragusa e litorale dalmata allo scopo prevenire nostro eventuale sgombero e che generale Piazzoni avrebbe dichiarato essere disposto opporsi con la forza. Questo Comando Supremo mentre prega fornire notizie circa segnalazione suddetta approva linea di condotta affermata da Generale Piazzoni finché al riguardo non verranno impartite eventuali contrarie istruzioni.

644

IL CAPO DI GABINETTO, CAPRANICA DEL GRILLO, AL MINISTRO A SOFIA, MAMELI

L.P. s. 1/4137. Roma, 11 agosto 1943.

Secondo informazioni qui pervenute da ottima fonte confidenziale codesto Ministro degli Affari Esteri avrebbe di recente convocato il Ministro di Turchia a Sofia dichiarandogli che la Bulgaria ha dovuto cedere alle pressioni militari tedesche divenendo un semplice satellite della Germania sino al punto di concedere a quest'ultima carta bianca sul proprio territorio nazionale: così facendo la Bulgaria sapeva di venir meno alla sua posizione di neutralità, ma non le era consentita altra via. Durante lo stesso colloquio il Ministro degli Affari Esteri bulgaro si sarebbe spinto sino a lasciare intendere che la Bulgaria sarebbe stata disposta ad aiutare gli Alleati in caso di sbarco nei Balcani.

Altre segnalazioni pervenute per lo stesso tramite starebbero parimenti ad indicare che la Bulgaria pensa di porsi d'accordo con gli Alleati, sfruttando al massimo grado la sua simpatia per il popolo russo. Comunque la situazione in Bulgaria starebbe per entrare in una fase molto critica.

Quanto precede ho ritenuto di segnalarti per tua riservatissima informazione e per ogni opportuno controllo cui ti sarà possibile di procedere al riguardo (l).

645

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO LA SANTA SEDE, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

APPUNTO R. 2613/996. Roma, 11 agosto 1943.

Ho avuto già l'onore di far presente a V. E. (2) che la Segreteria di Stato aveva sollecitato domenica scorsa tanto Londra che Washington a dare risposta alla nostra richiesta concernente le condizioni per il riconoscimento a Roma del carattere di «Città aperta».

Il Cardinale Maglione mi ha informato stamattina che, mentre da Londra ancora nessuna risposta era pervenuta, era stato invece comunicato da Washington che il governo americano aveva preso nella maggiore considerazione il proposito del governo italiano di dichiarare Roma «Città aperta». Il governo americano faceva intanto presente che, secondo le norme del diritto internazionale, nulla impediva al governo italiano una dichiarazione unilaterale in questo senso.

(l) -Per la risposta vedi D. 676. (2) -Vedi D. 638.
646

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO LA SANTA SEDE, BABUSCIO RIZZO, AL CONSOLE A LOSANNA, CHIAVARI

L.P. s. 1/4139. Roma, 11 agosto 1943.

Ho ricevuto la tua lettera del 5 agosto (l) e ti sono assai grato delle cortesi espressioni che ho molto gradito. Riguardo alla tua proposta ne ho messo al corrente S. E. il Ministro il quale ha disposto che tu possa rispondere in senso affermativo (2).

647

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. 117/614 R. Roma, 12 agosto 1943, ore 1.

Telegramma di codesta Ambasciata n. 526 (3).

Mio Convegno con Ribbentrop ha avuto luogo a Tarvisio venerdi scorso. Non ero allora informato del desiderio giapponese di partecipare a tale Convegno. Al mio ritorno da Tarvisio ho informato questo Ambasciatore del Giappone delle conversazioni che avevo avute con Ribbentrop, e le quali sono partire dalla premessa che l'Italia continua la guerra e intende tener fede ai patti. Sono in corso attualmente tra l'Italia e la Germania ulteriori conversazioni per quello che riguarda la collaborazione militare tra i due Paesi.

648

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AGLI AMBASCIATORI A SHANGHAI, TALIANI, E A TOKIO, INDELLI

T. 118/232 (Shanghai) 619 (Tokio) R. Roma, 12 agosto 1943, ore 1.

Questa Ambasciata del Giappone ha fatto presente che sarebbe desiderio del Governo nipponico che da parte nostra si procedesse alla stipulazione di un accordo con la Cina per la cessione dei diritti delle imposte analogo a quello testé concluso a Nanchino fra Giappone e Cina.

È stato risposto che per il momento non è nostra intenzione aderire a tale richiesta che segnerebbe in pratica, pur rimanendo esclusi i diritti di giurisdizione, l'inizio della rinuncia concreta da parte nostra ai diritti di extraterritorialità.

Quanto precede per Vostra opportuna conoscenza e norma di linguaggio.

Telegrafato Tokio e Shanghai.

(l) -Vedi D. 608. (2) -Il 14 agosto 1943. Chiavar! rispondeva con il seguente b!gl!etto: «Grazie della tua lettera dell'H agosto -personale segreta -al n. l/4139. Ho provveduto oggi stesso ad Inviare 11 cablogramma. TI terrò al corrente del seguito». Vedi D. 700. (3) -Vedi D. 621.
649

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.D. PER TELESCR. 5346/1302 R. Berlino, 12 agosto 1943, ore 11,25.

Mi riferisco mio telegramma in argomento (1).

Mentre mi riservo di trasmettere quanto prima comunicazioni che ritengo mi verranno analogamente fatte da questo Auswartiges Amt (2), trasmetto qui appresso testo comunicazione fatta da Generale Jodl al Generale Marras:

«Il Comando Supremo delle Forze Armate tedesche ha preso nota della decisione del Comando Supremo italiano di ritirare la Quarta Armata dalla Francia ed un corpo di armata su tre divisioni dal territorio sloveno-croato per destinare queste unità alla difesa del territorio metropolitano.

Senza voler precorrere i contatti al riguardo in sede politica, il Comando Supremo delle Forze Armate tedesche è pronto ad entrare in conversazioni circa la messa in atto di queste intenzioni; ma considera urgentemente necessario di giungere nell'occasione, a parte le questioni di dettaglio, ad una completa chiarificazione circa tutta l'ulteriore condotta della lotta e l'organizzazione dei comandi per la difesa dell'Italia e quindi del pilastro meridionale della fortezza europea.

Il Fuehrer ha nominato il Feldmaresciallo Rommel ed il Capo dello Stato Maggiore delle Forze Armate tedesche, Generale di artiglieria Jodl, suoi incaricati per questa conversazione. Come luogo dell'incontro si propone Reggio (Emilia); data possibilmente 14 agosto» (3).

650

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 5390/362 R. Budapest, 12 agosto 1943, ore 14 (per. ore 7,30 del 13).

Mio rapporto n. 1884/962 del 24 luglio u.s. (4).

Mie conversazioni di questi ultimi giorni e recente colloquio col Ministro Affari Esteri mi hanno confermato vive preoccupazioni ambienti ungheresi dinanzi ribadita intransigenza atteggiamento anglo-americano. Classe dirigente ungherese, che aveva per molti mesi tentato convincere quotidianamente anglosassoni che causa dell'Ungheria era quella di una Europa [che potesse] sottrarsi all'influenza tanto di Mosca che di Berlino, comincia a perdere speranza riposta nella longanimità e nella chiaroveggenza di Londra e di Washington.

Recente minaccia diffusa dalla radio nemica di prossimi bombardamenti dei centri industriali ungheresi ha destato pertanto viva emozione. Cito alcune significative manifestazioni di tale stato d'animo:

1o -tre giorni fa, come mi dice questo Ministro di Germania, censura ungherese ha soppresso passo bollettino guerra germanico che citava brillanti azioni militari compiute dalla Honved. Spiegazioni date al riguardo da questo Ministro degli Affari Esteri al Ministro Germania sono apparse inadeguate e gli hanno fatto concludere che Ungheria cerca nascondere che vi sono ancora divisioni ungheresi in lotta contro Russia;

2° -la stampa si sforza, con argomenti invero poco convincenti, a dimostrare che Budapest è praticamente una città aperta, che Ungheria non produce materiale bellico per la Germania e che ferrovie ungheresi trasportano soltanto legna e bestiame;

3° -Ministro Propaganda, come ho già fatto rilevare con mio telegramma 358 {1), ha cercato di galvanizzare opinione pubblica di fronte pericolo romeno, che è certamente assai meno grave di quello inerente situazione europea.

Ansietà interesse col quale Governo e Paese seguono avvenimenti italiani, che continuano riempire prime pagine giornali con precedenza su tutti gli avvenimenti militari, forniscono infine un altro sintomo crescenti apprensioni ungheresi.

(l) -Vedi D. 633. (2) -Furono trasmesse da Roger! con T. 5367/1308 R. del 12 agosto 1943, ore 14, non pubblicato. (3) -Il segretario generale Rosso rispose con T. s.n.d. 121/966 R. del 13 agosto 1943, ore 18,30, che Il Comando Supremo italiano era d'accordo sull'incontro, da tenersi però a Bologna 11 giorno 15. (4) -Non rinvenuto.
651

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ROSSO, AL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO

T. 25057/238 P.R. Roma, 12 agosto 1943, ore 24.

Telegramma V. E. n. 238 (2).

Finora Ministro Mariassy non ha fatto alcuna comunicazione a riguardo del discorso pronunciato a Kolozsvar da codesto Ministro della Propaganda, Antal, discorso che non solo per sua intonazione marcatamente antirumena ma anche per chiari accenni annessionistici non conformi spirito lodo arbitrale di Vienna contrasta con opera conciliativa costantemente svolta da R. Governo.

Si prende atto della dichiarazione fatta a V. E. da codesto Ministro degli Affari Esteri circa suo proposito evitare che stampa magiara reagisca ad eventuali commenti della stampa romena, e pur non giudicandosi opportuno rinnovare ancora al Governo romeno raccomandazioni di cui al telegramma ministeriale n. 234 (3) si porta a conoscenza della R. Legazione in Bucarest proposito del Signor Ghiczy affinché ne faccia quell'uso che le apparirà più conveniente al fine di non prolungare ulteriormente polemica ungaro-romena.

(l) -Con T. 5321/358 R. del 10 agosto 1943, ore 20,20, non pubbllcato, Anfuso aveva commentato il discorso pronunciato dal Ministro della Propaganda ungherese. (2) -Riferimento errato: si tratta del 357, per 11 quale vedi D. 634. (3) -Vedi D. 616.
652

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER CORRIERE 5481/093 R. Bucarest, 12 agosto 1943 (per. il 16).

Telegramma di V. E. n. 462/6 del 7 agosto (1). Non ho mancato di comunicare a Mihai Antonescu il suggerimento rivoltogli da V. E. con il telegramma suindicato.

Ho trovato Antonescu naturalmente sdegnato per il discorso del Ministro della Propaganda ungherese.Antal Istvan pronunciato a Cluj avant'ieri. Mi ha detto d'esser profondamente scoraggiato pel fatto che i suoi sforzi non riescono a ottenere un minimo di successo. Questo Ministro di Ungheria Nagy gli aveva promesso una risposta di Kallay ai propositi da lui ripetutamente manifestati di arrivare a una détente. «E invece della risposta di Kallay è venuta quella di Anta! Istvan -mi ha detto Antonescu. Già ad un discorso di Banffy e ad un articolacelo del Pester Lloyd avevo proibito che si rispondesse. Ora nel discorso del Maresciallo c'era una nota veramente interessante ed era quella che parlava del nostro "interesse comune" e lasciava capire la nostra buona volontà per un'intesa. A quella nota non si è risposto».

Ho detto ad Antonescu quanto in fondo gli vado ripetendo da due anni: che non sopravvalutasse articoli e discorsi, che se ci si arrestava a considerare le polemiche giornalistiche e le giostre oratorie questo giuoco velenoso sarebbe continuato all'infinito, e avrebbe costituito il miglior lievito per un conflitto armato.

Ora mi sembrava che mentre gli eserciti russi avanzavano all'est fosse veramente uno sport ozioso oltre che pericoloso questo perpetuarsi d'una polemica che non aveva nessuna utilità pratica.

Non mi faccio nessuna illusione. I suggerimenti, i consigli di moderazione e di prudenza che diamo tanto Anfuso a Budapest che io qui hanno un valore naturalmente occasionale e relativo. Il dissidio è destinato a perpetuarsi data l'effervescenza degli animi, l'ostilità profonda che separa i due popoli e l'assurda posizione che i governanti hanno preso, gli uni rivendicando tutta la Transilvania, anche quella del Sud, gli altri pretendendo di considerare senza valore l'arbitrato di Vienna ed esigendo di tornare allo statu qua ante tenendo quell'atto diplomatico per nullo e non avvenuto.

653

IL LUOGOTENENTE DEL RE IN ALBANIA, PARIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

L. 824. Tirana, 12 agosto 1943 (2).

L'Albania non è che una piccola pedina, le cui mosse non sono che riflessi della situazione generale.

Ad ogni modo, per evitare che essa possa assumere atteggiamenti contrastanti con la nostra azione, sono state adottate misure di sicurezza atte a garantire l'ordine pubblico:

1° -rinforzando gli effettivi qui dislocati, portati a circa otto divisioni;

2° -dichiarando il Paese zona di operazioni, provvedimento che ha determinato l'assunzione della tutela dell'ordine pubblico da parte dell'Autorità militare.

Come ho già avuto occasione di rappresentare, le dimissioni deJ Governo in carica non potranno tardare e ritengo molto difficile poterlo sostituire. In tal caso dovranno essere passati all'Autorità militare anche i poteri civili. Un Commissario civile dovrebbe essere posto a capo dell'amministrazione civile albanese, con funzioni che esplicherebbe alla dipendenza del comandante della nona armata.

A tale riguardo non so se sia necessario apposito decreto di S. M. il Re Imperatore, che mi autorizzi a passare anche i poteri civili al comandante della nona armata oppure se possa farlo di mia iniziativa sempreché ciò venga imposto da circostanze -dimissioni del Governo, sbarco o invasione nemica -determinanti una situazione che esiga unità di comando in tutti i campi.

Premesso quanto sopra, ritengo necessario determinare alcuni capisaldi per un orientamento che consenta sicurezza e prontezza di movimento, nel complesso della situazione generale.

l. -Azione militare. Le truppe attualmente qui dislocate sono sufficienti per il mantenimento dell'ordine interno (il comando della nona armata chiederebbe ancora, per maggiore sicurezza, una divisione da dislocare nel Di brano: provvedimento che sarebbe molto opportuno). Qualunque tentativo di sbarco nemico non potrebbe però trovare che debole resistenza, in quanto per farvi fronte adeguatamente sarebbero necessarie almeno altre quattro o cinque divisioni, dato che quelle ora qui dislocate dovrebbero fronteggiare anche una prevedibile sollevazione interna. Naturalmente questa non è che una mia opinione personale, non conoscendo il piano d'azione che certamente esisterà per fronteggiare tale eventualità, col concorso di truppe da altri settori o alleate.

Non è d'altra parte su questo che desidero attirare l'attenzione di V. E. ma semplicemente sul comportamento delle truppe per l'ordine pubblico, comportamento che evidentemente può essere diverso a seconda di quanto potrà essere stabilito nei riguardi delle funzioni assegnate all'Albania.

E' ovvio che se è intenzione del R. Governo di difendere l'Albania ad oltranza -e che cioè non si vogliano ritirare le nostre truppe, perché si vuol continuare ~la lotta anche in questo scacchiere -ogni misura di rigore nei riguardi degli albanesi sarà non solo lecita ma necessaria, purché rispondente allo scopo di mantenere salda la nostra occupazione.

Se per contro si volesse dar seguito a concezioni di carattere politico, in relazione alle future trattative di pace, bisognerebbe che anche la condotta militare -per il mantenimento dell'ordine pubblico -fosse regolata ed indirizzata in determinata direzione (specie per quanto riguarda arresti di persone) poiché nel momento attuale si segue nettamente la maniera forte intransigente anche in questo campo.

2. -Azione politica. L'Albania ha rappresentato finora il cardine della nostra politica nei Balcani, quasi testa di ponte per la ulteriore penetrazione politico-economico nell'oriente mediterraneo. A parte questa funzione, l'Albania rappresenta -di per se stessa -un campo di sfruttamento economico di sicuro interesse, anche se non di eccessiva portata. Petrolio, miniere di cromo, di rame, di arsenico, giacimenti di ferro, di caolino, di ligniti, risorse idroelettriche (specie nella regione dei laghi), risorse agrarie (specie se si regolassero le acque) possono rappresentare discreti campi d'azione, purché ben studiati ed opportunamente ingranati nella politica albanese con opportune e concrete convenzioni e concessioni. Perciò l'Albania ha rappresentato -rappresenta e rappresenterà -un interesse italiano.

Ciò premesso bisognerebbe -a mio avviso -affrontare fin d'ora il problema di come l'Albania dovrà presentarsi, a suo tempo, alle trattative di pace.

Non vi è dubbio che in questo momento, sia per effetto di reazione sia per adattamento alla situazione generale, quasi tutti gli albanesi si mostrano -benché forse più per opportunismo che per convinzione personale -nettamente antitaliani. Non potendo quindi pensare che una rappresentanza locale possa presentarsi alla conferenza per la pace con un programma italofilo, rimarrebbe da impostare il problema sull'orientamento da dare ad una rappresentanza che -pur avendo veste antitaliana -salvaguardasse interessi vitali per la ripresa della nostra azione politico-economica nei Balcani del dopoguerra.

Ho già incaricato una commissione -che sarebbe composta dal sen. Kruja, Dimitri Berati, Vasil Avrami, Demetri Popa, Fuad Aslani -di studiare le riforme dello Statuto e delle altre leggi fondamentali dello Stato, per conformarle alla nuova situazione in atto ed orientarle anche ai desiderata di carattere nazionale albanese, compatibili con l'intimo accordo d'Italia.

Nello stesso tempo ho preso altri contatti, per i quali riferisco a parte con lettera riservata personale a V. E. (l).

(l) -Vedi D. 617. (2) -Manca l'indicazione della data d'arrivo.
654

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER CORRIERE 5444/0123 R. Parigi, 13 agosto 1943 (per. il 15).

Miei telegrammi n. 427 e seguenti (2).

Fracassi riferisce quanto segue in data 12 corrente:

«Ad una colazione data stamane da Ministro di Bulgaria Laval si è intrattenuto lungamente con me e con il mio collega tedesco.

Parlando delle difficoltà da lui incontrate per fare accettare nel suo Paese la politica collaborazionista, Lavai ha detto che egli doveva essere posto in grado giustificarla di fronte ai francesi. Al riguardo ha rilevato che tale politica non poteva essere approvata dal popolo francese fintanto che questo aveva l'impressione che essa tendeva unicamente da parte dell'Italia a realizzare le proprie rivendicazioni " mutilando " la Francia, e da parte della Germania a costringere i francesi ad espatriare per lavorare nelle officine tedesche.

Lavai ha aggiunto che egli desidera vivamente incontrarsi di nuovo con gli esponenti della politica italiana e tedesca. La sua intenzione sarebbe di prendere contatto sia con il Maresciallo Badoglio e con il Barone Guariglia· come con Hitler e Ribbentrop e di ottenere successivamente una riunione tra rappresentanti dei tre Paesi. Il risultato di tali incontri (dai quali Lavai spera evidentemente di ottenere qualche concessione concreta in favore della Francia) dovrebbe dargli modo di rendere più accetta ai francesi la politica di collaborazione, unico strumento atto ad opporre una barriera al pericolo comunista che minaccia l'Europa.

Questo desiderio di nuovi contatti, specialmente per quanto riguarda gli esponenti dell'attuale Governo italiano, è certamente da riconnettersi anche con l'intento di sondare quale influenza abbiano avuto gli avvenimenti del 25 luglio sull'atteggiamento dell'Italia verso la Francia.

Lavai spera che le cose cambieranno anche nelle relazioni itala-francesi. Egli infatti [era] convinto che Mussolini nutrisse una personale e insuperabile animosità contro la Francia, e ricordo per parte mia, che in un nostro precedente colloquio, parlando del rifiuto opposto da parte italiana alla concessione della "Marina simbolica" egli aveva espresso, malgrado i chiarimenti da noi forniti, la convinzione che il diniego italiano fosse stato imposto non da Hitler né da Bastianini, ma bensì dall'ex Capo del Governo italiano».

(l) -Vedi D. 660. (2) -Non rinvenuti, ma si veda 11 D. 640.
655

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER CORRIERE 5496/0125 R. Parigi, 13 agosto 1943 (per. il 16).

Telespresso di questa R. Ambasciata n. 3450-1404 del 10 corr. {1). L'Ufficio di Vichy di questa R. Ambasciata riferisce in data 12 corr. quanto segue:

«Ho chiesto a Laval che ho incontrato oggi ad una colazione, quando sarebbe stato in grado di rispondere alla comunicazione da me fattagli 9 corrente in merito alla "Marina simbolica " (telespresso di questa R. Ambasciata sopracitato). Lavai mi ha detto che stava esaminando la questione alla quale

57 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. X

si proponeva di dare sollecito corso, pur essendo ora totalmente impegnato con quella per lui di vitale importanza della nota richiesta tedesca di 500 mila operai francesi (miei telegrammi nn. 427, 428, 429 (1), 436 (2) e 0122) (3).

E' evidente che il Capo del Governo francese prima di esaminare la eventualità di assumere qualsiasi impegno con l'Italia in merito alla ripresa dei lavori nei cantieri di Telone ed alla partenza per l'Italia di unità della Marina francese, attende che sia meglio chiarito lo stato dei rapporti italo..,germanici dopo gli avvenimenti del 25 luglio. Né Lavai può comunque risponderei senza avere preventivamente conosciuto il pensiero dei tedeschi (che presidiano Telone) sulle nostre richieste anche e sopratutto in relazione all'atteggiamento del Governo italiano di fronte al conflitto » (4).

(l) Vedi D. 639.

656

IL CAPO DI GABINETTO, CAPRANICA DEL GRILLO, AL CONSOLE GENERALE A GINEVRA, L. CORTESE

L. s. P. 1/4143. Roma, 13 agosto 1943.

Secondo informazioni giunte da fonte strettamente confidenziale (5), intorno alla metà circa dello scorso mese di luglio avresti avuto occasione di incontrarti con un «rappresentante speciale di Roosevelt ». A questi, sempre secondo la stessa fonte, tu avresti posto la domanda se ed a quali condizioni gli Alleati sarebbero stati disposti ad iniziare negoziati di pace con l'Italia. Il tuo interlocutore si sarebbe limitato a rispondere che in nessuna circostanza Gran Bretagna e Stati Uniti avrebbero consentito a trattare con Mussolini.

Quanto precede ho ritenuto di segnalarti per tua riservata informazione e anche perché tu possa far qui pervenire ogni osservazione ed informazione che ti apparisse opportuna e necessaria ( 6).

657

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO LA SANTA SEDE, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

APPUNTO 2642. Roma, 13 agosto 1943.

Il Cardinale Maglione mi ha informato di avere espresso oggi molto vivamente a numerosi Capi Missione il proprio dolore per il nuovo bombardamento della Capitale.

(-4) Per la risposta vedi D. 692. (-6) Per la risposta di Cortese, vedi D. 704.

Egli ha contemporaneamente manifestato apertamente la propria dolorosa sorpresa per la nuova offesa arrecata all'Urbe, tanto più grave in quanto verificatasi dopo che il Governo Italiano aveva ormai ufficialmente notificata la propria intenzione di dichiarare Roma «Città aperta».

Il Cardinale Maglione mi ha aggiunto di avere ritenuto opportuno, nello stato delle cose, dare pure esatta notizia ai diplomatici esteri delle comunicazioni fatte dal Governo Italiano ed anche della risposta ultimamente pervenuta da Washington (l).

(l) -Non rinvenuti. (2) -Vedi D. 640. (3) -T. per corriere 5446/0122 R. del 13 agosto 1943, non pubblicato. (5) -Si tratta di un dispaccio del rappresentante greco a Berna al suo governo al Cairo, In data 29 luglio 1943, Intercettato dal SIM.
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IL PLENIPOTENZIARIO D'ITALIA PER LA GRECIA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

R. 9108/1384. Atene, 13 agosto 1943 (per. il 18).

Il Plenipotenziario germanico, Altenburg, è giunto ieri sera dopo una sosta di tre o quattro giorni a Bucarest, reduce dal Quartier Generale germanico, ove. era stato chiamato a conferire.

L'Incaricato Speciale, Neubacher, è rimasto a Bucarest per ragioni del suo incarico e giungerà probabilmente lunedì p.v.

Altenburg è venuto a vedermi questa mattina e mi ha riferito che durante il soggiorno suo e di Neubacher al Quartiere Generale, Ribbentrop ha esaminato con loro la situazione generale della Grecia riferendone altresì al FUhrer.

Sebbene, a quanto mi ha detto Altenburg, una decisione non sia ancora stata presa definitivamente al riguardo, il Governo germanico si starebbe orientando verso il passaggio dei poteri alla autorità militare a fianco della quale rimarrebbe, per parte germanica, il Ministro Neubacher che continuerebbe a svolgere i suoi compiti di carattere economico e finanziario assorbendo altresì le funzioni attualmente esercitate da Altenburg o almeno quelle poche di carattere politico che sopravviverebbero alla instaurazione dell'amministrazione militare.

Circa poi la sopravvivenza o meno di un Governo greco, Altenburg mi ha detto che si trattava di cosa da esaminare e che qualora il Governo cessasse di esistere, dovrebbero tuttavia restare -come in altri Paesi occupati -dei Segretari Generali greci alla testa dei Ministeri.

Nel confermarmi che nessuna decisione definitiva era stata ancora presa, Altenburg si è riservato di tenermi informato delle ulteriori comunicazioni che gli perverranno al riguardo.

Pur ritenendo che dirette comunicazioni saranno -se del caso -fatte a V. E. dal Governo germanico, non mancherò naturalmente di tenerLa informata di quanto mi risulterà ulteriormente in proposito (2).

(l) -Guariglla trasmise questo appunto il 14 agosto a Badoglio con un promemoria e al Re con lettera n. 1/4160 indirizzata al duca d'Acquarone. (2) -Vedi D. 659.
659

IL PLENIPOTENZIARIO D'ITALIA PER LA GRECIA, GRIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

L. 9109. Atene, 13 agosto 1943 (per. il 18).

Mi permetto di attirare la Tua attenzione sul mio rapporto odierno n. 9108/1384 che qui unisco in copia O).

Altenburg mi è apparso, questa volta, più confuso e meno comunicativo del solito ed è stato sopratutto vago nella parte della sua esposizione relativa alla competenza dei due comandi militari italiano e germanico nei riguardi della amministrazione militare che fosse instaurata in Grecia.

Quanto precede, messo in relazione con la situazione generale, lascia adito a supporre che una eventuale trasformazione dell'attuale regime in Grecia possa essere orientata ad assicurare alla Germania un più diretto controllo su questi territori.

Come ti ho riferito con una mia precedente lettera (2), la situazione militare è attualmente la seguente: i comandi italiani e tedeschi sono indipendenti nelle rispettive zone di occupazione per quanto concerne la parte politico-amministrativa, sebbene tale stato di cose venga ad essere gradualmente modificato, in linea di fatto, con l'affluire nella nostra zona di truppe tedesche, la cui consistenza numerica è ormai di poco inferiore a quella delle· nostre truppe.

Dal punto di vista operativo, invece, tutte le truppe itala-tedesche in Grecia si trovano agli ordini del comandante del gruppo d'armate dell'est, Generale Lohr; infatti il Generale Vecchiarelli, Comandante della nostra ua Armata di sede ad Atene, è stato posto da pochi giorni operativamente ai suoi ordini. A sua volta il Generale Vecchiarelli ha, alle proprie dipendenze operative, accanto alle divisioni italiane, le unità germaniche dislocate nella zona italiana e suddivise in cinque corpi d'armata, due dei quali al comando di generali tedeschi e tre di generali italiani.

Se i poteri politico-amministrativl attualmente esercitati in complessa e faticosa collaborazione fra tanti organi civili e militari italiani e tedeschi da un lato e dal Governo greco dall'altro, venissero assegnati alle autorità militari. chi sarebbe destinato ad esercitarli? Ciascuna delle autorità militari per la rispettiva zona (ciò che comporterebbe fra l'altro il grave quesito di chi dovrebbe dirigere l'amministrazione centrale)? O il Generale Lohr, Comandante di gruppo d'armate per tutta la Grecia, direttamente o attraverso un generale a ciò designato?

In quest'ultimo caso sorgerebbero complessi problemi di ordine politicoamministrativo e giudiziario, tra i quali, fra l'altro, quello della competenza dei tribunali militari e dell'applicazione della legge militare e dei bandi dei nostri comandi di occupazione.

Altro problema sarebbe quello degli ebrei che la Germania ha deportato da Salonicco, mentre si trovano tuttora indisturbati nella zona di occupazione ita

liana. In particolar modo sorgerebbe il caso degli ebrei italiani, sia di quelli

già residenti nella nostra zona, sia di quelli che dopo la recente applicazione

delle misure germaniche a Salonicco sono stati, di recente, trasportati da Salo

nicco ad Atene dove si trovano attualmente.

Sarebbero infine da risolvere le questioni derivanti dalla separata ammi

nistrazione delle isole Ionie e delle Cicladi.

Tralascio numerosi altri problemi, ai quali, unitamente a quelU maggiori da

me accennati, dovrebbe a mio avviso -nell'ipotesi del passaggio di poteri all'au

torità militare -essere preventivamente data adeguata soluzione (1).

(l) -Vedi D. 658. (2) -Non rinvenuta.
660

IL LUOGOTENENTE DEL RE IN ALBANIA, PARIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

L. 825. Tirana, 13 agosto 1943 (2).

Seguito foglio n. 824 data 12 corrente (3). Il giorno 8 corrente ho ricevuto a Roma l'ex ministro albanese Medhi Frasheri, ritenuto capo del «Balli Kombetàr » (Fronte Nazionale). Gli ho esposto la situazione in Albania, che ritengo allarmistica ma non allarmante e completamente dominata militarmente.

La caduta del fascismo aveva fatto credere alla caduta dell'Italia e che sarebbe bastata una grande manifestazione insurrezionale per determinare il ripiegamento delle forze italiane dall'Albania.

Si è avuta invece una semplice foruncolosi che, per quanto estesa e marcata (diserzioni, assembramenti, attacchi da parte di partigiani), non ha ottenuto altro risultato oltre quello di assicurare maggior ordine, perché l'intera Albania è stata dichiarata zona di operazioni.

Indipendentemente da questa situazione -dominata nettamente dall'Autorità militare -ritenevo opportuno studiare fin d'ora come l'Albania dovrebbe presentarsi alla futura conferenza della pace, per uscirne nelle migliori condizioni possibili, sia per sé sia per le future relazioni fra i due Paesi: chiedevo perciò una sua opinione in proposito.

Medhi Frasheri ha voluto allora riassumermi la sua vita politica, che si può sintetizzare nei seguenti tre capisaldi:

lo -convinzione della necessità (storica, geografica, economica) di una intima collaborazione itala-albanese;

2° -sostenitore di una alleanza itala-albanese;

3° -decisamente contrario alla occupazione italiana.

Ciò premesso, dato che l'aspirazione attuale in Albania si può riassumere nella parola «indipendenza», egli ritiene che solo una rappresentanza albanese che risponda nettamente a questo principio, possa essere accolta in Albania ed incaricata di sostenere, alle trattative per la pace, la tesi albanese.

Pertanto egli riterrebbe necessario che si lasciasse sviluppare, in una determinata zona dell'Albania, un Comitato che si mettesse alla testa di uno pseudo movimento nazionale, per contenerlo e dirigerlo. Tale Comitato fornirebbe in seguito gli elementi che dovrebbero rappresentare l'Albania alla confrenza della pace, tenendo conto delle tendenze ed aspirazioni albanesi specie in contrasto con la voracità greca e serba.

Gli ho risposto che l'idea potrebbe anche presentare qualche possibilità di attuazione in avvenire, ma che attualmente la ritenevo di impossibile applicazione. Siamo in guerra e la guerra non può tollerare focolai che potrebbero, in determinate circostanze, dilagare e creare situazioni insostenibili. È perciò questione da riesaminare, qualora il quadro generale della situazione lo consigli.

Ci siamo così lasciati, con la possibilità di riprendere una conversazione da me giudicata, per il momento, intempestiva.

Gradirò ricevere istruzioni -se debbo o meno continuare su questa linea di condotta -dato che tutto dipende dalla soluzione che si vorrà dare al problema albanese (1).

(l) -Con T. 25850/1034 P.R. del 20 agosto 1943, ore 22, Guariglia rispose quanto segue: «In relazione Vostro rapporto 9109 del 13 corrente pregasl venire conferire precisando data arrivo». (2) -Manca l'indicazione della data d'arrivo. (3) -Vedi D. 653
661

IL MINISTRO A BERNA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

L. RR. P. 3084. Berna, 13 agosto 1943.

Nella mia lettera precedente n. 2971 del 6 agosto u.s. (2) Ti ho accennato come la situazione della Svizzera nei confronti degli altri Stati neutri fosse alquanto particolare dato che essa, qualora la guerra dovesse combattersi sul territorio peninsulare italiano, sarebbe -insieme con la Santa Sede -la più direttamente toccata.

Desidero ora aggiungere che ho avuto stamane una lunga conversazione con il Presidente della Confederazione elvetica dottor Celio, il quale -per essere ticinese e cattolico -appare seguire con grande interesse, e vorrei dire con ansia, quanto avviene nel nostro Paese.

Egli rappresenta qui, in questo momento, la corrente cattolico-conservatrice e si ritiene in certo modo il successore morale ed il continuatore di Giuseppe Motta. Ignoro se abbia o meno la statura e la capacità del compianto uomo di Stato elvetico, ma comunque egli si sente depositario della tradizione ticinese, alla quale ho sopra accennato.

Stamane appunto egli mi ha fatto una grande esaltazione delle possibi

lità che secondo lui la Chiesa cattolica avrebbe attualmente nei confronti del

l'America. Ed ha espresso il voto che dal Vaticano possa sorgere qualche iniziativa, anche di carattere generale, per porre fine al conflitto. Quale cattolico egli non ignora come la grande opposizione verrà dall'anglicana Inghilterra, negatrice per vecchia tradizione della funzione universale di Roma, ma si augura che nell'attuale momento della guerra Londra possa comprendere anch'essa il grande valore dell'Europa occidentale, leggi l'Italia e la Francia, che in avvenire dovranno costituire il bastione contro eventuali pericolose fusioni slavo-germaniche ad Oriente.

Tutte queste, come vedi, sono idee troppo generali, anche se giuste e belle. Ma quello che desidera v o segnalarTi con questa mia è che dalle parole del dottor Celio mi è sembrato effettivamente avere la conferma delle dirette preoccupazioni dei dirigenti svizzeri di vedere gli Alleati mantenere, nei confronti del nostro Paese, una intransigenza che potrebbe portare a gravi conseguenze attuali e future.

Aggiungo sull'argomento che stamane questo Incaricato d'Affari di Germania, dottor Kordt, che se ricordi era Incaricato d'Affari a Londra al momento dello scoppio della guerra nel settembre 1939, mi ha detto di avere, dalle sue informazioni, l'impressione che il Vaticano stia oggi lavorando per una «pace generale», ritenendo opportuno il momento per lanciare qualche contatto ed iniziativa in proposito, e mi ha anche accennato ad un certo parallelismo delle situazioni della Svizzera e della Santa Sede. È inutile aggiungere che dal tono delle sue parole Kordt appariva molto desideroso di vedere l'idea di una pace generale fare eventualmente progressi.

(l) -Per la risposta di Guariglia, vedi D. 685. (2) -Non rinvenuta.
662

IL MINISTRO A HELSINKI, GUARNASCHELL!, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 5439/134 R. Helsinki, 14 agosto 1943, ore 16 (per. ore 7 del 15).

Telegramma di V. E. 81 (l).

Malgrado scarsa attendibilità notizie radio Londra, ho ritenuto chiedere a questo Ministro degli Affari Esteri se e quanto vi fosse di vero nelle informazioni segnalate. Circa pretese consultazioni che avrebbero luogo qui Ministro Ramsay mi ha detto che effettivamente sono stati qui di recente a conferire Ministri Finlandia a Berlino e a Stoccolma; ma che tali visite rientrano nei normali viaggi per consultazioni di detti diplomatici; e non deve attribuirsi loro alcuno speciale significato. In quanto ai sei deputati di sinistra Ministro degli Affari Esteri mi ha detto che essi sono tuttora in arresto e che non si è mai pensato nè si pensa a liberarli.

Ministro Ramsay ha recisamente escluso che vi sia qualcosa di nuovo nella posizione della Finlandia in relazione al conflitto; ma ha aggiunto che ciò non vuol dire che il Governo finlandese non segua con ogni attenzione e non discuta l'evolversi della situazione politico militare.

Segnalo seguenti impressioni riportate parlando con Ministro degli Affari Esteri:

] ) -preoccupazione per l'aggravarsi della situazione militare sia in Mediterraneo che sul fronte orientale, temperata dalla vittoriosa resistenza che truppe tedesche offrono nel settore più sensibile per la Finlandia quello a sud del lago Ladoga;

2°) -soddisfazione per l'accentuarsi incomprensione tra URSS e angloamericani; Ramsay ne [scorge] nuovo segno nel comunicato «Tass » di ieri col quale si smentisce che Stalin sia stato invitato partecipare attuale convegno Roosevelt-Churchill;

3°) -soddisfazione per accenno ad una maggiore comprensione da parte

S.U.A. della particolare posizione della Finlandia nel conflitto (vedi altro mio telegramma odierno) (1).

(l) Con tale telegramma (T. 120/81 R. del 13 agosto 1943, ore 19,30) era stata trasmessa ad Helsinki la seguente notizia: «Secondo ·Radio Londra Presidente Rytl avrebbe avuto una serle di consultazioni per decidere circa posizione Finlandia nel conflitto in relazione a situazione militare Asse nel Mediterraneo e in Russia».

663

IL MINISTRO A HELSINKI, GUARNASCHELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 5460/135 R. Helsinki, 14 agosto 1943, ore 16,08 (per. ore 7 del 15).

Circa rapporti fra Finlandia e S.U.A. Ministro degli Affari Esteri Ramsay mi ha detto che nessun fatto nuovo si è verificato; e che anche Sumner Welles parlando recentemente col Ministro Finlandia a Washington Procopè ha riconosciuto che situazione è invariata; Ramsay ha però aggiunto aver avuto conferma dell'esattezza d'una dichiarazione fatta in conferenza stampa da CordeU Hull il 27 luglio u.s., e secondo la quale alla domanda se l'esigenza di una capitolazione senza condizioni si applicasse anche Finlandia Hull avrebbe risposto che la Finlandia è «un caso a margine». Ramsay mostravasi compiaciuto per tale risposta che, a suo dire, dimostra una certa comprensione della particolarità della posizione della Finlandia nell'attuale conflitto; come pure compiacevasi del simpatico articolo pubblicato numero dell'H agosto del New York Times col quale si spiega e quasi si giustifica la posizione della Finlandia nei rispetti dell'U.R.S.S.

Di tale articolo trasmetto per corriere riassunto pubblicato da questa stampa (2).

(l) -Vedl D. 663. (2) -Non pubbllcato.
664

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, A TUTTE LE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE (l)

T. U. IN CHIARO 122/C. R. Roma, 15 agosto 1943, ore 14.

Prego notificare ufficialmente a codesto Governo per iscritto, quanto segue:

«Il Governo Italiano aveva notificato fin dal 31 luglio per il tramite della S. Sede la decisione presa di dichiarare Roma " città aperta " (2) ed era in attesa di conoscere le circostanze nelle quali questa dichiarazione poteva essere accettata.

Dato il succedersi delle offese aeree su Roma, Centro della Cattolicità, il Governo Italiano è venuto nella determinazione di procedere senza attendere oltre alla formale e pubblica dichiarazione di Roma " città aperta " e sta prendendo le necessarie misure a norma del diritto internazionale ».

Il presente telegramma è indirizzato a tutte le RR. Rappresentanze diplomatiche (3).

665

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ROSSO, AL MINISTRO A LISBONA, PRUNAS

T. RR. 25353/439 P.R. Roma, 15 agosto 1943, ore 23.

Secondo quanto è stato segnalato a questa Ambasciata di Germania, situazione politica in Portogallo si sarebbe in questi ultimi tempi sviluppata in senso decisamente favorevole agli anglo-americani tanto da far ritenere possibile, in un tempo relativamente prossimo, rottura delle relazioni diplomatiche con potenze dell'Asse. Prego telegrafare quanto vi risulti in proposito esprimendo vostro avviso sulla situazione (4).

666

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO LA SANTA SEDE, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

APPUNTO R. 2656. Roma, 15 agosto 1943.

Mi sono recato stamattina dal Cardinale Maglione, per conoscerne le impressioni in seguito al comunicato ufficiale dira;mato da Londra sulla dichiarazione fatta da noi di Roma «città aperta» (5).

Ho avuto la sensazione che il Cardinale Segretario di Stato, pur ritenendo che non altra risposta poteva giungere in questo momento dall'Inghilterra, sia restato tuttavia amareggiato dai termini con i quali il comunicato stesso è stato redatto nei quali è impossibile ritrovare, non dico un segno di apprezzamento per il gesto compiuto dal Governo italiano (contenuto invece nella nota comunicazione di Washington), ma nemmeno di considerazione per l'altissimo significato che la dichiarazione contiene quando afferma di voler risparmiare a Roma ulteriori offese aeree in quanto centro della cattolicità.

Ad ogni modo il Cardinale Maglione mi ha dichiarato che il Governc. britannico (non ha parlato di quello di Washington non essendo ancora note le reazioni ufficiali) è stato certamente messo in una situazione morale disagevole anche di fronte alla Santa Sede.

Infatti egli, riassumendo i precedenti che hanno portato alla nostra dichiarazione, ha ricordato:

2°) -che inoltre, avvenuto il cambiamento di Regime la Santa Sede aveva rinnovato le proprie richieste attenendone la risposta contenuta nel promemoria del 31 luglio (1), che essa si affrettò a comunicare ai Governi di Londra e Waahington.

In tale promemoria era esplicitamente formulato il proposito del Governo italiano di dichiarare Roma «città aperta» e venivano anzi richieste le condizioni essenziali alle quali tale dichiarazione avrebbe potuto essere accettata dalle Potenze avversarie;

3°) -non ricevendo risposta la Santa Sede, dopo qualche giorno, a nostra richiesta, sollecitò i detti Governi e da uno di essi, e cioè da Washington, giunse il telegramma i cui termini sono trascritti nell'appunto in data 11 c.m. (2).

Il Governo americano dichiarava in esso di aver preso nella maggiore considerazione il proposito formulato da parte italiana di voler dichiarare Roma «città aperta» ed aggiungeva che secondo le norme del Diritto Internazionale nulla impediva una nostra dichiarazione unilaterale in questo senso;

4°) -in seguito a questa comunicazione si è giunti al noto comunicato;

5°) -il Governo italiano quindi nel mentre ha certamente il dovere di procedere senza indugio alle misure annunziate pubblicamente per lo sgombero dalla Capitale degli obbiettivi militari, non può, nell'attuale stato di cose, che attendere una risposta alle richieste a suo tempo formulate, intese

a conoscere le condizioni essenziali alle quali i Governi di Londra e Washington sarebbero disposti a riconoscere detta dichiarazione.

Il Cardinale Maglione dopo aver riassunti così i termini della questione ha aggiunto che la Santa Sede si riprometteva di telegrafare oggi stesso tanto a Londra che a Washington per sollecitare risposta alle richieste fatte precedentemente.

Egli, oltre alla questione del controllo che il Governo italiano dovrebbe senz'altro a suo avviso accettare, ha anche fatto presente che sono da prevedersi gravi difficoltà sulla questione del traffico ferroviario.

Egli spera che il Governo italiano sappia trovare una soluzione che vada oltre quella dello sgombero di tutto il materiale bellico dagli scali ferroviari vicini a Roma; allo spostamento quindi effettivo del traffico militare sulla linea adriatica, che indubbiamente sarebbe più lungo, ma che può essere congiunto da due raccordi alla linea tirrena.

Il Cardinale Segretario di Stato si è riservato di comunicare in qualunque momento una eventuale risposta che pervenisse al riguardo tanto da Londra che da Washington.

(l) -Ed. in R. GuARIGLIA, Ricordi, cit., p. 727. (2) -Vedi D. 583. (3) -Con successivo T. 123 R./C in cifra del 15 agosto 1943, ore 16,30, Guariglia dette le seguenti istruzioni: «Seguito mio telegramma in chiaro odierno concernente notifica Roma città aperta, vogliate aggiungere nella nota che indirizzerete a codesto Governo richiesta che vi sia dato atto della comunicazione. Della vostra nota e di quella di risposta vorrete trasmettermi testo per corriere ». (4) -Per la risposta di Prunas vedi D. 668. (5) -Vedi D. 664. La dichiarazione fu diramata il 14 agosto.

l 0 ) -le precedenti richieste della Santa Sede al Governo italiano, prima della caduta del Regime, intese a far proclamare Roma « città aperta» e la circostanza che all'ultima di tali richieste se non era stata data dall'Italia risposta affermativa, non era nemmeno stata data ufficialmente, risposta negativa;

(l) -Vedi D. 583. (2) -Vedi D. 645.
667

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.D. 5507/367 R. Sofia, 16 agosto 1943, ore 14 (per. ore 18).

Questo Ministro di Turchia ha dato ieri confidenzialmente notizia ad amici bulgari Ribbentrop si è recato a Mosca per trattative di pace. Trattative si sarebbero iniziate attraverso mediazione giapponese ed a ciò si dovrebbe assenza Stalin da conferenza anglo-americana. Riferisco quanto precede per debito di ufficio e come mi è stato riferito.

668

IL MINISTRO A LISBONA, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 5525/1133-1136 R. Lisbona, 16 agosto 1943, ore 22,20 (per. ore 8,30 del 17).

Telegramma di V. E. 439 riservatissimo (l).

Richiamo mio telegramma per corriere n. 0143 del 2 agosto (2) corrente, dove è sommariamente descritta situazione politica portoghese. Da allora ad

oggi tale situazione è rimasta presso a poco immutata. In merito a rottura di relazioni diplomatiche vi è stato un allarme, qualche giorno fa, per quanto concerne il Giappone (vedasi mio telegramma per corriere n. 0150 del 7 corr.) (1). Ma il Giappone ha col Portogallo un concreto ed arduo oggetto di contrasto, la questione di Timor, tuttora non risolta e probabEmente irrisolvibile.

Dovrei, tutto sommato, escludere almeno per quel relativo ristretto periodo in cui le previsioni sono, nelle circostanze attuali, giustificate, che il Portogallo pensi o sia costretto a rompere le relazioni diplomatiche con l'Italia e con la Germania. Il Segretario Generale Sampayo, cui ne ho esplicitamente parlato oggi stesso, ha qualificato la notizia e senza esitazione come infondata.

Non ho ragione per mettere in dubbio le sue affermazioni. È comunque certo -come ho spiegato nel mio telegramma in alto citato -che inquietudini gravi serpeggiano anche in Portogallo;. che la caduta dell'uomo e del regime autoritario primogeniti ha colpito anche Salazar e il suo stato corporativo; che la grave scarsità del raccolto rende il Paese sempre più dipendente dal buon volere anglo-americano e limita in conseguenza anche la libertà d'azione e di resistenza che Salazar ha sino ad oggi energicamente difeso.

(l) -Vedi D. 665. (2) -Vedi D. 588.
669

IL CAPO DI GABINETTO, CAPRANICA DEL GRILLO, AL MINISTRO A SOFIA, MAMELI

L.P.S. 1/4176. Roma, 16 agosto 1943.

Faccio seguito alla mia lettera dell'll agosto n. 1/4137 (2).

Informazioni pervenute dalla stessa fonte confidenziale insistono nel segnalare l'intenzione da parte del governo bulgaro di non entrare in guerra contro gli Alleati e di cercare anzi di porsi d'accordo con questi ultimi in ogni modo, anche nel caso che i tedeschi non ritireranno le loro truppe dai Balcani.

Ove quest'ultima ipotesi dovesse verificarsi, sembra inoltre che da parte turca non si escluda la possibilità di un intervento sovietico in Bulgaria prima che gli Alleati pongano piede nel sud-est europeo: in tal caso i bulgari accoglierebbero a braccia aperte i russi, e tale convinzione non è senza suscitare vive apprensioni nel governo di Ankara.

È superfluo segnalarti, caro Mameli, il carattere riservatissimo di tali informazioni.

(l) -T. per corriere 5327/1365/0150 R. del 7 agosto 1943. non pubbllcato. (2) -Vedi D. 644.
670

IL CONSIGLIERE DI STATO, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

APPUNTO. Roma, 16 agosto 1943.

Il comunicato del Governo italiano contenente la formale pubblica dichiarazione di «Roma città aperta» dà luogo ad alcune osservazioni, che vengono qui rispettosamente esposte.

La dichiarazione di Roma città aperta è fatta al fine di evitarne il bombardamento. «Città aperta» significa città non fortificata. Va subito notato che ,la questione del divieto di bombardamento è dal diritto internazionale risolta in relazione non all'esistenza o meno di fortificazione, bensì al fatto che una città si difenda o non si difenda. Esplicite sono, al riguardo, le Convenzioni dell'Aja del 1899 e del 1907. «Il est interdit -dice l'art. 25 di quest'ultima in termini analoghi a quelli della Convenzione precedente de bombarder, par quelque moyen que ce soit, des villes, villages, habitations ou bàtiments qui ne sont pas dejendus ». Ogni città che si difenda sia essa aperta o fortificata, può dunque essere attaccata dall'aria (o dal mare). La distinzione non è fra città aperte e città fortificate, ma tra città che si difendono o non si difendono; onde -commenta un nostro autorevole scrittore non cadono sotto il divieto della Convenzione le città che, per quanto non organizzate previamente per la difesa, oppongono tuttavia resistenza agli attacchi dell'avversario, e invece cadono sotto questo divieto anche le città fortificate quando le fortificazioni restano inattive e nessuna resistenza viene opposta al nemico.

Tale essendo il principio, si presenta il dubbio che la ragione della mancata risposta da parte degli avversari alla nostra notificazione fatta fin dal 31 luglio per il tramite della Santa Sede (1), mancata risposta cui si è aggiunta la rinnovata offesa aerea su Roma, possa consistere nella inadeguatezza della determinazione di dichiarare Roma città aperta. Vero è che noi siamo rimasti nell'attesa di conoscere le circostanze nelle quali questa di'chiarazione potrebbe essere accettata; ma per un nemico male intenzionato ogni pretesto è buono; onde il pretesto va evitato.

Giudicherà il Governo se e in quale forma sia opportuno procedere ad una precisazione. La precisazione, del resto, può essere anche implicita e risultare dalle misure adottate per dare attuazione alla dichiarazione di Roma città aperta.

Poiché queste misure sono prese « a norma del diritto internazionale >> è conveniente riferirsi al diritto internazionale convenzionale, e cwe alle Convenzioni dell'Aja che il divieto di bombardamento subordinato alla condizione che la città non sia effettivamente difesa.

Da quali segni può desumersi che una città effettivamente non si difenda? Non certo, come si è visto, dall'inesistenza di fortificazioni. Queste possono esserci e non venire utilizzate, possono mancare e tuttavia può la difesa

essere affidata a corpi di truppe raccolti nella città, o ai cittadini in armi o ad aeroplani che vengano da località vicina. Comunque, se fortificazioni ci sono, è d'uopo sguarnirle dei mezzi di difesa. Se aeroporti esistono a breve distanza (la distanza in questo caso è relativa) bisogna mandarne via gli apparecchi. Se ci sono truppe o cittadini organizzati per la resistenza, bisogna allontanare le une e disarmare gli altri. Scrive il Fauchille: « L'idée générale dont il faut ici s'inspirer est qu'une ville est réputée se défendre ou ne pas se défendre suivant que pour y pénétrer et l'occuper l'ennemi est exposé ou non à une attaque de la part de ces moyens de défense ou des individus qui s'y trouvent 1>.

Ci si presentano dunque, quanto mai ingrati, i rapporti con l'alleato. Sopratutto le truppe ed i Comandi tedeschi devono sgombrare Roma. Non basta sgombrare: devono andarsene lontano; giacché le truppe ed i Comandi motorizzati fanno presto a tornare. Quanto debbano allontanarsi è problema di difficile soluzione. Dal punto di vista tecnico la parola va lasciata ai militari; dal punto di vista giuridico la soluzione potrebbe diventare impossibile se le esigenze del nemico arrivassero sino a ritenere intollerabile l'esistenza di truppe tedesche o italiane neUo spazio intermedio fra Roma e le sue forze armate. Giacché sarebbe probabile che quelle truppe dell'Asse finissero per ripiegare su Roma e venire così a difenderla. E' questo il punto più delicato, e maggiori precisazioni non sono possibili. Quello che è certo è che la situazione attuale non è la più indicata per ispirare fiducia all'avversario: anche l'uomo della strada ha l'impressione, pur nella nostra Roma, di una larvata occupazione tedesca.

Non è senza interesse ricordare che secondo i più reputati autori britannici non è vietato il bombardamento nel caso che «la ville contienne des magasins ou de manufactures du Gouvernement ou d'importants bureaux d'où sont expédiés des ordres relatifs à la guerre 1>. (Westlake, Trattato di diritto internazionale, pag. 478). Quanto ai magazzini o manifatture, non pare che ve ne siano a Roma di importanti: si presenta però altro problema dell'allontanamento degli uffici ed organi a cui è affidata la direzione della guerra, problema che andrebbe risolto con serietà, e non come fu fatto alcuni mesi or sono, quando gli ufficiali di Stato Maggiore, allontanatisi da Roma in divisa, vi ritornarono in abito borghese.

Un'ultima osservazione appare indispensabile. Nel collegare alla mancanza di difesa il divieto di bombardamento, la dottrina cosi spiega il principio accolto nelle Convenzioni: una città, aperta o fortificata, che non si difende è in sostanza una città che si arrende, ed è per questo che non occorre bombardarla. Se questa spiegazione fosse presa alla lettera, la dichiarazione concernente Roma potrebbe essere interpretata come annunzio di una eventuale resa. Viceversa, Roma non deve essere occupata dal nemico, come deve essere al sicuro da colpi di mano dell'alleato. Sarebbe perciò desiderabile che l'auspicato accordo si riferisse non solo al divieto di bombardamento, ma anche al divieto di occupazione, e che vi partecipasse, assumendone gli impegni. non soltanto il nemico, ma anche l'alleato.

(l) Ved1 D. 583.

671

IL MINISTRO A LISBONA, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 5536/1134 R. Lisbona, 17 agosto 1943, ore 13,45 (per. ore 23 del 18).

United Press, Quebec 16:

q: Stati Maggiori militari alleati qui riunitisi deciso non accettare dichiarazione italiana che considera Roma "città aperta" a meno che Badoglio accetti resa incondizionata».

672

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.D. PER CORRIERE 5598/0185 R. Berlino, 17 agosto 1943 (per. il 19).

La campagna invernale del 1942-43 al fronte russo, esauritasi alla fine di marzo dinanzi a ~ursk, lasciava le forze dei due avversari stremate dalla lunga lotta.

Particolarmente delicata si presentava la situazione dei tedeschi i quali, perduti tutti i vantaggi territoriali a fatica conquistati nell'estate precedente, subito il gravissimo scacco di Stalingrado, fallito il disperato tentativo di contrattacco a Kursk si trovavano arrestati su una linea esposta e pericolosa, mentre le speranze di prossima ripresa offensiva venivano irrimediabilmente compromesse da una grave crisi di effettivi e di materiali.

La gravità di tale crisi, alla quale si cercò porre rimedio con draconiane misure e la convinzione ormai radicata che conquiste territoriali in Russia rappresentassero più un pericolo che un vantaggio, indussero l'Alto Comando germanico ad insistere con inusitata energia presso il Ftihrer perché rinunciasse all'idea di una terza campagna offensiva da lui già annunciata al pubblico tedesco per la prossima estate, ed approvasse invece un piano di azioni locali miranti ad infliggere all'avversario le massime possibili perdite con il minimo danno per la parte attaccante.

Fin dal mese di maggic apparve tuttavia chiaro all'Alto Comando germanico come l'esercito sovietico, anziché prepararsi a subire l'iniziativa tedesca, andasse preparandosi per una vera e propria offensiva in grande stile. Offensiva che si ritenne sarebbe scattata agli inizi dell'autunno per svilupparsi durante l'inverno nel momento in cui più deficiente si sarebbe rivelata la capacità difensiva del soldato tedesco.

Apparve necessario al generale Zeitzler, il quale sovraintende alle operazioni al fronte Est, anzitutto costringere il nemico ad accelerare i tempi della propria offensiva scatenandola nell'estate mentre i suoi preparativi non sarebbero ancora

stati completi e più forte si sarebbe sentito il peso della contromanovra germanica. L'offensiva tedesca dei primi di luglio nel saliente di Kursk servì senza dubbio a precipitare la situazione. Il 18 luglio l'esercito sovietico era costretto a passare all'offensiva nei settori di Orel e del Mius.

Da un mese questa offensiva è in corso. Essa viene condotta da parte russa con masse enormi di uomini di carri e di aeroplani che attaccano successivamente in vari settori della immensa fronte là dove le linee tedesche appaiono meno salde o momentaneamente sguarnite.

Orel è caduta, Karkow duramente investita, la testa di ponte del Cuban messa a ferro e fuoco. Invano però in questa gigantesca battaglia si cercherebbero i segni di un vero e proprio sfondamento, di una «sacca» riuscita ai russi; di un principio di rotta delle forze germaniche che, occorre riconoscerlo, si trovano nei confronti del nemico in condizioni di inferiorità numerica e di mezzi. L'Alto Comando germanico pur subendo l'iniziativa tattica dell'avversario è invece padrone della situazione e manifesta tale padronanza nel dirigere le operazioni in base a taluni criteri strategici che è di estremo interesse rilevare in quanto dai risultati della loro applicazione potrebbero derivare conseguenze di eccezionale importanza per gli ulteriori sviluppi del conflitto.

Obiettivo dell'Alto Comando germanico appare quello di impedire ai russi di intraprendere nel prossimo inverno la temuta offensiva. Le deficienze di uomini e mezzi lamentate dalle forze armate tedesche potrebbero in quel momento rendere possibile un rovescio che la situazione interna farebbe apparire pericoloso.

È pertanto necessario ora non soltanto costringere i russi ad attaccare, ma occorre indurli ad alimentare senza tregua gli attacchi, a prolungare l'offensiva, ad impegnarvi sempre nuove forze.

In pari tempo occorre ai tedeschi distruggere la massima quantità possibile di tali forze cercando di limitare al massimo le perdite proprie economizzando ogni uomo, ogni pezzo, ogni carro.

La tattica di attacchi frontali di massa adottata dai russi permette ai tedeschi di annientare effettivamente in breve tempo buon numero di reggimenti nemici, del pari che la qualità rilevata più scadente di materiali russi permette alle armi germaniche maggiormente perfezionate e più potenti di raccogliere

successi rilevanti. In pari tempo però le divisioni tedesche che manovrano con abilità e coraggio veramente ammirevoli, mentre cercano limitare le perdite del prezioso territorio ucraino tendono a non lasciarsi agganciare dall'avversario in taluni pericolosi capisaldi. Tale concetto spiega i motivi dello sgombero di Orel e successivamente di Karkow che senza dubbio ancora pochi mesi or sono da parte tedesca ci si sarebbe ostinati a difendere anche, se non soprattutto, per ragioni politiche.

Solo le settimane venture, e poche del resto rimangono prima dell'inizio della cattiva stagione al fronte orientale, ci diranno se la capacità di resistenza del soldato tedesco e l'abile tattica ideata dall'Alto Comando germanico saranno

riusciti a superare la prova e ad infliggere agli eserciti bolscevichi perdite .::osl gravi da toglier loro la possibilità di iniziare la temuta azione invernale.

Qualora ciò riuscisse non soltanto la Wehrmacht avrebbe conseguito un successo di grande importanza militare, ma, si pensa a Berlino, verrebbe a crearsi per la Germania una situazione ricca di grandi possibilità politiche.

Non v'è dubbio infatti che mentre il FUhrer e lo stretto ambiente dei suoi più intimi collaboratori -ivi compreso von Ribbentrop -sembra ancora fisso nell'idea di risolvere la guerra contro la Russia unicamente per mezzo delle armi, si rende ogni giorno più sensibile fra circoli militari, politici ed industriali più direttamente a contatto con la realtà della situazione, una corrente la quale, non soltanto auspica, ma ritiene possibile giungere ad una soluzione politica del conflitto con la Russia.

Qualora l'intelligente manovra di difesa elastica attualmente in corso dovesse riuscire, rendendo impossibile ai russi una r.ipresa offensiva fino alla primavera ventura, le crescenti difficoltà alimentari e la sfiducia negli alleati anglo-americani potrebbero -si ritiene negli ambienti suddetti -rendere il governo di Mosca aperto all'idea di un compromesso con la Germania. Voci qui raccolte sembrerebbero indicare che un orientamento in tal senso potrebbe maturarsi in Russia se lo sviluppo degli avvenimenti militari dovesse corrispondere alle speranze dell'Alto Comando tedesco.

La fase attuale della lotta può comunque riuscire definitiva per le sorti della guerra. Sottoposta a durissimo sforzo, ma veramente tesa con tutte le forze, spirituali e materiali dell'intero suo popolo; convinta che una sconfitta al fronte orientale significherebbe la più spaventosa delle catastrofi, la Germania sta affrontando la battaglia più difficile della sua storia. I risultati di questa battaglia permangono ancora dubbi, ma contrariamente a tante precedenti occasioni, si ha oggi l'impressione che la strategia tedesca, anziché fondarsi soltanto sulla forza bruta, segua dei principi perfettamente adatti agli aspetti ed alle necessità della condizione presente.

Mentre sarebbe oltremodo pericolo:;o abbandonarsi a prematuri ottimismi, i risultati conseguiti dopo un mese di lotta lasciano ancora sussistere la speranza che tali principi non siano stati troppo tardi adottati.

673

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER CORRIERE 5665/0454 R. Sofia, 17 agosto 1943 (per. il 21).

Mio telegramma n. 364 Cl). In lunga conversazione odierna con Filoff, discorso è naturalmente caduto su situazione interna Bulgaria. Presidente Consiglio ha mostrato di essere esat

58 -Documenti cliplomatici -Serie IX -Vol. X

tamente informato notizie ed articoli allarmanti pubblicati da stampa neutrale specie turca, svizzera e svedese. Ha asserito di ritenerli provocati da intensa propaganda nemica, che ha definito più organizzata, più attiva e più redditizia di quella del Tripartito, dati anche elementi su cui può agire (nei Balcani Serbia, Croazia, Grecia ed ha ammesso, anche su «alcuni» elementi bulgari). Circa situazione in se stessa ha ostentato consueto ottimismo, per quanto si limitasse ad esposizione di pochi elementi bene scelti ma scarsamente precisi e non certo tipicamente importanti. Attraverso elementi stessi traspariva tuttavia serietà situazione quanto ansietà su molti punti detti, e sopratutto su quelli non detti. Evidente era ad ogni modo interesse e preoccupazione per situazione su fronte orientale.

Anche circa insistentissime voci pace separata germano-sovietica Filoff si è mostrato esattamente al corrente, quanto, se possibile, ancora più cauto. Dopo aver precisato che notizie che questo Governo riceve su cose russe non sono né molte né precise (sic), ha ricordato che da tempo vi è informazione di una azione giapponese, per concludere tuttavia che scarsamente può considerare notizie di questi giorni come aderenti realtà.

Circa situazione russa ha osservato che per quanto disastrose condizioni interne, ultimo sforzo ecc. ci siano stati ripetutamente annunciati da parte tedesca ormai da due anni, due fatti sono oggi degni di rilievo: negli stessi bollettini russi da che è cominciata offensiva, vi è raramente menzione di bottino o prigionieri fatti ai tedeschi, ciò che dimostra che difesa elastica, per raccorciamento fronte con minimi sacrifici dei germanici raggiunge suo scopo, e questo è essenziale in una guerra che si rivela sempre più di distruzione. Concordi notizie confermano che rifornimenti viveri sono esclusivamente riservati in Russia ad esercito. Ciò spiega afflusso volontari e riserve continuamente gettate nella battaglia. Ma tutti quelli che non fanno parte esercito particolarmente donne e bambini sono oggi in Russia alla fame.

Circa possibili sviluppi piani bellici nemico lt'iloff ha detto che per quanto manchino precisi indizi, anche da notizie concentramento truppe e mezzi in Mediterraneo orientale non è da escludere attacco nei Balcani a breve scadenza. Ha anzi espresso convincimento che dissidio così insistentemente affermato tra anglo-americani e sovietici circa Balcani deve essere considerato con molta cautela. Ha tuttavia concluso che caso attacco in questo settore è previsto anche in Bulgaria e che ogni possibile preparazione è posta in atto in conseguenza. Tale affermazione fatta con voluta fermezza è evidentemente da porsi in relazione con insistenza pubblicazioni stampa nemica e neutrale che fulcro situazione sarebbe da ricercarsi in ambiguità attuale governo bulgaro, su sua debolezza di fronte molteplici elementi situazione interna e su desiderio germanico di instaurarne altro più ligio interessi tedeschi.

A situazione in Italia Filoff ha fatto brevi per quanto molto amichevoli accenni soprattutto per deplorare terroristici attacchi contro popolazioni e città italiane, dei quali ha attribuito principale responsabilità odio antieuropeo americani.

(l) Con T. 5442/364 R. del 14 agosto 1943, ore 21, non pubblicato, Mamell aveva riferito sugli ultimi sviluppi della situazione Interna In Bulgaria.

674

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER CORRIERE 5668/0455 R. Sofia, 17 agosto 1943 (per. il 21 J.

Mio telegramma n. 368 (l).

Dai successivi elementi che è stato possibile raccogliere sembra ormai positivo che Re Boris si sia effettivamente recato in Germania, nei giorni di sabato e domenica, con consueto apparecchio germanico inviato da Hitler.

Sul viaggio, come di solito, ambienti ufficiali mantengono il più geloso riserbo, mentre in non pochi altri ambienti notizia diffusa o commentata.

Una delle fonti degne di attenzione, informata viaggio, indica altresì che colloqui in Germania avrebbero avuto intento da parte tedesca mutamento Governo Filoff con altro Governo più ligio Germania e più precisamente con Governo militare. Sovrano avrebbe resistito o non avrebbe ancora deciso in proposito.

Mentre tali indicazioni vanno accolte per il momento con necessaria cautela, va anche rilevato che nella attuale situazione interna ed esterna Bulgaria -premuta tra Germania ed intensa propaganda nemica -ansiosa per sua situazione privilegiata che teme di veder cessare da un momento all'altro per passare a guerra guerreggiata, voci mutamento Governo sono all'ordine del giorno e si sono intensificate sino dal momento arrivo a Sofia ex-Presidente Consiglio Kiosseivanoff.

675

IL MINISTRO A STOCCOLMA, RENZETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER CORRIERE 5702/044 R. Stoccolma, 17 agosto 1943 (per. il 21).

Riferimento miei telegrammi nn. 97 del 4 corrente e 100 del 6 corrente (2).

Secondo informazioni da fonte generalmente attendibile gli ambienti angloamericani di Stoccolma sarebbero delusi e irritati per la piega presa dalle trattative condotte dalla Svezia con il Governo del Reich per porre termine al transito di armi e di soldati tedeschi sul territorio svedese.

In questi ambienti si sperava, a quanto mi viene riferito, che la richiesta svedese, avanzata sotto evidente pressione alleata, avrebbe portato ad una vivace reazione tedesca; anche se non alla guerra, ad una interruzione di rapporti diplomatici, o almeno ad una nuova sospensione del traffico delle navi in salvacondotto con l'America latina.

La formulazione dell'accordo, la reazione tedesca che in questo caso è stata abile mostrandosi di non dare importanza alla rinunzia e di accettare anzi di buon grado, hanno contribuito alla delusione provata dagli Alleati che speravano vedere la Svezia compromessa con loro in misura molto maggiore.

Una certa irritazione è stata causata anche dalle recenti dichiarazioni del Primo Ministro Hanssen il quale ha riconfermato ancora una volta il desiderio della Svezia di mantenere buoni rapporti con tutte le potenze.

A seguito delle comunicazioni segnalate in riferimento ho infine l'onore di informare che questo Governo ha concluso con la Germania un nuovo accordo, pubblicato in questi giorni dalla stampa, con il quale vengono definite le modalità per il transito dei cosiddetti aeroplani-corrieri tedeschi. Si tratta di apparecchi che fanno servizio di corriere e di trasporto di malati e feriti fra il fronte finlandese e la Germania; il che ha dato luogo per il passato a vivaci incidenti, allorché, nel caso di atterraggi forzati, si é scoperto che gli aeroplani trasportavano militari in uniforme e, contrariamente alle disposizioni, armi a bordo. Il nuovo accordo stabilisce che gli apparecchi dovranno avere equipaggio e passeggeri unicamente civili e non dovranno portare armi o munizioni di qualsiasi genere o macchine fotografiche.

Con quest'ultimo accordo la Svezia ha riconquistato la maggior parte delle sue posizioni di neutralità perdute negli anni scorsi. Non tutto però, poiché l'accordo sul transito di truppa e materiali non fa parola del passaggio di convogli tedeschi nelle acque territoriali svedesi, spesso con la scorta di navi da guerra svedesi, passaggio che si suppone pertanto debba ancora continuare.

(l) -T. s.n.d. 5539/368 R. del 17 agosto 1943, ore 19, non pubblicato: comunicava la notizia del viaggio di Re Boris in Germania. (2) -Vedi D. 615.
676

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL CAPO DI GABINETTO, CAPRANICA DEL GRILLO

L. P. s. 3154. Sofia, 17 agosto 1943 (per. il 25).

Ti ringrazio delle informazioni che mi hai comunicato con lettera n. l/4137 dell'll corrente 0).

È positivo che la situazione in questo paese si sta molto avvicinando e forse sta già entrando in fase critica, per ciò che gli indizi che è possibile raccogliere e certo meno le forme ermetiche di Governo lasciano trasparire.

In questo senso le informazioni confidenziali si sono incrociate con le mie segnalazioni di questi giorni.

È altrettanto chiaro che ciò che il Ministro degli Esteri avrebbe detto al Ministro di Turchia, largo modo corrisponde allo stato d'animo locale. Se gli organi responsabili sono guardinghi in proposito la popolazione non ne fa mistero.

In parole povere la situazione generale politico-militare preoccupa sempre maggiormente la Bulgaria che teme di trovarsi ormai dalla parte soccombente e vorrebbe in qualche modo cavarsela. D'altra parte anche la situazione interna ha subito una scossa, specie per le ripercussioni degli avvenimenti sul fronte orientale, per quelli sul fronte siciliano, e per il cambiamento di Governo in Italia.

La tesi che la Bulgaria avrebbe voluto rimanere neutrale ma è stata costretta dalla Germania ecc. è quindi assai favorita come possibile scappatoia. Vi è tuttavia a questa tesi un ostacolo. Pur non combattendo la Bulgaria ha largamente profittato dell'alleanza con l'Asse, occupando cospicui territori dopo il crollo jugoslavo. Ecco perché si sentono già alcune voci che tentano di far quadrare la tesi, avanzando che almeno «qualche cosa» si potrebbe restituire.

Di questa opinione non sembra tuttavia essere l'esercito che qui costituisce una casta vera e propria e rappresenta una forza -dal lato interno -tutt'altro che assente o trascurabile. Ha già compiuto un colpo di stato nel 1934, che non è dimenticato. E perciò viene considerato che accentuandosi la fase critica anche !'eventualità di un Governo militare non è da escludersi, sia esso per essere imposto o favorito dai germanici, o sorga, aiutato da questi o meno con il classico colpo di stato balcanico. Viene anche ricordato tuttavia che è venuto a mancare l'uomo più indicato a questo scopo, il Generale Lukoff. I commenti che vennero fatti all'epoca del suo assassinio sono ricordati e ripetuti. Comunque dopo la venuta di Kiosseivanoff a Sofia le voci di un cambiamento di Governo sono all'ordine del giorno.

Considerando tutti gli elementi della situazione ritengo che non sia da escludere, e che sia anzi probabile, che da parte bulgara siano stati cercati contatti del genere e nel senso indicato dall'informazione confidenziale. Ma se qualche cosa ho potuto comprendere, nel breve tempo che ho finora trascorso qui, dei cautissimi ed ermetici sistemi locali, mi sembra difficile che proprio Filoff si sia espresso in tal senso e proprio con il Ministro di Turchia.

Non mancherò in ogni caso di seguire attentamente ogni elemento e di tenerti informato di quanto mi sarà possibile di appurare.

(l) Vedi D. 644.

677

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI

T. 25588/433 P.R. Roma, 18 agosto 1943, ore 14,20.

Prego voler comunicare verbalmente a Lavai che abbiamo deciso il ritiro in Italia della più gran parte della IV Armata. A ritiro effettuato resteranno in Francia solamente due delle divisioni adibite alla difesa costiera.

Questo provvedimento è stato dettato da ragioni di carattere puramente militare. Nell'informarne Lavai, avrete cura di mettere in chiaro che esso non ha significato né conseguenze di carattere politico.

Provvederemo in pari tempo a restituire alla Commissione d'Armistizio quelle attribuzioni che essa aveva di fatto trasferito al Comando della IV Armata. È ovvio, del resto, che il ritiro delle nostre truppe non ha alcuna influenza sul regime armistiziale (l).

678

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER TELESCR. 5569/1338 R. Berlino, 18 agosto 1943, ore 14,30.

Dopo aver ricevuto da me brevi manu 17 corrente notificazione scritta circa dichiarazione Roma «Città aperta» (2) ed essersi limitato osservazione trattarsi di caso senza precedenti, Hencke mi ha oggi pregato a nome Ministro Von Ribbentrop fargli conoscere con ogni possibile urgenza quali condizioni R. Governo sia disposto ammettere per assicurare tale carattere alla Capitale e quale portata e conseguenze giuridiche e pratiche ,implichi tale sistemazione soprattutto per quanto concerne obiettivi militari o possibilità difesa Paese (3).

679

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA

T. 126/992 R. Roma, 19 agosto 1943, ore 14.

Vostro n. 1338 (4).

Fate sapere subito a Ribbentrop che sono in corso studi tecnici scopo determinare possibilità pratiche per rendere effettiva dichiarazione «città aperta». Ad ogni modo è fin da ora chiaro che tale dichiarazione sarà comunque limitata al perimetro della città e che pertanto saranno escluse tutte le zone esterne all'abitato che assicurano la difesa della città stessa. Noi saremmo disposti effettuare evacuazione dei Comandi militari, delle truppe che eccedono il normale presidio e degli stabilimenti (del resto pochissimi e di scarsa importanza) adibiti a produzioni belliche.

Intendiamo in ogni caso preservare diritto di transito per le ferrovie che sono indispensabili per rifornimento truppe dell'Italia meridionale.

Potete assicurare Ribbentrop che Governo italiano, prima di accettare condizioni che ci fossero eventualmente poste da Governi nemici, si concerterà con Governo tedesco in modo da evitare di comune accordo che misure possano danneggiare possibilità difesa dell'Italia.

(l) -Buti rispondeva con T. 5643/454 R. del 111 agosto 1943, ore 23, non pubblicato, d! aver effettuato la comunicazione. (2) -Vedi D. 664. (3) -Per la risposta di Guariglia, vedi D. 679. (4) -Vedi D. 678.
680

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ROSSO, AL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, CASTELLANI

T. S. PER CORRIERE 25675 P.R. Roma, 19 agosto 1943, ore 16.

Aderendo alla richiesta della S. V. (l) di direttive circa la nota questione degli ebrei croati attualmente sotto il controllo della 2a Armata, si conferma che è da evitare che gli ebrei croati vengano rilasciati od abbandonati privi di qualsiasi protezione in mani straniere, esposti ad eventuali rappresaglie salvo il caso che essi stessi non preferiscano essere posti in libertà, fuori della nostra zona di occupazione.

La politica razziale seguita dall'Italia non ci ha mai impedito l'osservanza di quei principi di umanità che sono nostro insoppr1mibile patrimonio spirituale. Una tale osservanza si impone oggi più che mai. È bene però, anche da un punto di vista politico, che ciò sia opportunamente valorizzato e riconosciuto.

Poiché è tuttavia altresì da evitare che gli ebrei si rifugino in massa in Italia, al seguito delle nostre truppe qualora queste dovessero ritirarsi da codeste regioni, si prospetta la possibilità che essi possano restare anche in questo ultimo caso nell'isola di Arbe ove sono attualmente concentrati sotto adeguata scorta.

Le nostre competenti Autorità potrebbero comunque prendere in benevolo esame ogni singolo caso, in modo da permettere sin d'ora ad ognuno degli ebrei attualmente sotto il nostro controllo di ottenere quella sistemazione personale che meglio corrisponda ai propri desideri ed alla propria situazione, compatibilmente con le circostanze attuali.

Si prega la S. V. di voler prospettare quanto precede a codesto Comando facendo conoscere le decisioni che verranno prese in proposito e le eventuali proposte che si ritenesse di dover avanzare perché la tutela di tali ebrei continui ad applicarsi efficacemente, come fatto sinora.

681

COLLOQUIO DEL GENERALE CASTELLANO CON I GENERALI SMITH E STRONG (2).

VERBALE (3). Lisbona, 19 agosto 1943, ore 22 (4).

L'ambasciatore britannico presentò gli ufficiali americani ed inglesi al rappresentante italiano.

(-4) Il colloquio ebbe termine alle ore 7 del 20 agosto.

Il generale Smith aprì la discussione colla dichiarazione che, nella presunzione che le forze armate fossero pronte ad arrendersi, egli era autorizzato a comunicare le condizioni in base a cui il generale Eisenhower era disposto ad accordarsi sulla cessazione delle ostilità fra le forze alleate sotto il suo comando e le forze italiane. Era inteso che queste condizioni costituivano solo un armistizio militare e dovevano essere accettate senza condizioni.

Il generale Castellano spiegò che vi era stata una certa misinterpretazione dello scopo della sua visita, in quanto che egli era venuto per discutere in quale modo l'Italia avrebbe potuto aggiungersi alle Nazioni Unite in opposizione alla Germania, allo scopo di espellere i tedeschi dall'Italia in collaborazione cogli Alleati.

Il generale Smith dichiarò che era pronto a discutere solo i termini in base ai quali le forze alleate sarebbero disposte a cessare le ostilità contro le forze italiane. La questione della forma della partecipazione dell'Esercito e del Governo italiano nelle operazioni contro i tedeschi era una questione di alta politica e dovrebbe essere decisa dai capi dei due Governi alleati. Le forze alleate erano pronte ad assistere ed aiutare tutte le forze italiane o gli italiani che combattessero o ostacolassero lo sforzo militare tedesco, come sarebbe stato chiarito nelle spiegazioni aggiuntive alle condizioni d'armistizio. Egli poi lesse ad alta voce paragrafo per paragrafo le condizioni dell'armistizio ed i vari commenti che egli era autorizzato a fare in merito, e questi documenti furono tradotti punto per punto al generale Castellano.

I rappresentanti inglesi e americani lasciarono poi la stanza per un po' di tempo per dar modo al generale Castellano di esaminare in dettaglio le condizioni dell'armistizio. Dopo questo esame la riunione ricominciò.

Il generale Castellano dichiarò prima di tutto che egli non aveva alcuna intenzione di discutere i vari punti delle condizioni dell'armistizio, in quanto che non ne aveva avuto l'autorizzazione, ma che egli desiderava avere alcune spiegazioni da fornire al suo governo. Per quanto riguardava il terzo punto, vi potrebbero essere delle limitazioni di carattere pratico all'azione che gli italiani potrebbero eseguire per impedire il trasferimento dei prigionieri di guerra alleati in Germania. Gli italiani farebbero ogni sforzo per eseguire questa condizione.

Il generale Smith replicò che le Nazioni Unite si rendevano conto delle

difficoltà che potrebbero sorgere, ma si attendevano che l'Esercito e il Governo

italiano avrebbero fatto del loro meglio per eseguire questa condizione.

Il generale Castellano domandò una spiegazione circa il quarto punto, spe

cialmente per quanto riguardava la disposizione futura della flotta e degli

aeroplani italiani. Egli fu informato che questo punto implicava la resa della

flotta e degli aeroplani e che la loro futura disposizione avrebbe dovuto essere

decisa dal comandante in capo alleato.

Il generale Castellano aggiunse che le navi da guerra e molti degli aeroplani

non avrebbero forse potuto eseguire questa condizione per mancanza di car

burante.

Il generale Smith osservò che questa era una questione la cui soluzione spettava alle autorità italiane che naturalmente, avendo ogni interesse nella con

servazione delle loro navi e dei loro aeroplani, dovrebbero compiere ogni sforzo per assicurare il carburante sufficiente per fare arrivare le navi e gli aerei ai punti designati dal comando in capo alleato.

Il generale Castellano, in merito al libero uso da parte degli Alleati di tutti i campi d'aviazione e porti navali, fece rilevare che la maggior parte degli aeroporti erano in mano tedesca e che quelli che rimanevano agli italiani erano piccoli e sparsi qua e là. Per quanto riguardava il punto n. 8, egli dichiarò che potrebbe essere quasi impossibile ritirare in Italia quelle forze italiane che attualmente si trovavano nell'interno dei Balcani.

Il generale Smith replicò che non si richiedeva l'impossibile agli italiani, ma che certe divisioni italiane s'i trovavano abbastanza vicine alla costa per permettere il loro trasferimento in Italia a mezzo di piroscafi alleati.

Il generale Castellano, riferendosi al punto n. 10 domandò delle spiegazioni circa la questione della conservazione della sovranità da parte del Governo italiano.

Il generale Smith ripetette che le sue istruzioni si riferivano solo alle condizioni di un armistizio militare e che egli non aveva autorità di discutere questioni relative al futuro governo dell'Italia. Un governo militare sotto il comandante in capo alleato sarebbe senza dubbio necessario su parte del territorio italiano. Egli fece rilevare al generale Castellano il fatto che il governo militare in Sicilia era stato stabilito ed attualmente era esercitato in modo giusto ed umano.

Il generale Castellano poi accennò al pericolo che deriverebbe per la salvezza del Re d'Italia in seguito all'accettazione delle condizioni ed espresse il timore che i tedeschi potessero tenere il Re come ostaggio o che la sua vita potesse persino essere in pericolo. Venne suggerito che il Re potrebbe lasciare l'Italia su una nave da guerra italiana. Fu data assicurazione al generale Castellano che il Re sarebbe trattato con ogni considerazione personale.

Nella discussione generale che seguì, il generale Castellano ritornò di nuovo sulla questione della forma e della misura della collaborazione militare italiana contro la Germania. I rappresentanti delle Nazioni Unite spiegarono con cura che l'argomento che si stava discutendo doveva considerarsi una capitolazione militare e non un accordo per la partecipazione dell'Italia nella guerra insieme cogli Alleati.

Il generale Smith spiegò che le condizioni dell'armistizio non contemplavano l'assistenza attiva dell'Italia nel combattere i tedeschi. Tuttavia egli era autorizzato a dichiarare che la misura nella quale queste condizioni d'armistizio potrebbero essere modificate in favore dell'Italia dipenderebbe dalla misura dell'aiuto fornito dal governo e dalla popolazione italiana alle Nazioni Unite contro la Germania durante il resto della guerra, ma che le Nazioni Unite dichiaravano senza riserve che ovunque le forze italiane o gli italiani combatteranno i tedeschi, distruggeranno proprietà tedesche od ostacoleranno i movimenti tedeschi, essi riceveranno ogni aiuto possibile da parte delle forze delle Nazioni Alleate.

Il generale Castellano poi accennò alla probabilità di immediate rappresaglie tedesche contro l'Italia qualora le condizioni dell'armistizio fossero accettate

e applicate. Venne discussa la possibilità di minimizzare queste rappresaglie. Fu fatto rilevare che sarebbe « una pazzia » da parte dei tedeschi di eseguire rappresaglie contro le città e la popolazione italiana che condurrebbero sicuramente a rappresaglie da parte degli Alleati. In ogni modo gli effetti di pochi giorni di azione «vendicativa» da parte dei tedeschi sarebbero molto meno seri per l'Italia

che non quelli di una lunga guerra di logoramento.

II generale Castellano, dopo aver dichiarato di aver inteso le condizioni d'armistizio e le informazioni supplementari fornite dai rappresentanti alleati, dichiarò che egli non era autorizzato ad accettare le condizioni d'armistizio e che avrebbe dovuto riportarle in Italia per sottoporle alla considerazione del Governo italiano. Egli aggiunse che sarebbe stato di grande utilità per il suo governo sapere quando e dove l'invasione alleata si sarebbe effettuata, specialmente dato che la reazione tedesca probabilmente obbligherebbe il governo a lasciare Roma non appena verrebbe annunciata la cessazione delle ostilità. Egli fece rilevare che parecchie migliaia di S.S. in borghese si trovavano a Roma ed una divisione paracadutisti nelle immediate vicinanze. Gli italiani hanno t.olto la maggior parte delle loro truppe da Roma quando venne dichiarata « città aperta » e il loro ritorno a Roma risveglierebbe i sospetti dei tedeschi.

II generale Smith replicò che com? soldato il generale Castellano poteva capire perché era impossibile dare in questo momento informazioni dettagliate dei piani del comandante alleato. Un accordo verrebbe raggiunto per stabilire un mezzo diretto di comunicazione e venne proposto che se il maresciallo Badoglio fosse d'accordo di accettare le condizioni dell'armistizio, il generale Eisenhower annuncierebbe la conclusione dell'armistizio cinque o sei ore prima dello sbarco principale alleato «in forze». L'annuncio del generale Eisenhower sarebbe seguito immediatamente dal proclama del maresciallo Badoglio annunziante la cessazione delle ostilità.

Il generale Castellano fece rilevare che cinque ore non era un preavviso sufficiente per permettere le preparazioni che dovrebbero essere effettuate in anticipazione di uno sbarco alleato e per permettere una collaborazione effettiva. Egli era del parere che un periodo molto più lungo, preferibilmente due settimane, sarebbe stato molto desiderabile.

Il generale Smith disse che ciò potrebbe esser combinato e dichiarò che avrebbe consultato il comandante in capo per vedere di concordare un piano.

I rappresentanti italiani furono forniti di una copia delle condizioni dell'armistizio (l) e di un promemoria relativo agli argomenti supplementari contenuti nella direttiva dei capi di Stato Maggiore riuniti (2).

La riunione generale ebbe allora termine per permettere una discussione dettagliata degli argomenti di carattere militare da parte dei rappresentanti dei due eserciti e degli accordi da prendere per stabilire i mezzi di comunicazione.

RIASSUNTO DEGLI ARGOMENTI MILITARI O DI ALTRO CARATTERE DISCUSSI

l. -Il generale Castellano, in risposta a domanda postagli, dichiarò che le seguenti divisioni tedesche si trovavano in Italia il 12 agosto: 305a divisione, 76a, 94a, 65a, 33 , 16a, 298 (solo in parte), 908 (in Sardegna), 44", 24a (stava affluendo in Italia), 2a paracadutisti, una brigata di S.S. (Corsica), due divisioni di S.S. II generale Castellano riteneva che le seguenti divisioni non avevano tutti i loro effettivi: 3058 , 768 , 948 , 658 e le due divisioni S.S. Egli dichiarò che il Quartier Generale dell'esercito tedesco era a Frascati a Sud di Roma. Un certo numero di carri armati tedeschi vi erano tenuti in riserva.

2. --In aggiunta alle forze suddette, i tedeschi avevano delle «zone difese» nei seguenti luoghi che erano essenzialmente basi per la Corsica, la Sardegna e la Sicilia, ma che erano usate dai tedeschi come pretesto per tenere delle guarnigioni lungo il litorale: Livorno, Napoli, Orbetello, Salerno, Grosseto, Reggio Calabria. Ognuno di questi posti aveva una guarnigione di tre-cinquemila soldati. 3. --I tedeschi avevano l'intenzione di fare della posizione Genova-Ravenna la linea principale di resistenza contro un attacco alleato. Se questa fosse stata superata, essi difenderebbero la linea del Po. Si riteneva generalmente che i tedeschi avrebbero bisogno di circa quindici divisioni per l'occupazione dell'Italia. Il generale Castellano era dell'opinione che potrebbero essere portate in Italia più di quindici divisioni tedesche le quali in gran parte verrebbero ritirate dalla Francia. Finora non vi sono fortificazioni permanenti sulla linea Genova-Ravenna. 4. --Il generale Castellano suggerì che il piano migliore sarebbe per gli Alleati di sbarcare nel Nord dell'Italia nella zona di Livorno tra Grosseto e Spezia. Egli fece presente che le linee di comunicazione tedesche per entrare in Italia erano estremamente vulnerabili e che dovrebbero essere attaccate dagli Alleati. Queste linee erano più vulnerabili nella ~ona del Brennero. 5. --I tedeschi intendevano difendere la Corsica e la Sardegna. Le forze italiane saranno ritirate dalla Corsica ma non dalla Sardegna. 6. --Il Comando italiano aveva recentemente inviato due divisioni nell'Italia del Nord per controbilanciare l'occupazione della zona del Brennero da parte tedesca. Non vi erano stati scontri coi tedeschi in seguito a questo provvedimento, ma l'atteggiamento risoluto degli italiani aveva costretto i tedesch\ ad esitare in parecchie delle loro azioni. 7. --Il 14 agosto doveva svolgersi una riunione a Bologna a cui dovevano partecipare il generale Roatta, il feldmaresciallo Rommel e il generale Jodl e nella quale si dovevano discutere i piani per la difesa dell'Italia. Questi includevano il ritorno delle truppe italiane dalla Francia, Slovenia e Croazia del Nord. Il generale non conosceva ancora il risultato finale di queste discussioni. 8. --A Roma vi erano circa sette od otto mila S.S. o truppe equivalenti sotto vari travestimenti. Queste forze avevano il completo controllo della città e, immediatamente disponibili, si trovavano la 3a divisione e la 2a divisione paracadutisti per aiutarle se dovesse sorgere la necessità. 9. --L'esercito italiano difettava di carburanti e dipendeva completamente dalla Germania per questi rifornimenti. L'Italia avrebbe anche bisogno di rifornimenti di carbone nel caso che fossero cessate le forniture da parte della Germania. L'esercito italiano difettava di molti tipi di armi, specialmente cannoni anticarro e munizioni anticarro e anche di scarpe. 10. --La flotta italiana aveva solo nafta sufficiente per un'azione navale. 11. --L'aviazione italiana mancava di aerei moderni, ma il generale Castellano riteneva che i caccia erano di buona qualità. 12. --Il generale Castellano forni alcune informazioni sulla dislocazione delle truppe tedesche nei Balcani. 13. --Il generale nel corso della, discussione fece rilevare che se le forze alleate dovessero sbarcare in Italia sarebbe essenziale aggregarvi degli ufficiali italiani. Si rispose al generale che in tal caso un luogo d'incontro per questi ufficiali verrebbe comunicato agli italiani dopo l'inizio dello sbarco alleato. 14. --Il seguente accordo venne concluso per le comunicaziom 1n avvenire fra il generale Castellano e il Comando Supremo delle forze alleate:

a) il generale Castellano porterebbe con sé in Italia un apparecchio radio e un cifrario, forniti dalle forze alleate. Istruzioni complete sul loro uso gli sarebbero fornite prima di lasciare Lisbona. Al suo ritorno in Italia egli provvederebbe degli operatori italiani per adoperare l'apparecchio, che comunicherebbe direttamente col Comando delle forze alleate nell'Africa del Nord a seconda delle ore, lunghezza d'onda e istruzioni precise che gli sarebbero fornite prima di partire da Lisbona. Tutte le comunicazioni del generale e delle forze alleate sarebbero fatte in italiano;

b) se per qualsiasi ragione questo metodo di comunicazione non dovesse funzionare, fu concordato che il generale Castellano manderebbe una comunicazione alla Legazione inglese a Berna a mezzo di un individuo che si presenterebbe sotto il nome di Du Bois. La Legazione inglese provvederebbe alla trasmissione dei messaggi eventualmente ricevuti per questo tramite.

15. -L'apparecchio radio di cui al paragrafo 14 a) sarà adoperato per notificare l'accettazione da parte del Governo italiano delle condizioni d'armistizio che il generale Castellano porterà al Governo. Se non sarà possibile stabilire comunicazioni dirette per radio, la notifica dell'accettazione verrà effettuata mediante la consegna al ministro britannico presso il Vaticano dal generale Castellano o dal suo rappresentante del seguente messaggio: «Il Governo italiano protesta contro il ritardo nel comunicare le liste complete dei nomi dei prigionieri italiani presi in Sicilia 5), Il Governo italiano proverà a fare la prima comunicazione il 28 e se per il 29 non vi è riuscito, verrà seguito il secondo metodo. Se nessuna comunicazione sarà ricevuta prima della mezzanotte del 30 agosto, si presumerà che le condizioni d'armistizio non sono state accettate dal Governo italiano.

16. -I seguenti accordi furono in seguito presi per una visita del generale Castellano, se essa fosse necessaria:

a) il generale Castellano dovrebbe partire da un aeroporto vicino a Roma verso le ore 7 del 31 agosto. Ciò assicurerebbe il suo arrivo all'aeroporto di Termini Imerese (Sicilia) verso le 9 o un po' prima, dello stesso giorno;

b) le autorità alleate sarebbero preavvertite ed una scorta di caccia verrebbe fornita per incontrare l'aereo del generale ad una opportuna distanza dalla costa. L'aereo del generale Castellano seguirebbe la costa verso il sud fino alla penisola sorrentina (a Nord di Salerno) e da lì procederebbe direttamente fino all'aeroporto di Termini. La scorta alleata atterrerebbe all'aeroporto di Termini prima dell'atterraggio dell'aereo del generale. La decisione circa la necessità o meno di questa visita verrà presa dal generale Castellano a seconda degli avvenimenti fra oggi e il 31 agosto.

ALLEGATO

AIDE-MEMOIRE TO ACCOMPANY CONDITIONS OF ARMISTICE PRESENTED BY GENERAL EISENHOWER TO THE ITALIAN C. IN C.

These terms do not visualize active assistance of Italy in fighting the Germans. The extent to which the terms will be modified in favour of Italy will depend on how far the Italian Government and people do in fact aid the United Nations against Germany during the remainder of the war. The United Nations however state without reservation that wherever the Italian forces or Italians fight the Germans or destroy German property or hamper German movement they will be given all possible support by the forces of the United Nations. Meanwhile provided information about the enemy is immediately and regularly supplied Allied bombing will so far as possible be directed upon targets which affect movements and operations of German forces.

Cessation of hostilities between United Nations and Italy will take effect from a date and hour to be notified by Genera! Eisenhower.

The Italian Government must undertake to proclaim armistice immediately it is announced by Genera! Eisenhower and to order their forces and people from that hour to collaborate with the Allies and to resist the Germans.

The Italian Government must at hour of armistice order that all United Nations prisoners in danger of capture by Germans shall be immediately released.

The Italian Government must at the hour of armistice order Italian fleet and as much of their merchant shipping as possible to put to sea for allied ports. As many military aircraft as possible shall fly to allied bases. Any ship or aircraft in danger of capture by the Germans must be destroyed.

Meanwhile there is a good deal that Marshal Badoglio can do without the Germans becoming aware of what is afoot. The precise character and extent of his action must be left to his judgment; but the following are the general lines suggested.

(i) -Generai passive resistance throughout the country if this order can be conveyed to local authorities without Germans knowing. (ii) -Minor sabotage throughout the country particularly of communications and air fields used by Germans.

(iii) Safeguard of allied prisoners of war. If German pressure to hand them over becomes too great they shouid be reieased.

(iv) -No Italian warship to be allowed to fall into German hands. Arrangements to be made to ensure that all these ships can sail to ports designated by Generai Eisenhower immediateiy he gives the order. Italian submarines shouid not be withdrawn from patroi as this wouid reveai our common purpose to the enemy. (v) -No merchant shipping be allowed to fali into German hands. Merchant shipping in Northern ports shouid if possibie be sailed to ports South of the line Venice-Leghorn. In the Iast resort they shouid be scuttled. All ships must be ready to sail for ports designated by Generai Eisenhower. (vi) -The Germans must not be allowed to take over Italian coast defences. Make arrangements to be put in force at the proper time for Italian formations in the Balkans to march to the coast with a view to their being taken off to Italy by the United Nations.
(l) -Non rinvenuta. (2) -Copia dalle Carte della Missione militare italiana presso le forze alleate in Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. Ed. in G. CASTELLANo, Come firmai l'armistizio di Cassibile, Verona, Mondadori, 1945, pp. 211-218. (3) -<<Traduzione letterale» dall'originale inglese redatto dal genbrale Bmith. Sono anche presenti al colloquio l'ambasciatore britannico, Ronald Campbell, nella cui residenza si svolge l'incontro, l'incaricato d'affari americano Kennan e il console Montanari !n funzione d'interprete. (l) -Non pubblicato: testo identico a quello firmato il 3 settembre, vedi D. 757. (2) -Vedi allegato.
682

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S. N. D. PER CORRIERE 5697/098 R. Bucarest, 19 agosto 1943 (per. il 22).

Il Maresciallo Antonescu è stato invitato al Quartier Generale del Fiihrer. Mihai Antonescu nel darmi la notizia mi ha detto che l'invito deve essere messo in correlazione, a quanto egli crede, a due eventualità che possono fornire motivo di esame e di intese: 1°) possibilità che in seguito a qualche crisi di governo a Budapest l'Ungheria si stacchi dall'alleanza e concluda un armistizio; 2°) possibilità d'uno sbarco degli Alleati nei Balcani, che egli, Antonescu, considera come prossimo.

Il presidente Antonescu nel comunicarmi che egli non accompagnerà il Maresciallo, mi ha pregato di dire a V. E. che il Conducator è a disposizione del Maresciallo Badoglio e di V. E. qualora si consideri utile ed opportuno a Roma che egli parli al Quartier Generale un linguaggio concordato prima con noi. Il viaggio del Maresciallo avrà luogo fra una diecina di giorni (1).

683

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S. N. D. PER CORHIERE 5696/099 R. Bucarest, 19 agosto 1943 (per. il 22).

Seguito mio telegramma per corriere n. 94 del 13 agosto (2).

Il Presidente Antonescu mi ha detto che questo Ministro di Germania von Killinger gli aveva riferito sulla base d'un telegramma ricevuto da Berlino t termini delle conversazioni tra V. E. e Ribbentrop.

Come commento personale il signor Killinger aveva aggiunto che a Berlino si era scettici circa le possibilità di resistenza dell'Italia; che l'esercito italiano non voleva battersi e che in Italia c'era da attendersi un movimento comunista.

Antonescu per parte sua mi ha detto che dalle conversazioni avute con persone tedesche egli aveva tratto la convinzione che in Germania non ci si faceva più alcuna illusione sulla possibilità che l'Italia continuasse la guerra. Egli riteneva però che i tedeschi si proponevano di difendere per loro conto l'Italia del Nord.

Il presidente ha aggiunto che, da quanto aveva appreso da Lisbona, a Quebec gli Alleati avrebbero deciso sulle condizioni da offrire all'Italia. Se tali condizioni erano quelle pubblicate dall'Agenzia Reuter il 5 agosto egli le considerava accettabili.

(l) -Per la risposta, vedi D. 703. (2) -Con il T.s.n.d. per corriere 23117/094 P.R. del 13 agosto 1943, non pubblicato, Bova Scappa aveva riferito su alcune voci diffuse dalla Legazione di Germania circa i colloqui !taio-tedeschi di Tarvisio.
684

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S. N. D. PER CORRIERE 5698/0100 R. Bucarest, 19 agosto 1943 (per. il 22).

Questo Ambasciatore di Turchia Suphi Tanritiver è venuto a chiedermi se era esatta la notizia, che dichiara d'avere avuto da buona fonte, secondo cui un governo presieduto da S. E. Orlando si appresterebbe a succedere a quello del Maresciallo Badoglio e che sarebbe tale governo a firmare un armistizio con gli Alleati.

Ho risposto che ignoravo assolutamente ogni cosa.

Parlandomi della situazione interna romena il sig. Tanritiver mi ha detto che, per quanto la caduta del fascismo avesse avuto ripercussioni profonde in Romania, non si poteva dire che il governo romeno fosse pericolante. Anzi egli ritiene che fino a quando la situazione militare non cambierà decisamente non vi è alcun interesse a che si crei una crisi governativa in questo Paese. Il Maresciallo Antonescu costituisce una garanzia anche per la Turchia che i romeni continueranno a battersi contro i russi.

Circa le pretese di Stalin sui Balcani e sugli stretti Tanritiver pensa che gli anglo-americani saranno in condizioni di impedire gli sviluppi della politica imperialistica slava che i soviet continuano sulle orme di quella zarista. Egli crede che gli Alleati batteranno sul tempo i russi sbarcando nei Balcani prima che i russi oltrepassino il Nistro.

«Se i russi entrassero nei Balcani -ha precisato l'Ambasciatore -noi turchi saremmo finiti e non potremmo starcene con le braccia incrociate così come abbiamo fatto quando vi sono entrati i tedeschi».

L'Ambasciatore mi ha poi parlato delle «possibili» condizioni d'armistizio «molto favorevoli>> per l'Italia pubblicate dalla Reuter il 5 agosto e delle quali gli aveva dato conoscenza il Presidente Antonescu aggiungendomi che egli aveva chiesto al suo governo quanto gli risultava al riguardo e che aveva avuto risposta negativa.

685

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL LUOGOTENENTE DEL RE IN ALBANIA, PARIANI

L. s. 1/29. Roma, 19 agosto 1943.

Ho ricevuto la lettera n. 825 (l) relativa al colloquio che V. E. ha avuto recentemente a Roma col Sig. Mehdi Frasheri circa le aspirazioni dei nazionalisti per quel che riguarda il futuro assetto politico dell'Albania.

A tale proposito desidero prospettare a V. E. alcuni principi cui dovrebbe essere in avvenire ispirato l'atteggiamento dell'Italia nei confronti dell'Albania.

È ovvio che la politica italiana in Albania dovrà essere riveduta alla stregua di quelle che saranno le risultanze della guerra. È peraltro da tener presente fin d'ora che l'Albania non potrà, e non dovrà, essere da noi considerata come quello che è stato già definito il «trampolino» per l'espansione italiana nell'Oriente europeo, giacché tale definizione, e tale proposito, per non corrispondere alla realtà, non costituiscono in definitiva se non un elemento di sospetto e di timore, e quindi una causa di inimicizia nei nostri riguardi, per i paesi balcanici.

L'Albania dovrà, per contro, rappresentare per l'Italia un fattore di difesa, e cioè quella compagine politica che, consolidando il suo carattere di nazione e di Stato, possa contenere la spinta della Grecia e degli Slavi verso l'Adriatico in funzione fatalmente antitaliana.

Tale concetto pone chiaramente il problema dell'indipendenza dell'Albania e del suo rafforzamento come Stato, al quale l'Italia, logicamente e sinceramente, non può che tendere nel suo stesso interesse.

È evidente che l'Italia è l'unico paese che ha un reale interesse all'esistenza dell'Albania ed al suo consolidamento senza occulti secondi fini. Interessi politici, culturali ed economici, sicuramente fondati sulla stessa realtà geografica, portano e porteranno i due paesi alla collaborazione in ogni campo, unendoli contro pericoli ed avversari comuni.

È così interesse italiano che l'Albania si presenti in sede di organizzazione europea del dopoguerra come un'entità etnica e politica, collaudata attraverso le vicende e le difficoltà del periodo bellico, per evitare che il suo territorio venga diviso tra gli Stati confinanti, suoi nemici tradizionali.

Per ottenere quanto sopra è d'uopo che l'elemento nazionalista albanese si renda chiaramente conto della realtà e che dia opera per soffocare il movimento disgregatore anarchico-comunista che oggi agisce in Albania, ispirato e largamente aiutato dai nostri nemici. Meglio, naturalmente, se lo scopo di mantenere uno Stato albanese potrà essere raggiunto mediante il permanere dell'Unione della Corona.

Qualora poi vi fosse una insormontabile avversione pregiudiziale a tale forma da parte del nazionalismo albanese, dovrà da parte nostra essere accolta quella soluzione mediante la quale possa essere mantenuta la compagine politica del paese.

Concordo con V. E. che sia fin d'ora utile conoscere senza possibilità di

equivoco le aspirazioni politiche dei nazionalisti ed a tal fine attendo di

conoscere l'esito dell'opera della Commissione che V. E. ha nominato al riguardo.

Quanto all'idea espressa dal Sig. Mehdi Frasheri -che si lasci fin d'ora

sviluppare, in una determinata zona dell'Albania, un Comitato che si metta

alla testa di un movimento nazionale di cui possa mantenere il controllo nello

stesso interesse albanese -essa mi sembra attuabile alle seguenti condizioni:

lo -che il Comitato stesso non faccia niente contro la sicurezza militare

italiana in Albania;

2° -che la persona del Frasheri non si rechi per ora in Albania, pur

dirigendo dall'Italia il movimento stesso. Mi sembra che ciò il Frasheri potrebbe

fare, giustificando la sua forzata lontananza dall'Albania con l'impossibilità,

da parte sua, di allontanarsi di qui contro ii volere dell'Italia.

Allo stato attuale delle cose, infatti, non mi sembra utile che si complichi la situazione materiale in Albania e che si accresca la confusione, conducendola al caos, come altrimenti fatalmente avverrebbe se si lasciasse mano libera alla organizzazione sul posto di un movimento che si propone, in definitiva, l'allontanamento dell'Italia dall'Albania.

Quel che importa, in effetti, è che un'organizzazione nazionalista, di carattere politico, possa svilupparsi per essere pronta, al momento opportuno, ad assumere la direzione di quello che dovrebbe essere il nuovo Stato albanese.

In risposta alla domanda di V. E. aggiungo che mentre l'azione delle forze armate in Albania dovrebbe proseguire energicamente contro le violenze antitaliane da parte dei ribelli, dovrebbe invece essere tollerata l'azione politica intesa a raccogliere intorno ad un eventuale Comitato Nazionalista le varie correnti che dovranno concorrere a formare l'Albania di domani.

In tale senso mi esprimerò con lo stesso Frasheri in un colloquio che conto di avere prossimamente con lui (1).

V. E. potrà frattanto esprimersi in conformità con gli elementi politici albanesi che saranno chiamati ad aderire e a collaborare al movimento.

-Mentre gradirò essere tenuto al corrente dei risultati dei passi di V. E., mi riservo di ienerLa informata dell'esito del mio colloquio con Mehdi Frasheri.

(l) Vedi D. 660.

686

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER TELESCR. 5645/1356 R. Berlino, 20 agosto 1943, ore 17.

In merito a dicerie nuovamente ricorrenti qui come all'estero circa possibilità soluzione politica con Russia, Hencke mi ha detto, a mia domanda, trattarsi di voci provenienti soprattutto da fonte russa o giapponese od anche turca.

59 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. X

Appare chiaro che Mosca intende con ciò far pressioni su Alleati per immediata apertura nuovo fronte Europa occidentale, mentre sono evidenti scopi così perseguiti dal Giappone che effettivamente fece qui vaghi sondaggi in tal senso quando pressioni americane cominciavano intensificarsi Pacifico.

Il Flihrer è tuttora convinto che nei riguardi della Russia non si debba cercare altra soluzione che quella militare.

(l) Vedi D. 759.

687

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 5677/378 R. Sofia, 20 agosto 1943, ore 20,30 (per. ore 9 del 21).

Mio telegramma per corriere 455 (1).

In base segnalazioni confidenziali da altre fonti può essere ormai considerato come positivo Re Boris si è recato in volo in Germania sabato scorso rientrando a Sofia mattina domenica.

Due fonti diverse, una delle quali degna di particolare attenzione, hanno segnalato confidenzialmente notizie che riferisco come mi sono state date senza avere ancora avuto possibilità controllarle.

Germania avrebbe domandato Romania e Bulgaria sostituire truppe italiane in Grecia e concorrere presidiare Albania. Romania avrebbe nettamente rifiutato. Da parte bulgara sarebbe stato opposto Bulgaria ha già compiuto massimo sforzo possibile contribuendo guerra con successive occupazioni territoriali. Ulteriore estensione riuscirebbe impossibile anche data situazione interna e sviluppo movimento sovversivo in Bulgaria.

Ciò avrebbe costituito principale argomento conversazioni in Germania Sovrano che pertanto secondo fonte predetta si sarebbe mantenuto fino ad ora sulla negativa.

Circa estensione attività consultazione Sovrano va notato che è stato ufficialmente annunciato arrivo a Sofia Ministro di Bulgaria a Berlino mentre da varie fonti viene confermato prossimo arrivo Ministri Stoccolma e Madrid.

688

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI GENERALI, VIDAU, AL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI (2)

T. 25855/c. P.R. Roma, 20 agosto 1943, ore 23.

Con riferimento Vostro telegramma 445 (3) circa rimpatrio ebrei italiani coniugati con ariani e loro figli comunicasi che questo R. Ministero esprime

l'avviso che, qualora le Autorità germaniche adottino provvedimenti limitanti libertà personali categorie analoghe di nazionalità germanica, detti connazionali dovrebbero essere invitati a rimpatriare per evitare applicazione provvedimenti deportazione od altro che dopo 10 settembre p.v. saranno applicati a tutti gli ebrei stranieri senza distinzione nazionalità che si trovassero ancora a risiedere in territori controllati dal Reich. Ad ogni modo R. Ambasciata a Berlino è pregata accertare e far conoscere se effettivamente siano in corso provvedimenti per abrogare trattamento favorevole finora fatto agli ebrei coniugati con ariani e figli.

(l) -Vedi D. 674. (2) -Inviato per conoscenza a Berlino, Atene e Salonicco. (3) -T. 5452/445 R. del 14 agosto, ore 18,15, non pubblicato.
689

IL MINISTRO A LISBONA, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 23524/1177 P.R. Lisbona, 20 agosto 1943, ore 23,40 (per. ore 18,30 del 21).

Trasmetto seguente telegramma di Montanari per l'Ufficio Cerimoniale. Missione e connazionali rimpatrianti Cile giunti regolarmente stamane piroscafo Capo di Buona Speranza.

Partenza del treno speciale fissata per 23 corrente ore 23, con arrivo Hendaye giorno 25 ore 12, Genova 26 ore 19 via Mentone, Roma Ostiense giorno 27 ore 6. Eventualità fosse stato previsto arrivo Hendaye giorno 24, assicuratevi che materiale attendaci 24 ore; assicurarsi ad ogni buon fine autorizzazione autorità tedesche transito Hendaye-Tolosa-Marsiglia e Mentone facendo eventualmente presente il precedente del treno invalidi di guerra italiani che ha seguito stesso itinerario (1).

690

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO LA SANTA SEDE, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER CORRIERE 5641/487 R. Roma, 20 agosto 1943 (per. stesso giorno).

A seguito di quanto ho avuto l'onore di comunicare verbalmente informo di aver intrattenuto stamattina il Cardinale Segretario di Stato sulle notizie che la radio americana continua a diffondere secondo le quali il Dipartimento di Stato a Washington o non avrebbe affatto ricevuto comunicazioni ufficiali sulla dichiarazione di Roma «Città aperta», o sarebbe in attesa di riceverne delle altre più precise.

In particolare mi sono riferito al dispaccio «Exchange » trasmesso da Lisbona con telegramma 1156 in data di ieri (l) contenente alcune dichiarazioni fatte ai giornalisti da Cordell Hull.

In Segreteria di Stato mi è stato dichiarato che la notizia a Washington della nostra decisione eta stata data immediatamente come risulta dalle assicurazioni ricevute da quel Rappresentante della Santa Sede.

Tanto il Cardinale Maglione che il Segretario per gli Affari Straordinari hanno però interpretato la dichiarazione di Cordell Hull come un desiderio di ricevere notizie su quelle che erano le effettive misure che il Governo italiano stava predisponendo per allontanare da Roma gli obiettivi militari e, di fronte ai ripetuti accenni fatti da parte americana alla potenza protettrice, hanno espresso l'avviso che converrebbe cominciare ad interessare alla questione, sia pure per ora a solo titolo informativo, il Governo svizzero.

Ho naturalmente fatto presente che il tramite ufficiale era, fino a questo momento, la Santa Sede e che il Governo Elvetico avrebbe fondamento per intervenire nella questione solo se interessato al riguardo dai Governi angloamericani.

Ho assicurato ad ogni modo il Cardinale Segretario di Stato che avrei riferito a codesto Ministero quanto precede e che avevo ragione di ritenere che in linea di massima, non vi sarebbero state da parte nostra difficoltà a mettere al corrente intanto il Ministro di Svizzera a Roma sulle misure che il Governo italiano sta adottando in conseguenza della dichiarazione fatta il 14 corrente.

(l) Con successivo telegramma (23752/1201 P. R.) del 24 agosto 1943, ore 14,55 (per. 11 25 alle 7) Prunas informava: «Treno speciale rimpatrianti da C!le regolarmente partito da Lisbona !eri sera 23 agosto ore 23 ».

691

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO LA SANTA SEDE, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER CORRIERE 5642/488 R. Roma, 20 agosto 1943 (per. stesso giorno).

A seguito di quanto ho avuto l'onore di far presente verbalmente mi permetto di suggerire che venga continuata, soprattutto attraverso la stampa delle città italiane maggiormente fatte segno all'offesa aerea nemica, un'azione di chiarimento sugli alti motivi che hanno indotto il Governo italiano a dichiarare Roma « Città aperta »; e ciò per evitare che possa diffondersi la sensazione non del tutto favorevole anche nei confronti della Santa Sede, che si sia voluto risparmiare Roma a preferenza di altre città italiane per ragioni di mera opportunità politica.

Mi permetto inoltre di sottoporre l'utilità, specialmente in occasione di scambi di vedute che potessero aver luogo a questo riguardo con la Germania di far rilevare che la dichiarazione di Roma « Città aperta » è una diretta conseguenza degli impegni che il Governo italiano ha assunto verso la Santa Sede con l'art. l del Concordato che al secondo comma sancisce: «In considera

zione del carattere sacro della Città Eterna sede vascovile del Sommo Pontefice, Centro del mondo cattolico e meta di pellegrinaggi, il Governo italiano avrà cura di impedire in Roma tutto ciò che possa essere in contrasto col detto carattere».

(l) Non pubblicato.

692

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI

T. 25947/440 P.R. Roma, 21 agosto 1943, ore 24.

Riferimento: telegramma per corriere 0125 del 13 corrente (1).

Prego V. E. di voler dire a Laval che per venire incontro nei limiti del possibile ai desideri da lui espressi a Frascati il R. Governo è disposto ad ispirarsi nella questione del recupero e utilizzazione delle navi di Tolone ai seguenti criteri:

l" -maggior parte possibile navi verrà demolita Tolone; 2" -verrà fatta eccezione per alcuni scafi per i quali ragioni d'ordine pratico ed economia trasporti consigliano rimorchio e demolizione in Italia;

3° -navi da utilizzarsi per impiego bellico in difesa Europa, previe trasformazioni armamenti, si riducono a circa 45 mila tonnellate su tonnellaggio totale flotta Tolone ammontante a più di 340 mila tonnellate (trattasi di due incrociatori e di qualche silurante e sommergibile).

Sempre nell'intento di facilitare politica collaborazionista del Governo francese, R. Governo offre restituzione a fine guerra di una aliquota di predette unità superstiti operazioni belliche (previo conteggio spese recupero e messa in efficienza).

Intanto Ministero Marina ha impartito istruzioni ad Ammiraglio Matteucci di continuare lavori recupero e procedere invio in Italia scafi secondo programma prestabilito.

Si prega di interessare Lava! di voler dare precise istruzioni affinché Matteucci venga facilitato nell'esecuzione delle istruzioni ricevute in merito a quanto precede nonché per ripresa lavori sul « Bison » da parte maestranze francesi (2).

693

IL CAPO DEL GOVERNO, BADOGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

L. 23044/22897. Roma, 21 agosto 1943.

In relazione all'appunto odierno dell'Incaricato di affari presso la Santa Sede (3), .convengo nella opportunità che il Governo svizzero intervenga al più presto nella questione di Roma «città aperta», da un lato per confermare agli Alleati i seri proponimenti del Governo italiano e dall'altro per dichiarare

di essere a disposizione degli Alleati stessi e nostra per la rapida e completa esecuzione della risoluzione adottata dal Governo italiano. Autorizzo che in proposito si proceda con tutta urgenza e che siano diramate alla stampa le note ufHciose di cui è cenno nel menzionato appunto (1).

(l) -Vedi D. 655. (2) -Per la risposta vedi D. 713. (3) -Si tratta dei DD. 690 e 691 inviati da Guariglia a Badoglio come appunto.
694

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA

T. 127/1006 R. Roma, 22 agosto 1943, ore 1,15.

Mio telegramma n. 126/992 del 19 corr. (2). In pratica attuazione della dichiarazione di Roma «città aperta» il R. Governo ha adottato le seguenti misure e decisioni: 1°) le opere di apprestamento per la difesa della città di Roma sono state poste fuori uso; 2°) le batterie antiaeree hanno ricevuto l'ordine di non aprire il fuoco sul cielo di Roma e la caccia di non agire su Roma; 3°) i Comandi italiani e tedeschi di forze operanti sono stati in gran parte allontanati e lo saranno completamente al più presto;

4°) sono anche in corso di allontanamento dalla città di Roma le truppe operanti cosicché non resterà che la sola guarnigione costituita da truppe italiane per il mantenimento dell'ordine pubblico. L'allontanamento vale anche per le truppe tedesche.

5°) Il nodo ferroviario di Roma non verrà più utilizzato per operazioni di smistamento, di carico e di scarico, di scomposizione e di ricomposizione di treni militari e i parchi ferroviari di Roma non verranno utilizzati per deposito di treni militari. Nella zona della «città aperta», ~ per quanto concerne i trasporti militari, il nodo ferroviario di Roma sarà quindi ridotto ad un binario di corsa;

6°) per gli stabilimenti militari e per le fabbriche di armi e munizioni stanno prendendosi tutte le disposizioni necessarie per effettuarne il trasferimento fuori dei limiti della «città aperta».

Quanto precede, di cui il Generale von Rintelen è stato già informato dalla nostra Autorità Militare, verrà comunicato ai nemici non soltanto per il tramite della Santa Sede ma anche dal Governo Elvetico dato che, con tutta probabilità, esso verrebbe incaricato di esercitare una qualche forma di controllo qualora un accordo fosse raggiunto.

Nel portare quanto precede a conoscenza di codesto Governo, vorrete confermare che il Governo italiano non mancherà di concertarsi con il Governo germanico qualora particolari condizioni gli fossero poste dai Governi nemici e ciò per accertare, di comune accordo, che le misure proposteci non possano risultare pregiudizievoli alla difesa del Paese (3).

(l) -Per la risposta di Guariglia, vedi D. 699. (2) -Vedi D. 679. (3) -Per la risposta di Rogeri, vedi D. 702.
695

IL CAPO DI GABINETTO, CAPRANICA DEL GRILLO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. 25972/642 P.R. Roma, 22 agosto 1943, ore 24.

Questo Ambasciatore del Giappone in un recente colloquio ha fatto conoscere suo desiderio che ad eventuali conversazioni italo-tedesche relative sviluppo attuale situazione potesse essere presente Rappresentante quell'Ambasciata che unicamente proporrebbesi agevolare intese nel comune interesse.

Analogo passo sarebbe stato fatto da codesto Ministero Esteri a codesto Ambasciatore tedesco in occasione incontro Tarvisio. Desiderio giapponese sarebbe stato riscontrato da parte tedesca in modo favorevole ma non impegnativo.

R. Ambasciata a Berlino ritiene probabile che iniziativa in parola sia partita da quell'Ambasciatore nipponico che tenderebbe ad attribuirsi parte direttiva fra Rappresentanti diplomatici nipponici accreditati nei Paesi europei aderenti al Tripartito.

Quanto precede per Vostra opportuna informazione {1).

696

IL CAPO DI GABINETTO, CAPRANICA DEL GRILLO, AGLI AMBASCIATORI A SHANGHAI, TALIANI, E A TOKIO, INDELLI

T. 25973/240 (Shanghai) 643 (Tokio) P.R. Roma, 22 agosto 1943, ore 24.

(Solo per Tokio) È stato telegrafato in data odierna alla R. Ambasciata a Shanghai quanto segue:

(Per tutti) Vostro 257-258 (2). Ove Governo giapponese facesse conoscere desiderio che da parte nostra si procedesse alla restituzione concessione Tientsin, sarebbe nostra intenzione insistere su nostro atteggiamento negativo al riguardo adducendo -come già è stato fatto altre volte -che, dato attuale difficile momento che attraversiamo, non riteniamo giunto il momento di procedere alla retrocessione in parola, e confermando di nuovo altresì che provvederemo alla realizzazione pratica della Dichiarazione di rinunzia di massima del gennaio u.s. non appena sarà giunto -a nostro avviso -il momento opportuno.

Quanto precede per Vostra opportuna informazione e norma di linguaggio.

(Solo per Shanghai) Telegrafato anche a Tokio.

(l) -Per la risposta di Indelli, vedi D. 718. (2) -Vedi D. 641.
697

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ROSSO, AL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO

T. PER CORRIERE 26011 P.R. Roma, 22 agosto 1943, ore 24.

Con rapporto n. 2023/1024 del 14 corr. (l) V. E. ha riassunto le ultime vicende delle relazioni tra Ungheria e Romania, relazioni che dopo a vere, nell'inverno scorso, a seguito delle aperture Antonescu-Nagy, accennato ad entrare in una fase di maggior reciproca comprensione, recentemente, dopo il discorso del maresciallo Antonescu del 18 luglio a Sibiu e la risposta del Ministro della Propaganda Anta! del 9 corrente a Kolozsvar, sono nuovamente tornate su di un piano di recriminazioni e di polemica.

Appare quindi ancora più necessario che V. E. continui nell'azione conciliatrice fin qui opportunamente svolta, nell'interesse dei due Paesi limitrofi per cercare di giungere ad un soddisfacente regolamento dei loro reciproci rapporti, condizione necessaria per una pacifica convivenza.

698

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA

T. 26030/479 P.R. Roma, 22 agosto 1943, ore 24.

Malgrado passi esperiti da V. S. sulla base reiterate istruzioni ministeriali situazione invio petroli dopo bombardamento Ploesti non accenna affatto migliorare.

Prego V. S. intervenire a mio nome personale presso Antonescu prospettandogli che a tutto il 20 agosto abbiamo ricevuto sulle 70 mila tonnellate preventivate sul mese di agosto fra benzina, gasolio, petrolio, olio combustibile e greggio solo il 10% (dico dieci per cento).

Situazione si presenta preoccupante. Voglia quindi V. S. far presente a Antonescu che lo prego di un suo personale interessamento ed intervento atto a far riprendere e intensificare al massimo gli invii verso l'Italia. Attendo riscontro telegrafico (2).

(l) -Non rinvenuto, ma vedi D. 634. (2) -Per la risposta, vedi D. 707.
699

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL CAPO DEL GOVERNO, BADOGLIO

L. R.P. 1/4241. Roma, 22 agosto 1943.

Con riferimento alla lettera di V. E. n. 23044/22897 del 21 corr. (1), ho l'onore di portare a Sua conoscenza che, in attesa di fare alla Santa Sede ed alla Legazione di Svizzera --per trasmissione alle Potenze nemiche -la comunicazione ufficiale delle misure adottate e delle decisioni prese per rendere effettiva la dichiarazione di Roma «città aperta» (comunicazione che verrà fatta appena risulterà che la R. Ambasciata in Berlino avrà dato le doverose informazioni al Governo tedesco), è già stata data conoscenza in via ufficiosa a questo Ministro di Svizzera del contenuto della prossima comunicazione ufficiale.

In pari tempo il predetto Ministro di Svizzera è stato, sempre ufficiosamente, pregato di far conoscere al suo Governo che, qualora si giungesse ad un accordo sulla «città aperta » e fosse necessario il funzionamento di un organo di controllo neutrale, il Governo italiano sarebbe pronto ad accettare che queste funzioni di controllo vengano esercitate da cittadini elvetici.

700

IL CONSOLE A LOSANNA, CHIAVARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI PRESSO LA SANTA SEDE, BABUSCIO RIZZO

L. P. Losanna, 22 agosto 1943.

I primi approcci sono avvenuti (2). Winant mi fa sapere che ritiene più utile lavorare a Washington, qui il suo ministro prenderà contatto con me. Questa è la situazione a oggi. Ritengo che un appuntamento verrà fissato nei prossimi giorni in qualche luogo isolato. In tale eventualità mi verranno certamente richiesti i punti di partenza. Nel caso che non possa ricevere prima istruzioni gli argomenti che tratterò saranno i seguenti: armistizio -neutralità -ripresa commerciale -libera navigazione -credito per la ricostruzione dell'Italia -trattazione con i soli americani. È un nemico più lontano, più a'ccessibile perché di mentaUtà più semplice e perciò atto a meglio comprendere e più facile ad assorbire. Se i punti di partenza sono accettati, bisognerà fissare le nostre proposte. È perciò necessario che tu venga a Losanna con gli ordini del Ministro e per dirigermi nel lavoro: non so fino a che punto arnv1 la mia capacità diplomatica. Ti invio questa mia in tutta fretta a mezzo di un corriere di Casa Reale che parte fra qualche minuto (3).

(3J Vedi D. 728.
(1) -Vedi D. 693. (2) -Vedi D. 646, nota 2
701

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, ALL'INCARICATO D'AFFARI PRESSO LA SANTA SEDE, BABUSCIO RIZZO (l)

T. A MANO 26052 P.R. Roma, 23 agosto 1943, ore 13.

Si prega di portare a conoscenza della Segreteria di Stato, per l'ulteriore comunicazione ai Governi britannico e statunitense, che il R. Governo, in relazione alla dichiarazione di Roma «città aperta » emessa 11 14 corr., ha adottato le seguenti misure e decisioni:

0 ) sono state messe fuori uso le opere di apprestamento per la difesa della città di Roma; 2°) è stato dato ordine alle batterie antiaeree di non aprire il fuoco, e alla caccia di non agire sul cielo di Roma; 3°) l'allontanamento dei Comandi, italiani e tedeschi, di forze operanti è in gran parte attuato, e sarà completato entro un breve termine;

4°) le truppe operanti sono in corso di allontanamento e nella città non resterà che la guarnigione, costituita da truppe italiane, adibita al mantenimento dell'ordine pubblico con l'armamento all'uopo adeguato. L'allontanamento vale anche per le truppe tedesche;

5°) il nodo ferroviario di Roma non verrà più utilizzato, per quanto riguarda i trasporti militari, né per operazioni di smistamento né di carico e di scarico. Il nodo ferroviario di Roma verrà ridotto ad una pura linea di transito, e, pertanto, non vi si compiranno né operazioni di scomposizione e di ricomposizione di treni, né si utilizzeranno i parchi ferroviari di Roma per il deposito di treni militari.

A tutti gli effetti dei trasporti militari, il nodo ferroviario di Roma, nella zona della «città aperta», si ridurrà quindi ad un semplice binario di corsa;

6°) sono in via di adozione tutte le disposizioni atte ad effettuare il trasferimento, fuori dei limiti della città aperta, degli stabilimenti militari e delle fabbriche adibite alla produzione di armi e di munizioni.

Si rimane in attesa di urgente assicurazione.

702

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER TELESCR. 5745/1368 R. Berlino, 23 agosto 1943, ore 20,20.

Hencke, al quale consegnai stamane dichiarazione di cui al telegramm::1. di V. E. 1006 del 22 agosto (2) mi diede lettura di un appunto circa l'immediata reazione del Fiihrer alla notifica ,a questo Governo della nostra dichiarazione di Roma «città aperta».

Il Fuhrer ha detto non potersi dubitare sua comprensione per ogni possibile provvedimento inteso ad assicurare incolumità tesori storici ed artistici di Roma; doversi però tenere presente che nell'Italia meridionale si trovano truppe tedesche i cui servizi logistici (trasporto di rinforzi e vettovagliamento nonché servizi informazioni) dovevano essere salvaguardati nel modo più assoluto.

Ho fatto osservare che misure da noi contemplate o prese circa raccordi ferroviari sembravano rispondere in tutto a tali esigenze. Hencke mi ha detto che su questo punto spettava a Comandi tedeschi pronunciarsi.

(l) -Ed. in R. GUARIGLIA, Ricordi, cit., pp. 732-733. (2) -Vedi D. 694.
703

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA

T. 128/480 R. Roma, 23 agostb 1943, ore 23.

Vogliate ringraziare Antonescu di quanto egli vi ha detto (1), aggiungendo che apprezziamo molto suoi cordiali amichevoli intendimenti. Noi conosciamo suo pensiero e sue direttive e non ci pare necessario aggiungere nulla a quegli elementi di giudizio che egli ha.

La situazione è a nostro avviso quale egli stesso la ebbe a esporre durante il suo recente viaggio in Italia. Saremo molto grati se al ritorno del Conducator dalla Germania, egli verrà informarci di quanto è avvenuto nel corso dei suoi colloqui.

704

IL CONSOLE GENERALE A GINEVRA, L. CORTESE, AL CAPO DI GABINETTO, CAPRANICA DEL GRILLO

L. P. s. 265. Ginevra, 23 agosto 1943 (per. il 27 ).

Rispondo alla tua 1/4143 del 13 u.s. (2).

Effettivamente, dietro istruzioni verbali ricevute dal Ministero, ho avuto contatti con persone in condizione di comunicare in modo che ritengo diretto, se pure sia forse eccessivo attribuire ad esse letteralmente la qualifica di cui si sono serviti gli informatori.

Per il momento esse sono in attesa dei risultati della conferenza e, in generale, sono piuttosto inclini ad ascoltare con serietà e d1ligenza, e a trasmettere, anziché a prendere iniziative e far proposte.

Comunque, non mancherò di farti pervenire ogni informazione che possa apparire opportuna (3).

(l) -Vedi D. 682. (2) -Vedi D. 656. (3) -Per la replica di Capranica, vedi D. 724.
705

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA

T. S. N. D. 26143/1014-1015 P. R. Roma, 24 agosto 1943, ore 15,30.

Ho chiamato in questo momento Bismarck e gli ho detto che abbiamo informazioni precise circa colpo che elementi del partito nazista e delle S.S. in Roma stanno preparando contro il Governo Badoglio.

I suddetti elementi germanici si sono messi a tale scopo in contatto con residui del cessato regime italiano. Da parte nostra abbiamo preso già le necessarie contromisure e siamo pronti ad adottare ogni più grave provvedimento contro chiunque osasse turbare l'ordine pubblico in Italia proprio nel momento in cui il nemico si appresta ad un possente tentativo di invasione del nostro Paese. Non comprendiamo però quale vantaggio possa derivare alla Germania dalla creazione in Italia di una situazione politica torbida. Dati gli umori dell'opinione pubblica contro gli esponenti del precedente regime, qualsiasi nuovo Governo italiano dovrebbe servirsi della violenza. Sono evidenti d'altra parte i pericoli per l'esercito tedesco di un eventuale stato di occupazione militare come sembra auspicato da coloro che fomentano questa specie di complotti balcanici.

Il signor Ribbentrop mi disse a Tarvisio che nessun Governo poteva essere forte se era costretto a reggersi sulle baionette. Sarebbero ora proprio i tedeschi che ci costringerebbero a cò, mentre il lavoro fatto dal nostro Governo durante questo primo mese ha già dato eccellenti frutti per la tranquillità interna e per la comprensione della necessità della continuazione della guerra.

Ribbentrop si renderà facilmente conto che tra l'Italia e la Germania si tratta ormai di necessità e di realtà militari e che le situazioni politiche vec chie o nuove non possono modificare tali necessità e tali realtà. Possono soltanto danneggiarle e forse irreparabilmente se sono influenzate da chi fomenta congiure colpevoli, le quali anche non avendo successo pratico favoriscono in realtà il giuoco e l'azione dei nostri avversari.

Esprimetevi in questi termini d'urgenza con Hencke pregandolo di riferire a Ribbentrop (1).

706

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S. N. p. 5803/548 R. Bucarest, 24 agosto 1943, ore 23,45 (per. ore 18,30 del 25).

Antonescu mi ha pregato di dire a V. E. che «se i russi dovessero arrivare sione in Romania. Anche il Re e la Regina lo avevano chiamato per manifestargli la loro preoccupazione.

Antonescu mi ha pregato di dire a V. E. che «se i russi dovessero arrivare al Dnieper V. E. riceverà allora sue proposte concrete».

Il Conducator avrebbe rimandato di qualche giorno il suo viaggio al fronte dato che le sue condizioni di salute non sono molto buone e che i medici gli hanno consigliato di riposarsi a Predeal.

(l) Per la risposta di Rogeri, vedi D. 712.

707

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA,

T. 5808/550 R. Bucarest, 24 agosto 1943, ore 23,45 (per. ore 18,30 del 25).

Telegramma di V. E. n. 479 (1).

Sono subito intervenuto presso Primo Ministro facendo presente urgenti imprescindibili necessità maggiorare nostro approvvigionamento petroli ed aver ulteriori assegnazioni greggio onde compensare parzialmente mancanti ritiri prodotti finiti e semi lavorati a causa danni bombardamento Ploesti.

Antonescu ha precisato che riduzione rifornimenti corrente mese è derivata da necessità provvedere fabbisogno interno romeno e ricostituire minimo scorte essendo de facto quasi completamente distrutte quelle esistenti all'epoca bombardamento.

Rendendosi pienamente conto necessità momento mi ha pregato comunicare V. E. che provvedeva immediata assegnazione ulteriori 12 mila tonnellate greggio e 10 mila benzina.

Secondo informazioni fornite dal R. Ufficio approvvigionamenti petroli nostri ritiri mese agosto fino ad oggi si sono ridotti a sole 8 mila tonnellate circa a seguito ripartizione effettuata da autorità Berlino dei quantitativi che Romania ha messo a disposizione per esportazione agosto e che ammontano complessivamente per potenze Asse a 210 mila tonnellate.

Prego accertare e caso positivo intervenire Berlino onde maggiorare quota destinata Italia che avrebbe dovuto venire preventivamente concordata con nostre autorità militari.

Con l'occasione ho chiesto immediata assegnazione degli altri 10 mila vagoni grano a titolo di anticipo contingente prossimo accordo oltre mille vagoni già accordati Venezia e in corso ritiro.

Antonescu ha assicurato aver dato glà istruzioni per tale nuova assegnazione e mi ha pregato raccomandare vivamente a Governo italiano di far tutto il possibile per accelerare note forniture di materiale equipaggiamento e altre forniture speciali destinate forze armate romene.

(l) Vedi D. 698.

708

IL MINISTRO A BERNA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. R. PER CORRIERE 5819/424 R. Berna, 24 agosto 1943 (per. il 26).

È venuto a vedermi, reduce dal suo Paese dove si era recato per breve tempo, questo Ministro di Bulgaria ed ex-Presidente del Consiglio, Signor Kiosseivanoff. Egli a Sofia è stato ricevuto per due volte da Re Boris ed il suo viaggio colà aveva-com'è noto -dato la stura a non poche voci che avrebbero voluto non improbabile una sua nuova nomina a Capo del Governo bulgaro.

Riassumo qui appresso le sue impressioni: l) circa la situazione interna bulgara egli stesso avrebbe consigliato il suo Governo di non fare, nell'attuale momento e soprattutto dopo la crisi italiana, mutamenti che avrebbero potuto prestarsi ad interpretazioni di varia natura. È evidente però che in avvenire qualche cambiamento in taluni Ministeri, che sono attualmente retti da persone oggetto di vive critiche da parte dell'opinione pubblica, dovrà verificarsi; 2) in Bulgaria attualmente la nota più interessante è il nuovo atteggiamento della Legazione sovietica res~dente a Sofia. Quel Ministro Lavricheff, che per anni ha tenuto un contegno riservato e di malcontento nei confronti del Governo bulgaro, da due mesi a questa parte invece appare mostrarsi pieno di simpatia e comprensione. Evidentemente ciò fa parte dell'attuale tattica di Mosca nei confronti della Bulgaria, alla quale i russi vogliono far credere che in avvenire, qualora l'Asse dovesse perdere la guerra, l'unica formula buona per conservare i territori acquistati sarebbe la stretta amicizia russo-bulgara, dato che gli anglosassoni appaiono convinti della necessità di restituire senz'altro alla Jugoslavia e alla Grecia i territori stessi. Vi è persino, oggi, qualche comunista in Bulgaria che va diffondendo la voce della necessità di un acquisto della Dobrugia settentrionale, oggi rumena, appunto per creare con la futura Russia una frontiera comune; 3) circa infine la possibilità di una campagna nei Balcani il Signor Kiosseivanoff non crede che gli anglo-sassoni puntino, in caso di uno sbarco, verso la Bulgaria, perché ciò significherebbe portare la guerra in un territorio dove sarebbe sicuro e facile l'intervento dei russi nei quali, per forza di cose, i bulgari vedrebbero, per tradizione e per sangue, elementi maggiormente affini,

con conseguenze che Londra e Washington non potrebbero certamente desiderare e che sarebbero nettamente sfavorevoli alla grande protetta di Londra, la Turchia.

709

IL MINISTRO A BERNA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S. N. D. PER CORRIERE 5826/0430 R. Berna, 24 agosto 1943 (per. il 26).

Da fonte tedesca mi si informa che questo Ministro degli Stati Uniti, Signor Harrison, il quale teme sempre -in certo modo -l'attività del suo collega Dulles -ritenuto il portavoce di Roosevelt per la Svizzera -avrebbe detto, parlando con amici, che il Dulles attenderebbe un emissario italiano destinato a prendere contatto con lui ed a formulare proposte circa la situazione italiana.

710

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S. N. D. PER CORRIERE 5856/0462 R. Sofia, 24 agosto 1943 (per. il 27).

Mio telegramma n. 378 del 20 corrente (1).

Altra fonte egualmente degna di attenzione segnala che colloqui Re Boris in Germania avrebbero avuto principalmente per oggetto eventualità attacco nei Balcani e partecipazione alla difesa dell'esercito bulgaro. Situazione interna bulgara e necessità esercito di mantenerla, sarebbero state fatte presenti al Sovrano.

Questa terza notizia che non contrasta ma completa altre due già segnalate dà quadro ragioni viaggio e argomenti trattati nelle conversazioni secondo osservatori locali maggiormente attendibili. Tale quadro può essere ritenuto per ora il più approssimato possibile, mentre geloso segreto continua ad essere mantenuto come di consueto circa viaggio in ambienti responsabili.

Consultazioni Sovrano sono continuate con udienza Ministro Bulgaria a Berlino.

Mentre vengono ansiosamente seguite conferenze canadesi e svolgimento avvenimenti fronte orientale, temendosi più che vicina ormai imminente estensione operazioni belliche anche a settore balcanico nota politica più importante di questi giorni in Bulgaria è certamente intervista concessa da Filoff a redattore del Tastiri Efkiar. Con telespresso a parte (2) segnalo differenze rilevate fra testo diramato in Bulgaria e quello radiodiffuso da stazioni estere. Manca sinora qui testo turco.

711

IL MINISTRO A LISBONA, PRUNAS, AL CAPO DI GABINETTO, CAPRANICA DEL GRILLO

L. P. R. 3463. Lisbona, 24 agosto 1943 (3).

L'arrivo a Lisbona di alcuni nostri funzionari col treno diplomatico cileno (4) ha suscitato in questi ambienti molte voci, non ancora sopite, di sondaggi ed approcci di pace da parte italiana. La « Reuter )) ha parlato addirit

tura di una missione diretta da un certo De Albertis, che è poi risultato essere il rappresentante della Compagnia Vagoni-letto che viaggiava sul treno stesso appunto in ragione di quel suo ufficio.

La presenza di Giardini (che si è voluta ricollegare a quella precedente di Fransoni) e dell'interprete Speranza, è certamente servita a convogliare su un binario di una qualche verosimiglianza tutte queste voci e fantasticherie. Sicché, questo Ministro di Germania ne sembrava l'altro giorno allarmato. L'ho naturalmente rassicurato, ma non escludo -e mi pare anzi probabile -che i suoi servizi continuino a darsi qualche pena attorno a questa faccenda, pur perfettamente innocente e chiara.

Altrettanto interesse aveva suscitato qui e per le stesse ragioni la presenza di Fummi, nonostante la notorietà della sua missione di carattere finanziario affidatagli dalla Santa Sede.

(l) -Vedi D. 687. (2) -Non pubblicato. (3) -Manca l"indlcazlone della data d'arrivo. (4) -Vedi D. 689.
712

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S. N. D. PER TELESCR. 23778/1381 P. R. Berlino, 25 agosto 1943, ore 19.

In assenza di Steengracht (1), mi sono intrattenuto solo con Hencke circa contenuto telegramma di V. E. n. 1014 (2).

Hencke, mi ha immediatamente manifestato sua incredulità circa reale fondamento nostri timori. Gli ho risposto non potersi dubitare delle informazioni in possesso nostro e che quindi dalla sua risposta deducevo che si trattava evidentemente di elementi irresponsabili in nessun modo incoraggiati da questo Governo.

Aggiunsi che qualora un piano del genere fosse stato concepito e tentato anche da pochi elementi, il solo tentativo poteva creare una situazione di cui non si potevano prevedere le conseguenze data presenza di così numerose forze armate tedesche e soprattutto delle S.S. in Italia. Ciò rendeva imperative le misure di precauzione prese dal nostro Governo, di cui Hencke mostrò stupirsi, per prevenire qualsiasi tentativo del genere.

Hencke mi assicurò, a mia richiesta, che avrebbe portato mio passo a conoscenza di Ribbentrop ma ha contemporaneamente espresso il desiderio di poter informare suo Ministro anche circa dati concreti in possesso Governo italiano, affinché egli po,tesse prendere da parte sua eventuali decisioni al riguardo. Gli dissi che avrei prospettato a V. E. tale sua richiesta. Per parte mia permettomi esprimere opinione personale che ad un complotto del genere si debba ritenere estranea questa direzione della politica estera tedesca, mentre non è da escludersi che esso possa rientrare nelle idee e nei desideri di quello

« Stato neno Stato » che è costituito dalla organizzazione delle S.S. Mi conferma in questa opinione la circostanza che proprio in questi giorni ho avuto notizia dalla bocca sia di questo Segretario di Stato per gli Affari Esteri che di questo Ambasciatore giapponese nonché di questo Ministro di Ungheria dell'eco della profonda e rassicurante impressione che attitudine e dichiarazioni di V. E. a Tarvisio hanno fatto sul Ministro Ribbentrop e sullo stesso Ftihrer, valendo a rasserenare le apprensioni che qui si nutrivano sulle intenzioni del Governo Badoglio subito dopo la caduta del fascismo.

Sarò grato a V. E. se, qualora nulla osti, mi vorrà mettere in grado di fornire al signor Hencke, per ùso del Ministro Ribbentrop, i dati desiderati, onde metterli in grado di prendere eventualmente da parte loro le misure del caso contro i responsabili a riprova dell'asserita loro buona fede in questa deplorevole faccenda (1).

(l) -Con T. 23724/1375 del 24 agosto 1943, ore 20,40, non pubbllcato, Rogeri aveva informato che, data l'importanza dell'argomento, avrebbe parlato anche con Steengracht. (2) -Vedi D. 705.
713

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER CORRIERE 5853/0134 R. Parigi, 25 agosto 1943 (per. il 27). Telegramma di V. E. n. 440 del 22 corrente

Ho incaricato il R. Ufficio in Vichy di fare a Lavai la comunicazione di cui al telegramma surriferito.

Fracassi telegrafa quanto segue:

«Presidente Laval ha mostrato di gradire comunicazione che gli ho fatta oggi nei termini prescritti dal R. Ministero circa Flotta Tolone. Ho insistito ,particolarmente sulla necessità che precise istruzioni vengano impartite alla Marina francese a Tolone affinché sia facilitato compito dell'Ammiraglio Matteucci per prosecuzione ricuperi, per invio scafi in Italia nonché per ripresa lavori sul "Bisonte".

Lavai mi ha assicurato che si sarebbe nuovamente intrattenuto in argomento con Ammiraglio Bléhaut e che mi avrebbe risposto al più presto. Seguo questione e non mancherò sollecitare, ove necessario, un riscontro alle nostre comunicazioni».

gli possiamo dire altro che sappiamo con sicurezza. Ed il modo di saperlo è comune a tutte le polizie. La cosa non deve finire qui.Prendiamo spunto da questo per insistere sulla necessità che siano ritirate le forma

zioni dalla capitale, anche quelle mascherate ma che conosciamo perfettamente. Noi non abbiamo a Berlino simile organizzazione. Se ne parla apertamente in tutta Roma ».

60 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

(2).

(l) Circa questo telegramma Mario Badoglio trasmise a Capranica la seguente nota autografa del capo del governo: «Mi sembra che Rogeri sia un po' ingenuo. Chiede che gli forniamo 1 dati! l!. Ma non

(2) Vedi D. 692.

714

IL MINISTRO A STOCCOLMA, RENZETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER CORRIERE 6017/045 R. Stoccolma, 25 agosto 1943 (per. il 2 settembre).

Ho avuto ieri una lunga conversazione col Ministro Giinther, rientrato in sede dopo le ferie estive.

La conversazione si è svolta con grande cordialità e mi ha fornito l'occasione per attirare l'attenzione del Ministro sulle varie questioni che particolarmente ci interessano.

Riassumo brevemente gli argomenti:

1°) Scambi commerciali itala-svedesi. Sebbene la questione sia in trattazione con gli Uffici competenti, ho voluto esporre anche a Giinther, in termini generali, lo stato attuale dei rapporti commerciali fra i due Paesi, con particolare riferimento alle difficoltà sorte in questi ultimi tempi. Ho insistito in modo speciale sulla nostra richiesta di immediata rimessa in vigore delle licenze di esportazione per tutte le merci pagate. Ma anche per quanto riguarda gli scambi normali ho fatto presente l'interesse reciproco dei due Paesi di non provocare un'interruzione nella corrente dei traffici. Anche se il principale ostacolo è costituito dalla momentanea sospensione del transito ferroviario attraverso la Germania, risulta, dalle conversazioni che ho avuto in questi giorni, che anche da parte degli esportatori e importatori svedesi si mostra un grande riserbo e una certa riluttanza a prendere in esame la possibilità di scambi regolari con l'Italia. Pur rendendomi conto che le circostanze rendevano in parte spiegabile tale atteggiamento, ho espresso al Ministro Giinther la convinZiione che soltanto una ripresa dei traffici, unitamente a concreti accordi sui prezzi, avrebbero potuto eliminare, con vantaggio reciproco, il deficit a nostro sfavore che attualmente grava sul clearing. Il Ministro mi ha assicurato che avrebbe immediatamente raccomandato agli organi competenti il favorevole esame della questione. Infatti ho ricevuto nella stessa giornata, dal Capo della Divisione Affari Commerciali, una risposta nella quale mi si informava che le nostre richieste erano state parzialmente accolte. Sull'argomento ho riferito più in dettaglio, per telegramma e con rapporto in data odierna (1).

2°) Stampa. Come ho già riferito con il telegramma n. 108 in data di ieri (2) ho attirato l'attenzione di questo Ministro degli Affari Esteri sul contegno della stampa svedese in questi ultimi giorni. Mentre si deve riconoscere che, salvo pochissime eccezioni, i giornali si astengono dal criticare la politica del Governo italiano, e mostrano anzi di comprendere le difficoltà della nostra situazione, è invece frequente la pubblicazione di notizie più o meno catastrofiche sull'Italia, contenute in corrispondenze da Londra e soprattutto da

Berna. Il Ministro ha riconosciuto che tali corrispondenze, spesso di seconda mano, offrono un quadro della situazione interna del nostro Paese ispirato principalmente a motivi propagandistici. Mi ha assicurato che avrebbe tenuto conto delle mie osservazioni e di tutte le considerazioni che gli ho svolto per illustrargli la situazione italiana, e le avrebbe anzi comunicate ai redattori dei principali giornali, in sede di commissione stampa, con opportune parole di richiamo ai loro doveri di giornalisti neutrali.

3°) Situazione politica generale. Essendo venuti a parlare dell'eventualità di una pace separata tra Russia e Germania e della possibile costituzione di un blocco tra queste due Potenze e il Giappone, il Ministro Giinther, che per il passato mostrava di non dar credito alle voci che circolavano in proposito, si è mantenuto questa volta molto più riservato, e non ha nascosto le sue preoccupazioni di fronte alla minaccia del pericolo comunista. Del resto anche il suo ultimo discorso, sul quale riferisco a parte (1), conferma che il Governo svedese, a differenza di una gran parte dell'opinione pubblica, non considera affatto come risolto il conflitto, e nell'incertezza della situazione generale, desidera mantenere lo stesso atteggiamento di rigorosa neutralità verso tutti, anche se tale atteggiamento può fruttargli critiche e reazioni impazienti da parte degli Alleati.

(l) -Non pubblicati. (2) -Non pubblicato.
715

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA

T. 26408/483 P.R. Roma, 26 agosto 1943, ore 23.

Suo telegramma 550 (2).

Voglia V. S. ringraziare a mio nome Antonescu dello sforzo che egli si è impegnato a fare assegnandoci ulteriori 12 mila tonnellate di greggio e 10 mila di benzina, quantità sulle quali facciamo da oggi pieno affidamento.

Comunque prego ripetere telegraficamente cifra assegnazione che sarebbe stata concessa per mese agosto a Potenze Asse e che da citato telegramma apparirebbe essere di 210 mila tonnellate (dico duecentodiecimila).

716

IL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, CASTELLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N. 5860/1396/131 R. Sussak, 26 agosto 1943, ore 23,10 (per. ore 12 del 27).

Stamane all'alba ufficiali tedeschi si sono presentati Comando presidio Lubiana dichiarando, secondo accordi dei due Comandi Supremi, forze tedesche

sarebbero entrate Slovenia italiana per presidiare ferrovia Zalog-LubianaPostumia; e nonostante che suddetto nostro Comando avesse replicato che, in mancanza di ordini, non poteva permettere passaggio, dopo circa due ore, una divisione e mezza germanica varcava frontiera e occupava Lubiana e dintorni.

Generale Robotti, recatosi immediatamente sul posto, convocato Comandante tedesco e, conformemente istruzioni telefoniche ricevute da Capo Stato Maggiore R. Esercito, ha negato esistenza di accordo in materia tra i due Comandi Supremi, ha respinto ogni collaborazione tedesca per protezione ferrovia slovena avvertendo Comando stesso tenerlo responsabile di qualunque eventuale incidente potesse accadere. Mentre si attendono istruzioni Stato Maggiore R. Esercito. Comando Armata ha ordinato concentrare forze armate in Slovenia per rinforzare 11° Corpo armata onde essere pronto ogni eventualità.

(l) -n telegramma relativo non è stato rinvenuto. (2) -Vedi D. 707.
717

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL CAPO DEL GOVERNO, BADOGLIO

APPUNTO. Roma, 26 agosto 1943.

L'Incaricato d'Affari di Germania è venuto stamani a vedermi e mi ha dato comunicazione di un telegramma di Ribbentrop in risposta al nostro passo relativo al complotto organizzato tra elementi del Partito nazionalsocialista e delle S.S. residenti a Roma ed esponenti del Regime fascista contro il Governo italiano (1). In tale telegramma Ribbentrop dice quanto segue:

«Il Governo tedesco refuta in maniera assoluta che elementi del Parti:to

nazional-socialista e delle S.S. preparassero un colpo contro il governo del

Maresciallo Badoglio. È completamente escluso che queste accuse possano

essere vere perché, come è noto, in Germania la politica non è fatta da membri

del Partito e da membri delle formazioni, ma solamente dal Fuhrer.

Il Governo tedesco non può accettare che siffatte accuse siano fatte in

modo così vago e generale. Al contrario il governo tedesco deve ora insistere

molto e decisamente perché il Governo italiano dia informazioni concrete

indicando personalmente i membri tedeschi che fossero implicati in questo

affare. Inoltre è del tutto naturale che membri del Partito nazional-socialista

tedesco abbiano ancora dei contatti con elementi fascisti coi quali essi erano

già prima in rapporto, poiché non è abitudine tedesca di cambiare di amicizia

come di camicia.

Per quanto concerne la presenza di fascisti in Germania il governo tedesco

respinge l'insinuazione che sia permesso a tali fascisti di cospirare in territorio

tedesco contro l'Italia e tanto meno che essi siano aiutati in ciò. Una tale

attività è da escludersi pel fatto che tali fascisti sono nella impossibilità di

comunicare telegraficamente e telefonicamente con l'Italia, giacché, come è noto, tali comunicazioni sono interrotte. Ma se il governo italiano annette valore al fatto che i fascisti ora in Germania vadano a risiedere fuori della Germania stessa, il governo tedesco è a ciò disposto. È da chiedersi tuttavia se ciò sarebbe nell'interesse dell'attuale governo italiano.

Per ciò che concerne la minaccia di prendere misure contro i tedeschi, queste misure lasciano freddo il governo tedesco, ma il governo italiano deve realizzare che il governo tedesco, se in Italia un tedesco fosse toccato, prenderebbe le sue rappresaglie».

Questa è la comunicazione che mi ha fatto il Principe di Bismarck.

Ho risposto pregandolo di ringraziare Ribbentrop di quanto egli mi aveva fatto comunicare. Ho aggiunto che tenevo a dichiarare che non avevo parlato di elementi responsabili del Partito nazional-socialista tedesco e delle S.S., ma di singole persone irresponsabili che erano in contatto con elementi fascisti. Desideravo chiarire inoltre che l'iniziativa del complotto era probabilmente partita da elementi fascisti e che il fatto che essi erano in contatto con dei nazional-socialisti tedeschi ha provocato naturalmente l'opinione che agivano d'accordo tra loro. Ho promesso quindi al Principe di Bismarck che avrei chiesto precisazioni alle autorità competenti per rispondere alla richiesta tedesca di informazioni e di indicazioni più precise. Ho aggiunto che da parte mia trovavo comprensibile che esistessero rapporti di amicizia fra tedeschi ed elementi del passato Regime, ma dovevo anche osservare che questi rapporti sono estremamente pericolosi perché gli elementi del passato Regime hanno la naturale tendenza a compromettere i loro amici tedeschi. Nessuno può negare che questi rapporti esistono, e ne è prova il fatto che Farinacci, Pavolini e Vittorio Mussolini sono fuggiti in Germania col concorso e con l'aiuto di elementi nazisti. Non si tratta dunque semplicemente di rapporti di amicizia, ma di rapporti che si realizzano in azione concreta. A questo proposito tenevo prima di tutto a ringraziare Ribbentrop di quanto egli aveva voluto dichiararmi, che cioè il Governo tedesco non permette ai fascisti rifugiatisi in Germania di cospirare contro l'Italia e che esso era pronto a metterli fuori della Germania.

Per quanto poi riguardava l'ultima parte della sua comunicazione e cioè la pretesa minaccia italiana di prendere misure contro i tedeschi, volevo fare osservare che non si trattava affatto di una minaccia ma della naturale volontà di un governo di difendersi, e a questo proposito dovevo esprimergli:

l) il desiderio del governo italiano che il governo tedesco impartisca le necessarie istruzioni perché i tedeschi residenti in Italia sappiano quale contegno devono mantenere nei riguardi dell'attuale posizione italiana. Comprendevo benissimo, ho aggiunto, che la politica tedesca è fatta dal Filhrer, ma non è da escludersi che vi siano persone che, vivendo lontane dalla Germania in altri ambienti, credano di far cosa utile prendendo delle inb>:iative personali che possono non rispondere alla politica del Filhrer;

2) il desiderio del governo italiano di mantenere in maniera permanente e sicura i buoni rapporti fra i due Paesi e quindi di eliminare tutte le ragioni di attrito e di malintesi che potessero sorgere in una situazione come l'attuale.

Il Principe di Bismarck comunicava immediatamente questa mia risposta al suo governo riservandosi di fornire quelle prove della partecipazione di elementi tedeschi al complotto fascista che noi gli daremo.

Mi permetto quindi di far presente l'urgenza che mi sia trasmesso dalle nostre autorità competenti un rapporto di polizia possibilmente con qualche indicazione precisa di individui tedeschi che hanno avuto parte nel complotto (1).

(l) Vedi DD. 705 e 712.

718

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 5900/557 R. Tokio, 27 agosto 1943, ore 1,50 (per. ore 20,30 del 28). Telegramma di V.E. n. 642 (2).

Sono anche convinto che il suggerimento sia venuto da Oshima. Momento incontro Tarvisio qui si era ansiosissimi conoscere reali intenzioni e possibilità italiane ed effettivi rapporti italo.-tedeschi. Codesto Ambasciatore del Giappone avrebbe fornito in proposito informazioni assai vaghe. Oshima si sarebbe dato invece molto da fare assicurando anche di essere efficacemente intervenuto perché da parte tedesca ci fosse garantita ogni possibilità mezzi per continuare resistenza.

Quanto alla speciale posizione preminente di Oshima nei riguardi altri rappresentanti diplomatici nipponici in Europa, essa è sempre esistita e risponde ormai tradizionale concetto organizzativo giapponese. A prescindere anche dinamismo uomini e dal fatto diplomatico [che] egli ha a Berlino eccezionale situazione persona grata ambienti nazi, è evidente che sopratutto nel momento presente rappresentanza nipponica a Berlino è quella cui sono affidati contatti con Europa che maggiormente interessano Giappone.

719

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA

T. S.N.D. 26499/1026 P.R. Roma, 27 agosto 1943, ore 11,20.

Poiché si sono sparse voci di vario genere circa la presenza di Grandi a Lisbona, credo utile informarvi per vostra norma di linguaggio: l) che effettivamente Grandi ha lasciato l'Italia con la famiglia: presumibilmente per sfuggire alla situazione difficile in cui si trovava, stretto fra

D. -712. Con T.s.n.d. per corriere 4240/130 R. del 3 settembre 1943, non pubblicato, Guariglia informò l'Ambasciata a Berlino di questo colloquio.

la temuta reazione antifascista e le minacce di qualche elemento estremista fascista che lo accusa di essere stato il principale autore della caduta di Mussolini;

2) che sembra però egli si trovi in !spagna e in Portogallo;

3) che naturalmente sono infondate anzi puerili le supposizioni che una qualsiasi missione politica o di qualunque altro genere abbia potuto essere affidata a Grandi dal Governo Badoglio. Grandi, deluso nella sua ambizione di essere il successore di Mussolini, si è manifestato recisamente contrario all'attuale Governo italiano. Non è certo quindi a lui che questo possa ora riporre la minima fiducia, anche a prescindere dal fatto che la personalità di Grandi è troppo nota per poter eseguire delle sedicenti missioni segrete.

(l) -La risposta di Badoglio manca, ma il suo contenuto si desume dalla nota l, p. 877, al (2) -Vedi D. 695.
720

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.D. PER TELEFONO 5862/385 R. Sofia, 27 agosto 1943, ore 14,30.

Seguito mio fonogramma n. 384 (1). Comunicato stamane annuncia condizioni Re Boris permangono immutate e che medici fanno possibile per migliorarle.

Capo di Gabinetto del Re che ho visto stamane mi ha confermato condizioni sono gravi e stazionarie. Ha aggiunto Re Boris era rientrato lunedi a Sofia in ottima salute ed era caduto ammalato nella notte. Notizia era stata tenuta rigorosamente segreta nella speranza di un miglioramento sino comunicato iersera. Natura malattia è tuttora tenuta estremamente riservata. Da quanto Capo di Gabinetto mi ha detto con molta cautela ed anche secondo altre fonti si tratterebbe affezione interessante zona cardiaca. Stesso Capo di Gabinetto mi ha detto che erano state già telegrafate notizie Ministro Bulgaria a Roma per comunicazione Casa Reale italiana. Gravità condizioni Re Boris e tanto maggiori preoccupazioni Governo nell'attuale situazione Bulgaria sono confermate da misure prese.

In conferenza stampa estera stamane è stato fatto categorico ammonimento di trasmettere soltanto notizie contenute in comunicato ufficiale. Truppe corazzate e motorizzate nella giornata di ieri hanno ricevuto ordine interrompere esercitazioni. Varie [truppe] sono state concentrate in. serata nella Capitale. Ieri notte ha avuto luogo Consiglio dei Ministri. Stamane Filoff ha riuniti ex Presidenti Consiglio attualmente in Sofia. Impressione prodotta da improvviso comunicato iersera annunciante gravi condizioni Sovrano è stata enorme nella popolazione.

(l) Non pubblicato. Il T.s.n.d. 5845/384 R. del 26 agosto 1943, dava notizia della malattia di Re Boris.

721

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.D. PER TELEFONO 5863/386 R. Sofia, 27 agosto 1943, ore 14,45.

Mio telegramma n. 385 (l).

Autorità mediche bulgare in contatto coi medici curanti Re Boris (tra cui due tedeschi espressamente chiamati) ritengono che si tratta di un «infarto». Sovrano avrebbe perso conoscenza iersera per qualche tempo.

Stesse persone indicano che in caso miglioramento guarigione esigerebbe cure lunghe e complicate escludendo per lungo tempo qualsiasi attività sovrana. Eventualità Reggenza viene quindi prospettata già da fonti degne di attenzione alcune delle quali prevedono anzi nomina Reggente a brevissima scadenza su designazione stesso Sovrano.

Stato d'animo maggiormente diffuso tra popolazione è di grande ansietà e preoccupazione. Non mancano indizi di una certa agitazione in ambienti. anglofili e russofili. Fino ad ora non vi sono tuttavia notizie ordine pubblico sia stato turbato.

722

IL MINISTRO A HELSINKI, GUARNASCHELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. R. 5895/143 R. Helsinki, 27 agosto 1943, ore 19,33 (per. ore 20,30 del 28).

Seguito telegramma 136 (2).

Direttore Generale Affari Politici, parlandoml nuovamente possibile accordo fra Germania e U.R.S.S., mi ha detto oggi, secondo rapporto Ministro di Finlandia a Washington, Governo degl>i Stati Uniti avrebbe temuto recentemente verificarsi tale eventualità; ma che oggi tale timore si sarebbe attutito, considerando Washington che si è scavato solco talmente profondo fra la Germania e U.R.S.S. da rendere assai difficile accordo del genere, nonostante tentativo che a favore di esso politica Giappone continuerebbe esercitare.

Ministro Ivalo mi ha detto anche che, sempre secondo informazioni fornite da Ministro finlandese a Washington, malgrado evidenza perpetuare [rivalità] fra U.R.S.S. ed Alleati occidentali, malgrado accentuazione espressa nel comunicato di Quebec per intensificazione guerra contro Giappone, malgrado infine che nel discorso radio diffuso di Roosevelt non sia stato fatto alcun cenno all'U.R.S.S., Alleati occidentali sarebbero sempre più proclivi venire incontro

richieste U.R.S.S. non solo nel campo militare con 1a creazione di un altro fronte in Europa, ma anche e sopratutto nel campo politico con il riconoscere cioè all'U.R.S.S. una posizione di preminenza nella futura riorganizzazione europea.

(l) -Vedi D. 720. (2) -Non rinvenuto.
723

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER CORRIERE 5963/0104 R. Bucarest, 27 agosto 1943 (per. il 31).

Faccio seguito al mio telegramma n. 550 del 24 agosto u.s. (l) per comunicare quanto segue in merito alla questione dei nostri approvvigionamenti petroliferi nel corrente mese di agosto.

In un recente colloquio che ho avuto con il Primo Ministro Prof. Antonescu, questi mi ha dichiarato che il totale quantitativo di prodotti petroliferi assegnati nel corrente mese ai Paesi dell'Asse ammonterebbe a 210 mila tonnellate, di cui 55 mila tonnellate di petrolio greggio.

I ritiri italiani, tedeschi e degli altri Paesi dell'Asse, a valere su tale quantitativo, sono stati effettuati anche per il mese di agosto in base alle quote fissate da Berlino, seguendo il normale sistema delle ripartizioni mensili delle disponibilità esportabili in rapporto alle necessità operative sui vari fronti.

Secondo quanto fatto presente dal locale R. Ufficio Approvvigionamenti Petroliferi con il pro-memoria che unisco alla presente (2), la quota fissata a Berlino per l'approvvigionamento dell'Italia nel mese di agosto si limiterebbe a 8 mila tonnellate. Tale cifra sarebbe anche stata confermata dal Capo dell'Ufficio Petroli tedesco a Bucarest e dalla stessa Legazione di Germania.

In relazione a quanto sopra si deduce che ogni ulteriore intervento per ottenere maggiori quantitativi destinati all'Italia non può essere fatto che a Berlino in quanto ritengo inutile ottenere dalla Romania ulteriori assegnazioni di petroli se le Autorità tedesche, che controllano praticamente tutte le principali società petrolifere fissano quote di esportazione verso l'Italia più ridotte.

Debbo infine rilevare che in qualsiasi circostanza in cui siano sorte difficolfà

o ritardi o siano stati frapposti ostacoli da parte delle Autorità romene per gli approvvigionamenti petroliferi dell'Italia, il sottoscritto è sempre e immediatamente intervenuto, su semplice segnalazione del locale R. Ufficio Approvigionamenti Petroliferi, presso il Governo romeno, sia in sede politica che, mediante l'Ufficio Commerciale della nostra Legazione, in sede tecnica, per evitare qualsiasi arresto o ritardo in questi nostri approvvigionamenti essenziali.

Dato quanto precede mi sembrano perciò superflui i miei interventi presso il Presidente Antonescu.

(l) -Vedi D. 707. (2) -Non rinvenuto.
724

IL CAPO DI GABINETTO, CAPRANICA DEL GRILLO, AL CONSOLE GENERALE A GINEVRA, L. CORTESE

L. R.P. 1/4263. Roma, 27 agosto 1943.

Rispondo alla tua n. 265 del 23 corrente (1).

Qui si desidera che tu non svolga assolutamente alcuna attività del genere di quella segnalata nella mia lettera n. 1/4143 del 13 corr. (2); sarà sufficiente che tu riferisca, in linea generale, quanto ti venga a risultare costi sulla questione (3).

725

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL CAPO DEL GOVERNO, BADOGLIO

MEMORANDUM. [Roma, 28 agosto 1943, pomeriggio] (4).

I nostri rapporti con la Germania, così profondamente scossi dagli avvenimenti del 25 luglio, non hanno subito, dopo l'incontro di Tarvisio (5), alcun reale mutamento. La Germania ha assunto verso di noi un atteggiamento di ostentata freddezza e di sospettoso riserbo. L'Ambasciatore Mackensen, partito da Tarvisio direttamente per la Germania, non ha fatto più ritorno a Roma. Gli affari diplomatici trattati in comune dai due Governi sono rimasti praticamente sospesi. È cessato lo scambio di informazioni politiche tra i due Governi. La Germania ha ridotto la base della sua collaborazione con noi puramente alle questioni militari, assumendo sempre più un atteggiamento di distacco e di sfiducia, che ha portato e porta a una permanente tensione di rapporti, mentre incidenti, alcuni di non lieve entità, si verificano tra militari tedeschi e italiani, e tra militari tedeschi e popolazione civile. Un lavorio segreto si svolge tra membri del partito nazionalsocialista in Italia ed esponenti del disciolto partito fascista, lavorio che, se non ha portato ad alcun risultato concreto, mostra tuttavia che la Germania, accanto alle garanzie militari, cerca di crearsi delle garanzie politiche.

In breve quello che è evidente è che la Germania non ha alcuna fiducia nel Governo italiano, alcun desiderio di ristabilire, sia pure sopra un nuovo piano, la sua collaborazione politica con noi, alcun desiderio di aiutare il Governo italiano a sormontare le gravi difficoltà di fronte alle quali esso si trova.

È naturale che tutto questo alimenti nel Paese una sorda ostilità verso la Germania, e in alcuni ambienti pensieri e propositi di mutare radicalmente la nostra posizione.

Questo problema deve essere esaminato con ponderatezza e senso della realtà per non rischiare di essere trascinati in una situazione ancora più difficile e più pericolosa di quella nella quale noi attualmente ci troviamo.

Nessuno può negare che il nostro tentativo di persuadere il Governo tedesco della nostra intenzione di tener fede all'alleanza, è fallito. La politica tedesca nei nostri riguardi resta imperniata su tre punti:

1°) il Governo italiano non può riscuotere la fiducia del Governo tedesco;

2°) il popolo italiano non vuole continuare la guerra, e quali che siano le intenzioni del Maresciallo Badoglio, egli non riuscirà ad obbligare il popolo italiano a combattere;

3°) la Germania, avendo bisogno, per ragioni strategiche, del territorio italiano, deve provvedere alla difesa di tale territorio con le sue forze, con i suoi mezzi, con il suo controllo.

Partendo da questi presupposti la conclusione alla quale si arriva è che la Germania intende considerare l'Italia più che come paese alleato come territorio di occupazione.

E' questa, e non altra, la situazione alla quale dobbiamo far fronte.

Due vie sono aperte davanti a noi:

a) seguitare in quella che è stata finora la nostra azione di resistere, entro l limiti delle possibilità pratiche, alla pressione tedesca, facendo quelle concessioni che sono indispensabili per mantenere i rapporti itala-tedeschi sopra la base attuale, e preservare quanto più possiamo della nostra autonomia politica e militare;

b) rompere con la Germania, arrischiandoci alla guerra e all'occupazione ostile del nostro territorio.

Esaminiamo un momento questa seconda soluzione.

Per essere possibile essa dovrebbe avere i seguenti presupposti minimi:

l) nostra possibilità di resistere per un tempo più o meno lungo all'attacco tedesco;

2) nostra possibilità di accordi con nostri nemici nel campo militare e diplomatico;

3) nostra possibilità di sostituire immediatamente i rifornimenti tedeschi con rifornimenti da parte dei nostri attuali avversari.

Non entro in merito al primo punto, che non è di mia competenza. Mi limito ad osservare che se non siamo abbastanza forti per resistere alla lenta pressione che la Germania esercita su di noi, devo presumere che non siamo neppure abbastanza forti per un'azione armata contro le divisioni tedesche che sono affluite ed affluiranno in Italia.

In caso di conflitto con la Germania quello che si può attendersi è questo:

l) che la città di Roma venga subito occupata dalle truppe tedesche, gli organi dello Stato cadano nelle loro mani, senza che Sua Maestà il Re -ed il Governo abbiano neppure la possibilità di trasferirsi altrove;

2) che le nostre truppe attualmente nei Balcani vengano subito disarmate creandosi così una ingente massa di prigionieri di guerra;

3) che le nostre truppe in Italia, nella impossibilità di organizzare una seria resistenza, per la quale mancano i minimi mezzi, facciano in breve la stessa sorte;

4) che l'Italia, o almeno parte di essa, venga sottoposta all'occupazione tedesca, resa più grave e più inesorabile dallo spirito di vendetta che animerebbe comandi e truppe tedesche;

5) 'che i nostri operai in Germania vengano ridotti allo stato di prigionieri;

6) che venuti a mancare i rifornimenti tedeschi, dai quali interamente dipendono le nostre comunicazioni, noi non avremmo neanche la possibilità di far funzionare, se non per qualche giorno, la vita materiale del Paese.

A queste condizioni l'Italia sarebbe ridotta da un conflitto con la Germania: un povero paese, senza governo, senza difesa, senza risorse, corso e depredato da un esercito nemico. Una condizione infinitamente peggiore di quella di qualunque altro Paese occupato, perché al regime militare di occupazione si aggiungerebbe un regime di vendetta e di repressioni politiche, senza remissione e senza pietà.

Supponiamo pure che si verifichi intanto uno sbarco anglo-americano. In questo caso le truppe tedesche verrebbero impegnate dal nemico, ma è certo che al primo segno di abbandono da parte nostra, le divisioni che circondano l'Urbe si spingerebbero su Roma. Gli anglo-americani potranno avere anche dei successi, ma questi non potranno essere che lenti, ed intanto Roma e il territorio occupato dai tedeschi sarà devastato.

Avremo così una Italia spezzata in due: sotto una duplice occupazione ostile. Il più tragico destino che possa essere riservato ad un Paese. La verità è che noi non abbiamo la forza necessaria per fare una politica che possa precipitare il Paese in un conflitto con la Germania.

Quanto ai nostri nemici, il fatto è che con essi non abbiamo nessun genere di accordo. Non conosciamo i loro piani militari, non conosciamo le loro effettive possibilità, non conosciamo le loro intenzioni politiche.

Quello che sappiamo è solo questo: che essi intendono attaccare l'Italia ed occupare il nostro territorio, per metterei fuori combattimento, e dal nostro territorio proseguire la guerra contro la Germania.

Ma quando, ma dove, ma in quanto tempo e con quale successo nessuno sa, come nessuno sa se e a quali condizioni essi sarebbero disposti ad accettare e favorire un cambiamento di rotta da parte dell'Italia.

E' una pericolosa illusione credere che l'Inghilterra sia disposta benevolmente verso di noi. Altra cosa è la propaganda ed altra la politica. In termini di politica è molto dubbio che l'Inghilterra preferisca una ItaHa tardivamente alleata a una Italia vinta. Con una Italia vinta l'Inghilterra può risolvere alcuni suoi problemi coloniali e strategici. Con un'Italia alleata l'Inghilterra dovrebbe rinunciarvi. Essa si è sempre ben guardata dal dirci, sia pure a scopo di propaganda: rinunciate al f,ascismo ed io vi restituirò parte almeno del vostro Impero coloniale. Questo Impero essa intende liquidarlo, e gli uomini di Stato inglesi esisterebbero molto seriamente di fronte all'ipotesi di dover rinunciare ai loro progetti in cambio di un voltafaccia italiano, al quale essi non sembra attribuiscano molto valore. La formula inglese è «resa dell'Italia», non l'« alleanza con un'Italia nuova». Questa alleanza darebbe all'Italia dei diritti, nella sistemazione della pace, che l'Inghilterra è molto dubbio ci voglia riconoscere, anche per gli impegni che essa ha certamente preso con i suoi attuali alleati, con la Grecia per esempio, con la Jugoslavia, con la Turchia, con l'Egitto e con l'Etiopia, e che concernono la Dalmazia, l'Albania, il Dodecanneso, la Libia e l'A.O.I.

Nessuno dunque ci garantisce che l'Inghilterra ci voglia come alleata. Per ora quello solo che è certo è che essa vuole occupare il nostro territorio.

Possiamo noi fare un salto nel buio, quando non sappiamo né come né quando l'Inghilterra potrebbe prestarci aiuto, né se vorrà prestarcelo, né se ci vorrà considerare come allea ti?

Noi che abbiamo appena la forza di seguire, tra innumerevoli e pericolose difficoltà, gli avvenimenti, come e dove noi potremmo trovare la forza di precorrerli?

La reale situazione è che di fronte ai nostri nemici noi siamo già una Nazione vinta, di fronte ai nostri alleati noi non disponiamo di sufficiente autonomia -né nel campo militare, né nel campo economico, né nel campo diplomatico -per determinare da noi la nostra azione. Siamo stretti tra due forze. Quella effettuale tedesca, quella potenziale anglo-americana. Fino a quando questa ultima resterà allo stato potenziale, noi non possiamo rischiare un conflitto con la Germania, quando sarà diventata effettiva sarà forse troppo tardi per negoziare un voltafaccia che -insisto su questo punto -noi non sappiamo se è destderato, ma che comunque noi oggi non possiamo fare.

Quelle che possiamo fare sono delle imprudenze, che ci potranno attirare un attacco tedesco prima di poter essere in condizioni di ricevere un qualunque aiuto anglo-americano.

Non bisogna credere che i nostri nemici pensano a noi e si preoccupano della nostra posizione. Essi si preoccupano solo di se stessi, e i loro piani strategici e politici sono dettati dai loro e non dai nostri interessi. Sbarcheranno dove loro crederanno che sia per loro più utile, si regoleranno con noi secondo la loro convenienza, e potrebbe essere loro conveniente che italiani e tedeschi si massacrassero tra loro, indebolendo la difesa dell'Italia, prima di un loro intervento, il che tra l'altro avrebbe per loro il vantaggio di non dover assumere verso di noi alcuna responsabilità e alcun impegno.

La posizione italiana è troppo grave per credere di poterla risolvere con qualche improvvisato colpo di testa. Bisogna agire con accortezza ed essere disposti a subire nuove pressioni e nuove imposizioni se occorre, poiché non è in nostro potere di risolvere una situazione, i cui elementi sono tutti o quasi tutti fuori delle nostre possibilità di iniziativa e di azione.

Quello che è essenziale, è di preservare il più che è possibile della nostra autonomia militare e politica. Questo stiamo facendo, questo dovremo fare ancora, messi di fronte, come siamo, alla incognita di quello che sarà lo sviluppo dell'azione dei nostri nemici nel Mediterraneo, i quali non sono ancora sbarcati sul continente italiano, non si sa se e quando tenteranno di sbarcare, non si sa se intendono occupare tutta l'Italia e se riusciranno a farlo.

Ingaggiarsi in una strada che porterebbe fat·almente a precipitare un conflitto con la Germania, mentre non sappiamo ancora, se, in questo caso, gli avversari possono e vogliono aiutarci, sarebbe gettare l'Italia in una posizione peggiore di quella nella quale si trovò la Polonia nel 1939, e assumersi una responsabilità ben più grave di quella che si assunse il Governo italiano nel giugno del 1940.

In verità la nostra linea di condotta non può essere che quella di una estrema e guardinga prudenza. Noi siamo già entrati in un conflitto politico con la Germania, ed è un miracolo se eviteremo un conflitto militare. Non mi pare che sia proprio il caso di precipitarlo, quando l'esito di questo conflitto non può dipendere in nessun modo da noi, ma da piani, da iniziative, da eventuali successi o insuccessi dei nostri attuali avversari, e cioè da elementi che sono fuori di ogni nostra conoscenza o di ogni nostra decisione (l).

(l) -Vedi D. 704. (2) -Vedi D. 656. (3) -Con lettera 5322 del 3 settembre 1943, non pubblicata, Cortese assicurò che si sarebbe attenuto alle istruzioni ricevute. (4) -Datato attraverso R. GuARIGLIA, Ricordi, cit.. p. 671. (5) -Vedi D. 610.
726

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL MINISTRO A SOFIA, MAMELI

T. S. N. D. PER TELEFONO 26641/383 P. R. Roma, 28 agosto 1943, ore 20,40.

In relazione attuali condizrioni salute Re Boris, Sua Maestà desidera (2) che tu riservi ogni possibile assistenza a Sua Maestà la Regina Giovanna, particolarmente nel caso in cui eventuali pericolosi sviluppi situazione interna consiglino suo rientro in Italia, accompagnata eventualmente dai figli. A tale scopo dovrai se necessario richiedere anche interessamento codeste autorità tedesche.

«Se l'Italia avesse ancora una certa libertà d'azione politica e militare chiederebbe senz'altro l'armistizio agli Alleati accettando le condizioni offertele.

Ma l'Italia non può farlo subito perchè le forze militari italiane che sono in contatto con quelle tedesche tanto in Italia che fuori d'Italia si trovano in una enorme condizione di inferiorità. Esse non potrebbero sopportare un urto con le forze tedesche e sarebbero in brevissimo tempo schiacciate. Tutto il paese, e Roma per prima, sarebbe cosi esposto alle rappresaglie dei tedeschi che intendono a qualunque costo combattere in Italia. L'Italia diventerebbe una seconda Polonia.

Pertanto l'Italia potrà chiedere l'armistizio solo quando in seguito a sbarchi degli Alleati con contingenti sufficienti e in località adatte cambiassero le attuali condizioni, oppure se gli Alleati fossero in grado di determinare una diversa situazione militare in Europa>>.

(Vedi G. CASTELLANO, Come firmai l'armistizio di Cassibile, cit., pp. 127-128 e 130-131;

R. GUARIGLIA, Ricordi, cit., pp. 671-675; G. CASTELLANO, La guerra continua, Milano, Rizzoli, 1963,

p. 81; Foreign Relations of the United States, 1943: The conjerences at Washington and Quebec, Washington, United States Government Printing Office, 1970, p. 1257; e inoltre il D. 729.

(l) Da questo Memorandum fu ricavato il seguente appunto (testo della copia dalle carte della Missione militare italiana presso il Comando delle forze alleate in Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito):

(2) Vittorio Emanuele III trasmise a Guariglia questo suo desiderio con un appunto autografo che Guariglia ha seguito quasi letteralmente nella redazione di questo telegramma.

727

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S. N. D. 24124/393 P. R. Sofia, 29 agosto 1943, ore 21 (per. ore 10,30 del 30).

Tuo telegramma 383 (l).

Sino a questo momento nonostante grave scossa subita dal paese e grande emozione evidente in ogni strato popolazione situazione permane nel complesso tranquilla. Da punto di vista interno maggiori difficoltà sono da prevedere nel caso questione Reggenza non fosse prontamente risolta. È anche da notare una sensibile effervescenza in ogni strato popolazione circa causa morte Re Boris. Non essendo stato ancora pubblicato nulla di preciso circa malattia ed ambienti ufficiali continuando anzi a mantenere 'in proposito geloso riserbo, voci più allarmistiche continuano insistentemente a circolare.

Assicuro, e ti prego volere assicurare S. M. il Re, che nulla trascurerò per eseguire nel miglior modo possibile suoi augusti ordini nel caso situazione assumesse pericolosi sviluppi.

728

IL CAPO DI GABINETTO, CAPRANICA DEL GRILLO, AL CONSOLE A LOSANNA, CHIAVARI

L. s. P. 1/4277. Roma, 29 agosto 1943.

Mi riferisco alla tua lettera del 22 agosto, diretta a Babuscio Rizzo (2).

A conferma di quanto telefonicamente comunicato a Bema da de Grenet ti informo che si ritiene qui opportuno di non insistere nella nota iniziativa. Conviene quindi che tu lasci cadere la cosa interamente.

Prego distruggere la presente.

729

IL CAPO DEL GOVERNO, BADOGLIO, AL GENERALE CASTELLANO (3)

APPUNTO. [Roma, 30 agosto 1943, mattina] (4).

1°) Riferirsi all'appunto (5). 2°) Per non essere sopraffatti prima che gli inglesi possano fare sentire la loro azione, noi non possiamo dichiarare accettazione armistizio se non a

sbarchi avvenuti (l) di (2) almeno 15 divisioni, la maggior parte di esse fra

Civitavecchia e Spezia.

3°) Noi possiamo mettere a loro disposizione seguenti campi d'aviazione...

4°) La flotta va alla Maddalena.

4°) (3) Sapere l'epoca pressapoco allo s,copo di prepararsi.

5°) Protezione Vaticano.

6°) Restano a Roma: Re Principe Ereditario, Regina, Governo e Corpo diplomatico.

7°) Questione prigionieri.

(l) -Vedi D. 726. (2) -Vedi D. 700. (3) -Fac-simile del manoscritto in G. CAS;rELLANo, La guerra continua, cit., pp. 79-80. (4) -Datato attraverso G. CASTELLANo, Come firmai l'armistizio di Cassibile, cit., pp. 130-131. (5) -Vedi D. 725, nota l, p. 890.
730

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 5966/395 R. Sofia, 30 agosto 1943, ore 21 (per. ore 12,50 del 31).

Stamane Presidente del Consiglio dei Ministri ha ricevuto separatamente Capi Missioni estere per presentazione condoglianze ufficiali.

Durante lunga conversazione dopo aver accennato con amichevoli parole telegramma condoglianze ricevuto da Capo del Governo italiano e sua risposta Filoff mi ha comunicato quanto segue: «Non furono fatte durante malattia Re Boris precise comunicazioni circa natura malattia• per evitare nemico potesse sfruttarle durante le giornate nelle quali qualunque scossa poteva riuscire fatale al Governo. Ciò ha dato luogo voci di ogni sorta fra le quali tuttora persistentissima quella che morte fosse conseguenza di un attentato. Tali voci sono state ,già ampiamente riprese da propaganda nemica. Per smentirle Governo ha fatto pubblicare da ieri notte precisazioni su malattia (trombosi arteria coronarica sinistra seguita da polmonite bilaterale e da edema polmoni e cervello) ed altre precisazioni seguiranno».

Governo si rende conto questione di Reggenza è grave e delicata sia in relazione situazione attuale Paese sia per il fatto Re Boris non aveva (ripeto non aveva) predisposto designazione in proposito. Filoff mi ha affermato infatti Re Boris non ha (ripeto non ha) lasciato testamento politico. In tali condizioni costituzione Bulgaria prevederebbe nomina tre Reggenti nominati Grande Assemblea Nazionale costituita per elezione da un numero doppio attuali deputati Parlamento. Tali elezioni politiche costituirebbero nel momento attuale barriera pericolosa praticamente irrealizzabile. Governo sta pertanto studiando modo per risolverla, e, possibilmente, anche prima funerali Re Boris.

Filoff ha accennato inclusione membri Famiglia Reale Consiglio di Reggenza non è (ripeto non è) prevista dalla costituzione. Per quanto non sia neppure esplicitamente esclusa designazione... (l) scelta potrebbe dar luogo interpretazione restrittiva. Anche tale questione è allo studio Governo.

Presidente del Consiglio dei Ministri mi ha infine confermato funerali avranno luogo domenica prossima 5 settembre. Ora non è stata ancora fissata. Neppure luogo tumulazione salma è stato deciso ancora. Filoff mi ha però accennato Sovrano aveva espresso desiderio essere sepolto nell'antico Monastero rlel Rila.

(l) -Il plurale è ricalcato sul singolare. (2) -Si legge un «da» corretto in «di». (3) -L'errore nella numerazione deriva dal fatto che a questo punto Badoglio è passato a scrivere su un secondo foglietto.
731

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S. N. D. 5953/398 R. Sofia, 30 agosto 1943, ore 22 (per. ore 9,30 del 31). Mio telegramma 395 (2) in data odierna.

Nel darmi informazioni sull'argomento Filoff ha tenuto tono molto pacato e tranquillo anche nell'intento evidente di porre in evidenza che il Governo, pur rendendosi conto delicatezza e gravità situazione, la controlla adeguatamente e studia soluzione problema nel modo più rapido e più pratico possibile.

Da parte germanica (che specie in questo momento agisce qui intensamente) si cerca favorire soluzione che crei minori scosse possibili e eviti mutamenti che possono significare od essere sfruttati come di minore fedeltà a politica Tripartito.

In conversazione odierna questo mio collega di Germania mi ha detto infatti che soluzione potrebbe essere di rinviare elezioni Grande Assemblea dopo guerra, nominando frattanto Consiglio Reggenza che continui attuale linea politica. Ha anche accennato di ritenere che costituzione consentirebbe assunzione Presidenza del Consiglio e Reggenza da parte Filoff assistito da attuale Ministro Guerra e da alto Mag,istrato. Membri Famiglia Reale non farebbero parte Reggenza perché dovrebbero invece far parte Consiglio tutela del Re. Tutto ciò dovrebbe naturalmente essere deciso prima di domenica prossima giorno dei funerali. Occorre rilevare che per quanto Paese si mantenga sino ad ora nel complesso tranquillo, situazione in attesa decisioni viene facendosi tesa anche a causa molteplici aspirazioni e varie numerosissime candidature di uomini molteplici tendenze. Fra l'altro è molto commentata notizia che Kiosseivanoff sarebbe rientrato da Berna.

Va anche registrata penosa caratteristica apprensione che desta in tutti ambienti previsione insistentemente diffusa che sarà difficile impedire all'ex Zar Ferdinando di rientrare in Bulgaria se volesse farlo per i funerali figlio. È da osservare tuttavia che tale possibilità naturalmente dipende da Governo germanico.

6! -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

(l) -Nota del!'Ufficio Cifra: « Quattro gruppi errati ». (2) -Vedi D. 730.
732

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA

T. u. s. N. D. 129/103-1-1035-1036 R. Roma, 30 agosto 1943, ore 23,30.

Il Capo di Stato Maggiore Generale ha prospettato la situazione italiana odierna in materia di carburanti e carbone nei seguenti termini:

« l) Nel mese di agosto su una prevista importazione di circa 110 mila tonnellate di prodotti petroliferi, ne sono finora arrivati solo circa 20 mila.

Le importazioni mensili di carbone dalla Germania, concordate su una cifra media di tonnellate 1.100 mila, sono state ridotte di circa un terzo, e tale riduziÒne sembra sarà permanentemente consolidata nei venturi mesi.

2) A mio parere la decurtazione delle importazioni dei prodotti petroliferi e di carbone non trova una corrispondente e sufficiente giustificazione nei danneggiamenti subiti dalla zona petrolifera di Ploesti e dalla zona carbonifera della Ruhr. Né tale stato di fatto può essere attribuito alle difficoltà dei trasporti ferroviari, in quanto è nota l'affluenza, con ritmo assai celere, nell'Italia settentrionale delle unità germaniche e delle dotazioni per la costituenda base logistica.

Nessuna diretta e imminente minaccia giustifica il celere trasporto di dette unità, mentre, data la nostra situazione nel settore dei combustibili, sarebbe stato certo più giusto non mettere in grave crisi l'alleato, crisi che si ripercuote nel campo sociale (disoccupazione, trasporti di derrate, ecc.) e nel campo militare.

3) Deve quindi presumersi che l'atteggiamento germanico possa far parte di un meditato piano di privare progressivamente l'Italia dei mezzi indispensabili alla vita e alla difesa, così che la Germania possa diventare arbitra del nostro atteggiamento e delle nostre decisioni e comandare indisturbata.

4) Alle necessità odierne di carburanti, tenuto conto delle diminuite importazioni, si fa fronte attingendo alle esigue scorte in corso di esaurimento.

Se la Germania non dovesse riprendere il ritmo normale dell'afflusso di carbone e carburanti le conseguenze sarebbero gravissime e bisognerebbe assai presto séegliere fra le esigenze dell'ordine pubblico, quelle essenziali per la vita civile (agricoltura, trasporti, ecc.) e le esigenze belliche, riservando alle une o alle altre le modeste disponibilità residue».

Come noto questa materia forma oggetto di trattative attualmente in corso ad Assisi fra Delegazioni Economiche italiana e tedesca. Senonché abbiamo ragione di temere che da queste trattative non potrà risultare alcuna soluzione adeguata alle gravi ed urgenti necessità del nostro Paese se codesto Governo non impartirà alla sua Delegazione immediate istruzioni che siano ispirate dal riconoscimento di tali necessità. Importa in altre parole che Governo tedesco

definisca chiaramente il proprio atteggiamento. V. E. vorrà quindi intrattenere sull'argomento Ribbentrop o chi per lui attirandone attenzione sulla estrema gravità del problema e sulla necessità di risolverlo colla massima urgenza. Resto in attesa di conoscere appena possibile risultato del suo passo (1).

733

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.D. PER CORRIERE 5962/193 R. Berlino, 30 agosto 1943 (per. il 31).

Mio telecorriere n. 0185 del 17 corrente (2).

Esaminata a dieci giorni di distanza, all'indomani dello sgombero di Charkov, la situazione militare al fronte orient.:.:l() non sembra presentare caratteristiche differenti da quelle delineate nel telecorriere in riferimento.

L'Alto Comando tedesco, continuando nell'intelligente applicazione del concetto di difesa elastica, non cessa dal tenere agganciato l'avversario per logorarne le forze che pagano a carissimo prezzo conquiste di territorio oltremodo limitato e si vedono costrette ad un crescente consumo di uomini e di materiali.

Il Capo dell'Ufficio A:ddetti Militari stranieri della Wehrmacht, in una comunicazione agli Addetti dei Paesi alleati ha ieri informato che ·nel corso del mese di luglio le perdite sovietiche sono ammontate a 576 mila uomini, mentre quelle germaniche dovevano considerarsi corrispondenti a circa un decimo di tale cifra.

A costo di tali gravissime perdite, nel corso di circa un mese e mezzo le forze russe non sono riuscite ad avanzare oltre 50 chilometri dalle proprie basi di partenza, nei settori di Orel e di Charkov dove più intensa è stata l'azione. Con tale avanzata -che, è bene si osservi, non è avvenuta in nessun punto per sfondamento delle linee tedesche malgrado le enormi quantità di mezzi corazzati impiegati -i russi dal 5 luglio ad oggi hanno conquistato un territorio non più vasto di 15 mila chilometri quadrati, superficie che corrisponde alla trentesima parte di tutta l'Ucraina.

Negli ambienti dello S. M. germanico, mentre si ritengono probabili ulteriori fluttuazioni della linea attualmente tenuta, specie nel settore meridionale, la situazione, nel suo insieme, è giudicata in favorevole sviluppo in quanto si ritiene ormai non troppo lontano il conseguimento di un successo tattico di importanza sinora non mai raggiunta sul fronte orientale: l'esaurimento cioè dell'avversario prima dei temuti mesi invernali.

Questo stato di cose non manca di influire in senso positivo sul morale delle truppe tedesche al fronte. Gli Addetti Militari stranieri da una visita testè compiuta al settore settentrionale del fronte est hanno riportato le

migliori impressioni non soltanto sulla imponente sistemazione difensiva, profonda e munitissima, di tale settore ma altresì sullo stato d'animo di ufficiali e soldati convinti che ormai si sia trovata la via giusta per battere il russo: agganciandolo cioè in ritirata anziché inseguendolo per le pianure dell'Ucraina

o della Grande Russia. Uno degli Addetti Militari stranieri, noto per sentimenti non molto favorevoli alla Germania, ha dichiarato dopo tale visita ad un nostro ufficiale che «non credeva i tedeschi ancora così forti».

Impostata su criteri esclusivamente difensivi la guerra alla fronte orientale dovrebbe, secondo l'opinione attribuita al Fuhrer, esser proseguita sino al crollo totale dell'avversario.

Come accennato nella precedente comunicazione, diversa sarebbe l'opinione diffusa in non pochi ambienti responsabili dello Stato Maggiore, dell'industria e della burocrazia. In base a tale opinione la Germania, logorato l'esercito sovietico in modo tale da impedirgli la ripresa offensiva invernale, dovrebbe affrettarsi ad iniziare coi russi trattative di pace.

L'aggravarsi della situazione industriale germanica che va facendosi particolarmente sensibile nel campo aeronautico e l'eventualità di dover seriamente fronteggiare gli anglo-americani sul continente europeo sembrano agli ambienti anzidetti elementi di tale preoccupante importanza da far considerare necessaria, n~n appena possibile, una liquidazione del fronte est. Si registrano pertanto in detti circoli con notevole inquietudine le voci che provengono dal Quartier Generale le quali inducono a considerare il Fiihrer oggi più che mai intransigente sulla guerra ad oltranza e chiuso ad ogni idea di possibile soluzione politica del conflitto.

(l) -Per la risposta di Rogeri, vedi D. 750. (2) -Vedi D. 672.
734

RIUNIONE INTERMINISTERIALE SULLA SITUAZIONE IN GRECIA

VERBALE. Roma, 30 agosto 1943.

Presenti -per il Ministero Affari Esteri: S. E. il Ministro Pietromarchi, Comm. Venturini, Dr. De Ferrari; per l'Ufficio Collegamento con il Comando Supremo: R. Console Generale Giuriati; per la R. Rappresentanza in Atene:

S. E. il Ministro Ghigi, S. E. Prof. Fagiuoli, Comm. Pennetta; per il Comando della XI Armata: Generale Gandin; per il Comando Supremo: Ten. Colonnello Simonatti; per il Ministero delle Finanze: Comm. Marcolini, Comm. Di Martino. Presiede il Ministro Pietromarchi.

Il Ministro Pietromarchi indica lo scopo della riunione: esaminare, in vista di probabili mutamenti della situazione in Grecia, i problemi più urgenti a cui è necessario far fronte.

Il Ministro Ghigi, premesso che le informazioni non sono di carattere ufficiale, fa presente che i tedeschi potrebbero dichiarare tra breve zona di operazioni il territorio della Grecia, con la conseguente assunzione dei poteri, attualmente esercitati dal Governo Ellenico, da parte dell'Autorità di occupazione, che si avvarrebbe della collaborazione di segretari generali per i singoli Dicasteri. Intenzione dei tedeschi sarebbe in tal caso quella di sopprimere gli uffici politici e di lasciare soltanto l'ufficio economico a latere dell'autorità militare; circa la questione quale sia l'autorità militare -italiana o tedesca che debba assumere tale potere, i tedeschi non si sono pronunziati (1).

Si passa quindi all'esame dei problemi che, da parte nostra, si ritengono più urgenti, nell'eventualità che i poteri civili passino all'autorità militare.

l. -Un primo problema riguarda la sistemazione degli ebrei, specialmente di quelli di nazionalità italiana. La maggior parte degli ebrei italiani risiedono a Salonicco. Da Salonieco li abbiamo trasferiti ad Atene per sottrarli ai provvedimenti razziali che i tedeschi volevano adottare. Non possiamo abbandonarli al loro destino qualora le autorità militari germaniche assumessero tutti poteri.

Si prospetta la soluzione di trasportarli in Italia, o quanto meno, per il momento, nelle Isole Jonie.

C'è però da considerare il lato finanziario della questione. Poiché essi non dispongono nel Regno di alcun mezzo di sussistenza, occorrerebbe che per essi non trovassero applicazione le norme vigenti in Italia circa l'offerta obbligatoria di cessione di valute estere -metalliche o cartacee -in loro possesso, salvo, beninteso, a disciplinare la quotazione del cambio per le cessioni volontarie alla Banca d'Italia delle valute stesse.

Si propone l'esame della questione da parte del Consulente giuridico Pennetta col Ministro Vidau.

2. --Il problema del trasferimento nel Regno degli italiani residenti in Grecia -circa un migliaio (le collettività italiane sono molto più numerose ma in massima parte composte di itala-greci che non vogliono abbandonare il Paese) -non può essere risolto che subordinatamente all'esame della duplice questione relativa alla possibilità di trasporto degli effetti mobili più importanti e della conversione della valuta. In ogni caso dovrebbero essere applicate nei loro riguardi le stesse norme che verrebbero adottate per gli ebrei. 3. --Un terzo problema riguarda la liberazione dei detenuti e degli internati nei campi di concentramento in Grecia. Trattasi di moltissimi condannati per reati non rivestenti carattere di particolare gravità e di un numero non indifferente di internati, che la situazione attuale consiglierebbe di liberare.

Per i condannati, per i quali il Comando d'Armata non ha i poteri necessari per paterne disporre la liber-azione, si propone di interessare al riguardo il Comando Supremo affinché la liberazione, anche provvisoria, in attesa delle misure di clemenza da adottarsi nei loro riguardi, possa aver luogo al più presto.

4. -Un quarto problema riguarda la liberazione dei prigionieri di guerra e degli internati in Italia. Anche su tale questione si propone di interessare il Comando Supremo, che potrebbe disporne la liberazione totale, analogamente a quanto è stato fatto per i prigionieri e internati croati e sloveni.

Esaminate tali questioni, si passa a considerare il problema generale della situazione militare in Grecia, in relazione al passaggio della XI Armata alle dipendenze tattiche del Comando tedesco ed alla tendenza tedesca di ingerirsi sempre più nel controllo della Grecia.

I dati di fatto, attualmente, sono i seguenti:

l. -da tre mesi le truppe d'occupazione tedesche sono state aumentate e l'aumento è considerevole;

2. -da parte nostra v'è tendenza ad alleggerire l'occupazione ed a spostare le nostre truppe; il III Corpo d'Armata rientra in Albania: il movimento è in corso di esecuzione.

A questo proposito è da rilevare che, secondo un intendimento già prospettato dal Comando della XI Armata, si vorrebbe proporre lo sgombero, da parte italiana, del Peloponneso, dell'Attica e della zona di Atene.

Sta di fatto che, attualmente, tutta la zona di occupazione delle nostre truppe è zona d'occupazione mista.

Sulla base di tali considerazioni il Ministro Pietromarchi, riassumendo la discussione, osserva:

l. -circa il passaggio ai militari dei poteri civili, il primo concetto è questo: non fare nulla, come iniziativa nostra, per provocare tale provvedimento.

2. -Ove tale passaggio avvenga, lasciare la maggior parte possibile del territorio greco in mano tedesca, sia per quanto concerne l'amministrazione civile, sia per quanto riguarda l'occupazione militare. Le nostre truppe dovrebbero essere ritirate in base a questi due criteri: da una parte avvicinarsi all'Albania e dall'altra avvicinarsi al mare.

Principio generale dovrebbe essere quello di disolidarizzarci, per quanto possibile, dai tedeschi per impedire che ci possa essere addebitata una qualsiasi, anche indiretta, responsabilità, per i fatti ed atti che essi commetteranno.

3. -Quale che sia la zona d'occupazione che verrà affidata alle truppe italiane, occorre che, da parte dei nostri Comandi, siano mantenuti fermi, nei riguardi della popolazione greca, quei principi di legalità e applicate quelle norme di carattere umanitario, che già più volte ed in varie occasioni sono state affermate -soprattutto dal Ministero degli Esteri -durante il periodo della nostra occupazione. Geograficamente la Grecia sarà sempre a contatto con noi, e noi dobbiamo !asciarvi il migliore ricordo possibile. La nostra politica in Grecia, durante gli anni dell'occupazione, è stata feconda di risultati nel campo politico, economico e umanitario; non dobbiamo ora, all'ultimo momento, rischiare di comprometterli.

Nelle singole questioni: ostaggi, rappresaglie, trattamento dei ribelli catturati dalle nostre truppe, noi dobbiamo adottare senza deviazioni di sorta, anche di fronte a concezioni diverse eventualmente seguite da parte tedesca, i criteri imposti dalle norme del nostro diritto positivo di guerra e dai principi di umanità a,i quali ci siamo attenuti nel passato.

I presenti convengono nelle linee direttive esposte dal Ministro Pietromarchi.

Si propone che le decisioni stesse, previa approvazione da parte di S. E. il Ministro, siano sottoposte all'esame del Comando Supremo, al quale potrà essere fatta presente l'opportunità di prospettare fin d'ora alla Autorità tedesca il problema della dislocazione delle truppe italiane in Grecia nel senso sopra prospettato.

(l) Vedi DD. 658 e 659.

735

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ROSSO, AL MINISTRO A STOCCOLMA, RENZETTI

TELESPR. 8/04860. Roma, 30 agosto 1943.

Telespresso codesta R. Legazione n. 657/543 del 2 corr. (l).

Quanto asserito nell'Aftontidningen circa l'azione di protezione svolta da noi nei confronti degli ebrei anche delle regioni dello Stato Indipendente di Croazia già occupato dalle nostre truppe corrisponde a verità.

Non si prevedono, almeno per il momento, arretramenti delle nostre truppe dai territori nei quali sono concentrati i nuclei ebrei in parola. Comunque ove ciò dovesse avvenire sarebbero prese le opportune misure per evitare che venisse frustrata l'azione protettiva svolta finora.

Tanto si segnala per opportuna notizia di codesta R. Legazione la quale comunque dovrà astenersi per ora dal dare rilievo a tale nostro atteggiamento anche per evitare polemiche che non potrebbero che nuocere alla sicurezza dei gruppi ebraici della Croazia.

736

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, AMBROSIO

L. R. 1/6130/5163. Roma, 30 agosto 1943.

Il corso degli avvenimenti e gli sviluppi della situazione politica in Albania impongono di considerare come necessario a breve scadenza il passaggio colà dei poteri civili all'Autorità militare.

L'efficacia infatti dell'azione del Governo Albanese, specialmente alla periferia, è venuta sempre più affievolendosi negli ultimi tempi, anche in dipendenza dell'opinione diffusa in tutti gli ambienti albanesi che non già la politica, bensì l'esito della guerra determinerà le sorti dell'Albania.

A tale convincimento, che rende inerte la massa albanese a qualsiasi azione di natura politica che provenga dal Governo centrale, si aggiunge la irrequietezza crescente in tutta la regione balcanica e l'attiva e ben diretta propaganda che i nostri nemici esercitano nel Paese, con precisi scopi antitaliani.

Aggiungasi che è molto probabile che fra pochi giorni il Luogotenente del Re Imperatore, Generale Pariani, lasci il suo posto per altra destinazione. Tale

evenienza farebbe sì che il Gabinetto Libohova, già debole di per se stesso, non potrebbe più oltre durare, senza il sostegno che il Luogotenente rappresentava per la stessa consistenza politica del Governo.

Tutto fa pertanto ritenere che non convenga indugiare nell'affidare all'Autorità militare l'intero controllo dell'Albania.

Con tale passaggio di poteri è da prevedere che, se non esisterà più un Gabinetto albanese continueranno peraltro a sussistere, per quanto con vitalità affievolita, i ministeri ed i principali organi dell'amministrazione centrale e periferica albanese.

A tale riguardo è utile tener presente che anche col passaggio dei poteri civili all'Autorità militare, la figura giuridico-politica dell'Albania sarà sempre differente da quella di altri paesi «occupati» o «presidiati», sia in dipendenza dell'unione delle Corone italiana ed albanese, sia per la circostanza che le forze armate italiane hanno anche il carattere di forze armate albanesi.

Quello pertanto che sarà l'ufficio per gli Affari Civili, dovrà, oltre che tutelare gli interessi del Governo italiano e dei cittadini italiani, provvedere altresì in una certa misura a surrogarsi nell'azione di Governo albanese.

L'Ufficio stesso dovrà quindi dirigere i servizi della Delegazione del Governo Italiano (che non potrà più sussistere come tale) avocando a sè quel tanto che resterà delle funzioni della Luogotenenza, in assenza di un Luogotenente, (ad esempio, trasmissione a Roma del carteggio concernente gli atti di Grazia Sovrana, erogazioni di spese politiche ecc.) ed esercitando un'azione direttiva e coordinatrice nei riguardi degli Uffici albanesi, al centro ed alla periferia.

Mentre si fa riserva di proporre la persona che dovrebbe essere nominata Capo dell'Ufficio per gli Affari Civili, ritenendo sia conveniente che la designazione avvenga nell'ambito dei funzionari dell'amministrazione degli Affari Esteri, si prega codesto Comando Supremo di voler fin d'ora prendere degli accordi di massima con S. E. il Generale Dalmazzo in previsione di un trapasso di poteri a breve scadenza.

Questo Ministero provvederà frattanto a dare istruzioni al Generale Pariani affinché possano subito essere da lui effettuati con il Comandante della nona armata i contatti all'uopo necessari.

(l) Non pubblicato.

737

COLLOQUIO DEL GENERALE CASTELLANO CON IL GENERALE SMITH (l)

VERBALE (2). Cassibile, 31 agosto 1943, ore 11-13.

Il generale Castellano lesse una dichiarazione del Governo italiano ( 3). In risposta il generale Smith dichiarò che gli Alleati avevano le forze

necessarie per l'invasione dell'Italia, ma che queste sarebbero più efficaci se le forze armate italiane le assistessero.

Il generale Castellano aggiunse dei commenti sulla dichiarazione che egli aveva letto. Il Governo italiano non aveva alcuna critica da opporre alle condizioni che erano state consegnate al generale Castellano. Il Governo italiano non poteva però dichiarare un armistizio prima che lo sbarco principale alleato fosse stato effettuato dato che i tedeschi avevano il completo controllo del paese. Se gli Alleati sbarcassero nel Sud dell'Italia, il Nord sarebbe immediatamente occupato dai tedeschi. II generale Castellano suggerì che gli sbarchi dovrebbero aver luogo simultaneamente nel Nord e nel Sud. Poco tempo dopo questi sbarchi il Governo italiano annuncerebbe l'armistizio. Il periodo di tempo tra lo sbarco e la dichiarazione dipenderebbe dalla forza e dalla rapidità del progresso delle forze alleate.

Il generale Smith disse che ciò era inaccettabile.

Il generale Castellano domandò se poteva presumere che quindici divisioni alleate sarebbero sbarcate, la maggior parte fra Spezia e Civitavecchia. Egli fece rilevare che il momento che le truppe alleate sarebbero sbarcate su territorio italiano, sarebbe necessario per l'Esercito italiano di far finta di opporsi.

A queste dichiarazioni il generale Smith rispose:

l) Non ci sarbbe bisogno di una dichiarazione d'armistizio una volta che gli Alleati riuscissero ad avere una testa di ponte di quindici divisioni.

2) Solo con difficoltà il generale Eisenhower era riuscito ad avere il permesso dai governi alleati di tenere discussioni coi rappresentanti italiani sul piano militare.

3) Le condizioni consegnate al generale Castellano contenevano una << clausola di salvezza » nel promemoria che consentiva ampi poteri per cambiamenti a seconda degli sviluppi (l).

4) Se uno sbarco fosse effettuato prima della dichiarazione d'armistizio, in seguito bisognerebbe indire una conferenza per l'armistizio comprendendovi i rappresentanti politici. Ciò risulterebbe in lunghe trattative e le condizioni sarebbero molto meno favorevoli.

5) Se si potesse raggiungere un accordo subito, si potrebbero progettare azioni unite secondo le linee già discusse. 6) Se si perdesse questa occasione, non vi sarebbero ulteriori opportunità di riprendere le discussioni sul piano militare.

7) L'invasione dell'Italia avrà luogo e non fallirà, in quanto che è prevista tenendo conto sia della resistenza tedesca che di quella italiana.

Il generale Castellano poi richiamò l'attenzione sul precedente dell'Africa del Nord e suggerì che gli italiani potrebbero seguire una politica simile a quella seguita dai francesi.

Il generale Castellano domandò se gli si poteva dare qualche indicazione circa il tempo che occorrerebbe alle forze alleate per raggiungere Roma. Gli venne risposto che ciò dipenderebbe dalla misura dell'aiuto italiano.

Il generale Castellano domandò se gli Alleati intendevano sbarcare al Nord di Roma.

Il generale Smith rispose che non poteva rispondere su questa domanda. Il generale Smith assicurò il generale Castellano che gli Alleati sbarcherebbero con forze sufficienti per mettere a posto qualsiasi opposizione che prevedevano di incontrare. Dato che però il tempo critico dello sbarco era al principio, l'aiuto italiano era assolutamente necessario allora.

Il generale Castellano fece rilevare che i tedeschi erano attualmente sparsi in tutta Italia e che non vi erano posti dove gli Alleati potrebbero sbarcare senza opposizione.

Il generale Smith dichiarò che il popolo italiano dovrà rendersi conto che gli Alleati vinceranno la guerra.

Il generale Castellano non era in disaccordo con questa dichiarazione e disse che la sola differenza d'opinione riguardava la data dell'aimuncio dell'armistizio. L'esitazione del Governo italiano era dovuta al fatto che gli sbarchi alleati potrebbero non riuscire, nel qual caso una gran parte dell'Italia rimarrebbe sotto la dominazione tedesca e una lunga e dura guerra dovrebbe ess.ere combattuta sul territorio italiano.

Il generale Castellano accennò alla questione della flotta italiana e domandò se gli Alleati sarebbero contrari che la flotta venisse concentrata alla Maddalena. Gli venne risposto che per varie ragioni ciò non era accettabile e che la disposizione della flotta italiana era una questione di «alta politica » a seconda delle condizioni d'armistizio.

Il generale Castellano domandò come gli Alleati intendevano proteggere il Vaticano contro i tedeschi. Gli fu risposto che le misure prese dagli Alleati per proteggere Roma verrebbero estese ugualmente al Vaticano.

Il generale Castellano disse poi che i tedeschi stavano facendo pressione sugli italiani per avere in loro possesso i prigionieri alleati catturati dai tedeschi in Africa. Il Governo italiano non sarebbe in grado di resistere molto a lungo a questa pressione.

Il generale Castellano poi rilesse il documento dichiarando che non era autorizzato a scostarsi dalle sue istruzioni. Egli ritornerebbe a Roma e presenterebbe al suo Governo i risultati delle sue conversazioni. Se il Governo decidesse di accettare l'armistizio, un rappresentante (se possibile il generale stesso) ritornerebbe in Sicilia, per poter combinare ulteriori misure per la cooperazione fra gli Alleati e le forze italiane. Se invece la risposta del Governo italiano fosse negativa nessun rappresentante del Governo italiano ritornerebbe in Sicilia. Il mezzo di comunicazione tuttavia rimarrebbe «in esistenza».

Il generale Castellano domandò di nuovo se gli Alleati sbarcherebbero al Sud o al Nord di Roma, ripetendo che questa era una questione della massima importanza.

Il generale Smith replicò che non poteva dare una risposta.

Il generale Castellano domandò poi se era possibile per gli Alleati di sbarcare una divisior.e di paracadutisti la notte della dichiarazione dell'armistizio vicino a Roma e allo stesso tempo fare uno sbarco a Ostia.

Il generale Smith dichiarò 'Che ciò sarebbe possibile se il Governo italiano provvedesse due aeroporti e aiutasse adeguatamente.

Il generale Smith dichiarò che i Governi alleati lo avevano informato che la dichiarazione del Governo italiano di Roma «città aperta>> non potrebbe limitare in qualsiasi modo le attività del comandante in capo alleato, e perciò sarà bombardata se necessario a seconda della situazione.

In quanto alla preoccupazione espressa dal generale Castellano circa la sicurezza della famiglia reale, il generale Smith suggerì che il Re potrebbe

andare a Palermo che sarebbe evacuata dagli Alleati e dove una certa misura di sovranità italiana potrebbe essere stabilita.

Altri argomenti trattati:

a) Eventuale occupazione del paese da parte dei tedeschi.

b) Procedura di coordinamento secondo le condizioni di armistizio.

c) Dichiarazioni del generale Smith: gli sbarchi verranno effettuati più al nord possibile, quanto sarà consentito dalla possibilità di avere la protezione della caccia ;

d) il loro obiettivo è la valle del Po, non i Balcani. Con l'acquisizione da parte degli Alleati di basi aeree dalle quali bombardare la Germania meridionale e <?rientale, la Germania «sarà finita »;

e) eventuali bombardamenti di Roma verranno eseguiti senza tenere in alcuna considerazione l'opinione pubblica cattolica (il generale Smith stesso è cattolico). Se necessario, la città sarà distrutta;

f) finora i bombardamenti sono stati limitati a certe aree e l'atteggiamento dei governi e della stampa anglo-americani verso il Governo Badoglio non è stato sfavorevole in attesa della decisione italiana. Tuttavia, ogni cosa cambierebbe se la decisione italiana dovesse essere sfavorevole.

Procedura in caso di decisione favorevole:

l) Conclusione di accordo segTeto. 2) Sbarchi secondari (5 o 6 divisioni) con opposizione italiana, da effettuarsi entro una o due se~timane. 3) Sbarco principale in forze a sud di Roma, azione della divisione paracadutisti v'icino Roma, e contemporaneo annuncio dell'armistizio.

L'opinione pubblica anglo-americana non potrà mai accettare che l'armistizio venga dopo lo sbarco (cioè dopo che vi siano stati scontri aperti fra Alleati e Ualiani).

Il generale Smith ha ricordato le grandi difficoltà che si ebbero nell'ottenere dai Governi alleati (cioè dai diplomatici e dagli uomini politici) un atteggiamento più favorevole nei riguardi dell'ammiraglio Darlan, in seguito alla resistenza sia pure formale opposta dalle sue forze agli Alleati.

(l) -Copia dalle Carte della Missione militare italiana presso il Comando delle forze alleate, in Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. Ed. in G. CASTELLANO, Come firmai l'armistizio di Cassibile, cit., pp. 219-223. (2) -<<Traduzione letterale» dall'originale inglese redatto dal generale Strong, presente al colloquio insieme ad altri generali del Comando alleato, al generale Zanussi ed al console Montanari. (3) -Vedi D. 725, nota l, p. 890, e D. 729.

(l) Vedi D. 681, allegato.

738

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA

T. S.N.D. 26794/1040 P.R. Roma, 31 agosto 1943, ore 13.40.

Si è sparsa qui la voce che Ribbentrop si sia recato a Mosca. Prego possibilmente controllare questa notizia per quanto essa sembri poco verosimile (l).

739

IL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, CASTELLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.D. 5983/1425/136 P.R. sussak, 31 agosto 1943, ore 23 (per. ore 7 del1° settembre).

Mio telegramma n. 133 (2).

Generale Robotti mi ha comunicato, in via confidenziale, che Comando Supremo ha deciso, aderendo pressanti richieste tedesche, consentire che protezione militare e controllo seguenti tratti ferroviari italiani siano affidati alle truppe germaniche:

l o -Zalog-Lubiana-Postumia-Trieste;

2° -Piedicolle-Gorizia;

3° -Tarvisio-Gemona.

Le tre stazioni Trieste Gorizia e Gemona rimarrebbero però in mano italiana.

740

L'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DI CALBOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER CORRIERE 6010/0313 R. San Sebastiano, 31 agosto 1943 (per. il 2 settembre).

Ho chiesto a Jordana notizie circa la situazione interna.

Egli mi ha assicurato che, nonostante le voci che sono corse, essa poteva considerarsi tranquilla. Il Caudillo non aveva intenzione alcuna di sciogliere la Falange, né rispondevano al vero le notizie secondo cui i Sindacati sarebbero stati tolti dalla dipendenza della Falange e passati ad un Ministero. Quanto all'eventualità, di cui si è parlato, di cambiamenti nella compagine del Governo, Jordana mi ha detto che nulla gli risultava in proposito, ma che non poteva sapere se il Caudillo avesse in animo di effettuare o meno qualche sostituzione.

(l) -Per la risposta di Rogeri. vedi D. 749. (2) -Con T.s.n.d. 5936/1406!133 R. del 29 agosto 1943, ore 23,21, non pubblicato, Castellani aveva riferito l'impressione che i Comandi militari italiani stessero accordandosi con i tedeschi per lasciare ad essi la protezione del tratto di ferrovia Zalog-Planina, mentre le truppe italiane avrebbero presidiato il restante territorio sloveno.
741

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.D. PER CORRIERE 6085/0105 R. Bucarest, 31 agosto 1943 (per. il 4 settembre).

Il Maresciallo della Corte romena barone Moccioni Stircea mi ha detto oggi confidenzialmente che il Re Michele e la Regina Elena erano molto preoccupati per la situazione al fronte Est. L'avanzata dei russi aveva gravi ripercussioni anche dal punto di vista interno poiché per la prima volta nella storia della Romania, si assisteva ad un tentativo di organizzazione delle masse in senso comunista. Era stato recentemente costituito alla macchia un Partito che qualificandosi «nazionale» era di netta marca comunista e trovava appo.ggi a Mosca. Tale partito, secondo il Moccioni, recluta i suoi adepti tra i legionari che rappresentavano l'ala sinistra della Guardia di Ferro e tra quei seguaci di Maniu che abbandonano il loro capo al quale rimproverano scarso dinamismo in questa ora decisiva della storia d'Europa.

Al Re Michele era stato presentato in questi giorni un esposto dagli esponenti di questo sedicente «partito nazionale» a firma Decebalo.

«La situazione nostra è tutt'altro che lieta -mi ha detto il Maresciallo di

Corte. Re Michele è amato dal popolo. Finora, noi 'Che gli viviamo vicino,

abbiamo fatto di tutto per evitare che Egli si compromettesse e prendesse posi

zioni troppo nette. Ma se la guerra andrà male noi non sapremo come salvare

la Dinastia perché non esiste un principe ereditario che possa assicurarne la

continuità in caso di abdicazione».

Il barone Moccioni Stircea mi ha dato poi le seguenti informazioni che erano giunte in questi giorni al Re e che trasmetto naturalmente con le riserve del caso:

l) Gli americani sarebbero ostili all'idea di un grande sforzo militare contro l'Italia. Roosevelt avrebbe espresso il parere che tale sforzo costerebbe molto caro, come l'ha dimostrato l'impresa siciliana, e non avrebbe carattere risolutivo poiché la conquista dell'Italia meridionale e anche della centrale non implicherebbe necessariamente una sconfitta per la Germania che è il nemico che bisogna abbattere. Gli inglesi viceversa propenderebbero per tale impresa che dovrebbe fornire agli Alleati una base importantissima per una successiva azione contro i Balcani.

2) n dissenso anglosassone-sovietico sarebbe sempre più vivo anche perché gli americani hanno saputo che buona parte dei loro rifornimenti in armi, aeroplani e perfino grano, i russi hanno passa-to ai giapponesi contro del caucciù. Gli americani in vista di tale situazione avrebbero destinato alla Cina un'enorme partita di filo di ferro spinato che era stato commissionato dai soviet. La giustificazione data al dirottamento della merce verso un'altra destinazione sarebbe stata questa: che i cinesi stavano svolgendo una guerra difensiva ed hanno bisogno del filo di ferro spinato mentre i russi conducono una guerra offensiva e non ne hanno bisogno.

3) Secondo informazioni giunte da Stoccolma Roosevelt che sembra il più indignato contro l'atteggiamento sovietico avrebbe dichiarato ad un suo a;mico «che [se] i russi non accetteranno i principi della Carta dell'Atlantico, la guerra continuerà in Europa anche dopo che la Germania sarà battuta».

4) Sempre secondo le notizie da fonte svedese il vero secondo fronte alleato verrebbe creato nei Balcani. La marcia dei russi obbligherebbe finalmente i turchi a uscire dalla loro politica di intelligente passività. Gli inglesi sarebbero convinti che a un certo punto i turchi non potranno più «fare tanto i furbi >> e dovranno prendere posizione se non vorranno vedere compromessa la loro situazione europea e la loro posizione sugli stretti.

Gli inglesi sperano perciò che la marcia sovietica permetta loro la costituzione del secondo fronte con partenza dalle basi turche ciò che permetterebbe loro di evitare l'attacco di Creta e di Rodi e tutte le insidie nel Mediterraneo orientale. La Turchia potrebbe essere sottoposta a una pressione sempre crescente ed essere -o dichiarare di essere -costretta ad aprire gli stretti per permettere il passaggio di truppe destinate a uno sbarco in Bulgaria

o in Romania. (Questo Ministro di Bulgaria mi ha detto oggi, a proposito dell'atteggiamento turco, che la Turchia non ha abbandonato la sua idea di intervenire nei Balcani per «mantenervi l'ordine». Questa formula gli sembra assai elastica. Molte volte sotto il pretesto di <<mantenere l'ordine>> si sono compiute grosse operazioni militari ed egli non esclude -data la situazione che la Turchia senta molto prossima tale necessità).

5) In alcuni paesi neutrali si era meravigliati che le potenze dell'Asse non sapessero sfruttare il dissidio anglosassone-russo, che il Fiihrer continuasse nel suo delirio dell'Est invece di offrire ai russi ciò che non gli potranno mai offrire gli anglosassoni, a meno di suicidarsi e porre le basi per un successivo conflitto europeo.

Il barone Moccioni Stircea mi ha infine detto che l'opinione pubblica romena si augurava nella sua stragrande maggioranza che il dissidio fra angloamericani e soviet si acuisse al punto da obbligare i primi ad uno sbarco nei Balcani in modo da impedire ai bolscevichi di entrarvi. «Se viceversa gli inglesi hanno venduto i Balcani ai soviet allora il destino dell'Europa è segnato e l'Inghilterra pagherà le conseguenze di questa sua incredibilE:' cecità».

742

IL COMANDO SUPREMO AL COMANDO DELLE FORZE ALLEATE (l)

MONKEY 5. Roma, 1° settembre 1943, [ore 17 (per. ore 23)] (2).

La risposta è affermativa. In conseguenza nota persona arriverà domattina giovedì due settembre ora e località stabilita. Prego conferma.

H. -McGAw SMYTH, Sicily and the surrender oj Italy, Washington, Department of State Army, 1965, p. 480.
(l) -Copia dalle Carte della Missione militare italiana presso il Comando delle forze alleate, in Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. (2) -Le ore d! partenza e di arrivo non sono indicate nella copia qui pubblicata: sono state ricavate da G. CASTELLANO, Come firmai l'armistizio di Cassibile, cit., p. 149; A. N. GARLAND and
743

IL COMANDO DELLE FORZE ALLEATE AL GENERALE CASTELLANO (l)

DRIZZLE 11. Algeri, 1° settembre 1943, [ore 21 (per. ore 3 del 2)] (2).

Con riferimento alle vostre conversazioni di ieri col Generale Smith (3) il Comandante Superiore delle Forze Alleate è di massima d'accordo d'inviare una grande forza di truppe aeree nelle vicinanze di Roma ad un tempo opportuno purché le condizioni necessarie formulate a voi dal Generale Smith alla conferenza siano garantite dagli Italiani.

La parte più importante di queste condizioni è che gli Italiani prendano e tengano il possesso degli aerodromi necessari e arrestino tutto il fuoco antiaereo, che le divisioni italiane nella zona di Roma prendano attiva ed effettiva azione militare contro i tedeschi e che l'armistizio venga annunziato al momento richiesto dalle Forze Alleate.

Se le prefate condizioni sono accettate sarà necessario che inviate immediatamente tecnici in Si,cilia per le discussioni tecniche (4).

744

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. PER TELESCR. 5994/1416 R. Berlino, 1° settembre 1943. ore 21,50.

Nel consegnarmi appunto (5) in risposta alle nostre comunicazioni in merito alle di,chiarazioni di Roma quale città aperta, Hencke mi ha detto alla prima notificazione da parte nostra di carattere generico (telegramma di V. E.

n. 122/C. del 15 agosto u.s.) (6) ha dato riscontro la dichiarazione del Fuhrer di cui al mio telegramma n. 1368 del 23 agosto (7); alla nostra comunicazione successiva (telegramma di V. E. n. 1006 del 22 agosto) (8) risponde la dichiarazione tedesca di cui all'appunto sopracitato, il cui contenuto si trasmette con telegramma odierno n. 1417.

Uffici militari tedeschi competenti si riservano naturalmente di accordarsi con corrispondenti Comandi militari italiani per eventuali dettagli di esecuzione delle misure in questione.

!n Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

«In merito al vostro messaggio n. 11 vi informiamo che per gli sbarchi delle truppe aviotra

sportate si potrebbero adoperare gl! aeroporti di Centocelle, dell'Urbe e di Guidonia» (Copia

dalle Carte della Missione militare italiana presso il Comando delle forze alleate, In Archivio

dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito).

(l) Copia dalle Carte della Missione m!l!tare ital!ana presso il Comando delle forze alleate,

(2) Le ore di partenza e di arrivo non sono indicate nella copia qui pubblicata: sono state ricavate da G. CASTELLANO, Come firmai l'armistizio di Cassibile, cit., p. 152; e da Foreign Relations ot the United States, 1943: The conjerences at Washington and Quebec, cit., p. 1278.

(3) -Vedi D. 737. (4) -Da Roma il Comando Supremo rispose (Monkey 7) nella mattinata del 2 settembre: (5) -Vedi D. 745. (6) -Vedi D. 664. (7) -Vedi D. 702. (8) -Vedi D. 694.
745

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA (l)

T. PER TELEFONO 6000/1417 R. Berlino, 1° settembre 1943, ore 22.

Seguito mio telegramma n. 1416 (2).

Segue testo dichiarazione tedesca:

«In merito alle decisioni e misure contemplate Governo italiano per dare esecuzione pratica alle dichiarazioni di Roma città libera si fa osservare da parte tedesca quanto segue:

l) Si è preso nota di quanto comunicato sotto i punti dall'uno al tre e sotto il punto cinque ed in merito ad essi non vi sono obiezioni da sollevare.

2) Quanto alle misure di cui al punto quattro si fa osservare che esse possono essere considerate accettabili in quanto che Governo Reale italiano assicuri il transito attraverso Roma delle quantità di treni militari tedeschi che siano richiesti dalla situazione bellica del momento. Deve essere inoltre assicurato che il cambio delle locomotive avvenga fuori della città di Roma e che il tempo necessario per fare cambio nella città stessa di Roma non debba essere inteso come " sosta in deposito ". In linea di principio va osservato inoltre che una limitazione del transito ferroviario tedesco attraverso Roma può ammettersi soltanto come effetto di momentanee difficoltà tecniche, e non come conseguenza di qualsiasi misura connessa con la dichiarazione di Roma a città aperta l>.

Si trasmette per corriere il testo tedesco della dichiarazione surriferita.

746

IL CAPO DI GABINETTO, CAPRANICA DEL GRILLO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

APPUNTO S. Roma, 1° settembre 1943.

È venuto a vedermi il nuovo Incaricato d'Affari di Germania, Ministro Rahn, che era accompagnato dal Console Mollhausen, presentatomi come suo «collaboratore di fiducia».

Il Ministro Rahn mi disse che aveva avuto poco prima una lunga conver· sazione col Ministro Guariglia, al quale aveva esposto le proprie idee sulla situazione e spiegato con quale spirito egli intendeva compiere la propria missione a Roma. Desiderava ripetere a me quanto aveva già detto al Ministro.

Con parole diverse, i concetti sostanziali espostimi da Rahn sono stati i seguenti:

Occorre ristabilire la fiducia fra i due Governi. Per ottenere lo scopo

occorre che Berlino possa convincersi che il Governo italiano ha la sincera intenzione di continuare la guerra. Prove di questa sincerità devono essere:

l) un'attitudine ragionevole del Comando Italiano per quel che riguarda la direzione della guerra nel settore italiano. Le questioni di prestigio e le suscettibilità di amor proprio devono essere abbandonate. S. M. il Re avrà il comando supremo delle forze itala-tedesche. Il comando effettivo e le direttive delle operazioni devono però essere affidati ai tedeschi che sono in grado di esercitarli con maggior efficacia, tanto più che la difesa della penisola sarà fatta specialmente da forze tedesche;

2) una politica più energica del Governo all'interno, per combattere le forze disgregatrici della compagine italiana ed arrestare il pericoloso slittamento verso il disordine e l'anarchia.

La Germania non desidera che l'Italia diventi campo di battaglia. Il Comando tedesco preferirebbe combattere gli anglo-americani su un altro fronte ed accoglierebbe volentieri l'apertura di un fronte in Francia. Scopo comune deve essere quello di impedire uno sbarco in Italia e di rintracciare in mare il nemico. Ciò potrà attenersi soltanto se esiste completa armonia ed unicità di intenti. Egli, Rahn, lavorerà con passione a tale scopo.

Mi sono dichiarato consenziente in tali obiettivi. Ho tuttavia osservato che da parte tedesca si doveva tenere nel debito conto la situazione di fatto esistente in Italia e non ignorare certi fattori psicologici che hanno grande importanza. Fra l'altro, affinché il Governo del Maresciallo Badoglio possa continuare la sua politica di collaborazione con la Germania, importava in alto grado che il popolo italiano ricevesse la sensazione che le truppe tedesche sono scese in Italia come forze amiche e non come forze di occupazione.

Importava ,poi che la Germania desse all'Italia il modo di continuare a vivere. E qui gli ho sviluppato i concetti del nostro telegramma a Berlino per la questione degli approvvigionamenti di ca,rbone e carburanti (1), richiamando la sua attenzione sulla estrema gravità ed urgenza del problema.

Rahn ha risposto che il problema degli approvvigionamenti italiani potrebbe essere risolto abbastanza presto ed abbastanza facilmente il momento in cui si fosse riusciti a sbarazzare il terreno dalle questioni pregiudiziali da lui espostemi. Mi ha garantito che, al momento opportuno, egli avrebbe ottenuto una soluzione soddisfacente per noi.

Da tutta la conversazione ho tratto la netta sensazione che la questione economica viene strettamente subordinata ad un previo accordo completo sulla condotta della guerra, accordo che dovrebbe essere basato sulla nostra accetcarbone e petrolio soltanto se sarà sicura che l'Italia ha ancora l'intenzione di

Rahn mi ha lasciato chiaramente comprendere che la Germania ci darà carbone e petrolio sotlanto se sarà sicura che l'Italia ha ancora l'intenzione di combattere.

62 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. X

(l) -Ed. in R. GUARIGLIA, Ricordi, cit., pp. 735-736. (2) -Vedi D. 744.

(l) Vedi D. 732.

747

IL CAPO DELL'UFFICIO ALBANIA, NONIS, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ROSSO

APPUNTO. Roma, 1° settembre 1943.

Con l'unita lettera il Sig. Mehdi Frasheri fa delle proposte circa quello che dovrebbe essere il nuovo indirizzo politico italiano nei riguardi dell'Albania, in dipendenza degli attuali avvenimenti e di quelli che potrebbero prodursi a breve scadenza.

Le proposte del Frasheri implicano delle decisioni (di carattere militare e politico) che non potrebbero essere prese se non nel quadro generale della condotta della guerra e della politica internazionale italiana.

Infatti non potrebbero essere ordinati gli spostamenti militari previsti dal Frasheri senza che venisse prima decisa la sorte delle armate italiane nei Balcani, né potrebbe essere consentito che i tedeschi occupino parte del territorio albanese (ciò che sarebbe da prevedere dalle proposte del Frasheri) senza aver prima preso una decisione nei riguardi del «volontario abbandono» delle posizioni politiche, finanziarie ed economiche (part~colarmente nel campo minerario) dell'Italia in Albania. Decisioni che non possono inoltre prescindere da quella più vasta circa i rapporti itala-tedeschi.

In considerazione di quanto precede, sentito S. E. il Ministro, non sembra possibile dar corso ora alle proposte del Sig. Frasheri.

Sugli orientamenti generali, militari e politici, S. E. il Ministro si ripromette di promuovere uno scambio di vedute, al prossimo arrivo a Roma del Gen. Pariani, fra il Capo del Governo, il Comando Supremo e il Ministero degli Affari Esteri.

Frattanto, nei riguardi del Sig. Frasheri si potrebbe comportarsi come segue:

Convocazione del predetto da parte del Segretario Generale che gli confermerebbe quanto già dettogli dal Ministro degli Affari Esteri, e cioè che attualmente l'Albania è prevalentemente un settore militare, nel quadro delle esigenze di guerra e che pertanto non è per il momento possibile effettuare, in funz,ione politica, un mutamento dello schieramento bellico, e determinare altresì un movimento politico locale di vaste proporzioni, in effettiva funzione antitaliana e quindi con dirette conseguenze per le forze armate colà dislocate.

Dire al Sig. Frasheri che il Governo italiano condivide il principio che l'Albania sia avviata ad una piena indipendenza, al mantenimento della quale l'Italia ha un sincero, vitale interesse e che gli intendimenti del Signor Frasheri sono e saranno tenuti presenti negli sviluppi della situazione, nell'interesse della Nazione albanese, e quindi della stessa Italia (1).

ALLEGATO

L'EX-PRESIDENTE DEL CONSIGLIO D'ALBANIA, MEHDI FRASHERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

L. P. Roma, 30 agosto 1943.

Pendant l'audience que V. E. a bien voulu m'accorder, j'ai exposé succintement les raisons des troubles en Albanie. Actuellement il y règne l'anarchie la plus complète et la désorganisation de toutes les branches de l'administration.

Entre les Autorités militaires et civiles italiennes et la population albanaise existe une méfiance réciproque. Toute la jeunesse a pris la campagne par peur d'ètre confinée dans les camps de concentration sous des conditions insupportables, ou ètre destinée à mourir de privations ou de malaria. Chacun cherche à prendre la fuite. Le travail et le commerce sont paralysés. L'incertitude porte au désespoir.

Le soi-disant Gouvernement albanais, sans prestige mora! et sans force matérielle, reste spectateur de cette désolation. Toute espèce de propagande étrangère trouve le terrain favorable. Les perspectives les plus sinistres hantent les esprits des patriotes. Une grande armée italienne, composée de huit divisions avec toute espèce d'armes, cherche les bandes introuvables dans les montagnes, briìle de temps en temps quelque village, et dépense des sommes énormes.

Les bonnes relations de l'avenir entre Jes deux peuples riverains de l'Adriatique sont, de jour en jour, compromises. La propagande communiste infecte les soldats qui languissent dans un état de guerre sans issue et sans espoir de victoire. Les nouvelles de bombardement de leurs villes natales en Italie favorisent la propagande communiste parmi eux.

Pour remédier à cet état de choses il est temps d'agir. Vue la situation actuelle, il reste, pour l'armée italienne, deux éventualités: (a) continuer la guerre sous des conditions défavorables; (b) préférer la paix séparée.

Dans le premier cas, l'armée italienne d' Albanie serait plus utile dans la mère patrie pour défendre son foyer que de rester en Albanie bloquée par la flotte ennemie, et molestée en arrière par les révoltés, et à la fin prisonnière et désarmée par les alliés. Dans ce cas l'Albanie serait plongée dans le chaos et l'anarchie.

Dans l'alternative que l'Italie préfère la paix, l'armée d'Albanie serait désarmée par les alliés, peut-étre par les armées grecque et serbe, vu qu'en Egypte il y a trois divisions serbes et autant de divisions grecques. Dans ce cas l'Albanie serait envahie par ses ennemis acharnés, et elle subirait un sort terrible.

Afin de prévenir un désastre pareil je suis d'avis que l'armée italienne pourrait graduellement se retirer dans quelque point de la còte, soit pour la défendre en cas de continuation de la guerre, soit pour se retirer définitivement en cas que l'Italie préférerait la paix.

Dans ce cas les Albanais resteraient libres à l'intérieur pour se recueillir, constituer une assemblée libre, choisir un gouvernement indigène, lequel serait toléré tacitement par les Autorités italiennes.

De l'autre còté, le Gouvernement constitué librement serait chargé de dissoudre toutes les bandes insurgées, et en mème temps à faciliter la tàche des troupes italiennes. En cas que ces troupes auraient des doutes envers le Gouvernement albanais, celui-ci pourrait délivrer des otages composés des notables du pays à condition que ceux-ci soient traités comme des hòtes amis jusqu'au départ des troupes hors des frontères de l' Albanie. Qu'il soit bien entendu que les confinés et les incarcérés actuels seraient libérés.

Le Gouvernement albanais aurait assuré la tranquillité et la sécurité publique du pays, et il s'efforcerait de créer une gendarmerie et une petite armée. Il se préparerait pour la Conférence future de la paix. Il aurait créé des relations politiques avec le Gouvernement bulgare qui a les mèmes revendications pour la Macédoine contre les Grecs et les Serbes. Il nouerait des relations avec la Turquie qui a tout intérèt pour l'existence d'une Albanie indépendante.

En ce qui concerne les troupes allemandes, étant donné que le Reich n'a aucune prétention sur l'Albanie, mais tout au contraire étant l'ennemi des Slaves, s'entendrait au mieux avec les Albanais. Ainsi il n'y aurait aucune difficulté que ce Gouvernement albanais déclare sa neutralité afin de ménager les susceptibilités des alliés.

D'autre còté, le Gouvernement albanais s'engagerait à éloigner de son territoire tous les éléments étrangers qui font une propagande contre l'Axe.

Ce gouvernement neutre, pour garder ses frontières, aurait le droit de se procurer des armes, soit de l'Allemagne, soit de la Bulgarie, ou de la Turquie.

En cas que ce point de vue sera.it accepté par le Gouvernement italien, le soussigné serait autorisé de s'entendre d'un còté avec les Allemands, de l'autre, avec les chefs de bandes de toute couleur, ainsi qu'avec les notables du pays.

Avec le cop.sentement du Gouvernement italien, nous pouvons former une Commission à trois, à savoir: le soussigné, le général Pariani et un délégué militaire ou civil allemand. La Commission aurait le caractère secret.

Dans un tel arrangement il n'y a rien qui touche la dignité et les intérets du Gouvernement italien, parce que, en cas de continuation de la guerre et d'une paix de compromis entre l'Italie et les Alliés, l'Albanie aurait pris part à la Conférence en bonne entente soit avec l'Italie, soit avec l'Allemagne et la Bulgarie. Autrement, la Conférence de la paix future aurait trouvé l'Albanie en pleine anarchie, dont profiteraient les ennemis communs.

(l) Vedi D. 759.

748

IL GENERALE CASTELLANO AL COMANDO SUPREMO (l)

DIUZZLE 18-19-20. Cassibile, 2 settembre 1943, [ore 12 (partito ore 21, per. ore 3 del 3)] (2).

N. 18. -Comandante Superiore delle Forze Alleate in nessun modo discuterà questioni militari a meno che un documento di accettazione delle condizioni di armistizio non venga prima firmato. Siccome operazioni militari di sbarco contro la Penisola avranno inizio molto presto tale firma è estremamente urgente.

N. 19. -Il Comandante Superiore delle Forze Alleate accetterà la firma di Ferrari [Castellano] se questi è autorizzato dàl Governo italiano. Compiacetevi di inviare questa autorizzazione entro la giornata con questo mezzo e date urgentemente una dichiarazione al Ministro Osborne che sono stato autorizzato.

N. 20. -Il Comandante Supremo delle Forze Armate opererà cogli accordi già spiegati da me e con forze sufficienti per assicurare il grado di sicurezza che desideriamo. Sono personalmente convinto che le intenzioni operative degli Alleati sono tali da assicurare il soddisfacimento delle necessità che abbiamo discusso alla conferenza la mattina del 1° corrente.

(l) -Copia dalle Carte della Missione militare italiana presso il Comando delle forze alleate, in Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. (2) -Le ore di partenza e di arrivo non sono indicate sulla copia qui pubblicata: sono state ded0tte da G. CASTELLANO, Come firmai l'armistizio di Cassibile, cit. p. 153; GARLAND and SMYTH, Sicily and the surrender oj Italy, cit., p. 483; Foreign ReZations o/ the United States, 1943: The conjerence at Washington and Quebec, cit., pp. 1279-1280.
749

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.D. PER TELEFONO 6040/1420 R. Berlino, 2 settembre 1943, ore 19.

Telegramma di V. E. 1040 (1).

Come è noto a V. E., Ribbentrop trattiensi in permanenza al Quartier Generale Fiihrer, per cui è arduo da Berlino seguirne spostamenti. Tuttavia persona che lo avrebbe verosimilmente accompagnato Mosca troverebbesi tuttora qui, il che costituirebbe un indizio indiretto diceria di cui trattasi esser priva di fondamento.

Ho chiesto a questo Ambasciatore giapponese, particolarmente interessato ad uno sviluppo del genere, che cosa gli risultasse in merito. Egli mi ha dichiarato nel modo più categorico non esistere attualmente alcuna premessa né politica né militare che possa far credere ad una prossima soluzione politica del conflitto tedesco-sovietico, da tempo auspicata da governo Tokio.

Secondo gli elementi di giudizio in possesso di detto Governo, sovietici sarebbero ancora in condizioni continuare lotta per quanto riguarda riserve di uomini e di materiale, ma situazione alimentare russa diventerebbe ogni giorno più precaria e spiegherebbe proposito Governo sovietico riconquistare Ucraina ad ogni costo. Questo però è indispensabile anche a Germania per le stesse ragioni, per cui Oshima non vede prospettive pratica soluzione tale dilemma, a meno che sovietici non perdano completamente speranze di essere sostanzialmente alleggeriti da aperrtura da parte anglo-americani secondo fronte a scadenza [breve].

750

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.D. PER TELEFONO 6039/1421 R. Berlino, 2 settembre 1943, ore 19.

Suoi telegrammi 1034, 1035 e 1036 del 31 agosto (2).

Ho prospettato ieri al Sottosegretario di Stato Hencke, in un primo colloquio, le situazioni segnalate nei telegrammi citati ed in particolare, per il momento, quella relativa al carbone.

Mi riservo riferire ulteriormente non appena avrò avuto altri contatti già preordinati con queste Autorità, ad eccezione di von Ribbentrop sempre assente.

Con l'occasione ho insistito con Hencke perché delegazione germanica Assisi ricevesse d'urgenza istruzioni di venire incontro sino al limite del possibile ai nostri desideri per forniture carbone mettendo evidenza gravi conseguenze sociali e politiche che riduzione contemplata avrebbe potuto causare nell'attuale situazione italiana. Hencke ha preso atto delle mie comunicazioni assicurando suo immediato interessamento.

Segnalo ad ogni modo come Clodius prima di partire per l'Italia si è trattenuto circa una settimana al Quartiere Generale per cui ritengo che le riduzioni apportate alle forniture all'Italia siano già state oggetto di esame in alta sede politico-militare. Ciò lascia quindi ritenere un nuovo riesame particolarmente difficile.

Argomentazione tedesca, che mi è del resto da tempo nota, è che riduzioni lamentate non sono da attribuirsi nel complesso a difficoltà ferroviarie causate da maggiore traffico militare germanico verso l'Italia, bensì a vere e proprie difficoltà forniture dipendenti da una produzione decrescente accompagnata da inderogabili aumenti consumo industrie belliche germaniche per espletamento nuovi programmi armamenti.

A ciò si aggiunga opinione dominante in questi uffici tecnici interessati che fabbisogni italiani siano oggi sostanzialmente ridotti causa perdita territorio nonché asserita limitata attività industrie belliche in seguito ad incursioni aeree.

Comunque gradirei conoscere con urgenza, per. mia ulteriore norma di condotta, eventuali dichiarazioni che Clodius avesse già fatto in proposito a Giannini ad Assisi.

Per quanto riguarda il problema carburanti questo Consigliere Commerciale mi comunica che è attesa a Berlino per la fine della settimana Commissione del Coge carburanti che dovrà trattare con le Autorità germaniche i programmi di settembre e quelli dei mesi successivi.

Gli esperti germanici hanno già dichiarato che programma forniture carburanti va sostanzialmente riesaminato tenendo conto ridotte possibilità romene nonché asserito diminuito fabbisogno italiano sia civile che militare.

Discussioni per carburante avranno quindi luogo per il momento solo a Berlino perché esperti germanici, nonostante che al Clodius avessero espresso il desiderio che tale questione fosse inclusa nel programma di Assisi, hanno insistito per restare in sede dichiarando che era per loro necessario mantenersi in continuo contatto con tutti gli uffici esecutivi.

Dato che da parte germanica, secondo quanto mi viene riferito, vi è tendenza prospettare soluzione del problema impostato su netta separazione del fabbisogno militare da quello civile, è necessario che esperti siano anche documentati circa minimo fabbisogni civili.

Per quanto concerne fabbisogno militare da parte germanica si vorrebbe estendere sistema già in atto per la marina anche all'esercito e all'aviazione, nel senso che rispettive forze armate dei due Paesi dovrebbero concordare di volta in volta in sede assolutamente militare quantitativi da fornirsi alle corrispondenti forze armate italiane.

In vista circostanza che il problema carburante verrà trattato separatamente Berlino mi sono riservato ritornare con Hencke sulla questione al momento opportuno per cui dati fabbisogno civile mi riuscirebbero di particolare utilità (l).

(l) -Vedi D. 738. (2) -Vedi D. 732.
751

IL MINISTRO A BELGRADO, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. uu. S.N.D. 6049/372 R. Belgrado, 2 settembre 1943, ore 22,45 (per. ore 7,50 del 3).

Vi sono numerosi indizi che Comando tedesco prepari entrata truppe germaniche in Albania. Sono stati uditi ufficiali germanici affermare nettamente che tale progetto esiste e sarà prossimamente realizzato. Costituzione nuovo XXI Corpo d'armata (miei telegrammi n. 360-61) (2) alle frontiere del Kossovo dovrebbe essere prossimamente [seguita], a quanto mi viene riferito da persona bene informata solitamente, dalla costituzione di una seconda grande unità. Elementi Gestapò considerati come specialisti questioni albanesi quali noto Hansdig di cui al mio telegramma n. 371 (3) vestono ora uniforme militare e fanno parte ufficialmente del XXI Corpo d'armata presso il quale mi viene riferito che si troverebbero già anche esperti commerciali e industriali destinati a operare non appena forze tedesche fossero insediate in Albania. Pretesto per varcare frontiera sarebbe formato da necessità logistiche risorse del Kossovo non annesso essendo insufficienti per provvedere alle truppe colà concentrate (4).

752

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI

T. 27060/461 P. R. Roma, 2 settembre 1943, ore 24. Vostro 0134 (5). In occasione partenza cacciatorpediniere «Lansquenet » da Telone per

l'Italia, avvenuta 30 agosto, Ammiraglio Danbé ha, come per precedenti par

tenze, elevato formale protesta presso Ammiraglio Matteucci, confermando per scritto aver dato istruzioni ad Arsenale, per incarico Sottosegretario Marina, di non partecipare lavori per conto italiano compresa immissione unità in bacino, verifica alle munizioni e riparazioni siluri.

Pregovi interessare d'urgenza in merito Presidente Lavai facendogli osservare come, dopo ultima comunicazione fattagli da Fracassi, protesta ci appaia ingiustificata e chiedendogli far dare Tolone istruzioni da noi richieste perché vengano evitate proteste e opposizioni a normale andamento lavori. Tali richieste costituiscono, come ovvio, contropartita concessioni di cui al mio 409 e 440 (l).

(l) -Ritrasmettendo questo telegramma agli enti interessati (T. s.n.d. 21161/C. P.R. del 3 settembre 1943, ore 13,30, Rosso vi aggiunse le seguenti Istruzioni: «Ciò stante pregasi S. E. il Ministro per la Produzione Bellica di voler disporre, d'accordo con il Cogecarburanti, per la raccolta dei dati sopra richiesti e S. E. il Capo di Stato Maggiore Generale di voler fare esaminare con i Ministeri militari la proposta avanzata da parte germanica circa la fissazione del fabbisogni militari, di maniera che la Commissione attesa a Berlino possa recare seco le istruzioni ed i dati necessari per la trattazione della materia». (2) -Si tratta del T. s.n.d. 5753/360-361 R. del 23 agosto 1943, ore 21,30, non pubblicato. (3) -T. 24444/371 P.R. del 2 settembre 1943, non pubblicato. (4) -Il presente documento reca il visto di Badoglio. (5) -Vedi D. 713.
753

IL LUOGOTENENTE DEL RE IN ALBANIA, PARIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

L. 893. Tirana, 2 settembre 1943 (2).

La situazione in Albania si può oggi così sintetizzare: 1°) Orientamento sempre più netto contro l'Italia, in relazione all'andamento sfavorevole della situazione generale ed alle voci disfattiste che continuano a pervenire sulla situazione interna italiana. 2°) Tale stato di fatto, che tende a sboccare in aperta ribellione, è dominato dalla presenza delle Forze Armate che, con azione preventiva -arresti, ostaggi, etc. -e rapida azione repressiva, impedisce o contiene ogni manifestazione sovvertitrice. Con ciò abbiamo la tranquillità, almeno apparente, ma gli albanesi si staccano sempre più da noi. 3°) Comunisti e nazionalisti, entrambi intransigenti, compiono frequenti tentativi per giungere ad una intesa ed unirsi nella azione «contro l'oppressore » ma finora non sono riusciti che ad accordi parziali. 4°) Non bisogna però dimenticare che la vera massa degli albanesi, costituita da contadini e da montanari, è apolitica ed abulica e non chiederebbe che di lavorare e di guadagnare. Purtroppo essa si lascia guidare dai mestatori, che dalla politica traggono vantaggi diretti o indiretti. Bej, capi, commer cianti, comunità religiose ed i cosiddetti intellettuali, sono veri perturbatori perché -spinti dai soli interessi personali e continuamente in lotta fra loro agitano questioni politiche per scopi di supremazia personale o di guadagno: e siccome non esiste una vera autorità, determinano il caos. 5°) In mezzo a questo caos è riuscita a radicarsi qualche idea della necessità dell'appoggio italiano per la vita dell'Albania: ma mentre parecchi ammettono ciò per sfruttamento dell'Italia, pochi sono coloro che hanno il coraggio di propugnare apertamente tale idea per timore di sentirsi dire: venduto! Qualcuno però esiste e se venisse veramente appoggiato, troverebbe anche proseliti: invece, ammaestrati dall'esperienza, anche questi pochi temono

di essere -in relazione agli avvenimenti -abbandonati a loro stessi, divenendo così vittime di eventuale reazione.

Ho voluto prospettare quanto precede, in relazione ai numeri 2, 3 e 4 della lettera di V. E. n. 01/29 R. del 19 agosto u.s. (l) e concludere:

-in Albania esiste praticamente un solo partito organizzato ed è quello comunista. Su esso non possiamo né dobbiamo fare il minimo assegnamento, tanto più che mira ad ottenere il disfacimento di ogni autorità o forza albanese;

-il nazionalismo è frazionato in parecchie correnti. Specie quella estremista è frutto di esaltazione e di reazione e cerca di collaborare col comunismo, nel comune programma « fuori l'oppressore ». Non sarà facile guadagnare qualcuno in questo campo, specie in relazione alle necessità militari di sicurezza;

-alcuni «corvi» sono poi comparsi sulla scena all'ultimo momento, dandosi alla montagna il 25 luglio per predicare la lotta contro l'Italia, nella convinzione che essa stesse per ripiegare le sue forze. Sono in genere elementi di scarso valore e di scarso seguito, che non presentano alcun interesse; sono dei profittatori di politica che hanno come motto: ingannare fino all'ultimo;

-atti di clemenza nei loro riguardi non farebbero che farci perdere prestigio verso la massa, che considera sempre la nostra generosità coi nemici come atto di debolezza.

Per questo ho scelto, per il Comitato di studio dello Statuto, persone che godono di un certo ascendente e di stima, ma che non appartengono a queste categorie. La lista verrà ultimata in questi giorni da S. E. Kruja in accordo col signor Berati, coi quali ho conferito per esprimere l'idea fondamentale del lavoro da compiere e cioè:

1°) rivedere lo Statuto e le altre leggi fondamentali dello Stato, per metterle in armonia con la soppressione del regime fascista;

2°) allargare con l'occasione tale campo di azione, in modo da includere nello studio le aspirazioni nazionali albanesi. Scopo: avere un programma nazionale intorno al quale raccogliere la maggior massa possibile di albanesi e poter cosi costituire un ente etnico compatto, che possa presentarsi al congresso che dovrà regolare le sorti degli Stati e nazionalità europee, alla fine della guerra.

A titolo complementare soggiungo che in questi giorni ho avuto conversa:zioni coi maggiori rappresentanti del cattolicismo in Albania. Sentito anche il Delegato Apostolico -mons. Nigris -ho conferito con mons. Thaci (vescovo di Scutari), con mons. Gjini (vescovo della Mirdizia), con mons. Bumci (vescovo di Alessio), con padre Harapi (capo dei Francescani). Sono tutti noti nazionalisti: ho esposto loro idee in analogia al programma sopradetto, ed essi hanno promesso di collaborare nel senso desiderato per quanto rigua~da l'Albania settentrionale, ove cominciano a notarsi pericolose infiltrazioni.

(l) -Vedi DD. 600 e 692. Successivamente, con T. 24703/495 P.R. del 6 settembre 1943, ore 13,45, non pubblicato, Buti rispondeva richiedendo ulteriori istruzioni. (2) -Manca l'indicazione della data d'arrivo.

(l) Vedi D. 685.

754

IL CAPO DEL GOVERNO, BADOGLIO, AL COMANDANTE IN CAPO DELLE FORZE ALLEATE, EISENHOWER (l)

MONKEY 8 (2). Roma, 3 settembre 1943, [ore 8 (per. ore 14)] (3).

Risposta affermativa data con nostro numero cinque (4) contiene implicitamente accettazione condizioni armistizio.

755

IL CAPO DEL GOVERNO, BADOGLIO, AL COMANDANTE IN CAPO DELLE FORZE ALLEATE, EISENHOWER (5)

MONKEY 9 (6). Roma, 3 settembre 1943, [ore 11 (per. ore 17)] (7).

Il generale Castellano è autorizzato dal Governo italiano a firmare l'accettazione delle condizioni d'armistizio.

La dichiarazione che avete richiesto col vostro n. 19 (cioè per Osborne al Vaticano) sarà consegnata oggi.

756

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, AL MINISTRO A LISBONA, PRUNAS

T. S. N. D. 27162/469 P. R. Roma, 3 settembre 1943, ore 14,15.

Ho fatto smentire notizia radio estere che Grandi sia partito da Lisbona per Washington. Prego ad ogni modo avvertire Salazar che ove esistesse tale progetto personale da parte Grandi sarebbe necessario impedirlo. Egli non (dico non) è stato mai incaricato dal R. Governo di missioni di alcun genere. È andato in Portogallo solo per sfuggire alle minacce che si facevano contro la sua persona. Prego anche da parte V.S. sorvegliarne attività e tenermi al corrente eventuali suoi spostamenti telegrafandomi intanto se travasi sempre a Viana do Castello (8).

(l) -Copia dalle Carte della Missione militare italiana presso il Comando delle forze alleate, in Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. (2) -Risponde a Drizzle 18-19-20: vedi D. 748. (3) -Le ore di partenza e di arrivo non sono indicate sulla copia qui pubblicata: sono state ricavaté da G. CASTELLANO, Come firmai l'armistizio di Cassibile, cit., p. 156, e da GARLAND and SMYTH, Sicily and the surrender of Italy, cit., p. 483. (4) -Vedi D. 742. (5) -Copia dalle Carte della Missione militare italiana presso il Comando delle forze ~illeate, In Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. (6) -Risponde a Drizzle 21 (spedito il 3 settembre alle 4 e pervenuto a Roma alle 10) con cui Castellano sollecitava una precisa risposta al suo telegramma (Drizzle 18-19-20: vedi D. 748) del giorno prima. Vedi G. CASTELLANO, Come firmai l'armistizio di Cassibile, cit., p. 155, e GARLAND and SMYTH, Sicily and the surrender of Italy, cit., p. 483. (7) -Le ore di partenza e di arrivo non sono indicate nella copia qui pubblicata: sono state ricavate da G. CASTELLANO, op. cit., p. 156, e da GARLAND and SMYTH, op. cit., p. 483. (8) -Prunas rispose con T. 1271 (non registrato in arrivo) del 4 settembre 1943: <<Ho immediatamente avviato Grandi, dopo soltanto poche ore permanenza Lisbona, a Viana del Castello dove travasi tuttora. Nessuna attività e nessun contatto. Confermerò Salazar ».
757

CONDIZIONI DI ARMISTIZIO DELL'ITALIA CON LE NAZIONI UNITE (l)

Sicily

Septernber 3rd, 1943

The following conditions of an Armistice are presented by Generai DWIGHT D. EISENHOWER, Commander-in-Chief of the Allied Forces, acting by authority of the Governments of the United States and Great Bri

tain and in the interest of the United Nations, and are accepted by Marshal PIETRO BADOGLIO Head of the Italian Government.

l. Immediate cessation of all hostile activity by the Italian armed forces.

2. -Italy will use ist best endeavors to deny, to the Germans, facilities that might be used against the United Nations. 3. -All prisoners or internees of the United Nations to be immediately turned over to the Allied Commander in Chief, and none of these may now or at any time be evacuated to Germany. 4. -Immediate transfer of the Italian Fleet and Italian aircraft to such points as may be designated by the Allied Commander in Chief, with details of disarmament to be prescribed by him. 5. -Italian merchant shipping may be requisitioned by the Allied Commander in Chief to meet the needs of his military-naval program. 6. -Immediate surrender of Corsica and of all Italian territory, both islands and mainland, to the Allies, for such use as operational bases and other purposes as the Allies may see fit. 7. -Immediate guarantee of the free use by the Allies of all airfields and naval ports in Italian territory, regardless of the rate of evacuation of the Italian territory by the German forces. These ports and fields to be protected by Italian armed forces until this function is taken over by the Allies. 8. -Immediate withdrawal to Italy of Italian armed forces from all participation in the current war from whatever areas in which they may be now engaged. 9. -Guarantee by the Italian Government that if necessary it will employ all its available armed forces to insure prompt and exact compliance with all the provisions of this armistice. 10. -The Commander in Chief of the Allied Forces reserves to himself the right to take any measure which in his opinion may be necessary for the pro

tection of the interests of the Allied Forces for the prosecution of the war, and the Italian Government binds itself to take such administrative or other action as the Commander in Chief may require, and in particular the Commander in Chief will establish Allied Military Government over such parts of Italian territory as he may deem necessary in the military interests of the Allied Nations.

11. -The Commander in Chief of the Allied Forces will have a full right to impose measures of disarmament, demobilization, and demilitarization. 12. -Other conditions of a politica!, economie and financial nature with which Italy will be bound to comply will be transmitted at Iater date.

The conditions of the present Armistice will not be made public without prior approvai of the Allied Commander in Chief. The English will be consi

dered the official text. Marshal PIETRO BADOGLIO DWIGHT D. EISENHOWER Head of Italian Government. Generai, U.S. Army Commander in Chief Allied Forces. By: ;s; Giuseppe Castellano By: /S/ Walter B. Smith GIUSEPPE CASTELLANO (l) Brigadier Generai, attached to 'rhe Italian High Command. WALTER B. SMITH Major Generai, U.S. Army Chief of Staff. Present:

Rt. Hon. HAROLD MACMILLAN British Resident Minister, A.F.H.Q.

RoBERT MURPHY Personal Representative of the

President of the United States

ROYER DICK

Commodore, R. N.

Chief of Staff to the C. in C. Med.

LOWELL W. ROOKS Major Generai, U.S. Army Assistant Chief of Staff, G-3, A.F.H.Q.

FRANCO MONTANARI

Official Italian Interpreter

Brigadier KENNETH STRONG

Assistant Chief of Staff, G-2, A.F.H.Q.

(l) Copia dalle Carte della Missione mllltare italiana presso il Comando delle forze alleate, In Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

(l) Con Drizzle 22 del 3 settembre 1943 castellano riferì di aver firmato, alla presenza del generale Eisenhower, le condizioni di armistizio «corrispondenti al testo conosciuto», alle ore 17,15.

758

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 6079/409 R. Sofia, 3 setembre 1943, ore 20 (per. ore 10,40 del 4).

Propaganda nemica continua diffondere notizie allarmistiche circa situazione in Bulgaria riprese anche da stampa neutrale. .A:d esempio che sciopero generale sarebbe stato proclamato e che dimostrazioni anti tedes·che sarebbero in Sofia ed altre città. Inoltre questo Ministro di Germania si sarebbe recato domenica a Belgrado per conferire con Comando germanico per invio di truppe tedesche in Bulgaria.

Non vi è (ripeto non) sino a questo momento alcuna notizia di sciopero generale in Bulgaria né dimostrazioni anti tedesche. Mio collega di Germania ha pubblicamente assistito domenica assieme altri Capi missione solenne cerimonia religiosa in suffragio Re Boris.

Per quanto assai grave sia come già riferito scossa subita da paese e preoccupazioni destate da scomparsa Re Boris e per quanto tensione e visibile effervescenza in determinati ambienti vadano accentrandosi in attesa nomina Consiglio reggenza costituzionale o tutela, non (dico non) vi sono fino a questo momento notizie ordine pubblico sia stato turbato.

759

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

APPUNTO. Roma, 3 settembre 1943.

Ho veduto il signor Frasheri e gli ho fatto la comunicazione concordata (1).

Mi ha pregato di ringraziare il Ministro per l'interesse col quale ha esaminato le idee contenute nella sua lettera (2). Ha ringraziato anche per la conferma· datagli circa l'intenzione del Governo italiano di avviare l'Albania verso la piena indipendenza.

Ha mostrato di rendersi conto delle ragioni che non permettono in questo momento di prendere senz'altro una decisione di così ampia portata militare come quella da lui suggerita.

Mi ha poi sviluppato la propria idea in questo senso: che le truppe italiane si concentrino e si rinforzino lungo la costa albanese, mentre quelle tedesche (ed eventualmente quelle bulgare) potrebbero presidiare il confine verso l'interno, per opporsi alla pressione .greca e serba.

Fra queste due linee rimarrebbe una zona nella quale gli albanesi dovrebbero essere lasciati liberi di unirsi ed organizzarsi per preparare la compagine del nuovo Stato albanese il quale (anche per ragioni di interesse) certamente si orienterà in senso favorevole all'Italia.

Frasheri prega di prendere in seria considerazione questa idea e di esaminarla col Generale Pariani e collo Stato Maggiore Italiano. Egli desidererebbe poter conferire col Generale Pariani dopo le consultazioni che egli avrà a Roma.

(l) -Vedl D. 747. (2) -Vedl D. '147, allegato.
760

IL MINISTRO A HELSINKI, GUARNASCHELLI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. s. 6137/148-149 R. Helsinki, 4 settembre 1943, ore 18 (per. ore 15 del 5).

Mio telegramma n. 143 (1).

Accenno fatto da questo Direttore Generale Affari Politici circa sempre maggiore disposizione anglo-americana riconoscere U.R.S.S. posizione preminente <in Europa viene confermato ed illustrato da quanto dettomi oggi confidenzialmente da questo Ministro di Svizzera testè rientrato dal congedo. Ministro Eggert mi ha confidato in via segreta che a Berna si è informati in modo preciso che il Governo di Washington si disinteressa totalmente dell'avvenire di questo Paese. Esistono -è vero -in Nord America ambienti che coltivano sentimenti amicizia per Finlandia dei quali sono espressione ad esempio noti recenti articoli giornali locali, che hanno però valore puramente platonico. Anche Presidente Roosevelt avrebbe personalmente simpatie per questo Paese. La politica seguita da Governo nord-americano nei riguardi Finlandia sarebbe del tutto negativa: problema Finlandia, per sua proporzione minima nei confronti interessi mondiali che Confederazione nord-americana deve difendere, non interessa e futuro Finlandia lascerebbe Washington completamente indifferente. Ministro Eggert ha aggiunto che con molta discrezione ha fatto intendere quanto sopra a Ministro degli Affari Esteri Ramsay.

Ministro di Svizzera mi ha anche detto risultare a Berna che tale disinteressamento di Washington non sarebbe limitato alla sola Finlandia, ma si estenderebbe sostanzialmente alle sorti future di tutta Europa. Politica nordamericana per contro mostrerebbesi sempre più attiva nei riguardi problemi del Pacifico e dell'Estremo e Medio Oriente asiatico. Ministro Eggert aggiungeva con amarezza che in particolare anche per future sorti Svizzera Washington si mostrerebbe indifferente. Tale evoluzione politica nord-americana non mancherebbe -ed è naturale -preoccupare seriamente Governo Londra, il quale non avrebbe tuttavia mezzi far prevalere suo diverso atteggiamento.

Ministro Eggert mi ha accennato alla circostanza che il Ministro svizzero a Washington è particolarmente bene informato, avendo per moglie figlia Vice Presidente Stati Uniti d'America Wallace.

(l) Vedi D. 722.

761

IL MINISTRO A ZAGABRIA, PETRUCCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 6105/782 R. Zagabria, 4 settembre 1943, ore 20,15 (per. ore 24 del 5).

Mio 778 del 2 corrente (1). Cambiamento di Governo compiuto dal Poglavnik può considerarsi punto di partenza di una situazione nuova tuttora in svolgimento.

Nomina del Mandic -vecchio funzionario distintosi sotto amministrazioni austriache e preparatissimo alla vita politica -è generalmente considerata come fase di transizione nonostante che ufficialmente, come mi ha detto anche Budak, si voglia che il provvedimento sia stato motivato dalla decisione del Poglavnik di alleggerirsi di troppi carichi di cui si sentiva oberato.

Nell'ambiente ustascia il cambiamento non sembra in massima riuscito gradito perché s'i teme uno slittamento verso l'allargamento di Governo sacrificando il partito. Non risulta ancora chiaro se e quale partecipazione i tedeschi abbiano avuto in questa iniziativa del Poglavnik.

Per quanto a questa Legazione di Germania siasi manifestata una vera sorpresa, è difficile supporre che i tedeschi vi siano stati del tutto estranei ed è forse da ritenere che se un ulteriore svolgimento vi sarà esso avrà luogo sotto loro auspici.

762

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA, ALL'INCARICATO D'AFFARI PRESSO LA SANTA SEDE, BABUSCIO RIZZO (2)

TELESPR. 1/4344. Roma, 4 settembre 1943.

A seguito del telegramma ministeriale n. 26052 del 23 corrente (3) con H quale venivano comunicate le misure e le decisioni adottate dal R. Governo in relazione alla dichiarazione di Roma «città aperta», si rimettono qui uniti (4), con preghiera di volerli rimettere alla Segreteria di Stato, tre esemplari di foto-piano alla scala l: 25.000 sui quali sono indicati in rosso il limite della «città aperta » vera e propria, ed in verde il limite entro il quale non verrà né mantenuto né dislocato alcun elemento di quelli indicati nella comunicazione sopracitata.

Di tali foto-piani due copie dovranno essere dalla Segreteria di Stato inoltrate ai Governi statunitense e britannico mentre una copia potrà essere da essa trattenuta per propria documentazione.

Nell'eseguire la trasmissione di cui trattasi la Segreteria di Stato potrà aggiungere ai due governi predetti che il R. Governo sarebbe disposto a ricevere una Commissione neutrale di controllo che venisse ad accertare che gli impegni da esso assunti, e comunicati con la nota verbale citata, sono stati effettivamente tradotti in atto.

Si rimane in attesa di assicurazioni dell'avvenuta notifica.

(l) -Con T. 6065/778 R. del 2 settembre 1943, ore 21,45, non pubblicato, Petrucci aveva informato circa l'improvviso cambiamento di governo in Croazia. (2) -Ed. in R. GUARIGLIA, Ricordi, cit., pp. 734-735. (3) -Vedi D. 701. (4) -Non pubblicati.
763

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 6159/571 R. Tokio, 5 settembre 1943, ore 2 (per. ore 7 del 7).

Mio telegramma 513 (1). A questo Ministero Affari Esteri si mostra ritenere che voci recentemente diffuse in tutto il mondo -e che qui nell'opinione pubblica hanno trovato

largo credito -della possibilità di una pace separata tra la Germania [e] l'U.R.S.S. siano state in buona parte originate proprio a Mosca ad opera governo sovietico a scopo pressione sugli anglo-americani per l'immediata creazione del

cosidetto secondo fronte senza che Russia sia costretta per questo a contropartite di carattere politico che limitino sua futura libertà d'azione. Si pensa infatti ora qui che la Russia come conseguenza recenti successi militari non possa avere alcun sincero desiderio di una eventuale pace separata -almeno per il momento -perché suoi piani di riassetto del dopo guerra non solo vanno territorialmente al di là dei confini che l'Unione aveva raggiunto prima di giugno 1941, ma comprendono addirittura sistemazione di tutta Europa Centrale e danubiana secondo idee di Mosca.

A giudicare da quanto mi è stato detto a questo Ministero degli Affari Esteri dovrei indurre che, anche se governo russo abbia affettato, per i suoi fini nei riguardi degli alleati, di prendere in considerazione qualche sondaggio giapponese di mediazione tre o quattro mesi fa, argomento non è stato più ultimamente ripreso fra Sato e Narkomindiel.

Quanto agli specifiei rapporti nipponico-russi mi è stato affermato che essi sono corretti ma governo sovietico, mentre si astiene da qualunque atto o gesto che possa creare sospetti o dissapori, non fa d'altra parte alcunché per renderli più Hduciosi o più sicuri -come sarebbe presumibilmente oggi nei desideri giapponesi -e continua suo sistema di fare trascinare discussioni problemi -come quello eterno della pesca -e di lasciare sempre vagamente nell'atmosfera un elemento di mistero.

(l) Vedi D. 593.

764

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. RR. 6106/568 R. Bucarest, 5 settembre 1943, ore 11,30 (per. ore 24).

Antonescu mi ha detto che l'Ungheria in conseguenza della crisi italiana aveva proceduto in questi ultimi tempi a delle concrete azioni militari in Transilvania che avevano obbligato Governo romeno ad adottare delle contromisure.

Egli mi ha pregato dire a V. E. che Governo romeno sarebbe lieto se per il suo alto tramite potesse giungere a Budapest « l'assicurazione formale che la Romania non vuole complicazioni nella regione Transilvania e che, ferme restando le sue riserve diplomatiche circa l'atto di Vienna, Governo romeno sarebbe lieto se anche a Budapest si considerasse eausa comune la questione vitale ehe minaccia esistenza nazionale romena e ungherese e cioè la guerra all'est che obbligherebbe i due popoli a considerare eon maggiore possibile solidarietà tale essenziale problema».

Ho detto ad Antonescu che non avrei mancato di trasmettere a V. E. suo messaggio ma che lo pregavo vivamente di evitare le contromisure, accentuandosi [con esse] serio pretesto a nuove misure da parte ungherese e che si desse cosi il via ad avvenimenti che avrebbero potuto «prendere la mano anche al Governo».

Antonescu mi ha assicurato che contromisure romene erano state ridotte al minimo e che avrebbe tenuto nel massimo conto nostre raccomandazioni e nostro consiglio.

765

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

APPUNTO. Roma, 6 settembre 1943, ore 18.

È venuto a vedermi il Consigliere dell'Ambasciata tedesca, signor Doertenbach, il quale mi ha fatto a nome del Ministro Rahn la seguente comunicazione:

Era stato concordato fra i Comandi militari italiano e tedesco che la Divisione motorizzata tedesca dislo,cata nella regione ligure a nord della Spezia avrebbe potuto trasferirsi nella zona costiera al sud della Spezia (Viareggio), per essere pronta a respingere un eventuale tentativo di sbarco nemico.

Oggi, lunedì 6, l'Addetto Militare Toussaìnt aveva avuto un colloquio col Capo di S.M. dell'Esercito, Generale Roatta, il quale aveva notificato che il trasferimento della predetta divisione doveva essere effettuato mantenendo una distanza di otto chilometri fra i diversi battaglioni.

L'Addetto Militare tedesco non credeva di poter comunicare tale condizione al Maresciallo Rommel perché egli la considera oramai inapplicabile, non

63 -Documenti diplomatici -Serie IX -VoL X

essendo possibile cambiare i dispositivi di marcia all'ultimo momento. Si supponeva infatti che il movimento della Divisione fosse già iniziato.

Il Generale Toussaint aveva avuto la netta sensazione che la condizione imposta dal Gen. Roatta fosse da attribuire a sospetti del Capo di S.M. italiano di un colpo di mano tedesco su La Spezia.

Il Signor Rahn dà la sua parola d'onore che il Comando tedesco non nutre alcuna intenzione di colpi di mano del genere.

Egli fa presente che se la cosa venisse riferita al Fuhrer le reazioni sarebbero delle più sfavorevoli e potrebbe venire annullato il buon lavoro di distensione compiuto in questi giorni.

Il signor Rahn ci segnala la cosa sotto il suo aspetto politico.

Egli giudica necessario che il Gen. Roatta rinunzi a voler applicata la condizione degli otto chilometri perché, nella impossibilità pratica di dare contrordini, importa impedire che nascano seri incidenti.

Il Ministro Rahn desidererebbe che la Udienza Reale fissata per mercoledì possa essere anticipata a domani martedì, in modo da permettergli di parlare di questa questione con Sua Maestà.

Ore 19,30 circa

Telefonato allo S.M. dell'Esercito per avere informazioni sulla questione. Il Gen. Roatta non essendo presente, ho parlato col Sotto Capo di S.M. Reparto operativo.

Il Generale De Stefani mi ha esposto la situazione che, riassunta in poche parole, sarebbe la seguente:

La questione dei trasferimenti delle truppe tedesche è stata discussa coi tedeschi durante parecchi giorni. Il Comando tedesco ha mostrato aperta malafede. Erano state poste delle limitazioni che sono state violate. Era stata concordata una determinata dislocazione, che non è stata mantenuta. I tedeschi avrebbero facilmente potuto trasferire nella zona di Viareggio un'altra Divisione che poteva raggiungere la sua nuova dislocazione senza dover attraversare La Spezia. Invece hanno insistito per muovere la Divisione di Chiavari che non può fare a meno di attraversare la città. Alla Spezia hanno già costituito un Comando di tappa di circa 700 uomini. Il Gen. Roatta ha ragione di nutrire sospetti e lo ha detto chiaramente all'Addetto Militare tedesco.

766

IL MINISTRO A ZAGABRIA, PETRUCCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. 6169/788 R. Zagabria, 6 settembre 1943, ore 21 (per. ore 18 del 7 ).

Mio telegramma n. 782 del 4 corrente (l).

Poglavnik mi ha detto stamane che nei prossimi giorni componenti Governo rassegneranno tutti proprie dimissioni e che di essi taluni saranno riconfermati in carica.

Sua intenzione sarebbe di attuare praticamente una riforma alla legge fondamentale di questo Stato per la quale Ministri saranno responsabili verso il Presidente del Consiglio anziché direttamente verso di lui.

Poglavnik mi ha detto di aver avuto sabato scorso lungo colloquio con Ingegnere Kosutic, ritenuto principale esponente partito contadini croati dopo Macek, e che macekiani saranno interrogati dal nuovo Presidente del Consiglio quando si tratterà ricostruire Gabinetto.

È venuto a farmi visita Presidente del Consiglio Dottor Mandic che mi ha confermato sua volontà restituire ordine al paese istaurando l'unione nazionale e la sicurezza. Ha detto che entrerà in contatti con il partito di Macek per cercare di indurlo a collaborare nel nuovo Gabinetto.

(l) Vedi D. 761.

767

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S. N. D. PER TELESCR. 24687/1448 P. R. Berlino, 6 settembre 1943, ore 21,30.

Telegramma di V. E. n. 1052 del 3 corrente (1).

Sono lieto poter informare V. E. che Delegazione Italiana carburanti ha potuto concludere oggi soddisfacenti negoziati per forniture mese settembre, difficoltà sorte ieri sera circa modalità apporto tedesco a tali forniture vennero superate felicemente oggi grazie pronto ed efficace intervento Hencke presso il quale mi sono adoperato stamane in modo pressante nel senso da V. E. ordinatomi ed in base ad indicazioni fornitemi da nostri delegati.

Suppongo che con ciò siasi reso superfluo invio delegazione militare carburanti di cui al telegramma di V. E. 1064 in data odierna (2).

768

IL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, CASTELLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

T. S.N.D. 6184/1449/139 R. Sussak, 7 settembre 1943, ore 20,30 (per. ore 14,30 dell'B).

Mi risulta Stato Maggiore R. Esercito avrebbe sollecitato rimpatrio di un'altra Divisione della II Armata (Divisione Isonzo destinata Italia Centrale) autorizzando conseguente contrazione occupazione settore nord.

In seguito ciò questo Comando sta predisponendo arretramento nostro schieramento su nostro fronte copertura fra frontiera slovena e provincia Fiume ( Gorj anci-Kufra-Vrbovsko -Cerqueniz).

Si verrà cosicché rinunziare controllo militare ferrovia Karlovac-OgiulinVrbovsko e ignorasi ancora se in tale stregua nostre truppe potranno essere sostituite da quelle tedesche o croate, giacché anche Comando germanico rilevato trovarsi ora scarseggiare forze militari disponibili in questo settore.

Telegrafato Roma e Zagabria.

(1) -Con il T. s.n.d. 27176/1052 P.R. del 3 settembre 1943, ore 17, Guariglia aveva preso atto di quanto comunicatogli con il D. 750 ed aveva informato Rogeri della partenza di una delegazione incaricata di trattare il problema dei carburanti. (2) -T. 27418/1064 P.R. del 5 settembre 1943, ore 23, non pubblicato.
769

IL CAPO DEL GOVERNO, BADOGLIO, AL COMANDANTE IN CAPO DELLE FORZE ALLEATE, EISENHOWER (l)

MONKEY 15-16 (2). Roma, 8 settembre 1943, [ore 2 (per. ore 8)] (3).

N. 15. Owing to changes in the situation which has broken down and the existence of German forces in the Rome area, it is no longer possible to accept immediate armistice since this proves that the Capitai would be occupied and the Government taken over forcibly by Germans. Operation Giant Two no longer possible because I lack forces to guarantee air fields.

N. 16. Generai Taylor is ready to return to Sicily to present the views of the Government and awaits orders. Communicate means and locality that you prefer for his return.

770

IL COMANDANTE IN CAPO DELLE FORZE ALLEATE, EISENHOWER, AL CAPO DEL GOVERNO, BADOGLIO (4)

DRIZZLE 45. Algeri, 8 settembre 1943, [ore 11,30 (per. ore 17,30)] (5).

I intend to broadcast the acceptance of the Armistice at the hour originally planned. If you or any part of your armed forces fai! to cooperate as previously agreed, I will publish to the world full records of this affair. Today is X day, and I expect you to do your part.

(-4) Copia dalle Carte della Missione militare italiana presso il Comando delle forze alleate, !n Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

I do not accept your message of this morning postponing the Armistice (1). Your accredited representative has signed an agreement with me and the sole hope of Italy is bound up in your adherence to that agreement.

On your earnest representations the airborne operations are temporarily suspended. You have sufficient troops near Rome to ensure the temporary safety of the city but I require full information on which to plan earliest the airborne operation. Send Generai Taylor to Bizerte at once by aircraft. Notify in advance of arrivai and route of aircraft.

Plans have been made on the assumption that you were acting in good faith and we have been prepared to carry out future operations on that basis. Any failure now on your part to carry out the full obligation of the signed agreement will have most serious consequences for your country. No future action of yours could then restore any confidence whatsoever in your good faith, and consequently the dissolution of your Government and nation would ensue.

(l) -Copia dalle Carte della Missione militare italiana presso il Comando delle forze alleate, !n Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. (2) -Traduzione inglese (ed. in Foreign Relations oj the United States, 1943: The conferences at Washington and Quebec, cit., pp. 1273-1274). Il testo italiano trasmesso non è tra le Carte della Missione militare perché questa ha ricevuto solo la copia del messaggio tradotto dal Comando alleato. (3) -Le ore di partenza e di arrivo non sono Indicate nella copia qui pubblicata: sono state ricavate da P. BADoGLIO, L'Italia nella seconda guerra mondiale, Milano, Mondadori, 1946, pp. 103-104; e da GARLAND and SMYTH, Stcily and the surrender of Italy, cit., p. 502, dove è anche riprodotta una differente traduzione inglese del documento. (5) -Le ore di partenza e di arrivo non sono indicate nella copia qui pubblicata: sono state ricavate da G. CASTELLANO, Come firmai l'armistizio di Cassibile, cit., pp. 183-185; P. BADOGLIO, L'Italia nella seconda guerra mondiale, cit., p. 104; GARLAND and SMYTH, Sicily and the surrender oj Itall/, cit., p. 507.
771

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, GUARIGLIA

APPUNTO. Roma, 8 settembre 1943, ore 18,25.

Il Ministro Rahn mi telefona per segnalarmi una notizia diffusa dalla radio di New York, secondo la quale il Generale Eisenhower aveva informato che era stato firmato l'armistizio con l'Italia e che tutte le truppe italiane avevano deposto le armi.

Il Signor Rahn mi ha chiesto che cosa significava tale notizia.

Gli ho risposto che tutto quello che io potevo dirgli era che a me non risultava nulla in proposito. Anche a me era stato riferito pochi minuti prima che la notizia dell'armistizio era stata annunziata dalla Radio Algeri.

Rahn mi ha chiesto che cosa ne pensavo. Ho risposto che credevo si trattasse di una manovra della propaganda nemica.

Ore 18,45 circa

Il Ministro Rahn mi chiama nuovamente al telefono per dirmi che, avendo comunicato col proprio Governo, ne aveva ricevuto l'ordine di chiedere al Governo italiano una immediata e categorica smentita.

Gli ho risposto che non potevo prendere una decisione in proposito senza aver ricevuto istruzioni dal mio Ministro. Guariglia del resto era atteso al Ministero entro pochi minuti e gli avrei fatto immediatamente la comunicazione.

Rahn ha insistito per la smentita immediata. Gli ho suggerito di mettersi in comunicazione diretta col Maresciallo Badoglio.

Poco dopo arriva il Ministro Guariglia il quale mi informa che poco prima gli era stato comunicato l'armistizio essere stato effettivamente concluso. Mi incarica di invitare il Ministro Rahn a venire a Palazzo Chigi.

Quando il Ministro Rahn arriva, Guariglia mi fa chiamare perché io assista alla conversazione. Questa conversazione è stata riportata in modo esatto dal rapporto fatto dal Ministro Rahn al proprio Governo e pubblicato dalla stampa.

(l) Vedi D. 769.

772

IL CAPO DEL GOVERNO, BADOGLIO, AL COMANDANTE IN CAPO DELLE FORZE ALLEATE, EISENHOWER (l)

MONKEY 24. Roma, 8 settembre 1943, [ore 19,30] (2).

La mancata ricezione del segnale d'azione convenuto per radio ed il dilazionato arrivo del vostro n. 45 (3) non ha consentito di radiodiffondere la proclamazione all'ora convenuta. La proclamazione avrebbe avuto luogo come richiesto anche senza il vostro messaggio, essendo per noi suffidente l'impegno preso. L'eccessiva fretta ha effettivamente trovato i nostrt preparativi incompleti e causato ritardo.

773

IL CAPO DEL GOVERNO, BADOGLIO, AL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER

T. 136 R. (4). Roma, 8 settembre 1943, ore 20,20.

Nell'assumere il Governo d'Italia al momento della crisi provocata dalla caduta del Regime fascista, la mia prima decisione e il conseguente primo appello che io rivolsi al popolo italiano fu di continuare la guerra per difendere il territorio italiano dall'imminente pericolo di una invasione nemica.

Non mi nascondevo la gravissima situazione nella quale si trovava l'Italia, le sue deboli possibilità di resistenza, gli immensi sacrifici ai quali essa doveva ancora andare incontro. Ma su queste considerazioni prevalse il sentimento di dovere che ogni uomo di Stato responsabile ha verso il suo popolo: quello

G. CASTELLANO, Come firmai l'armistizio di Cassibile, cit., p. 187.

(n. 139/415 R.) con la seguente Istruzione: «Prego V. E. (V. S.) fare codesto Governo seguente comunicazione>>, e a tutte le altre Rappresentanze diplomatiche (n. 140/C. R.) con la seguente comunicazione: «Ho telegrafato a Berl!no Budapest Bucarest Sofia Tokio Zagabria e Bratislava quanto segue».

di evitare cioè che il territorio nazionale diventi preda dello straniero. E l'Italia ha continuato a combattere, ha continuato a subire distruttivi bombardamenti aerei, ha continuato ad affrontare sacrifici e dolori, nella speranza di evitare che il nemico, già padrone della Sicilia -perdita delle più gravi e delle più profondamente sentite dal popolo italiano -potesse passare nel continente.

Malgrado ogni nostro sforzo ora le nostre difese sono crollate. La marcia del nemico non ha potuto essere arrestata. L'invasione è in atto.

L'Italia non ha più forza di resistenza. Le sue maggiori città, da Milano a Palermo, sono o distrutte o occupate dal nemico. Le sue industrie sono paralizzate. La sua rete di comunicazioni, così importante per la sua configurazione geografica, è sconvolta. Le sue risorse, anche per la gravissima crescente restrizione delle importazioni tedesche, sono completamente esaurite.

Non esiste punto del territorio nazionale che non sia aperto alla offesa del nemico, senza una adeguata capacità di difesa, come dimostra il fatto che il nemi,co ha potuto sbarcare -come ha voluto, dove ha voluto e quando ha voluto -una ingente massa di forze, che ogni giorno aumentano di quantità e di potenza, travolgendo ogni resistenza e rovinando il Paese.

In queste condizioni il Governo Italiano non può assumersi più oltre la responsabilità di continuare la guerra, che è già costata all'Italia, oltre alla perdita del suo impero coloniale, la distruzione delle sue città, l'annientamento delle sue industrie, della sua marina mercantile, della sua rete ferroviaria, e finalmente l'invasione del proprio territorio.

Non si può esigere da un popolo di continuare a combattere quando qualsiasi legittima speranza, non dico di vittoria, ma financo di difesa si è esaurita. L'Italia, ad evitare la sua totale rovina, è pertanto obbligata a rivolgere al nemico una richiesta di armistizio.

DOCUMENTI ALLEGATI

(l) -Copia dalle Carte della Missione militare italiana presso il Comando delle forze alleate in Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. (2) -L'ora di partenza non è indicata nella copia qui pubblicata: è stata ricavata da (3) -Vedi D. 770. (4) -Questo telegramma fu poi spedito alle ore 21 all'Ambasciata a Berlino (n. 137/1077 R.), alle Legazioni a Budapest (n. 134/263 R.), a Bucarest (n. 133/496 R.), a Sofia (n. 135/401 R.), all'Ambasciata a Tokio (n. 132 R.) e alle Legazioni a Bratislava (n. 138/89 R.) e a Zagabria
1

IL CONSIGLIERE DELLA LEGAZIONE A LISBONA, LANZA D'AJETA, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS (l)

L. P. Lisbona, .... (2).

Le istruzioni, di cui al mio colloquio con l'Ambasciatore di Gran Bretagna in Lisbona sir Ronald Campbell -esposto nell'unito appunto -mi furono impartite a Roma personalmente dal Ministro degli Esteri Ambasciatore Guariglia alla presenza del Segretario Generale del Ministero degli Esteri Ambasciatore Rosso il pomeriggio del 1° agosto e nella mattinata del 2 agosto.

A quest'ultimo colloquio fu presente pure il Generale Castellano che mi fornì poi successivamente tutti i dati tecnici militari riportati nella mia conversazione con il Rappresentante britannico in Lisbona.

In quest'ultima occasione -e ciò anche in relazione a precedenti e confidenziali accordi intercorsi in altra sede -mi fu consegnata una lettera di presentazione per l'Ambasciatore Campbell rilasciata in segreto dal Ministro britannico presso la Santa Sede d'Arcy Osborne, cugino dell'Ambasciatore britannico in Portogallo. Data l'urgenza della mia partenza, alla cui organizzazione fu provveduto dal Gabinetto del Ministero degli Esteri, non fu possibile per me farmi accompagnare dalla famiglia. Al viaggio di quest'ultima, con un aereo successivo al mio, si interessarono, dati anche i rischi connessi con eventuali possibili indiscrezioni in relazione al «passo» che andavo a compiere, personalmente l'Ambasciatore Guariglia ed il Generale Castellano.

La mia partenza avvenne col normale aereo di linea Roma-Barcellona-Madrid-Lisbona il 2 agosto. Il 3 agosto giunsi a Lisbona alle ore 13 circa. Secondo gli ordini avuti, misi al corrente della mia missione il R. Ministro Prunas e entrai subito, per opportuni tramiti, in contatto con l'Ambasciatore Campbell cui fu rimessa la lettera del Ministro Osborne.

In serata mi fu risposto che Campbell aveva richiesto a Londra l'autorizzazione a ricevere il «messo» italiano e che una risposta mi sarebbe stata opportunamente fatta conoscere l'indomani mattina al mio albergo.

Il 4 agosto alle ore 9 circa fui informato per telefono che l'Ambasciatore Campbell mi avrebbe ricevuto alle 11,30 dello stesso giorno alla sua abitazione privata ove mi recai all'ora indicata e dove fui accolto personalmente e con molta e marcata cortesia.

Il colloquio, improntato da parte del mio interlocutore a particolare com

prensione e cordialità, si svolse dalle 11,30 circa alle ore 13.

Prima di iniziare la mia esposizione ottenni dall'Ambasciatore Campbell la formale assicurazione che il contenuto del mio «passo » sarebbe stato portato a completa conoscenza del Governo Americano poiché in considerazione dei gravissimi pericoli insiti in questa presa di contatto e ciò in relazione al minaccioso atteggiamento germanico in Italia, non ritenevo prudente rischiare ulteriori possibili indiscrezioni in un ambiente tanto difficile e controllato come quello di Lisbona entrando, in questi giorni, anche in contatto diretto con la Legazione degli Stati Uniti.

Di tutto il mio colloquio riferii in seguito al Ministro Prunas.

Dopo la conversazione con l'Ambasciatore Campbell alle ore 15 circa dello stesso 4 agosto inviai al Ministero degli Esteri insieme al Ministro Prunas il telegramma convenuto per informare il R. Governo che le istruzioni erano state eseguite.

Il 6 agosto alcuni quotidiani inglesi riportarono una notizia diramata da Washington secondo la quale «un emissario di Badoglio aveva in una capitale neutrale della penisola Iberica preso contatto con i rappresentanti alleati e descritto, tra l'altro, la tragica situazione in cui si dibatteva l'Italia».

Tale notizia fu telegrafata a Roma dalla Regia Legazione in Lisbona con il normale riassunto della stampa britannica di quel giorno.

Nella prima diecina di agosto -dopo l'assoluto silenzio britannico e la mancanza di una qualsiasi risposta alla comunicazione del 4 agosto -scrissi due lettere convenzionali e per interposta persona (trasmesse con regolare corriere diplomatico aereo per l'Italia) al Generale Castellano ed al Capo di Gabinetto degli Esteri nelle quali in termini concordati esprimevo i seguenti pareri:

a) che nulla vi era più da fare in via diplomatica;

b) che la soluzione andava ricercata sul terreno prettamente militare;

c) che gli Alleati avrebbero negoziato, sulla base del « unconditional surrender », con un plenipotenziario del Comando Supremo;

d) che gli Alleati avrebbero trattato col Sovrano ed il Maresciallo Badoglio.

Il 12 agosto, il bombardamento massiccio di Milano e di Torino fu a mio avviso la precisa conferma che gli Alleati ritenevano di dovere e potere imporre al Governo Italiano la formula della resa senza condizioni.

Il 19 agosto si presentò alla Legazione il Generale Castellano che lo presentai al Ministro Prunas. Venuto sotto mentite spoglie col treno diplomatico italiamo che rimpatriava i diplomatici cileni -giunto a Lisbona 11 16 agosto ci disse di aver già concordato le modalità dell'Armistizio con 1 rappresentanti militari alleati espressamente inviati nella capitale portoghese dopo una sua formale richiesta presentata a Madrid, nel suo passaggio da quella città, personalmente all'Ambasciatore d'Inghilterra Hoare.

Il Ministro Prunas ed io collaborammo quindi con il Generale Castellano per facilitargli il ritorno in Italia ed il segreto e la sicurezza della sua missione.

Alla mia presenza, il giorno 23 agosto -data di partenza del treno diplomatico per l'Italia -il Ministro Prunas incaricò il Primo Segretario di Legazione Casardi, giunto anche lui a Lisbona quale accompagnatore della Missione cilena col treno diplomatico italiano e che rientrava a Roma con lo stesso mezzo, di riferire personalmente al Ministro Guariglia: «che la questione della possibilità di un Armistizio italiano era oramai definitivamente uscita dalle "mani" diplomatiche e che si aveva motivi di ritenere fosse stata già trattata nei suoi dettagli da rappresentanti del Comando Supremo».

ALLEGATO

CONVERSAZIONE CON L'AMBASCIATORE CAMPBELL

APPUNTO. [Lisbona, 4 agosto 1943, ore 11,30-13].

Ho iniziato la mia conversazione con Sir Ronald Campbell Ambasciatore di Gran Bretagna a Lisbona col premettere che ero inviato dal nuovo Governo Italiano, presieduto dal Maresciallo Badoglio, su precise personali istruzioni del Ministro degli Esteri Guariglia, allo scopo di poter far giungere, per suo tramite, ai Governi Alleati un'esposizione onesta e dettagliata della situazione italiana, dopo il recente « colpo di Stato ». Ciò ai fini di poter fornire particolarmente al Primo Ministro Churchill ed al Presidente Roosevelt, in questi giorni riuniti a Quebec (3), con ogni possibile urgenza, tutti quegli elementi di giudizio necessari per la formazione di una esatta opinione, tanto sulle effettive condizioni morali e materiali del popolo italiano dopo trentotto mesi di guerra, quanto, e sopratutto, sugli intendimenti e le speranze del Governo del Re di potere al più presto trovare una soluzione, auspicata dall'immensa maggioranza degli italiani, che portasse alla fine della partecipazione ad un conflitto, voluta da un Regime in questi giorni definitivamente liquidato.

A tale proposito, e su sua precisa richiesta, ho sommariamente riassunto al mio interlocutore gli avvenimenti più salienti -a mia conoscenza -che avevano portato, con successivo « crescendo» in Italia al « 25 luglio». In particolare ho accennato: alla fermezza tempestiva e tradizionale del Sovrano; alla coraggiosa abnegazione dei pochi iniziati all'inevitabile tecnicismo del cosiddetto « colpo di Stato»; alla lealtà delle Forze Armate; agli aspetti manifestamente costituzionali del cambiamento di Governo, ed infine, e sopratutto, al vasto, crescente ed anzi erompente consenso con cui tutto il popolo italiano -senza alcun colore di partito -aveva approvato la caduta della tirannia mussoliniana. Pericolosamente così anche indicando all'alleato oppressore tedesco le sue vere e finali intenzioni, che superavano ormai il campo interno, per sfociare, con l'imperativo categorico di un immediato ricorso alla più pura e sentita tradizione anti-germanica, in quello sanguinoso del conflitto mondiale.

Come ho chiarito all'Ambasciatore Campbell tutta l'Italia «sana», che si era raccolta in questi giorni intorno alla Monarchia ed al governo del Maresciallo Badoglio, se manifestava in tutte le piazze della penisola la sua approvazione per l'indirizzo nettamente antifascista dato con i primissimi provvedimenti all'azione del Governo in politica interna, ancora più apertamente dimostrava di comprendere e faceva comprendere che, in politica estera, tale azione non poteva che tendere ad una inevitabile rottura con la Germania nazista ed all"uscita dell'Italia dalla guerra.

Potevo assicurare l'Ambasciatore Campbell che i nuovi dirigenti italiani, i «patrioti» che avevano assunto sotto la guida della Monarchia le difficoltà e la responsabilità sto

rica della « defenestrazione» di Mussolini non erano stati insensibili alle più recenti dichiarazioni dei Governi Alleati sulla Italia né erano dimentichi di quelle formule di politica internazionale che, così felicemente {4) accoWJiando il calcolato interesse della nazione con lo spontaneo sentimento del popolo, avevano favorito per il passato la sicurezza dell'Italia nella tradizionale amicizia con i paesi anglosassoni.

Se nel quadro dei nostri rapporti con la Germania, dall'alleanza alla guerra, dalla guerra alla nostra lunga odissea africana, russa, balcanica, ed ora nazionale, potevano essere un giorno facilmente documentate tanto l'oppressione teutonica quanto il continuato crescente tradimento da parte fascista e tedesca di tutti i fondamentali interessi italiani -che pienamente giustificavano una nostra estrema reazione -era infatti sopratutto nei chiari affidamenti dei governi delle Nazioni Unite sanciti nella Carta Atlantica, nell'ultima dichiarazione del presidente Roosevelt, nei discorsi del Primo Ministro Churchill e nel recentissimo proclama del Generale Eisenhower agli inizi dell'attacco all'Italia (5), che si trovava da noi ora l'incitamento per gli ulteriori necessari sacrifici e le garanzie per un domani migliore.

Potevo quindi a nome del Governo Italiano, assicurare l'Ambasciatore Campbell, e per suo tramite i Governi alleati, che nulla sarebbe intentato da parte italiana per ricercare quelle modalità necessarie nella nostra «tragica situazione», per rompere il giogo germanico ed uscire al più presto dal conflitto.

Dovevo in tutta onestà marcare il tono sulla qualifica di « tragica » data alla nostra situazione, poiché dagli stessi commenti di stampa anglosassoni, dalle prime ufficiose dichiarazioni « alleate » sul presunto atteggiamento temporeggiatore della Monarchia e del Governo Badoglio si poteva, forse erroneamente, ritenere che tale situazione non fosse apprezzata a Washington ed a Londra in tutta la sua verità e complessità.

Per chiarire quindi ogni eventuale equivoco ero stato istruito di dichiarare e ricordare quanto segue:

l) L'Italia -dove da molto tempo la pressione «morale e fisica» germanica veniva esercitata con crescente intensità, facilitata in tutti i modi, fino al 25 luglio, dal regime di Mussolini -era sull'orlo di una occupazione. Le ultime notizie al riguardo, fornitemi dallo Stato Maggiore italiano, indicavano dopo il recente Colpo di Stato un continuato afflusso di mezzi e di unità tedesche, nonché la predisposizione di precise misure militari che chiaramente manifestavano le intenzioni ed i sospetti tedeschi, che forse non erano sorti solo col « 25 luglio».

A tale proposito ero autorizzato ad informare gli Alleati, che oltre alle divisioni germaniche, già di stanza in Italia ai primi di luglio (che ho elencato), era stato controllato tra l'altro (secondo notizie datemi la mattina del 2 agosto dal Generale Castellano del Comando Supremo Italiano) l'afflusso dalla Francia di circa due nuove divisioni, che puntavano su Torino; la raccolta nei pressi di Innsbruck di circa 200 mila uomini; l'occupazione di tutte le installazioni del passaggio del Brennero ed infine il rafforzamento delle misure di sicurezza militari, da tempo assunte in massima parte dai tedeschi, delle linee ferroviarie che univano il Nord al Centro Italia.

2) La Capitale era sotto la minaccia di un'immediata occupazione tedesca. Di conseguenza il più imminente pericolo incombeva sulla Monarchia e sul Governo.

A ta1e proposito ero precisamente autorizzato ad informare gli Alleati che il Governo aveva ritenuto, nel caso che questa eventualità si avverasse, di invitare il Sovrano -su cui tutta la nuova situazione italiana si imperniava --a trasportarsi, sempre su territorio italiano, all'isola di Pantelleria (6). In tal caso, di cui la R. Legazione in Lisbona sarebbe stata informata con un telegramma convenzionale, avrei comunicato la decisione raggiunta all'Ambasciatore d'Inghilterra per le eventuali ed allora immediate misure indirette di sicurezza.

A Roma, dove da un calcolo aggiornato dei nostri servizi, già si trovavano circa 15 mila militari germanici e membri della Gestapo annidati ed organizzati in tutta la città, e quello che era più grave -data la servile politica fino ad ora seguita dal fasci

smo della «porta aperta» -in quasi tutti i Ministeri e Comandi, era stata inoltre avvicinata una divisione corazzata S.S. dotata dei moderni carri «Tigre».

Le notizie raccolte nella notte del lo agosto indicavano infatti questa Divisione a circa 38 (7) chilometri dall'Urbe.

3) Circa 35 divisioni italiane, tra cui indubbiamente le migliori, erano state sparpagliate in Europa dalla megalomania mussoliniana. Infatti il Dittatore fascista aveva, come era ben noto, decentrato, lontano da qualsiasi possibilità di diretta assistenza, grandi unità in Francia, Slovenia, Croazia, Albania, Grecia, Egeo.

Anche a questo riguardo le ultime nuove indicavano la precisa preoccupazione germanica, e ciò particolarmente per le nostre armate in Francia ed in Balcania, di dominare le vie di comunicazione tra l'Italia e tali regioni e così controllare questi rari e tenui cordoni ombelicali che ancora, e molto difficilmente, univano il <<grosso» del nostro Esercito con la Madre Patria.

4) Trecentomila operai italiani, sparsi in vari campi di lavoro, si trovavano in Germania: pegno vivente di vassallaggio all'alleato.

5) Infine le condizioni materiali e particolarmente alimentari italiane imponevano, dopo tre anni di guerra ed il consumo di tutte le risorse nazionali, una diuturna azione di governo per garantire, anche con l'aiuto straniero, un minimo equilibrio economico (8), produttivo e distributivo, che non poteva essere rotto senza le più gravi conseguenze.

Schematicamente erano questi i fondamentali problemi che il Governo italiano doveva sempre tener presente e che, nella ricerca di una soluzione, la quale pur sancisse indiscutibilmente la vittoria delle Nazioni Unite, doveva temporeggiando tentare di risolvere in armonia, per quanto possibile, con i supremi interessi della nazione.

Se questo era il tragico passivo della situazione presente italiana, non si poteva tuttavia dimenticare, nel fare il punto degli avvenimenti, il lato positivo.

«L'attivo» che già l'Italia aveva offerto alla causa degli Alleati, e che indubbiamente secondo le intenzioni del Governo e le aspettative di tutto il Paese desiderava portare non appena possibile fino alle ultime conseguenze, era infatti la recente liquidazione, « manu italiana», del più che ventennale regime fascista; nonché il sicuro progressivo ritorno alle liberali istituzioni indicate dalla Carta Atlantica e la spontanea offerta di una prossima possibile rottura dell'Asse.

La caduta del regime, questo primo risultato, così sensazionalmente raccolto dall'opinione pubblica mondiale, era già di per sé un contributo che l'Italia offriva alla causa della libertà europea e che coincideva pienamente con gli appelli rivolti da tanti autorevoli portavoci inglesi ed americani.

La rottura dell'Asse e l'uscita dal conflitto, sulla cui ineluttabilità tutti da noi concordavano, potevano essere, con i numerosi pericoli ed i nuovi sacrifizi che questa decisione appariva certamente importare per il popolo italiano, il successivo contributo alla causa degli Alleati.

Il gioco politico delle Nazioni Unite, che accompagnava tanto felicemente la loro poderosa azione bellica, non poteva che avvantaggiarsi, con le inevitabili ripercussioni internazionali, di questa ribellione italiana all'« ordine nuovo» germanico.

Vari paesi, cosidetti satelliti dell'Asse, legati all'Italia da particolari vincoli di comprensione, ora rinsaldati dalla comune oppressione tedesca, guardavano infatti in questi giorni al possibile esempio italiano.

In proposito potevo accennare, con ogni cognizione di causa, ai recenti confidenziali approcci fatti a Roma in vista di una possibile pace negoziata dal Vice Presidente rumeno Mihai Antonescu e dal Presidente del Consiglio ungherese Kallay.

Di particolare valore poteva quindi essere per la causa della libertà europea una possibile prossima decisione italiana, particolarmente se si teneva presente l'ancora notevolissima efficenza e potenza dell'esercito germanico. Che gli Alleati nell'economia gene

rale della guerra non fraintendessero l'effettiva portata delle loro vittorie africane e siciliane!

Tutte le informazioni in nostro possesso concordavano infatti nel ritenere sempre « fortissima » l'organizzazione bellica tedesca nell'Europa occupata, o quasi occupata, né a nostro avviso erano fondate le notizie di serie fratture tra Nazismo e Comando militare.

Assumendo quindi che vi fosse un reciproco logico interesse che l'Italia uscisse spontaneamente dal conflitto e si schierasse, se non altro moralmente, dalla parte alleata, si trattava ora di vedere quali predisposizioni fossero da prendere per facilitare una azione comune tendente a questo scopo.

Riferendomi a quanto avevo esposto poco prima e cioè alla «tragica situazione>> in cui si dibatteva il nostro Paese, moralmente e materialmente stremato e sul procinto di subire la spaventosa minaccia di una imminente vendicativa occupazione nazista, ero incaricato di far presente che, nonostante ogni buona volontà dei nuovi dirigenti italiani (9), nonostante l'erompente odio anti-germanico della massa, il Governo del Re non era in condizioni di potere, con un'immediata decisione politica, far « precipitare » l'invasione germanica contro la quale le dieci deboli divisioni italiane, ancora sussistenti in territorio nazionale, non erano un « reagente» sufficiente.

Il Governo italiano pertanto si trovava nell'obbligo di «calmare» in ogni modo possibile i manifesti crescenti sospetti tedeschi ed a tale scopo avrebbe inviato alla frontiera per incontrare Ribbentrop nei prossimi giorni, il Ministro degli Esteri Guariglia.

Da tale incontro, nel quale non sarebbe mancato un tentativo di «sfilare» dagli impegni dell'alleanza, il Governo italiano si riprometteva di sopire le palesi inquietudini tedesche e guadagnare quel tempo necessario per una decisione che potesse essere sincronizzata con un'eventuale ulteriore intesa militare e politica con gli Alleati.

Il Governo italiano pregava pertanto gli Alleati di non fraintendere la portata dell'imminente incontro Guariglia-Ribbentrop.

Per dimostrare fin da ora con prove concrete le sue ferme intenzioni di rompere la catena germanica, non appena lo si potesse fare con quel minimo necessario di garanzie militari, ero incaricato di informare i Governi Alleati:

a) dell'ubicazione esatta delle divisioni tedesche in Italia a tutto il 2 agosto (cosa che ho fatto con l'aiuto di una carta geografica presentatami dall'Ambasciatore Campbell e ricordando le precise indicazioni -mnemonizzate -al riguardo fornitemi dal Generale Castellano al Ministero degli Esteri la mattina del 2 agosto);

b) che le coste dell'Italia centrale erano state, su ordine del Comando Supremo, sguarnite dei principali contingenti di truppe italiane, i quali erano stati richiamati per la difesa di Roma;

c) che ogni possibile predisposizione era stata ordinata dal Governo italiano per difendere la Capitale, e con questo l'indipendenza politica del Governo da un probabile attacco germanico. A tale riguardo però dovevo al tempo stesso far presente che delle quattro o cinque divisioni fatte affluire a Roma, solo una, la ricostituita Divisione corazzata «Ariete», era modernamente da considerarsi efficiente nonostante il suo ridottissimo munizionamento (circa 88 colpi per ogni cannone);

d) infine di ripetere formalmente che il Governo del Maresciallo Badoglio era deciso, sotto la guida della Monarchia, di giungere, non appena si fosse potuto concordare gli opportuni necessari accordi tecnici con gli Alleati, fino alle più estreme conseguenze per rompere con il passato e contribuire «in ogni modo» (a mio avviso personale anche con una dichiarazione di guerra alla Germania) alla effettiva liberazione dell'Europa dall'oppressione nazional-socialista. Ciò, beninteso, senza per questo ignorare né sottovalutare tutte le re:monsabilità conseguenti da un conflitto che, se pure non era stato voluto dalla maggioranza degli italiani, era da considerarsi decisamente perso per l'Italia.

Benché lo scopo della mia m1ss10ne non era quello di intavolare negoziati ma si limitava solo a chiarire agli Alleati con la più assoluta onestà la situazione italiana, le sue necessità e le finalità che il Governo del Re si era imposto nell'attuale difficilissima congiuntura della vita nazionale, ero autorizzato a portare a conoscenza dell' Ambasciatore Campbell alcuni suggerimenti e raccomandazioni. E ciò affinché fossero inoltrati al più presto ai Governi Alleati in vista di una auspicabile, reciprocamente utile, « sincronizzazione» della quasi inevitabile reazione italiana contro la Germania con i piani bellici e politici delle Nazioni Unite.

Le seguenti erano le raccomandazioni del Governo italiano:

l. che questo primo contatto con gli Alleati fosse inteso in tutta la sua serietà al fine di potere al più presto predisporre di comune accordo su di un terreno politico e sopratutto militare tutte le misure in vista di creare le condizioni necessarie per far uscire l'Italia dal conflitto;

2. -che a tutti i fini era auspicabile cessassero gli attacchi e le insinuazioni contro il Sovrano ed il Governo Badoglio al fine di facilitare il loro arduo compito all'interno ed impedire che un estremismo caotico-di cui si erano avuti alcuni sintomi -potesse pregiudicare tanto il normale ritorno a delle forme costituzionali di Governo quanto e sopratutto facilitare, suscitando un giustificabile disordine spirituale tra gli italiani, la «calata» germanica; 3. -che fossero cessati i bombardamenti aerei, non resi necessari da precise esigenze belliche, sulle città italiane (e ciò però con opportune finte per non favorire i sospetti germanici). Tale appello del Governo particolarmente si riferiva alla Capitale ed alle città del Nord ove, oltreché delle popolazioni maggiormente preparate nella loro organizzazione borghese ed operaia ad una nuova Italia liberale, gli attacchi aerei colpivano i tradizionali centri italiani di resistenza al tedesco.

Nel concludere con quest'ultimo appello la mia esposizione ho confermato ancora una volta all'Ambasciatore Campbell che, se non avevo alcun potere di negoziare, ero tuttavia. dopo il telegramma convenzionale che avrei subito inviato «per missione ultimata», autorizzato, tramite il R. Ministro Prunas, di far pervenire al R. Governo Italiano qualsiasi osservazione e suggerimento i Governi Alleati intendessero far pervenire a Roma. Confidavo che in qualsiasi caso il segreto più assoluto sarebbe stato mantenuto su questo contatto e ciò nel reciproco interesse politico italiano ed alleato e per quel senso di umanità da cui non si poteva prescindere in situazioni così tristemente difficili come quelle che avevo tentato di descrivere.

Nel corso del colloquio l'Ambasciatore Campbell mi ha più volte interrotto per chiedermi, in particolare, chiarimenti su i seguenti punti a cui ho opportunamente risposto: responsabilità del Sovrano nei riguardi del colpo di Stato; atteggiamento del Principe Ereditario; pensiero del Vaticano sull'Italia, la Germania e la pace; seguito effettivo della Monarchia e del Maresciallo Badoglio tra le Forze Armate; reazioni delle masse operaie agli avvenimenti del « 25 luglio»; comunismo italiano e sue organizzazioni; posizione assunta dal Conte Ciano e dal Conte Grandi; possibilità dei partiti medi e borghesi italiani e loro appoggio alla nuova situazione; infine opinione ufficiale italiana sulle capacità difensive ed offensive dell'Esercito tedesco.

Su questo solo punto ha espresso alcune riserve ai miei chiarimenti e precisamente che non riteneva la Germania fosse in condizione di occupare rapidamente e con notevoli forze l'Italia: «Perfino in Francia», na detto, «non vi erano che venti divisioni e quadri ridotti, insufficienti alla bisogna ».

Alla conclusione della mia esposizione mi ha formalmente assicurato che avrebbe inviato direttamente al Primo Ministro Churchill una sua personale dettagliata relazione sulla nostra conversazione che, secondo gli accordi intercorsi tra noi, sarebbe subito comunicata anche al Presidente Roosevelt.

Alla mia personale richiesta che tale relazione fosse pure portata a conoscenza del Sottosegretario nord americano Sumner Welles, a cui ero legato da vincoli di stretta am1c1z1a e reciproca fiducia, Campbell mi ha assicurato che i principali dirigenti NordAmericani sarebbero stati debitamente informati.

64 -Doeumenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

Quale prima impressione della mia espos1z10ne poteva dirmi che la trovava molto interessante e che -potevo confidare -sarebbe stata immediatamente riportata nella sua integrità a chi di ragione.

Poiché tuttavia mi aveva ricevuto solo in seguito ad una superiore autorizzazione che non implicava altre istruzioni se non di «ascoltarmi», doveva personalmente limitarsi a dirmi che, a suo avviso, i piani bellici concernenti l'Italia erano stati dai Comandi Alleati già da tempo predisposti, a prescindere da qualsiasi situazione interna nella penisola e che quindi l'atteggiamento delle Nazioni Unite per quanto concerneva l'Italia era necessariamente già definito: militarmente, dai progetti approvati dal Comando Interalleato, e, da un punto di vista politico, dalla formula del « unconditional surrender » pubblicamente sancita nei riguardi di tutte le Potenze nemiche.

La necessità di aderire a tale formula avrebbe, a suo parere, implicato al momento convenuto, o da noi italiani prescelto, ulteriori prese di contatto ma questa volta di carattere militare. Cosa che io non gli ho escluso.

(l) -Ed., con l'inclusione dell'appunto nel corpo delht lettera, in Consiglio di Stato, Sezione speciale per l'epurazione, Documenti prodotti a corredo della memoria del consigliere di legazione Blasco Lanza d'Ajeta, Roma, Tipografia Ferraiolo, 1946, pp. 17-35. (2) -Il documento è senza data: è probabilmente della primavera del 1944 quando Prunas cercò di raccogliere per l'archivio della Segreteria Generale le carte relative all'armistizio.

(3) Quest'inciso manca nel testo pubblicato. La conferenza di Quebec ebbe peraltro inizio il 17 agosto 1943.

(4) -«Felicemente» manca nel testo pubblicato. (5) -Nel testo pubblicato si dice «a Pantelleria». (6) -Nel testo pubblicato si dice «all'Isola della Maddalena». (7) -«28 » nel testo pubblicato. (8) -Parola mancante nel testo pubblicato.

(9) Questo inciso manca nel testo pubblicato.

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IL CONSOLE GENERALE A TANGERI, BERIO, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS (l)

APPUNTO. Tangeri, 18 aprile 1944.

Il 3 agosto 1943 alle ore 10 del mattino fui convocato nel Gabinetto del Ministro degli Affari Esteri S. E. Guariglia. Vi trovai Mario Badoglio il quale mi avvertì che sarei stato destinato a Tangeri con una missione confidenziale. Mi spiegò che il Ministro di Gran Bretagna a Tangeri sig. Gascoigne, con il quale egli aveva mantenuto prima della guerra cordiali rapporti, gli aveva detto, al momento dello scoppio delle ostilità, che egli avrebbe potuto contare su di lui in ogni evenienza. Io avrei dovuto quindi fare in modo di entrare in relazione con lui ricordando i suoi rapporti con Mario Badoglio.

Sopraggiunto S. E. Guariglia, questi mi spiegò che la strada indicatami da Mario Badoglio era la sola per stabilire un contatto con gli Alleati. Il Vaticano infatti temeva di compromettersi con i Tedeschi ed il Ministro britannico presso la Santa Sede non disponeva di cifrari sicuri. Mi illustrò quindi la situazione del Paese che era estremamente grave. Era bensì intendimento del

R. Governo giungere ad un'intesa con gli Alleati, ma sarebbe stato impossibile intavolare trattative ufficiali perché i Tedeschi avevano in mano l'Italia e, al primo gesto, avrebbero occupato Roma con le due (2) divisioni corazzate dislocate nei dintorni della Capitale «facendo prigionieri il Re, il Maresciallo e il Papa» (3). Io avrei dovuto spiegare a Gascoigne che gli Alleati avrebbero dovuto in primo luogo attenuare l'intensità dei bombardamenti sull'Italia onde rendere possibile al Maresciallo di mantenere il fronte interno. Vi era inoltre da augurarsi che gli Alleati effettuassero uno sbarco nella Francia del Sud o nei Balcani onde attirare altrove le forze tedesche dislocate in Italia e dare così maggiore libertà d'azione al R. Governo. Poco importava, anzi era oppor

tuno, per ovvie ragioni, che gli Alleati continuassero nella loro campagna di stampa contro il Governo del Maresciallo Badoglio (4).

Queste in riassunto le istruzioni del Ministro Guariglia. Nel pomeriggio ebbi l'onore di essere ricevuto dal Maresciallo Badoglio il quale mi confermò le predette istruzioni insistendo sulla necessità che gli Alleati, con opportune operazioni militari di diversione, « succhiassero » le divisioni tedesche di stanza in Italia.

La sera ebbi un nuovo colloquio con il Ministro Guariglia il quale mi precisò come fosse essenziale che io stabilissi intanto (5) un contatto con gli Inglesi. Secondo le Sue istruzioni, il Capo di Gabinetto Babuscio Rizzo mi disse che, ove la situazione fosse precipitata (6), mi sarebbe stato telegrafato, in un linguaggio convenuto, di prospettare agli Alleati la convenienza di uno sbarco in Italia. Io avrei dovuto rispondere, sempre nel linguaggio convenuto, indicando possibilmente le località degli sbarchi.

Partii la mattina seguente, 4 agosto, in aereo per Siviglia pur non avendo potuto ottenere dall'Ambasciata di Spagna in Roma il visto per Tangeri. Di qui, profittando della confusione dei servizi spagnuoli, potei proseguire in aereo per Tangeri anche senza avere i documenti in ordine.

Arrivai a Tangeri il 5 agosto nel pomeriggio. Il Ministro Gascoigne era assente. Tramite un connazionale, che mi era stato indicato da Mario Badoglio, potei la sera stessa entrare in contatto con il Console Aggiunto Britannico Watkinson nella casa del R. Console Aggiunto Castronuovo.

Spiegai al Watkinson lo scopo della mia missione insistendo soprattutto sul fatto che il R. Governo si trovava nell'impossibilità di concludere con gli Alleati intese «ufficiali» data la presenza di forti contingenti tedeschi in Italia. Fissai in tre punti il modo di vedere del R. Governo: l. attenuare i bombardamenti; 2. «succhiare» le truppe tedesche dall'Italia con sbarchi in altre

Frattanto il Ministro Gascoigne, che si trovava in congedo a Lisbona, ebbe istruzione dal Foreign Office -come appresi più tardi -di rientrare immediatamente a Tangeri.

La sera del 13 agosto fui convocato da Gascoigne. L'incontro ebbe luogo in automobile in una strada solitaria di Tangeri alle ore 10.30. Gascoigne mi dettò (10) il seguente messaggio:

«Il messaggio che segue è inviato da parte dei Governi Britannico e degli Stati Uniti.

(lOì In Guariglia «dette».

È necessario che il Maresciallo Badoglio comprenda che noi non possiamo negoziare ma esigiamo una capitolazione senza condizioni (11). Ciò vuol dire che il Governo Italiano dovrebbe mettersi nelle mani dei due Governi Alleati che in seguito gli faranno conoscere i loro termini. Questi termini forniranno condizioni onorevoli. Richiamate l'attenzione del Sig. Berio sul fatto che i due Capi dei due Governi hanno già manifestato il loro desiderio che l'Italia occupi un posto rispettabile nella nuova Europa appena sarà finito il conflitto e che il Generale Eisenhower ha già annunciato che i prigionieri italiani in Tunisia e Sicilia (12) saranno rilasciati a condizione che lo siano tutti i prigionieri alleati».

Obbiettai al Ministro Gascoigne che ciò non aggiungeva nulla a quanto già ufficialmente si sapeva e che, in ogni caso, il R. Governo non avrebbe potuto accettare «ufficialmente» una resa senza condizioni perché ciò avrebbe provocato inevitabilmente un atto di forza da parte dei tedeschi.

La mattina successiva, 14 agosto, telegrafai a Roma, nel linguaggio convenuto, la comunicazione predetta. Il 17 agosto fui convocato dal Ministro Gascoigne nella casa di un suddito britannico. Mi venne comunicato .il seguente messaggio:

«Il Sig. Berio deve essere informato, in risposta alle obiezioni da lui sollevate, che egli deve presentare un documento che offra la resa senza condizioni e chieda di conoscere i termini che il Governo Italiano dovrà sottoscrivere per da,re effetto a tali condiz1ioni. Questa offerta scritta non deve essere pubblicata nella fase attuale. Ma il Sig. Berio deve comprendere che tanto l'offerta delle condizioni quanto i termini firmati dal Governo Italiano dovranno essere pubblicati immediatamente dopo la firma dell'armistizio».

Feci osservare a Gascoigne che non avevo poteri per trattare sulla base della resa senza condizioni e ribadii i concetti già esposti. Aggiunsi che non mi rendevo conto della necessità di rendere di pubblica ragione, dopo l'eventuale firma dell'armistizio, i negoziati che lo avevano preparato. Ciò infatti non avrebbe avuto altro risultato che quello di fare accanire di più i Tedeschi contro gli Italiani nella parte del Paese che fosse rimasta da essi occupata, e tutto questo con pregiudizio per gli stessi Alleati. Gascoigne, pur mostrando di rendersi conto di tali obbiezioni, mi disse che egli non poteva attenersi che alle istruzioni ricevute.

Informai Roma di quanto sopra il giorno stesso.

Il 19 agosto mi pervenne un telegramma da Roma (13) nel quale mi si diceva sostanzialmente che, l'Italia essendo (14) in mano dei Tedeschi, il R. Governo non aveva nessuna libertà d'azione.

Il 20 agosto a sera tarda mi incontrai di nuovo con Gascoigne. Ebbi con lui un colloquio di circa due ore. Insistei su tutti gli argomenti già esposti circa la critica situazione del Governo del Maresciallo Badoglio nei riguardi dei Tedeschi. Sviluppai poi il concetto che gli Alleati avevano tutto l'interesse a fare in modo che l'Italia, centro della Cristianità, non soccombesse nell'im

mane conflitto che dilania l'Europa onde costituire un baluardo contro tutte le correnti suscettibili di sovvertire la civiltà occidentale.

Gascoigne, pur obbiettando che, a suo modo di vedere, gli Italiani avrebbero dovuto essere in grado di tenere a bada i Tedeschi, ascoltò con molta attenzione quanto gli venivo esponendo. Ebbi l'impressione che egli avesse preso molto a cuore la cosa e ritengo che egli abbia agito, nella circostanza, con molto spirito di comprensione.

Dopo questo colloquio, non ho più ricevuto istruzioni da Roma né comunicazioni da Gascoigne. Il 25 agosto informai Roma che non vi era stata alcuna nuova reazione da parte inglese.

SoLo recentement.e Gascoigne mi ha confidenzialmente informato che dopo il nostro ultimo colloquio egli aveva ricevuto dal suo Governo il testo delle condizioni di armistizio che avrebbero dovuto essermi comunicate solo dopo successiva autorizzazione. Detta autorizzazione non giunse perché -secondo Gascoigne -si erano nel frattempo incontrati delegati militari a Lisbona muniti di poteri speciali per stipulare l'armistizio.

Tengo ad aggiungere che, nonostante la ristrettezza di questo ambiente e la fitta rete dello spionaggio tedesco, nulla è finora qui trapelato, al di fuori degli ambienti alleati, circa i miei contatti con Gascoigne.

(l) -Ed. in R. GuARIGLIA, Ricordi, cit., pp. 603-605, con le varianti indicate nelle note successive. (2) -Nel testo riportato da Guariglia: «loro ». (3) -Le ultime tre parole mancano in Guariglia.

(7) località; 3. continuare nella campagna di stampa contro il Governo del Maresciallo onde stornare i sospetti dei tedeschi. II Watkinson mi assicurò che avrebbe telegrafato la notte stessa al suo Gove:rno e che contava darmi (8) una risposta la sera successiva (9). Il 7 agosto, non avendo avuto ancora risposta, convocai nuovamente il Watkinson cui ribadii i concetti suesposti.

(4) -In Guariglia questa frase manca interamente. (5) -Parola mancante in Guariglia. (6) -In Guariglia «precisata». (7) -In Guariglia <<varie». (8) -Parola mancante in Guariglia. (9) -Vedi D. 609. (11) -Le due ultime parole mancano In Guariglia. (12) -In Guariglia manca «e Sicilia». (13) -In Guarigiia manca <<da Roma». (14) -In Guariglia <<era sempre» al posto di <<essendo»
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IL CAPO DELLA MISSIONE MILITARE ITALIANA PRESSO IL COMANDO IN CAPO DELLE FORZE ALLEATE, CASTELLANO, ALL'ISPETTORE GENERALE DELL'ESERCITO, AMBROSIO (l)

RELAZIONE. [Algeri], 15 dicembre 1943.

Come da ordine ricevuto dall'Ecc. Ambrosia, Ispettore Generale dell'Esercito, con foglio n. 21 del 28 novembre 1943, espongo qui di seguito tutto quanto si riferisce all'attività da me svolta durante il periodo 12 agosto-8 settembre, data della dichiarazione di armistizio.

Tra la fine di luglio ed i primi d'agosto, in data che non ricordo con assoluta precisione, mi offersi di raggiungere con un mezzo qualunque e con qualsiasi eventuale rischio personale il comando del Generale Eisenhower, o suoi rappresentanti, per far conoscere le nuove intenzioni dell'Italia dopo la caduta del fascismo e dopo la già palese occupazione del nostro paese da parte dei tedeschi.

Questa mia offerta, accettata dall'Ecc. Ambrosia, Capo di Stato Maggiore Generale, non ebbe subito risultato, per la difficoltà di poter giungere in campo nemico senza che i tedeschi se ne accorgessero (2).

Il mattino del 12 agosto, alle ore 9,30 circa, fui chiamato dall'Ecc. Ambrosia, il quale mi ordinò di partire lo stesso giorno per Lisbona usufruendo di un treno che trasportava colà nostri funzionari del Ministero degli Esteri inviati incontro a colleghi provenienti dal Cile.

Dovevo «cercare di prendere contatto con gli anglo-americani» (3).

La stessa mattina del giorno 12, essendo andato al Ministero degli Esteri per regolare i particolari della mia partenza, incontrai per puro caso, nell'ufficio del Capo di Gabinetto, il Ministro Guariglia.

Questi mi tenne un breve discorso raccomandandomi essenz'ialmente di fare molta attenzione durante il viaggio per non essere scoperto, avvertendomi che lui aveva dovuto dare a von Ribbentrop la propria parola d'onore circa la presente e futura lealtà dell'Italia.

Soggiunse poi che io dovevo rappresentare agli anglo-americani la situazione dell'Italia, pressoché interamente occupata dalle truppe germaniche, e consigliare di effettuare uno sbarco a Nord di Roma perché altrimenti la Capitale e gli uomini responsabili potevano correre serio pericolo. Questo ultimo il motivo predominante.

Nelle sopra riportate parole consistettero le direttive datemi, e, ripeto, per puro caso; ebbi la netta impressione che il Ministro Guariglia avesse poca fiducia nella mia missione, forse perché precedenti approcci a Lisbona erano andati falliti (4) e forse anche perché considerava tutte le difficoltà che avrei dovuto superare senza avere i mezzi adatti.

Poco prima di partire, nel congedarmi dall'Ecc. Ambrosia, sottoposi alla sua approvazione un promemoria da me compilato (5), nel quale ripetevo alcune idee personalissime, già espresse in precedenti colloqui, idee che avevo in animo di esporr& -se approvate -alla parte anglo-americana, e che rappresentavano, a mio parere, qualche cosa di più concreto e di più definito di quanto mi era stato detto, casualmente, dal Ministro Guariglia. In sostanza io mi proponevo non soltanto di andare ad esporre la nostra tragica situazione e soltanto chiedere aiuto senza nulla dare in cambio, ma ritenevo necessario offrire qualcosa e precisamente la nostra partecipazione militare nella lotta contro i tedeschi, sempreché gli Alleati venissero adeguatamente in nostro soccorso (6).

Ero indotto a questo pensiero dal fatto che anziché presentare un'Italia vinta e che non può nemmeno arrendersi perché non ne ha la forza materiale, sarebbe stato assai più onorevole non deporre le armi e assai più promettente per il nostro futuro l'offerta di una partecipazione attiva italiana a fianco degli Alleati.

L'Ecc. Ambrosia approvò integralmente le mie (7) idee ed esse costituirono

l'essenza delle mie conversazioni con gli anglo-americani, nonché la base sulla

quale fu redatto a Quebec dal Presidente Roosevelt e dal Primo Ministro Chur

chill quel documento, detto appunto di Quebec, che rese inoperanti molte delle

clausole dell'armistizio, che permise all'Italia di non « arrendersi a discrezio

ne » e che permetterà nel futuro il risorgere di essa.

Non mi si volle dare alcuna credenziale, ad eccezione di un biglietto dell'ambasciatore inglese al Vaticano, Osborne, per il collega sir Samuel Hoare, ambasciatore a Madrid, biglietto che diceva testualmente: «Vi prego di ricevere il latore del presente>-'. Non solo, ma di tale stesso laconico biglietto difficilmente avrei potuto fare uso perché viaggiavo col passaporto collettivo dei diplomatici diretti a Lisbona e non avevo quindi la possibilità di recarmi a Madrid dall'ambasciatore Hoare.

Partii così, con molte poche speranze in cuore, perché dubitavo che mi si desse ascolto senza alcunché di scritto e con il solo aiuto morale delle brevi parole di augurio dettemi dal mio capo Ecc. Ambrosia.

Per fortuna il treno che mi trasportava a Lisbona ebbe una fermata di alcune ore a Madrid. Ne approfittai per cercare di abboccarmi con l'ambasciatore sir Samuel Hoare. Questi mi ricevette subito ed a lui esposi dettagliatamente la nostra situazione militare, che non consentiva alcun distacco dai germanici senza l'aiuto anglo-americano, parlai del pericolo che i tedeschi potessero da un momento all'altro restaurare il fascismo, dissi che l'Italia non desiderava deporre le armi, ma voieva continuare la guerra a fianco delJ.e potenze alleate. Chiedevo di essere messo in contatto con ufficiali anglo-americani per discutere con essi la situazione militare e le nostre necessità.

L'ambasciatore Hoare non si limitò ad ascoltarmi, ma mi rivolse numerose domande intese anzitutto a sapere chi io fossi ed a conoscere la reale situazione dell'Italia, situazione che dipinsi nelle tinte più fosche (8) al fine di mettere bene in chiaro fin da principio che noi eravamo in mano dei tedeschi e non potevamo azzardare da soli alcun passo per il distacco.

Poiché dovevo. lo stesso giorno partire per Lisbona e non potevo trattenermi a Madrid, chiesi che l'incontro con gli ufficiali delle nazioni alleate avvenisse, qualora i rispettivi governi aderissero, a Lisbona.

Alla fine l'ambasciatore mi assicurava che avrebbe subito telegrafato al suo Governo esponendo ciò che aveva sentito da me e la mia richiesta di abboccarmi con militari. Mi forniva di un biglietto di presentazione per l'ambasciatore Campbell a Lisbona.

Quivi giunto presi subito contatto con l'ambasciatore, che però non aveva ricevuto alcuna comunicazione da Londra, e che mi promise di avvertirmi non appena a conoscenza delle decisioni del suo Governo. Il signor Campbell fece qua1che abbiezione sul fatto che io non avevo credenziali, ma per fortuna questi dubbi non influirono sui Governi di Londra e di Washington, forse perché il suo collega Hoare non li aveva avuti.

La sera del 19 fui convocato a casa dell'ambasciatore inglese ove erano ad attendermi, oltre il signor Campbell, il signor Kennan incaricato di affari americano, il Generale Smith Capo di Stato Maggiore del Comando in Capo Alleato e il Generale Strong Capo dell'« Intelligence Service » dell'alto comando.

Il generale Smith, presa la parola, iniziò la lettura delle condizioni di armistizio.

Osservai immediatamente che io non ero venuto a Lisbona per chiedere l'armistizio, che non ero autorizzato a trattarlo, ma che il mio compito era soltanto quello che avevo esposto aH'ambasciatore Hoare e per espletare il quale avevo chiesto un colloquio con urficiali dello Stato Maggiore del Gen. Eisenhower.

Il Generale Smith ribatté che da parte sua aveva il preciso ordine di comunicarmi le clausole dell'armistizio, e in aggiunta mi lesse il «documento di Quebec » al quale ho precedentemente a~ennato.

Questo documento, compilato dopo che l'ambasciatore Hoare aveva comunicato al Presidente Roosevelt ed al Primo Ministro Churchill (entrambi in quel momento a Quebec) le mie parole, diceva che le «condizioni di armistizio» non contemplavano la partecipazione attiva dell'Italia nella lotta contro i tedeschi (in realtà dette condizioni erano state stilate sin dall'epoca dell'invasione della Sicilia), ma che esse, ora che si era saputo il fatto nuovo della nostra partecipazione attiva alla guerra a fianco delle Nazioni Unite, sarebbero state applicate più o meno a seconda del contributo che noi avremmo dato alla guerra comune.

È chiaro che il documento in parola mutava completamente la nostra posizione e che si poteva intravvedere da esso come l'Italia, dalla disgraziata posizione di nazione vinta, potesse aspirare a mettersi nel prossimo futuro a fianco delle nazioni vincitrici.

Sempre nel documento in parola erano elencati alcuni provvedimenti di ordine militare che 11 Governo italiano doveva prendere, per consiglio degli Alleati, prima della dichiarazione ufficiale dell'armistizio.

Per quanto sentissi tutta l'importanza del contenuto del documento di Quebec e vedessi che ci si offriva, in cambio della nostra partecipazione attiva alla guerra, il modo di salvarci dalla catastrofe, insistetti con il Generale Smith che non potevo in alcun modo esprimere un parere, né prendere impegno alcuno, né discutere, perché tutto ciò esorbitava da ogni mia competenza. Potevo soltanto portare a Roma i documenti che mi erano stati letti, e nulla più. E poiché dalla lettura delle « condizioni di armistizio » mi erano rimasti dubbi sulla interpretazione di alcune di esse, pregavo di volerle delucidare, acciocché io potessi fare altrettanto a Roma.

E così mi furono date tutte le spiegazioni che desideravo sui vari articoli. Mi fermai particolarmente su quello che si riferiva all'impegno di consegnare i prigionieri sani e salvi, cosa che dichiarai essere impossibile, e su quello che riguardava la flotta.

L'articolo 4 delle « condizioni di armistizio » dice che la flotta doveva tra

sferirsi in luogo da deslgnare e che il Comando in Capo avrebbe fissato i det

tagli sul disarmo. «Disarmo» voleva dire che la bandiera italiana sarebbe stata

ammainata, che i nostri uomini sarebbero stati sbarcati e che le nostre navi

sarebbero andate per 11 mare con altri equipaggi e con altra bandiera.

Qui non mi limitai più a chiedere chiarimenti sulla interpretazione da dare perché non c'erano dubbi sulla parola «disarmo», ma rappresentai tutta la

gravità della cosa specificando che il disagio morale sarebbe stato così grande che certamente gli equipaggi avrebbero preferito affondare le proprie navi anziché ammainare la propria bandiera.

Il Generale Smith rimase molto impressionato delle mie parole e mi disse che tutto, e quindi anche l'articolo 4, veniva ad essere modificato in base al documento di Quebec e perciò noi potevamo star sicuri che alla nostra flotta sarebbe toccato un trattamento onorevole.

Gli chiesi che le navi anziché nei porti alleati andassero in Sardegna o al massimo in Sicilia, e su questo il Gen. Smith mi promise di appoggiare la nostra causa presso il Gen. Eisenhower e l'Ammiraglio Cunningham acciocché essi la perorassero alla loro volta presso i Governi di Londra e di Washington.

In effetti, l'Ammiragliato britannico non accedette poi a detta richiesta perché non ritenne la flotta italiana sufficientemente protetta nei nostri porti. (Questa la glustlflcazlone ufficiale).

Ma per quanto riguarda il trattamento onorevole, i fatti hanno dimostrato che il Gen. Smith aveva ragione perché il disarmo non è stato effettuato e la bandiera nostra non ha cessato un minuto di sventolare sulle navi d'Italia.

Ottenute le delucidazioni richieste sui vari articoli, fec-i presente che ci occorreva l'aiuto delle forze anglo-americane e che, per aver ragione delle forze tedesche dislocate in Italia, conveniva agli anglo-americani sbarcare sulla costa settentrionale della penisola spezzando così in due lo schieramento germanico. Uno sbarco nelle vicinanze di La Spezia o uno sbarco a Rimini avrebbe messi i tedeschi in condizione di dover difendersi nell'Italia settentrionale, abbandonando tutta la parte centro-meridionale.

I miei interlocutori mi stettero a sentire impassibili, non espressero alcun parere, né mi fecero intravedere se le mie proposte fossero corrispondenti ai loro piani (9). Si rimase d'intesa che, se le condizioni di armistizio (alle quali doveva essere aggiunto il documento di Quebec) fossero state accettate dal Governo italiano sarebbe stato spedito ad Algeri un nostro telegramma convenzionale non più tardi della mezzanotte del giorno 30 e contemporaneamente sarebbe stata fatta una comunioazione all'ambasciatore Osborne a Roma. L'accettazione delle condizioni importava che il Capo del Governo italiano dovesse comunicare alla radio l'avvenimento nella stessa ora nella quale il Generale Eisenhower avrebbe fatta analoga dichiarazione. Questa comunicazione avrebbe preceduto di poco (sei ore) lo sbarco principale sulla penisola. In proposito ho osservato che era necessario un preavviso alle autorità italiane di almeno quindici giorni per permettere di condurre a termine i preparativi per una effettiva collaborazione. Il Generale Smith mi promise di ottenere dal Generale Eisenhower quanto domandavo (10).

Tutto ciò che si riferisce a quel colloquio è consacrato in un verbale redatto, sia pure in forma schematica, la stessa notte, dalla parte anglo-americana. Giunto a Roma il 27 (o 28?) (11) agosto, con il treno che trasportava i diplomatici italiani rimpatriati dal Cile, andai a riferire il risultato dei miei col

(lO) «Promessa che il Castellano non ha poi curato di far mantenere>>.

loqui all'Ecc. Ambrosio, che chiese subito di conferire insieme a me col Capo del Governo per renderlo edotto di quanto avevo fatto. Al colloquio, avvenuto la stessa mattina del mio arrivo, era presente il Ministro Guariglia. Questi non approvò il fatto che io fossi andato ad offrire agli anglo-americani la nostra collaborazione militare e mi disse che a ciò io non ero autorizzato. Risposi piuttosto vibratamente che mi si era mandato a Lisbona forse senza sapere precisamente cosa si voleva ottenere, che direttive vere e proprie non ne avevo ricevute da alcuno, salvo quelle poche che egli, Ministro Guariglia, mi aveva date per puro caso, e perciò avevo dovuto agire di iniziativ,a (12). (In realtà la mia iniziativa si era manifestata prima della partenza, quando cioè sottoposi al Capo di Stato Maggiore Generale la mia idea che egli approvò).

Il Capo del Governo ci congedò dicendo all'Ecc. Ambrosia di studiare le clausole di a11mistizio sotto il punto di vista militare e riservandosi di sottoporre alla Maestà del Re i documenti da me portati da Lisbona. Questi documenti erano: le clausole di armistizio, il Documento Aggiuntivo di Quebec, il verbale della seduta di Lisbona con le modalità relative alla esecuzione dell'armistizio, ed una mia dettagliata relazione di quanto avevo detto e su quanto mi era stato detto in tutti i colloqui avuti con la parte anglo-americana. Di questi colloqui avevo redatto un resoconto quasi stenografico.

Non tratto di quanto è avvenuto tra il giorno 27 (o 28?) (13) e la mattina del 30 perché non intervenni personalmente alle conversazioni che si svolsero tra le Alte Autorità dello Stato in tale periodo. In tale frattempo, il giorno 29, giunse un telegramma da Algeri spedito dal Generale Zanussi all'Ecc~arboni col quale si chiedeva l'invio di un aereo a Palermo per rilevare un ufficiale che doveva portare importanti documenti. L'aereo andò e riportò la sera del 30 il sottotenente Lanza, il quale però non aveva con sé i documenti preannunciati da Zanussi, ma soltanto due le':.tere da costui indirizzate al Generale Carboni e al tenente colonnello Michelotti.

Il Generale Zanussi era stato inviato, non so con quale incarico né per iniziativa di chi, a Lisbona durante la mia assenza. Egli vi giunse quando io ero già partito e ricevette comunicazione dall'ambasciatore Campbell che le conversazioni erano terminate. Per ordine del Comando in Capo Alleato fu inviato ad Algeri dove si incontrò con il Generale Smith e quindi fatto proseguire per la Sicilia, ove io lo ritrovai il giorno 31 agosto.

A quanto mi è stato riferito in una recente conversazione confidenziale dal Generale Smith, l'invio del Generale Zanussi nocque notevolmente all'andamento delle trattative perché aggravò la diffidenza che gli Alleati avevano nei nostri riguardi e determinò il più assoluto riserbo sui loro intendimenti operativi.

Da parte mia non posso pensare che il Generale Zanussi sia stato inviato a Lisbona perché a Roma si mancava di mie notizie, avendo io detto in partenza che non avrei fatto alcuna comunicazione allo scopo di salvaguardare

il segreto, e perché si sapeva che io sarei ritornato col treno dei diplomatici, la cui data di arrivo era ben nota al nostro Ministero degli Esteri (14).

Il mattino del 30 fui convocato dal Capo del Governo presenti l'Ecc. Ambrosia, il Ministro Guariglia ed il Ministro Acquarone. Mi venne ordinato di partire l'indomani mattina per Termini Imerese (come convenuto col Generale Smith in caso di nostra adesione) per dire agli Alleati che se l'Italia avesse avuto libertà di azione avrebbe accettato le condizioni offerte, ma che non era nella possibilità di attuarle dato che le forze militari italiane si trovavano in enorme stato di inferiorità rispetto a quelle tedesche dalle quali potevano essere in brevissimo tempo sopmffatte. Tutto il paese, e Roma in ispecie, sarebbe stato così sottoposto alle rappresaglie dei tedeschi. Avrebbe potuto l'Italia chiedere l'armistizio qualora, in seguito a sbarchi degli Alleati con contingenti sufficienti ed in località adatte, le attuali condizioni si fossero mutate. Queste direttive mi furono date per iscritto: il Capo del Governo aggiunse a voce che sarebbe stato necessario lo sbarco di almeno quindici divisioni alleate.

Il giorno 31 mattina partii in aereo per la Sicilia. Al campo di Cassibile, presente il Generale Zanussi, si è svolto l'incontro tra i rappresentanti alleati e lo scrivente.

Ho iniziato col leggere l'appunto scritto datomi dal Ministro Guariglia, illustrandolo opportunamente e opportunamente colorando le tinte. Sopratutto insistetti sulla necessità che lo sbarco avvenisse a Nord di Roma, per proteggere cosi la Capitale, e che esso fosse effettuato prima della dichiarazione dell' armistizio.

Il Generale Smith mi rispose che non si poteva cambiare di un pollice quanto mi era stato comunicato a Lisbona e che al Governo italiano ,non rimanevano che due vie: o accettare integralmente le condizioni di armistizio e le relative modalità, o non accettare.

Soggiunse che gli AHeati sarebbero sbarcati inizialmente nella penisola con tre o quattro divisioni per attrarre verso il punto dello sbarco una aliquota delle forze. tedesche. Dopo qualche giorno avrebbero effettuato lo sbarco principale in altra località con circa quindici divisioni, il che, nel complesso, calcolando cioè quelle dello sbarco secondario, oltrepassava il numero richiesto dal Maresciallo Badoglio.

La sera dello sbarco principale, e precisamente sei ore prima, il Generale Eisenhower avrebbe annunciato alla radio la nostra richiesta di armistizio e contemporaneamente il Capo del Governo italiano avrebbe dovuto fare analoga dichiarazione.

Ribattei che in tali condizioni non era possibile accettare, perché se non fosse sbarcato alquanto prima un forte contingente di truppe anglo-americane noi n·::m potevamo chiedere l'armistizio per le note ragioni.

Il Generale Smith replicava con un argomento specioso: se le truppe i1J81liane avessero reagito contro le truppe ang,lo-americane e se ci fossero state in conseguenza delle vittime (cosa che sarebbe avvenuta se lo sbarco avesse preceduto l'armistizio) si sarebbe creato nell'opinione pubblica anglo

americana uno stato d'animo tale per 11 quale sarebbe stata poi impossibile la conclusione dell'armistizio stesso alle condizioni proposte, condizioni che sarebbero divenute automaticamente ben più gravi. Soggiunse che se non ci fosse stato il contributo militare italiano, non ci sarebbe stata alcuna ragione per gli anglo-americani di accordare la tregua d'armi e quindi la guerra per parte loro sarebbe continuata sino alla nostra totale disfatta.

Obiettai: l) che gli Alleati avrebbero avuto un grande aiuto dal fatto che le truppe italiane non avrebbero combattuto contro di essi e che quindi occorreva fare a noi quelle concessioni, che in definitiva si riducevano a ritardare di qualche giorno, dopo quello dello sbarco, la dichiarazione di armistizio; 2) che la resistenza da parte nostra e le conseguenti perdite nel campo angloamericano si sarebbero date ugualmente nel periodo dello sbarco secondario, epperò io non vedevo come la difficoltà esistesse soltanto per il secondo tempo e non per il primo sbarco. Il Generale Smith sul primo punto replicò che in compenso del nostro aiuto, della cui importanza si rendeva conto, gli Alleati accedevano all'armistizio; sul secondo punto, rispose che sarebbe stata vietata rulla stampa qualunque comunicazione in materia e che quindi nessuno avrebbe saputo in Amerlca o in Inghilterra che soldati anglo-americani erano morti mettendo piede sulla penisola.

Stando così le cose, e vista la irriducibilità del mio interlocutore, chiesi che almeno mi si dicesse ove sarebbe avvenuto lo sbarco principale ed in che epoca (15), ciò nell'interesse anglo-americano perché noi avremmo potuto predisporre molte cose per facilitarli.

Il Generale Smith rispose che non poteva darmi alcuna notizia al riguardo ed alle mie insistenze ribadì facendo appello al mio onore di soldato e pregandomi di non insistere nel chiedere che mi fosse svelato un segreto militare (16).

Aggiunse che, in caso di non accettazione delle condizioni proposte, l'Italia avrebbe dovuto, in seguito, sottostare a condizioni ben più gravi e, guerra durante, avrebbe dovuto subire la distruzione delle sue città (Roma compresa, che non era stata riconO!sciuta dagli Alleati città aperta) e delle sue industrie. Accennò anche al fatto che sempre in caso di non accettazione sarebbe stata in pericolo la Monarchia (17).

Non mi turbai per queste minaccie e conclusi dicendo che non vedevo nessuna possibilità di accordo, ma che in ogni modo, non essendo io investito di alcun potere, avrei riferito il tutto al mio Governo. Comunicai infine che sarei ripartito subito per Roma. Così si chiuse la discussione alla quale partecipò -manifèstandosi sempre del mio parere -il Generale Zanussi.

Il Genera,le Smith mi invitò a colazione insieme a Zanussi. Durante il pasto riprese le conversazioni e, poiché io ribattevo sulla necessità di salvaguardare Roma e garantire la persona di Sua Maestà il Re ed il Governo, mi fece osservare che noi avevamo molte divisioni attorno alla Oapitale e che esse a suo giudizio sarebbero state più che sufficienti (18) per garantirla, tanto più che i tedeschi avevano soltanto due divisioni dislocate a nord e a sud di Roma.

Feoi presente che il per·icolo derivava non tanto dalle divisioni tedesche ma soprattutto dalla presenza in città di alcune migliaia di agenti della Gestapo, i quali avrebbero potuto fare un colpo di mano e impadronirsi della persona di Sua Maestà il Re e dei membri del Governo, ciò che avrebbe bu~tato nel caos la nazione. Il Generale Smith mi chiese allora cosa a mio parere si poteva fare.

Poiché era evidente che i piani degli anglo-americani non contemplavano lo sbarco a Nord di Roma e poiché era anche chiaro che non avrei potuto ottenere il cambiamento di tali piani (19), chiesi un concorso armato per la difesa della Capitale, da fornire la stessa sera dell'armistizio, concretandolo in una divisione para,cadutisti da !andare nella notte nei dintorni di Roma .ed in una div:isione corazzata da sbarcare alla foce del Tevere.

Dopo lunga discussione tra gli esperti, mi fu accordata la divisione paracadutisti e mi fu promessa quel'la .corazzata, o, in sua vece, se non fosse stato possibile conc•edere quest'ultima per mancanza dei mezzi da sbarco, in un primissimo tempo, un centinaio di pezzi di artiglieria e qualche elemento corazzato.

Ripartii lo stesso giorno 31 in aereo per Roma, dove appena giunto riferii il tutto all'Ecc. Ambrosia.

L'indomani mattina il Capo del Governo mi convocò nel suo ufficio, presenti l'Ecc. Ambrosia, il Ministro Guariglia, il Ministro Acquarone e l'Ecc. Carboni, per udire la mia esposizione.

Ripetei per filo e per segno ogni particolare del colloquio. Il Maresciallo Badoglio si rivolse, al termine della mia esposizione, all'Ecc. Ambrosia chiedendo il suo parere. Questi rispose che secondo lui bisognava accettare. L'Ecc. Carboni disse che non era il caso, poiché non si poteva avere fiducia negli anglosassoni, tanto più che le loro promesse erano soltanto verbali. (Rimasi stupefatto di questa dichiarazione perché fino a quel momento il Gen. Carboni, che era al corrente di tutti i negoziati, non soltanto non aveva osservato nulla, ma li aveva incoraggiati). III ministro Acquarone rispose di accettare, salvo a cambiare parere nel caso temuto dall'Ecc. Carboni. Il Ministro Guariglia fu dello stesso avviso dell'Ecc. Ambrosia dichiarando che allo stato delle cose non si poteva più rispondere negativamente.

Il Capo del Governo si riservò di parlarne a Sua Ma,està il Re. Nel congedarmi, mi abbracciò e mi baciò alla presenza di tutti.

Nel pomerigg·io il Sovrano decideva di accettare le condizioni imposteci e quindi le modalità di esecuzione, sicché partiva per la Sicilia il telegramma con la risposta affermativa da parte del Governo italiano.

Da quel momento a Roma si sapeva senza ombra di dubbio che:

l) -la scelta del giorno della dichiarazione del concluso armistizio rimaneva a discrezione degli A'lLeati (20);

2) -gli Alleati si impegnavano soltanto a far precedere di qualche giorno detta dichiarazione da uno sbarco principale, nonché a farla accompagnare da una azione di paracadutisti e di mezzi corazzati per concorrere alla difesa della Capitale.

La stessa sera prima di congedarmi dall'Ecc. Ambrosia gli dissi che, essendo le condizioni di armistizio ormai operanti, occorreva senz'altro radunare i Capi di Stato Maggiore deUe Forze Armate e metterli al corrente di tutto. L'Ec:c. Ambrosia mi raccomandò ancora di fare il possibile per conoscere la data e la località dello sbarco princ~pale (21).

Quello fu l'ultimo contatto che ebbi con l'Ecc. Ambrosia, perché da quel giorno non ritornai più a Roma.

Nella notte tra il primo e il due settembre .giunsero a Roma due telegrammi del Generale Smith: con uno si chiedeva che io raggiungessi la Sicilia l'indomani; con l'altro s.i assicurava che erano già ano studio la operaztone deUa divisione paracadutisti e lo sbarco dei mezzi corazzati.

II mattino del 2 ;settembre ripartii in aereo per '!1ermiilli. Imerese e da qui per oa,ssibile dove ero atteso dai rappresentanti alleati. Mi fu subito richiesto se ero autorizzato a firmare le condizioni di armistizio. Risposi di no e dissi che non si era mai parlato di firma. II Generale Smith mi fece presente che tale atto era condizione essenziale, senza la quale gli Alleati non avrebbero ritenute valide le nostre precedenti convenzioni. Proposi di chiedere telegraficamente la autorizzazione al Governo italiano e spedii subito un radio a Roma.

Nella notte dal 2 al 3 con altro mio telegramma insistevo sulla necessità che mi fosse concessa l'autorizzazione, perché altrimenti tutto sarebbe andato in fumo.

Al mio telegramma il Governo rispose liil mattino del 3 dicembre che 1a risposta affermativa data con il telegramma della sera del 1° settembre conteneva implicitamente l'accettazione delle condizioni di armistizio. A questa risposta però fece subito dopo seguito un a,ltro telegramma con il quale mi si autorizzava a firmare.

Alle ore 17,15 dello stesso giorno 3 alla presenza del Generale Eisenhower ho firmato, per delega del Capo del Governo italiano, le condizioni di armistizio con i Governi di Londra, Washington e 1\llosca (:l:O).

A sera è incominciata la prima riunione di carattere militare presieduta dal Generale Alexander (che però dopo qualche tempo si è ritirato) e che è durata tutta la notte. II Generale Smith mi ha dato visione (23) delle «clausole aggiuntive alle condizioni di armistizio», clausole di carattere militare, politico ed economico. II Generale Smith al riguardo mi fece presente che il documento stesso era stato redatto assieme alle «clausole di armistizio» e cioè anteriormente alle nostre conversazioni di Lisbona, e che anche ad esso doveva estendersi l'effetto della Carta di Quebec. Quanto sopra egli confermò in un biglietto verg,ato il suo pugno che allegò al documento.

Le conversazioni di carattere militare intese a stabilire l'azione della divisione paracadutisti, i dettagli per la partenza dai nostri porti e la presentazione della Hotta e del nav,iglio mercantile, la partenza e la presentazione dei nostri aerei mi hanno occupato oltre alla notte sul 4 la giornata del 4 e la notte sul 5.

I documenti più importanti redatti tra la notte sul 4 e la notte sul 5 erano:

a) -il piano operativo per l'impiego della divisione paracadutisti: furono scelti gli aeroporti di Cerveter,i e di Furbam che risultavano non occupati dai tedeschi e ai quali si poteva accedere dal mare senza attraversare la zona delle batterie contraeree di Roma. In secondo tempo e di giorno sarebbe stato sfruttato quello di Guidonia. Con ciò, eliminata la necessità di ridurre al silenzio la difesa contraerea della Capitale, l'opera da parte nostra si riduceva ad impossessarsi, la notte dello sbarco, di quei due campi. Il piano operativo contemplava poi alcune predisposizioni da prendere circa la illuminazione di un faro pilota sulla costa e la illuminazione degli aeroporti. Naturalmente tutto quanto si poteva fare circa la eliminazione d·elle batteri'e contraeree doveva essere fatto. Il Comandante della divisione paracadutisti interessato, avrebbe inviato un generale a Roma per g.li accordi d~ dettaglio (24), che fu scelto nella persona del Gen. Taylor, il quale dovev'a partire il giorno 6 o 7 del mese (in realtà partì il giorno 7);

b) -le modalità per la partenza della flotta e delle navi mercantili: vennero stabiliti tutti i dettagli, fermo restando quanto era stato discusso, e cioè che le nootre navi da guerra avrebbero conservato la bandiera nazionale e i propri equipaggi;

c) -le modalità per la partenza degli aerei: anche su questo punto vennero presi accordi di dettaglio e in propo@to ~avvrulsi deU'opera del Maggiore Vassallo che discusse quegli accordi ampiamente col Generale Cannon della aviazione americana;

d) -le modalità per comunicare il giorno deHa dichiarazione dell'armi.. stizio, che consistevano in una conferenza di Radio-Londra su «I tedeschi in Argentina » nel mattino di quel giorno e in Uil teJ.egramma convenzionale del Comando in Capo Alleato (25).

Oltre questi documenti fu compilato un appunto richiedente notizie circa la navigabilità del Tevere e sull'esistenza di ponti su tale fiume, allo scopo di avere dati esatti in relazione allo sbarco delle artiglierie promessemi per un primo tempo e al1o sbarco successivo dei mezzi corazzati.

La mattina del 5 inviavo a Roma il Maggiore Marchesi, che era venuto con me, in aereo pilotato dal Maggiore Vassallo. Questi ufficiali giunsero a Roma la ste1ssa mattina; essi erano lator.i dei documenti sopradetti, delle «clausole aggiuntive alle condizioni di armistizio» con allegato il biglietto esplicativo del Generale Smith, e di una mia lettera alla persona dell'Ecc. Ambrosia, nella qua:le commentavo i documenti stessi con qualche proposta per la pratica sollecita attuazione delle diverse operazioni.

Dichiaravo nella stessa lettera che non mi era stato possibile in alcun modo avere notizie precise sulla da1Ja dell'atteso sbarco principale, soggiungendo però di ritener presumibile che essa dovesse cadere intorno al 12 corrente (26). Ero

indotto a tale ipotesi daHe « vod » che avevo potuto raccogliere negli ambLenti

militari alleati.

Dal giorno 5 al giorno 7 rimasi nel campo di Cassibile e prestai tutta la mia collaborazione agli Alleati su un'infinità di questioni che mi erano sottoposte, dalla propaganda alla guerriglia, dal campo politico all'impiego delle nostre forze navali.

Il giorno 7 partii per TunLsi, dove fui raggiunto dagli ufficiali della Missione Militare provenienti da Roma. Lo stesso mattino era stato inviato a Roma il Gen. Taylor, vice comandante della divisione paracadutisti.

L'8 mattina giungeva al comando alleato un telegramma del Governo italiano con il quale si chiedeva di ritardare la dichiarazione di armistizio e si dava per impossibile lo sbarco della divisione paracadutisti. Andava cosi in fumo un'operazione che sarebbe stata di incommensurabile aiuto per noi e per gli Alleati, e con ess.a andava in fumo lo sbarco delle artiglierde alla foce del Tevere.

In seguito a tale telegramma fui subito convocato a Biserta dal Generale Etsenhower, presenti i'l Generale Alexander, l'Ammiraglio Gunningham ed altri venti generali dello Stato Maggiore alleato.

Di fronte a tanta assemblea il Generale Eisenhower mi d~sse (erano le ore 12 circa) che quello stesso giorno sarebbe stata da lui annunciata alla radio 1a nostra richiesta di armistizio, malgrado che il Governo italiano avesse mostrato col cennato telegramma di non volere fare analoga comunicazione come convenuto. Soggiunse che dato questo modo di procedere egli pensava che il Governo ed io si fosse giocata una parte e si fosse mancato di lealtà.

Mi ribellai a questa dichtarazione e risposi che doveva essere sopravvenuto qualche fatto nuovo, non a mia conoscenza. Ad ogni modo affermavo che il mio Governo era e sarebbe stato lea[e e che occorreva attendere una delucidazione prima di formulare un così grave giudizio.

Il Generale Eisenhower mi disse che aveva gcià telegrafato in termini duri al Governo italiano, e mi dette visione del telegramma, che in realtà era molto drastico.

A mia volta spedii un telegramma al Capo del Governo mettendo in evidenza tutta la gravità della situazione.

Alle ore 18,30 il Generale Eisenhower fece alla radio la comunicazione stabilita. Alle ore 19,45 il Maresciallo Badoglio lesse la propria, il cui testo era stato da me preventivamente sottoposto, per ordine dello stesso Maresciallo, all'appvovazione del Generale Eisenhower e da questi approvato, salvo una leggera modifica che avevo tempestivamente comunicata a Roma.

Se l'Esercito italiano non è stato disciolto e disarmato dagli anglo-americani, come era stabilito dalle «clausoLe aggiuntive all'e condizioni di armistizio »; se la nostra bandiera ha sempre sventolato sulle navi italiane; se esse percorrono Liberamente hl mare; se le clausole politiche ed economiche non sono state in tutto applicate; se l'Italia non ha soggiaciuto alla «resa incondizionata» e se, infine, si è giunti alla co-belligeranza, lo si deve unicamente all'esistenza del documento di Quebec redatto dopo la mia conversazione di Madrid.

Ho condotto la mia modesta opera, che esorbita dal campo militare e che è stata invece sopratutto politica, colla convinzione più assoluta che per il nostro paese non ci fosse altra via d'uscita se non quella di giungere al distacco dai tedeschi e a combatterli.

In tale convincimento: mi sono offerto, proprio perché militare, di prender contatto con militari del campo avverso, qualunque fosse il rischto materiale e morale che me ne potesse derivare; ho accettato di partire senza alcuna credenziale e con vaghe (27) istruzioni pur sapendo che all'occorrenza si sarebbe dovuto sconfe,ssarmi; ho perorato con f,ede la nostra causa.

Di tale fede i nemici di ieri, nostri amici di oggi, mi hanno dato lealmente atto.

(l) -In Al·chivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. Ed. in I. PALERMO, Storia di un armistizio, Milano, Mondadori, 1967, pp. 120-140. Questo documento è stato postllato a margine dal generale Ambrosia. Nelle note seguenti sono riportate, tra virgolette, le sue osservazioni. (2) -«Manca il motivo principale». (3) -«E poi: conoscere i loro intendimenti, esporre la nostra situazione militare e le nostre necessità». (4) -«? ». (5) -«Esatto». (6) -«Ne avevamo ripetutamente parlato». (7) -« Troppa esclusività! ».

(8) Sottolineatura delle ultime quattro parole.

(9) «E qui bisognava vincere questo mutismo».

(11) «28 >>.

(12) -«Questo è scritto, ma a voce fu più temperato, in omaggio alla verità». (13) -«28 ».

(14) Capoverso segnato a margine con un punto interrogativo.

(15) -Sottollneatura delle ultim" nove parole. (16) -«Quindi argomenti importantissimi rimasti in so"peso ''· (17) -Frase cancellata da Ambrosia che annota: <<Cancellatura voluta da Castellano». (18) -Sottolineatura da «avevamo molte divisioni». (10) -<<E perché? >>. (20) -«No, era argomento ancora da definire da Castellano». (21) -«Era cosa essenziale e Castellano doveva ancora trattarla ». (22) -<<Senza sapere "quando"? ». (23) -Sottol!neatura delle ultime quattro parole. (24) -Sottolineatura delle ultime cinque parole. (25) -<<Qui bisognava ricordare la promessa del quindici giorni». (26) -sottolineatura dalla parola «presumibile».
4

·DICHIARAZIONE (l)

Roma, 10 settembre 1943.

OGGETTO: Distruzione carteggio relativo agli accordi con il Comando in Capo Anglo-Americano, circa l'armistizio.

I. Il carteggio in oggetto, al momento della partenza del nucleo di ufficiali al seguito del Capo di Stato Maggiore Generale, venne lasciato in consegna dal ten. col. De Fr,ancesco al maggiore ALoni, con la direttiva di distruggere tutti i documenti per il caso che la situazione consigliasse tale provvedimento.

II. Alle ore 7,30 del giorno 9 settembre 1943: dopo l'affrettata partenza (avvenuta alle ore 6) del predetto nucleo di ufficiali; in bruse alla valutazione della situazione che faceva prevedere imminente l'ingresso delle truppe germaniche nella Capitale; allo scopo di eliminare il pericolo che il carteggio in questione potesse cadere in mano germanica (dopo aver chiesta autorizzazione al ten. col. Peraldo, capo dello Scacch~ere), ho provveduto a distruggerlo con il fuoco. In aggiunta al carteggio a me in consegna, il ten. col. Peraldo mi ha anche affidato, per la distruzione, quello relativo: alla comunicazione, da parte del Comando Supremo agli Stati Maggiori, circa le modalità per la cessazione delle ostilità; alla trasmissione ai vari Ministeri ed agli Stati Maggiori delle condizioni di armistizio.

III. Tale provvedimento è stato preso dopo aver valutato la inopportunità: di lasciare a Palazzo Vidoni, sia pure in cassaforte, il carteggio; di uscire per le vie della città, nella prevedibile imminenza dell'ingresso di elementi germanici. con tale carteggio.

IV. L'elenco dei principali documenti risulta dagli allegati.

A conferma:

IL TEN. COL. DI S.M. CAPO SCACCHIERE IL MAGGIORE IN S.P.E

f0 f0

Primo Peraldo Mauro Aloni

65 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. X

ALLEGATO l

ELENCO DEI PRINCIPALI DOCUMENTI RELATIVI ALLE TRATTATIVE DI

ARMISTIZIO LASCIATI IN CONSEGNA AL MAGGIORE ALONI

1°) Testo delle convenzioni di armistizio firmate dal generale italiano Castellano e dal generale americano Smith.

2°) Promemoria relativo alle modalità di affluenza della marina da guerra e mercantile nei porti fissati dal Comando in Capo Alleato.

3°) Promemoria relativo al concentramento degli aerei italiani nelle basi stabilite dal Comando in Capo Alleato.

4°) Promemoria del Generale Alexander circa il contegno che le Forze Armate Italiane avrebbero dovuto tenere dopo la proclamazione dell'armistizio.

5°) Ordine di operazione per l'intervento nel giorno X di una divisione aviotrasportata americana a concorso della difesa di Roma.

6°) Promemoria vari relativi alle modalità per la comunicazione da parte angloamericana del giorno X, corrispondente a quello della proclamazione dell'armistizio.

7°) Lettera di S. E. il Maresciallo Badoglio a s. E. Ambrosia contenente l'approvazione del testo del proclama di armistizio.

8°) Lettera del Gen. Castellano a S. E. Ambrosia.

9°) Promemoria del Comando Supremo al Gen. Castellano circa controproposte da formulare alla parte anglo-americana.

10°) Organizzazione per l'invio di una Missione Militare italiana presso le forze armate anglo-americane.

11°) Raccolta di circa cinquanta messaggi in arrivo e circa trenta messaggi in partenza scambiati cifra-radio tra il Comando Supremo ed il Comando in Capo angloamericano.

12°) Carteggio del Sottocapo di Stato Maggiore Generale con documenti vari.

ALLEGATO II

ELENCO DEI DOCUMENTI DELL'UFFICIO OPERAZIONI ESERCITO SCACCHIERE OCCIDENTALE RELATIVI ALL'ARMISTIZIO

-Tele 16724, in data 8 settembre 1943, diretto a: Ecc. Capo di Stato Maggiore Esercito, Marina e Aeronautica, Ecc. Comandante Gruppo Armate Est, Ecc. Comandante Ha Armata, Ecc. Governatore Egeo, et per conoscenza Ministero Guerra, all'oggetto: « Comunicazioni circa richiesta di armistizio al Comando in Capo delle FF.AA. angloamericane».

-Foglio 16725, in data 8 settembre 1943, diretto a: Ministero Guerra-Marina

Aeronautica-Miproguerra, Stato Maggiore Esercito-R. Marina-R. Aeronautica, all'oggetto:

«Copia delle condizioni di armistizio».

-Tele 16726, in data 8 settembre 1943, diretto a: Superesercito, Supermarina e

Superaereo, all'oggetto: «Ordine che prigionieri di guerra anglo-americani siano pro

tetti da tentativi di cattura da parte tedesca».

-Foglio 16729, in data 9 settembre 1943, diretto a: S. E. Ministro Affari Esteri,

all'oggetto: «Trasmissione copia delle condizioni di armistizio».

-Foglio 16730, in data 9 settembre 1943, diretto a: Presidenza Consiglio dei Mini

stri, all'oggetto: «Trasmissione copia di armistizio».

(27) -«? ». (l) -In Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.
<
APPENDICI

APPENDICE I

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(7 febbraio -8 settembre 1943)

AFGHANISTAN

Kabul -QuARONI Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenziarlo; ANZILOTTI Enrico, primo segretario.

ARGENTINA

Buenos Aires -N.N., ambasciatore; GARBACCIO Livio, consigliere, incaricato d'affari ad interim; SIMONE Nicola, primo segretario; SENSI Federico, secondo segretario; CORNAGGIA MEDICI CASTIGLION! Gherardo, terzo segretario; FIORI Romeo, consig1iere per l'emigrazione; MARIANI Erminio, addetto commerciale; VALENTINI Giuseppe, addetto stampa.

BOEMIA E MORA VIA (Protettorato di)

Praga -CARuso Casto, console generale, fino al 14 aprile; AILLAUD Enrico, vice console.

BULGARIA

Sofia -MAGISTRATI Massimo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 27 giugno; MAMELI Francesco Giorgio, inviato straorldlinario e ministro plenipotenziario, dal 27 giugno; DANEO Silvio, primo segretario; PEREGO Carlo Alberto, primo segretario, fino al 9 giugno; PROFILI Giacomo, secondo segretario, fino al 4 agosto; VINCI Piero, terzo segretario; Koçx Atlante, segretario per gli affari albanesi; LIBRANDO Gaetano, adedtto commerciale.

CINA

Nanchino -TALIANI DE MARCHIO Francesco Maria, ambasciatore; STRANEO Carlo Alberto, consigliere; SPINELLI Pier Pasquale, primo segretario; PRUNAS Pasquale, secondo segretario; FERRAJOLO Raffaele, primo commissario tecnico per l'Oriente.

CROAZIA

Zagabria -CASERTANO Raffaele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 30 giugno; PETRUCCI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 12 luglio; GIUSTINIANI Raimondo. primo segretario; Sono Giovanni Vincenzo, secondo segretario, fino al 21 marzo; FRANCO Fabrizio, secondo segretario, fino all'H maggio; CIMINO Carlo, secondo segretario, dal 2 aprile; MESCHINELLI Giuseppe, terzo segretario; MANCA DI VILLAHERMOSA Enrico, quarto segretario; TOTI LOMBARDOZZI Ernesto, addetto commerciale; PASSALACQUA U., addetto stampa.

DANIMARCA

Copenaghen -DIANA Pasquale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CAPOMAZZA DI CAMPOLATTARO Benedetto, primo segretario; ARCHI Pio Antonio, primo segretario; Luzi Renato, addetto commerciale.

FINLANDIA

Helsinki -GUARNASCHELLI Giovanni Battista, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SEGANTI Vittorio, primo segretario, fino al 2 maggio; DE CLEMENTI Alberto, segretario, fino al 14 giugno; VoGLIOLO Vincenzo, addetto commerciale, fdno al 24 giugno; ORANO M., addetto stampa.

FRANCIA

Parigi -BuTI Gino, plenipotenziario politico; ZOPPI Vittorio, consigliere, capo dell'ufficio distaccato a Vichy, fino al 18 maggio; FRACASSI RATTI MENTONE Cristoforo, consigliere, capo dell'ufficio distaccato a Vichy, dal 19 maggio; DEL BALZO DI PRESENZANO Giulio, primo segretario; SOARDI Carlo Andrea, primo segretario; PAVERI FoNTANA Alberto, primo segretario; MIZZAN Ezio, secondo segretario, dal 5 luglio; TALLARIGO Paolo, terzo segretario; BIONDO Gaspare, commissario consolare; TOMMASINI Mario, consigliere per l'emigrazione.

GERMANIA

Berlino -ALFIERI Dino, ambasciatore, fino al 22 luglio; ROGERI DI VILLANOVA Delfino, ministro consigliere, dal 2 agosto; BALDONI Corrado, primo consigliere, fino al 9 luglio; FEciA DI CossATO Carlo, secondo consigliere, fino al 7 agosto; CAsARDI Alberigo, primo segretario; NICHETTI Carlo, primo segretario; ToRELLA DI ROMAGNANO Raimondo, primo segretario, dal 23 maggio; LANZA Michele, secondo segretario; MIZZAN Ezio, terzo segretario, fino al 4 luglio; EMo CAPODILISTA Gabriele, terzo segretario; BENAZZO Agostino, terzo segretario, fino aàl'll aprile; DEL ToRso Germanico, quarto segretario; GIRETTI Luciano, quarto segretario; BoLLA Luigi, quinto segretario, fino al 28 maggio; VALDETTARO DELLA ROCCHETTA Luigi, quinto segretario; PISANI Salvatore,

96Z

commissario consolare; LAMPERTico Gaetano, consigliere per l'emigrazione; MANZONI ANSIDEI L., addetto consolare; NOTARANGELI Tommaso, consigliere commerciale; CHIAVACCINI 0., addetto di polizia; CuTURI Antonio, delegato speciale per gli affar'i di stampa; RIDOMI Cristiano, addetto stampa; ScHMIDT MULLER DI FRIEDBERG C. E., delegato speciale per gli affari economici; PERINI D., addetto agricolo.

GIAPPONE

rokio -INDELLI Mario, ambasciatore; JANNELLI Pasquale, consigliere; MACCHI DI CELLERE Pio, primo segretario; PIGNATTI MORANO DI CUSTOZA Girolamo, secondo segretario; SIMONETTI Diego, terzo segretario; ARDEMAGNI Mirko, consigliere per la stampa; ANGELONE Romolo, addetto commerciale.

GRECIA

Atene -GHIGI Pellegrino, plenipotenziario d'Italia per la Grecia; VENTURINI Antonio, primo segretario, fino al 29 luglio; PRATO Eugenio, primo segretario; TAssoNI EsTENSE Alessandro, primo segretario, fino al 28 febbraio; DE BoSDARI Girolamo, primo segretario; GAETANI DELL'AQUILA D'ARAGONA Massimo secondo segretario, fino al 15 febbraio; GIUSTI DEL GIARDINO Justo, secondo segretario; DE STROBEL DI FRATTA E CAMPOCIGNO Maurizio, secondo segretario; PURI PuRINI Giuseppe, secondo segretario, fino al 5 settembre; VARALDA Maurilio Guglielmo, quarto segretario, fino al 28 febbraio.

IRLANDA

Dublino -BERARDIS Vincenzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MALASPINA Folchetto, primo segretario.

MANCIUKUO

Hsin Ktng -NEYRONE Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

NORVEGIA

Oslo -SETTI Giuseppe, primo segretario, gerente per gli affari consolari.

PAESI BASSI

L'Aia -FoRNARI Giovanni, primo segretario, gerente per gli affari consolari.

PORTOGALLO

Lisbona -FRANSONI Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 24 maggio; PRUNAS Renato, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 30 maggio; LA TERZA Pierluigi, consigliere; LANZA D'AJETA Blasco, consigliere, dal 3 agosto; GIARDINI Renato, primo segretario, fino al 13 giugno; SILJ Francesco, primo segretario; DALLA RosA PRATI Rolando, secondo segretario; MACCAFERRI Franco, terzo segretario; MANZINI Raimondo, quarto segretario; DELLA PORTA RODIANI CARRARA G., consigliere commerciale; RALLO Pietro, addetto commerciale; BOLAsco Vincenzo, addetto stampa; CAPODANNO L., addetto finanziario.

ROMANIA

Bucarest -BovA ScaPPA Renato, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GERBORE Pietro, primo segretario; FoRMENTINI Omero, primo segretario, fino al 7 aprile; TORELLA DI RoMAGNANO Raimondo, primo segretario, fino al 22 maggio; ALOISI DE LARDEREL Falco, secondo segretario, fino al 27 giugno; DE LUIGI Pier Giuliano, terzo segretario; MANSI Stefano, terzo segretario, fino al 30 giugno; BAVAJ Amor, addetto stampa.

SANTA SEDE

Roma -CIANO DI CORTELLAZZO Galeazzo, ambasciatore, fino al 25 luglio; LANZA D'AJETA Blasco, consigliere, fino al 30 luglio; BABUSciO Rizzo Francesco, consigliere, incaricato d'affari, dal l o agos';;o; BALDONI Corrado, consigliere, dal l o agosto; MAZIO Aldo Maria, primo segretario, fino al 19 marzo; FERRETTI Raffaele, primo segretario, fino al 20 aprile; CLEMENTI DI SAN MICHELE Raffaele, secondo segretario, fino al 30 marzo; MoRozzo DELLA RoccA Antonino, terzo segretario, dal 9 febbraio; MaNDELLO Mario, terzo segretario, dal 15 febbraio.

SERBIA

Belgrado -MAMELI Francesco Giorgio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 1° luglio; GRAZZI Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 22 luglio; SPALAZZI Giorgio, primo segretario: Gozzi Giorgio, primo segretario.

SLOVACCHIA

Bratislava -CoRTESE Paolo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario: DE VERA D'ARAGONA Carlo Alberto, primo segretario; REVEDIN DI SAN MARTINO Giovanni, primo segretario.

SPAGNA

Madrid -LEQUIO Francesco, ambasciatore, fino all'll febbraio; PAuLucci DI CALBOLI BARONE Giacomo, ambasciatore, dall'8 aprile; FRACASSI RATTI MENTONE Cristoforo, consigliere, fino al 18 maggio; LA TERZA Pierluigi, secondo consigliere, dal 7 agosto; STRIGARI Vittorio, primo segretario, fino all'll giugno;

FORMENTINI Omero, primo segretario, dall'8 aprile; SANFELICE DI MONTEFORTI Antonio, secondo segretario; FAVRETTI Luciano, terzo segretario, fino al 14 giugno; SIOTTO PINTOR Aureliano, quarto segretario; DELLA PoRTA G., consigliere commerciale; MANCINI Tommaso, addetto commerciale; ANTINORI Francesco. addetto stampa; DE ZuANI E., addetto culturale.

SVEZIA

Stoccolma -RENZETTI Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GumoTTI Gastone, primo segretario, fino al 22 maggio; MAJOLI Mario, primo segretario; CoLONNA DI PALIANO Guido, secondo segretario; BASILE Vittorio, addetto commerciale; PICOTTI P., addetto stampa.

SVIZZERA

Berna -TAMARO Attilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 25 maggio; MAGISTRATI Massimo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 10 luglio; ALESSANDRINI Adolfo, consigliere; SCOLA CAMERINI Giovanni, primo segretario; TOFFOLO Giovanni Battista, primo segretario; BOMBASSE! FRASCANI DE VETTOR Giorgio, secondo segretario; PROFILI Giacomo, secondo segretario, dal 5 agosto; BocCHINI Marcello, terzo segretario; MANASSEI Alessandro. quarto segretario; PAZZAGLIA Gino, consigliere per l'emigrazione; NICITA Francesco, consigliere commerciale.

THAILANDIA

Bangkok -CROLLA Guido, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BRuGNOLI Alberto, primo segretario.

TURCHIA

Ankara -DE PEPPO Ottavio, ambasciatore, fino all'll febbraio; GUARIGLIA Raffaele, ambasciatore, dal 24 marzo al 25 luglio; GuGLIELMINETTI Giuseppe, consigliere; Lo FARO Francesco, primo segretario, fino al 30 aprile; D'AQUINO Alfonso, secondo segretario (dal 23 luglio primo segretario); DE GIOVANNI Luigi, terzo segretario, f,ino al 31 marzo; BARIGIANI Andrea, addetto commerciale; GHETTI F. M. A., addetto stampa; FRASHERI Xhemal, addetto.

UNGHERIA

Budapest -ANFuso Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE FERRARIIS SALZANO Carlo, primo segretario; FARACE Ruggero, secondo segretario, fino al 29 giugno; PERRONE CAPANO Carlo, terzo segretario, fino al 13 giugno; PINI Galeazzo, terzo segretario; ORLANDI CONTUCCI Corrado, quarto segretario, fino al 2 maggio; CAcciALUPI Emilio, addetto commerciale; STENDARDO Alfredo, addetto stampa.

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

(7 febbraio-8 sette~bre 1943)

MINISTRO SEGRETARIO DI STATO

MussoLINI Benito, capo del Governo, dal 7 febbraio al 25 luglio; GuARIGLIA Raffaele, ambasciatore, dal 26 luglio.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO

BASTIANINI Giuseppe, ambasciatore, dal 7 febbraio al 25 luglio.

SEGRETARIO GENERALE

Rosso Augusto, ambasciatore, dal l o agosto. Addetto alla segreteria generale: MESSERI Girolamo, vice console di prima classe, dal 4 agosto.

GABINETTO DEL MINISTRO

Coordtna~ento generale -Affari confidenziali -Ricerche e studi in relazione al lavoro del ~inistro -Rapporti con la Real Casa, con la Presidenza del Consiglio e col P.N.F. -Relazioni del ministro col Senato, la Camera dei Fasci e delle Corporazioni e col Corpo Diplo~atico -Udienze -Tribuna diplo~atica.

Capo di Gabinetto: BABuscro Rrzzo Francesco, consigliere di legazione, fino al 31 luglio; CAPRANICA DEL GRILLO Giuliano, consigliere di legazione, dal 1° agosto.

Ufficio di Gabinetto: MAzro Aldo Mall"ia, console di terza classe, fino al 20 marzo; LuciOLLI Mario, console di terza classe, fino al 16 aprile; GENTILE Benedetto, console di terza classe, dal 1° maggio; DE GRENET Filippo, conso[e di seconda classe; TAssoNI EsTENSE Alessandro, console di seconda classe, dal 1° marzo; MARCHIORI Carlo, console di terza classe; PAscuccr RIGHI GIULIO, vice console di prima classe; MONDELLO Mario, vice console di seconda classe, fino al 15 !febbraio; ORLANDI CONTUCCI Corrado, vice console di seconda classe, dal 3 maggio; PROFILI Mario, addetto consolare.

SEGRETERIA DEL MINISTRO

Capo della segreteria: NATALI Umberto, console generale di prima classe, fino al 22 aprile; ORTONA Egidio, console di seconda classe, dal 29 luglio.

Segretari: SILVESTRELLI Luigi, primo segretario di legazione d~ seconda classe, dal 15 febbraio; DE NovELLis Gennaro, console di terza classe; BELLIA Franco, console di seconda classe, fino al 31 marzo.

SEGRETERIA DEL SOTTOSEGRETARIO

Capo della segreteria: ORTONA Egidio, console di seconda classe, dal 9 febbraio al 29 luglio.

Segrertari: RtccARDI Roberto, addetto consolare, dal 9 febbraio; JEzzr Alberto, addetto consolare.

ALLE DIPENDENZE DEL GABINETTO DEL MINISTRO

Direttore generale per gli affari concernenti la Grecia, il Montenegro, la Dalmazia, la Slovenia, la Croazia, la Serbia ed i confini: PIETROMARCHI Luca, inviato straordinar.io e ministro plenipotenziario di prima classe.

Vice direttore generale: BERlO Alberto, consigliere di legazione, fino al 2 agosto.

Segretari: VENTURINI Antonio, primo segretario di legazione di prima classe, dal 30 luglio; ScARPA Gino, console di prima classe, fino al 5 maggio; PLETTI Mario, console di seconda classe; CIRAOLO Giorgio, console di terza classe, fino al 20 giugno; Duccr Roberto, console di terza classe; Russo Augusto, vice console di prima classe, fino al 14 maggio; BAsso Maurizio, vice console di prima classe; DE FERRARI Giovanni Paolo, vice console di prima classe; FRAGNITO Giorgio, vice console di prima classe, dal 27 aprile; STADERINI Ettore, vice console di prima classe, dal 10 maggio; GHENZI Giovanni, vice console di prima classe, dal 17 maggio; FERRONE CAPANO Carlo. vtce console di seconda classe, dal 14 giugno.

UFFICIO COORDINAMENTO STUDI E DOCUMENTAZIONI (ist. OS n. 8 del 21 aprile 1943)

Capo ufficio: GRAZZI Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe, dal 21 aprile al 9 giugno; ScARPA Gino, console di prima classe, dal 10 giugno.

Segretari: FERRETTI Raffaele, primo segretail.'io di legazione di seconda classe, dal 21 aprile al 4 agosto; DI STEFANO Mario, consigliere di legazione, dal 5 maggio.

UFFICIO ALBANIA

Capo ufficio: CoRRIAS Angelino, primo segretario di legazione di prima classe,

fino all'll febbraio; NONIS Alberto, consigliere di legazione, dal 21 febbraio.

Segretari: SoLARI Pietro, console di seconda classe; FARACE Ruggei'o, console di terza classe, dal 30 giugno; STAMPA Guidobaldo, vice console di seconda classe, fino al 30 marzo; ToNci OTTIERI DELLA CIAIA Francesco, addetto consolare, fino al 19 febbraio; SAVINA Paolo, vice ispettore per i servizi tecnici; CusANI Giovanni, vice segretario (dal 1° marzo se~retario) per i servizi tecnici.

A disposizione dell'ufficio: SADIK Hito, segretario di terza classe (dal 15 aprile segretario di seconda classe) nel ruolo per gli affari albanesi; VRIONI Alì, addetto nel ruolo per gli affari albanesi, fino all'B marzo.

CERIMONIALE

Regole del cerimoniale -Visite e passaggi di Capi di Stato e autorità estere -Elenco precedenze e Alte Dignità Nazionali -Lettere reali Credenziali -Exequatur -Pieni poteri -Gradimenti -Personale e uffici consolari esteri in Italia -Elenchi del corpo diplomatico estero e dei consoli esteri nel Regno -Onorificenze nazionali, albanesi ed estere -Franchigie doganali, immunità e privilegi -Passaporti diplomatici e di servizio stranieri -Passaporti diplomatici, di R. servizio e ordinari di nazionali -Autorizzazioni di espatrio -Carte di identità, carte annonarie ecc. per il Corpo Diplomatico ed i consoli esteri nel Regno.

Capo del Cerimoniale: BELLARDI RICCI Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe con rango di direttore generale.

Capo ufficio: PANSA Mario, primo segretario di legazione di prima classe.

Segretari: SALLIER DE LA TouR CoRIO Paolo, primo segretario di legazione di prima classe; GuERRINI MARALDI Agostino, console di prima classe; MoNTANARI Franco, console di terz,a classe; BARBOGLIO Francesco, console di terza classe, dal 10 marzo; DuRAzzo Francesco, vice console di prima classe, dal 10 maggio; MAYR Giovanni, addetto consolare; MASSIMO LANCELLOTTI Paolo Enrico, addetto consolare; NATALE Antonio, vice segretario (dal lo marzo segretario) per i servizi tecnici.

COLLEGAMENTO COMANDO SUPREMO

ScAMMACCA Michele, consigliere di legazione, fino al 17 giugno; GIURIATI Camillo, console generale di prima classe; PALAZZI CATTANEO Ernesto, segretario per i servizi tecnici.

COLLEGAMENTO IV ARMATA

BoNARELLI Vittorio Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario

di seconda classe; 0RSINI RATTO Mario, console di prima classe, dal lo aprile; GHENZI Giovanni, vice console di prima classe, fino al 17 maggio; Russo Augusto, vice console di prima classe, dal 14 maggio.

COLLEGAMENTO COMANDO SUPERIORE DELLE FORZE ARMATE SLOVENIA DALMAZIA

CASTELLANI PASTORIS Vittorio, primo segretario di legazione di seconda classe.

UFFICIO PUBBLICAZIONI ARCHIVIO STORICO E GENERALE, BIBLIOTECA

Pubblicazioni -Archivio storico -Archivio generale -Biblioteca.

Capo ufficio: ToscANI Angelo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di prima classe.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI DI EUROPA E DEL MEDITERRANEO

Direttore generale: VITETTI Leonardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di prima classe.

Vice direttori generali: Rossi LoNGHI Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe; ZoPPI Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe, dal 31 maggio.

Addetti alla direzione generale: MENZINGER DI PREussENTHAL Enrico, consigliere di legazione; GALLI Guido, console generale di seconda classe; MEssERI Girolamo, vice console di prima classe, fino al 4 agosto.

UFFICIO I

Belgio -Danimarca -Francia -Germania -Gran Bretagna -Lussemburgo -Paesi Bassi -Portogallo -Protettorato di Boemia e Moravia San Marino -Spagna -Stati Scandinavi -Svizzera -Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste.

Capo ufficio: CARISSIMO Agostino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe, fino al 9 luglio; CoNFALONIERI Giuseppe Vitaliano, primo segretario di legazione di prima classe, dal 10 luglio.

Segretari: CONFALONIERI Giuseppe Vitaliano, primo segretario di legazione dl prima classe, fino al 10 luglio; CAVALLETTI Francesco, console di seconda classe; DE MICHELIS Paolo, vice console di prima classe.

UFFICIO II

Bulgaria -Romania -Serbia -Slovacchia -Turchia -Ungheria -Affari concernenti le Isole italiane dell'Egeo.

Capo ufficio: BoRGA Guido, primo segretario di legazione di prima classe, fino al 10 luglio; ToMMASI Giuseppe, primo segretario di legazione di prima classe, dal 10 luglio.

Segretari: BENAZzo Agostino, vice console di prima classe, dal 12 aprile; DAINELLI Luca, vice console di seconda classe.

UFFICIO III

Mediterraneo -Paesi del Mediterraneo e del Mar Rosso -Africa Orientale Italiana.

Capo ufficio: MELLINI PoNcE DE LEON Alberto, primo segretario di legazione di prima classe, fino al 9 luglio; ZAMBONI Guelfo, primo segretario di legazione di prima classe, dal 10 luglio.

Segretari: FERRERO Andrea, console di seconda classe; DELLA CHIESA D'ISASCA Renato, console di terza classe; CARACCIOLO Roberto, console di terza classe, fino al 17 luglio; CERULLI IRELLI Giuseppe, console di terza classe; BouNous Franco, console di terza classe.

UFFICIO IV

Affari con la Santa Sede.

Capo uff<lcio: VANNI D'ARCHIRAFI Francesco Paolo, primo segretario di legazione di prima classe, fino all'S aprile; BoRGA Guido, primo segretario di legazione di prima classe, dal 10 luglio.

Segretario: MAccHI DI CELLERE Francesco, primo segretario di legazione di seconda classe.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI

Direttore generale: PRUNAS Renato, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe, fino al 24 maggio; FRANSONI Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziarlo di prima classe, dal 25 maggio.

Vice direttore generale: CosMELLI Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe, dal lo giugno.

UFFICIO I

Africa (eccetto i paesi di competenza di altri Uffici).

Capo ufficio: GOBBI Giovanni, console di prima classe. Segretario: N. N.

UFFICIO II

Asia (eccetto i paesi di competenza di altri Uffici) -Oceania.

Capo ufficio: GIARDINI Renato, primo segretario di legazione di prima classe, dal 14 giugno.

Segretari: GuADAGNINI Piero, console di terza classe, fino al 28 maggio; FRANZÌ Mario, addetto consolare.

UFFICIO III

America del N ord.

Capo ufficio: Muzi FALCONI Filippo, primo segretario di legazione di seconda classe, fino al 15 febbraio; GAETANI DELL'AQUILA D'ARAGONA Massimo, con sole di seconda classe con funzioni di capo ufficio, dal 16 febbraio.

Segretario: N. N.

UFFICIO IV

A m erica Latina.

Capo ufficio: N. N.

Segretario: ToscANI MILLO Antonio, vice console di prima classe.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI GENERALI

Direttore generale: VIDAU Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe.

Vice direttore generale: DE AsTis Giovanni, consigliere di legazione, fino al 14 giugno; BALDONI Corrado, consigliere di legazione, dal 10 al 31 luglio.

Addetti alla direzione generale: RONCALLI Guido, inv·iato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe; ToNcKER Lamberto, console di prima classe, dal 10 febbraio; ScADUTO MENDOLA Antonio, console di terza classe; MARESCA Adolfo, vice console di prima classe, fino al 19 maggio; VITELLI Girolamo, vice console di prima classe, dal 4 giugno; MOLAJONI Paolo, addetto consolare, dal 9 giugno; RAINERI BisciA Giuseppe, ammiraglio di divisione; PERASSI Tommaso, professore ordinario di diritto internazionale nell'Università di Roma; Bosco Giacinto, professore ordinario di diritto internazionale nell'Università di Roma.

UFFICIO I

Istituti internazionali -Conferenze e congressi internazionali -Coordinamento culturale.

Capo ufficio: CONTI Mario, primo segretario di legazione di seconda classe.

Segretari: MAccoTTA Giuseppe, vice console di prima classe; PIERANTONI Aldo, vice console di prima classe, dal 5 luglio.

UFFICIO II

Coordinamento militare, navale ed aeronautico -Missioni militari Commissione suprema di difesa -Materiali di guerra.

Capo ufficio: GALLINA Vitale, primo segretario di leg,azione di seconda classe. Segretario: CALENDA Carlo, addetto consolare, dal l o settembre.

UFFICIO III

Trattati ed Atti.

Capo ufficio: LANZARA Giuseppe, console generale di seconda classe. Segretario: BENZONI Giorgio, console di prima classe.

UFFICIO IV

Affari riservati.

Capo ufficio: ToMMASI Giuseppe, primo segretario di legazione di prima classe, fino al 23 maggio; CALISSE Alberto, console generale di seconda classe, dal 24 maggio.

Segretari: MoNTECCHI Romeo, console di prima classe, fino all'H aprile; MAREscA Adolfo, vice console di prima classe, fino al 19 maggio; REGARD Cesare, vice console di prima classe, dal 28 giugno; RoMANELLI Renzo Luigi, vice console di seconda classe, dal 10 giugno; BEVILACQUA Michele, ispettore capo per i servizi tecnici; CoRsi Fernando, ispettore per i servizi tecnici; MARTINA Gian Luigi, console di terza classe, fino al 20 luglio.

UFFICIO V

Ricerche e studi su materie storiche e questioni internazionali -Schedari -Rubriche -Pubblicazioni di carattere storico-diplomatico Sezione geografica.

Capo uffic·io: MoscATI Riccardo, console di prima classe, fino al 23 aprile; BERTELÈ Tommaso, inviato straordinario e ministro plenipotenziairio di seconda classe, dal 17 maggio.

Segretari: CHIUSANO Vittorio, console di terza classe; TIBERI Giorgio, console di terza classe, dal 24 maggio; RoccHI Giovanni Stefano, vice console di seconda classe, dal l o maggio.

66 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. X

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI COMMERCIALI

Direttore generale: GIANNINI Amedeo, ambasciatore, presidente di sezione del Consiglio di Stato, senatore del Regno.

Vice direttore generale: CANTONI MARCA Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe, fino al 15 giugno.

Addetti alla direzione generale: GRAZZI Umberto, consigliere di legazione con rango di vice direttore generale; DEI MEDICI Ugo, vice intendente di finanza.

UFFICIO I

Affari Generali -Comunicazioni aeree, terrestri e marittime -Fiere, Congressi, Esposizioni.

Capo ufficio: SANTOVINCENZO Magno, console di prima classe, dal 18 febbraio.

Segretari: ZECCHIN Guido, console di seconda classe; DE FRANCHIS Carlo, console di terza classe, dal 26 aprile; LIBOHOVA Ali Neki, addetto consolare.

UFFICIO II

Commercio coi paesi di Europa e del Mediterraneo.

Capo ufficio: N. N. Segretari: MuRAR! DALLA CoRTE BRÀ Alessandro, console di terza classe, dal 2 marzo; FoRINO Lamberto, commissario consolare di quarta classe, dal 10 febbraio; LEPRI Stanislao, consoJe di seconda classe, dal 23 maggio.

UFFICIO III

Commercio transoceanico.

Capo ufficio: CANTONI MARcA Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe, fino al 15 giugno.

Segretari: CUNEO Giovanni Battista, console di prima classe, dal 10 maggio; ANTINORI Orazio, console di seconda classe; MoscATO Niccolò, console di seconda classe.

DIREZIONE GENERALE DEGLI ITALIANI ALL'ESTERO

Direttore generale: DE Cieco Attilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di prima classe, consigliere nazionale, seg,retario dei Fasci all'estero.

Vice direttore generale: CAROSI Mario, console generale di seconda classe.

Addetti alla direzione generale: ScHININÀ Emanuele, console di seconda classe, dal 1° maggio; Lo BALSAMO Mkhele, vice ispettore per i servizi tecnici; TROIANI Emilio, ispettore principale delle FF.SS.; VEssELLA Nicola, primo consigliere del Ministero dell'Interno; BERTHELET Ettore, segretario capo delle FF.SS.

UFFICIO I

Case d'Italia -Dopolavoro all'estero -Propaganda e assistenza -Soccorsi giornalieri alle famiglie, residenti all'estero, dei militari alle armi.

Capo ufficio: Lo SAVIO Pio, console di seconda classe.

Segretari: TEDEsco Pietro Paolo, ispettore capo per i servizi tecnici; Ml:GNEco Mario Tullio, vice segretario per i servizi tecnici (dal 1° marzo segretario), fino al 24 maggio.

UFFICIO II

Scuole all'estero -Attività culturali -Istituti di cultura.

Capo ufficio: CAROSI Mario, console generale di seconda classe.

Segretari: NAsi Giovanni Maria, console di seconda classe, fino al 30 aprile; · PAULUCCI Mario, console di seconda classe, dal 1° giugno.

UFFICIO III

Lavoro italiano all'estero.

Capo ufficio: GERBASI Francesco, ispettore generale capo per i servizi tecnici.

Segretari: MAsi Corrado, ispettore superiore per 1 servizi tecnici; MANCA Elio, ispettore capo per i servizi tecnici; CANNONE Niccolò, ispettore per i servizi tecnici; DINI Ottavio, ispettore per i servizi tecnici; LEONE Antonio, segretario per i servizi tecnici.

SERVIZIO AFFARI PRIVATI

Assistenza legale -Assistenza amministrativa e sociale -Danni di guerra e affari economici e valutari connessi -Consulenza giuridica -Legalizzaziont.

Capo ~erv1z10: MAccoTTA Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziarlo di prima classe con rango di direttore generale.

SEZIONE l

Affari privati (esclusi quelli di competenza della Sezione 3) relativi at Paesi dell'Europa e del Mediterraneo.

Capo sezione: VATTANI Mario, console di seconda classe. Segretario: BRANCA Ciro, segretail'io per i servizi tecnici. Addetto alla sezione: SPAGNOLETTI Luigi, giudice.

SEZIONE 2

Affari privati (esclusi quelli di competenza della Sezione 3) relativi ai Paesi Transoceanici

Capo sezione: DI RovAsENDA Vittorio, consigliere di legazione. Segretario: N. N.

SEZIONE 3

Danni di guerra ed affari economici e valutari connessi -Pensioni del Governo italiano o di Enti italiani a connazionali all'estero -Pensioni a carico di Governi nemici

Capo sezione: CAFFARELLI Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe.

Segretario: N. N.

Addetto alla sezione: ToRRES Oreste, commissario consolare di terza classe, fino al 31 maggio.

Consulenza giuridica: BENEDETTI Dante, sostituto procuratore generale di Corte d'Appello.

DIREZIONE GENERALE DEL PERSONALE E DELL'AMMINISTRAZIONE INTERNA

Direttore generale: DEL DRAGO Marcello, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe, fino al 30 marzo; MAZZOLINI Serafino, inviato straordinario e ministro plenipotenziaro di prima classe, dal 31 marzo.

Vice direttore generale: GRossARDI Antonio, console generale di prima classe, fino al 20 aprile; CARuso Casto, primo segretario di legazione di prima classe, dal 21 aprile al 31 agosto.

Consigliere giuridico: ALBERTAZZI Enrico, primo presidente onorario della Corte di Cassazione.

Addetto alla direzione generale: EMILIANI Luigi, commisario consolare cÌi terza classe (dal 1° marzo commissario consolare di seconda classe).

UFFICIO I

Ufficio del personale.

Questioni di carattere generale relative all'organizzazione ed al funzionamento del Ministero degli Affari Esteri, degli Uffici dell'Amministrazione centrale, degli Uffici periferici del Regno, degli Uffici all'estero e delle carriere dipendenti.

Personale delle carriere dipendenti dal Ministero degli Affari Esteri (escluso il personale delle scuole italiane all'estero) -Personale appartenente ad altre Amministrazioni e comandato presso il Ministero degli Affari Esteri -Personale avventizio, salariato, cottimisti e di servizio. Addetti militari, navali, aeronautici, commerciali, stampa e loro Uffici Personale consolare di seconda categoria -Personale locale in servizio presso le regie Rappresentanze diplomatico-consolari. Tesseramento P.N.F. -Premi squadrismo -Tessere di riconoscimento Passaporti diplomatici, di servizio ed ordinari (Ordine di servizio n. 6 del 1° aprile 1941-XIX) -Libretti e richieste ferroviarie.

Capo ufficio: CAPECE GALEOTA Giuseppe, consigliere di legazione, fino al 13 aprile; CARuso Casto, primo segretario di legazione di prima classe, dal 14 aprile al 31 agosto.

Segretari: RoBERTI Guerino, console di seconda classe; PESCATORI Federico, console di se~conda dasse; ALVERÀ Pier Luigi, vice console di prima classe, fino al 1° marzo; SELVAGGI Vincenzo, vice console di seconda classe; STAMPA Guidobaldo, vice console di seconda classe, dal 30 marzo; CIOTTI Luigi, segretario per i servizi tecnici.

UFFICIO II

Crittografico.

Capo ufficio: MARZIANI Luigi, ispettore generale capo per i servizi tecnici.

Segretario: GRANDINETTI Eugenio, ispettore superiore per i servizi tecnici.

UFFICIO III

Edifici demaniali e non demaniali per uso dei Regi Uffici all'estero.

Acquisto, vendita, affitto, permuta, manutenzione ordinaria e straordinaria, miglioramento, arredamento, assicurazioni, inventari, contratti, ecc.

Capo ufficio: AssERETO Tommaso, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe.

Segretari: FossATI Mario, vice ispettore per i servizi tecnici; ARRIGHI Ernesto, console di seconda olasse, fino al 12 maggio.

UFFICIO IV

Ufficio amministrativo.

Bilancio -Assegni ed indennità varie al personale del Ministero e carriere dipendenti -Interpretazione della tariffa consolare -Fondazioni varie -Spese per Commissioni, Consigli e Comitati, missioni ed incarichi, contributi ad istituzioni diverse -Rimpatri militari e nazionali

indigenti -Sussidi vari -Fitti, arredamento e manutenzione delle sedi

all'estero, fitti locali Amministrazione centrale e Uffici periferici

Spese per i servizi tecnici -Spese cancelleria, illuminazione e riscalda

mento dei RR. Uffici all'estero -Revisioni relative contabilità -Con

tabilità speciali -Liquidazione fatture fornitori vari -Spese per corri

spondenza postale e telegrafica; per trasferimenti; per missioni al

l'estero ed all'interno; per viaggi in corriere e trasporti; per contributi

ad Enti vari; per congressi e conferenze -Liquidazione di pensioni

Assicurazioni personale avventizio.

Capo ufficio: BoLLATI Attilio, console generale di seconda classe.

Segretari: LIVINALI Alessandro, ispettore dei commissari consolari; BLANDI Silvio, ispettore capo per i servizi tecnici.

Ufficio stralcio amministrativo S.S.A.A.

Capo ufficio: N.N.

Segretario: CERACCHI Giuseppe, commissario consolare di prima classe .

UFFICIO V

Movimento della corrispondenza e dei valori, loro registrazione ed assegnazione -Valigie e corrieri diplomatici -Viaggi del personale -Tipografia riservata.

Capo ufficio: GROSSARDI Antonio, console generale di prima classe, fino al 22 aprile; MoscATI Riccardo, console di prima classe (dal 20 maggio console generale di seconda classe), dal 23 aprile.

Segretari: Busi Gino, console di prima classe, fino al 23 febbraio; TRINCHIERI Alfredo, vice console di seconda classe, fino al 27 agosto.

Tipografia riservata

Direttore tecnico ed amministrativo: BERNI Fedele.

UFFICIO VI

Cifra.

Capo ufficio: PERVAN Edoardo, console generale di prima classe.

Segretari: TORNIELLI DI CRESTVOLANT Carlo Cesare, console di prima classe; MAuRo Sestino, console di prima classe; LoaoLuso Antonio, console di seconda classe; CIMINO Carlo, console di terza classe, fino al 1° aprile; VITELLI Girolamo, vice console di prima classe, fino al 4 giugno; BoLLA Luigi, vice console di prima classe, dal 29 maggio; VALAGUSSA Claudio, addetto consolare; MANZO Ciro, commissario consolare di quarta classe; MARCHIONI Pietro, ispettore superiore per i servizi tecnici.

SERVIZIO INTENDENZA

Collegamento con le Direzioni Generali del Ministero per l'assegnazione e l'organizzazione dei rispettivi uffici -Servizi tecnici ed amministrativi relativi alla gestione, alla manutenzione ed all'arredamento di tutti gli stabili ad uso dell'Amministrazione centrale e degli Uffici dipendenti nel Regno -Esercizio e manutenzione degli automezzi -Ufficio del Consegnatario -Custodia ed arredamento della sede del Ministero -Telefoni -Marche consolari e passaporti -Deposito e distribuzione cancelleria, stampati e materiale vario -Magazzino

Uniformi di servizio del personale di ruolo.

Capo servizio: PATRIZI DI RIPACANDIDA Ernesto, console di seconda classe. Segretario: N.N.

RAGIONERIA CENTRALE (*)

Direttore capo della ragioneria: CROCE Paolino.

UFFICIO AFFARI GENERALI E PERSONALE

Affari generali -Personale della Ragioneria Centrale -Apertura e assegnazione del corriere -Esame dei provvedimenti da sottoporre al Ministero delle Finanze ed in genere di tutti quelli aventi comunque effetti finanziari -Documenti finanziari riepilogativi e situazioni periodiche -Riassunto degli elementi per la preparazione degli stati di previsione dell'entrata e della spesa e relative variazioni -Conto consuntivo, parte finanziaria e parte patrimoniale -Esame degli inventari -Riscontro del Giornale di cassa per le gestioni di bilancio ed extra bilancio -Conto corrente infruttifero col Tesoro dello Stato -Partitario dei depositi ricevuti dai privati -Contabilità speciali -Registrazione dei valori provenienti dall'estero, sia direttamente, sia a mezzo Banche corrispondenti -Riscontro dei valori non monetari e degli effetti in deposito, presso il Cassiere del Ministero -Operazioni r'elative al finanziamento dei RR. Uffici all'estero; accettazione delle tratte emesse dai titolari di essi e registrazione delle aperture di credito Conto corrente con il Contabile del Portafoglio e conti dei relativi capitoli di entrata e di spesa della categoria «Movimento di capitali» Servizio di archivio e copia.

Capo ufficio: DE ANNA Giuseppe, direttore capo divisione.

Capo sezione: Tosi Emilio.

Segretario: ZICARI Eugenio, primo segretario.

( 0 ) Il personale della Ragioneria fa parte del Ministero delle Finanze.

DIVISIONE I

Revisione e controllo delle spese di competenza della Direzione Generale del Personale -Decreti, mandati, rendiconti -Competenze e pensioni relative a tutto il personale dipendente dal Ministero degli Affari Esteri escluso quello delle scuole italiane all'estero -Liquidazione ed approvazione delle contabilità per le spese relative agli uffici di emigrazione -Tenuta dei conti impegni e delle scritture partitarie e riassuntive relativi ai servizi suddetti -Emissione e registrazione dei mandati.

Direttore capo divisione: TARINI Ugo.

Capo sezione: SETTIMJ Guido, consigliere (reggente).

Segretario: OccHIONERO Matteo, primo segretario.

DIVISIONE II

Scritture riguardanti il patrimonio dell'ex tondo dell'emigrazione -Revisione e controllo delle spese per la difesa dell'italianità all'estero, per la fondazione « Figli del Littorio » e per il rimpatrio degli italiani all'estero Riscontro degli atti amministrativi e servizio cambiario per le scuole italiane all'estero -Locali scolastici e demaniali all'estero -Gestioni speciali e scritture relative -Revisione, approvazione e liquidazione delle spese indicate nelle contabilità scolastiche mensili e varie -Tenuta degli impegni e scritture partitarie riassuntive per il servizio delle scuole italiane all'estero e per la difesa dell'italianità, ecc. -Monte pensione dei maestri elementari -Emissione e registrazione dei mandati di pagamento relativi ai suddetti servizi.

Direttore capo divisione: Tuzr Alberto.

Capo sezione: VoLPE Mario, consigliere (reggente).

Segretario: GARGANO Guglielmo, primo segretario.

DIVISIONE III

Revisione, approvazione e liquidazione delle contabilità dei RR. Uffici diplomatici e consolari all'estero, nonché di quelli di pubblica sicurezza di cantine -Contabilità degli agenti della riscossione -Conti giudiziali Servizio marche consolari -Accertamento, riscossione e versamento delle entrate disposte dalla legge e dal regolamento dell'emigrazione -Servizio delle marche da applicarsi sugli atti di arruolamento -Tenuta degli impegni relativi alle spese del funzionamento dei RR. Uffici all'estero, emissione e registrazione dei mandati di pagamento -Conti correnti del personale diplomatico e consolare in dipendenza delle gestioni all'estero -Esame dei rendiconti di spesa sulle aperture di credito e sugli ordini di accreditamento -Liquidazione dei conti delle Società

di navigazione per il rimpatrio dei nazionali indigenti -Revisione bilanci e contabilità del Possedimento delle Isole italiane dell'Egeo.

Direttore capo divisione: AsBOLLI Attilio, capo sezione (reggente).

Capo sezione: RoMANO Giuseppe, consigliere (reggente).

Segretari: CATANIA Antonino, primo segretario; MAURO Sebastiano, segretario.

DIVISIONE IV

Vigilanza e controllo sugli impegni e sui pagamenti riguardanti le spese di competenza dell'Ufficio Albania e Montenegro -Tenuta delle scritture relative -Competenze al personale della Luogotenenza Genenale in Albania -Revisione, liquidazione e approvazione delle contabilità delle spese dei RR. Uttici diplomatici e consolari e dei servizi scolastici interessanti l'Albania -Esame dei provvedimenti di carattere finanziario e delle proposte di variazioni relativi ai capitoli di spesa per l'Albania -Bilancio di previsione -Rendiconto consuntivo -Previsione di cassa e statistiche varie riguardanti le spese stesse.

Direttore capo divisione: BiscoNTI Alfredo, capo sezione (reggente).

Capo sezione: N.N.

Segretari: BALDI Leo, primo segretario; AsTARITA Adriano, vice segretario.

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APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA (7 febbraio -8 settembre 1943)

Afghanistan: Abdul SAMAD, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Mohammed ALI, primo segretario.

Argentina: N.N., ambasciatore; Oscar ONETO AsTENGO, consigliere; Guido CoMOLLI, consigliere commerciale.

Bulgaria: Detschko KARADJOFF, inviato straordinario e ministro plenipotenziario;

B. ALTINOFF, consigliere; St. BOTCHEFF, secondo segretario; Ivan ENTCHEV, secondo segretario; P. VALIEFF, terzo segretario; I. GABENSKY, consigliere commerciale; Vitan GHEORGHIEV, addetto stampa.

Cina: N.N.

Croazia: Stiepo PERié, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino ad aprile; B. PAVLOVIé, consigliere; Antun NIZETEO, segretario, addetto speciale per le relazioni culturali; Antun BoRozAN, segretario; Josip ZAPPALORTO, segretario; Ante VIKARIO, segretario; Antun PETEK, segretario; Fr. NEVISTié, segretario; M. ANDRIJASEVIé, segretario; A. WURSTER, segretario; Ivan DUBRAVCié, addetto commerciale; Zvonimir CICHLAR, addetto stampa.

Danimarca: Otto WADSTED, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Tage BULL, consigliere; V.H.S. SKONENBORG, segretario.

Finlandia: Onni TALAS, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Olavi SAIKKU, segretario.

Germania: Hans Georg von MACKENSEN, ambasciatore, fino al 7 agosto; Rudolf RAHN, ministro plenipotenziario, incaricato d'affari ad interim, dal 30 agosto; Otto Christian von BISMARCK, ministro plenipotenziario, consigliere; Johann von PLESSEN, ministro plenipotenziario, consigliere; Bruno STILLER, consigliere di prima classe; Emi! EHRICH, consigliere di prima classe; Hamilkar HOFMANN, consigliere di prima classe; Ha.ns MoLLIER, consigliere di prima classe, addetto stampa; Gunther BocK, consigliere di prima classe; Ulrich DOERTENBACH, consigliere di prima classe; Hans Joachim von REICHERT, consigliere di seconda classe; Friedrich GRAEI<'F, consigliere di seconda classe, addetto commerciale; Harald LEITHE-JASPER, consigliere di seconda classe; Hans Joachim WENDENBURG, segretario; Gerhard GUMPERT, segretario; W.H. WEBER, addetto agricolo; Carl Franz CLEMM von HoHENBERG, addetto speciale per le questioni economiche; K.O. FABER, consigliere di legazione, addetto speciale per gli affari culturali; Wolfgang SPAKLER, addetto per le questioni sociali; Herbert KAPPLER, maggiore delle SS, addetto di polizia; D. von BoRRIES, addetto radio.

Giappone: Shirokuro HIDAKA, ambasciatore, dal 27 aprile; Shunichi KAsE, ministro plenipotenziario, consigliere; Kintaro MASE, primo segretario; Kenso INOUYE, terzo segretario; Tokitj SAlDA, segretario commerciale; M. URIU, addetto; Tomoyosi SIARAHATA, addetto; Noboru SUGIURA, addetto; !. ABE, addetto; Yoshikazu KANAKURA, addetto; 0. TAKESA, addetto.

Irlanda: Michael McWHITE, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Denis R. McDONALD, s,egretario.

Manciukuo: Cheng-Pang Lo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Akio MISHIRO, consigliere; Atsushi !TOGA, segretario.

Portogallo: José LoBo n'AviLA LIMA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; José PEDRoso DE LIMA, segretario.

Romania: Basile GRIGORCEA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Mihai CAMARACHESCU, consigliere; Virgil VATASANU, segretario CUltUrale; J. ANTOHI, consigliere commerciale; Nicolae TIMIRAS, consigliere commerciale; Horia GEORGEscu, consigliere commerciale; Vladimir JoNEscu, consigliere di stampa; Sever PoP, consigliere culturale; C. VICOL, addetto culturale.

Santa Sede: Francesco BoRGONGINI DucA, monsignore, nunzio apostolico; Ambrogio MARCHIONI, monsignore, primo segretario; Giuseppe PAUPINI, monsignore, secondo segretario.

Slovacchia: Bohdan GALVANEK, inviato straordinario e ·ministro plenipotenziario; Frantisek STEVEK, segretario.

Spagna: Raimundo Fernandez CUESTA MERELO, ambasciatore, dal 12 febbraio; E. GARCIA COMIN, ministro plenipotenziario, consigliere; José Mu&oz VARGAS, ministro plenipotenziario aggiunto; Rafael FoRNS, primo segretario; Ramon PADILLA, primo segretario; Fedro LoPEZ GARCIA, primo segretario; Emilio HARDISSON, segretario; José de la GANDARA, addetto; Manuel HALCON, addetto; Antonio MOSQUERA YLOSADA, addetto commerciale; Luis GONZALES ALONSO, addetto stampa; Manuel CARRAsco, addetto culturale.

Svezia: Joen LAGERBERG, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Torsten HAMMARSTROM, consigliere; T. GORANSSON, primo segretario; A. JONSSON, addetto. Sezione per gli interessi stranieri: Olof LANDENIUS, segretario.

Svizzera: Pierre VIELI, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Louis H. MICHELI, consigliere; Peter von SALIS, consigliere; Bernard MALLET, primo segretario; Max TROENDLE, primo segretario; Arturo MARCIONELLI, secondo segretario; Otto SEIFERT, secondo segretario; Oscar RossETTI, addetto. Sezione per gli interessi stranieri: Maxime de STOUTZ, ministro, capo sezione; C. SOMMARUGA, sostituto; V.K.J. MosiMANN, segretario generale.

Thailandia: Bahiddha NAVARAJ, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Khun BIBIDH VIRAJJAKAR, primo segretario; Xem DIBAKOMUDA, secondo segretario.

Turchia: Huseyin Ragip BAYDUR, ambasciatore; Nureddin VERGIN, primo segretario; Adnan KURAL, primo segretario; Sadun TEREM, secondo segretario; Fuad KEPENEK, terzo segretario; Fuad lNAL, addetto commerciale; Mahmud Nedim HAYIROGLU, addetto stampa.

Ungheria: Zoltan MARIASSY DE MARKUS E BATIZFALVA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Gabriel PAPP DE OvAR, consigliere; Felix DE PoGRANYI-NAGY, consigliere; Qberto PALLAVICINI, segretario; P. STEPHAICH, segretario; Istvan HuszKA, addetto stampa; Fr. TASSY, addetto culturale.